A La presenza dei bambini nelle religioni del Mediterraneo antico La vita e la morte, i rituali e i culti tra archeologia, antropologia e storia delle religioni a cura di Chiara Terranova Contributi di Angela Bellia, Valentina Caminneci, Stefano G. Caneva Romina Carboni, Daniela Costanzo, Emiliano Cruccas Gabriela Cursaru, Beatriz De Paoli, Aurian Delli Pizzi Céline Dubois, Doralice Fabiano, Alessandra Foscati Giulia Pedrucci, Sergio Russo, Filippo Sciacca Francesca Spatafora, Giovanni Tosetti, Stefano Vassallo Copyright © MMXIV ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: maggio A tutti coloro che hanno contribuito alla pubblicazione di questo volume ŖSiamo giunti alla casa di un uomo molto potente, sempre felice e che parla a voce alta. Apriteci, o porte, voi stesse, perché con noi entrerà molta ricchezza e, con la ricchezza, piacere in abbondanza e ricca paceŗ. Vita Homeri, 33 Indice 9 Prefazione di Chiara Terranova PARTE I La vita e la morte 29 Il volto della promessa: l‘attribuzione del nome nelle scene d‘annuncio, tra poesia greca preclassica e Vangeli dell‘Infanzia GIOVANNI TOSETTI 53 La musica e l‘infanzia nel mondo antico. Fonti scritte e documentazione archeologica ANGELA BELLIA 71 Cenni sulle sepolture infantili nel mondo greco e romano GIORGIA TULUMELLO 111 Raptus a Nymphis. Emozioni e gender nelle epigrafi funerarie di bambini DORALICE FABIANO 141 Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente. Parures e amuleti dalle sepolture infantili del Mediterraneo antico DANIELA COSTANZO, CÉLINE DUBOIS 6 Indice 185 Cuccioli d‘uomo, cuccioli di cane. Nuove proposte per l‘interpretazione del materiale proveniente dalla necropoli di Lugnano in Teverina GIULIA PEDRUCCI 217 A proposito di un amuleto dall‘Emporion agrigentino: l‘evidenza archeologica della morte del lattante nell‘antica Agrigento VALENTINA CAMINNECI 257 Le sepolture dei bambini nelle necropoli di Himera: dati preliminari STEFANO VASSALLO 291 Seppellimenti infantili nella necropoli punica di Palermo FRANCESCA SPATAFORA 311 La scena del parto. Nascita del corpo e salvezza dell‘anima tra religione, medicina e ―magia‖ nell‘altomedioevo ALESSANDRA FOSCATI PARTE II Il mito 341 Le nascite traumatiche di Dioniso: iniziazioni e gruppi dionisiaci FILIPPO SCIACCA 361 Exposition et initiation: enfants mythiques soumis à l‘épreuve du coffre et abandonnés aux flots GABRIELA CURSARU 387 Orestes as the avenging child in Greek tragedy BEATRIZ DE PAOLI Indice 403 7 Cannibalismo infantile fra mito e ritualità SERGIO RUSSO PARTE III Il bambino come “soggetto” del rituale 443 Canti di fanciulli in onore della dea. I bambini nell‘ambito di pratiche rituali per le divinità: il caso di Ecate e Zeus nella Caria ellenistico–romana ROMINA CARBONI PARTE IV Il bambino come “oggetto” del rituale 467 Doni votivi al Pais. Trottole e giochi dal Kabirion tebano, tra riti di passaggio, Mysteria e miti orfici EMILIANO CRUCCAS 495 Classical and Hellenistic statuettes of the so–called ―Temple Boys‖: A religious and social reappraisal STEFANO G. CANEVA, AURIAN DELLI PIZZI Prefazione di CHIARA TERRANOVA Obiettivo di questa miscellanea di studi è di trattare la presenza ed il culto dei bambini ŕ privilegiati intermediari fra uomini e dèi, e protagonisti di un mondo a sé ŕ nel Mediterraneo antico, con particolare attenzione alle religiosità ellenica, magnogreca e romana. Lřindagine del tema, oggetto della nostra attenzione, è stata portata avanti grazie allřessenziale interdisciplinarietà ed alla reciproca dipendenza fra la storia delle religioni, lřarcheologia e lřantropologia. Abbiamo, pertanto, voluto descrivere la presenza degli infanti nei diversi contesti storicoŔreligiosi della Grecia di epoca arcaica e classica fino ad approdare ŕ passando attraverso recessi finora poco esplorati della Roma imperiale ŕ allřaltomedioevo, che, nelle sue tradizioni religiose, appare legato da unřessenziale continuità con il