2 / 2 0 1 6 A P R IL E
4 INTERNI E DESIGN
a cura di Gabriele Neri
villa saroli
viale franscini 9
lugano
7 OTIA COMUNICATI
a cura di Daniele Graber
8 SIA COMUNICATI
a cura di Frank Peter Jäger
14 TI NOTIZIE
a cura di Alberto Caruso
17 TI DIARIO DELL’ARCHITETTO
a cura di Paolo Fumagalli
permanenze
e metamorfosi
del territorio:
meglio comprendere una svizzera in via di urbanizzazione
20 TI ACCADEMIA ARCHITETTURA MENDRISIO
a cura di Mercedes Daguerre
bie
n ale
n
22 TI LIBRI
a cura di Mercedes Daguerre
BELLINZONA, TERRITORIO E ARCHITET TURA
a cura di Debora Bonanomi e Enrico Sassi
EDITORIALE
25 Bellinzona, la nuova città
Alberto Caruso
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28
—30
aprile
2016
27 Spazi bellinzonesi
Michele Arnaboldi
32 La nuova Bellinzona vista
dal seminario di Monte Carasso
Mario Ferrari, Michele Gaggetta,
Giacomo Guidotti, Stefano Moor
35Bellinzona, la stazione e il suo viale
Paolo Fumagalli
37 Progetti per la città di Bellinzona
Aurelio Galfetti
42 Nuova sede del Dipartimento del territorio, Bellinzona
Sabina Snozzi Groisman, Gustavo Groisman +
Luigi Snozzi
48 Corte del sole, Giubiasco
Giorgio Grasso, Massimo Giordani
54 Nuovo stabile amministrativo aet ,
Monte Carasso
Lukas Meyer, Ira Piattini + Francesco Fallavollita
60 Ristrutturazione spazi ustra , Bellinzona
Cristiana Guerra
64 BKhouse, Giubiasco
Luca Coffari
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In copertina:
Lukas Meyer, Ira Piat tini + Francesco Fallavollita,
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Premio speciale edilizia residenziale: Wright Place, Glattpark Zurigo
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Gabriele Neri
in collaborazione
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Jasper Morrison:
la forma delle cose
1.
Museum für Gestaltung, Zurigo
È stimolante e di difficile traduzione il titolo della mostra che il Museum für Gestaltung di Zurigo dedica,
fino al 5 giugno 2016, all’opera di Jasper Morrison, designer inglese che da ormai oltre vent’anni si distingue
per versatilità, coerenza e acume. Thingness, che in italiano suonerebbe come «cosità», richiama il termine
tedesco Dingheit, usato ad esempio da Martin Heidegger nel suo scritto sull’origine dell’opera d’arte (Der
Ursprung des Kunstwerkes, abbozzato nel 1935), dove il
filosofo ragiona proprio sul significato di «cosa». Una
delle parti più note di questo testo contiene l’analisi di
un dipinto di Van Gogh del 1886, raffigurante un paio
di scarpe da contadina e nient’altro. Togliendole dal
loro contesto di effettivo utilizzo (il campo dove si lavora la terra) e creando dunque uno stato di sospensione
rispetto al loro normale funzionamento, «l’opera d’arte – scrive Heidegger – ha permesso di comprendere
che cosa sia in verità il paio di scarpe», mostrandole
nella loro «cosità», cioè nel loro «essere cose». L’arte, in
questo senso, ci fa vedere la scarpa come «cosa» prima
che come strumento per camminare, e inoltre – non
essendo l’arte mera imitazione – essa si rivela capace di
rievocare l’intero mondo che sta dietro – dunque il richiamo scabro della terra, l’umidità del terreno, il ven-
to tagliente nei campi – proprio grazie a un atto di sospensione da esso.
C’è ovviamente un’enorme distanza tra le riflessioni
di Heidegger e gli oggetti in mostra a Zurigo; tuttavia
esse possono servire da spunto per un’interpretazione di quella thingness che sembra caratterizzare l’opera del designer inglese. Negli ultimi venticinque anni,
infatti, Morrison ha perseguito con coerenza una
personale idea di «cosità», in cui l’azione del designer
– un po’ come il Van Gogh di Heidegger – diviene
capace di attuare una prodigiosa «sospensione» degli
oggetti che ci circondano dal mondo reale, per poi
farli tornare ancorati a tale mondo con ancora maggiore forza, facendo parlare il quotidiano ancora più
intensamente. Scarpe, sedie, bottiglie, posate o elettrodomestici: le «cose» disegnate da Jasper Morrison
non sono oggetti alieni, smaniosi di differenziarsi dagli altri che già popolano il mondo, come invece accade per una buona fetta del design contemporaneo: la
2.
4
INTERNI E DESIGN
loro thingness consiste nel mantenere saldo un legame
con l’archetipo, senza però rinunciare a un’interpretazione personale.
Entra allora in gioco un tema (e un termine) fondamentale per Morrison, che è quello della Forma: ad
essa egli ha dedicato molti scritti, nei quali viene
espressa la necessità di concepire i nuovi oggetti, le
nuove «cose», secondo un understatement che passa innanzitutto dal ridimensionamento dell’apparenza
formale. «Se diamo alla forma una minore importanza – scriveva nel 1991 – possiamo sviluppare una sensibilità per altre qualità dell’oggetto. … Se noi pensiamo al design come a un’equazione per ottenere di
più dagli oggetti, allora è chiaro che un approccio
fondato sulla novità gratuita della forma non è sufficiente».1 Questa affermazione, ovviamente, non vuol
dire disinteressarsi della forma – guardando la sua
cura maniacale per il dettaglio non si hanno dubbi –
bensì rispettare la normalità, l’onesta, il fare il proprio mestiere senza dover gridare. Non stupisce quindi il profondo rispetto di Morrison per il design
anonimo, quello «senza pedigree», di immacolata concezione (titolo di un suo saggio del 19962), da cui deriva in parte il manifesto progettuale teorizzato insieme al collega Naoto Fukasawa in una mostra del
2006, intitolata Super Normal. Sensations of the Ordinary3. Essere «super normale» vuol dire saper tenere insieme una rassicurante ordinarietà e un qualcosa di
inaspettato: in altre parole il rimanere legati all’archetipo ma saperlo anche sospendere e trascendere,
con gesti discreti ma sofisticati. Super normale è il
contrario di «speciale»: «vi sono modi migliori per
progettare che concentrarsi esclusivamente nel creare cose che paiono speciali. Speciale è solitamente
meno utile di normale e di minor soddisfazione nel
tempo. Le cose speciali attirano l’attenzione per motivi sbagliati, interrompendo un’atmosfera potenzialmente positiva con la loro strana presenza».4
Tutti questi pensieri si possono mettere alla prova nelle due sezioni che compongono la mostra al Museum
für Gestaltung. Nella prima si ripercorre la produzione – estremamente variegata – del designer, partendo
dai primi esperimenti sul tema del ready made degli
anni Ottanta – esercizi di attenta rielaborazione
dell’esistente – e attraversando i suoi pezzi più famosi:
le maniglie per fsb (1990); il portabottiglie per Magis
(1994); le tante sedie per Cappellini; la lampada GloBall per Flos (1999); il cestino per Magis (2005); la
sedia hal per Vitra (2010); il telefono dp01 (2010);
eccetera. La seconda parte, chiamata «MyCollection», è una bella e inedita sorpresa: qui sono esposti
pezzi scelti da Morrison stesso dalla vasta collezione
del museo zurighese, spiegandone il motivo. C’è ad
esempio un annaffiatoio per cactus del 1935 che sembra un cigno; una sedia di Carl Steiger dei primi anni
Trenta («se potessi prendere e tenere un pezzo dalla
collezione del museo, sceglierei questo»); una sedia
3.
4.-5.
1.
2.
3.
4.
Jasper Morrison, Rotar y Tray, Vitra, 2014,
foto Jasper Morrison Studio
Jasper Morrison durante l’allestimento della mostra. © ZHdK
Allestimento della mostra «Jasper Morrison – Thingness»
al Museum für Gestaltung, dal 4 febbraio al 5 giugno 2016.
© ZHdK
Alfred Roth, aluminium chair Roth, Aluminiumschweisswerk
Schlieren, ch , 1933. © ZHdK
5. Wilhelm Kienzle, cactus watering can, me wa Blat tmann,
Wädenswil, ch , 1935, Donation Blat tmann Metallwarenfabrik
ag , Wädenswil.© ZHdK
Chiavarina del 1807 (antenata della Superleggera di
Gio Ponti); un elmetto da cantiere degli anni Cinquanta della mewa-Blattmann. Quest’ultimo è stato
scelto non per la capacità di resistere agli urti, ma perché «esposto qui, rimosso dalla realtà del cantiere, è
un oggetto affascinante».
Note
1.Jasper Morrison, La non importanza della forma,
in «Ottagono», 100, settembre 1991, p. 74.
2.Jasper Morrison, Immacolata concezione, in «Ottagono»,
188, marzo-maggio 1996, pp. 54-56.
3.Naoto Fukasawa, Jasper Morrison, Super Normal.
Sensations of the Ordinary, Lars Müller Publishers,
Baden 2007.
4.Jasper Morrison, Super normale, in «Domus», 891,
aprile 2006, p. 112.
5
C OMUNIC ATI OTI A
Spartaco Chiesa*
Il Codice deontologico
dell’otia / 3
Le norme sulla concorrenza
Questa rubrica si è occupata finora dell’art. 4.1 del
Codice deontologico, ma il discorso sulla stessa norma non può considerarsi terminato finché non viene
affrontato l’ultimo invito impegnativo rivolto a ingegneri e architetti, ossia di attenersi alla correttezza nella
concorrenza. Questo presupposto si ispira alla normativa della Legge federale sulla concorrenza sleale (lcsl)
il cui scopo è quello di regolare i diversi settori del
«mercato» dove possano crearsi rapporti di concorrenza. Quelle norme definiscono illeciti i comportamenti ingannevoli, o comunque lesivi della buona
fede, che influiscano sui rapporti fra concorrenti o
fra fornitori e clienti. In quest’ambito possono venir
sanzionati metodi sleali tanto nella pubblicità, quanto
nell’attuazione di un’attività economica; in particolare l’art. 3 della legge elenca un gran numero di possibili azioni sleali: esse possono realizzarsi, ad esempio,
denigrando altri, le loro opere, le loro prestazioni ecc.
con affermazioni inesatte, errate o inutilmente lesive;
fornendo indicazioni inesatte o fallaci su se stessi e sulle proprie prestazioni; servendosi di denominazioni
professionali errate atte a far credere a distinzioni o
capacità particolari; paragonando in modo inesatto la
propria persona o le proprie opere o prestazioni con
quelle di altri concorrenti; ingannando i possibili interessati sul valore delle proprie prestazioni ecc. Da
questo catalogo è interessante dedurre che l’atteggiamento sleale può realizzarsi non solo agendo in dispregio dei concorrenti, ma anche millantando le
proprie prestazioni o le proprie capacità, rispettivamente paragonando in modo ingannevole – a proprio esclusivo vantaggio – se stessi con gli altri. Prendendo spunto da queste indicazioni della legge, il
Codice deontologico si dedica ampiamente a questo
aspetto dell’attività professionale: in particolare già
nelle Norme personali, precisando l’indicazione di principio dell’art. 4.1, impone a ingegneri e architetti di
«astenersi dal fornire qualsiasi indicazione errata,
inesatta o ingannevole sulla loro formazione, sui titoli
di studio da loro conseguiti, sulla loro esperienza professionale, sulle loro capacità, sui mezzi di cui dispongono e sull’efficacia dei medesimi» (art. 4.4). Tale descrizione dettagliata di possibili comportamenti offre
ai membri dell’Ordine i parametri per salvaguardare
la correttezza nella concorrenza per quanto concerne
la propria persona, le proprie capacità e le proprie possibili prestazioni professionali, spingendosi opportunamente fino a specificare che ingegneri e architetti
«pur senza il loro intervento attivo – non devono tollerare che committenti, rispettivamente il pubblico e
l’Ordine si facciano comunque un’idea errata sulle
loro caratteristiche professionali»: in altre parole,
ognuno è responsabile di non permettere la diffusione di un’immagine immeritatamente positiva di
sé. E nello stesso ambito si colloca l’art. 4.10 del Codice deontologico che concerne specificatamente la divulgazione della propria attività professionale, ossia
la pubblicità, che deve avvenire «con discrezione e verità»: «verità», con riguardo al dettato appena ricordato dell’art. 4.4, «discrezione» con riferimento esplicito al principio della dignità di cui già s’è detto
relativamente all’art. 4.1. Interessante e opportuno è
poi l’accenno a particolari specifici del modo con cui
non è possibile divulgare la propria attività, vietando
«ogni forma di pubblicità comparativa» (ad esempio
l’arch. A pretende di essere in qualche modo migliore di B o di tutti gli architetti di un comprensorio),
«rispettivamente l’adozione di espressioni enfatiche,
laudative o denigratorie, nonché la promessa di vantaggi … rispetto alle prestazioni di altri». Si tratta di
norme atte a illustrare e a rendere meglio comprensibili sia il principio generale della correttezza nella
concorrenza, sia l’art. 17 lett. f) lepia laddove ricorda
l’obbligo per ingegneri e architetti che esercitano nel
Canton Ticino di osservare il divieto di concorrenza
sleale, «evitando in particolare ogni forma di pubblicità non conforme alla dignità della professione».
Le norme deontologiche che concernono invece i
comportamenti sleali nella concorrenza, agendo in
dispregio degli altri, sono collocate fra quelle relative
«ai rapporti con i colleghi» (art. 8) che devono essere
improntati – in senso generale – alla lealtà e al rispetto delle persone (art. 8.1); in particolare, il Codice
chiede a ingegneri e architetti di «astenersi da ogni
pratica denigratoria nei confronti di colleghi, segnatamente in merito alla loro attività professionale» (art.
8.2) e ricorda che la concorrenza «deve fondarsi esclusivamente sulla qualità delle prestazioni» (art. 8.3).
Concludendo queste brevi considerazioni, occorre ricordare anche qui (come già esposto altrove) che –
contrariamente allo scopo principale della lcsl che è
quello di concorrere a una regolamentazione dei mercati «nell’interesse di tutte le parti» (art. 1 lcsl) – le
indicazioni del Codice deontologico riguardanti la
concorrenza hanno sì il fine di tutelare i membri
dell’Ordine nei confronti di ogni collega, ma sono
destinate – anche sotto questo specifico aspetto – a salvaguardare un’immagine seria e autorevole dell’otia
e delle professioni che vi appartengono.
* dottore in diritto, già giudice del Tribunale d’appello,
già presidente della Commissione di vigilanza otia
7
C OMUNIC ATI SI A
Markus Friedli*
[email protected]
Mike Siering*
[email protected]
Le norme:
Nuove vie portano
uno spartito per la cultura alla sia
della costruzione
Le norme, di per sé, non limitano forse lo spirito innovativo e
creativo di architetti e ingegneri? Markus Friedli, responsabile
Norme sia è fermamente convinto di no. Ecco le sue riflessioni
sulla politica di normalizzazione 2017-2020.
Da subito i titolari di un bachelor in tecnica degli edifici e i
laureandi di altre discipline, per le quali in Svizzera non esiste
ancora un ciclo di studi master, potranno inoltrare le proprie
candidature di adesione direttamente alla sia.
Le linee guida per lo sviluppo della politica di normalizzazione sia 2017-2020, poste in votazione durante la prossima Assemblea dei delegati, il 22 aprile
2016, vertono soprattutto sulla questione dell’efficacia rivestita dall’attuale politica condotta in ambito
normativo. La scorsa estate, quando si è cominciato a
lavorare alla stesura della nuova politica di normalizzazione per i quattro anni a venire, era sin dal principio chiara una cosa: non possiamo continuare a percorrere la strada battuta sinora, né in considerazione
delle sfide attuali e future, né a livello ideologico e
concettuale. Vi è un’impellente questione fondamentale a cui bisogna dare risposta: è ancora necessaria
una politica di normalizzazione o si tratta di uno strumento strategico ormai obsoleto, di fronte alla rivoluzione digitale, al bim e ad altre sostanziali rapide trasformazioni? Esistono ancora punti fissi nella convergenza
di pensieri e azioni per la molteplice e variegata comunità sia? La risposta, dinnanzi a una prospettiva
così ignota, risiede proprio nella ricerca di sistemi e
assestamenti concettuali flessibili. Le norme e i regolamenti non vanno trattati come reliquie o considerati comandamenti fine a se stessi, bensì rappresentano
uno strumento pratico, al passo con i tempi, teso a fornire ausilio e supporto nella progettazione e nella realizzazione. Di conseguenza, nella politica di normalizzazione 2017-2020 si tratta fondamentalmente di definire
che cosa sia una norma e come venga elaborata, di illustrare la struttura del catalogo delle norme sia e di
chiarire come sia gestito. In altre parole, le norme
rappresentano una base d’intesa il più possibile chiara, trasparente e orientata alla prassi, un linguaggio
comune per tutti i protagonisti del settore, sono una
sorta di centina della cultura della costruzione. Potremmo dire che le norme sono come la partitura di
una musica e definiscono le linee lungo cui i committenti, gli architetti, gli ingegneri o le imprese pongono le «proprie note» e suonano una loro melodia,
una composizione la cui riuscita non dipende tuttavia dalle norme o dalla politica di normalizzazione.
Le norme non limitano dunque in alcun modo lo spirito innovativo e creativo di chi opera nell’ambito della cultura architettonica ed edilizia.
Ai sensi di quanto deciso dal Comitato sia in dicembre 2015, d’ora in poi sarà la Commissione di ammissione sia, spalleggiata da esperti del ramo, a esaminare i dossier e la documentazione di adesione inoltrata
dai candidati.
Di regola, per aderire alla sia, occorre aver assolto un
ciclo di studi master (Master of Arts ma oppure Master of
Science msc) presso una scuola universitaria o una
scuola universitaria professionale, nei settori costruzione, tecnica e ambiente. Non si ammettono invece
in qualità di membri i candidati titolari di un Master of
Advanced Studies mas. Nelle professioni per le quali attualmente in Svizzera non è ancora offerto un ciclo di
studi master, per esempio nell’ambito dell’architettura
del paesaggio, dell’architettura d’interni e dell’urbanistica, gli aspiranti membri possono inviare il proprio
dossier di candidatura direttamente alla Commissione
di ammissione sia. Questa stessa via è percorribile
anche dai candidati con un bachelor in tecnica degli
edifici (con almeno 180 punti ects) e per i quali non
esiste ancora un ciclo di studi master consolidato. Un
relatore e un correlatore della Commissione di ammissione sia, che completano l’organo apportando le necessarie competenze tecniche in impiantistica, esamineranno i progetti e le referenze dei diversi candidati.
