P iccolo target grandi rischi S embra che già a 12 anni i bambini maschi navighino senza frontiere e limiti nel variopinto mondo della pornografia; basta un cuginetto più grande, un collegamento a internet e un controllo solo parziale da parte degli adulti e l’età può anche scendere di un paio d’anni. Quali saranno le conseguenze sulla loro vita sentimentale, sessuale e affettiva? Nessuno ancora può saperlo. Più spaventoso ancora il pensiero dei tanti ‘orchi’ mascherati da bambini che ogni giorno sono a caccia di ingenue e innocenti vittime. Ogni tanto la preda cade nella trappola, e si entra nella cronaca nera. Quasi tutte le aziende impegnate nel lancio o promozione di prodotti rivolti a target extrasmall si ingegnano per trovare il modo di amplificare il loro messaggio sulla rete. E i bambini si sporcano sempre meno e si collegano sempre di più….non c’è bambola senza avatar on line, non c’è sorpresa senza password per giocare on line, non c’è nuovo personaggio senza sito per vedere il suo mondo on line. Mi sembra che nel nome del profitto si rischi di contribuire all’uccisione di fantasia, immaginazione e pensiero critico di migliaia di bambini. Per poter presentare ai propri clienti o i propri ‘capi’ piani con parole cool come ‘nativi digitali’, ‘prosumer’ ci si spreme le meningi su schermi di PC e non si alza la testa per guardare oltre. La nuova comunicazione è poco regolamentata, non esistono fasce orarie protette, non c’è nessuno che ci segnala se quello che si sta vedendo o sentendo è pensato per un pubblico adulto o no. Molti ne approfittano colpendo con più o meno forza il bersaglio più ingenuo. Forse oltre pensare a nuove ‘strategie di comunicazione’ potremmo pensare a come proteggerli. Ok, scusate lo sfogo. Tra le mani avete un poderoso numero di Subvertising che spazia dalle ‘figu’ Panini a Mattel e Hello Kitty. Buona lettura. Direttore Responsabile Pietro Pierangeli [email protected] 3 Subvertising Anno IV, numero 29 del 15/05/2010 Direttore responsabile Pietro Pierangeli: [email protected] Segreteria di redazione Flavia Farina ([email protected]) Comunicati stampa, informazioni o altre richieste [email protected] Grafica e impaginazione Gstudios.it 5 8 12 Edizioni Cnet Web Mensile iscritto presso il Tribunale di Bologna, numero 7803 del 16/10/2007 Subvertising.it Non perderti nessun numero di Subvertising. Clicca su www.subvertising.it e scarica gratuitamente anche i numeri precedenti. Inoltre puoi iscriverti alla newsletter e ricevere in abbonamento il magazine direttamente nella tua casella di posta. 16 22 25 27 30 Subvertising è anche su 32 Dentro la fiaba: io faccio il capitano Posh tweens: benvenuti in rete Kawaii: che occhi grandi che hai Il marketing delle figurine Dai graffiti alla aerosol art Cold case but not forgotten Minimarketing Spot Generation Nativi digitali ([email protected]) La struttura narrativa della comunicazione pubblicitaria sfoggia una varietà di azioni e situazioni, di personaggi e ambienti, di comportamenti e parole: una molteplicità scenica esibita a livello di manifestazione, in ciò che ci appare, quindi superficialmente. Invece, gli strati più profondi sono costruiti attraverso costanti della narrazione. Costanti che esprimono ripetitività di eventi, grammatiche comuni. Come dire: dietro alla complessità della pubblicità esiste una semplicità formale, una strutturazione attraverso ricorrenze. Dietro alla complessità, risiede la semplicità: vediamolo nella pratica dell’analisi semiotica. Di Pietro Pierangeli ([email protected]) 5 Di Stefania Gogna ([email protected]) Lo studioso Vladimir Propp, dopo aver analizzato una lunga serie di fiabe di magia russa, ha elaborato uno schema, identificando 31 sequenze (note anche come Sequenze di Propp) che compongono costantemente il racconto. Ogni sequenza rappresenta una situazione tipica nello svolgimento della trama di una fiaba, riferendosi in particolare ai personaggi e ai loro precisi ruoli. Osserviamo come le componenti di fondo dello spot Fruttolo siano di numero limitato e riconducibili alle funzioni della Fiaba. La Fiaba è uno svolgimento di avvenimenti che inizia con un Danneggiamento, o manque di partenza (la mancanza di, la privazione). Fruttolo parte in questi termini: il bambinoprotagonista, l’Eroe del racconto, è privato della possibilità di giocare ai pirati (la manque), di travestirsi come loro, di entrare cioè a far parte del gruppo dei pari. Perché? Perché è piccolo! E la sua inadeguatezza è apertamente manifestata dall’Antagonista – il bambino più alto, vestito da pirata – che non esita a contrapporre alla richiesta di gioco il suo sguardo “dall’alto al basso”, indicatore di giudizio supremo: Troppo piccolo per fare il Pirata! L’Antagonista è infatti, nella Fiaba, il personaggio che danneggia, perseguita l’eroe. L’Antagonista ordina il Divieto. Quindi: Eroe, Manque, Antagonista e Divieto. 6 Troppo piccolo per fare il pirata! Ed ecco la Mediazione: il personaggio autorevole – in questa pubblicità la mucca, simbolo di Fruttolo – che diventa Donatore, con il compito di trasmettere il Mezzo magico. Quindi: Mediazione e Donatore. Fruttolo in arrivo! Un’altra figura costante della Fiaba, e fatta propria dalla comunicazione Fruttolo, è l’Aiutante, la cui azione consiste nel mettere in relazione l’Eroe con il Mezzo magico, nell’aiutarlo a ottenere il congiungimento all’oggetto di desiderio (far parte del gruppo dei pari). Ed ecco il Mezzo magico, fornito dall’Aiutante. “Con ciò l’eroe esteriore perde ogni importanza: egli non fa nulla personalmente, è l’aiutante che si occupa di tutto”, spiega Propp. Di Stefania Gogna ([email protected]) Io faccio il Capitano! Dentro Fruttolo, con tanta buona frutta, c’è tanto latte Nel latte c’è il calcio che fa crescere Finalmente il Ritorno dell’Eroe, che in genere avviene con le stesse modalità e azioni dell’andata. Solo che il ritorno è trionfale: segna il congiungimento, attraverso il Mezzo magico, all’Oggetto del desiderio. In Fruttolo il secchiello posto sul capo diventa segno qualificante dell’essere-cresciuto, di avere acquisito le Competenze per mezzo dello strumento magico (i componenti di prodotto). Infine, la Sanzione! La Sanzione consiste nel Riconoscimento, da parte della comunità, del compito eseguito: l’Eroe è riconosciuto nel suo ruolo, identificato anche dal marchio particolare (il secchiello sul capo) per aver assolto ad un difficile compito. L’Eroe verrà ora ricompensato: non solo non gli sarà più proibito di Fare il Pirata! ma – in virtù della sua competenza e della Trasfigurazione (trasformazione attraverso segni che indicano il suo essere Eroe) – assurgerà ora al ruolo di Capitano! Dietro alla complessità, quindi, si cela la semplicità della Fiaba. La Fiaba che traduce in atti il “senso della vita”. 