passato, rappresentando, quindi, lřideale limite temporale per le problematiche in oggetto. In rapporto al tema da noi prescelto ŕ il bambino come intermediario fra lřuomo e gli dèi, incarnazione di una serie estremamente articolata di valori e Ŗsimbologieŗ ŕ il contributo di Giovanni Tosetti (Il volto della promessa: l‘attribuzione del nome nelle scene d‘annuncio, tra poesia greca preclassica e Vangeli dell‘Infanzia) mostra, ad esempio, come ŕ in continuità con il ruolo assegnato al bambino nelle diverse Ŗformeŗ di religiosità della Grecia e della Roma antica ŕ nella Bibbia, e soprattutto nel Nuovo Testamento, gli sia stato attribuito il ruolo di testimone di Dio, celebrato proprio Ŗattraverso la bocca dei lattantiŗ. In proposito sarà utile ricordare che si ha ŕ nelle fonti esaminate dallo studioso ŕ una Ŗtriplice denominazioneŗ: al nome proprio seguono due diversi Ŗtitoliŗ, che possono essere a buon diritto definiti Ŗteologiciŗ, dal momento che essi presentano, con chiara evidenza, la natura e la missione divina assegnate al bambino. Se in origine, infatti, i nomi teofori ŕ prosegue G. Tosetti ŕ rappresenta- 10 Prefazione vano importanti indicatori del rapporto che intercorreva fra chi attribuiva il nome ed il Ŗsuoŗ dio, successivamente essi espressero Ŗlřaugurio di un particolare rapporto tra il bambino che riceveva il nome e Dioŗ. Un particolare contributo (Francesca Spatafora, Seppellimenti infantili nella necropoli punica di Palermo), che analizza le evidenze archeologiche provenienti dalla necropoli punica di Palermo, apre, invece, alcuni significativi squarci sulla considerazione di cui il bambino godeva nellřambito della cultura fenicia. Lo studio in questione contribuisce, pertanto, ad ampliare ulteriormente i limiti spazioŔ temporali da noi originariamente considerati, offrendo sia agli addetti che ai non addetti ai lavori una preziosa occasione di approfondimento di specifiche problematiche, relative alla presenza fenicia in Sicilia, ed in particolare alla Palermo punica. La notevole varietà ed originalità degli interessi mostrati dai partecipanti e la stretta relazione fra tutte le problematiche qui presentate ci ha consentito di suddividere questřopera in quattro diverse Ŗsezioniŗ: vogliamo precisare, in proposito, che lřordine che abbiamo scelto di seguire in vista della presentazione di tutti i contributi inclusi in questa miscellanea non rispetta lřordine seguito nellřorganizzazione delle quattro sezioni, ma è di carattere squisitamente Ŗtematicoŗ: ciò allo scopo di mostrare concretamente a chi legge quanto gli argomenti e le problematiche qui trattate siano strettamente correlate fra loro ed attraversate da unřessenziale continuità, che, nella giusta valutazione delle differenze, ne evidenzia, tuttavia, le importanti peculiarità e specificità. Come abbiamo precedentemente anticipato, invece, lřorganizzazione delle quattro sezioni nelle quali questo volume è stato suddiviso è stata definita secondo lřordine cronologico delle Ŗfasi di vitaŗ di un bambino, e ŕ allřinterno di ognuna di queste ŕ si è proceduto secondo un ordinamento Ŗspazialeŗ che dal contesto Ŗgeneraleŗ della Grecia arcaica e classica procede fino a giungere ai Ŗparticolariŗ ambiti dellřItalia antica (Lugnano in Teverina) e della Sicilia (Agrigento, Palermo e Himera). Nel mondo antico il bambino è un essere tutto permeato di Ŗnaturaŗ, incapace di Ŗparlareŗ (infans), che solo lředucazione e lřingresso nella sfera della Ŗculturaŗ può rendere un individuo vero e proprio, pienamente integrato nella società della quale è destinato a far parte. Un indizio essenziale della Ŗpercezioneŗ che si ebbe del bambino nella Grecia antica è ravvisabile, ad esempio, in un frammento eracliteo, Prefazione 11 che sottolinea come aion fosse «un bambino che gioca spostando, qua e là, le pedine del gioco: un regno del bambino»: la figura ŕ estremamente complessa ŕ dellřinfante che gioca viene, pertanto, assimilata alla quella del