In caso di idoneità, la domanda di adesione è presentata al Comitato sia che deciderà in merito all’accettazione definitiva. Proponendo questa via di accesso diretto alla sia, il Comitato si rivolge agli impiantisti
che, terminati gli studi, hanno ottenuto l’abilitazione
professionale e raggiunto, attraverso l’esperienza
e vari corsi di specializzazione, un livello riconosciuto
dalla sia.
* ing. arch. dipl. rwth/sia, ing. econ. dipl., vicedirettore sia
Per mag giori informazioni potete rivolger vi al nostro
Ser vizio membri, telefonando allo 04 4 283 15 01
oppure scrivendo a [email protected].
* arch. dipl. eth bsa sia, responsabile Norme sia
8
C OMUNIC ATI SI A
Frank Peter Jäger*
[email protected]
Continueremo
a disegnare!
Per implementare in modo sensato il bim nelle procedure di
progettazione, la sia ha fondato una rete denominata «Netzwerk
digital», in collaborazione con i rappresentanti dei committenti, il
Centro svizzero di studio per la razionalizzazione della costruzione
(crb) e il gruppo d’interesse «Costruzione digitale Svizzera».
In occasione della fiera Swissbau di Basilea, tenutasi a
metà gennaio, la sia ha esposto a grandi lettere il titolo
della propria conferenza, incentrata sul «Ruolo del
bim nei futuri metodi di progettazione e realizzazione». In un auditorio gremito, i cinque relatori hanno
saputo calamitare l’interesse del pubblico.
Per promuovere l’introduzione del Building Information
Modelling (bim), la sia ha stretto un partenariato con il
gruppo d’interesse «Costruzione digitale Svizzera», il
Centro svizzero di studio per la razionalizzazione della
costruzione (crb), la Conferenza di coordinamento degli organi della costruzione e degli immobili dei committenti pubblici (kbob), così come il gruppo d’interesse dei committenti professionali (ipb). La nuova
rete di progettazione digitale vuole essere un supporto
per coordinare e standardizzare la diffusione del bim,
favorendone un impiego professionale e intelligente.
In occasione della conferenza, Herbert Tichy, direttore della kbob, ha illustrato l’importanza del bim dal
punto di vista dei committenti pubblici, mentre Mark
Baldwin, della società «Mensch und Maschine Schweiz»,
ha mostrato ai presenti alcune applicazioni. La parte
pratica è poi stata approfondita da Sacha Menz, architetto e membro del Comitato sia, nonché professore di
architettura e costruzione al pf e responsabile del nuovo tema strategico sia «Metodi di progettazione e realizzazione».
In elaborazione il quaderno tecnico sia 2051
sul bim
«Aspettiamo che la sia prenda posizione in merito
all’impiego del bim», ha esclamato Sacha Menz, condensando la sensazione frammista di insicurezza e impazienza che attualmente aleggia tra i progettisti. Il
Quaderno tecnico sia 2051 Building Information Modeling, ora posto in consultazione, dovrebbe andare in
stampa in autunno 2017. «Il Quaderno tecnico non
basterà da solo a fornire una linea guida e rappresenta
soltanto un primo passo», ha puntualizzato Menz durante la conferenza. Il partenariato avviato con la costituzione della rete di progettazione digitale «Netzwerk
digital» mira a stabilire una terminologia comune, sulla base di un dialogo instaurato tra progettisti, autorità
e committenti, partendo dalla quale poter formulare
standard conformi alla prassi e riunire le competenze.
Come avviene nell’ambito della normalizzazione, anche l’affermarsi del bim dovrebbe essere un tema affidato a chi progetta e costruisce. «La sia vuole avviare
un dibattito aperto e critico per definire un utilizzo
moderato e sensato del bim nei metodi di progettazione e realizzazione», così Menz. Meglio essere scettici e
non precipitarsi a fissare regolamentazioni o formulare norme premature.
Disabituare gli architetti a disegnare?
Nel suo discorso introduttivo, Sacha Menz si è opposto
all’ipotesi secondo cui l’implementazione del metodo
bim finirebbe per rendere obsoleta la capacità dell’architetto di trasporre su carta idee, forme e concetti durante il processo creativo della progettazione, come
sostenuto due giorni prima dal prof. Viktor Sigrist
(Hochschule Luzern), in occasione di un evento dedicato proprio al bim, in cui ha dichiarato: «Bisogna disabituare la gente a disegnare». Menz, benché dotato
di spirito più pionieristico che conservatore, contesta
energicamente quanto formulato da Sigrist. «Per favore, che non si venga a dire che non possiamo più disegnare!» Menz vede la trasformazione del profilo professionale dell’architetto in modo meno radicale. Ogni
architetto deve in primo luogo imparare a progettare e
costruire. L’aspetto intelligente e innovativo è tuttavia
poter mettere in collegamento la sfera del digitale a
quella dell’intuizione, insomma: «Il bim è certamente
uno strumento valido per catalogare e interconnettere, ma di sicuro non può e non potrà mai sostituire la
nostra creatività». È comunque innegabile che i metodi di progettazione assistita offrano un ampio ventaglio di nuove possibilità.
Robot in cantiere
Nell’ultima parte della conferenza, in cui sono intervenuti Matthias Kohler (Gramazio Kohler Architekten) e
Daniel Meyer (vicepresidente sia) si è spiegato concretamente che cosa significhi tutto ciò in pratica. I due
relatori hanno infatti presentato al pubblico il progetto «Arch_Tec_Lab», pianificato e realizzato esclusivamente con il bim al campus del pf di Zurigo. Il nuovo
edificio, il cui tetto è stato progettato con piani tridimensionali e assemblato da robot, vista la complessità
della costruzione, non si sarebbe mai potuto costruire
con la stessa qualità impiegando esclusivamente i metodi di progettazione tradizionali. In questo caso il
bim non fa concorrenza alla progettazione di stampo
tradizionale, bensì ne amplia le possibilità, varcando
una dimensione prima d’ora inimmaginabile.
* redattore responsabile Pagine sia
Per saperne di più consultare: www.swissbau.ch/focus
(in tedesco, francese e inglese)
9
C OMUNIC ATI SI A
Frank Peter Jäger*
[email protected]
Giornate sia 2016,
al centro del costruire
contemporaneo
1.
In maggio avrà luogo la 9a edizione delle «Giornate sia». In
occasione dell’evento, che si terrà ai quattro angoli della Svizzera, gli architetti e gli ingegneri apriranno al pubblico le porte delle loro opere più recenti.
Le Giornate sia, diventate ormai una sorta di Biennale di Venezia reinterpretata in chiave svizzera, sono
un appuntamento fisso per tutti gli appassionati di
architettura e anche per i mass media. Nel periodo
compreso tra il 20 e il 29 maggio 2016, i visitatori
avranno la possibilità di scoprire dal vivo inusuali
case d’abitazione, un nuovo museo e persino un chiostro restaurato nel pieno rispetto del patrimonio storico. Le Giornate sia sono la più grande esposizione
architettonica della Svizzera e offrono al pubblico la
possibilità di esplorare in prima persona alcuni mirabili edifici, entrando fisicamente «nel cuore» dell’architettura contemporanea. La scorsa edizione, avuta luogo
due anni fa, ha contato 20 000 visitatori per un totale di
300 opere. Quest’anno sarà possibile vivere dal vivo l’architettura e l’ingegneria contemporanea in ben due
fine settimana, dal 20 al 22 e dal 27 al 29 maggio.
Ticino e Basilea fortemente rappresentati
L’edizione 2016 è particolarmente degna di nota, poiché annovera un’ampia varietà di progetti distribuiti
in tutta la Svizzera. Accanto alle numerose opere ubicate nella Svizzera romanda, apriranno le proprie
porte anche moltissimi progetti ticinesi (ben 17 le
opere in mostra!). Tra le regioni più rappresentate vi
sono altresì Basilea Città e Campagna che parteciperanno con 21 progetti molto promettenti. Lo studio
«Baubüro in situ» presenterà ben tre progetti, in collaborazione con i propri partner progettisti. Tra questi, l’opera forse di primo acchito meno appariscente,
ma certamente la più lungimirante, è il risanamento
della facciata di una casa edificata nel 1911 e ubicata
in Güterstrasse 81, nei pressi della stazione di Basilea.
Il «progetto pilota e a carattere esemplare», realizzato
in collaborazione con lo studio lucernese Lauber Ingenieure ha permesso di isolare la facciata originaria,
mantenendo perfettamente intatte le decorazioni, con l’applicazione di un intonaco termoisolante in aerogel. Un altro progetto edilizio, realizzato dallo studio nell’areale di Gundelfinger Feld a
Basilea, mette in pratica l’obiettivo della strategia energetica 2050 di passare dall’energia fossile alle
fonti energetiche rinnovabili: un ex silo per lo stoccaggio di carbone è stato infatti trasformato in centrale solare e accumulatore a batterie
1. Casa DEM, wespi de meuron romeo architet ti, Caviano 2015.
Foto studio wespi de meuron romeo architet ti. Foto Hannes Henz
Attrezzare le opere esistenti
per affrontare il futuro
In Ticino, tra le opere di maggior spicco, si annovera
sicuramente la trasformazione, sapientemente risolta
e con grande sensibilità, dell’ex Convento di Santa
Maria degli Angioli a Lugano a opera dello studio Giraudi Radczuweit architetti. Per lungo tempo la struttura, risalente al 1500, è stata adibita ad albergo. Gli
architetti sono riusciti a definire in modo armonioso,
ma altrettanto chiaro e ben visibile, quella che è la
sostanza storica da quelli che sono i nuovi elementi
aggiunti durante il restauro, eseguito nel pieno rispetto del patrimonio storico. Un altro esempio di
rinnovo e trasformazione della sostanza edilizia esistente è Casa Häusler, un elegante villino di vacanza
degli anni Sessanta, a Minusio. Oltre a ottimizzare la
struttura originaria, adattandola alle esigenze di risparmio energetico, l’arch. Paolo Cerutti è riuscito a
ridonare all’edificio il suo antico splendore.
Un progetto nettamente in contrasto con i precedenti
è senza dubbio Casa MiMa di Cugnasco, progettata
dallo studio Biagio Lepori Architetti di Bellinzona.
L’espressiva e asimmetrica cubatura dell’edificio, posizionato su un terreno in forte pendenza, è valorizzata ancor più dall’impiego di elementi come il legno
naturale e l’acciaio corten. La fusione di legno, calcestruzzo e acciaio color ruggine salta decisamente
all’occhio.
Molto più sobria è Casa de Meuron, opera dello studio
Wespi de Meuron Romeo architetti, un edificio in
calcestruzzo che l’arch. Jérome de Meuron ha costruito a Caviano come abitazione propria. La casa, di
forma poligonale, è caratterizzata da una superficie
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C OMUNIC ATI SI A
grezza in beton lavato, che conferisce al corpo
dell’edificio l’effetto arcaico di un masso erratico. Il
poligono celebra l’estetica delle ruvidi superfici in beton, unita a giochi di luce di grande effetto.
Sempre in calcestruzzo a vista, ma dalle superfici
marcatamente più lisce e omogenee, è l’involucro
della Fondazione Marguerite Arp, a Locarno-Solduno, opera dello studio zurighese Anette Gigon &
Mike Guyer Architekten. L’edificio, gli spazi espositivi
aperti al pubblico e il deposito d’arte sono dedicati
alle opere dell’artista tedesco Hans Jean Arp.
Di ben altre dimensioni è invece lo stabile amministrativo progettato dello studio Snozzi Groisman & Groisman (Sabina e Luigi Snozzi, Gustavo Groisman).
L’edificio, ubicato a Bellinzona, ospita la sede del
Dipartimento del territorio del Canton Ticino, con i
suoi 350 collaboratori. Lo stabile si erge fiero su cinque piani, sollevato da terra con dieci pilastri, ed è
contraddistinto da una facciata costituita da una particolare struttura frangisole. Soprattutto il basamento evoca in modo suggestivo il linguaggio formale
della nuova oggettività.
2.
3.
Nuove forme abitative in ascesa
Ancor più che nel 2014, l’attuale edizione è caratterizzata da un gran numero di case d’abitazione, costruite tenendo intelligentemente conto dei principi di
densificazione. Spesso si tratta di edifici che promettono un buon livello di sostenibilità sociale ed ecologica, come la casa plurifamiliare della cooperativa di
abitazioni Wogeno a Zurigo Seebach, in cui lo studio
Hunkeler Hürzeler Architekten ha saputo combinare
le possibilità offerte da una moderna costruzione in
legno con attraenti spazi comuni; oppure la Casa generazionale Schönberg Ost (Bürgi Schärer Architektur
und Planung) a Berna, dove una comunità di proprietari per piani è riuscita a unire in modo esemplare le
esigenze abitative comunitarie con quelle del vivere
individuale. Le case menzionate non si limitano a offrire una buona qualità degli spazi abitativi, ma garantiscono alle famiglie una miglior qualità di vita in
città, promuovendo i rapporti di buon vicinato. Nel
progettarle gli architetti hanno riflettuto, in generale,
su come fare in modo che una casa possa adattarsi al
cambiare delle esigenze funzionali e sociali.
4.
* redattore responsabile Pagine sia
Maggiori informazioni sulle Giornate sia
2.
3.
4.
Sala polivalente ex municipio di Pregassona,
Architet ti Tibilet ti Associati, Lugano 2015.
Foto Marcelo Villada Or tiz
Ex Convento Santa Maria degli Angioli,
Giraudi Radczuweit architet ti, Lugano 2015.
Foto Isabella Sassi Farìas
Nuovo teatro, Jeker Architek ten, Dornach 2015.
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novità, gli appuntamenti e i diversi eventi organizzati nell’ambito
dell’edizione 2016, consultate il sito web: www.giornate-sia.ch.
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esposizione, in base a diversi criteri, e localizzare le varie opere
con un solo clic. Inoltre tutte le opere sono documentate in un
opuscolo gratuito, disponibile a partire dal mese di marzo.
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C OMUNIC ATI SI A
Michel Kaeppeli*
[email protected]
I geologi revisionano
il proprio regolamento
Seduta della Commissione centrale per i regolamenti
(zo): la revisione del regolamento sia 106 prende il via.
Nel 2015, in occasione dell’ultima seduta della Commissione centrale per i regolamenti (zo), la Commissione ha approvato all’unanimità la richiesta di revisione del Regolamento per le prestazioni e gli onorari dei geologi
(sia 106). Nell’ambito del progetto, la zo pone l’accento sulla necessità di garantire un coordinamento con
gli ingegneri civili e gli ingegneri forestali. Insieme al
lancio del progetto, sono stati eletti anche i nuovi membri della Commissione. Tale rinnovamento ha permesso di rafforzare le voci che rappresentano i committenti come pure la Svizzera romanda e il Ticino, un
risultato di cui la zo si dice oltremodo soddisfatta.
Doccia a livello del pavimento SCONA
Con il Regolamento dei concorsi d’architettura e d’ingegneria
(sia 142); il Regolamento dei mandati di studio paralleli
d’architettura e d’ingegneria (sia 143) e il Regolamento dei
concorsi per prestazioni d’ingegneria e d’architettura (sia
144), la sia mette a disposizione un insieme di regolamenti tagliati su misura per le diverse procedure di
aggiudicazione. Le pianificazioni di prova sono già
coperte dal Regolamento sia 143, sotto forma di mandati di studi paralleli senza mandato successivo, nella
prassi tuttavia si manifesta l’esigenza di fornire indicazioni complementari per l’applicazione e la messa in
atto delle regolamentazioni sancite. Ecco perché la
Commissione sia 142/143 ha ricevuto l’incarico di
esaminare le proposte per regolamentare in modo
più dettagliato la pianificazione di prova e di presentare soluzioni adeguate.
Il terzo tema cruciale all’ordine del giorno verteva sulla delimitazione tra norme tecniche e norme contrattuali, vale a dire i Regolamenti per le prestazioni e gli
onorari (rpo). Gli rpo descrivono le prestazioni di
base e regolamentano le competenze delle parti coinvolte. Per gli utenti è importante che tali aspetti contrattuali siano sanciti in modo chiaro e riassunti in un
unico documento. Per garantire un catalogo delle
norme coerente e conciso, la zo ha preso una serie di
decisioni così da appianare, nel corso del 2016, i restanti punti critici, in collaborazione con partner interni ed esterni.
* responsabile Regolamenti sia
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NOTIZIE TI
Annalisa Viati Navone*
Architettura-scultura
a partire dalla scienza
1.
In memoria di Peppo Brivio (1923-2016)
Quando si pensa alla produzione architettonica di
Peppo Brivio, si profilano oggetti dirompenti nel contesto urbano e nel paesaggio naturale. Si è parlato
di ascendenza neoplastica e di richiami all’opera di
Wright per quella maniera così connotante di tradurre
le facciate in morfologie volumetriche – o, come avrebbe detto Schmarsow, in «conformazione spaziale» –
dove è l’incastro dei blocchi a emergere, il protendersi dell’edificio «fuori di sé», a partire da un tessuto
geometrico che impregna il progetto, dall’impostazione planimetrica alle articolazioni assonometriche,
e si lascia cogliere nelle sue regole conformative. La
chiamava applicazione di una «grammatica», e la ricercava nei luoghi dell’eterotopia architettonica, nella semiologia e nel pensiero scientifico, e poi la ammantava di tentazioni sculturali.
Nessuna delle sue opere più acclamate ne era esente.
Gli edifici cittadini sono per la maggior parte svincolati dal tessuto urbano, esigono una visione a tutto
tondo, si costituiscono come cesura della cortina, si
impongono per lo statuto speciale di architetturascultura nata dalla rivisitazione dei principi neoplastici. Anche edifici come la Banca «Weisskredit» di
Chiasso (1965-1967), saldati alla cortina su uno o due
lati, al livello del basamento o dei piani bassi, figurano nella stessa schiera, per l’effetto analogo di rottura
e divergenza con l’immediato intorno.