7 8 Di Benedetta Boccalatte ([email protected]) Di Benedetta Boccalatte ([email protected]) Ricordo ancora perfettamente alcuni attimi della mia infanzia legati al gioco. Il mio gioco preferito era quello di “rubare”, con la complicità delle mie sorelle e delle amiche, le scarpe di mia madre, le sue bellissime collane e i suoi trucchi. Passavamo interi pomeriggi a truccarci e vestirci “da grandi”. Ogni volta mia mamma si arrabbiava perché le consumavo il rossetto rouge Dior o perché le calpestavo le gonne troppo lunghe per una bambina di 8 anni; ma ogni volta la storia si ripeteva e cercare dove mia madre avesse nascosto le sue collane o il make-up diventava parte integrante del gioco! Era il periodo in cui si stavano diffondendo i primi cellulari e l’invenzione dell’ SMS compiva 3 anni. Sono passati più di 10 anni. Da allora le cose sono notevolmente cambiate. Oggi non si parla più di consumatori ma di consum-autori. Proprio attraverso le trasformazioni dei processi di consumo si sono andate a delineare sempre più le suddivisioni dei consum-autori in mappe generazionali. Tra queste troviamo i Posh Tweens, i pre-adolescenti (8-12 anni) amanti delle novità, precoci utilizzatori di tecnologia e probabilmente gli ultimi a seguire le logiche tradizionali della moda. Ed eccoci catapultati in un cartone animato istruttivo “Dora l’esploratrice”, dove la protagonista è una bambina di sette anni, dolce e curiosa, sempre pronta a nuove avventure alla scoperta della magia delle parole, della matematica, della musica e delle scienze; in Italia è apparsa sugli schermi della tv a partire da giugno del 2006. 9 Di Benedetta Boccalatte ([email protected]) La bambola Dora viene presto distribuita nei negozi dalla Mattel, una delle più grandi case produttrici di giocattoli del mondo (la stessa casa che produce Barbie). Bastano pochi anni e nell’autunno del 2009 il produttore Nickelodeon, assieme a Mattel, decidono di far crescere Dora (ma il target di riferimento rimane lo stesso!) chiamandola Dora Links, la teenager alla moda che ama navigare in Internet. In America il successo arriva subito, in Italia deve ancora essere commercializzata. MARKETING MIX DI DISNEY Il fenomeno, sempre più diffuso, di migrazione sulla Rete da parte dei bambini è stato studiato dai sociologi e spinto e utilizzato dal marketing di diverse aziende. La Disney per pubblicizzare il lancio del 28 settembre 2009 del nuovo canale DISNEY XD, dedicato ai bambini dai 6 ai 14 anni, non si è fermata alle vie tradizionali ma ha puntato moltissimo sullo street marketing e i social network, convinta di poter veramente colpire il suo pubblico. E ci è riuscita. La campagna per il lancio del videogioco Disney “Hero Rising” ha fatto da teaser per il nuovo canale Disney XD. Ecco i numeri per l’Italia: 600 euro di budget media. Su Facebook: 8.059.675 impression, 6.173 clic, 3.310 fan. YouTube: 2.240 visualizzazioni dei video. Successivamente, nelle ultime due settimane di agosto, è iniziata la campagna di guerrilla marketing con la distribuzione, nelle principali località balneari italiane, di 100.000 speciali promocard al fine di permettere di “entrare e vedere attraverso 10 il mondo Disney XD”. Questa attività è stata poi ripresa a partire dal 21 settembre nelle principali città italiane. La campagna web si è basata sul media mix non convenzionale strutturato ad hoc per raggiungere il target con precisione, stimolando l’awarness anche sul web e integrando una massiccia campagna tv e outdoor: Messenger e video-chiamata sponsorizzata su Windows Live; game advertising nei videogiochi Xbox Live; siti verticali e community individuate con Google Ad Planner; wink creator per Windows Live Messenger. Attraverso questi due esempi esposti ci è chiaro che non si può più ignorare l’aspetto virtuale del marketing, anche quando si parla di bambini, perchè loro, a differenza degli adulti, sono “nati con la Rete”, da qui il termine Nativi Digitali, sempre più utilizzato. Ricordiamo però che come in ogni cosa, e in questo caso ancor di più, bisogna porre dei limiti per tutelare i più piccoli sulla Rete. Di Benedetta Boccalatte ([email protected]) La bambola Dora è completamente cambiata: segue la moda di ultima tendenza e tramite un cavetto USB si collega al computer permettendo di accedere al suo sito Internet e di entrare a far parte di un mondo virtuale dove si può creare il proprio avatar ed interagire con gli altri utenti! Ma non è tutto. Dora grazie alla tecnologia può fare molto di più: tramite l’interfaccia on line è possibile cambiarle il colore della collana e degli orecchini e, addirittura con un semplice click del mouse, i capelli di Dora si allungano a proprio piacimento anche nella realtà. Voi direte, bella trovata tecnologica! In realtà c’è un sottile filo logico studiato ad hoc che le bambine di quell’età non possono cogliere consapevolmente, ma solamente inconsciamente. La bambola Dora Links collegata a Internet ti invita a giocare e quando non è on line ti invita ad entrare, ti segnala novità che possono riguardare nuove avventure da affrontare oppure nuovi prodotti/accessori disponibili per l’acquisto. Tutto questo grazie ad un dispositivo che chiamano “magical alert system”. Quando sei on line poi il bombardamento pubblicitario non manca. 