Storia della filosofia antica - Università degli studi di Bergamo

28/10/2015
Materiale da consultare (obbligatorio)
Storia della filosofia antica
Maddalena Bonelli
L. Perilli e D. Taormina (a cura di): La filosofia
antica. Itinerario storico e testuale, UTET 2012,
capitoli 1-5
a.a. 2015-2016
La causalità antica: introduzione
Un po’ di storia della filosofia
Paradigmi settecenteschi che hanno
influenzato le storie della filosofia antica
• Prima di affrontare il tema di questo corso, è
utile fare un po’ di storia della filosofia antica.
• Questo per inserire gli autori di cui parleremo
nel loro contesto storico, geografico, culturale,
filosofico.
• E anche per familiarizzarvi con il testo di storia
della filosofia antica che avete in programma:
• La filosofia antica, a cura di L. Perilli e D.
Taormina, UTET 2012
• La concezione che ha influenzato, e che ancora influenza, le s. della
f.a. (vedi per esempio Giovanni Reale, la cui storia della filosofia
antica ha influenzato gli studi di filosofia antica dagli anni ‘80 fino ad
oggi) è quella di una visione sostanzialmente «eurocentrica»
(quindi, occidentale) della Grecia, come luogo in cui si sono create
le premesse per il distacco dalla religione e dal mito, e per lo
sviluppo della razionalità e del progresso. In questo modo, vengono
escluse (o relegate a un ruolo trascurabile) possibili influenze delle
civiltà orientali ed egizia.
• Responsabili di questa concezione sono le storie della filosofia
pubblicate alla fine del ‘700 in Germania. Tale concezione si
accentua con le Lezioni sulla storia della filosofia di Hegel,
pubblicate per la prima volta nel 1833, lezioni che hanno a loro
volta profondamente influenzato quasi tutte le storie della filosofia
antica scritte nel XX secolo (seppur con qualche eccezione).
Due presupposti per la concezione
«eurocentrica» della Grecia
• 1) La concezione evoluzionistica del pensiero greco. La filosofia è
concepita come un progresso, in cui i singoli sistemi filosofici
vengono considerati in base agli stimoli che forniscono ai pensatori
successivi.
• 2) La concezione classicistica del pensiero greco. Il mondo greco è
visto come isolato geograficamente da altre aree limitrofe, e il
«pensiero greco» come caratterizzato da progressiva astrazione,
indipendente dalle coordinate storico-geografiche.
• Sulla base di questi presupposti, la cosiddetta «filosofia barbarica»
(orientale e egiziana) viene bandita, poiché
– (a) non avrebbe fornito stimoli (o ne avrebbe forniti di irrisori, com’è il
caso dell’Egitto) ai primi filosofi (successivi)
– (b) non si sarebbe liberata dall’ «utilitarismo» delle sue conoscenze,
per giungere a quel livello di astrazione che caratterizza la filosofia
«greca» (vedi la teoria di Aristotele, Libro Alpha della Metafisica).
Lo scetticismo sulla possibilità di
provare i contatti tra pensiero greco e
«barbari»
• Ulteriore motivo che ha impedito il riconoscimento dei «contatti»
tra Oriente e Occidente è la difficoltà di individuarli con chiarezza, e
quindi il conseguente scetticismo. L’autrice che, nel volume di storia
della filosofia che stiamo considerando, si occupa appunto del
Primo capitolo, quello su «Oriente e Occidente» (e cioè, M. Laura
Gemelli Marciano), contesta sia i due presupposti che
l’atteggiamento scettico che deriva dalla difficoltà di individuare i
contatti Oriente-Occidente.
• Contro 1) (la concezione evoluzionistica), Gemelli afferma che il
fatto che civiltà come quella babilonese o egizia non abbiano
considerato la riflessione filosofica come fine a se stessa (ma utile
ad altro) o isolata dal contesto religioso non è di per sé indizio di
inferiorità o superiorità (vedi p. 5), ma di diversità;
• Contro 2) (la concezione classicistica), ovviamente Gemelli ha
ragione nel ritenere impossibile che la Grecia potesse essere
completamente isolata dalle aree limitrofe
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Scetticismo
Contatti tra Oriente e Occidente
• Contro lo scetticismo, invece, presenta un argomento a mio parere
debole (p. 4). In pratica Gemelli, pur riconoscendo che non è
possibile dimostrare indiscutibilmente contatti e influssi di oriente e
occidente, sostiene che la stessa cosa valga per la storia della
filosofia greca standard (di influenza aristotelica). Mentre infatti si
cercano prove dettagliate a supporto dei contatti oriente-occidente,
si accetta, pur in mancanza di riscontri concreti, la relazione di
continuità tra Talete, Anassimandro, Anassimene unicamente
perché tutti sono di Mileto e perché Teofrasto (discepolo e
successore di Aristotele) instaura una relazione di discepolato tra
loro basata su modelli esegetici aristotelici. Ma i riscontri ci sono:
Gemelli curiosamente ignora la sostanziali continuità di pensiero tra
i tre filosofi, impegnati tutti a rispondere alle medesime questioni
con metodi simili e nuovi. Lo vedremo più avanti.