La casa ad appartamenti «Cate» a Massagno (19571958), sebbene inserita in una teoria di prospetti, dirompe per la composizione volumetrica e si impone
al passante mediante dispositivi di contrasto, di natura geometrica, materica, ponderale (mi riferisco qui
ai pesi visivi e plastici delle ombre e delle luci, ai valori chiaroscurali prodotti da aggetti e rientranze). Ci
sono poi le case nel paesaggio, come le due ville costruite a Caprino (1962-1963), piccole sculture che se
da un lato si innestano nel terreno dolcemente, dall’altro si mostrano per la struttura volumetrica dura, fatta
d’una composizione di corpi spigolosi e lame taglienti. E gli assolo: l’Albairone (1955-1956) vi compare in
primo piano, con i suoi volumi pieni e compatti nei
quali sono intercalati profonde logge e balconi, aggregati all’interno di una precisa maglia geometrica
e strutturale, colorati secondo cromie discordanti
con l’intorno.
Il contrasto sembra essere l’effetto primario d’un criterio compositivo scientifico, che si nutre di principi
matematici, dell’applicazione d’una logica rigorosa e
stringente, dietro cui è sottesa la tenace volontà del
progettista di «fratturare» fisicamente e di «scuotere»
emotivamente. Ma la scienza non è rassicurante, le
1.
Archi ha dedicato a Peppo Brivio il numero 4/2013.
Il fondo Peppo Brivio è custodito presso la Fondazione
Archivi Architet ti Ticinesi
regole non sono mai soddisfacenti; così l’architettura
di Brivio non è «bloccata» in schemi ripetitivi, ma
evolve opera dopo opera alla ricerca, infaticabile seppur vana, d’una stabilità.
Era il marzo del 1970 quando Brivio proferiva in un
consiglio dei professori queste parole: «La relation
avec la science est un problème difficile. Nous vivons
une crise, à différents niveaux. … Par ex., l’urbanisme est une matière en pleine crise, on lui reproche
de ne pas avoir appliqué, jusqu’à présent, des notions
scientifiques, certaines spécialistes nient la possibilité
d’arriver à une solution avec l’aide scientifique… Un
scientifique n’est jamais sûr de rien, il n’a jamais terminé une preuve, n’arrive jamais au but. Le but n’existe pas en science. Le but du scientifique est de trouver une stabilité dans une instabilité, dans une
recherche permanente où tout est remis en question
à chaque instant».1
Quei fogli quadrettati, matrici di composizioni architettoniche, griglie d’appunti, filigrane d’un ordine
vitale contrastivo dell’incertezza e della provvisorietà,
svelano allora tutta l’inquietudine del lavoro creativo,
d’una ricerca personale alimentata dalla ricchezza
del suo pensiero.
* ricercatrice all’Archivio del Moderno di Mendrisio
e borsista del decs 2015-2017 con il progetto «Peppo Brivio:
l’architetto-intellettuale alla ricerca d’una “grammatica”».
Note
1.«Procès-verbal de la séance du 20 mars 1970 (correctif)
n. 2», documento conservato nel Fondo Brivio presso
la Fondazione Archivi Architetti Ticinesi.
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Paolo Fumagalli
Peppo Brivio
e il modulo
Su altre pagine di questo numero di Archi Annalisa
Viati scrive su Peppo Brivio e la sua architettura nel
momento della sua scomparsa. Non voglio quindi a
mia volta scrivere sull’opera di un architetto che, noi
per primi colpevoli, è caduto da anni nell’oblio nonostante il ruolo di primo piano che ha avuto nell’architettura del Ticino nei primi decenni del Dopoguerra
e nonostante abbia influenzato molti degli architetti
suoi contemporanei, e quelli più giovani che allora
iniziavano a lavorare.
Mi preme però scrivere queste due righe su un tema
particolare, che appare non solo negli edifici di Brivio,
ma anche in molte architetture degli anni Cinquanta
realizzate da un gruppo di architetti suoi contemporanei: la volontà di dare un senso al progetto, di poggiarlo non sulla casualità di un’improvvisa invenzione, ma
su delle basi concettuali precise e logiche.
Certo, il voler trovare delle logiche coerenti su cui
poggiare il progetto è anche la reazione contro l’incontrollata trasformazione che il territorio stava subendo in questi primi decenni del Dopoguerra, e alla
soverchia banalità architettonica di una modernità
che oramai si era conquistata lo spazio del costruito,
sostituendosi definitivamente ai richiami storicistici o
vernacolari dell’architettura precedente.
Ma c’è di più: per questo gruppo di architetti – che in
parte hanno operato a cavallo degli anni della guerra
e in parte hanno iniziato subito dopo – la professione
va svolta non solo con impegno etico e tecnico, ma
anche con un dovere e una responsabilità intellettuale. Sia interna alla professione stessa, sia verso l’esterno, verso la società.
Questa comunanza di intenti e di impegno è poi declinata in modi diversi da architetto ad architetto –
com’è logico che fosse – ma corrisponde comunque
per tutti loro a delle esigenze che credo si possano ricondurre sostanzialmente a due temi.
Il riferimento alle Avanguardie e ai maestri
Il primo tema è la continuità storica. Il progetto architettonico non nasce dal nulla, ma deve avere delle
basi concettuali le cui radici affondano sia sul passato
sia sulle ricerche in atto in altri luoghi e in altre culture. Sul passato, perché costituisce un bagaglio di ricerca, di invenzioni e di esperienze su cui è cresciuta
l’architettura nei secoli, modernità compresa. E la cui
origine è da ricercare sia nell’architettura antica con
i suoi valori e i suoi principi compositivi, sia su quanto
svolto e realizzato dalle Avanguardie nei decenni tra
le due guerre. Che fu una vera rivoluzione, basata sulle ricerche teoriche della composizione architettoni-
ca, delle funzioni e delle tipologie, della tecnologia e
dei nuovi materiali costruttivi e le loro implicazioni
strutturali e statiche e progettuali.
Ma le radici, o meglio i riferimenti, non sono solo verso il passato, ma anche su quanto svolto dai contemporanei. E in un mondo che allora si stava dilatando
– già allora – di continente in continente, per i nostrani architetti queste architetture erano non solo quelle
realizzate in altri Cantoni o in Svizzera, ma anche in
tutta Europa e negli Stati Uniti. Gli architetti del Ticino che operano nei primi decenni del dopoguerra
hanno studiato sui libri scritti da Le Corbusier, hanno visitato le mostre di Wright (a Firenze nel 1951, a
Zurigo nel 1952), conoscono quanto fatto nel Nordeuropa, in primis le opere di Alvar Aalto.
L’ordine, la regola
Il secondo tema è quello dell’ordine, della regola. Nel
momento in cui il moderno si affranca definitivamente e diviene il linguaggio comune di tutta l’architettura e in tutto il mondo, sin da subito si comprende
che questo moderno apriva a libertà compositive fin
eccessive. Il ricorso a dalle regole è allora un imperativo per molti architetti. Certo, come detto in precedenza, quanto sedimentato nella storia dell’architettura
del Novecento costituisce un bagaglio compositivo e
concettuale importante. Certo, quanto i maestri hanno realizzato o stanno progettando hanno un valore
di riferimento importante. Ma come guidare la matita nel momento del progetto è comunque un quesito
individuale che appartiene al progettista. Non sono
più disponibili, o attuali se si vuole, i principi del classicismo – come le colonne e i timpani e la simmetria
– ma occorre comunque operare con delle regole,
che pur individuali siano capaci di gestire il progetto
per non cadere nell’anarchia formale.
Già Le Corbusier nel 1923 nel libro Vers une architecture
scrisse che l’architettura si basa su delle regole, oggi
come nel passato, e parole come ordonnance, ordre,
géométrie si ripetono di pagina in pagina: «Un tracé
régulateur est une assurance contre l’arbitraire ... apporte cette mathématique sensible donnant la perception bienfaisante de l’ordre ... le choix d’un tracé
régulateur fixe la géometrie fondamentale de l’ouvrage ... est un des moments décisifs de l’inspiration, il est
l’une des opérations capitales de l’architecture».
Il ruolo della struttura
È la necessità di valersi di un ordine compositivo che
conduce architetti come Tami, Camenzind e Brocchi,
Jäggli, Carloni e altri a ricorrere proprio al modulo quale elemento di logica compositiva. E questo modulo lo
trovano spesso nella struttura dell’edificio. La struttura statica intesa come strumento ordinatore nel disegno del volume dell’edificio, delle suddivisioni spaziali interne e della composizione delle facciate. Ad
esempio, si vada a visitare edifici come la casa Solatia
17
D I A R I O D E L L’ A R C H I T E T T O T I
1.
2.
a Lugano di Rino e Carlo Tami del 1951, le case d’appartamento Albairone del 1956 e Cate del 1957 entrambe a Massagno di Peppo Brivio, l’albergo Arizona
a Lugano di Tita Carloni del 1959, la casa d’appartamenti in condominio (Partimco) a Lugano di Alberto Camenzind e Bruno Brocchi del 1959.
Tutti questi edifici presentano già in facciata una partizione geometrica dettata dalle strutture orizzontali
delle solette e verticali dei pilastri, che costituiscono
non solo la regola compositiva, ma anche il motivo formale del disegno dei prospetti. Una scelta compositiva
oltretutto insistita, quasi enfatizzata dai differenti materiali costruttivi e dal loro contrasto: mentre pilastri
e solette sono in cemento armato lasciato a vista o dipinto di bianco, gli spazi da loro racchiusi o sono vetrati o sono chiusi da muri di tamponamento in mattoni mattoni faccia a vista o intonacati.
Ma di là dalle parentele compositive che è possibile
individuare nel disegno delle facciate, diverso è però
il modo e gli obiettivi che ogni architetto si è posto. Nel-
la casa Solatia di Rino e Carlo Tami il motivo strutturale
orizzontale/verticale è presente solo nel fronte esposto a sud nella composizione dei balconi, ma la cadenza dei pilastri osservata nel prospetto sud non ha continuità all’interno, dove la partizione degli spazi è
determinata da altre regole. La stessa osservazione si
può anche fare per l’edificio di Camenzind e Brocchi,
anche se comunque la suddivisione spaziale interna è
ordinata secondo logiche assiali. Nell’albergo Arizona
di Carloni sono solo i moduli orizzontali delle solette
a segnare le facciate, assieme alla cadenza dei balconi
sporgenti, mentre un preciso modulo a 30 e 60 gradi
determina la complessa suddivisione spaziale interna.
La geometria come linguaggio universale
Ma per Brivio la cadenza della struttura è ben altro, e
ciò che appare in facciata è il manifestarsi dell’ordine
compositivo che è alla radice dell’intero progetto. Siano essi pilastri o muri, questo ordine è dettato dalla
geometria d’implacabili moduli geometrici capaci di
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D I A R I O D E L L’ A R C H I T E T T O T I
3.
4.
governare le molteplici complessità che sono insite
nel progetto architettonico, dai rapporti tridimensionali dei volumi alle scelte formali delle facciate e al
rapporto tra i pieni e i vuoti, dalle strutture statiche
di pilastri e architravi e muri portanti agli spazi e
all’organizzazione interna degli appartamenti, fino
all’arredamento. Nell’edificio Albairone, e più ancora nei progetti successivi, Brivio ha portato all’estremo il tema del modulo.
Ed è proprio la geometria che mi preme sottolineare
in conclusione: perché Brivio la utilizza per una straordinaria riduzione ai minimi termini del vocabolario formale – agli elementi basilari dell’architettura –
fino a rendere leggibile a chiunque in che modo
l’edificio è stato ideato e di quali elementi è composto. Insomma, il riferirsi alla geometria elementare
significa utilizzare un linguaggio universale, comprensibile a tutti. Già allora, in quegli anni Cinquanta,
aveva compreso – e temuto, come poi è capitato – che
l’architettura stesse inforcando mille strade differenti
Foto e disegni archivio Paolo Fumagalli
e spesso prive di controllo. E capito che il Dopoguerra
avrebbe significato l’apertura verso l’esterno, verso il
mondo, in quella che oggi chiamiamo globalizzazione.
La lezione di Brivio agli architetti di oggi è proprio
questa.
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1. Rino e Carlo Tami, Casa d’appar tamenti Solatia a Lugano, 1955.
2. Peppo Brivio, Casa d’appar tamenti Albairone a Massagno, 1957
3. Alber to Camenzind e Bruno Brocchi, Casa d’appar tamenti
Par timco a Lugano, 1958.
4. Tita Carloni, Albergo Arizona a Lugano, 1959.
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ACCADEMIA ARCHITETTURA MENDRISIO TI
Mercedes Daguerre
Fare libri
Intervista a Tiziano Casartelli*
Mercedes Daguerre: Ormai sono vent’anni di attività editoriale della Mendrisio Academy Press. Quali sono stati gli obiettivi
iniziali della casa editrice e con quali modalità essi hanno
interessato l’attività didattica e di ricerca dell’Accademia di
architettura? Ci sono stati modelli editoriali virtuosi e innovativi a cui ispirarsi?
Tiziano Casartelli: L’attività editoriale dell’Accademia
di architettura è nata con l’Accademia stessa, nel 1996.
Anche se allora mancava ancora di una vera e propria
struttura produttiva e di un nome, la finalità era già
chiara: documentare e diffondere le tante attività della scuola, in primo luogo didattiche ma anche culturali in senso ampio. Da qui i primi titoli, riservati ai corsi
di Leonardo Benevolo e Albert Jacquard, ma anche
alle mostre dedicate a Patrick Berger, Louis Kahn,
Eduardo Souto de Moura, Le Corbusier. E ancora, alle
prime ricerche avviate dall’Archivio del Moderno sui
documenti archivistici ticinesi o sull’emigrazione in
Argentina delle maestranze locali.
Quale è oggi l’indirizzo editoriale della Mendrisio Academy Press?
Oggi queste linee-guida fondative si sono confermate
e consolidate, adeguandosi alla mutata dimensione
della scuola e alle sue nuove sfide, in particolare
nell’ambito della ricerca competitiva. Sul campus di
Mendrisio sono sorti nuovi istituti di ricerca – l’Istituto di storia e teoria dell’arte e dell’architettura, il Laboratorio Ticino, il Laboratorio di storia delle Alpi – che
alimentano con i risultati delle loro attività il catalogo
di Mendrisio Academy Press; anche l’offerta didattica
si è ampliata e diversificata, venendo a delineare sempre meglio il fine della scuola, ossia la formazione di
un architetto «generalista», che forte di una cultura
interdisciplinare sia in grado di utilizzare al meglio e
con spirito critico le sue competenze specifiche.
Come è la struttura dell’attività editoriale? L’organizzazione
del catalogo si è mantenuta costante nel corso del tempo o si è
sviluppata in funzione delle nuove esigenze?
La struttura stessa del catalogo dei libri map rispecchia la molteplicità di intenti e di obiettivi della scuola
e se ne fa memoria futura: ogni istituto di ricerca ha la
propria collana, che gestisce in autonomia; sui «Quaderni dell’Accademia», una pubblicazione periodica, i
docenti si confrontano di volta in volta su un tema
particolare (il riuso, la multidisciplinarietà, la memoria e il riferimento culturale); i «Quaderni di Cultura
del territorio» e i «Quaderni di Sistemi e processi della costruzione» raccolgono, anch’essi periodicamente,
gli esiti della didattica delle rispettive fasce disciplina-
Coper tine di libri recentemente editi
da Mendrisio Accademy Press
ri; i «Saggi» ospitano i contributi inediti dei professori
che hanno occupato una cattedra a Mendrisio (Carlo
Bertelli, Jacques Gubler, Bruno Reichlin, Kenneth
Frampton); in «Quarantotto pagine» si dà conto dei
docenti di Progettazione che sono stati invitati a insegnare in Accademia; la Galleria e la Biblioteca dell’Accademia si avvalgono delle competenze e della professionalità della casa editrice per pubblicare qui cataloghi
e documenti delle loro iniziative.
Quali sono le strategie della Mendrisio Academy Press rispetto alle complesse problematiche che si pongono al mondo
dell’editoria per rispondere alle sfide di un mercato sempre
più competitivo e globalizzato? È oggi possibile valutare le
prospettive della Mendrisio Academy Press?
Il modello che persegue la nostra casa editrice è quello, assai ambizioso, delle più accreditate University
Press, ma declinato su un singolo ambito disciplinare, quello dell’architettura, pur nell’accezione ampia
e policroma che ne dà l’Accademia di Mendrisio.
I programmi futuri di Mendrisio Academy Press discendono da quelli dell’Accademia di architettura.
Nell’immediato, le prossime uscite riguarderanno
una raccolta di fotografie di paesaggio di Gabriele
Basilico che accompagnano una mostra in Galleria,
un «Quaderno dell’Accademia» dedicato ai personalissimi «atlanti culturali» dei professori di Progettazione, un volume di saggi sul tema dell’organizzazione del lavoro nei territori alpini, la raccolta delle
conferenze tenute a Mendrisio da Salvatore Settis lo
scorso anno accademico, due studi su due eminenti
ticinesi, l’architetto Augusto Guidini (1853-1928) e il
pittore Pier Francesco Mola (1612-1666), il completa-
20
ACCADEMIA ARCHITETTURA MENDRISIO TI
mento, con gli ultimi due tomi, dell’Atlante Città Ticino, un numero dei «Quaderni di Sistemi e processi
della costruzione» dedicato all’Albergo Arizona di
Lugano di Tita Carloni, il catalogo della quinta edizione del bsi Swiss Architectural Award, premio internazionale di architettura.
Ma il futuro riguarda anche le nuove sfide tecnologiche, ovvero, in ambito editoriale, il passaggio, o meglio l’affiancamento dell’elettronica alla carta: anche
map si sta avviando su questa strada, che porterà alla
pubblicazione di alcuni suoi libri in formato digitale,
su piattaforme universitarie open access o più banalmente in formato pdf. Una prospettiva richiesta anche dal fns (che spesso sostiene la stampa dei libri
map), necessaria per dare maggiore diffusione alla
ricerca scientifica, condividerne i risultati e consolidare i legami tra le diverse comunità di studio.
