P
iccolo target
grandi rischi
S
embra che già a 12 anni i bambini maschi
navighino senza frontiere e limiti nel variopinto
mondo della pornografia; basta un cuginetto più
grande, un collegamento a internet e un controllo
solo parziale da parte degli adulti e l’età può anche scendere di un paio d’anni. Quali saranno le
conseguenze sulla loro vita sentimentale, sessuale e affettiva? Nessuno ancora può saperlo. Più
spaventoso ancora il pensiero dei tanti ‘orchi’ mascherati da bambini che ogni giorno sono a caccia
di ingenue e innocenti vittime. Ogni tanto la preda
cade nella trappola, e si entra nella cronaca nera.
Quasi tutte le aziende impegnate nel lancio o
promozione di prodotti rivolti a target extrasmall
si ingegnano per trovare il modo di amplificare il
loro messaggio sulla rete. E i bambini si sporcano
sempre meno e si collegano sempre di più….non
c’è bambola senza avatar on line, non c’è sorpresa senza password per giocare on line, non c’è
nuovo personaggio senza sito per vedere il suo
mondo on line. Mi sembra che nel nome del profitto si rischi di contribuire all’uccisione di fantasia,
immaginazione e pensiero critico di migliaia di
bambini. Per poter presentare ai propri clienti o i
propri ‘capi’ piani con parole cool come ‘nativi digitali’, ‘prosumer’ ci si spreme le meningi su schermi
di PC e non si alza la testa per guardare oltre. La nuova comunicazione è poco regolamentata, non esistono fasce orarie protette, non c’è
nessuno che ci segnala se quello che si sta vedendo o sentendo è pensato per un pubblico
adulto o no. Molti ne approfittano colpendo con
più o meno forza il bersaglio più ingenuo. Forse oltre pensare a nuove ‘strategie di comunicazione’ potremmo pensare a come proteggerli.
Ok, scusate lo sfogo. Tra le mani avete un poderoso numero di Subvertising che spazia dalle
‘figu’ Panini a Mattel e Hello Kitty. Buona lettura.
Direttore Responsabile
Pietro Pierangeli
[email protected]
3
Subvertising
Anno IV, numero 29 del 15/05/2010
Direttore responsabile
Pietro Pierangeli: [email protected]
Segreteria di redazione
Flavia Farina ([email protected])
Comunicati stampa, informazioni
o altre richieste
[email protected]
Grafica e impaginazione
Gstudios.it
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Edizioni Cnet Web
Mensile iscritto presso il Tribunale di Bologna,
numero 7803 del 16/10/2007
Subvertising.it
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Subvertising è anche su
32
Dentro la fiaba:
io faccio il capitano
Posh tweens:
benvenuti in rete
Kawaii:
che occhi grandi che hai
Il marketing delle figurine
Dai graffiti alla aerosol art
Cold case but not forgotten
Minimarketing
Spot Generation
Nativi digitali
([email protected])
La struttura narrativa della comunicazione
pubblicitaria sfoggia una varietà di azioni
e situazioni, di personaggi e ambienti, di
comportamenti e parole: una molteplicità
scenica esibita a livello di manifestazione, in ciò
che ci appare, quindi superficialmente. Invece,
gli strati più profondi sono costruiti attraverso
costanti della narrazione.
Costanti che
esprimono ripetitività di eventi, grammatiche
comuni. Come dire: dietro alla complessità
della pubblicità esiste una semplicità formale,
una strutturazione attraverso ricorrenze.
Dietro alla complessità, risiede la semplicità:
vediamolo nella pratica dell’analisi semiotica.
Di Pietro Pierangeli
([email protected])
5
Di Stefania Gogna ([email protected])
Lo studioso Vladimir Propp, dopo aver
analizzato una lunga serie di fiabe di
magia russa, ha elaborato uno schema,
identificando 31 sequenze (note anche
come Sequenze di Propp) che compongono
costantemente il racconto. Ogni sequenza
rappresenta una situazione tipica nello
svolgimento della trama di una fiaba,
riferendosi in particolare ai personaggi e ai
loro precisi ruoli.
Osserviamo come le componenti di fondo
dello spot Fruttolo siano di numero limitato
e riconducibili alle funzioni della Fiaba.
La Fiaba è uno svolgimento di avvenimenti
che inizia con un Danneggiamento, o
manque di partenza (la mancanza di, la
privazione).
Fruttolo parte in questi termini: il bambinoprotagonista, l’Eroe del racconto, è privato
della possibilità di giocare ai pirati (la
manque), di travestirsi come loro, di entrare
cioè a far parte del gruppo dei pari. Perché?
Perché è piccolo! E la sua inadeguatezza è
apertamente manifestata dall’Antagonista –
il bambino più alto, vestito da pirata – che
non esita a contrapporre alla richiesta di
gioco il suo sguardo “dall’alto al basso”,
indicatore di giudizio supremo: Troppo
piccolo per fare il Pirata!
L’Antagonista è infatti, nella Fiaba, il
personaggio che danneggia, perseguita
l’eroe. L’Antagonista ordina il Divieto.
Quindi: Eroe, Manque, Antagonista e
Divieto.
6
Troppo piccolo
per fare il pirata!
Ed ecco la Mediazione: il personaggio
autorevole – in questa pubblicità la mucca,
simbolo di Fruttolo – che diventa Donatore,
con il compito di trasmettere il Mezzo
magico.
Quindi: Mediazione e Donatore.
Fruttolo in
arrivo!
Un’altra figura costante della Fiaba, e fatta
propria dalla comunicazione Fruttolo, è
l’Aiutante, la cui azione consiste nel mettere
in relazione l’Eroe con il Mezzo magico,
nell’aiutarlo a ottenere il congiungimento
all’oggetto di desiderio (far parte del gruppo
dei pari). Ed ecco il Mezzo magico, fornito
dall’Aiutante. “Con ciò l’eroe esteriore
perde ogni importanza: egli non fa nulla
personalmente, è l’aiutante che si occupa
di tutto”, spiega Propp.
Di Stefania Gogna ([email protected])
Io faccio il
Capitano!
Dentro
Fruttolo,
con
tanta
buona
frutta,
c’è
tanto
latte
Nel
latte
c’è
il
calcio
che
fa
crescere
Finalmente il Ritorno dell’Eroe, che in
genere avviene con le stesse modalità
e azioni dell’andata. Solo che il ritorno
è trionfale: segna il congiungimento,
attraverso il Mezzo magico, all’Oggetto del
desiderio.
In Fruttolo il secchiello posto sul capo diventa
segno qualificante dell’essere-cresciuto, di
avere acquisito le Competenze per mezzo
dello strumento magico (i componenti di
prodotto).
