Montichiari 14.11.2010 Don Paolo Scquizzato I 7 vizi capitali Introduzione Sono due le basi fondamentali per parlare di vizi capitali: la conoscenza di sé e la risposta alla domanda “Dio dove abita”. Solo dopo aver approfondito questi due punti, sarà possibile, di ogni vizio capitale, mettere in luce la sua natura, le sue caratteristiche, il suo antidoto e soprattutto come vincerlo. Perché è importante partire dalla conoscenza di sé stessi in un cammino di fede e non dalle cose di Dio? Gesù, nel vangelo di Luca, ci dà la risposta: “il regno di Dio è in mezzo a voi” che tradotto vuol dire: il regno di Dio è dentro di voi. Sono “io” che vivo in un modo spirituale, che vivo con la mia superbia, con la mia invidia, con la mia infedeltà… C’è sempre la tentazione di saltare noi stessi – utilizzando le pratiche religiose per unirci a Dio – nella speranza di giungere immediatamente nel mondo di Dio. Ma l’uomo che vuole unirsi a Lui, essendo formato di anima, corpo e spirito, ha bisogno della sua totalità. E’ un viaggio difficile entrare dentro noi stessi, perché ci fa paura sapere di trovare non solo Dio, ma cose che non ci piacciono e non vorremmo vedere. Ma se non incontreremo noi stessi, Dio non lo conosceremo mai. Nella vita spirituale si “sale a Dio” nella misura in cui si discende nel proprio inferno interiore. Dio si è fatto piccolo da entrare dentro di noi, quindi non siamo noi che andiamo verso di Lui, ma è Lui che viene in noi. Se abita dentro di noi, dobbiamo accettare noi stessi con tutto quello “schifo” che troviamo. E’ nel nostro più profondo che c’è un mondo inconfessabile e Dio ama proprio questo; quando impareremo a guardare questo mondo senza avere paura, saremo finalmente liberi. (Gv 8,32) “La verità vi farà liberi”. Solo allora smetteremo di mostrarci agli uomini come pensiamo vogliono vederci, toglieremo le maschere per poter essere di fronte a Lui come realmente siamo. Dio infatti è venuto per togliere queste maschere e se Lui ci ama come siamo, perché non possiamo amarci anche noi? Forse dietro a questo limite, a questo peccato Dio si manifesta; i nostri lati oscuri possono diventare il luogo dell’appuntamento con Dio. L’inferno interiore diventa così una ferita attraverso cui Dio entra in noi stessi, lo stesso peccato diventa l’unica porta per permettergli di entrare. “Là dove sta il mio più grande problema, lì c’è anche la più grande opportunità di salvezza” (Anselm Grün). Non si diventa buoni, ma si è resi buoni nel momento in cui permettiamo a Dio di entrare in noi attraverso il peccato. Cosa sono i 7 vizi capitali I 7 vizi sono il tentativo in 7 diversi modalità di cercare la vita, di essere felici anche se in realtà quello che si vuole non si realizza. Si chiamano capitali perché aumentano il capitale, fanno nascere una continua esigenza di avere maggiormente ciò che il vizio promette. I vizi sono quindi peccati – atti d’amore che vanno fuori bersaglio, a vuoto senza costruire nulla – ma non tutti i peccati sono vizi. Per diventare vizio occorre che questo atto diventi un’abitudine senza opporre resistenza. Il male che è dentro di noi ci illude, ci inganna, poi si trasforma in pensiero, diventa sempre più grande, diventa volontà, poi atto e il peccato è fatto. Importante è quindi saper bloccare in tempo i pensieri cattivi, distinguerli da quelli buoni con un serio cammino di vita spirituale, chiamare per nome ciò che è dentro di noi, porsi domande, conoscere la parola di Dio. Facilmente noi ci riempiamo la bocca e quando non parliamo più con Dio, ma di Dio sarà la nostra fine. Il male ci promette tre cose: potere, ricchezza e successo. Per queste tre cose siamo disposti a tutto. Se Cristo è il guaritore, occorre conoscere il male che c’è dentro di noi per mostrarlo a Dio perché lo possa guarire. 1° Vizio capitale: SUPERBIA La tradizione occidentale pone la superbia a capo dei 7 vizi capitali, in quanto, alla base di tutti i vizi c’è un amore smodato per il proprio io e in particolar modo la superbia possiede una super considerazione di sé, così da ritenersi al di sopra di tutti e di tutto. La superbia è un’illusione della realtà: ossia si vuole essere ciò che si pensa di essere, si vuol essere considerati tali dagli altri, ma che in realtà non si è. Chi ha questo comportamento per tutta la vita è “superbo” e farà la stessa fine di “Narciso”: non ha visto nulla al di fuori di sé stesso e è morto nel lago. Il superbo vive un grosso vuoto esistenziale che riempie con la considerazione di sé stesso. Come si manifesta. Si manifesta in particolar modo con l’egoismo e l’indipendenza. Chi è egoista sa coniugare il verbo “essere” solo alla prima persona singolare: “io sono”, non ama nessuno, ma se lo fa è per un tornaconto personale. E’ capace di fare tanto bene fino a diventare missionario e martire, ma sempre per un bene personale. Sarà disposto ad amare, ma non vorrà essere amato: non si farà mai “lavare i piedi da nessuno”. E’ giusto che l’uomo ami un po’ sé stesso, che abbia considerazione di sé (autostima), perché è questa è la condizione per amare l’altro. “amerai il prossimo tuo come tè stesso”. L’indipendenza è importante, ma non bisogna considerarsi “primo”, pensare di essere la sorgente di ogni cosa, non dipendere da tutto, da tutti e da Dio. Chi vive la superbia vive un grande gioco in maschera: “gli altri non devono sapere che sono superbo”. Si può essere superbi nei confronti di Dio utilizzando preghiere, rosari, messe, cercando di tenere buono Dio e non permettergli di entrare nella nostra vita a modo suo. Come si riconosce. La persona superba - ama sempre aver ragione o meglio non riconosce di avere torto; - non ama mai le critiche verso sé stesso ad eccezione di quelle positive - non ama perdere la faccia e ci tiene sempre a fare bella figura. L’antidoto. L’umiltà potrebbe essere utilizzata per vincere la superbia, in realtà è proprio attraverso di essa che si può arrivare alla superbia. La virtù più idonea a combattere questo vizio è : la carità. Fare la carità infatti vuol dire fare del bene agli altri e fermarsi al “porto degli altri”: donando in segreto senza che nessuno veda quello che facciamo non ricevendo nessun grazie facendo cose che gli altri non potranno conoscere E’ inoltre possibile combattere la superbia: accettando le critiche, prendendo per buona almeno una di quelle ricevute; accettando le proprie emozioni: bisogna accettare di arrabbiarsi, di piangere e non essere super-controllati; praticare l’umorismo: chi riesce a ridere di sé stessi, distrugge il “castello” che voleva costruire e diventa consapevole che la storia che vive in fondo non è così importante; vincere la perfezione: concedersi il lusso di non essere perfetti; rispondere ai pensieri malvagi con la parola di Dio; vivere la vera umiltà: riconoscere i propri talenti come doni ricevuti e non come opere delle nostre mani; sapersi mettere in gioco qualunque cosa ci venga richiesta, se buona, anche se c’è il rischio di fare brutta figura. Solo in questo modo, di fronte all’insuccesso, non rimarremo schiacciati, ma vivremo con più serenità perché sapremo di essere tesoro prezioso nelle mani di Dio.