* responsabile editoriale Mendrisio Academy Press
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di un tour del barocco cittadino, ma
soltanto degli edifici costruiti negli
ultimi 115 anni, che hanno segnato la
storia di una città particolarmente
attiva e fertile lungo tutto il Novecento. Lo dimostra la chiara e maneggevole guida scritta – in inglese – da
Cristiana Chiorino, Giulietta Fassino e
Laura Milan, storiche dell’architettura
che da anni portano avanti attività,
studi e ricerche sul patrimonio locale.
Il taglio da loro scelto privilegia le realizzazioni recenti: più di un terzo degli
edifici recensiti – in tutto sono 150 – è
infatti posteriore al 1995, colmando
così un vuoto editoriale e offrendo una
visita aggiornata alla città, che proprio
negli ultimi vent’anni ha costruito
moltissimo. Ciò non va a scapito del XX
secolo, anche grazie al saggio introduttivo di Michela Rosso, Associate
Professor al Politecnico di Torino, che
ripercorre la storia della città dal 1900
ai giorni nostri attraverso gli eventi più
significativi: dall’Esposizione d’arte
decorativa moderna del 1902 al contesto industriale della Fiat che costruì
il Lingotto, icona della modernità osannata da Marinetti, Le Corbusier e
tanti altri; dal razionalismo torinese
alle trasformazioni urbane durante il
Fascismo; dal Piano regionale redatto
all’alba della ricostruzione dal gruppo
di Giovanni Astengo ai grands travaux
per Italia ‘61, l’esposizione che donò
alla città il Palazzo del Lavoro di Nervi e il Palazzo a Vela; dalla riqualificazione del centro storico alla trasformazione postfordista. Si arriva fino al
nuovo millennio, con il Master Plan
dello studio Gregotti Associati (1995)
e le opere per i Giochi Olimpici invernali del 2006, che hanno rimesso in
moto la città, fino ai piani più recenti,
tra cui il concorso del 2013 per «Variante 200», masterplan di 800.000 mq
nella zona nord-est vinto da Architekten Cie. Molto utile anche la bibliografia che accompagna il saggio, per
chi volesse approfondire.
Il corpo centrale della guida presenta
16 itinerari, facili da seguire grazie a
una grafica leggibile e comodi QR code
per ogni edificio, che orientano il pellegrino qualora si perdesse. Si parte
dal centro, con un percorso che conduce dalla stazione di Porta Nuova
fino ai Murazzi del Po, incontrando tra
le altre cose la Borsa di Gabetti e
Isola con G. Raineri (1956), il nuovo
Museo Egizio (inaugurato nel 2015 con
il nuovo allestimento di Isolarchitetti),
il Teatro Regio di Mollino (1973) e la
Bottega d’Erasmo di Gabetti e Isola
(1956). Basterebbe questo per pianificare una visita alla città, ma negli
altri 15 itinerari si trovano molte altre
opere interessanti: in ordine sparso
citiamo la Fondazione Re Rebaudengo
(2002), le Officine Grandi Riparazioni
(riaperte nel 2011), la torre dei bbpr in
corso Francia (1959), la chiesa del
Santo Volto di Mario Botta (2006), la
Sala da ballo Lutrario (Carlo Mollino,
1960), il Juventus Stadium (2011), il
Palazzo di Torino Esposizioni (P.L.
Nervi, 1948-1950), il Museo Nazionale
dell’Automobile (ristrutturato da Cino
Zucchi nel 2011), la «bolla» di Renzo
Piano al Lingotto, il Reptilarium di
Enzo Venturelli (1960) ecc. Non mancano le nuove torri di Fuksas e Renzo
Piano, che tanto hanno fatto discutere, né la sede della Lavazza progettata da Cino Zucchi Architetti, ancora in
costruzione.
Da segnalare sono anche gli itinerari
extraurbani, non solo negli immediati
dintorni della città – come non visitare la Reggia di Venaria, ristrutturata
nel 2007, e almeno dare un’occhiata
agli uffici della Fata a Pianezza, di
Oscar Niemeyer e Riccardo Morandi?
– ma anche in altre zone del Piemonte.
L’ultimo si chiama infatti «Escapes» e
invita a fare qualche chilometro in più
per godere dell’architettura moderna
di Ivrea, la città della Olivetti, o della
zona delle Langhe, del Roero e del
Monferrato, patrimonio dell’Unesco
dove si produce ottimo vino ma anche
buona architettura.
Véronique Hours,
Fabien Mauduit
Architectural Guide Chile
DOM Publishers,
Berlin 2016
Jean-Marc Lamunière,
Philippe Meier
L’architecture à Genève
XXIe siècle 2000-2013
Office du patrimoine et des
sites DALE, Infolio éditions,
CH – Gollion 2015
AA.VV.
Itinerari di architettura milanese
L’architettura moderna come
descrizione della città
Fondazione dell’Ordine degli
architetti, pianificatori,
paesaggisti e conservatori della
Provincia di Milano, Milano 2015
AA.VV.
Fisionomie Lariane
Percorsi di conoscenza nel territorio
Commissione Cultura Ordine
degli architetti, pianificatori,
paesaggisti e conservatori della
Provincia di Como, NodoLibri,
Como 2015
22
2 / 2 0 1 6 A P R IL E
BELLINZONA, TERRITORIO E ARCHITETTURA
BELLINZONA, TERRITORIUM UND ARCHITEKTUR
archi RIVISTA SVIZZERA DI ARCHITETTURA, INGEGNERIA E URBANISTICA
fondata nel 1998, esce sei volte all’anno. ISSN 1422-5417 | tiratura REMP
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EDITORIALE BELLINZONA
Alberto Caruso
Bellinzona, la nuova città
Le vigenti norme edilizie e le obsolete norme di piani regolatori nati vecchi, che pure accettiamo passivamente da almeno 40 anni, sono la causa della distruzione di 4’000 anni di storia dell’architettura e di
tradizione del costruire il nostro territorio. Infatti i nostri avi avevano imparato a costruire il territorio nel
rispetto ferreo, per necessità, dell’uso parsimonioso del territorio e delle risorse. Avevano imparato a costruire
le case dove non era possibile altro: né prati, né campi, pascoli o boschi. Avevano imparato a costruire le
case una vicina all’altra attorno a spazi di scambio e di magia (luoghi molto belli e strategici), una vicina
all’altra per proteggersi dal freddo d’inverno e dal caldo d’estate, per costruire spazi, pubblici, privati e intimi nei quali identificarsi e attraverso i quali comunicare.
Renato Maginetti, 2012
Se ritagliamo virtualmente una sezione trasversale
est-ovest del territorio bellinzonese, compresa tra le
montagne che definiscono la valle del Ticino, tagliando via gli insediamenti periferici a nord e a sud rispetto alla città – verso Arbedo e verso Giubiasco – il disegno urbano di Bellinzona appare ancora chiaro e
leggibile, quasi come nelle vedute romantiche. La
montagna, l’abitato antico e compatto con i suoi spazi
pubblici, l’ordinata trama residenziale novecentesca
costruita con la stazione ferroviaria, il grande sasso di
Castelgrande, il parco costellato di edifici e spazi pubblici, il Ticino e la sua area golenale, e ancora la montagna.
Poi, la chiarezza di questo disegno – che è da tutti riconoscibile e ha formato e consolidato l’immaginario
degli abitanti e dei viaggiatori – si perde nella città
nuova che si è espansa a nord e a sud.
I lavori di ricerca che presentiamo in questo numero
di Archi (elaborati dal Laboratorio Ticino dell’aam e
dal Seminario di Monte Carasso) sono dedicati alla
città nuova – quella costruita in tempi più recenti – con
l’obiettivo di progettare nuovi spazi pubblici, cassando
previsioni pianificatorie espansive, e nuove densità capaci di introdurre ordine e regole insediative. Il fine
che accomuna le ricerche è di introdurre nei territori
della città diffusa un livello di chiarezza e riconoscibilità paragonabile a quello dell’area centrale della città.
La sfida è di intervenire nella città nuova perché la
sua forma tenda a quella razionale «necessità» che
Renato Maginetti, lucido analista del territorio ticinese, considera propria della cultura insediativa
precedente la fase espansiva, contraddistinta invece dallo spreco di risorse e dalla speculazione.
Come ha più volte affermato Aurelio Galfetti, la chiave è il nuovo spazio pubblico. Esso deve rappresentare la cultura contemporanea e non può imitare le
forme degli spazi ereditati dalla storia. Lo spazio pubblico deve essere aperto e inclusivo, per costituire il
caposaldo della città nuova.
L’interesse principale di queste ricerche consiste proprio nel carattere dei campioni di territorio esaminati: si tratta sempre di progetti di trasformazione del
territorio già costruito. È questo dato che differenzia
essenzialmente questi studi dalle pratiche pianificatorie azzonative tradizionali – responsabili degli effetti territoriali più disordinati – che si sono esercitate
soprattutto nella previsione di nuovi insediamenti.
Questi studi hanno prodotto progetti di organizzazione dello spazio, non di mera distribuzione di quantità
insediative. Considerazioni queste che dimostrano, se
ancora ce ne fosse bisogno, che la formazione degli
strumenti pianificatori non può prescindere dal contributo fondamentale della cultura e delle competenze dell’urbanistica, intesa come disciplina del progetto architettonico a grande scala.
Queste ricerche stanno coltivando il terreno intermedio tra il piano e il progetto e stanno sperimentando
i modi per ripensare gli strumenti di governo del territorio, destinati a sostituire i vecchi canoni della pianificazione azzonativa. La politica deve guardarli con
interesse e tenerne conto, se intende realizzare pienamente l’uso parsimonioso del suolo previsto dalla legislazione federale.
I progetti di architettura di maggiore dimensione, tra
quelli che di seguito pubblichiamo, partecipano alla
tensione della ricerca urbanistica di cui abbiamo accennato e la interpretano con coerenza. Il progetto irb del gruppo Galfetti completa la dotazione di
grandi edifici pubblici del parco urbano. La nuova
sede del Dipartimento del territorio (di Sabina Snozzi
Groisman, Gustavo Groisman e Luigi Snozzi) e la
nuova sede amministrativa di aet (di Lucas Meyer,
Ira Piattini + Francesco Fallavollita) svolgono con autorevolezza il ruolo proprio degli edifici pubblici, di
diventare forti punti di riferimento nella trama urbana, favoriti dalla situazione che, collocandoli ai due
estremi dell’asse stradale che collegherà la città alla
nuova uscita dell’autostrada, li fa dialogare a distanza. Gli edifici residenziali di Giorgio Grasso e Massimo Giordani articolano invece interessanti spazi residenziali, diversi dai modi insediativi più frequentati
in Ticino, e compatibili con le strategie descritte.
25
EDITORIALE BELLINZONA
Alberto Caruso
Bellinzona, die neue Stadt
Das gültige Baurecht und die bereits alt entstandenen und heute veralteten Bestimmungen
der Nutzungspläne, die wir seit 40 Jahren passiv hinnehmen, sind der Grund für die Zerstörung von 4’000 Jahren Architekturgeschichte und Bautradition in unserer Region. Unsere
Vorfahren hatten aufgrund der Notwendigkeit gelernt, sparsam zu bauen und sparsam mit
den Landressourcen umzugehen. Sie hatten gelernt, Häuser dort zu bauen, wo keine andere
Bewirtschaftung möglich war, weder durch Wiesen noch durch Felder oder Wälder. Sie hatten
gelernt, Häuser nah aneinander und nah an den Orten für Austausch und Magie (sehr schöne
und strategische Orte) zu bauen. Die Häuser standen zum Schutz vor Kälte im Winter und vor
Hitze im Sommer nah aneinander und bildeten so öffentliche, private und intime Räume, mit
denen die Menschen sich identifizieren und in denen sie kommunizieren konnten.
Renato Maginetti, 2012
Wenn man virtuell einen Ost-West-Querschnitt durch das
Gebiet von Bellinzona einschliesslich der Berge um das Tessintal vornimmt und dabei die im Norden und Süden der
Stadt gelegenen Siedlungen Richtung Arbedo und Giubiasco
herausschneidet, dann erscheint die urbane Struktur von
Bellinzona klar und gut verständlich, fast wie in romantischen Veduten. Die Berge, das alte und kompakte Siedlungszentrum mit seinen öffentlichen Räumen, die geordnete
Wohnstruktur aus dem 20. Jahrhundert mit dem Bahnhof,
der grosse Felsen von Castelgrande, der von Gebäuden und
öffentlichen Räumen umgebene Park, der Tessin und seine
Flussauen und erneut die Berge.
Die Klarheit dieser Zeichnung, die von allen erkennbar ist
und die Bilder im Kopf von Bewohnern und Besuchern beeinflusst und gefestigt hat, geht in der neuen, im Norden
und im Süden entstandenen Stadt verloren.
Die Forschungsarbeiten, die wir in diesem Archi-Heft vorstellen (verfasst von dem Laboratorio Ticino der aam und dem
Seminar von Monte Carasso) befassen sich mit der neuen, in
jüngerer Zeit gebauten Stadt. Ihr Ziel ist die Planung neuer
öffentlicher Räume unter Korrektur expansiver Planungsprognosen sowie die Neuverdichtung zur Einführung von
Ordnung und Siedlungsregeln. Die übergeordnete Zielsetzung dieser Untersuchungen liegt darin, den zersiedelten Gebieten eine ähnliche Klarheit und Wiedererkennbarkeit zu
verleihen, wie sie das Stadtzentrum besitzt.
Die Herausforderung liegt darin, so auf die neue Stadt einzuwirken, dass ihre Form sich der rationalen «Notwendigkeit» anpasst, die der aufmerksame Beobachter des Tessins
Renato Maginetti als charakteristische Eigenschaft der hiesigen Siedlungskultur vor der expansiven, von Ressourcenverschwendung und Spekulation geprägten Phase ansieht.
Wie Aurelio Galfetti immer wieder betont hat, liegt der
Schlüssel in dem neuen öffentlichen Raum. Er muss die Kultur der Gegenwart widerspiegeln und darf nicht die Formen
der geschichtlich überlieferten Räume nachahmen. Der öffentliche Raum muss offen und inklusiv sein, um den Angelpunkt der neuen Stadt zu verkörpern.
Die Studien konzentrieren sich auf den Charakter der untersuchten Gebiete, denn es handelt sich immer um Projekte zur
Entwicklung des bereits bebauten Territoriums. Dies unterscheidet sie von der herkömmlichen, zonenbezogenen Raumplanungspraxis, die für die schlimmsten Zersiedelungseffekte
verantwortlich ist und sich in erster Linie auf die Auswei-
sung neuer Siedlungen beschränkt hat. Die Studien haben
dagegen räumliche Konzepte hervorgebracht, die sich nicht
auf eine reine Verteilung von Siedlungsflächenmengen beschränken. Diese Überlegungen zeigen, falls das noch nötig
wäre, dass Planungsinstrumente nicht ohne den wichtigen
Beitrag der Kultur und der Kompetenzen des Städtebaus im
Sinne der Disziplin des Architekturprojekts im grossen Maßßstab erarbeitet werden können.
Die Studien machen das Terrain zwischen Plan und Projekt
fruchtbar und experimentieren mit Möglichkeiten zur Revision der Raumordnungsinstrumente, die die alten Regeln der
Planung nach Zonen ersetzen werden. Die Politik muss sich
dafür interessieren und sie berücksichtigen, wenn sie die
von der Bundesgesetzgebung vorgeschriebene sparsame Bodennutzung in vollem Masse umsetzen möchte.
Die grösseren Architekturprojekte unter denjenigen, die wir
in diesem Heft veröffentlichen, sind ein Beitrag zu der oben
genannten Tendenz zur höheren städtebaulichen Qualität
und bieten kohärente Umsetzungen. Durch das irb-Projekt der Galfetti-Gruppe entsteht ein neues grosses öffentliches Gebäude im Stadtpark. Der neue Standort des Departements für das Territorium (von Sabina Snozzi Groisman,
Gustavo Groisman und Luigi Snozzi) und der neue
aet -Verwaltungssitz (von Lucas Meyer, Ira Piattini und
Francesco Fallavollita) nehmen ihre Rolle als öffentliche Gebäude selbstbewusst wahr. Sie bilden starke Bezugspunkte im
städtischen Beziehungsgeflecht. Ihre Position an zwei Enden
der Strasse, die die Stadt mit der neuen Autobahnausfahrt
verbindet, ermöglicht ihren Dialog aus der Ferne. Die Wohngebäude von Giorgio Grasso und Massimo Giordani bilden
dagegen interessante Wohnräume, die sich von den traditionellen Siedlungsformen des Tessins unterscheiden und
mit den beschriebenen Strategien vereinbar sind.
26
BELLINZONA
Michele Arnaboldi*
Spazi bellinzonesi
Progetti del Laboratorio Ticino dell’AAM
L’architetto, attraverso il progetto di spazio, ... esprime anche
la sua visione del mondo, della società, dell’uomo. ... L’architetto lavora pensando soprattutto ai vuoti e ai pieni per plasmarli e destinarli a favorire una migliore condizione di vita
dell’uomo nel senso più generale delle parole.
Migliorare lo spazio di vita dell’uomo, non c’è altro senso nel
costruire.1
A. Galfetti
Il Laboratorio Ticino, struttura di ricerca dell’Accademia di architettura (www.arc.usi.ch/it/labti), svolge
prevalentemente attività sui temi della progettazione
territoriale. Al suo interno sono stati fino a ora prodotti diversi studi sul Bellinzonese. Presentiamo tre
approfondimenti che sono stati elaborati tra il 2014 e
il 2015 in ambiti distinti: 1) il diploma dell’Accademia
del 2014 (Lo spazio pubblico nella «Città Ticino»); 2) lo
studio Comparto Saleggi su mandato congiunto dei comuni di Giubiasco e Bellinzona; 3) la ricerca Dal disegno alla realtà – densificazione qualitativa localizzata sul
futuro dell’area delle Ferriere Cattaneo (mandato congiunto fnsnf, comuni Giubiasco e Bellinzona, Ferriere Cattaneo). I tre momenti di riflessione sono tra
loro collegati e si influenzano reciprocamente. I lavori di progetto urbanistico, e in particolare quello sul
comparto delle Ferriere Cattaneo esemplificano la
metodologia che utilizziamo. La lettura paesaggistica
e il progetto dello spazio sono le basi per aggiornare
le regole codificate nel piano regolatore. Il progetto è
servito in un primo tempo come strumento di indagine e riflessione, i risultati sono stati condivisi e recepiti dal Piano Regolatore.