Infine, la Sanzione! La Sanzione consiste nel
Riconoscimento, da parte della comunità,
del compito eseguito: l’Eroe è riconosciuto
nel suo ruolo, identificato anche dal marchio
particolare (il secchiello sul capo) per aver
assolto ad un difficile compito.
L’Eroe verrà ora ricompensato: non solo
non gli sarà più proibito di Fare il Pirata!
ma – in virtù della sua competenza e della
Trasfigurazione (trasformazione attraverso
segni che indicano il suo essere Eroe) –
assurgerà ora al ruolo di Capitano!
Dietro alla complessità, quindi, si cela la
semplicità della Fiaba. La Fiaba che traduce
in atti il “senso della vita”.
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8
Di Benedetta Boccalatte ([email protected])
Di Benedetta Boccalatte ([email protected])
Ricordo ancora perfettamente alcuni attimi
della mia infanzia legati al gioco.
Il mio gioco preferito era quello di “rubare”,
con la complicità delle mie sorelle e
delle amiche, le scarpe di mia madre, le
sue bellissime collane e i suoi trucchi.
Passavamo interi pomeriggi a truccarci e
vestirci “da grandi”. Ogni volta mia mamma
si arrabbiava perché le consumavo il
rossetto rouge Dior o perché le calpestavo
le gonne troppo lunghe per una bambina di
8 anni; ma ogni volta la storia si ripeteva e
cercare dove mia madre avesse nascosto
le sue collane o il make-up diventava parte
integrante del gioco! Era il periodo in cui
si stavano diffondendo i primi cellulari e
l’invenzione dell’ SMS compiva 3 anni.
Sono passati più di 10 anni. Da allora le
cose sono notevolmente cambiate.
Oggi non si parla più di consumatori ma
di consum-autori. Proprio attraverso le
trasformazioni dei processi di consumo
si sono andate a delineare sempre più le
suddivisioni dei consum-autori in mappe
generazionali. Tra queste troviamo i Posh
Tweens, i pre-adolescenti (8-12 anni)
amanti delle novità, precoci utilizzatori
di tecnologia e probabilmente gli ultimi a
seguire le logiche tradizionali della moda.
Ed eccoci catapultati in un cartone animato
istruttivo “Dora l’esploratrice”, dove la
protagonista è una bambina di sette anni,
dolce e curiosa, sempre pronta a nuove
avventure alla scoperta della magia delle
parole, della matematica, della musica
e delle scienze; in Italia è apparsa sugli
schermi della tv a partire da giugno del
2006.
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Di Benedetta Boccalatte ([email protected])
La bambola Dora viene presto distribuita
nei negozi dalla Mattel, una delle più grandi
case produttrici di giocattoli del mondo (la
stessa casa che produce Barbie).
Bastano pochi anni e nell’autunno del 2009
il produttore Nickelodeon, assieme a Mattel,
decidono di far crescere Dora (ma il target di
riferimento rimane lo stesso!) chiamandola
Dora Links, la teenager alla moda che ama
navigare in Internet. In America il successo
arriva subito, in Italia deve ancora essere
commercializzata.
MARKETING MIX DI DISNEY
Il fenomeno, sempre più diffuso, di
migrazione sulla Rete da parte dei bambini
è stato studiato dai sociologi e spinto e
utilizzato dal marketing di diverse aziende.
La Disney per pubblicizzare il lancio del 28
settembre 2009 del nuovo canale DISNEY
XD, dedicato ai bambini dai 6 ai 14 anni,
non si è fermata alle vie tradizionali ma ha
puntato moltissimo sullo street marketing e i
social network, convinta di poter veramente
colpire il suo pubblico. E ci è riuscita.
La campagna per il lancio del videogioco
Disney “Hero Rising” ha fatto da teaser per
il nuovo canale Disney XD. Ecco i numeri
per l’Italia: 600 euro di budget media. Su
Facebook: 8.059.675 impression, 6.173 clic,
3.310 fan. YouTube: 2.240 visualizzazioni
dei video. Successivamente, nelle ultime due
settimane di agosto, è iniziata la campagna
di guerrilla marketing con la distribuzione,
nelle principali località balneari italiane,
di 100.000 speciali promocard al fine di
permettere di “entrare e vedere attraverso
10
il mondo Disney XD”. Questa attività è stata
poi ripresa a partire dal 21 settembre nelle
principali città italiane.
La campagna web si è basata sul media
mix non convenzionale strutturato ad hoc
per raggiungere il target con precisione,
stimolando l’awarness anche sul web e
integrando una massiccia campagna tv
e outdoor: Messenger e video-chiamata
sponsorizzata su Windows Live; game
advertising nei videogiochi Xbox Live;
siti verticali e community individuate con
Google Ad Planner; wink creator per
Windows Live Messenger.
Attraverso questi due esempi esposti ci è
chiaro che non si può più ignorare l’aspetto
virtuale del marketing, anche quando si
parla di bambini, perchè loro, a differenza
degli adulti, sono “nati con la Rete”, da qui il
termine Nativi Digitali, sempre più utilizzato.
Ricordiamo però che come in ogni cosa, e
in questo caso ancor di più, bisogna porre
dei limiti per tutelare i più piccoli sulla Rete.
Di Benedetta Boccalatte ([email protected])
La bambola Dora è completamente
cambiata: segue la moda di ultima tendenza
e tramite un cavetto USB si collega al
computer permettendo di accedere al suo
sito Internet e di entrare a far parte di un
mondo virtuale dove si può creare il proprio
avatar ed interagire con gli altri utenti! Ma
non è tutto. Dora grazie alla tecnologia può
fare molto di più: tramite l’interfaccia on line
è possibile cambiarle il colore della collana
e degli orecchini e, addirittura con un
semplice click del mouse, i capelli di Dora si
allungano a proprio piacimento anche nella
realtà. Voi direte, bella trovata tecnologica!
In realtà c’è un sottile filo logico studiato ad
hoc che le bambine di quell’età non possono
cogliere consapevolmente, ma solamente
inconsciamente. La bambola Dora Links
collegata a Internet ti invita a giocare e
quando non è on line ti invita ad entrare,
ti segnala novità che possono riguardare
nuove avventure da affrontare oppure nuovi
prodotti/accessori disponibili per l’acquisto.
Tutto questo grazie ad un dispositivo che
chiamano “magical alert system”.
Quando sei on line poi il bombardamento
pubblicitario non manca.
