insegnare il verde | Pierina Boranga, i muri Orto Botanico ed Erbario dell’Università di Bologna | 23 marzo - 20 aprile 2013 Famiglia Araliaceae Hedera helix L. Edera L'Edera non ha bisogno d'essere fatta conoscere, tuttavia non sarà inutile mettere in evidenza alcune particolarità del suo modo di comportarsi. Ad una prima osservazione appare tosto la speciale disposizione « a mosaico ›› delle sue foglie, per cui ciascuna si colloca nello spazio lasciato libero dall'altra. Se la posizione orizzontale non conviene o non è concessa, la foglia s'inclina a destra o a sinistra e allunga o torce il picciuolo secondo il bisogno. Però questo complicato lavoro di esposizione alla luce non è necessario alle piante che vivono sugli alberi dove esse possono girare in molte direzioni ed espandersi liberamente in tutto lo spazio. È pure interessante osservare l’orientamento dei rami sterili rispetto alla luce intensa: essi fuggono sempre in direzione opposta con un curiosissimo aspetto che rivela la loro fretta di raggiungere un luogo ove la luce sia temperata: tutte le estremità indicano il cammino da percorrere e si sovrappongono quasi in una gara di corsa. Anche le radici abbarbicanti, come tutte le radici, evitano la luce, perciò nei rami si sviluppano tutte sul lato che sta all'ombra. Gioverà anche far rilevare ai ragazzi la differenza fra l'edera a rami sterili, attaccati al muro per mezzo di radici abbarbicanti tenacissime e i rami fertili privi di queste appendici, che si allontanano dal muro o s'innalzano sopra i primi, oppure si staccano dai tronchi d'albero ricevendo luce da ogni parte senza rispetto alla simmetria della disposizione delle foglie. Il comportamento di questi rami è così diverso da quello degli sterili da indurre spesso all'errore di ritenerli appartenenti a piante di specie diversa. Gli sterili portano foglie di forma tipicamente triangolare a seni regolari (forma appunto adatta quanto mai per disporsi « a mosaico » utilizzando tutto lo spazio allo scopo di usufruire della luce), di colore verde cupo nel fondo, con macchie grigiastre e quasi argentee; gli altri invece hanno foglie con picciuolo molto più lungo, con lembo di forma ovale, terminante in punta, a margine intero e di colore più uniforme, lucidissime. Testo tratto da: Pierina Boranga, La Natura e il fanciullo, Parte I, i muri, Paravia, 1951 1 insegnare il verde | Pierina Boranga, i muri Orto Botanico ed Erbario dell’Università di Bologna | 23 marzo - 20 aprile 2013 L'Edera fiorisce in autunno. Le piante che vegetano sui tronchi degli alberi, nei boschi, maturano i loro frutti soltanto d'inverno, quando una maggiore quantità di luce penetra attraverso i rami spogli; l'Edera dei muri, invece, è assai più precoce e produce fiori più grandi e più numerosi. Dalla osservazione di un solo fiorellino, il fanciullo potrà dedurre la ragione dell'infiorescenza ad ombrella e regolare, che sviluppa l'edera. I fiori verdognoli sono frequentemente visitati dagli insetti: sui cespi in fiore e sopra i muri si ode spesso un incessante, operoso ronzio. Le mosche della carne sono anch'esse visitatrici assidue, attirate dall'acuto odore di putredine che emanano i fiori, così come tutti i ditteri, in genere, che prediligono i letamai e gl'immondezzai. Come l'edera si difende dall'eccessivo calore e dalla siccità? Si facciano toccare ai ragazzi le foglie esposte al sole: essi le sentiranno spesse, coriacee e capiranno come questa loro consistenza, dovuta a forte cutinizzazione, le possa proteggere dall’eccessiva traspirazione. Ma non basta: la pianta ha bisogno di provvedersi d'acqua ed a questo pensano le radici che penetrano