Il Diploma 2014 Lo spazio pubblico nella «Città Ticino»
ha rappresentato la fase conclusiva dell’omonimo
progetto di ricerca finanziato dal Fondo Nazionale
nell’ambito del programma pnr 65 Nuova qualità urbana (www.pnr65.ch). La ricerca si è concentrata sulle
aree di fondovalle del Ticino nelle quali la pressione edilizia e lo sfruttamento del suolo sono più intensi rendendo più urgenti e necessari gli interventi
volti a migliorare la qualità dello spazio costruito.
Nella lettura del territorio si è prestato particolare attenzione a due ambiti e alle loro reciproche relazioni:
il territorio interpretato dal punto di vista morfologico/geografico e il territorio analizzato dal punto di
vista della rete della mobilità e degli spazi pubblici
nella loro accezione più ampia. Questa chiave di lettura non esclude le altre componenti legate alle discipline dello spazio ma pone l’accento su un’interpretazione più finalizzata alla risposta progettuale con
1.
2.
1. Modello territoriale. Fonte A AM-USI
2. Foto aerea con evidenziato l’asse del fiume Ticino. Foto Bruno
Pellandini, elaborazione grafica Laboratorio Ticino-USI
l’intento di migliorare la qualità degli spazi pubblici.
Per il territorio del Bellinzonese viene evidenziato il
valore degli spazi che si articolano attorno all’asse del
fiume Ticino. La pianificazione attuale pone delle
basi eccezionalmente favorevoli allo sviluppo di questa visione strategica in quanto nei singoli piani regolatori numerose aree lungo il fiume Ticino vengono
già definite come aree pubbliche.
Vengono individuati cinque nodi (denominati parchi) ritenuti particolarmente significativi: 1) il Parco
industriale e stadio, «Porta nord» del bellinzonese, la
zona industriale di Castione-Arbedo che costituisce
un’area rilevante sia per la vicinanza al fiume Ticino
che per la presenza della stazione tilo. È allo studio
un progetto per il riordino e lo sviluppo dell’area industriale e di uno stadio con altre infrastrutture pubbliche; 2) il Parco residenziale, comparto Prato Carasso
27
BELLINZONA
3.
che ha visto un progetto che non si è concretizzato a
causa di un iter reso difficile da ricorsi. Nonostante
ciò l’area rimane particolarmente interessante dal
punto di vista residenziale da pianificare e progettare
in maniera coordinata; 3) il Parco della ricerca, in prossimità della zona più centrale di Bellinzona, delle infrastrutture scolastiche e del lido, quest’area vedrà lo
sviluppo dell’Istituto di Ricerca in Biomedicina irb;
si costituirà come un vero e proprio parco pubblico
legato ai temi della ricerca; 4) il Parco dell’ospedale (la
Saleggina), con lo sviluppo di un’infrastruttura pubblica come l’ospedale, si inserisce come un «tassello»
fondamentale nella strategia di parchi pubblici lungo
il Fiume Ticino; 5) il Parco del Piano di Magadino (pdm)
che comprende lo spazio agricolo e naturalistico (inclusa la zona palustre d’importanza nazionale) che si
estende lungo il tracciato del fiume Ticino per una
lunghezza di quasi 11 km e una larghezza media di
circa 2 e costituisce il grande spazio di collegamento
tra il Bellinzonese e il Locarnese.
Per quanto riguarda il nodo della Saleggina (Parco
dell’ospedale), il Laboratorio Ticino ha avuto modo
di elaborare uno studio specifico su richiesta dei Comuni di Bellinzona e Giubiasco. L’obiettivo dello studio era quello di valutare l’ipotesi della costruzione
di una nuova struttura ospedaliera nell’ampia area
verde oggi adibita a poligono di tiro militare, nota
come Saleggina. Il progetto si pone l’obiettivo di evidenziare vantaggi, potenzialità e possibili conflitti di
una tale infrastruttura pubblica con particolare attenzione alla qualità dello spazio pubblico, alla mobilità e alle tipologie degli ospedali più contemporanei.
L’ospedale è una struttura in permanente evoluzione
a causa degli sviluppi della disciplina. Il comparto è
particolarmente adeguato a ospitare un ospedale in
quanto permette la creazione di un primo insediamento in grado di svilupparsi nel tempo.
Il progetto del nuovo ospedale si inserisce nel comparto Saleggi definendo gli accessi. Si accede alla
struttura direttamente dalla strada cantonale attraverso un nuovo asse urbano che definisce il limite
dello sviluppo residenziale e al tempo stesso diventa il
collegamento diretto con il fiume Ticino. L’edificio,
sviluppato in lunghezza, è completamente immerso
nell’area verde e sottolinea la relazione spaziale con il
fiume. Il progetto mostra anche la possibilità di sviluppo di una nuova fermata tilo. L’accessibilità pubblica diretta è un potenziale del comparto Saleggi
che avvalla l’ipotesi di realizzare qui un’infrastruttura pubblica di grandi dimensioni e importanza. Il
28
BELLINZONA
4.-5.
progetto dimostra infatti come il nuovo ospedale possa essere inserito nel comparto preservando ampie
aree verdi, allo scopo di mantenere il valore pubblico
del luogo e garantendo delle aree di «riserva» per gli
sviluppi futuri dell’ospedale. Sono stati elaborati degli schemi che mostrano come il comparto Saleggi sia
in grado di ricevere come prima fase un nuovo ospedale (dimensioni suggerite dall’eoc: 60’000 mq) e
che possa adeguarsi con estrema flessibilità agli sviluppi della tecnologia ospedaliera. In tutte le fasi è
mantenuta un’ampia area verde pubblica e dei percorsi per lo più pedonali che collegano l’ospedale alla
rete di percorsi legati al fiume Ticino e al Parco di
Magadino. In tal senso la passerella sul Ticino, già
realizzata, che collega Monte Carasso a Bellinzona,
rinforza questa vocazione pubblica del comparto.
Per il Bellinzonese risultano essere di particolare interesse anche il comparto che ha al proprio centro la
stazione ferroviaria e l’area che ospita l’attività industriale delle Ferriere Cattaneo. La strategia della densificazione qualitativa localizzata e del riuso delle
aree industriali ha potuto essere approfondita grazie
alla ricerca Dal Progetto alla Realtà (From Design to Reality). Il progetto di ricerca si è proposto di investigare
l’integrazione di una proposta progettuale qualitati-
6.
3. Foto aerea a sud di Giubiasco. Foto Bruno Pellandini
4. Planimetria del Bellinzonese con indicazione dei 5 parchi.
Disegno Laboratorio Ticino-USI 5. Saleg gi, ospedale, planimetria. Disegno Laboratorio Ticino-USI
6. Saleg gi, ospedale, fotomontag gio. Foto Bruno Pellandini,
elaborazione grafica Laboratorio Ticino-USI
29
BELLINZONA
va e condivisa nel processo pianificatorio approfondendo le seguenti tematiche: la centralità del progetto come strumento di indagine e trasformazione;
la densificazione qualitativa localizzata come strategia urbana; la multiscalarità dello spazio pubblico
come qualità urbana; il processo partecipativo per risultati realizzabili e in tempi brevi.
7.
Si tratta di un progetto di ricerca proposto da Francesco Rizzi (architetto e ricercatore presso il Laboratorio Ticino, Accademia di architettura-usi) e
approvato dal comitato del Fondo Nazionale fnsnf
pnr 65 – New Urban Quality in occasione del concorso per giovani ricercatori pnr 65 nel 2013. La
ricerca è stata condotta con la partecipazione del
Fondo Nazionale di ricerca, del comune di Giubiasco, del pianificatore arch. Giovanni Guscetti e di
Aleardo Cattaneo per le Ferriere Cattaneo sa. Si è
posta l’obiettivo di investigare un processo partecipativo di progettazione e pianificazione su un caso
reale, assumendo come caso di studio il quartiere
stazione di Giubiasco con particolre attenzione
all’area delle Ferriere Cattaneo sa e alla visione allargata del territorio transcomunale tra Giubiasco,
Bellinzona e il fiume Ticino. Il progetto ha coinvolto attivamente attori di diversi ambiti: pubblico,
privato, tecnico-specialistico (pianificatore indicato
dal comune); scientifico (Laboratorio Ticino aam-usi).
Punto nodale della rete di mobilità pubblica cantonale, il quartiere stazione di Giubiasco è un’area attualmente destinata a funzioni industriali e residenziali.
L’area delle Ferriere Cattaneo si pone a nord della
stazione nei pressi del comparto Saleggi. Il progetto
urbanistico dell’area prende in considerazione la
qualità dei manufatti esistenti nel comparto. Alcuni
edifici industriali sono segnalati come di valore e
mantenuti.
Si definiscono zone specifiche adatte alle diverse attività in funzione della loro posizione. La zona a ridosso della linea ferroviaria accoglie le attività produttive,
mentre le aree verso il centro di Giubiasco accolgono
le funzioni più pubbliche, residenziali e amministrative. L’identità industriale dell’area costituisce un
grande potenziale. Da un’analisi dei manufatti e dal
confronto con la proprietà, i due edifici industriali
più antichi devono essere oggetto di un progetto di
riuso con funzioni da definire. Le strutture industriali, solitamente semplici, modulari e con ampie portate, risultano relativamente facili da riusare. La loro
presenza all’interno del nuovo quartiere mantiene viva la memoria e lo spirito dell’area. La zona verso l’area residenziale (viale 1814) è concepita come
una area mista che può accogliere diverse funzioni. A
ridosso dell’ex centro Swisscom, attualmente adibito
a centro scolastico (prossimamente con 1’200 studenti), è ipotizzato un centro congressi/alberghiero che
8.
parzialmente può utilizzare gli spazi degli edifici
mantenuti delle Ferriere Cattaneo sa.
Il piano degli azzonamenti di progetto intende mostrare una possibile strategia di pianificazione del
comparto. Vengono indicate le aree che lo strutturano a partire dai percorsi di interesse pubblico. Il progetto urbanistico evidenzia il potenziale di sviluppo
del quartiere Ferriere Cattaneo e ne delinea una possibile strategia di densificazione qualitativa. Un pro-
30
BELLINZONA
7.
8.
9.
9.
getto unitario del quartiere è necessario per valorizzare l’ampia dimensione dei fondi e massimizzare la
densità qualitativa. Il disegno dei percorsi e degli spazi pubblici crea identità urbana e l’introduzione di
funzioni miste fa «vivere» il quartiere in tutte le ore
della giornata, accrescendo l’intensità degli usi urbani. L’introduzione di funzioni pubbliche (quali un
centro congressuale) conferisce riconoscibilità e identità al quartiere. Viene evidenziata la necessità di un
progetto controllato dell’accessibilità veicolare prevedendo uno o più parcheggi sotterranei a servizio del
quartiere per limitare il transito delle automobili. La
stazione di Giubiasco ed eventualmente una nuova
fermata nella zona Saleggi rende il quartiere estremamente accessibile. Garantirne la permeabilità pedonale pubblica collega il quartiere con la rete di percorsi urbani esistenti facendo di questo comparto un
tassello significativo per il futuro sviluppo della nuova Bellinzona.
* architetto, professore di progettazione presso l’Accademia
di architettura, direttore del Laboratorio Ticino.
Ferriere Cat taneo, planimetria proget to.
Disegno Laboratorio Ticino - USI
Ferriere Cat taneo, foto modello. Fonte A AM-USI
Ferriere Cat taneo, nuovo pr che traduce le proposte
proget tuali planivolumetriche. Disegno Laboratorio
Ticino - USI
Note
1.A. Galfetti, Il progetto dello spazio, conferenza all’Accademia
di architettura, 25 gennaio 2007, ora in M. Ortalli, N.
Ossanna Cavadini (a cura di), Il progetto dello spazio,
Archivio Cattaneo, Cernobbio 2009, p. 18.
Räume in Bellinzona
In diesem Artikel werden die bisher im Rahmen des Laboratorio Ticino (www.arc.usi.ch/it/labti), einer Forschungseinrichtung der Architektur-Akademie, die sich in erster Linie mit Raumplanung befasst,
erarbeiteten Studien zu Bellinzona und Umgebung vorgestellt. Wir
stellen hier drei Studien vor, die in den Jahren 2014 und 2015 in
unterschiedlichen Bereichen entstanden sind: 1) das Diplom der Akademie 2014 (Der öffentliche Raum in der «Stadt Tessin»); 2) die Studie «Comparto Saleggi» im gemeinsamen Auftrag der Gemeinden Giubiasco und Bellinzona; 3) die Untersuchung «Von der Zeichnung zur
Realität – Qualitative Verdichtung am Standort» über die Zukunft
des Areals «Ferriere Cattaneo» (gemeinsamer Auftrag fnsnf, Gemeinden Giubiasco und Bellinzona, Ferriere Cattaneo). Die drei Untersuchungen sind miteinander verbunden und beeinflussen sich gegenseitig. Die städteplanerischen Arbeiten, insbesondere die Studie zu
dem Areal Ferriere Cattaneo, zeigen die verwendeten Methoden beispielhaft auf. Die Landschaftsanalyse und das Raumkonzept sind die
Grundlagen zur Revision der im Nutzungsplan festgeschriebenen Regeln. Das Konzept diente in der ersten Phase als Ausgangspunkt für
Untersuchungen und Überlegungen. Die Ergebnisse wurden kommuniziert und in den Nutzungsplan aufgenommen.
31
BELLINZONA
Mario Ferrari,
Michele Gaggetta,
Giacomo Guidotti,
Stefano Moor*
La nuova Bellinzona vista
dal seminario di Monte Carasso
Visione per una pianificazione territoriale aggregata
Il Seminario Internazionale di Progettazione di Monte Carasso, da oltre vent’anni parte integrante del
processo pianificatorio avviato da Luigi Snozzi nel
1979 per l’omonimo Comune, si svolge annualmente
sotto forma di atelier di progettazione della durata di
due settimane. Negli anni, sotto la guida dell’architetto Snozzi e grazie alla costante collaborazione dei docenti, i partecipanti al Seminario hanno indagato
temi d’interesse per lo sviluppo di Monte Carasso,
avvalendosi anche del prezioso contributo di architetti ed esperti esterni. Nelle ultime tre edizioni il Seminario ha aperto la propria analisi al territorio di cui
Monte Carasso è parte, e ha scelto di affrontare un
tema di stringente attualità quale il progetto di aggregazione dei comuni del Bellinzonese.
Gli importanti e repentini cambiamenti socio-economici che hanno interessato questa regione dal secondo dopoguerra hanno avviato uno sviluppo che, in
assenza di una pianificazione unitaria, si è presto rivelato caotico. Agli inizi degli anni Settanta l’evidenza di questa criticità ha portato all’introduzione di
un decreto federale, che aveva l’obiettivo di disciplinare questa crescita, sottraendola agli impulsi della
speculazione immobiliare. Per quanto lodevole nelle
sue premesse, questo tentativo ha commesso il grave
errore di affidare ai singoli comuni il disegno della
propria porzione di territorio, senza un necessario
coordinamento tra gli stessi: lo sviluppo disordinato
che si voleva arrestare è stato di fatto soppiantato da
una crescita altrettanto casuale, legata a interessi
campanilistici. Lo scenario attuale, erede di queste
dinamiche, si manifesta oggi in un tessuto urbano destrutturato, che fatica a soddisfare le attuali esigenze
di corretto impiego e razionalizzazione delle risorse.
L’esempio di Monte Carasso
La ricerca di Luigi Snozzi si è negli anni caratterizzata per un preciso approccio al progetto urbano: l’attenzione di ogni pianificazione deve rivolgersi all’attenta lettura della struttura del luogo e a un impiego
ragionato e qualitativo delle risorse territoriali. Tali
principi, nel caso specifico di Monte Carasso, hanno
ispirato il ridisegno del centro del villaggio e l’adozione di uno strumento urbanistico che ha reso possibile aumentare con oculatezza la densità edilizia.
Lungi dal voler esportare acriticamente un «modello
Monte Carasso» che, come si è già detto, ha nell’individuazione di un genius loci un imprescindibile presupposto, il Seminario ha voluto cogliere l’occasione
di un’aggregazione politico-amministrativa in atto
per cercare di dotarla di un preciso progetto territo-
1.
1. Vista aerea del bellinzonese. Foto Stefano Guerra
riale. L’operato di Snozzi, riconosciuto a livello internazionale, ha in quest’ottica non il valore di prontuario di ricette urbane, ma quello di riferimento
culturale complesso: il suo richiamo a un’interpretazione della struttura urbana può tradursi nella capacità di affrontare questo progetto di aggregazione
con attenzione alle potenzialità dei singoli comuni
senza però perdere una visione generale.
L’impostazione del lavoro
Nel XX Seminario Internazionale di Progettazione il
lavoro dei partecipanti è stato finalizzato all’obiettivo
di verificare la plausibilità delle premesse poste e tastare lo stato del territorio interessato. Il lavoro di sintesi condotto ha pienamente confermato l’urgenza di
approfittare dell’occasione offerta dal processo aggregativo per portare a termine un’azione di riordino
del territorio, attenta all’insieme e al contempo rispettosa delle singole individualità. A conclusione
delle due settimane di atelier questa ipotesi operativa
si è materializzata in un masterplan che si regge su sei
assunti-guida.
32
BELLINZONA
2. Inquadramento generale. Elaborazione grafica
degli autori
1. Le montagne rappresentano i limiti longitudinali
della nuova Bellinzona; essi forniscono una prima
fondamentale definizione spaziale a questa nuova
entità politico-amministrativa. Questi «parchi verticali», la cui specifica tutela richiederebbe un coordinamento regionale dei piani del paesaggio,
offrono alla nuova Bellinzona la possibilità di una
relazione privilegiata con il verde e costituiscono
un importante traguardo visivo, un potente strumento di orientamento urbano.
2. La fascia golenale, compresa tra le due dighe insommergibili del fiume Ticino, ha la potenzialità di diventare un parco strutturante per l’intera regione. L’intangibilità di queste aree, legata
alla loro funzione idraulica di protezione contro
le inondazioni, ha fatto sì che esse giungessero
integre fino ai nostri giorni. Queste aree fluviali
sembrerebbero essere l’unico elemento davvero
ricorrente nei territori comunali del comprensorio e pertanto hanno la capacità di divenire la
colonna vertebrale della futura grande città.