tempo (aion) che, scorrendo senza mai fermarsi, osserva inconsapevolmente tutto ciò che accade nella vita degli uomini, che appare, quindi, esclusivamente giustificato dal Caso. Il bambino (lřaion), infatti, gioca con le sue pedine (gli uomini e gli eventi), spostandole qua e là senza alcuna precisa motivazione. Nellřantichità, dunque, lřinfante ŕ emblema di un universo estremamente complesso a metà strada fra Ŗnaturalitàŗ ed Ŗanimalitàŗ ŕ era una creatura guardata con motivato sospetto, sia dai Greci che dai Romani, in virtù della sua strettissima vicinanza alla donna (considerata, sempre secondo la prospettiva dei Greci, in tutti i suoi aspetti più Ŗambiguiŗ) ed allřanimale che, per la sua stessa natura, è legato da una imprescindibile relazione con lřuniverso femminile. Inoltre, se lřaccettazione di un neonato allřinterno della famiglia avveniva grazie alla celebrazione degli Amphidromia, la fase successiva era rappresentata dal Ŗdebutto in societàŗ, compiuto attraverso il consumo di vino nuovo in occasione delle Anthesteria, festività primaverili in onore di Dioniso, una delle figure divine più tradizionalmente legate non solo allřinfanzia ŕ rappresentato, come spesso accade, nelle vesti di un bambino ŕ ma anche alla morte ed alla rinascita. Tutti i Ŗpassaggiŗ compresi fra la nascita e gli Amphidromia servivano proprio a fare uscire gradualmente il bambino dallo status Ŗselvaticoŗ ed incolto che lo connota per sua natura fin dalla nascita, facendolo entrare in quello Ŗumanoŗ. Lřallattamento, in origine, fu associato ai soli protagonisti del mito: si pensi, a titolo esemplificativo, ad Efesto allattato da Era, ad Ettore allattato da Ecuba, o, infine, ad Astianatte ŕ pais in perpetuo ŕ allattato da Andromaca. In età arcaica le raffigurazioni di bambini sono molto rare: in questi anni le testimonianze più frequenti sullřinfanzia ci sono state tramandate soprattutto da mythoi nei quali i bambini assumevano, per lo più, lřaspetto di amorini, semidei, dèi o eroiŔ fanciulli. In epoca ellenistica e romana, invece ŕ in linea con la maggiore attenzione che fu, in questi anni, riservata alla concreta e reale quotidianità dellřuomo ŕ le rappresentazioni dei bambini sono, senza dubbio, più numerose: il bambino perde le sue caratteristiche di creatura fragile e completamente Ŗdipendenteŗ dagli adulti, che ne avrebbero materialmente gestito le prime fasi di vita, ed acquista una pro- 12 Prefazione pria autonoma personalità ed individualità. Gli Ŗschemiŗ iconografici che segnano questi anni lo ritraggono sia nella sua quotidianità, specialmente se connessa al gioco ŕ che possedeva, come vedremo, una valenza simbolica e religiosa estremamente complessa, sia come emblema della purezza dellřesistenza umana. Esistono, inoltre ŕ contrariamente a quanto una lunga tradizione di studi ha finora ritenuto (ovvero che lřelevata possibilità di mortalità infantile faceva sì che i genitori non si affezionassero troppo ai figli) ŕ testimonianze molto profonde sulle emozioni di coloro i quali, allora come oggi, subivano la mors immatura dei propri bambini. Riguardo al difficile momento del parto, si segnala in questo volume lřanalisi compiuta da Alessandra Foscati in La scena del parto. Nascita del corpo e salvezza dell‘anima tra religione, medicina e ―magia‖ nell‘altomedioevo, che si propone di descrivere ciò che avveniva sulla Ŗscena del partoŗ, attraverso un confronto tra fonti mediche ed agiografiche. Lřassistenza al parto ŕ al quale molto spesso si doveva la morte della madre e/o del bambino ŕ era delegata nellřaltomedioevo, come anche nelle precedenti culture greca e romana, quasi esclusivamente alle donne. Come sottolinea la studiosa, intorno alla partoriente si raccoglievano le mulieres, parenti e vicine di casa, le quali ŕ avendo ormai perso le competenze Ŗtecnicheŗ delle ostetriche (che tanta parte ebbero nella tradizione iconografica delle donne morte di parto nei secoli precedenti) ŕ agivano