11
([email protected])
12
([email protected])
Lo stile kawaii nasce in Giappone negli anni ‘70,
la parola è la trasposizione dell’inglese “cute” e
significa “bello, adorabile, carino, amabile”. Il kawaii
nasce con il personaggio di Hello Kitty, la gattina
senza bocca oggi conosciuta in tutto il mondo che
spopola in ogni fascia di età. Inizialmente rivolto a
bambine e teenager, il suo successo è talmente
dirompente che in pochi anni dilaga ovunque: la
gattina spopola nel mercato giapponese e in breve
fa breccia nei cuori di bambine, ragazze e donne
di tutto il mondo, fino a diventare un brand di culto.
Dalla sua creazione, 35 anni fa, Hello Kitty è
diventata una vera e propria icona di stile, un
fenomeno di costume unico nel suo genere. La
seguono molti altri piccoli personaggi kawaii
dai tratti comuni; spesso non hanno la bocca,
perché secondo alcuni il cuteness incarnerebbe
il prototipo di donna giapponese: remissiva, mite,
dolce e sottomessa. Insomma, Hello Kitty sarebbe
l’essenza della geisha “non parlante” e qui sta
la chiave del suo successo iniziale: le donne
giapponesi si sono riconosciute nello stereotipo
richiesto dalla loro struttura sociale. Ma al di là
delle interpretazioni culturali, il cuteness è un vero
e proprio business. La Sonrio è la proprietaria del
marchio di Hello Kitty, oltre che degli altri personaggi
kawaii più popolari, e commercializza nel mondo
molte linee di prodotti bandizzate “cuteness” con
le quali fattura più di 1 miliardo di dollari l’anno.
In assoluto può essere considerata l’azienda che
meglio capitalizza questo ‘tenero’ trend.
13
13
([email protected])
L’Italia non fa eccezione in questo panorama:
anche qui da noi l’invasione del cuteness è in atto.
La gattina è più agguerrita che mai e se negli ultimi
anni le strategie globali di marketing della Sonrio
sono state caratterizzate da numerose iniziative
di licenses, per le quali il musetto è comparso
su qualsiasi tipo di prodotto, il nostro mercato
è caratterizzato da un grandissimo movimento
parallelo di marketing virale, per lo più spontaneo.
“Il mercato europeo è completamente diverso
rispetto a quello USA, che è molto più ampio e in
qualche modo disomogeneo” ci spiega Dobrochna
Giedwidz,
Press Manager della Sonrio in Italia.
“Le nostre strategie di web marketing riflettono
questa diversità. Negli Stati Uniti catalizziamo gli
strumenti ufficiali, come il sito web, l’e-shop su canali
aziendali e la newsletter. L’e-commerce avviene
principalmente nei siti della Sonrio. In Europa lo
scenario cambia totalmente: qui abbiamo un solo
sito ufficiale ma il movimento spontaneo sul web è
talmente vivace e dinamico che la maggior parte
delle interazioni tra utenti via web avvengono fuori
dai canali ufficiali e fuori dal nostro controllo. Non
ci è possibile seguire tutto”.
14
([email protected])
Il panorama web ci offre innumerevoli pagine
italiane dedicate a Hello Kitty e al kawaii trend,
quasi tutte spontanee: dall’e-shop che genera
un ampissimo scambio di oggetti di ogni sorta
e genere, ai forum per lo shopping, alle forum
community in cui si può creare un proprio “diario”
degli acquisti Hello Kitty. Ci sono poi i blog dedicati
alla “Hello Kitty mania” in cui si creano discussioni
sulle novità, ci si scambiano oggetti fai da te, oppure
acquistati e poi rivenduti. Per arrivare all’universo
dei social network, primi fra tutti facebook e
twitter in cui le pagine spontanee sull’argomento
sono moltissime. “Vanno fortissimo le fan page e
i forum che spontaneamente nascono a decine”
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continua la portavoce della Sonrio. “Consideriamo
facebook come caso esemplare: per una sola
pagina ufficiale Sonrio di Hello Kitty, ci sono altre
centinaia di fan page create dagli stessi utenti.
Pagine “love” o “hate” poco importa, tutto rafforza
il brand. Lo scambio di gadget e oggetti di Hello
Kitty in rete è diffusissimo e solo in minima parte è
stimolato e gestito da Sonrio. Le stesse iniziative di
license del brand Hello Kitty nascono su proposte
spontanee dei fan: riceviamo regolarmente idee
di ogni tipo, molte non sono realizzabili altre
invece le accettiamo poiché sono particolarmente
interessanti”.
Di Flavia Farina ([email protected])
“Aprire un pacchetto figurine è
come comprare un “gratta& vinci””:
Antonio Allegra ci spiega perchè.
Chi di voi non ha mai posseduto un album di figurine
Panini alzi la mano.Certo, le femminucce avranno avuto
l’album del re leone, o della sirenetta, i maschietti, da 3
o 4 generazioni continuano a comprare quelli dei calciatori, qualcuno avrà comprato anche quello dell’ N.B.A (e in
questo caso National Basketball Association, non Natural
Born Advertiser) magari ma, al di là della tipologia, tutti noi
ne abbiamo avuto almeno uno. Panini nasce ufficialmente
nel 1961 e da allora, per più di mezzo secolo, ha proseguito costantemente la sua espansione. I gusti si sono
evoluti, le tendenze sono cambiate, da qualche anno ormai i nuovi nati sono definiti “nativi digitali”, in città girano
più I-Pod che fumetti, un po’ tutta la carta stampata oggi
è in crisi...eppure gli album Panini riscuotono ancora un
enorme successo tra i fanciulli come tra gli adulti nostalgici. Per capire allora quale sia la chiave di volta di questo
trionfo incontrastato, quali siano i punti di forza del mezzo
“figurina”, abbiamo posto qualche domanda ad Antonio
Allegra, direttore del mercato Italia di Panini.
Antonio Allegra
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FACCE DA MARKETING
Di Flavia Farina ([email protected])
I vostri prodotti sono rivolti ad un ampio
target: bambini, adolescenti e anche collezionisti o adulti nostalgici dei vecchi album. Vari segmenti di pubblico da coinvolgere significa strategie di marketing e
comunicazione differenti? In che modo e
con quali mezzi riuscite a differenziare le
vostre strategie?
La molteplicità di target tra le diverse collezioni ma anche all’interno della stessa raccolta
– basti pensare ai collezionisti Calciatori – ci
impongono delle strategie mirate con l’utilizzo
di leve di marketing diversificate e, talvolta,
messaggi di comunicazione specifici.