3.Considerata l’acritica tendenza a un’espansione
senza controllo lungo tutto il fondovalle, la nuova Bellinzona necessita della definizione di chiari
limiti trasversali che la contengano. Questi limiti
fungono da «porte» in corrispondenza dell’imbocco delle tre vallate che confluiscono nel Bellinzonese, fornendo un ordine e una struttura a questi
luoghi. La città, così ridefinita, si estende dall’imbocco delle valli Riviera e Mesolcina a nord fino
all’affaccio sul piano di Magadino a sud.
4. Entro i suddetti limiti è contenuta la città tutta, che
ha nel tessuto consolidato di Bellinzona il suo centro. In parallelo, le aree già urbanizzate andranno
sottoposte a una densificazione mirata e quelle di
riserva dovranno diventare oggetto di un approfondimento che tenga attentamente in conto esigenze
e necessità future. All’interno dei singoli tessuti urbani, aree a verde, esterne al parco fluviale, forniranno l’occasione per qualificare tanto i quartieri
esistenti quanto i nuovi e strutturare l’edificato.
2.
Parco fluviale
Monumenti d’impor tanza territoriale
Zona protezione monumentale
Zone nucleo
Zone urbanizzate da densificare
Zone di riser va da pianificare
Zone di riuso in relazione rete ferroviaria
Por te / finali della cit tà
Parco agricolo
Parco urbano
Quar tieri fuori por ta
5.Tutti i comuni esterni alla porzione di territorio
sopra definita potranno comunque appartenere
giuridicamente e amministrativamente alla nuova
città, ma non spazialmente. Per questi comuni si
auspica una nuova e radicale pianificazione finalizzata a preservare la loro identità spaziale di comuni isolati gli uni dagli altri, posti sui coni di deiezione ai piedi della montagna.
6.La visione di una pianificazione aggregata, così
come proposta dal lavoro del Seminario, per funzionare non può prescindere da una significativa
riduzione delle aree edificabili esterne ai confini
proposti per la nuova grande Bellinzona.
3.
3. Varianti di proget to elaborate nel corso del seminario. Elaborazione grafica degli autori
33
BELLINZONA
La verifica progettuale
Formulati i sei principi-guida, le attività delle edizioni
XXI e XXII del Seminario hanno calato nuovamente
le ipotesi formulate nella realtà concreta del territorio, stimolando i partecipanti a confrontarsi in modo
attivo con alcune aree scelte. Nel 2014 si è affrontata
l’area del quartiere Semine, oggigiorno uno dei più
popolati di Bellinzona e per anni oggetto di una speculazione edilizia disordinata. Nel 2015 l’approfondimento ha invece interessato il quartiere di Pratocarasso, area situata tra Bellinzona e Arbedo la cui
pianificazione controversa ha dato adito a diversi dibattiti. Il confronto con queste aree ha prospettato la
possibilità di verificare e, se necessario, migliorare le
ipotesi contenute nel masterplan iniziale. L’azione
progettuale dei partecipanti è dunque stata orientata
a una relazione dialettica con ciò che si era prodotto
nel lavoro collettivo del 2013, riassunto nel piano generale. Così, ad esempio, l’iniziale previsione di due
«porte» a nord (una verso la valle Riviera e una verso
la valle Mesolcina) si è in seguito riassunta in una
sola: la confluenza delle due valli di Arbedo e di Gorduno ha già naturalmente la forza iconica di «porta».
Ancora, l’indagine seminariale del 2014 ha chiarito
l’importanza di interrompere il preminente sviluppo
lineare lungo la strada cantonale introducendo una
rete di spazi urbani trasversali, così da ricucire il rapporto tra i tessuti e lo spazio golenale e quindi tra le
due sponde della valle. Nell’ambito di questa verifica
progettuale si è anche meglio palesato il ruolo che, in
questa ipotesi, può avere il fiume: quale elemento dotato di un suo chiaro progetto e di una precisa funzionalità, si ritiene che il Ticino debba sì essere l’elemento che unifica l’intera regione, restando però
un’infrastruttura dotata di una propria specifica logica. La previsione di percorsi orientati verso il fiume o
di passerelle pedonali, che scandiscono il passo e ne
collegano le sponde, è in quest’ottica un tentativo di
mettere il fiume e il suo parco fluviale in relazione con
i diversi tessuti edilizi preservandone l’autonomia.
È opportuno sottolineare come questa disponibilità
del piano a essere rimesso in discussione sia ritenuta
una prerogativa di estrema importanza. Sulla scorta
dell’esperienza maturata da Snozzi a Monte Carasso,
sarebbe ingenuo credere di poter ridurre una tale
complessità territoriale a un’enumerazione statica di
principi. Se quest’esperienza avesse un seguito operativo, l’intenzione sarebbe proprio quella di coordinare un processo di pianificazione, con delle linee guida
chiare ma aperte a tutta una serie di approfondimenti
che la fase di concertazione porta con sé.
Una sfida da cogliere
Sul finire dell’Ottocento l’opera di arginatura del fiume Ticino consentì di raccogliere le sue acque in un
unico canale obbligato. Quest’atto, annoverato tra
i momenti cardine del processo di modernizzazione
del Cantone, permise la bonifica dell’area con immediate conseguenze per l’agricoltura e per la salubrità
generale e chiarificò un assetto del territorio visibile
ancora oggi. Con la metafora fluviale, il processo di
aggregazione per una nuova grande Bellinzona potrebbe dare l’opportunità di canalizzare le risorse
economiche, politiche e sociali di questa regione verso una nuova visione di pianificazione territoriale
condivisa. Alla luce del lavoro svolto nel corso di questi tre ultimi Seminari, l’adempimento di questo compito è ritenuto di cruciale importanza. Soltanto se si
sapranno cogliere queste potenzialità territoriali e
spaziali la trasformazione potrà diventare una tappa
fondamentale per lo sviluppo di questa regione. L’auspicio è che i soggetti coinvolti – progettisti, mondo
economico e mondo politico – sappiano affrontare la
sfida proposta. Fino a oggi i momenti di concertazione avuti sono stati accompagnati da manifestazioni
d’interesse, mai approdate però ad azioni concrete. I tempi sembrano maturi perché anche il Canton
Ticino, in linea con quanto già sta accadendo in altre
realtà svizzere d’avanguardia, inizi a rendere più fruttuosa la collaborazione tra i citati attori, a beneficio
di un progetto territoriale efficace e controllato.
Come in una fotografia d’archivio che ritrae un
uomo osservare con compiacimento la sua opera di
canalizzazione del fiume, l’augurio è che uno sforzo
condiviso possa presto dare nuova linfa allo sviluppo
di questo territorio e divenire futuro motivo d’orgoglio per la comunità tutta.
* architetti, docenti al Seminario Internazionale
di Progettazione di Monte Carasso
Per mag giori info
www.montecarasso.ch/seminario_di_proget tazione
Das neue Bellinzona aus der Sicht des Seminars
von Monte Carasso
Das internationale Planungsseminar in Monte Carasso findet jedes
Jahr in der Form eines zweiwöchigen Planungsworkshops statt. In den
letzten drei Jahren stand das Aggregationsprojekt der Gemeinden im
Umland von Bellinzona auf dem Programm. Es wurde ein Masterplan
erarbeitet, der auf sechs Leitannahmen beruht: 1.) Die Berge bilden die
Grenzen des neuen Bellinzona in Längsrichtung; 2.) Die Flussauen
könnten zu einem Park werden, der die gesamte Region strukturiert; 3.)
Die Grenzen in Querrichtung, die als «Tore» dienen, müssen klar festgelegt werden; 4.) Die Stadt liegt innerhalb dieser Grenzen; ihr Zentrum ist das traditionelle städtische Gewebe von Bellinzona, die bereits
urbanisierten Gebiete werden gezielt verdichtet; im Hinblick auf die
Reservegebiete erfolgt eine vertiefende Analyse unter Berücksichtigung
der zukünftigen Erfordernisse und Notwendigkeiten; 5.) Alle ausserhalb liegenden Gemeinden gehören der Stadt in räumlicher Hinsicht
nicht an; wünschenswert ist eine neue und radikale Planung zur Erhaltung der räumlichen Identität; 6.) Die aggregierte Planung muss
eine erhebliche Reduzierung der Bauzonen ausserhalb der für das neue
grosse Bellinzona vorgeschlagenen Grenzen vorsehen.
34
BELLINZONA
Paolo Fumagalli
Bellinzona, la stazione e il suo viale
Dall’antico borgo a città: la stazione
ferroviaria e il suo viale
La forma iniziale di una città può avere delle origini
diverse, disegnata a tavolino secondo regole geometriche, oppure per crescita lungo un asse di transito o
il percorso di un fiume, o ancora per essersi arroccata ai piedi di una fortezza, di un castello. Ma poi, lungo i secoli, queste città evolvono e crescono con il mutare di ciò che le ha determinate e si trasformano poi
al loro interno o verso l’esterno al momento in cui
vengono creati dei nuovi fulcri d’attrazione, dei poli
che per la loro importanza nella vita della città stessa
sono come una calamita quando attira la polvere del
ferro.
In un quadro del 1870 Bellinzona è rappresentata da
nord, e con grande evidenza si scorge la piatta e vasta
area dove scorre sinuoso il fiume Ticino, al centro il
colle roccioso e le mura e le torri di Castelgrande,
con arroccato ai suoi piedi il nucleo di case del borgo.
Il resto è il vuoto della campagna, con le poche eccezioni di isolati edifici, come la chiesa di San Giovanni
Battista e la Caserma (1857). È questa la Bellinzona di
allora, quando le ferrovie costruirono nel 1874 la stazione, primo polo e prima tappa della nuova infrastruttura ferroviaria: il tratto da Biasca a Bellinzona
fino a Locarno fu inaugurato nel dicembre 1874, così
come del resto nella stessa data, il 6 dicembre, fu
aperto il tratto da Lugano a Chiasso. Sono queste le
prime tratte in terra ticinese della linea ferroviaria
che da Lucerna porta i viaggiatori a Milano, e che
sarà completata con la costruzione della galleria del
Gottardo nel 1882: inaugurata il 12 dicembre.
Poco dopo la sua inaugurazione, la nuova stazione di
Bellinzona è rappresentata in una fotografia ripresa
dalla stessa angolazione di quel quadro del 1870: tutta sola, isolata nella campagna a nord del borgo, posta su un piatto terrapieno a contenere i pochi binari
ferroviari. E sarà proprio questa isola creata dalla
nuova tecnologia dei trasporti che sarà la calamita
per la successiva crescita del borgo. Oltretutto la
Bellinzona di quegli ultimi decenni dell’Ottocento
stava cambiando la sua funzione nel contesto cantonale, dapprima quale sede del governo alternandosi
con Lugano e Locarno, e poi quale capitale definitiva
del Cantone Ticino. Così, la strada in terra battuta
costruita tra il 1873 e il 1875 a collegare la stazione
con il nucleo delle antiche case del borgo diverrà il
viale Stazione, un asse spaziale preciso quale lunga
direttrice tra l’antico e il nuovo. Ancora oggi è uno
degli spazi urbani che maggiormente qualificano e
caratterizzano Bellinzona. E non sono poi molte, va
1.
2.
1. Bellinzona, Bigliet to di auguri 1870.
Fonte archivio S. Milan
2. La stazione di Bellinzona appena terminata, 1874.
Fonte archivio Cit tadini per il territorio, Massagno
detto, le città in cui la stazione ha svolto un ruolo così
decisivo e preciso nel disegno urbano.
Un viale disegnato
Ma attenzione, la qualità urbana di viale Stazione
non è casuale, ma voluta e disegnata con cura: nel
1875 furono piantati due filari di alberi (poi tagliati
nel 1928), mentre – addirittura – nel 1876 fu istituita
una Commissione comunale dell’edilizia allo scopo
di controllare il carattere unitario delle nuove costruzioni. Sorsero allora, oltre a qualche villa signorile, i
35
BELLINZONA
primi alberghi e palazzi per appartamenti e uffici e
negozi, alcuni disegnati da architetti come Adolfo
Brunel, Giuseppe Bordonzotti, Paolo Zanini, Ferdinando Bernasconi.
Lo sviluppo dei traffici ferroviari comportò poi la creazione di importanti strutture e nuovi quartieri. Tra il
1886 e il 1890 vengono costruite le Officine di riparazione delle ferrovie del Gottardo, una struttura a carattere industriale che occupa una vasta area a
nord e che costituisce un’importante attività a carattere industriale. Non solo, ma per dare un’abitazione
ai molti operai che svolgono il lavoro nelle officine e
nella ferrovia, molti dei quali provenienti dalla Svizzera tedesca, viene creato il Quartiere Nuovo di San
Giovanni. In seguito, sarà la stazione stessa a conoscere ulteriori ampliamenti: all’edificio viaggiatori originario, i cui lavori di completamento si terminarono
nel 1901, poi fu aggiunto nel 1905 un edificio di servizio ferroviario, mentre nel 1928 i due volumi architettonici sono collegati tra loro da un frontone con colonne e timpano e un atrio coperto all’interno.
Sono decenni decisivi quindi per lo sviluppo della città,
cui fa da corollario oltretutto la correzione del fiume
Ticino, i cui lavori iniziano nel 1888 e durano decenni.
Ferrovia e stazione si trasformano
A ben oltre 100 anni da allora, il viale della Stazione è
uno spazio che ha conservato intatte le sue qualità,
nonostante le molte trasformazioni architettoniche
degli edifici che si allineano lungo il suo percorso. È
la forza che può avere uno spazio urbano qualificato.
Non solo, ma ogni intervento e ogni progetto sulla
città non può che prescindere da quest’asse urbano,
vero e proprio punto di riferimento assieme, ovviamente, alla forte presenza dei tre castelli.
Ecco allora che quanto oggi stanno svolgendo le ffs
con la ristrutturazione e l’ampliamento della stazione
per accogliere traffico e passeggeri della nuova linea
ad alta velocità Alptransit sono fondamentali. Di certo fondamentali per la qualità architettonica del nuovo edificio e la sua integrazione a quello antico, ma
anche per realizzare – almeno si spera – ciò che ancora manca al viale: una sua conclusione spaziale, una
«piazza stazione» che mai fu creata. Il viale avrebbe
allora due poli spaziali ai suoi estremi: da quello delle
sue origini, là dove la ferrovia si attesta, a quello dentro il cuore della città antica.
Sappiamo, anzi tutti sanno, che i progetti per entrambi – stazione e piazza – sono non solo pronti, ma già
in costruzione. Purtroppo però se ne conosce solo alcune immagini reperibili in internet, ma su queste
pagine non è possibile renderne conto perché le ffs
non ne concedono la pubblicazione. Peccato, perché
sarebbe stata l’occasione non solo per comprendere
forme e spazi di questa importante architettura in divenire, non solo per seguire e indirettamente partecipare ai lavori oggi in atto, ma anche per descrivere il
lungo iter che il progetto ha conosciuto. E valutare e
confrontare i progetti elaborati negli anni precedenti
con quello oggi in esecuzione: progetti precedenti e
attuali scaturiti da pubblici concorsi, oltretutto. Insomma, sarebbe stata l’occasione per parlare di architettura e del modo in cui la città cambia nei suoi punti nevralgici.
Le Officine quale occasione urbana
Infine, per sottolineare l’importanza del viale della
Stazione e il ruolo che può ancora svolgere nella città,
occorre aggiungere il potenziale valore di ciò che si
trova oltre il viale stesso: l’area delle Officine. Un vasto
comparto posto in una situazione strategica dell’odierna Bellinzona, che costituirebbe l’occasione sia di
gestire lo sviluppo della città verso nord, sia di affiancare alle attuali attività industriali dei contenuti d’importanza strategica per la città, con contenuti dedicati all’economia, alla ricerca, al lavoro, all’abitazione,
con destinazioni pubbliche e per la collettività. Un
quartiere oggi in ombra ma che nasconde dentro di
sé – oltre agli spazi dell’Officina in cui si lavora – strutture e edifici che potrebbero costituire il fulcro di un
quartiere di grande valore.
Queste sono le potenzialità che possiedono queste
opere risalenti a ben oltre un secolo, le une materiche nelle strutture architettoniche funzionali alla ferrovia, l’altra immateriale nel suo vuoto spaziale, squisitamente urbano. È quasi fosse un cerchio che si
chiude: dalla ferrovia alla ferrovia.
Bellinzona, der Bahnhof und die Bahnhofsstrasse
Der Bau des Bahnhofs läutete 1874 eine neue urbanistische Ära in
Bellinzona ein. Der neue Bahnhof und der darauffolgende Bau der
Bahnhofsstrasse als Verbindung mit dem Zentrum führten zu einer
Ausweitung des früheren Dorfes am Fusse der Burgen nach Norden.
Die Strasse wurde so geplant und konzipiert, dass sie nicht nur der
neuen Stadtachse, sondern der ganzen Stadt Wert verlieh. Seine
räumliche Qualität ist gemeinsam mit den drei Burgen auch heute
noch ein wichtiger Bezugspunkt für jedes urbane Projekt. Neue Gebäude kamen hinzu. An der Strasse wurden Hotels, Mehrfamilienhäuser
und Geschäfte gebaut, neben dem Bahnhof entstanden ein Dienstleistungsgebäude und später ein Giebel mit Säulen, die den Eingang
markieren. Etwas weiter nördlich wurden die Reparaturwerkstätten der
Sankt-Gotthard-Eisenbahn und das Quartier San Giovanni mit Wohnungen für die Eisenbahnarbeiter errichtet. Heute wird der Bahnhof
im Hinblick auf die neue Hochgeschwindigkeitstrasse Alptransit saniert und erweitert. Dieser Transformationsprozess ist ein guter
Anlass, um dem Ende der Bahnhofsstrasse neue Qualität zu verleihen und vielleicht auch durch einen Platz einen Abschluss zu bilden.
Die Werkstätten bieten Potenzial für ein weiteres Wachstum der Stadt.
Ein heute nur teilweise genutztes Gewerbegebiet könnte zu einem
Quartier werden, da die Nähe zum Bahnhof qualitativ hochwertige
Inhalte ermöglicht.