• Come che sia, il concetto di una Grecia culla isolata
della filosofia è poco convincente e oggi superato.
Quindi, l’impostazione di Gemelli (per altro, allieva
dell’illustre Walter Burkert, studioso che, tra i primi, ha
dimostrato innegabilmente influssi delle sapienze
orientali sulla «filosofia greca») è convincente.
• L’impostazione è la seguente: l’analisi dei rapporti
oriente-occidente non è condotta secondo il modello
evoluzionistico, ma secondo una linea di discontinuità
attenta alle differenze (di luoghi, tempi e temi). Si cerca
quindi di evidenziare «aree di contatto» tra gruppi e tra
territori, presentando il tema del contatto in tre
varianti.
Temi di contatto
Le città dove nasce la filosofia
• 1) trasmissione di contenuti in campo matematico e
astronomico. Questo tipo è il più facilmente identificabile in
base al criterio dell’antichità (es. l’astronomia babilonese,
più antica, ha sicuramente influenzato le altre culture
limitrofe, greca, egiziana, indiana)
• 2) trasmissione di modelli culturali e ideologie. Qui iniziano
i problemi, ma Gemelli si mostra fiduciosa di poter
rintracciare le influenze, individuando particolari temi in
un’area specifica in cui si intensificano i contatti a seguito di
determinate vicende storiche…vedremo di che si tratta.
• 3) trasmissione di modelli cultuali e immagini. Questa
trasmissione è facilmente individuabile quando nuovi
elementi appaiono improvvisamente in concomitanza con
avvenimenti specifici.
• La prima osservazione da fare è che le città in cui nasce la
filosofia antica (le cosiddette colonie ioniche, cioè città
greche che si trovano in Asia, come Mileto (Talete,
Anassimandro, Anassimene), Samo (Pitagora), Efeso
(Eraclito), Elea (Parmenide)) subiscono influssi importanti
perché inquadrate in un contesto storico, geografico,
politico e culturale che comprende a pieno titolo le civiltà
orientali (impero assiro, babilonese, egizio, persiano), e in
cui sia gli Ioni (cioè, i greci fondatori o rifondatori di queste
città) che la madrepatria hanno un ruolo marginale. Solo
dopo le guerre persiane (V sec. A.C.) questi territori
verranno attratti nell’orbita della Grecia continentale, in
particolare Atene.
Documentazione della presenza di
greci sul suolo orientale e viceversa
Documentazione della presenza di
greci sul suolo orientale e viceversa 2
• A partire dalla metà del VII secolo a.C., la presenza dei
Greci sul suolo orientale diviene chiaramente
documentabile attraverso fonti epigrafiche (iscrizioni su
pietra) e letterarie greche (es. Erodoto)
• mercenari greci combattono per Lidi, Assiri, Egizi
(troviamo iscrizioni che lo attestano). Comandanti e
funzionari di origine greca che servivano nell’esercito
greco riportano in patria la cultura egizia (es. dello
sgabello cubico di foggia egizia con un’iscrizione greca
che dichiara che è stato portato dall’Egitto), ed è
plausibile che abbiano portato con loro stimoli culturali
provenienti dai paesi che avevano servito. Contingenti
di Ioni combattono poi per i persiani.
• Anche i mercanti si configurano come mediatori
culturali, trasmettendo non solo manifatture e
prodotti, ma anche usi e costumi.
• Altri mediatori culturali sono artisti, artigiani, medici,
purificatori. Questi personaggi migrano in territorio
greco e si fanno conoscere, introducendo pratiche
orientali di vario tipo (esorcismi, guarigioni,
purificazioni). In particolare, i guaritori itineranti sono
variamente stigmatizzati da Eraclito e Platone, mentre
Aristotele (lo troviamo in un frammento) fa predire a
Socrate una morte violenta da un mago assiro. Dopo le
guerre persiane i contatti con l’Oriente diventano
sistematici.