11 ([email protected]) 12 ([email protected]) Lo stile kawaii nasce in Giappone negli anni ‘70, la parola è la trasposizione dell’inglese “cute” e significa “bello, adorabile, carino, amabile”. Il kawaii nasce con il personaggio di Hello Kitty, la gattina senza bocca oggi conosciuta in tutto il mondo che spopola in ogni fascia di età. Inizialmente rivolto a bambine e teenager, il suo successo è talmente dirompente che in pochi anni dilaga ovunque: la gattina spopola nel mercato giapponese e in breve fa breccia nei cuori di bambine, ragazze e donne di tutto il mondo, fino a diventare un brand di culto. Dalla sua creazione, 35 anni fa, Hello Kitty è diventata una vera e propria icona di stile, un fenomeno di costume unico nel suo genere. La seguono molti altri piccoli personaggi kawaii dai tratti comuni; spesso non hanno la bocca, perché secondo alcuni il cuteness incarnerebbe il prototipo di donna giapponese: remissiva, mite, dolce e sottomessa. Insomma, Hello Kitty sarebbe l’essenza della geisha “non parlante” e qui sta la chiave del suo successo iniziale: le donne giapponesi si sono riconosciute nello stereotipo richiesto dalla loro struttura sociale. Ma al di là delle interpretazioni culturali, il cuteness è un vero e proprio business. La Sonrio è la proprietaria del marchio di Hello Kitty, oltre che degli altri personaggi kawaii più popolari, e commercializza nel mondo molte linee di prodotti bandizzate “cuteness” con le quali fattura più di 1 miliardo di dollari l’anno. In assoluto può essere considerata l’azienda che meglio capitalizza questo ‘tenero’ trend. 13 13 ([email protected]) L’Italia non fa eccezione in questo panorama: anche qui da noi l’invasione del cuteness è in atto. La gattina è più agguerrita che mai e se negli ultimi anni le strategie globali di marketing della Sonrio sono state caratterizzate da numerose iniziative di licenses, per le quali il musetto è comparso su qualsiasi tipo di prodotto, il nostro mercato è caratterizzato da un grandissimo movimento parallelo di marketing virale, per lo più spontaneo. “Il mercato europeo è completamente diverso rispetto a quello USA, che è molto più ampio e in qualche modo disomogeneo” ci spiega Dobrochna Giedwidz, Press Manager della Sonrio in Italia. “Le nostre strategie di web marketing riflettono questa diversità. Negli Stati Uniti catalizziamo gli strumenti ufficiali, come il sito web, l’e-shop su canali aziendali e la newsletter. L’e-commerce avviene principalmente nei siti della Sonrio. In Europa lo scenario cambia totalmente: qui abbiamo un solo sito ufficiale ma il movimento spontaneo sul web è talmente vivace e dinamico che la maggior parte delle interazioni tra utenti via web avvengono fuori dai canali ufficiali e fuori dal nostro controllo. Non ci è possibile seguire tutto”. 14 ([email protected]) Il panorama web ci offre innumerevoli pagine italiane dedicate a Hello Kitty e al kawaii trend, quasi tutte spontanee: dall’e-shop che genera un ampissimo scambio di oggetti di ogni sorta e genere, ai forum per lo shopping, alle forum community in cui si può creare un proprio “diario” degli acquisti Hello Kitty. Ci sono poi i blog dedicati alla “Hello Kitty mania” in cui si creano discussioni sulle novità, ci si scambiano oggetti fai da te, oppure acquistati e poi rivenduti. Per arrivare all’universo dei social network, primi fra tutti facebook e twitter in cui le pagine spontanee sull’argomento sono moltissime. “Vanno fortissimo le fan page e i forum che spontaneamente nascono a decine” 15 continua la portavoce della Sonrio. “Consideriamo facebook come caso esemplare: per una sola pagina ufficiale Sonrio di Hello Kitty, ci sono altre centinaia di fan page create dagli stessi utenti. Pagine “love” o “hate” poco importa, tutto rafforza il brand. Lo scambio di gadget e oggetti di Hello Kitty in rete è diffusissimo e solo in minima parte è stimolato e gestito da Sonrio. Le stesse iniziative di license del brand Hello Kitty nascono su proposte spontanee dei fan: riceviamo regolarmente idee di ogni tipo, molte non sono realizzabili altre invece le accettiamo poiché sono particolarmente interessanti”. Di Flavia Farina ([email protected]) “Aprire un pacchetto figurine è come comprare un “gratta& vinci””: Antonio Allegra ci spiega perchè. Chi di voi non ha mai posseduto un album di figurine Panini alzi la mano.Certo, le femminucce avranno avuto l’album del re leone, o della sirenetta, i maschietti, da 3 o 4 generazioni continuano a comprare quelli dei calciatori, qualcuno avrà comprato anche quello dell’ N.B.A (e in questo caso National Basketball Association, non Natural Born Advertiser) magari ma, al di là della tipologia, tutti noi ne abbiamo avuto almeno uno. Panini nasce ufficialmente nel 1961 e da allora, per più di mezzo secolo, ha proseguito costantemente la sua espansione. I gusti si sono evoluti, le tendenze sono cambiate, da qualche anno ormai i nuovi nati sono definiti “nativi digitali”, in città girano più I-Pod che fumetti, un po’ tutta la carta stampata oggi è in crisi...eppure gli album Panini riscuotono ancora un enorme successo tra i fanciulli come tra gli adulti nostalgici. Per capire allora quale sia la chiave di volta di questo trionfo incontrastato, quali siano i punti di forza del mezzo “figurina”, abbiamo posto qualche domanda ad Antonio Allegra, direttore del mercato Italia di Panini. Antonio Allegra 16 FACCE DA MARKETING Di Flavia Farina ([email protected]) I vostri prodotti sono rivolti ad un ampio target: bambini, adolescenti e anche collezionisti o adulti nostalgici dei vecchi album. Vari segmenti di pubblico da coinvolgere significa strategie di marketing e comunicazione differenti? In che modo e con quali mezzi riuscite a differenziare le vostre strategie? La molteplicità di target tra le diverse collezioni ma anche all’interno della stessa raccolta – basti pensare ai collezionisti Calciatori – ci impongono delle strategie mirate con l’utilizzo di leve di marketing diversificate e, talvolta, messaggi di comunicazione specifici. Prendendo ad esempio il lancio della collezione Calciatori 2008-09 si sono applicate entrambe le soluzioni: - Da un lato sono di fatto sono state lanciate 2 campagne in parallelo: “Fai vedere chi sei” rivolta al target primario – bambini e ragazzini – “L’evoluzione della specie” mirata specificatamente al target