36
BELLINZONA
Aurelio Galfetti
Progetti per la città di Bellinzona
Questo testo propone la lettura di alcuni dei progetti
che ho realizzato (e che sto realizzando) per il territorio del Bellinzonese: il bagno pubblico (1970), la ristrutturazione della collina del Castel Grande (19811991), l’istituto di ricerca in Biomedicina (dal 2015)
per fare il punto della situazione di una riflessione iniziata negli anni Settanta con uno sguardo verso il futuro. Il tema che collega questi progetti è la convinzione
che l’organizzazione dello spazio – a tutte le sue scale
– sia il fulcro della ricerca del lavoro dell’architetto.
Lo spazio e il territorio sono temi inscindibili come lo
sono l’architettura e l’urbanistica; il progetto dello
spazio è lo strumento che gli architetti hanno a disposizione per costruire il territorio tenendo conto delle
componenti fondamentali: la geografia, l’urbanistica, l’architettura. Una città senza un suo spazio pubblico originato da un progetto «territoriale» e «urbano» manca dell’essenziale, cioè manca dello spazio di
vita dell’uomo a tutte le dimensioni.
Io non ho ricette per il progetto dello spazio pubblico,
ma posso dire con certezza che:
–lo spazio pubblico contemporaneo, cioè quello corrispondente alla società contemporanea, è uno spazio aperto come appunto, almeno in certe parti del
mondo, è aperta la società;
–la sua forma è profondamente diversa dalle forme
tradizionali e non deve essere condizionata dai confini della proprietà privata o comunali;
–la complessità dei rapporti è sicuramente una ricchezza stimolante, l’esperienza individualistica pure, a condizione che non si traduca in egoismi formalistici.
1.
2.
3.
Lo spazio pubblico, in particolare lo spazio pubblico
della città Ticino, ha sostanzialmente quattro dimensioni con i limiti corrispondenti a ogni dimensione.
In ordine decrescente:
–la dimensione viaria; quella più grande che scavalca
le montagne e le pianure,
–la dimensione geografica o comprensoriale,
–la dimensione urbanistica,
–la dimensione architettonica. Bagno Pubblico (anni Settanta)
1.-3. Bagno pubblico di Bellinzona, vista della passerella
che collega la cit tà al fiume. Foto Marcelo Villada Or tiz
Come le grandi e utopiche visioni di Le Corbusier con
il viadotto abitato immaginato per la sistemazione di
Algeri, il progetto del bagno di Bellinzona propone
la costruzione di un «edificio-percorso» sospeso a sei
metri dal suolo e in grado di collegare la città con il
37
BELLINZONA
fiume, superando la cesura provocata dalla strada
cantonale. 40’000 mq di erba per circa 40’000 abitanti. Il progetto nasce dal disegno del percorso che organizza tutto lo spazio e dà forma alla materia. Quella del disegno del percorso è una delle mie idee fisse,
che compare già nella passerella che collega il garage
all’edificio della Casa Rotalinti e sulla quale ho continuato a lavorare a diverse scale, come nel caso della
ristrutturazione della collina del Castel Grande che si
fonda sull’idea di costruite un percorso dentro la
montagna, per collegare la quota della piazza con
quella del castello sulla sommità della collina.
4.
Castello (anni Novanta)
Il Castello era un insieme sconnesso di costruzioni
diverse, alcune delle quali in pessime condizioni, altre vere e proprie rovine di grande valore storico. Doveva accogliere un salone per banchetti, alcune gallerie per esposizioni e una grande sala conferenze
destinata a servire la città e l’intera regione.
Tutto ciò ha fornito un pretesto per la trasformazione
della fortezza in rovina; con l’obiettivo di preservare
le qualità più espressive e rappresentative del sito, oltreché la sua storia. Si sono resi necessari interventi di
modernizzazione attraverso una trasformazione senza compromessi che tenesse conto delle esigenze e
della sensibilità del nostro presente. In teoria il compito era molto chiaro, un po’ meno nella pratica.
Nella valle una collina si innalza all’orizzonte; sulla
sua cima un grappolo di edifici, due torri e moltissi-
5.
38
BELLINZONA
mi alberi. Ho eliminato quasi tutti gli alberi, ho scavato un piccolo lago, ho rimosso ogni cosa che mi pareva inutile e posticcia.
Quello che rimane è una grande roccia nera, nel
mezzo della città, con due torri in cima, tre alberi e
un prato spazzato dal vento. È il parco della città di
Bellinzona, fatto solo di roccia, muri, erba, acqua, tre
alberi e il cielo.
6.
Istituto di ricerca irb (2015 ...)
Il Bagno Pubblico e il Castello restaurato sono due
«isole» (vedi schizzo) che tra loro lasciano grandi spazi aperti informi. Molti studi e molti progetti, non costruiti, hanno espresso la possibilità di realizzare in
questi spazi un disegno urbano uniformante esteso
dal ponte della Torretta alla via Vincenzo Vela.
Tale sogno però si infrange sempre contro le barriere
della viabilità, dei regolamenti, della proprietà privata e, nel frattempo, il vuoto dell’ex campo militare,
lentamente, si riempie di piccoli «pieni» autonomi e
sgraziati; cioè oggi sembra impossibile disegnare correttamente la città. Ci resta quindi solo la possibilità
di privilegiare lo spazio vuoto casuale, ma aperto, tra
le isole costruite con progetti territoriali. Gli edifici
del nuovo irb, radicalmente diversi dai volumi caotici
della residenza, se edificati e ampliati secondo un
progetto urbanistico, potrebbero costituire un’isola,
simile al Castello, al Bagno Pubblico. Tra le isole chiaramente definite, lo spazio, il vuoto aperto, se pianificato con una visione generale, potrebbe essere l’elemento ordinatore.
7.
8.
39
BELLINZONA
Pianta secondo piano
Pianta primo piano
Pianta piano terra
Sezione trasversale sull’atrio
Sezione trasversale
40
BELLINZONA
9.-10.
4. Vista dell’accesso all’ascensore dalla Piazza del Sole.
Foto Marcelo Villada Or tiz
5. Vista dall’interno delle mura di Castelgrande.
Foto Marcelo Villada Or tiz
6. Piano di situazione del concorso irb .
Disegno Studio A. Galfet ti
7.-10. Render del proget to dell’ irb . Fonte Studio A. Galfet ti
11. Schizzo inedito dei proget ti per la cit tà di Bellinzona.
Disegno Aurelio Galfet ti
Una proposta impossibile e perdente? Non credo. Lo
schizzo conclusivo di questa breve riflessione (schizzo
che comunque rappresenta una realtà) suggerisce la
visione di un rapporto nuovo e diverso dei pieni e dei
vuoti che costituiscono la nuova città. Lo spazio definito da pieni chiaramente conclusi (finiti) non nasce
da pianificazioni convenzionali, regolate da normative superate, ma da visioni progettuali in grado di ordinare e valorizzare le molte e diverse presenze.
11.
Projekte für die Stadt Bellinzona
In diesem Text werden einige in und um Bellinzona realisierte oder
noch in Bau befindliche Projekte analysiert und zwar das Freibad
(1970), die Umstrukturierung des Hügels von Castel Grande (198191) sowie das Forschungsinstitut für Biomedizin (2015 ...). Damit wird
eine in den siebziger Jahren begonnene Überlegung zusammengefasst
und ein Ausblick auf die Zukunft gegeben. Das übergreifende Thema
dieser Projekte ist die Überzeugung, dass die Raumorganisation bei jedem Massstab der Brennpunkt der Arbeit des Architekten ist. Das
Raumkonzept ist das Instrument, das den Architekten zur Verfügung
steht, um das Gebiet unter Berücksichtigung seiner grundlegenden geografischen, städteplanerischen und architektonischen Charakteristika zu gestalten. Einer Stadt ohne einen öffentlichen Raum, der auf ein
«Gebiets-» und «Stadtkonzept» zurückgeht, fehlt etwas Wesentliches.
Ihr fehlt der Raum für das Leben des Menschen in allen Dimensionen.
Der öffentliche Raum und insbesondere der öffentliche Raum der
«Stadt Tessin» hat im wesentlichen vier Dimensionen mit den entsprechenden Grenzen. In absteigender Reihenfolge sind dies: die Strassennetzdimension, die sich in grösserem Massstab über Berge und Täler
erstreckt, die geografische oder Gebietsdimension, die städteplanerische Dimension und die architektonische Dimension.
41
BELLINZONA
Sabina Snozzi Groisman,
Gustavo Groisman +
Luigi Snozzi
Nuova sede del Dipartimento
del territorio, Bellinzona
Il progetto dello Stabile Amministrativo 3 nasce da un
concorso d’architettura, promosso dalla Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato, che ebbe luogo nel 1993.
Esso rimase in sospeso per diversi anni per poi essere
riattivato nel 2004 dal Dipartimento delle finanze e
dell’economia. L’obiettivo principale era quello di raggruppare, sotto un unico tetto, la maggior parte dei
servizi del Dipartimento del territorio che erano dislocati in varie sedi di proprietà dello Stato o in affitto a Bellinzona e dintorni.
Il progetto prevede la creazione di un ampio parco
pubblico, contenente diversi stabili a carattere amministrativo, che funge da snodo fra il quartiere governativo situato ai piedi del Castelgrande, le zone abitative periferiche di Bellinzona e il futuro ingresso in
città dal semisvincolo autostradale. Oltre al parco prospettato, un altro elemento fondamentale del progetto è la passeggiata pedonale lungo il torrente Dragonato che collega via Luini, il parcheggio pubblico su
via Tatti, la scuola Arti e Mestieri, il nuovo parco con
gli stabili amministrativi e via Ghiringhelli. Questo
camminamento, una volta potenziato, diventerà la
terza passeggiata urbana della città, insieme a quella
ludico-sportiva del Bagno Pubblico e quella storicopaesaggistica della murata di Castelgrande.
Lo Stabile Amministrativo 3 è costituito da due blocchi, uno principale, che contiene gli uffici per circa
350 funzionari del Dipartimento del Territorio, e uno
secondario, con all’interno le sale di riunione. Per
non interrompere la continuità del parco, il blocco
principale viene sollevato da terra mediante dieci grossi pilastri. Così facendo, al piano terreno si crea un ampio spazio d’accoglienza che denota il carattere
pubblico dell’edificio. I contenuti di questo piano sono
organizzati in uno spazio completamente vetrato che
si pone in stretto rapporto con l’area verde circostante. I cinque piani superiori ospitano gli uffici, che si
articolano lungo un doppio corridoio e sono inseriti
in una trama regolare basata sulla ripetizione di un
modulo di 1,25 m, partendo dal quale si possono costituire spazi di dimensioni diverse con la massima
flessibilità.
Nel piano interrato sono ospitati gli archivi passivi, i
servizi igienici della caffetteria, un laboratorio, alcuni
locali tecnici e depositi, oltre all’economato e alla
stamperia. Questi ultimi sono illuminati e ventilati naturalmente attraverso un’ampia corte a doppia altezza
collegata con il portico d’ingresso. Al livello del tetto
sono sistemate tutte le centrali termiche e un impianto di pannelli fotovoltaici. Tutte le istallazioni di tipo
tecnico sono integrate nell’architettura dello stabile.
Le sale di riunione sono invece ospitate in un blocco
indipendente a forma libera, collegato a quello principale con dei passaggi sospesi. Questo blocco si stacca
dalla geometria proposta per il parco e per lo stabile
principale in modo da rivolgersi verso il monumento
che simbolizza la città di Bellinzona: Castelgrande. In
questo modo il castello viene messo in evidenza e diventa lo sfondo privilegiato delle sale di riunione.
STABILE AMMINISTR ATIVO 3, SEDE DEL DIPARTIMENTO
DEL TERRITORIO, BELLINZONA
Committenza Dipartimento delle finanze e dell’economia,
Divisione delle risorse, Sezione della logistica e Dipartimento del territorio | Architettura Sabina Snozzi Groisman,
Gustavo Groisman + Luigi Snozzi; Locarno Collaboratrice
L. Dazio | Direzione Lavori Consorzio Tec 3; Giubiasco | Ingegnere civile Project Partners Ltd; Grancia-Lugano | Ingegneria RVS Lombardi SA; Minusio | Ingegneria elettrotecnica Scherler SA; Lugano-Breganzona | Consulenza
antincendio Swissi SA; Lugano-Massagno | Fisica della
costruzione Ifec consulenze SA; Rivera | Consulenza facciate in legno Federlegno; Rivera | Consulenza arredamento Studio architetto Leonardo Modena; Bellinzona |
Geologia Jean-Claude Bestenheider; Bellinzona | Fotografia Marcelo Villada Ortiz; Bellinzona | Date concorso 1993,
progetto 2003, realizzazione 2009-2014
Foto Filippo Simonet ti
42
BELLINZONA
Foto Filippo Simonet ti
Standard energetico MINERGIE, TI-226 | Superficie di riferimento energetico (Ae) 11‘130 mq | Riscaldamento 100%
pompa di calore | Acqua calda sanitaria 100% recupero di
calore residuo | Fabbisogno di calore per riscaldamento
(Qh) 26.4 kWh /mqa | Fotovoltaico 35 kWp | Elementi involucro Copertura: U=0.13 W/mqK, Pareti esterne: U=0.17 W/mqK e
0.32 W/mqK, Pavimento: U=0.37 W/mqK, Finestre: Vetro
Ug=0.6 W/mqK e telaio in legno U=1.4 W/mqK | Indice Minergie 32.3 kWh/mq Ae anno
43
BELLINZONA
Stabile Amministrativo 3 a Bellinzona - Comunità di Lavoro Architetti Snozzi, Snozzi Groisman e Groisman - Via Stefano Franscini 2A 6600 Locarno - 13.12.2013
Pianta 6° piano
c
b
d
a
a
Pianta 2°-5° piano senza divisione uf fici
b
c
d
Foto Marcelo Villada Or tiz
Stabile Amministrativo 3 a Bellinzona - Comunità di Lavoro Architetti Snozzi, Snozzi Groisman e Groisman - Via Stefano Franscini 2A 6600 Locarno - 13.12.2013
Sezione trasversale
44
BELLINZONA
Stabile Amministrativo 3 a Bellinzona - Comunità di Lavoro Architetti Snozzi, Snozzi Groisman e Groisman - Via Stefano Franscini 2A 6600 Locarno - 13.12.2013
Pianta 1° piano
Pianta piano terreno
Stabile Amministrativo 3 a Bellinzona - Comunità di Lavoro Architetti Snozzi, Snozzi Groisman e Groisman - Via Stefano Franscini 2A 6600 Locarno - 13.12.2013
0 2
Sezione longitudinale
45
5
10
BELLINZONA
Foto Marcelo Villada Or tiz
Foto Marcelo Villada Or tiz
46
BELLINZONA
Foto Filippo Simonet ti
Testi e disegni Sabina Snozzi Groisman, Gustavo Groisman + Luigi Snozzi
47
BELLINZONA
Giorgio Grasso
Massimo Giordani
foto Marcelo Villada Ortiz
Corte del sole, Giubiasco
Il complesso residenziale Corte del Sole nasce dall’intenzione degli architetti, in accordo con il promotore,
di realizzare uno spazio di vita qualitativo, inteso soprattutto quale occasione (o pretesto) per conferire
una nuova gerarchia e leggibilità al settore urbano in
cui è localizzata la parcella. Un frammento, retrostante il centro di Giubiasco, rimasto sorprendentemente vuoto, dimenticato come un terrain vague, e
occupato da quasi un trentennio esclusivamente da
alcuni vetusti depositi. A testimonianza della condizione di relativo oblio della parcella, sono significative le facciate dell’edificazione di Piazza Grande, dei
laconici retri, che tutt’ora la cingono verso sud.
In riferimento alla scala urbana e alle sue peculiarità,
il progetto si pone quale elemento di transizione e di
raccordo tra il tessuto del nucleo prospiciente Piazza
Grande e il disomogeneo parcellare circostante. In
tal senso va compreso l’impiego di un impianto planivolumetrico tripartito nel quale convergono due temi
apparentemente antagonisti; la ricerca di una certa
densità degli alzati contrapposta alla rarefazione del
piano terra. In particolare l’impostazione del piano
terreno, concepito come un porticato continuo e comune ai tre blocchi che prende avvio dal marciapiede di via Linoleum, esplicita la volontà di unire
e cucire il più possibile, fisicamente e visivamente,
il complesso residenziale al suolo cittadino. Un tentativo questo, o un azzardo, teso ad attribuire un carattere pubblico (permeabilità e qualità dei percorsi di ricezione), a un programma eminentemente privato.
Gli strumenti di progetto impiegati sono stati da una
parte lo sviluppo della più appropriata articolazione
volumetrica; tre edifici concepiti come gemelli diversi, differenti nella loro morfologia ma simili nei loro
aspetti fondativi, in aperto dialogo con l’irregolarità
geometrica del sito. Dall’altra la scelta di una sintassi
architettonica comune; una certa regolarità e semplicità compositiva nell’impaginazione degli alzati, l’impiego dell’angolo incurvato quale tema ricorrente, la
continuità dei percorsi pedonali e veicolari al piano
terreno e il parco verde come temi unificanti. L’architettura dei tre blocchi di Corte del Sole è completata
e segnata da alcuni elementi di forma ripetuta e declinata, tesi a ribadire una volontà federatrice, quali
le terrazze aggettanti, il coronamento degli attici e la
materializzazione dei volumi d’ingresso al piano terreno. La corte interna, interfaccia delle geometrie e dei
percorsi, rappresenta il ricettacolo dell’intero complesso residenziale.
All’interno degli edifici, secondo le esigenze e necessità del promotore, sono state inserite le varie tipologie con una particolare attenzione alla linearità, alla
semplicità spaziale e alla qualità degli affacci. Le unità abitative, seppur di taglia e ubicazione diverse, fruiscono tutte di buona esposizione solare, di scorci visivi in rapporto costante verso l’interno di Corte del
Sole e verso le molteplici sfaccettature del contesto
urbano e territoriale circostante.
Dal punto di vista quantitativo Corte del Sole comprende 54 unità abitative (18 per blocco – 4 per livello) di varie tipologie 2 ½ - 3 ½ - 4 ½ locali e un’autorimessa interrata posta sotto il parco collettivo. I tre
blocchi sono eseguiti con finitura a intonaco (muratura portante interna in calcestruzzo e isolamento termico esterno) in modo da rappresentare al meglio i loro aspetti plastico-morfologici.