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La lingua
La lingua 2
• Uno degli ostacoli agli scambi culturali tra Grecia e Oriente
è sempre stato considerato quello linguistico. Il celebre
storico Alberto Momigliano, seguito da altri, ha per
esempio sostenuto la teoria di una mancanza di influsso
della cultura persiana su quella greca per due motivi:
• 1) il monolinguismo dei Greci, restii ad imparare le lingue
barbare;
• 2) la scarsa considerazione della cultura greca da parte dei
Persiani.
• Gemelli ammette che questo sia vero in generale, ma non
in particolare. Tuttavia, presenta esempi di orientali che
conoscevano il greco e non viceversa (documenti ufficiali
redatti in più lingue; popolazioni a contatto con i Greci che
conoscevano il greco; interpreti), e in generale è costretta
ad ammettere che i Greci in maggioranza non conoscevano
ad esempio il Persiano. Insomma, la documentazione è
deludente, ma non si possono negare a priori, almeno nella
vita quotidiana, scambi linguistici.
Influssi delle civiltà orientali sulla filosofia
greca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno)
Influssi delle civiltà orientali sulla filosofia
greca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno) 2
• Secondo le testimonianze e i testi greci giunti
fino a noi, possiamo distinguere tre fasi di
penetrazione di motivi esterni da culture altre
nella filosofia antica:
• 1) Prima metà del VI secolo: emergono, in particolare in Talete e
Anassimandro di Mileto metodi, misurazioni e immagini di carattere
astronomico e modelli aritmetici e geometrici provenienti dalla
cultura babilonese ed egizia. Ciò mette in discussione la classica
dicotomia tra mito e logos, basata sulla convinzione che i Milesi per
primi abbiano rotto con il mito delle civiltà e concezioni precedenti
per passare al logos. Di fatto i Milesi non si confronterebbero coi
miti, ma introdurrebbero per interessi loro tecniche desunte dalle
civiltà mesopotamiche, iraniche ed egizie. Gemelli si impegna a
trovare influenze orientali sui primi «filosofi» (Talete,
Anassimandro, Anassimene) per sconfessare la testimonianza di
Aristotele (forse troppo filosofico), e sottolineare la continuità con
le civiltà precedenti. Inutile dire che un tale approccio, utile nello
spezzare certi luoghi comuni, può a sua volta diventare di parte
(Gemelli accetta i contenuti delle testimonianze di Aristotele, ma
non l’interpretazione).
Influssi delle civiltà orientali sulla filosofia
greca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno)3
• 2) Una nuova penetrazione massiccia di materiale babilonese si
verifica dopo la conquista di Babilonia da parte di Ciro (539/538
a.C.) e Dario (522 a.C.).Una coagulazione di stimoli culturali di
provenienza persiana e babilonese si avverte nei frammenti di
Eraclito e Senofane (VI-V a.C.). Contemporaneamente, si assiste a
una certa elaborazione sincretistica, in particolare nell’orfismo e nel
pitagorismo, che trovano terreno fertile soprattutto in Magna
Grecia, di elementi provenienti da varie culture e da quella egizia.
Parmenide ed Empedocle sono manifestazioni di questo particolare
contesto religioso-culturale.
• 3) Dopo le guerre persiane (490-479 a.C.) influenze babilonesi
penetrano fino ad Atene, dove era già arrivata la cultura egizia. I
frammenti di Democrito (V a.C.), gli aneddoti biografici di Socrate,
Platone e l’Accademia, Aristotele, mostrano influenze e parlano di
incontri con i Magi persiani e la teologia astrale.
La trasmissione dei testi filosofici antichi
La maggioranza dei testi filosofici antichi è andata perduta. Abbiamo
però la fortuna di possedere le opere più o meno complete di filosofi
illustri quali Platone, Aristotele, Sesto Empirico, Plotino, Lucrezio,
Cicerone, Seneca. Non dobbiamo pensare che la sopravvivenza o meno
dei testi sia un fatto casuale. I testi, come sapete, sono stati trascritti, e
sicuramente le varie élites intellettuali hanno deciso cosa dovesse
essere preservato e cosa no (sulla base sostanzialmente del successo
dei filosofi in questione).
Come sappiamo, quasi tutti i testi ci sono stati trasmessi da manoscritti
medievali (databili tra il IX e il XIII secolo d.C.).
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La trasmissione dei testi filosofici antichi 2
Pochi testi sono stati trovati trascritti su papiri (a volte molto antichi)
(es. una lunga sezione del poema di Empedocle, passi di Epicuro che si
sono conservati nei papiri ercolanesi, e poco altro).