secondario – appassionati, genitori, collezionisti 17 Di Tomaso Bonazzi - Alcuni mezzi sono stati utilizzati solo su uno dei 2 target, come ad esempio la radio, destinata agli adulti. Nel caso della televisione invece, le 2 campagne sono andate avanti in parallelo: su canali e spazi “giovani” per il target primario, su SKY calcio e SKY sport per il target secondario In generale però, quando possibile, si cerca di mantenere un unico claim di comunicazione che possa risultare “accettato” da entrambi i target lavorando di più sui canali di comunicazione e promozione. FACCE DA MARKETING Di Flavia Farina ([email protected]) Successo incontrastato e durevole nel tempo, quali sono la chiave di volta e i vostri punti di forza per riuscire a colpire il target extra small? Quali sono le caratteristiche di questo target su cui occorre fare leva per essere convincenti? Siete ormai nel campo da molto tempo, negli anni abbiamo assistito ad una evoluzione globale del gusto, i bambini di qualche hanno fa non hanno gli stessi gusti forse di quelli di oggi. Come sono cambiate le vostre le vostre strategie di comunicazione nel corso del tempo? L’evoluzione dei bambini, del loro gusto, della gestione del loro tempo libero, ci ha ovviamente imposto nel corso degli anni un adattamento delle strategie di comunicazione: un tempo, ad esempio, avevano molto più tempo libero in contesti non regolamentati e quindi vi era più spazio per attività come il collezionismo e lo scambio. Oggi, con un’”agenda” spesso più piena della nostra – tra nuoto, karate, inglese, danza, basket, ecc.ecc. – e soprattutto meno tempo passato in “cortile”, come invece avveniva negli anni ’60 e ’70, la necessità è di intercettarli nei momenti di aggregazione se non addirittura stimolarli; in tal senso si possono leggere le nostre attività ad esempio sugli oratori, piuttosto che i tour che sempre più spesso organizziamo in giro per l’Italia. Panini, con la sua storia e la tradizione, oggi più che in passato è vista come un brand “rassicurante” da parte di genitori e nonni – che sono a loro volta stati nostri collezionisti. Questo facilità l’ingresso in casa delle nostre collezioni, con gli adulti spesso nostri “complici” nel supportare le raccolte di figli e nipoti. I ragazzini, grazie anche all’evoluzione delle nostre strategie di comunicazione, ci vivono comunque come un prodotto attuale e soprattutto non in contrapposizione con il virtuale (videogiochi, internet, telefonino) ma suo a naturale complemento, quando hanno un bisogno di “fisicità”, tattilità che, abbiamo la sensazione, sta venendo sempre più fuori. Conoscete la comunicazione non convenzionale e il guerrilla marketing? Che opinione ne avete? L’avete mai utilizzata? Si, conosciamo la comunicazione non convenzionale e il guerrilla marketing che giudichiamo strumenti molto interessanti come complemento a campagne più tradizionali e per comunicare su target specifici. Un esempio recente di nostro utilizzo si è avuto in occasione del lancio della collezione Calciatori 2009-10 dove abbiamo svolto delle attività nelle principali stazioni ferroviarie italiane mirate ai viaggiatori da noi individuati come target secondario per la collezione. Più di un amico mi ha telefonato per raccontarmi scene esilaranti viste sui treni dopo che le nostre hostess avevano omaggiato ad esempio giovani professionisti, dell’album… 18 FACCE DA MARKETING Di Flavia Farina ([email protected]) 53 54 19 55 FACCE DA MARKETING Di Flavia Farina ([email protected]) I giochi cambiano, ma le figurine rimangono, sono intramontabili, cambiano i temi e soggetti, certo, ma non il mezzo. Qual è il punto di forza che permette al genere “figurina” di risultare sempre così affascinante? Ho guardato il vostro sito internet, è articolato e ricco di notizie. Come è cambiato in questi anni e quanto è importante il vostro rapporto con il pubblico on line? Facebook e social network, quanto contano nella vostra comunicazione? Il collezionismo di figurine risponde ad una serie di esigenze del target infantile che non sono soddisfatte da altri prodotti rivolti allo stesso target, oggi come 50 anni fa: - L’acquisto delle bustine è il primo atto di acquisto “autonomo” del bambino, dove viene riconosciuto come consumatore consapevole da un adulto – l’edicolante - L’apertura della bustina genera l’effetto “gratta-e-vinci”: se trovo una figurina mancante ho vinto, contrariamente a quando trovo delle doppie - Con particolare riferimento alle figurine dei Calciatori, queste rappresentano qualcosa di più di una foto del giocatore: “sono” il giocatore, la sua carta d’identità, poiché viene ripreso in primo piano, ben riconoscibile. E lo posso portare sempre con me… - Il poter raccogliere le figurine in un album risponde ad un bisogno di ordine e di completezza tipico del target - Lo scambiare le figurine doppie piuttosto che il giocarci, è una tappa fondamentale nel processo di socializzazione e affermazione di sé in un contesto competitivo Panini ha “affrontato” da subito internet e le nuove tecnologie, non vedendole come un competitor bensì come uno strumento in più per comunicare con il proprio target ed interagire con esso: il primo sito internet Panini.it andò in linea nel gennaio 1997 e nel marzo 1999 venne conclusa la prima transazione all’interno del nostro store on-line.Oggi abbiamo un network articolato in oltre 100 siti internet che copre tutte le nostre attività in Italia e all’estero e siamo entrati pesantemente su YouTube, Facebook, Twitter. In generale i social network sono oramai elemento imprescindibile della nostra comunicazione e tendiamo a gestirli in maniera sinergica a tutte le attività di marketing: in tal senso può essere significativo un rapido excursus sulle attività messe in piedi per il lancio della collezione Calciatori 2009-10: al sito istituzionale Panini.it abbiamo affiancato il sito di prodotto Calciatoripanini.it; tutti i video legati alla collezione, sia nostri che autoprodotti dai collezionisti, sono stati pubblicati sullo specifico canale Youtube.com/calciatori panini; gli utenti hanno potuto interagire all’interno della nostra fan page