Prendendo ad esempio il lancio della collezione Calciatori 2008-09 si sono applicate entrambe le soluzioni:
- Da un lato sono di fatto sono state lanciate 2 campagne in parallelo: “Fai vedere
chi sei” rivolta al target primario – bambini e
ragazzini – “L’evoluzione della specie” mirata
specificatamente al target secondario – appassionati, genitori, collezionisti
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Di Tomaso Bonazzi
- Alcuni mezzi sono stati utilizzati solo su
uno dei 2 target, come ad esempio la radio,
destinata agli adulti. Nel caso della televisione
invece, le 2 campagne sono andate avanti in
parallelo: su canali e spazi “giovani” per il target primario, su SKY calcio e SKY sport per il
target secondario
In generale però, quando possibile, si cerca
di mantenere un unico claim di comunicazione
che possa risultare “accettato” da entrambi i
target lavorando di più sui canali di comunicazione e promozione.
FACCE DA MARKETING
Di Flavia Farina ([email protected])
Successo incontrastato e durevole nel
tempo, quali sono la chiave di volta e i vostri
punti di forza per riuscire a colpire il target
extra small? Quali sono le caratteristiche
di questo target su cui occorre fare leva
per essere convincenti?
Siete ormai nel campo da molto tempo,
negli anni abbiamo assistito ad una
evoluzione globale del gusto, i bambini
di qualche hanno fa non hanno gli stessi
gusti forse di quelli di oggi. Come sono
cambiate le vostre le vostre strategie di
comunicazione nel corso del tempo?
L’evoluzione dei bambini, del loro gusto, della
gestione del loro tempo libero, ci ha ovviamente
imposto nel corso degli anni un adattamento
delle strategie di comunicazione: un tempo,
ad esempio, avevano molto più tempo libero
in contesti non regolamentati e quindi vi era
più spazio per attività come il collezionismo e
lo scambio. Oggi, con un’”agenda” spesso più
piena della nostra – tra nuoto, karate, inglese,
danza, basket, ecc.ecc. – e soprattutto meno
tempo passato in “cortile”, come invece
avveniva negli anni ’60 e ’70, la necessità è
di intercettarli nei momenti di aggregazione
se non addirittura stimolarli; in tal senso si
possono leggere le nostre attività ad esempio
sugli oratori, piuttosto che i tour che sempre
più spesso organizziamo in giro per l’Italia.
Panini, con la sua storia e la tradizione, oggi
più che in passato è vista come un brand
“rassicurante” da parte di genitori e nonni –
che sono a loro volta stati nostri collezionisti.
Questo facilità l’ingresso in casa delle nostre
collezioni, con gli adulti spesso nostri “complici” nel supportare le raccolte di figli e nipoti.
I ragazzini, grazie anche all’evoluzione delle
nostre strategie di comunicazione, ci vivono
comunque come un prodotto attuale e soprattutto non in contrapposizione con il virtuale
(videogiochi, internet, telefonino) ma suo a
naturale complemento, quando hanno un
bisogno di “fisicità”, tattilità che, abbiamo la
sensazione, sta venendo sempre più fuori.
Conoscete
la
comunicazione
non
convenzionale e il guerrilla marketing? Che
opinione ne avete? L’avete mai utilizzata?
Si, conosciamo la comunicazione non
convenzionale e il guerrilla marketing che
giudichiamo strumenti molto interessanti come
complemento a campagne più tradizionali e
per comunicare su target specifici.
Un esempio recente di nostro utilizzo si è
avuto in occasione del lancio della collezione
Calciatori 2009-10 dove abbiamo svolto delle
attività nelle principali stazioni ferroviarie
italiane mirate ai viaggiatori da noi individuati
come target secondario per la collezione. Più
di un amico mi ha telefonato per raccontarmi
scene esilaranti viste sui treni dopo che
le nostre hostess avevano omaggiato ad
esempio giovani professionisti, dell’album…
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FACCE DA MARKETING
Di Flavia Farina ([email protected])
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FACCE DA MARKETING
Di Flavia Farina ([email protected])
I giochi cambiano, ma le figurine
rimangono, sono intramontabili, cambiano
i temi e soggetti, certo, ma non il mezzo.
Qual è il punto di forza che permette al
genere “figurina” di risultare sempre così
affascinante?
Ho guardato il vostro sito internet, è
articolato e ricco di notizie. Come è cambiato
in questi anni e quanto è importante il
vostro rapporto con il pubblico on line?
Facebook e social network, quanto contano
nella vostra comunicazione?
Il collezionismo di figurine risponde ad una
serie di esigenze del target infantile che non
sono soddisfatte da altri prodotti rivolti allo
stesso target, oggi come 50 anni fa:
- L’acquisto delle bustine è il primo atto di
acquisto “autonomo” del bambino, dove viene
riconosciuto come consumatore consapevole
da un adulto – l’edicolante
- L’apertura della bustina genera l’effetto
“gratta-e-vinci”: se trovo una figurina mancante
ho vinto, contrariamente a quando trovo delle
doppie
- Con particolare riferimento alle figurine
dei Calciatori, queste rappresentano qualcosa
di più di una foto del giocatore: “sono” il
giocatore, la sua carta d’identità, poiché viene
ripreso in primo piano, ben riconoscibile. E lo
posso portare sempre con me…
- Il poter raccogliere le figurine in un
album risponde ad un bisogno di ordine e di
completezza tipico del target
- Lo scambiare le figurine doppie piuttosto
che il giocarci, è una tappa fondamentale nel
processo di socializzazione e affermazione di
sé in un contesto competitivo
Panini ha “affrontato” da subito internet e le
nuove tecnologie, non vedendole come un
competitor bensì come uno strumento in più per
comunicare con il proprio target ed interagire
con esso: il primo sito internet Panini.it andò
in linea nel gennaio 1997 e nel marzo 1999
venne conclusa la prima transazione all’interno
del nostro store on-line.Oggi abbiamo un
network articolato in oltre 100 siti internet che
copre tutte le nostre attività in Italia e all’estero
e siamo entrati pesantemente su YouTube,
Facebook, Twitter.
In generale i social network sono oramai
elemento
imprescindibile
della
nostra
comunicazione e tendiamo a gestirli in maniera
sinergica a tutte le attività di marketing: in
tal senso può essere significativo un rapido
excursus sulle attività messe in piedi per il
lancio della collezione Calciatori 2009-10: al
sito istituzionale Panini.it abbiamo affiancato il
sito di prodotto Calciatoripanini.it; tutti i video
legati alla collezione, sia nostri che autoprodotti
dai collezionisti, sono stati pubblicati sullo
specifico
canale
Youtube.com/calciatori
panini; gli utenti hanno potuto interagire
all’interno della nostra fan page Facebook
.com/calciatoripanini così come rimanere
aggiornati in tempo reale sulle informazioni
riguardanti la collezione tramite il feed Twitter.
com/figurine panini; inoltre abbiamo sviluppato
un’applicazione per iPhone – iCalciatori –
come supporto al collezionista.