Ci sono alcuni testi che addirittura sono conservati sotto forma di
iscrizioni su pietra (vedi il capitolo 3, dedicato a questo). Si va dalle
massime dei Sette Sapienti, (uomini politici e legislatori vissuti tra il VII
e il VI secolo a.C., le cui massime sono state su pietra anche in luoghi
dell’estremo oriente, al famoso portico di Diogene di Enoanda, in
Turchia. Egli aveva fatto trascrivere massime e trattati di filosofia
epicurea su un portico di pietra, utilizzato successivamente per
costruire una fortificazione. Dal 1884 (anno dei primi ritrovamenti) a
oggi, si continuano a trovare pietre con le iscrizioni, con cui via via si
completano le colonne scritte).
Scomparsa dei testi filosofici antichi
Ma la maggior parte dei testi presocratici, socratici e
ellenistici non sono sopravvissuti, sebbene numerosi
passi siano stati citati da altri autori antichi.
Scomparsa dei testi filosofici antichi 2
Scomparsa dei testi filosofici antichi 3
• In realtà, la maggior parte dei testi filosofici scompare già
prima della fine dell’Antichità (V-VI secolo d.C.) perché
pochi, nell’antichità greco-romana, si sono interessati alla
filosofia. Basti pensare alla differenza con i testi letterari
(Omero, Esiodo, i poeti, le tragedie), che invece si sono
conservati molto di più.
• Ciò è avvenuto perché la filosofia era praticata nei ginnasi,
negli spazi pubblici e nelle case dei privati, e non in
istituzioni dedicate all’insegnamento, salvo nel caso
dell’Accademia platonica, del Liceo aristotelico, del Giardino
di Epicuro. Tuttavia, ad eccezione dei dialoghi platonici
(scritti espressamente per un pubblico esterno alla scuola),
non sembra che i testi abbiano giocato un ruolo
significativo nell’attività filosofica.
Già a partire dal II secolo a.C. troviamo testimonianze secondo le quali
i testi filosofici divennero molto difficili da reperire.
Esempi:
1) lo studioso ateniese Apollodoro trovò per caso una copia del libro
del filosofo Anassimandro (testimonianza di Diogene Laerzio, II 2);
2) Sempre Diogene Laerzio (III 66) sostiene che i dialoghi di Platone
non fossero più facilmente accessibili cent’anni dopo la sua morte;
per ciò che riguarda Aristotele, sebbene alcuni testi fossero
accessibili in età ellenistica, la maggior parte del corpus
aristotelico scomparve per riapparire molto dopo, nel I secolo a.C.
con l’opera di Andronico di Rodi (I sec. A.C.) (Stabone e Plutarco,
Vita di Silla).
Scomparsa dei testi filosofici antichi 4
Insegnamento della filosofia antica
• Ricordiamo anche che, nel caso ci si fosse imbattuti in testi filosofici
antichi, le copie che si trovavano non erano perfette. Da qui il lavoro
di Andronico di Rodi, che dovette mettere insieme vari trattati
aristotelici e discutere sull’autenticità o meno di alcuni di essi; o
quello del grammatico Trasillo (I secolo d.C.) sui dialoghi di Platone
o i lavori di Democrito. Da allora i testi di questi autori cominciano a
ricircolare, anche se non massicciamente (restano sempre interesse
di pochi intellettuali).
• Invece, verso il IV d.C. l’imperatore Giuliano lamenta la scomparsa
dei testi epicurei e scettici, mentre Simplicio (VI d.C.) dichiara
esplicitamente di voler trascrivere lunghi passi del poema di
Parmenide e di altri «Presocratici» perché i testi erano ormai
difficilmente reperibili.
• Solo dal II-III secolo d.C. in poi, troviamo prove dirette
dell’utilizzo di testi filosofici per l’insegnamento.
• Intanto ricordiamo che nel 176 d.C. l’imperatore Marco
Aurelio istituisce ad Atene quattro cattedre di filosofia
(platonica, aristotelica, epicurea, stoica). Uno dei primi
docenti (di filosofia aristotelica) è Alessandro di Afrodisia (II-III
d. C.), che ci ha lasciato commenti alle opere aristoteliche,
sicuramente traccia delle sue lezioni.
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Insegnamento della filosofia antica 2
Insegnamento della filosofia antica 3
• Abbiamo poi le scuole neoplatoniche (III-VI secolo d.C.), dove
vengono studiati i testi di Aristotele e di Platone, seguendo un
iter curriculare che diventa sempre più preciso. Aristotele era
considerato inferiore e preliminare a Platone, e di esso si
leggevano soprattutto le cosiddette opere logiche (Categorie,
De interpretatione, Analitici), considerate preparatorie al
‘divino’ Platone, tant’è vero che rimangono commenti
neoplatonici soprattutto a queste opere. Poi si passava alla
lettura della «vera» filosofia, quella appunto dei dialoghi
platonici.