Facebook .com/calciatoripanini così come rimanere aggiornati in tempo reale sulle informazioni riguardanti la collezione tramite il feed Twitter. com/figurine panini; inoltre abbiamo sviluppato un’applicazione per iPhone – iCalciatori – come supporto al collezionista. Inutile dire che tutti gli strumenti interagivano tra loro e si completavano. Tutti questi strumenti sono ovviamente stati ovviamente messi al servizio delle altre attività del piano di marketing: ad esempio il Calciatori Tour 2010 è stato ampiamente presentato 20 FACCE DA MARKETING Di Flavia Farina ([email protected]) e “seguito” tappa dopo tappa, dall’area multimediale così come, ovviamente, gli spot TV piuttosto che il concorso Top Team. I quotidiani vendono sempre meno, e lentamente anche i libri stanno cedendo il passo agli e-book. Secondo voi il mezzo cartaceo è destinato a sparire oppure no? Sarà possibile, secondo voi, un giorno, una collezione di figurine sul web? L’elemento “fisico” è una componente chiave nel collezionismo di figurine: se da un lato abbiamo effettuato diversi esperimenti sia su internet che tramite telefonia mobile, per affiancare al collezionismo tradizionale anche un collezionismo virtuale, dall’altro riteniamo che il bello del raccogliere figurine sia nel fatto che si possono tenere in mano, odorare, giocarci e scambiare dandosi la mano… Cogliamo però l’occasione per segnalare che nel corso del mese di aprile 2010 andrà in linea la nuova collezione virtuale realizzata da Panini per FIFA in collaborazione con Coca Cola, disponibile all’indirizzo www. fifaworldcup.com/stickeralbum e interamente dedicata ai Mondiali FIFA che si giocheranno in Sudafrica. Nel 2011 festeggerete i 50 anni dalla fondazione della società Panini, nata infatti nel 1961. Avete in mente qualche lancio straordinario? Qualche grande campagna o evento spettacolare? Potete anticiparci qualche novità per il futuro? La collezione Calciatori 2010-11 sarà in effetti la 50ma della storia Panini e il 2011 sarà da noi interamente dedicato alla celebrazione del cinquantenario. Già per il lancio della collezione Calciatori stiamo pensando ad una serie di attività particolari che andranno ad affiancare la campagna di marketing tradizionale; saranno inoltre previsti momenti commemorativi specifici sia pubblici che 21 privati, riservati alla grande famiglia Panini di tutto il mondo. In generale cercheremo di rispettare quella linea guida di “evoluzione nella tradizione” che da sempre indirizza le nostre scelte: non tradire il nostro passato ma essere innovativi, esattamente come fu innovativo Giuseppe Panini 50 anni fa. Leo Montemanni Esistono muri sporchi, muri imbrattati e muri utilizzati. Tele urbane rubate al paesaggio che per i profani sporcano, per quelli consacrati all’arte in qualsiasi sua forma, sono pezzi d’autore. Per finezza e accuratezza si distinguono dalla massa degli altri ‘graffi’ e si intrecciano con una cultura che affonda le sue radici nei fertili anni 80. Tra questi artisti nascosti alla fama, se non per la loro tag infiltrata tra un gioco di ombre ed un altro, Leo Montemanni, che ha vissuto i momenti in cui i writers cercavano il loro spazio e la loro identità in un mondo di artisti presunti e grandi irragiungibili. A lui abbiamo chiesto il perchè e il come i ‘graffitari’ diventano writers e poi artisti in quell’evoluzione che ha fatto di un rituale preistorico una nuova arte: L’Aereosol art. 22 GUERRILLA ART Di Federica Dovere ([email protected]) Questa rubrica è dedicata sempre ad artisti che hanno iniziato con l’arte urbana e metropolitana. Tu ti consideri uno street artist oppure no? Quanto ti senti vicino a questa forma d’arte? Diciamo che il mio primo graffito é del 88/89, e sicuramente ho fatto writing per più di un ventennio. La Street Art ha come comune denominatore una provenienza urbana! La strada come scenario di una comunicazione diretta, dal creativo all’ utente finale senza intermediazioni o sovrastrutture, questo è innegabile. Ma non esiste un manifesto o un programma, come per esempio é accaduto a inizio secolo scorso con il Futurismo, il Cubismo ecc. Quindi se di corrente dobbiamo parlare, sicuramente è qualcosa di nuovo che nasce da un moto spontaneo, incentivato da un elemento caratterizzante di quest’ultimo ventennio: la grande comunicazione di massa, determinata prima dalle televisioni, ma sopratutto da internet. Alla luce di ciò, per me non esiste un confine tra pittura e street art, é solo un modo diverso di chiamare la stessa cosa. Ti sei avvicinato al graffitismo ormai da qualche anno, dal 1988. Come hai visto cambiare questa arte nel corso degli anni? Come si sono evolute le tecniche e come è cambiato l’ambiente degli artisti? Quale sarà secondo te il futuro della street art? Prima del 1988 ho incominciato con la musica ( l’hip-hop) e con degli scritti sulle pantere nere, su Malcolm x, anche se in realtà già tredicenne mi sono appassionato alla breakdance, arrivata in Italia nel “82-83”. La consapevolezza che potevo graffitare l’ho avuta in una serata al ‘Ciak’ di Milano, alla 23 quale ero andato con Fast-Feet, un breackers storico del Bresciano. Li sono venuto a contatto con “AL” (rivista storica del writing) che all’ epoca era in formato fotocopia rigorosamente in bianconero fermata con un punto di graffetta su un angolo. Ricordo che vi era pubblicata una murata della TDK, un pezzo di Graffio.... e altro. E stata una folgorazione, ho sentito subito un forte senso d’appartenenza. Ti posso dire che all’epoca, per fare delle righe sottili si modificavano i tappi troncando nell’ugello un ago di siringa, non si andava allo shop a comprare lo skinny kap, gli spray si rubavano perché mancavano i soldi per acquistali. Le Jam degli anni “90 erano fantastiche, abbracciavano tutto: graffiti, breack e rap. Oggi fa parte di un vissuto comune a tutti, i graffiti sono sugli zainetti, sulle agende, sulle scarpe e nella pubblicità. Penso che inevitabilmente come per tutte le novità, la loro forza e la carica esplosiva che possiedono nei primi anni si sia diluita per lasciare spazio a una cultura più massificata. Il futuro? penso positivo...ci