grazie ad un sapere tramandato oralmente, nel quale convivevano scienza, religione e magia. Non mancava, inoltre, la richiesta di aiuto ai Santi, che tanto ricorda le invocazioni alle divinità del parto (tali invocazioni erano rivolte, comřè noto, anche a quelle divinità che non proteggevano le partorienti, minacciandole con una morte improvvisa), della maternità e della nascita che, in vario modo, popolavano il pantheon greco e quello romano. Occorreva, nellřaltomedioevo, salvare la madre dal rischio di morte, ma era soprattutto necessario che il bambino uscisse dallřutero materno e restasse in vita per il tempo necessario a salvare la sua anima, gravata dal peccato originale: il tempo necessario per potere ricevere il battesimo. Per la rinascita dellřanima era, quindi, necessaria la nascita del corpo e tale necessità fu a tal punto sentita, in quegli anni, che cominciarono ad essere praticati, su richiesta dellřautorità religiosa, interventi cesarei su madri ormai morte. Il contributo di G. Tosetti invece, considera ŕ mediante il metodo storicoŔcomparativo ŕ alcuni luoghi della tradizione letteraria greca Prefazione 13 preclassica (lřInno pseudoŔomerico ad Afrodite, lřOdissea ed alcuni frammenti esiodei) e neotestamentaria (Vangeli di Luca e Matteo), in cui una figura Ŗsovrumanaŗ ŕ il riferimento specifico è ad Enea, Giovanni Battista e Gesù ŕ preannuncia ad un essere mortale la nascita di un figlio, rivelandone il nome. Scopo della sua indagine è di dare interpretazione ŕ nellřannuncio della nascita di un figlio e nella concreta comunicazione del suo nome ŕ a particolari Ŗconcezioniŗ del rapporto fra la sfera umana e quella Ŗsovrumanaŗ: nellřAntico Testamento il nome ŕ di cui lo studioso ha evidenziato lřimportante valore Ŗrelazionaleŗ ŕ definisce in toto la persona, fissandone in perpetuo lřidentità. Grazie alla comparazione storicoŔreligiosa è stato possibile rilevare similarità e differenze fra questi luoghi neotestamentari, cogliendone, in pari tempo, le peculiarità, Ŗdeterminate dal particolare contesto monoteistico del nascente annuncio cristiano, rispetto alle testimonianze di poesia greca preclassicaŗ. Fra i documenti più significativi sul mondo dellřinfanzia abbiamo, comřè noto, i Ŗpoppatoiŗ fittili, ascrivibili a diversi periodi storici ed aventi specifiche valenze Ŗsimbolicheŗ soprattutto nellřambito dei culti cosiddetti Ŗcurotroficiŗ, proteggendo ŕ grazie alla lora essenziale funzione apotropaica ŕ i bambini nei loro primi anni di vita. I poppatoi sono generalmente caratterizzati da una base molto larga, utile a contenere il latte, e da un beccuccio, che consentiva al bambino di berlo. Ricordiamo che numerosi poppatoi avevano, non a caso, lřaspetto di animali (per lo più cani e maialini), che serviva, ieri come oggi, ad attirare lřattenzione del bambino, divertendolo. In molti di essi era contenuta, come si vedrà, anche una pallina in ceramica o un sassolino, in modo che ŕ una volta che il bambino finiva di bere il suo latte ŕ lřoggetto potesse essere scosso, producendo un piacevole suono. Il contributo di Angela Bellia (La musica e l‘infanzia nel mondo antico. Fonti scritte e documentazione archeologica) mostra, in proposito, come numerose testimonianze documentino, nel mondo antico, la straordinaria importanza della musica nellřuniverso infantile. Fin dai primi anni, come abbiamo precedentemente evidenziato, i bambini entravano in contatto con il suono attraverso lřuso di oggetti adatti a produrre rumore, che consentivano ai fanciulli la prima vera e propria Ŗinterazione musicaleŗ ŕ oltre che sociale ŕ con il mondo circostante: se, da una parte, questi oggetti ŕ perlopiù in bronzo ŕ insieme ai crotali ed ai sonagli rinvenuti nelle sepolture di infanti ŕ avevano una precipua funzione ludica, dallřaltra parte alla sonorità veniva attribui- 14 Prefazione ta, come sottolinea A. Bellia, la speciale capacità di propiziare la protezione dei fanciulli (si rammenti