• Il fatto che la filosofia in quest’epoca coincidesse
essenzialmente con lo studio dei testi di
Aristotele e Platone è la ragione per cui tanti
frammenti dei filosofi presocratici sono giunti fino
a noi dai commentatori neoplatonici, in special
modo Simplicio. In effetti spesso, nelle sue opere,
Aristotele fa precedere le sue discussioni
filosofiche da una rassegna delle opinioni dei
predecessori. E, al fine di comprendere il testo di
Aristotele, era necessario conoscere i nomi e le
dottrine dei filosofi precedenti, cui Aristotele fa
riferimento.
Storia della filosofia
Storia della filosofia 2
• Il concetto di «storia della filosofia» nell’antichità non esisteva. I
filosofi si rivolgevano alle teorie dei predecessori o per criticarle, o
per trovare conferma alle loro proprie teorie. E’ importante tener
conto di questo aspetto quando si considerano i cosiddetti
«frammenti» dei filosofi (siano essi presocratici o stoici). E’
importante considerare sempre il contesto di questi «frammenti»,
tenendo anche presente che spesso è difficile stabilire con certezza
se si tratta proprio di frammenti, cioè citazioni dirette dei testi,
oppure di parafrasi, o di personali interpretazione dei testi.
• I filosofi manifestano molto presto la consapevolezza della presenza
«filosofica» dei loro predecessori e contemporanei (si veda ad
esempio Eraclito che, nel frammento 40 DK mostra un evidente
disprezzo nei confronti di Esiodo, Pitagora, Senofane, dicendo che il
loro sapere è vasto ma privo di intelligenza. Oppure Platone, che nel
Fedone si mostra deluso nei confronti di Anassagora, colpevole di
non aver dato all’Intelletto cosmico il ruolo che si merita).
• Tuttavia, un reale interesse per la filosofia del passato
si intreccia e si sviluppa soprattutto grazie alla
concezione aristotelica della filosofia.
• Un esempio che ci interessa: Metafisica Alpha. Qui
Aristotele presenta una concezione della filosofia come
conoscenza delle quattro cause delle cose. Le dottrine
dei predecessori vengono analizzate in quanto
«adombranti» la sua teoria. In particolare, il resoconto
delle dottrine dei presocratici e di Platone serve ad
Aristotele per mostrare che essi hanno intravisto
parzialmente e in maniera oscura l’ una o l’altra delle
quattro cause aristoteliche.
La dossografia
Testi dossografici
• E’ all’allievo e continuatore del liceo di Aristotele, Teofrasto, che si
fa risalire l’inizio della tradizione dossografica. Teofrasto ha scritto
un’opera di 18 libri sulle Opinioni dei fisici, di cui resta un libro (Sulla
sensazione) e qualche estratto in Simplicio. Questi resti dimostrano
che le sezioni sui filosofi greci da Talete a Platone nelle fonti
dossografiche risalgono in ultima istanza a Teofrasto.
• Il termine, «dossografia» (che significa resoconto delle opinioni
(doxai) dei filosofi, fu coniato nel XIX secolo e reso famoso dal
filologo tedesco H. Diels, che pubblicò nel 1879 i Doxographi Graeci,
in cui raccolse una varietà di testi, ognuno dei quali riportava le
opinioni dei filosofi greci da Talete al I secolo a.C. Non c’è dubbio
che gli antichi venissero a conoscenza della filosofia più attraverso
questi resoconti che non leggendo direttamente le opere filosofiche
in questione, eccezion fatta per i dialoghi di Platone e per quelle
opere aristoteliche studiate dai commentatori peripatetici (tipo
Alessandro di Afrodisia) e neoplatonici in epoca imperiale romana.
• I due testi che costituiscono i principali esempi di dossografia sono
- l’Epitome delle opinioni dei filosofi (chiamata anche Placita
philosophica) dello pseudo-Plutarco, risalente al II secolo d.C., in
parte ricopiata da Eusebio nella sua Praeparatio Evangelica, libri 1415, nel IV secolo, e tradotta in arabo verso il 900 d.C.;
- Gli estratti anonimi che si trovano nell’Anthologion (Ecloghe e
Florilegio) di Giovanni Stobeo (I, 1-46; IV, 36-7; 50a30), nel V-VI
secolo.
Questi testi sono molto simili tra loro e derivano da una fonte comune.
In essi le opinioni dei filosofi (selezionati in modo arbitrario) sono
presentate come semplici affermazioni prive di contesto e di
argomentazioni. Stando a Diels, la fonte comune dei due testi sarebbe
Aezio, che sarebbe l’autore, altrimenti ignoto, di un’opera dossografica,
collocabile intorno al 100 d.C. Quest’opera sarebbe stata a sua volta
basata su opere analoghe risalenti al I secolo a.C.