Inutile dire che tutti gli strumenti interagivano
tra loro e si completavano.
Tutti questi strumenti sono ovviamente stati
ovviamente messi al servizio delle altre attività
del piano di marketing: ad esempio il Calciatori
Tour 2010 è stato ampiamente presentato
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FACCE DA MARKETING
Di Flavia Farina ([email protected])
e “seguito” tappa dopo tappa, dall’area
multimediale così come, ovviamente, gli spot
TV piuttosto che il concorso Top Team.
I quotidiani vendono sempre meno, e
lentamente anche i libri stanno cedendo
il passo agli e-book. Secondo voi il mezzo
cartaceo è destinato a sparire oppure no?
Sarà possibile, secondo voi, un giorno, una
collezione di figurine sul web?
L’elemento “fisico” è una componente chiave
nel collezionismo di figurine: se da un lato
abbiamo effettuato diversi esperimenti sia
su internet che tramite telefonia mobile, per
affiancare al collezionismo tradizionale anche
un collezionismo virtuale, dall’altro riteniamo
che il bello del raccogliere figurine sia nel
fatto che si possono tenere in mano, odorare,
giocarci e scambiare dandosi la mano…
Cogliamo però l’occasione per segnalare che
nel corso del mese di aprile 2010 andrà in
linea la nuova collezione virtuale realizzata
da Panini per FIFA in collaborazione con
Coca Cola, disponibile all’indirizzo www.
fifaworldcup.com/stickeralbum e interamente
dedicata ai Mondiali FIFA che si giocheranno
in Sudafrica.
Nel 2011 festeggerete i 50 anni dalla
fondazione della società Panini, nata infatti
nel 1961. Avete in mente qualche lancio
straordinario? Qualche grande campagna
o evento spettacolare? Potete anticiparci
qualche novità per il futuro?
La collezione Calciatori 2010-11 sarà in effetti
la 50ma della storia Panini e il 2011 sarà da
noi interamente dedicato alla celebrazione
del cinquantenario. Già per il lancio della
collezione Calciatori stiamo pensando ad
una serie di attività particolari che andranno
ad affiancare la campagna di marketing
tradizionale; saranno inoltre previsti momenti
commemorativi specifici sia pubblici che
21
privati, riservati alla grande famiglia Panini di
tutto il mondo.
In generale cercheremo di rispettare quella
linea guida di “evoluzione nella tradizione”
che da sempre indirizza le nostre scelte: non
tradire il nostro passato ma essere innovativi,
esattamente come fu innovativo Giuseppe
Panini 50 anni fa.
Leo Montemanni
Esistono muri sporchi, muri imbrattati e muri utilizzati. Tele urbane rubate
al paesaggio che per i profani sporcano, per quelli consacrati all’arte in
qualsiasi sua forma, sono pezzi d’autore. Per finezza e accuratezza si
distinguono dalla massa degli altri ‘graffi’ e si intrecciano con una cultura
che affonda le sue radici nei fertili anni 80. Tra questi artisti nascosti alla
fama, se non per la loro tag infiltrata tra un gioco di ombre ed un altro,
Leo Montemanni, che ha vissuto i momenti in cui i writers cercavano il loro
spazio e la loro identità in un mondo di artisti presunti e grandi irragiungibili.
A lui abbiamo chiesto il perchè e il come i ‘graffitari’ diventano writers e poi
artisti in quell’evoluzione che ha fatto di un rituale preistorico una nuova
arte: L’Aereosol art.
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GUERRILLA ART
Di Federica Dovere
([email protected])
Questa rubrica è dedicata sempre ad artisti
che hanno iniziato con
l’arte urbana e metropolitana. Tu ti consideri
uno street artist
oppure no? Quanto ti senti vicino a questa
forma d’arte?
Diciamo che il mio primo graffito é del 88/89,
e sicuramente ho fatto writing per più di un
ventennio. La Street Art ha come comune
denominatore una provenienza urbana! La
strada come scenario di una comunicazione
diretta, dal creativo all’ utente finale senza
intermediazioni o sovrastrutture, questo è
innegabile. Ma non esiste un manifesto o un
programma, come per esempio é accaduto
a inizio secolo scorso con il Futurismo, il
Cubismo ecc.
Quindi se di corrente dobbiamo parlare,
sicuramente è qualcosa di nuovo che nasce
da un moto spontaneo, incentivato da un
elemento caratterizzante di quest’ultimo
ventennio: la grande comunicazione di
massa, determinata prima dalle televisioni, ma
sopratutto da internet.
Alla luce di ciò, per me non esiste un confine
tra pittura e street art, é solo un modo diverso
di chiamare la stessa cosa.
Ti sei avvicinato al graffitismo ormai da
qualche anno, dal 1988.
Come hai visto cambiare questa arte nel
corso degli anni? Come si
sono evolute le tecniche e come è cambiato
l’ambiente degli artisti? Quale sarà secondo
te il futuro della street art?
Prima del 1988 ho incominciato con la musica (
l’hip-hop) e con degli scritti sulle pantere nere,
su Malcolm x, anche se in realtà già tredicenne
mi sono appassionato alla breakdance,
arrivata in Italia
nel “82-83”.
La consapevolezza che potevo graffitare l’ho
avuta in una serata al ‘Ciak’ di Milano, alla
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quale ero andato con Fast-Feet, un breackers
storico del Bresciano.
Li sono venuto a contatto con “AL” (rivista
storica del writing) che all’ epoca era in
formato fotocopia rigorosamente in bianconero fermata con un punto di graffetta su un
angolo.
Ricordo che vi era pubblicata una murata della
TDK, un pezzo di Graffio.... e altro.
E stata una folgorazione, ho sentito subito un
forte senso d’appartenenza.
Ti posso dire che all’epoca, per fare delle
righe sottili si modificavano i tappi troncando
nell’ugello un ago di siringa, non si andava
allo shop a comprare lo skinny kap, gli spray
si rubavano
perché mancavano i soldi per acquistali.
Le Jam degli anni “90 erano fantastiche,
abbracciavano tutto: graffiti, breack e rap.
Oggi fa parte di un vissuto comune a tutti,
i graffiti sono sugli zainetti, sulle agende,
sulle scarpe e nella pubblicità. Penso che
inevitabilmente come per tutte le novità, la loro
forza e la carica esplosiva che possiedono nei
primi anni si sia diluita per lasciare spazio a
una cultura più massificata.