profondamente nel muro, mentre le piccole radici (fulcri) emesse dai rami striscianti hanno soltanto il compito di fissare i rami al muro o al tronco su cui si sviluppano. Queste radici però, che non possono assorbire dall'aria una certa quantità di vapore acqueo, che eventualmente vi sovrabbondi, imbeversi d’acqua durante le piogge e trattenere l'umore entro la loro fitta rete per i bisogni della pianta. Le foglie poi, con la loro spessa ombrella, proteggono la raccolta attenuando la dispersione per evaporazione. Si faccia infine staccare un ramo sterile, bene abbarbicato. La resistenza opposta varrà a spiegare il perché del simbolo dell'edera e del conosciuto motto «dove mi attacco, muoio». Sarà bene anche dire ai ragazzi che l'edera è una pianta resistentissima a tutte le temperature, e perciò cresce tanto nelle regioni gelate del Nord, quanto nelle infuocate dei Tropici. Essa riveste del suo manto verde il muro in rovina e quello solido; l'albero rigoglioso e quello secco. È errore credere che l'edera sia una pianta parassita e faccia morire gli alberi su cui si arrampica: il danno che essa reca loro è ben limitato. Testo tratto da: Pierina Boranga, La Natura e il fanciullo, Parte I, i muri, Paravia, 1951 2 insegnare il verde | Pierina Boranga, i muri Orto Botanico ed Erbario dell’Università di Bologna | 23 marzo - 20 aprile 2013 I pittori e i decoratori ne hanno fatto e ne fanno ripetutamente oggetto di studio per la sua eleganza e per la proprietà di mantenersi sempre verde; i poeti argomento di molte poesie. Fin dai tempi antichi fu adoperata per cingere il capo nei giorni di festa; e ancor oggi è l'Edera che viene adoperata per intrecciare corone o per ornare di festoni le vie e le case. I frutti azzurro-nerastri sono velenosi; è bene quindi mettere in guardia i fanciulli contro il pericolo di metterli in bocca. Non sono invece velenosi per gli uccelli: i merli ed i tordi ne fanno scorpacciate, avidi del seme che essi contengono. Ma il loro stomaco non li digerisce tutti; parte vengono eliminati con le feci. Così, inconsciamente, favoriscono la disseminazione della pianta. Se sarà possibile mostrare ai ragazzi il tronco di una vecchia pianta di Edera si faccia osservare la gomma, colante dalle fenditure, che si presenta in piccole masse nerastre, coperte di una polverina alla superficie. È di odore balsamico e di gusto amaro. Se i frutti dell'edera sono per noi dannosi, le sue foglie sono utili negli usi domestici e medicinali. L'acqua di Edera bollita rinnova le stoffe e i feltri, fissa il colore nella tintura, ridà lucentezza e morbidezza ai capelli, lava ferite e piaghe. L'applicazione delle sue foglie bollite guarisce scottature; l'infuso calma il dolore di denti. Pertanto al detto prima citato si può aggiungere quest'altro: « dove m'attacco, sano ››. Giuochi: • Ponendo fra le labbra una foglia giovane, piccola e lucente, e soffiandovi sopra si possono ottenere suoni piacevoli. Chi ha fatto la pratica in questo esercizio riesce a cavare perfino delle ariette. • Le fanciulle possono divertirsi con i rami d'edera facendo ghirlande ed ornamenti graziosi alle vesti. • Per questi, si fissino in una cintura, che può essere anche un po' di spago, una serie di foglie, tutte vicine e la si metta alla bambina prescelta: accanto a ciascuna foglia si attacchino altrettante file di foglie oppure rami che si lasceranno liberi avendo cura di disporre in basso gli apici delle foglie. Se invece di una gonnellina si vuol fare un mantello si incominci a mettere un giro di foglie attorno al collo. Testo tratto da: Pierina Boranga, La Natura e il fanciullo, Parte I, i muri, Paravia, 1951 3