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Testi dossografici 2
Le biografie
• Un diverso genere di dossografia è quello che troviamo in Ippolito
(padre della chiesa, I libro della Confutazione di tutte le eresie, in cui
si dimostra che ogni eresia riprende una teoria filosofica pagana
antica), in Diogene Laerzio (Vite e dottrine dei filosofi illustri), e negli
Stromateis (Miscellanea) di pseudo-Plutarco. Queste dossografie
differiscono da quelle del primo tipo perché presentano le opinioni
di ciascun filosofo in capitoli separati (uno per filosofo), corredati
anche di aneddoti e notizie biografiche (nel caso almeno di Diogene
Laerzio), e anche citazioni. Resta però il fatto che anche in queste
opere le opinioni vengono presentate in modo dogmatico, senza
argomentazioni.
• E’ importante sottolineare che in generale queste dossografie non
criticano né discutono le opinioni presentate, e sono resoconti
spesso piatti. Tuttavia a volte ci restituiscono citazioni altrimenti
perdute (es. Ippolito ci restituisce 17 estratti di Eraclito, di cui la
maggior parte sarebbe altrimenti sconosciuta).
• Gli antichi greci e romani furono affascinati dalle vite dei
filosofi e personaggi illustri, e produssero una gran quantità
di biografie, anche di filosofi. Queste biografie, del tutto
inutili per reperire informazioni sulla vita e gli sviluppi dei
personaggi in questione (data anche l’estrema difficoltà di
reperire informazioni), sono basate su aneddoti e detti
famosi (le famose sentenze gnomiche o apophthegmata).
Purtroppo anche questi aneddoti e detti famosi spesso non
sono storicamente corretti. Molti sono i casi in cui per
esempio uno stesso aneddoto o sentenza vengono attribuiti
a più personaggi (es dell’episodio della lingua, attribuito sia
a Zenone di Elea sia a una filosofa donna, Timica).
Le biografie 2
Le biografie 3
• Uno dei problemi della biografia è quello di
determinare la durata della vita del
personaggio. Siccome gli antichi non
disponevano di una cronologia assoluta, le
date venivano stabilite tramite «coincidenze
sincroniche» con eventi a tutti noti come le
Olimpiadi, oppure con i nomi di chi ricopriva
cariche pubbliche. Per esempio, gli ateniesi
datavano gli anni facendo riferimento a uno
dei nove arconti (che governavano la città).
• Altro aspetto: si stabilisce il floruit (o l’acmé, in greco) di qualcuno a
quarant’anni, e da questo si risale per stabilire la data di nascita.
Sempre al quarantesimo anno si ricorreva per stabilire la data di
due filosofi quando si pensava che uno fosse l’allievo dell’altro. Es:
Democrito parla del suo essere giovane in concomitanza con la
vecchiaia di Anassagora, e poiché si supponeva che il rapporto che li
legava fosse quello di maestro-allievo, la nascita di Democrito fu
collocata nel 460 a.C., anno del floruit di Anassagora.
• In alcuni casi era nota l’età di un filosofo al momento della morte.
Ad esempio, Socrate aveva 70 anni quando fu condannato a morte,
il che avvenne nel primo anno dell’Olimpiade 95 (= 399 a.C.), e
dunque egli dovette nascere nel 469 a.C. (quarto anno
dell’Olimpiade 77).
Le biografie 4
Contesto storico
• Il più importante esempio biografico (oltre che dossografico) è la
raccolta delle vite e delle opinioni dei filosofi di Diogene Laerzio.
L’autore non è altrimenti noto, non si sa esattamente quando visse
(è collocato verso il 200 d.C.). L’opera si articola in dieci libri, la
maggior parte dei quali dedicata a un singolo filosofo a libro
(Platone, Aristotele, Zenone di Cizio, ecc.), e si configura come una
compilazione di estratti derivanti da molte fonti, di valore diseguale.
Resta un testo fondamentale, vera miniera di informazioni e a volte
di dottrine filosofiche.
• Altre biografie furono scritte più tardi su Pitagora (Porfirio e
Giamblico, II d.C.), Plotino (premessa da Porfirio alle Enneadi, scritti
plo5tiniani da lui organizzati) e sui neoplatonici (Marino, che scrisse
una vita di Proclo nel V d.C.; Damascio che scrisse una Historia
philosopha che copre le ultime due generazioni di filosofi platonici
ad Atene).