lřarcaicità delle danze armate in onore di Zeus Kretagenes, rituali propiziatori collettivi nei quali il clamore delle armi, accompagnato dal tympanon, Ŗera connesso con azioni rituali di tipo misterico, mentre altre appaiono correlate allřinfanzia di Zeus allevato a Creta, e con le celebrazioni dei riti in onore della Madre degli dèi in Frigia e nella regione dellřIda troianoŗ (Strabo. X, 3, 7 [C 466]). I dispositivi meccanici che rendevano tali oggetti rumorosi, erano, come abbiamo prima sottolineato, contenuti al loro interno (la forte connotazione Ŗsemanticaŗ dei sonagli è presente, inoltre, nella problematica distinzione fra crepundia, crepitacula e gli oggetti, con funzione di Ŗamuletoŗ, che i bambini portavano appesi al collo). Si trattava di amuleti tintinnanti a forma di piccole falci, fiorellini, conchiglie, ed animali che venivano appesi al polso o al collo del bambino e che, oltre a divertirlo, tenevano lontano gli Ŗspiriti malvagiŗ. Questo Ŗgenereŗ di oggetti era, per lřappunto, variamente definito dai Romani attraverso i lemmi crepundia (da crepare, Ŗfar rumoreŗ), crepitacula e tintinnabula. Essi potevano avere forme diverse, che andavano da quella del bambino accovacciato a quella del cane, del maialino con un fanciullo in groppa, del cavallino, dellřariete o del galletto. Questi primi giocattoli ŕ lo ricordiamo ŕ dovevano, quindi, tenere lontano, grazie alla loro rumorosità, gli spiriti malevoli e, in pari tempo, intrattenere e calmare il bimbo (non è un caso che, in alcune lingue, le azioni del Ŗsuonareŗ e del Ŗgiocareŗ siano definite con la medesima parola). Il loro studio, collocandosi in un ambito multidisciplinare, sollecita ŕ come rileva la studiosa ŕ una riflessione sulle Ŗfunzioniŗ della mousiké téchne non solo come interazione sociale con il mondo circostante, ma anche sul suo esseziale ruolo sia nella scansione rituale della vita dei fanciulli sia nel processo educativo tradizionalmente seguito per la loro inclusione nel mondo degli adulti. Esistevano, tuttavia, anche altri Ŗtipiŗ di sonagli, come la platagé, inventata dal pitagorico Archita nel corso del IV sec. a.C., in legno o metallo, formata da due dischetti che, scontrandosi fra loro, producevano, ancora una volta, rumore. Altri giochi erano costituiti da oggetti estremamente semplici, come le noci: Persio, non a caso, per definire il passaggio dallřinfanzia allřetà adulta, si serve proprio dellřespressione nuces reliquere. Crescendo, le femmine ŕ fino al momento di sposarsi ŕ trascorrevano il loro tempo con le bambole, mentre i maschi con modellini di cavalli, carretti e bighe, ed entrambi, Prefazione 15 ad ogni modo, facevano frequente uso della trottola, generalmente costruita in metallo, legno e terracotta. Le bambole, comřè stato più volte sottolineato allřinterno di questo volume, insieme ai kymbala o ai krotala, oltre a svolgere, come abbiamo precedentemente evidenziato, funzioni ludiche e paideutiche, dovevano possedere anche un significato propriamente sacrale, dal momento che potevano essere deposte sia come ex voto nei santuari, sia come elemento di corredo nelle tombe di bambine morte prematuramente. Pertanto, i giocattoli e gli strumenti musicali, come oggetti personali e come indicatori di identità dellřinfanzia e del bambino, definiscono in pari tempo il suo status, sia nel senso di un ruolo sociale che si esplica attraverso unřattività come il gioco, sia attraverso una vera e propria gerarchia sociale, che, nei contesti di rinvenimento, necessita, tuttavia,di essere indagata caso per caso. Lo studio di Daniela Costanzo e Céline Dubois (Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente. Parures e amuleti dalle sepolture infantili del Mediterraneo antico), a questo riguardo, concentra lřattenzione sui diversi Ŗtipiŗ di parures ed amuleti rinvenuti nelle sepolture infantili delle necropoli dellřItalia meridionale, che mostrano unřattenzione per i bambini comune tanto