48
BELLINZONA
CORTE DEL SOLE, GIUBIASCO
Committenza Ti Caromar Sagl; Sant Antonino | Architettura e dl Giorgio Grasso, Massimo Giordani; Lugano Collaboratore M. Vigo | Ingegneria civile Studio d’ing. Giorgio
Masotti; Bellinzona | Ingegneria elettrotecnica Augusto
Solari; Bellinzona | Ingegneria rvcs Rigozzi Engineering sa
| Protezione antincendio Geo Viviani; Lugano, Swissi ag;
Lugano | Fotografia Marcelo Villada Or tiz; Bellinzona |
Date progetto 2011-2012, realizzazione 2013-2015
Standard energetico MoPEC 2008 | Intervento costruzione di 3 edifici nuovi | Superficie di riferimento energetico
(Ae) blocco A=2294 mq, blocco B=1768 mq, blocco C=1787 mq |
Riscaldamento 100% con 3 pompe di calore acqua-acqua
con prelievo in falda freatica con 3 pozzi di captazione |
Fabbisogno per riscaldamento (Qh) blocco A=77 MJ/mqa,
blocco B=84 MJ/mqa, blocco C=83 MJ/mqa | Potenza termica installata blocco A=51 kW, blocco B=43 kW, blocco
C=42 kW | Potenza termica specifica blocco A=22 W/mq,
blocco B=24 W/mq, blocco C=24 W/mq | Elementi involucro Tetto: U=0.17 W/mqK, Pareti: U=0.17 W/mqK, Pavimenti
1°p: U=0.18 W/mqK, Finestre: valore medio U<1.0 W/mqK
C
B
A
0
49
50
BELLINZONA
Pianta piano at tico blocco A
blocco A piano attico scala 1:200
0
5
10
Planimetria generale
Pianta piano at tico blocco B
blocco B piano attico scala 1:200
0
5
10
C
°
90.00
B
A
Pianta piano at tico blocco C
50
blocco C piano attico scala 1:200
0
5
10
BELLINZONA
Pianta piano tipo blocco A
Sezione blocco A
cco A piano tipo scala 1:200
0
5
blocco10A sezione scala 1:200
Pianta piano tipo blocco B
B piano tipo scala 1:200
0 12
0
5
5
10
Pianta piano tipo blocco C
51
0
5
10
BELLINZONA
52
BELLINZONA
Testi e disegni Giorgio Grasso Massimo Giordani
53
BELLINZONA
Lukas Meyer, Ira Piattini
+ Francesco Fallavollita
Nuovo stabile amministrativo aet,
Monte Carasso
Il progetto per la nuova sede dell’Azienda Elettrica
Ticinese (aet) parte da un concorso di idee per la
realizzazione di due edifici, da un lato uno stabile amministrativo per le attuali necessità logistiche dell’azienda, dall’altro un edificio, di grandi dimensioni e di altezza libera, da edificare in un secondo tempo e che
potesse distinguersi come stabile rappresentativo per
l’azienda ed elemento organizzatore nel territorio.
Il progetto da noi proposto prevede l’edificazione di
due semplici parallelepipedi disegnati da una griglia
strutturale, uno che si sviluppa orizzontalmente e l’altro verticalmente, posti uno a sud e l’altro a nord del
ponte autostradale e fra loro collegati da un asse viario.
In fase di progetto definitivo è stato sviluppato solo il
primo edificio, che ospita attualmente gli uffici amministrativi, giuridici, commerciali e la direzione di aet.
Nell’affinamento del progetto l’idea iniziale della griglia è stata precisata e raffinata.
La griglia esterna di travi e pilastri che disegna le facciate maggiori dell’edificio ne è anche l’elemento portante principale, è scandita da un modulo continuo e
può estendersi idealmente all’infinito. Sul tetto i pilastri dei due fronti sono raccordati da travi orizzontali.
A queste travi, tramite dei tiranti, sono appese le solette dal primo piano fino al tetto. Le stesse travi servono
inoltre da supporto per i pannelli fotovoltaici e definiscono il piano tecnico che si trova sul tetto.
In questo modo la struttura portante avvolge l’edificio su cinque lati in una maglia di cemento che al suo
interno racchiude il vero e proprio involucro termico,
vetrato e trasparente. Il sistema adottato permette di
ridurre al massimo i punti di contatto fra la struttura
esterna fredda e l’interno caldo. Per la sua esecuzione è stato necessario mantenere tutte le solette puntellate fino alla fine dell’elevazione e quindi inserire i
tiranti e liberare le solette partendo dall’alto verso il
basso.
Nelle testate la griglia diventa una parete piena nella
quale si aprono non delle finestre ma degli squarci
che ritagliano delle parti del paesaggio circostante e
che assumono diverse forme ed espressioni: un grande ballatoio verso ovest, una forma organica come un
buco nel cemento a est.
L’edificio si sviluppa su tre piani e al primo piano si
collega con l’edificio vicino del centro comando. Il
piano terra ha un carattere pubblico e trasparente
mentre i piani superiori ospitano gli uffici operativi.
La distribuzione avviene tramite un nucleo scale centrale in cemento armato faccia a vista, un secondo
nucleo ospita i locali di servizio.
La struttura modulare dell’edificio permette di organizzare liberamente gli spazi di lavoro, che possono
essere pensati come uffici chiusi modulari o come
open-­space.
L’involucro vetrato interno è molto isolato ed ermetico; la produzione di calore avviene tramite una termopompa che utilizza l’acqua di falda e la distribuzione a bassa temperatura tramite pannelli radianti;
i materiali adottati per la costruzione sono tutti rispettosi dell’ambiente e della salute degli occupanti;
le apparecchiature sono a basso consumo e le luci
led; i pannelli fotovoltaici posati sul tetto producono
tanta energia quanta ne viene consumata dallo stabile, grazie a ciò l’edificio ha ottenuto la certificazione
minergie-­p-­eco e, quale primo edificio amministrativo in Ticino, minergie a.
Esternamente la geometria che si crea fra gli edifici e
la montagna dà origine a una piccola conca triangolare, in questa conca abbiamo creato un biotopo che
ha da un lato la funzione di smaltire la pioggia proveniente dai tetti degli edifici, infiltrandola gradualmente nel terreno, e dall’altro promuove la biodiversità e permette agli uffici e alla zona pausa del nuovo
stabile di godere della vista di un piccolo laghetto.
NUOVO STABILE AMMINISTR ATIVO
MONTE CAR ASSO
ae t,
Committenza Azienda Elettrica Ticinese; Monte Carasso | Architettura Lukas Meyer, Ira Piattini + Francesco Fallavollita Collaboratori B. Corbella, M. Stabile | Ingegneria civile Reali e Guscetti, Studio
di Ingegneria sa ; Ambri (prima fase), Tajana & Partners con Spadea
Bondini sagl; Bellinzona (seconda fase) | Ingegneria rvcs ifec Consulenze sa ; Rivera (prima fase), Rigozzi Engineering sa , Giubiasco
(seconda fase) | Fisica della costruzione ifec Consulenze sa ; Rivera
(prima fase), Erisel sa ; Bellinzona (seconda fase) | Specialista elettrotecnica More Engineering s a ; S. Antonino (prima fase), Erisel
s a ; Bellinzona (seconda fase) | Fisca della costruzione Erisel s a ,
Bellinzona | Specialista per le facciate Patocchi Sagl; Cevio | Consulenza ambientale Dionea sa ; Locarno | Intervento artistico Paolo
Foletti; Lugaggia | Fotografia Paolo Rosselli; Milano, Stefano Mussio, S. Antonio | Date concorso 2011, progettazione 2011-2012, esecuzione 2012 -2015
54
BELLINZONA
Foto S tefano Mussio
Standard energetico Minergie-P-ECO, TI-005-P-ECO e
Minergie-A-ECO, TI-003-A-ECO | Superficie di riferimento
energetico (Ae) 2’334 mq | Riscaldamento 100% pompa di
calore ad acqua di falda | Acqua calda sanitaria 100%
pompa di calore ad acqua di falda | Fabbisogno di calore
per riscaldamento (Qh) 16.7 KWh/mq Ae anno | Impianto
fotovoltaico 56.9 kWp (ca. 1130 kWh/kWp annui di energia
prodotta) | Elementi involucro Copertura piana: U=0.10 W/mqK,
Pareti verso terra/zona non riscaldata: U=0.25 W/mqK, Parete
esterna: U=0.10 W/mqK, Pavimento verso terra: U=0.21 W/mqK,
Pavimento verso zona non riscaldata: U=0.15 W/mqK, Facciate continue in vetro: Ug=0.50 W/mqK; fat tore solare
g=0.46 | Indice Minergie-P -12.4 KWh/mq Ae anno (edificio
energeticamente «attivo» grazie a impianto fotovoltaico) |
Indice Minergie-A -9.9 KWh/mq Ae anno (edificio energeticamente «attivo» grazie ad impianto fotovoltaico)
55
0
10
20
50
m
Pianta piano terreno
Foto Paolo Rosselli
Pianta
primo
Secondo
Piano piano
0 2
5
10
Pianta secondo piano
Secondo Piano
ondo Piano
sversale
Sezione trasversale
Sezione longitudinale
56
BELLINZONA
Foto Paolo Rosselli
Foto Paolo Rosselli
57
BELLINZONA
Foto S tefano Mussio
Foto Paolo Rosselli
58
BELLINZONA
Foto Paolo Rosselli
Foto Paolo Rosselli
Testi e disegni Lukas Meyer, Ira Piat tini + Francesco Fallavollita
Foto Paolo Rosselli
59
BELLINZONA
Cristiana Guerra
foto Marcelo Villada Ortiz
Ristrutturazione spazi ustra ,
Bellinzona
A seguito dell’ampliamento in atto della rete autostradale, la filiale ustra di Bellinzona – situata in un edificio nel centro città progettato negli anni Settanta
dall’arch. Claudio Pellegrini – necessitava di nuovi spazi.
Il progetto prevedeva la ristrutturazione del piano seminterrato dell’edificio esistente – dove ai piani superiori sono già situati gli uffici della filiale – con la formazione di una ricezione, una caffetteria e nuove sale
riunioni per gli incontri tra ustra e utenti esterni.
La committenza richiedeva per questi nuovi spazi un
ingresso separato a uso esclusivo, direttamente da via
Pellandini. Questa richiesta è stata l’occasione per ridefinire e riqualificare l’area esistente esterna del piano seminterrato a corte, da anni degradata e in disuso.
Infatti attraverso un portale, e una scala in cortèn –
materiale che riprende il carattere massiccio e la cromia dell’edificio – gli utenti esterni confluiscono in
uno spazio a corte che porta all’ingresso del piano
seminterrato, dove vengono accolti alla ricezione e
guidati alle sale riunione.
Gli spazi interni, un tempo archivi, spogliatoi e docce
per gli impiegati dello stabile, sono stati trasformati
in cinque sale riunioni di diversa metratura, in parte
con pareti mobili.
Le aperture a nastro sono state ampliate nel rispetto
della struttura e dell’architettura della facciata per
una migliore illuminazione delle sale, che si affacciano ora sul nuovo giardino della corte ridisegnato sopra la cisterna dell’olio combustibile.
Sono pure stati ripristinati gli spazi di caffetteria, un
tempo già ivi locati.
La divisione tra le sale riunioni e il corridoio di distribuzione interna è stata l’occasione per proporre –
mediante gigantografie traslucide applicate ai divisori vetrati – gli schizzi di studio per portali e per
manufatti che l’architetto Rino Tami aveva fatto negli anni Settanta al tempo della realizzazione dell’autostrada ticinese.
60
RISTRUT TUR A ZIONE SPA ZI USTR A, BELLINZONA
Committenza ufcl , Ufficio federale delle costruzioni e della logistica ufcl , Marianne Vetter; Berna | Utenza ustr a ,
Ufficio federale delle strade; Bellinzona | Architettura
Studio di architettura Cristiana Guerra; Bellinzona Collaboratori M. Bagutti, L. Bianchi | Ingegneria elettrotecnica
Augusto Solari; Bellinzona | Protezione antincendio Swissi
AG; Massagno | Rilevamento umidità Evolve sa; Bellinzona |
Ingegneria climatica e fisica della costruzione Visani Rusconi e Talleri sa ; Taverne | Bonifica amianto Achermann
Revital sa ; Locarno | Fotografia Marcelo Villada Ortiz;
Bellinzona | Date progetto 2012, realizzazione 2013-2014
61
BELLINZONA
A
A
PIANTA LIVELLO -1
Pianta piano seminterrato
0 2
5
10
Sezione trasversale sulla cor te
Dida
62
0
1
5
1
BELLINZONA
Testi e disegni Cristiana Guerra
63
BELLINZONA
Luca Coffari
foto Marcelo Villada Ortiz
BKhouse, Giubiasco
«Desideriamo una scultura, come a Biasca» (Archi
1/2013). I clienti sono una coppia che vuole abitare
su un piano con due figli che studiano. Sollecitato da
questa telefonata torno sul tema architettura-scultura-abitata e funzionale che è quello che m’interessa
maggiormente.
Trasformare aspetti tecnici-funzionali-spaziali in avvenimenti formali architettonici.
L’arch. Aurelio Galfetti mi disse in una precisa occasione: «Sei un formalista, ti emozioni, è un bene». L’arch.
Livio Vacchini mi disse: «La forma la decidi tu». Il pittore e scultore Ellsworth Kelly: «La forma è il contenuto».
L’architettura pur non essendo un’arte libera può andare a investigare il territorio della forma.
«Time» premiò Steven Holl nel 2001 per «gli edifici
che soddisfano lo spirito così come l’occhio».
Ho deciso di lavorare a un progetto che proponesse
plurime esperienze nel vedere, sentire, vivere gli spazi
abitativi. Spazi, scorci, aperture, percezioni diverse.
Una discontinua intensità.
560 mq di terreno comodi in centro Giubiasco, indici
sfruttati, sovrappongo le due camere dei ragazzi e dispongo la scala per una futura eventuale separazione
degli appartamenti. Addizione fusione e sottrazione
ad hoc di parti di volume in modo da ottenere l’apparenza scultorea. La luce è usata come materiale da
costruzione alla stregua di beton, gesso, pietra, legno,
alluminio, vetri trasparenti colorati o satinati.
Alcuni stilemi classici della modernità in architettura
sono in un unico punto della casa.
Continuità interno-esterno, grandi campate, serramento in sottile alluminio naturale e tende morbide
a onda fanno parte del grande foro nel volume che
inonda di luce l’articolato living composto di zone differenti tenute assieme dallo spazio davanti alla vetrata di 10.0 x 2.70 m, dove è possibile a rotazione esporre sculture o quadri in visione.
Applico una parte del concetto di Tanizaki in Éloge de
l’Ombre, lavorando su un livello di raccoglimento e
protezione negli spazi privati, le camere.
Sottraendo la porzione di volume che ha formato la
scenografica zona dell’entrata, si aggiunge un tema
strutturale importante. Tutto il volume delle camere
si comporta come il cassone di un ponte posto a mo’
di mensola. Il fulcro del sistema sono i setti di parete
del vano scala estero e interno che ne sopportano la
compressione, controbilanciato nella leva dal setto
tra camera e loggia che ne sopporta la trazione. Il
cassone ha la sua piattabanda nella soletta di copertura sottoposta a trazione e i lembi inferiori delle traviparete sottoposti a compressione.
Un ambiente accogliente è il frutto di una lenta accumulazione di oggetti che ci piacciono, com’è successo
con i miei clienti e la loro collezione d’arte. Hanno
poi scelto l’architetto per aggiungere la parte importante che è il contenitore della loro vita e delle loro
opere, diventandone uno dei principali attori.
Durante uno dei meeting, presenti i clienti, la dl, l’ingegnere, l’architetto e decine di disegni e modellini
in polistirolo, si sono prese le decisioni importanti
per la stesura del progetto definitivo tenendo in considerazione le esigenze del gruppo: concetto-finanzefunzioni-gestione-struttura.
Il marmo bianco screziato di Peccia si sporcherebbe
se non ci fosse un camminamento attorno alla casa. Il
cliente mi propone l’utilizzo dei dadi di Porfido rosso
usato proveniente dal Viale Stazione a Bellinzona posato nel 1928; la fortunata possibilità di utilizzare un
materiale affascinante per provenienza.
Sul confine lungo la strada pensiamo a un cancello in
parte scorrevole volutamente brutale in modo da inserire un altro elemento eterogeneo.
La scultura «Cavallo in caduta»di Giuseppe Lorenzetti nell’angolo in alto a destra della facciata sud-est richiama alla mente la biblioteca cantonale di Lugano
di Rino Tami del 1940.
Nella casa sono presenti tra le altre, opere di: Valsangiacomo, Frà Roberto, Filippini, Nag Arnoldi, Coffari, Cotti, Emery, Carcano, Totti, Cairoli, Giannini,
Sessions, Lorenzetti, Prior, Lienhard.
64
BELLINZONA
BKHOUSE, CASA UNIFAMILIARE A GIUBIASCO
Committenza Raimondo e Ulla Bizzozero, Giubiasco | Architettura L uca Coffari; Coldrerio | Direzione Lavori Filippo Pacino; Giubiasco | Ingegneria Roberto Mondada, Balerna
| Ingegneria RS Diego Fenazzi, Bellinzona | Protezione antincendio CISPI Sagl, Paradiso | Fotografia Marcelo Villada Ortiz; Bellinzona | Date progetto 2013, realizzazione
2014–2015
Standard energetico MoPEC 2008 | Intervento nuova costruzione | Superficie di riferimento energetico (Ae) 226 mq
| Riscaldamento 100% pompa di calore aria/acqua | Fabbisogno di calore per riscaldamento (Qh) 170 MJ/mqa | Elementi involucro Tetto: U=0.11 W/mqK, Pareti: U=0.17 W/mqK,
Pavimento: U=0.21 W/mqK, Finestre: U=0.92 W/mqK
65
BELLINZONA
0 12
1
5m
1
5m
5
Sezione trasversale sull’entrata
Pianta piano terreno
1
5m
Pianta primo piano
Sezione longitudinale
Sezione longitudinale sull’entrata
Sezione trasversale
66
BELLINZONA
67
BELLINZONA
68
BELLINZONA
Testi e disegni Luca Cof fari
69
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