• La fase nel corso della quale si forma la civiltà greca è l’età arcaica.
Dopo il fiorire della civiltà minoica a Creta (2000-1380 a.C. circa) e
della civiltà micenea nel Peloponneso e poi in altre aree del mondo
greco (1700-110 a-C. circa), si assiste a una fase oscura, e poi a una
ripresa a partire dal 1000 a.C., che segna l’inizio della cosiddetta
fase dell’ «alto arcaismo». L’alto arcaismo è la fase in cui
progressivamente si afferma l’influenza dell’aristocrazia. Infatti, in
un contesto fortemente frazionato (Attica, Peloponneso e zone più
arretrate), ogni realtà, autonoma, si dà una struttura sociale che
vede alla base l’assemblea degli uomini in armi (uomini liberi) con
scarso potere, al vertice il re (basileus) che ha funzioni militari,
giudiziarie e religiose, affiancato però dal consiglio degli anziani
costituito dal ceto nobiliare, riunito in casate (ghene) e fratrie
(phratriai). Tale ceto trova il sostentamento economico nella
lavorazione della terra dei grandi latifondi, e ha uno stile di vita
basato sulla guerra e sulla vita politica.
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Contesto storico: l’età arcaica
La Polis
• Nell’VIII-VII secolo a.C., questo equilibrio si rompe per una
serie di fattori socio-economici, tra cui l’avvento della
cosiddetta «riforma oplitica». Questa riforma, che di fatto è
progressiva, si riferisce a un cambiamento nel modo di
combattere: al duello eroico tra aristocratici, dipinto nei
poemi omerici, si sostituisce via via il combattimento
ordinato delle schiere di soldati, formate da uomini liberi.
Ciascuno mantiene il proprio posto, consapevole del dovere
di proteggere il compagno accanto. Si crea e si salda così un
forte spirito di gruppo, un’ideale comune, che mira alla
difesa del proprio territorio e della libertà. Dall’oplitismo si
generò una società più coesa, non più basata
sull’appartenenza al ceto, ma sul ruolo di ciascuno nella
difesa dello stato.
• In tale contesto nasce la polis, la città, che come sappiamo non è
unicamente un concetto di natura urbana, sebbene l’aspetto
territoriale sia importante (acropoli, destinata all’uso religioso; il
centro cittadino; la campagna coltivata, la zona di confine, destinata
al pascolo). Essa è un’organizzazione politica, uno stato (infatti si
parla della polis come di città-stato) in cui i cittadini si riconoscono,
regolata da leggi e culti comuni, e in cui il potere è esercitato
secondo regole condivise e criteri di turnazione. Accanto alle
formazioni cittadine (Atene, Sparta, Corinto), il mondo greco
conosce anche le federazioni di stati (come ad esempio la
Tessaglia), che avranno però un ruolo di secondo piano nell’età
classica.
• Il mondo greco quindi è politicamente frammentato, anche se ci
furono organismi sovranazionali di carattere religioso, come le leghe
sacre (i cui centri furono ad esempio il santuario di Apollo a Delfi) o
di carattere militare.
Movimento coloniale
Atene in età arcaica
• Nel periodo in cui si situa la riforma oplitica e la
nascita della polis, si assiste anche al movimento
coloniale (VIII-VII secolo a.C.), estremamente
importante per la nascita della filosofia. Da
Corinto, Megara, Atene partirono ondate di
cittadini che andarono a colonizzare l’Asia Minore
(attuale Turchia), la zona degli stretti, le coste del
Mar nero, e, in occidente, le coste dell’Italia
meridionale, le coste dell’Africa settentrionale,
della Gallia, della Spagna. La colonia era
politicamente del tutto svincolata dalla
madrepatria.
• Nell’età più antica, Atene era retta da una monarchia, alla quale
successe l’epoca degli arconti (suprema magistratura) (vitalizi,
decennali e poi, a partire dal 682/1, annuali). Vi erano, poi, un
consiglio di rango più elevato, l’Areopago, e l’assemblea dei
cittadini. Qui si situa il periodo della legislazione di Dracone
(621/620), di cui sono note soltanto le norme relative ai processi
per omicidio, importanti perché sottraggono l’omicidio alla
vendetta privata e lo assegnano allo stato.
• Dal VI secolo in poi, sono tre i momenti importanti della storia
politica di Atene (che vedono anche una articolazione progressiva
sociale e costituzionale): i) l’arcontato di Solone (594/3 o 592/1); ii)
la tirannide di Pisistrato e dei suoi figli (561/0-511/0); iii) la riforma
di Clistene (508/7), considerato il padre della democrazia (per i
dettagli, vi studiate le pp. 64-65 del manuale).