sarà una nuova trovata e la carica di cui parlavo prima ritornerà negli adolescenti di domani, magari con delle altre cose! GUERRILLA ART Di Federica Dovere ([email protected]) ‘Aerosol-art’. Ci spiegeresti meglio il senso di questa definizione? Come nasce e in cosa consiste precisamente? Parlando prima del writing, anche detto (secondo alcuni impropriamente) graffitismo, è una manifestazione sociale, culturale e artistica molto diffusa, basata sull’espressione della propria creatività tramite interventi sul tessuto urbano. Correlata ad essa, il proprio nome d’arte (la tag) viene apposto su ogni opera, diffondendolo come fosse un logo. Areosol-art è un termine più generico che identifica e ingloba anche coloro che non lavorano esclusivamente sulla lettera, come me! 24 BLOB ([email protected]) 25 COLD CASE Di Alessandro del Re ([email protected]) Il tema di questo numero di Subvertising mi dà la possibilità di approfondire una campagna non convenzionale realizzata nell’Agosto del 2009 ed entrata nella mia personale categoria “questa avrei voluto farla io!”. Noppadol Utiswannakul, direttore creativo dell’agenzia tailandese Y&R BangKok, suggerì a Colgate una soluzione semplice quanto geniale per rendere efficace la comunicazione del brand al target scelto. In occasione dell’ormai noto “mese della salute orale” Colgate cambiò gift strategy: distribuire gelati ai bambini invece dei soliti campioni gratuiti. Il regalo, apparentemente contoproducente, nascondeva un messaggio capace di realizzare l’obiettivo della comunicazione; la stecca del gelato era infatti brandizzata e riportava il suggerimento “Don’t Forget”, un chiaro messaggio ai bambini di non dimenticare di lavare i denti dopo aver mangiato, naturalmente utilizzando il dentifricio Colgate. Una comunicazione non convenzionale dedicata ad un target classificabile come “vulnerable popution” semplicemente perfetta: capace di riassumere una strategia legata tanto al capriccio di persistenza (neg factor) quanto al capriccio di importanza (reason factor) dei fanciulli;atta a divulgare un messaggio socialmente salutare;strutturata per raggiungere un target adulto colpendo un target giovanissimo. Un cold case, si! ...ma come dimenticare? 26 Per il numero di maggio abbiamo intervistato Gianluca Diegoli, autore del blog minimarketing.it Come lui stesso spiega nell’intervista, il blog non è incentrato sulla recensione dell’ultimissima novità in fatto di marketing e campagne di comunicazione, ma si occupa piuttosto di “scoperchiare” e analizzare il concetto di marketing nelle sue più diverse declinazioni: si passa dal modo in cui questo termine viene infilato (più o meno a proposito) nei titoli di giornale alle 7 T del marketing utopico. Il nome viene ovviamente dal termine “marketing” , da “minimarket” (ci spiega nell’intervista il perché) e da “minimale”: diretto, efficace e senza fronzoli inutili, provare per credere. Di Daria Scaglia 27 BLOB Di Daria Scaglia Anche se dal nome sembra facile intuirlo, ci spieghi di che cosa parla il tuo blog? Il mio blog tratta ovviamente di marketing, ma in senso molto allargato: alterna analisi e commenti su social media, web ed evoluzione di quello che io chiamo un-marketing (cioè il marketing al contrario, o come scrivo spesso “per le persone, dalle persone, con le persone”) a post che fanno incursione in territori popolati di piccoli esercizi, descrizioni di strategie estemporanee e bizzarre messe in pratica da piccole attività locali, che spesso servono anche quali metafore per spiegare in parole semplice concetti più complessi. Il nome “minimarketing” fa quindi riferimento sia al minimalismo (nel senso della riduzione degli inutili budget stellari di marketing) che al minimarket (come vengono chiamati quei negozi in cui puoi trovare un po’ di tutto) Nel tuo bolg abbondano link, news, consigli e anteprime, puoi svelarci qualcuna delle tue fonti o come fai a essere sempre “sul pezzo”? La mia fonte principale è naturalmente la mia rete sociale online, costruita in anni di frequentazioni e di partecipazione al social web: che siano i blog che seguo su Google Reader, o Twitter, o Facebook o Friendfeed, poco importa. Se esce qualcosa di interessante, sono quasi certo che qualcuno dei miei contatti lo segnalerà, permettendomi di non leggere “tutto”, cosa ovviamente impossibile, visto che non ho tutto questo tempo, non facendo il giornalista o il blogger a tempo pieno: in realtà il mio blog non punta a essere il primo a segnalare una notizia, cosa che trovo inutile, quanto a commentare qualcosa che magari è passato sotto silenzio e che ritengo utile commentare, segnalare e rilanciare. Il tuo blog passa in rassegna numerose campagne di comunicazione e trovate più o meno geniali per sperimentare nuove dimensioni della comunicazione, per le aziende quanto credi sia importante il tuo “voto” in merito alla riuscita di queste iniziative? In realtà c’è stato un periodo in cui mi divertivo molto a mettere in ridicolo iniziative che erano davvero indifendibili, sotto ogni punto di vista, e nascevano dallo “scompenso di conoscenza” tra la comunicazione tradizionale (spesso messa in campo dall’agenzia di riferimento) e le dinamiche del web sociale, totalmente non compatibili con il vecchio modo di intendere l’advertising e la comunicazione. E la critica in rete funziona, devo dire, soprattutto in un mondo come quello del marketing in cui nessuna campagna ha mai fallito, se stai ad ascoltare la stampa settoriale. Ora la cosa mi ha un po’ annoiato, e quindi molte iniziative non intenzionalmente buffe la passano liscia (ride). So per certo che spesso i post critici sono stati letti all’interno delle aziende stesse, e a volte mi è dispiaciuto per le persone coinvolte, che spesso erano ‘costrette’ aziendalmente a certe iniziative, di cui conoscevano bene i limiti. Tuttavia, devo dire che da un po’ ci sono davvero poche iniziative in grado di sorprendermi e ‘costringermi’ a farci un post, nonostante riceva almeno un comunicato stampa al giorno su guerriglia marketing, non convenzionale, eccetera. Spesso queste sono iniziative davvero noiose e convenzionali. Sono