Il futuro? penso positivo...ci sarà una nuova
trovata e la carica di cui parlavo prima ritornerà
negli adolescenti di domani, magari con delle
altre cose!
GUERRILLA ART
Di Federica Dovere
([email protected])
‘Aerosol-art’. Ci spiegeresti meglio il senso
di questa definizione?
Come nasce e in cosa consiste
precisamente?
Parlando prima del writing, anche detto
(secondo alcuni impropriamente) graffitismo,
è una manifestazione sociale, culturale e
artistica molto diffusa, basata sull’espressione
della propria creatività tramite interventi sul
tessuto urbano. Correlata ad essa, il proprio
nome d’arte (la tag) viene apposto su ogni
opera, diffondendolo come fosse un logo.
Areosol-art è un termine più generico che
identifica e ingloba anche coloro che non
lavorano esclusivamente sulla lettera, come
me!
24
BLOB
([email protected])
25
COLD CASE
Di Alessandro del Re ([email protected])
Il tema di questo numero di Subvertising mi dà
la possibilità di approfondire una campagna
non convenzionale realizzata nell’Agosto del
2009 ed entrata nella mia personale categoria
“questa avrei voluto farla io!”.
Noppadol Utiswannakul, direttore creativo
dell’agenzia tailandese Y&R BangKok, suggerì
a Colgate una soluzione semplice quanto
geniale per rendere efficace la comunicazione
del brand al target scelto.
In occasione dell’ormai noto “mese della salute
orale” Colgate cambiò gift strategy: distribuire
gelati ai bambini invece dei soliti campioni
gratuiti.
Il regalo, apparentemente contoproducente,
nascondeva un messaggio capace di realizzare
l’obiettivo della comunicazione; la stecca
del gelato era infatti brandizzata e riportava
il suggerimento “Don’t Forget”, un chiaro
messaggio ai bambini di non dimenticare di
lavare i denti dopo aver mangiato,
naturalmente utilizzando il dentifricio Colgate.
Una comunicazione non convenzionale
dedicata ad un target classificabile come
“vulnerable popution”
semplicemente perfetta: capace di riassumere
una strategia legata tanto al capriccio di
persistenza (neg factor) quanto al capriccio
di importanza (reason factor) dei fanciulli;atta
a divulgare un messaggio socialmente
salutare;strutturata per raggiungere un target
adulto colpendo un target giovanissimo.
Un cold case, si! ...ma come dimenticare?
26
Per
il numero di maggio abbiamo intervistato Gianluca Diegoli, autore del blog
minimarketing.it Come lui stesso spiega nell’intervista, il blog non è incentrato sulla
recensione dell’ultimissima novità in fatto di marketing e campagne di comunicazione, ma si
occupa piuttosto di “scoperchiare” e analizzare il concetto di marketing nelle sue più diverse
declinazioni: si passa dal modo in cui questo termine viene infilato (più o meno a proposito)
nei titoli di giornale alle 7 T del marketing utopico. Il nome viene ovviamente dal termine
“marketing” , da “minimarket” (ci spiega nell’intervista il perché) e da “minimale”: diretto,
efficace e senza fronzoli inutili, provare per credere.
Di Daria Scaglia
27
BLOB
Di Daria Scaglia
Anche se dal nome sembra facile intuirlo,
ci spieghi di che cosa parla il tuo blog?
Il mio blog tratta ovviamente di marketing,
ma in senso molto allargato: alterna analisi e
commenti su social media, web ed evoluzione
di quello che io chiamo un-marketing (cioè
il marketing al contrario, o come scrivo
spesso “per le persone, dalle persone, con
le persone”) a post che fanno incursione in
territori popolati di piccoli esercizi, descrizioni
di strategie estemporanee e bizzarre messe
in pratica da piccole attività locali, che spesso
servono anche quali metafore per spiegare
in parole semplice concetti più complessi. Il
nome “minimarketing” fa quindi riferimento
sia al minimalismo (nel senso della riduzione
degli inutili budget stellari di marketing) che
al minimarket (come vengono chiamati quei
negozi in cui puoi trovare un po’ di tutto)
Nel tuo bolg abbondano link, news, consigli
e anteprime, puoi svelarci qualcuna delle
tue fonti o come fai a essere sempre “sul
pezzo”?
La mia fonte principale è naturalmente la
mia rete sociale online, costruita in anni di
frequentazioni e di partecipazione al social
web: che siano i blog che seguo su Google
Reader, o Twitter, o Facebook o Friendfeed,
poco importa. Se esce qualcosa di interessante,
sono quasi certo che qualcuno dei miei contatti
lo segnalerà, permettendomi di non leggere
“tutto”, cosa ovviamente impossibile, visto
che non ho tutto questo tempo, non facendo
il giornalista o il blogger a tempo pieno: in
realtà il mio blog non punta a essere il primo a
segnalare una notizia, cosa che trovo inutile,
quanto a commentare qualcosa che magari
è passato sotto silenzio e che ritengo utile
commentare, segnalare e rilanciare. Il tuo blog passa in rassegna numerose
campagne di comunicazione e trovate più
o meno geniali per sperimentare nuove
dimensioni della comunicazione, per le
aziende quanto credi sia importante il tuo
“voto” in merito alla riuscita di queste
iniziative?
In realtà c’è stato un periodo in cui mi divertivo
molto a mettere in ridicolo iniziative che erano
davvero indifendibili, sotto ogni punto di vista, e
nascevano dallo “scompenso di conoscenza”
tra la comunicazione tradizionale (spesso
messa in campo dall’agenzia di riferimento) e
le dinamiche del web sociale, totalmente non
compatibili con il vecchio modo di intendere
l’advertising e la comunicazione. E la critica
in rete funziona, devo dire, soprattutto in
un mondo come quello del marketing in cui
nessuna campagna ha mai fallito, se stai ad
ascoltare la stampa settoriale. Ora la cosa mi
ha un po’ annoiato, e quindi molte iniziative non
intenzionalmente buffe la passano liscia (ride).
So per certo che spesso i post critici sono
stati letti all’interno delle aziende stesse, e a
volte mi è dispiaciuto per le persone coinvolte,
che spesso erano ‘costrette’ aziendalmente
a certe iniziative, di cui conoscevano bene
i limiti. Tuttavia, devo dire che da un po’ ci
sono davvero poche iniziative in grado di
sorprendermi e ‘costringermi’ a farci un post,
nonostante riceva almeno un comunicato
stampa al giorno su guerriglia marketing, non
convenzionale, eccetera. Spesso queste sono
iniziative davvero noiose e convenzionali.
Sono più divertenti e innovativi i volantini sotto
i parabrezza, eh.