alle società indigene quanto a quelle greche attestate lungo tutto il bacino del Mediterraneo antico. Tuttavia, le due studiose vanno al di là di quanto è stato finora sostenuto circa la funzione essenzialmente apotropaica degli oggetti che compongono i corredi, rafforzando ŕ come numerosi altri contributi allřinterno di questo volume hanno sostenuto ŕ la tesi che Ŗlřimportanza di questi oggetti travalica la loro funzione apotropaicaŗ: testimonianze di scambi culturali, parures ed amuleti sono, infatti, anche secondo D. Costanzo e C. Dubois, Ŗmarcatori di identità e strumenti di distinzione sociale o di prestigio, che fanno del bambino un riflesso delle differenti gerarchie e delle dinamiche in atto nelle società anticheŗ. Pertanto, è attraverso lo studio di un Ŗsegmento della societàŗ, quale è il bambino ŕ in questo caso associato ad una particolare Ŗclasseŗ di materiali (amuleti e parures) ŕ che le studiose ritengono, a buon diritto, che si possa far luce sulle strutture economiche e di pensiero di ogni società. Lřuso ŕ ricordato dalle fonti scritte ŕ di dedicare la bambola come aparché al momento delle nozze, insieme ad una ciocca di capelli, con la palla, con strumenti musicali e con i giocattoli sonori precedentemente menzionati, si riferisce al Ŗpassaggioŗ al nuovo status di adulto. Un altro epigramma dellřAntologia Palatina associa lřofferta pre- 16 Prefazione nuziale della bambola, della rete per i capelli e della palla a quella dei tympana ad Artemide da parte di Timareta. Per queste ragioni si comprende perché, se una fanciulla ŕ una volta superata lřinfanzia ŕ non convolava a nozze, teneva con sè il giocattolo, che lřavrebbe, in tal modo, accompagnata nel suo ultimo viaggio. Questo conferisce alle bambole ŕ come sottolinea G. Tulumello ŕ lřessenziale valore di oggetto di ―genere‖. Bambole, carretti e trottole, tuttavia, ancora una volta, non assolvevano una mera funzione ludica, essendo, al contrario, come si è detto, i simboli veri e propri della scansione rituale delle fasi di vita di ogni bambino, che avveniva in occasione di specifiche cerimonie religiose. Riguardo alle complesse valenze simboliche generalmente assegnate ai giocattoli, Emiliano Cruccas (Doni votivi al Pais. Trottole e giochi dal Kabirion tebano, tra riti di passaggio, Mysteria e miti orfici) si occupa di alcuni fra i reperti di maggiore interesse del santuario cabirico situato nei pressi di Tebe ŕ le trottole ŕ che, come accade anche nel caso di altri oggetti legati allřinfanzia, si configurano come Ŗdono votivoŗ al Pais, Ŗgiovane coppiere e compagno del Cabiro. La presenza di questi oggetti connessi allřinfanzia e lo status di dono votivo sembrano ricollegarsi a riti di passaggio connessi allřevolversi del ciclo biologico dei piccoli devoti: le rappresentazioni vascolari dei vasi cabirici delineanoŗ, pertanto ŕ come sottolinea lo studioso ŕ un importante Ŗorizzonte cultuale nel quale le fasi biologiche della vita degli iniziati sembrano essere ritualmente scanditeŗ. Inoltre ŕ continua E. Cruccas ŕ Ŗquesta peculiare tipologia di ex voto richiama alla mente elementi del mito legati ai racconti antropogonici relativi a DionisoŔ Zagreus, personaggio con numerosi punti di contatto con il mondo cabirico, non ultima la presenza ŕ nellřepisodio ŕ di personaggi come i CuretiŔCoribanti, spesso identificati con i Cabiri e connessi con cerimonie a carattere mistericoŗ. La presenza di trottole e lřimpiego dei giochi come Ŗdoni votiviŗ sia per i maschi che per le femmine può essere letta allřinterno di un complesso Ŗsistema religiosoŗ nel quale lřex voto sembra rimandare, come abbiamo già più volte precedentemente sottolineato, non solo ad un preciso status sociale ma anche ad una Ŗfase dřevoluzione connessa ad un rituale di passaggioŗ: in particolare, lo studioso rileva come la loro presenza nel contesto religioso del Cabirio tebano ricordi Ŗriti di passaggio legati al mondo omoerotico ed allřefebiaŗ.