più divertenti e innovativi i volantini sotto i parabrezza, eh. Il tuo blog colpisce per l’originalità e l’utilizzo formule per spiegare la logica che sta dietro alcune operazioni di marketing, puoi raccontarci qual è l’elemento che può rendere vincente una strategia di marketing secondo te? 28 BLOB Di Daria Scaglia La mia linea editoriale (ma in realtà ciò che mi diverte scrivere) è la semplificazione della complessità, per renderla comprensibile anche fuori dal solito gergo di settore. Per questo mi piace usare metafore forse ardite e non sempre centratissime, ma che hanno lo scopo di far capire il senso al di fuori della solita parrocchia. Lo stesso vale per le formule. L’elemento che rende vincente una strategia, anzi, una campagna di marketing è quello che ho scritto in una delle 91 tesi http:// www.91tesi.com/90 “Campagna (di marketing) è un termine perfetto: solo non dovrete usarlo nell’accezione del generale, ma in quella del contadino.” Il blog non ha un direttore, ma solo un autore che “posta” in base al suo gusto e alla sua intelligenza. Come definiresti la posizione dei blogger oggi nel panorama della comunicazione e del marketing? In generale, il blog per il blogger è come un giocattolo per un bambino. E’ solo uno scatolone di cartone, ma lui ci vede un castello. Questo è il principale pregio e spesso anche il principale limite: c’è sempre bisogno di qualcuno che scriva in questo settore senza troppe remore (ancora ogni giorno ricevo comunicati stampa, che io chiamo “comunicati stanca”, con i soliti triti luoghi comuni e tristi autocelebrazioni) ma allo stesso tempo chi blogga non deve farsi prendere da deliri di onnipotenza. Nel settore del marketing, spesso il blog è stato uno strumento per imporsi all’attenzione generale, e trovare un lavoro, dei clienti, o semplicemente mostrare le proprie capacità, e per creare relazioni che poi si sono consolidate sui social network, ma sono partite dalla creazione di contenuti, e non viceversa. Un post che ho amato molto è stato “L’utopia del banner sociale”, http://www.minimarketing. 29 it/2008/07/la-teoria-del-banner-sociale.html perché quando è uscito (quasi due anni fa) sembrava veramente pazzesco e visionario, fuori dalla realtà. E invece a distanza di quasi due anni, agenzie e concessionarie ora mi scrivono chiedendomi se possono “usare l’idea”. Certo che potete. Anzi, dovete. Se vi è venuta voglia di dare fare una full immersion di Minimarketing, vi consigliamo di partire dal post riguardo”L’utopia del banner sociale”, ovvero l’analisi acuta di un oggetto del web onnipresente (il banner) che da pubblicità senza molta personalità si è evoluta, e tutt’ora lo sta facendo, verso un’interfaccia meno invadente e più aggregante per i consumatori interessati ai medesimi prodotti. Il concetto non è semplice da riassumere, ma per vostra (e nostra) fortuna l’ha già fatto Gianluca al seguente link: http://www.minimarketing.it/2008/07/lateoria-del-banner-sociale.html La comunicazione massmediatica, quella pubblicitaria in particolare, esercita un’enorme influenza sugli utenti più giovani, proponendo, spesso imponendo, modelli e tematiche rispetto ai quali essi risultano particolarmente ricettivi. Ho cercato di esplorare le dinamiche del complesso rapporto tra mondo dell’infanziaadolescenza e mondo della pubblicità. L’intervista con Francesca Romana Puggelli, docente di Psicologia sociale presso l’Università Cattolica di Milano e di Psicologia del turismo e del tempo libero presso l’Università degli Studi di Urbino, ribadisce i punti centrali del suo libro: “Spot Generation. I bambini e la pubblicità” pubblicato nel 2002. 30 Fino a che punto e in che modo si tiene conto del target dei bambini e degli adolescenti nella regolamentazione del contenuto del messaggio pubblicitario e della sua fruizione? Una regolamentazione in merito è prevista dalle norme di autoregolamentazione stabilite dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (www.IAP.it). In particolare l’articolo 11 sostiene che il messaggio pubblicitario non deve in alcun modo danneggiare il bambino, né dal punto di vista morale né da quello psichico. Queste norme di prevenzione sono finalizzate alla tutela giuridica del bambino, ma in ambito pubblicitario egli è spesso oggetto di strumentalizzazione, nel senso che la comunicazione si arricchisce di elementi appartenenti all’immaginario infantile per essere più facilmente recepibile da un pubblico più vasto. Vari sono, infatti, gli espedienti pubblicitari più utilizzati a tal scopo. Lo spot, ad esempio, riporta spesso una struttura fiabesca, quindi prevede l’happy ending (lieto fine); molto diffusa è anche la formula della ripetizione, molto rassicurante dal punto di vista sonoro, che ricorda un po’ la forma della litania; è, inoltre, una consuetudine ricorrente introdurre richiami dal mondo del meraviglioso, del magico, enfatizzando gli aspetti del prodotto, come se questo fosse dotato di qualità divine o soprannaturali (animismo). Qual è il peso del ruolo educativo della famiglia nella lettura del messaggio pubblicitario? L’intervento dell’adulto deve accompagnare le varie fasi della visione dei programmi e degli spot televisivi da parte del bambino: i genitori devono essere presenti nella scelta, quindi nella selezione di ciò che è opportuno che il figlio guardi in TV, preparandolo a quello che si appresterà a vedere e quindi ad assimilare; devono essere presenti anche alla fine della visione, per eventuali spiegazioni o integrazioni del contenuto del messaggio ricevuto. L’adulto, infatti, deve rappresentare 31 per il bambino un esempio di consumo. Quanto attinge la pubblicità dalla psicologia dello sviluppo e dell’età evolutiva e viceversa? Sono discipline che si influenzano a vicenda. Durante il periodo prescolare nasce e cresce esponenzialmente l’attenzione del bambino verso la TV, i cui contenuti, però, sono da lui compresi solo in via generale; in questa fase, egli non distingue il programma dalla pubblicità, crede a tutto ciò che vede e non riconosce il prodotto come protagonista dello spot. Verso gli 8 anni il bambino comincia a capire che la