Il tuo blog colpisce per l’originalità e
l’utilizzo formule per spiegare la logica che
sta dietro alcune operazioni di marketing,
puoi raccontarci qual è l’elemento che può
rendere vincente una strategia di marketing
secondo te?
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BLOB
Di Daria Scaglia
La mia linea editoriale (ma in realtà ciò che
mi diverte scrivere) è la semplificazione della
complessità, per renderla comprensibile
anche fuori dal solito gergo di settore. Per
questo mi piace usare metafore forse ardite
e non sempre centratissime, ma che hanno
lo scopo di far capire il senso al di fuori
della solita parrocchia. Lo stesso vale per le
formule. L’elemento che rende vincente una
strategia, anzi, una campagna di marketing è
quello che ho scritto in una delle 91 tesi http://
www.91tesi.com/90 “Campagna (di marketing)
è un termine perfetto: solo non dovrete usarlo
nell’accezione del generale, ma in quella del
contadino.”
Il blog non ha un direttore, ma solo un
autore che “posta” in base al suo gusto
e alla sua intelligenza. Come definiresti la
posizione dei blogger oggi nel panorama
della comunicazione e del marketing?
In generale, il blog per il blogger è come
un giocattolo per un bambino. E’ solo uno
scatolone di cartone, ma lui ci vede un
castello. Questo è il principale pregio e spesso
anche il principale limite: c’è sempre bisogno
di qualcuno che scriva in questo settore senza
troppe remore (ancora ogni giorno ricevo
comunicati stampa, che io chiamo “comunicati
stanca”, con i soliti triti luoghi comuni e tristi
autocelebrazioni) ma allo stesso tempo chi
blogga non deve farsi prendere da deliri
di onnipotenza. Nel settore del marketing,
spesso il blog è stato uno strumento per
imporsi all’attenzione generale, e trovare un
lavoro, dei clienti, o semplicemente mostrare
le proprie capacità, e per creare relazioni che
poi si sono consolidate sui social network, ma
sono partite dalla creazione di contenuti, e
non viceversa. Un post che ho amato molto è stato “L’utopia
del banner sociale”, http://www.minimarketing.
29
it/2008/07/la-teoria-del-banner-sociale.html
perché quando è uscito (quasi due anni fa)
sembrava veramente pazzesco e visionario,
fuori dalla realtà. E invece a distanza di quasi
due anni, agenzie e concessionarie ora mi
scrivono chiedendomi se possono “usare l’idea”.
Certo che potete. Anzi, dovete.
Se vi è venuta voglia di dare fare una full
immersion di Minimarketing, vi consigliamo
di partire dal post riguardo”L’utopia del
banner sociale”, ovvero l’analisi acuta di
un oggetto del web onnipresente (il banner)
che da pubblicità senza molta personalità
si è evoluta, e tutt’ora lo sta facendo,
verso un’interfaccia meno invadente e più
aggregante per i consumatori interessati ai
medesimi prodotti. Il concetto non è semplice
da riassumere, ma per vostra (e nostra)
fortuna l’ha già fatto Gianluca al seguente
link: http://www.minimarketing.it/2008/07/lateoria-del-banner-sociale.html
La comunicazione massmediatica, quella pubblicitaria in particolare, esercita un’enorme
influenza sugli utenti più giovani, proponendo, spesso imponendo, modelli e tematiche
rispetto ai quali essi risultano particolarmente ricettivi.
Ho cercato di esplorare le dinamiche del complesso rapporto tra mondo dell’infanziaadolescenza e mondo della pubblicità. L’intervista con Francesca Romana Puggelli, docente
di Psicologia sociale presso l’Università Cattolica di Milano e di Psicologia del turismo e del
tempo libero presso l’Università degli Studi di Urbino, ribadisce i punti centrali del suo libro:
“Spot Generation. I bambini e la pubblicità” pubblicato nel 2002.
30
Fino a che punto e in che modo si tiene
conto del target dei bambini e degli
adolescenti nella regolamentazione del
contenuto del messaggio pubblicitario e
della sua fruizione?
Una regolamentazione in merito è prevista
dalle norme di autoregolamentazione stabilite
dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria
(www.IAP.it). In particolare l’articolo 11 sostiene
che il messaggio pubblicitario non deve in
alcun modo danneggiare il bambino, né dal
punto di vista morale né da quello psichico.
Queste norme di prevenzione sono finalizzate
alla tutela giuridica del bambino, ma in
ambito pubblicitario egli è spesso oggetto
di strumentalizzazione, nel senso che la
comunicazione si arricchisce di elementi
appartenenti all’immaginario infantile per
essere più facilmente recepibile da un pubblico
più vasto. Vari sono, infatti, gli espedienti
pubblicitari più utilizzati a tal scopo. Lo spot,
ad esempio, riporta spesso una struttura
fiabesca, quindi prevede l’happy ending (lieto
fine); molto diffusa è anche la formula della
ripetizione, molto rassicurante dal punto di
vista sonoro, che ricorda un po’ la forma della
litania; è, inoltre, una consuetudine ricorrente
introdurre richiami dal mondo del meraviglioso,
del magico, enfatizzando gli aspetti del
prodotto, come se questo fosse dotato di
qualità divine o soprannaturali (animismo).
Qual è il peso del ruolo educativo della
famiglia nella lettura del messaggio
pubblicitario?
L’intervento dell’adulto deve accompagnare
le varie fasi della visione dei programmi e
degli spot televisivi da parte del bambino: i
genitori devono essere presenti nella scelta,
quindi nella selezione di ciò che è opportuno
che il figlio guardi in TV, preparandolo a
quello che si appresterà a vedere e quindi ad
assimilare; devono essere presenti anche alla
fine della visione, per eventuali spiegazioni
o integrazioni del contenuto del messaggio
ricevuto. L’adulto, infatti, deve rappresentare
31
per il bambino un esempio di consumo.
Quanto attinge la pubblicità dalla
psicologia dello sviluppo e dell’età
evolutiva e viceversa?
Sono discipline che si influenzano a vicenda.
Durante il periodo prescolare nasce e cresce
esponenzialmente l’attenzione del bambino
verso la TV, i cui contenuti, però, sono da
lui compresi solo in via generale; in questa
fase, egli non distingue il programma dalla
pubblicità, crede a tutto ciò che vede e non
riconosce il prodotto come protagonista dello
spot. Verso gli 8 anni il bambino comincia a
capire che la pubblicità ha fine principalmente
commerciale, tuttavia non possiede ancora
gli strumenti necessari per elaborarne il
contenuto; da qui nasce la necessità che i
genitori siano presenti e gli suggeriscano
modalità di difesa.