pubblicità ha fine principalmente commerciale, tuttavia non possiede ancora gli strumenti necessari per elaborarne il contenuto; da qui nasce la necessità che i genitori siano presenti e gli suggeriscano modalità di difesa. Quando la pubblicità è esplicitamente diseducativa? Le pubblicità più diseducative sono quelle non riconosciute come tali dagli adulti, probabilmente perché non evidenti. La pubblicità mainstream non anticipa mai la società, semmai la segue, poiché deve fare in modo che la maggior parte del pubblico si identifichi in essa, nei suoi linguaggi, nelle sue tematiche.. Questo può portare ad una stereotipizzazione diffusa e anche a una discriminazione; si pensi alle pubblicità rivolte alle bambine, caratterizzate da colori pastello, scene lente, quasi “ovattate”, e si pensi invece a quelle rivolte ai bambini, con cambi di camera repentini, scene di competizione spesso girate all’aperto. Ciò favorisce un’immedesimazione automatica che favorisce il consolidamento di modelli culturali e stereotipi condivisi, che probabilmente devono essere filtrati dall’adulto, il quale ha, in questo senso, il ruolo di mediatore tra ciò che viene proposto dalla comunicazione mainstream e il soggetto infantile che, come una spugna, è pronto ad assorbire tutto. Di Benedetta Boccalatte I l 2010 ha visto nascere in campo tecnologico molte novità. Tra le più importanti: la tecnologia 3D, ora anche sui nostri schermi; il passaggio definitivo al digitale terrestre e l’avvento dell’ iPad che conferma il diffondersi del Multi-Touch e l’importanza della mobilità per essere connessi a Internet ovunque. Come reagisce il mondo dei bambini a tutto questo? Loro, che vengono chiamati Nativi Digitali, sono i veri protagonisti di questi cambiamenti. Qual è la percezione che hanno della pubblicità sul Web? Ho voluto scrivere qualcosa visto dagli occhi di un diretto interessato. Si chiama Mattia, ha 12 anni e vive in provincia di Caserta. E’ iscritto a Facebook, possiede già un suo computer, un iMac 21,5” Base, che utilizza principalmente per navigare, leggere email e non solo! Si ritiene un bravo Webdesigner/Grafico infatti usa programmi di grafica come Photoshop e Dreamweaver per i siti web. (E si fa anche pagare, ma per il momento non ha ancora clienti) Lo conosco su Internet, tramite un forum. Ottenere il suo contatto skype è stato facile e subito abbiamo cominciato a chattare. (parliamo di Rete? E Rete sia!) 32 Di Diego Perrone ([email protected] Ecco qui il risultato della nostra chiacchierata: Ciao Mattia, confermi di avere 12 anni? Si ho 12 anni, ma ad ottobre del 2010 ne compio 13. etc...); Italiamac.it; Habbo.it (Versione italiana di una famosa chat virtuale bidimensionale MMORPG creata dalla Sulake). Fai sport? No. Oltre al computer possiedi anche un cellulare? Ti capita di soffermarti a guardare la pubblicità in tv? Ho posseduto vari cellulari, per un periodo ho avuto la smania di comprarne vari poiché uscivano nuovi modelli quasi subito, quindi ero attirato ad avere il modello di tendenza. Si, ma giusto per interesse magari di una qualche musica o immagine che mi ha colpito. In media, in una giornata, quante ore passi davanti alla tv e quante ore davanti al computer? Davanti alla TV passo di solito massimo 2 – 3 orette il pomeriggio; vicino al computer passo molto molto tempo anche perché spesso non ho nulla da fare. Ti ho contattato per questa breve intervista tramite un forum, al quale sei iscritto, che è dedicato al mondo Apple e alle novità tecnologiche. Quali sono i principali motivi che ti hanno spinto ad iscriverti? In primis mi iscrissi ad ItaliaMac perchè avevo bisogno di supporto sull’acquisto di un iPod Touch, poi alla fine mi appassionai al mondo Mac, fino ad allora quasi sconosciuto fino ad ottenere ad ottobre scorso, il mio primo Macintosh. Fai una lista dei siti Internet che segui maggiormente. Sciax2.it (Community di giovani webmaster 33 Se ti dicessi che la nostra rivista affronta argomenti riguardanti la pubblicità non convenzionale, sai di cosa stiamo parlando? Non proprio, credo di pubblicità che non siano a scopo di lucro o per pubblicizzare un determinato prodotto. Hai mai visto su youtube dei video virali dove sono protagonisti dei brand? Non ho capito cosa vuoi dire.... A questa domanda devi rispondere subito: quale il primo nome di un brand che ti viene in mente subito? Tre (Telefonia Mobile) e Apple. Ti è capitato in Rete che qualcuno ti abbia mancato di rispetto? Succede spesso, sopratutto in habbo, dove certa gente si credono VIP snob, quando chissà nella realtà saranno soli e persi... Di Diego Perrone ([email protected] Se all’improvviso ti togliessero il cellulare e ogni tipo di connessione Internet, pensi che riusciresti ad affrontare allo stesso modo la vita di tutti i giorni? Spesso in vacanza mi sento annoiato, proprio perchè internet mi fornisce un grande svago, il cellulare potrei farne a meno, lo uso raramente... Mattia fa parte di quella categoria di preadolescenti che sono attirati verso tutto quello che è tecnologicamente nuovo. In futuro saranno sempre più i ragazzini esperti di Web, e i ragazzi di adesso che adulti saranno in futuro, loro che sono nati con la Rete? Conosci Habbo? Puoi spiegarmi con parole tue di cosa si tratta? Habbo come già detto sopra è una Chat Bidimensionale, comunemente chiamato MMORPG, Questa è una chat frequentata da ragazzi e teenager, ma potrebbe diventare un modo per far incontrare due persone, purtroppo però Habbo ha il suo lato negativo, molti dei suoi servizi sono a pagamento e spesso la pubblicità che viene svolta all’interno di questa chat, tenta (Anche se di nascosto) di spingere i suoi utenti ad acquistare i prodotti e servizi offerti dalla chat. Consiglieresti ad un bambino di iscriversi su Habbo? Perchè? No, influenza negativamente le idee, ti sottrae soldi e ti sottrae molto dalla vita reale, spesso è stata definita una droga, poiché incomincia a diventare interessante, fino però a diventarne un utente fisso, fin troppo fisso. (Cosa che ho potuto sperimentare di persona) Tutti i tuoi coetanei sono iscritti a Facebook? Praticamente tutti. 34 WWW.SUBVERTISING.IT