Quando la pubblicità è esplicitamente
diseducativa?
Le pubblicità più diseducative sono quelle
non riconosciute come tali dagli adulti,
probabilmente perché non evidenti.
La pubblicità mainstream non anticipa mai la
società, semmai la segue, poiché deve fare
in modo che la maggior parte del pubblico si
identifichi in essa, nei suoi linguaggi, nelle
sue tematiche..
Questo può portare ad una stereotipizzazione
diffusa e anche a una discriminazione; si
pensi alle pubblicità rivolte alle bambine,
caratterizzate da colori pastello, scene lente,
quasi “ovattate”, e si pensi invece a quelle
rivolte ai bambini, con cambi di camera
repentini, scene di competizione spesso girate
all’aperto. Ciò favorisce un’immedesimazione
automatica che favorisce il consolidamento
di modelli culturali e stereotipi condivisi,
che probabilmente devono essere filtrati
dall’adulto, il quale ha, in questo senso, il
ruolo di mediatore tra ciò che viene proposto
dalla comunicazione mainstream e il soggetto
infantile che, come una spugna, è pronto ad
assorbire tutto.
Di Benedetta Boccalatte
I
l 2010 ha visto nascere in campo tecnologico molte novità. Tra le più importanti: la tecnologia 3D,
ora anche sui nostri schermi; il passaggio definitivo al digitale terrestre e l’avvento dell’ iPad che
conferma il diffondersi del Multi-Touch e l’importanza della mobilità per essere connessi a Internet
ovunque.
Come reagisce il mondo dei bambini a tutto questo? Loro, che vengono chiamati Nativi Digitali,
sono i veri protagonisti di questi cambiamenti. Qual è la percezione che hanno della pubblicità sul
Web?
Ho voluto scrivere qualcosa visto dagli occhi di un diretto interessato.
Si chiama Mattia, ha 12 anni e vive in provincia di Caserta. E’ iscritto a Facebook, possiede già un
suo computer, un iMac 21,5” Base, che utilizza principalmente per navigare, leggere email e non
solo! Si ritiene un bravo Webdesigner/Grafico infatti usa programmi di grafica come Photoshop e
Dreamweaver per i siti web. (E si fa anche pagare, ma per il momento non ha ancora clienti)
Lo conosco su Internet, tramite un forum. Ottenere il suo contatto skype è stato facile e subito
abbiamo cominciato a chattare. (parliamo di Rete? E Rete sia!)
32
Di Diego Perrone ([email protected]
Ecco qui il risultato della nostra
chiacchierata:
Ciao Mattia, confermi di avere 12 anni?
Si ho 12 anni, ma ad ottobre del 2010 ne
compio 13.
etc...); Italiamac.it; Habbo.it (Versione italiana
di una famosa chat virtuale bidimensionale
MMORPG creata dalla Sulake).
Fai sport?
No.
Oltre al computer possiedi anche un
cellulare?
Ti capita di soffermarti a guardare la
pubblicità in tv?
Ho posseduto vari cellulari, per un periodo
ho avuto la smania di comprarne vari poiché
uscivano nuovi modelli quasi subito, quindi ero
attirato ad avere il modello di tendenza.
Si, ma giusto per interesse magari di una
qualche musica o immagine che mi ha colpito.
In media, in una giornata, quante ore passi
davanti alla tv e quante ore davanti al
computer?
Davanti alla TV passo di solito massimo 2 – 3
orette il pomeriggio; vicino al computer passo
molto molto tempo anche perché spesso non
ho nulla da fare.
Ti ho contattato per questa breve intervista
tramite un forum, al quale sei iscritto, che
è dedicato al mondo Apple e alle novità
tecnologiche. Quali sono i principali motivi
che ti hanno spinto ad iscriverti?
In primis mi iscrissi ad ItaliaMac perchè avevo
bisogno di supporto sull’acquisto di un iPod
Touch, poi alla fine mi appassionai al mondo
Mac, fino ad allora quasi sconosciuto fino
ad ottenere ad ottobre scorso, il mio primo
Macintosh.
Fai una lista dei siti Internet che segui
maggiormente.
Sciax2.it (Community di giovani webmaster
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Se ti dicessi che la nostra rivista affronta
argomenti riguardanti la pubblicità
non convenzionale, sai di cosa stiamo
parlando?
Non proprio, credo di pubblicità che non
siano a scopo di lucro o per pubblicizzare un
determinato prodotto.
Hai mai visto su youtube dei video virali
dove sono protagonisti dei brand?
Non ho capito cosa vuoi dire....
A questa domanda devi rispondere subito:
quale il primo nome di un brand che ti
viene in mente subito?
Tre (Telefonia Mobile) e Apple.
Ti è capitato in Rete che qualcuno ti abbia
mancato di rispetto?
Succede spesso, sopratutto in habbo, dove
certa gente si credono VIP snob, quando
chissà nella realtà saranno soli e persi...
Di Diego Perrone ([email protected]
Se all’improvviso ti togliessero il cellulare
e ogni tipo di connessione Internet, pensi
che riusciresti ad affrontare allo stesso
modo la vita di tutti i giorni?
Spesso in vacanza mi sento annoiato,
proprio perchè internet mi fornisce un grande
svago, il cellulare potrei farne a meno, lo uso
raramente...
Mattia fa parte di quella categoria di preadolescenti che sono attirati verso tutto
quello che è tecnologicamente nuovo.
In futuro saranno sempre più i ragazzini
esperti di Web, e i ragazzi di adesso che
adulti saranno in futuro, loro che sono
nati con la Rete?
Conosci Habbo? Puoi spiegarmi con parole
tue di cosa si tratta?
Habbo come già detto sopra è una Chat
Bidimensionale, comunemente chiamato
MMORPG, Questa è una chat frequentata da
ragazzi e teenager, ma potrebbe diventare un
modo per far incontrare due persone, purtroppo
però Habbo ha il suo lato negativo, molti dei
suoi servizi sono a pagamento e spesso la
pubblicità che viene svolta all’interno di questa
chat, tenta (Anche se di nascosto) di spingere
i suoi utenti ad acquistare i prodotti e servizi
offerti dalla chat.
Consiglieresti ad un bambino di iscriversi
su Habbo? Perchè?
No, influenza negativamente le idee, ti sottrae
soldi e ti sottrae molto dalla vita reale, spesso
è stata definita una droga, poiché incomincia a
diventare interessante, fino però a diventarne
un utente fisso, fin troppo fisso. (Cosa che ho
potuto sperimentare di persona)
Tutti i tuoi coetanei sono iscritti a Facebook?
Praticamente tutti.
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