Sparta
Sparta 2
• Parliamo brevemente anche di Sparta poiché, anche se non
significativa dal punto di vista della filosofia, fu organizzata in modo
che piacque a Platone (tant’è vero che il modello di stato che
Platone presenta nella Repubblica si ispira proprio ad essa).
• All’inizio aperta ai contatti con l’esterno, in seguito alle guerre
messeniche (VIII-VII secolo a.C.) che portarono all’immissione di un
altissimo numero di schiavi (secondo Erodoto in rapporto di 7
contro un cittadino), Sparta diventò una sorta di «caserma» rigida e
chiusa.
• Si dice che la costituzione di Sparta fu ideata da Licurgo, che
però è un personaggio mitico. Tale costituzione prevedeva
una diarchia (governo di due) di carattere dinastico, con due
re appartenenti a due famiglie diverse, con poteri militari e
religiosi, costituenti anche due dei trenta membri della
gerusia, un consiglio di anziani che elaborava le proposte di
legge.
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Sparta 3
• Le leggi venivano sottoposte all’apella, assemblea composta dai
cittadini, che aveva solo il potere di approvarle o respingerle. Vi
erano poi cinque efori, eletti annualmente, per controllare l’operato
dei re.
• La società era divisa in spartiati (cittadini a pieno diritto, nerbo
dell’esercito), perieci (uomini liberi ma non cittadini, dotati di diritti
civili ma non politici), iloti (schiavi di guerra).
• Sparta aveva nel complesso uno stile di vita più collettivistico e
militaresco. Infatti, lo stato assegnava un lotto di terra a ciascuno
spartiata, che la faceva coltivare agli iloti, e di cui consegnava i
proventi allo stato, ottenendo così il diritto di partecipare ai
banchetti comuni.
• Malgrado la frammentazione, possiamo dire che, all’inizio del V
secolo a.C., diversi elementi accomunavano la grecità (lingua,
cultura, religione, stile di vita) (cf. Erodoto, VIII 144).
La storia della filosofia antica da un
certo punto di vista
• Prima di iniziare a parlare dei filosofi antichi, è
opportuno precisare che in questo corso non si
farà semplicemente una carrellata delle teorie
filosofiche, ma gli autori verranno considerati in
relazione ai contributi che essi hanno apportato
ad una questione filosofica di primaria
importanza: la causalità.
• Ora, per introdurre la storia della filosofia antica
vista attraverso la tematica della causalità,
occorre innanzitutto fare una sorta di
presentazione generale sulla causalità.
Perché un corso sulla causalità?
Cause antiche
• Perché le cose accadono?
• Che cosa fa sì che un particolare evento avvenga in un
particolare momento?
• Quali sono i costituenti ultimi delle cose?
• In che modo la struttura di un organismo determina la
propria funzione?
• I costituenti dell’universo esistono in vista di uno scopo?
• In che modo la gente è responsabile di quello che fa?
R.J. Hankinson
Cause and explanation
In ancient greek thought
Oxford 1998
• Sebbene queste domande siano variamente formulate
e riguardino cose diverse, sono tutte unite dal fatto che
esse richiedono delle spiegazioni.
• Forse possiamo dire che i filosofi greci non abbiano
inventato la spiegazione causale (tali domande, per
esempio sull’origine del mondo, sono già all’opera nei
testi delle civiltà orientali, o in Esiodo ed Omero). Ma
possiamo certo dire che i filosofi greci sono stati i primi
a sottoporre l’idea di causa e spiegazione ad analisi
rigorose e dettagliate e a costruire su esse teorie
importanti.
Cause antiche
Che cos’è una causa?
• Ciò accade soprattutto con Aristotele che,
come sappiamo, elabora la famosa teoria delle
quattro cause, applicandola a tutti i campi del
sapere (metafisico, fisico, etico, politico).
• Ma già con i cosiddetti «Presocratici», le
questioni che vanno emergendo sono tutte di
tipo esplicativo-causale (origine del cosmo;
azione umana).
• Noi moderni, sulla scia delle critiche fatte alla
causalità dal celebre filosofo Hume, siamo
abituati a pensare alla causa come a qualcosa
(individuo- es. Socrate, o evento- es. il calore del
sole) che fa, attivamente, qualcosa.
• Es. Socrate spinge Platone
• Il calore del sole scioglie il burro.
– Socrate e il calore del sole causano rispettivamente lo
spostamento di Platone o lo scioglimento del burro.
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Che cos’è una causa?
• Ma questo è solo uno dei concetti di causa che
emergono nell’Antichità, quello che, grosso
modo, corrisponde alla causa efficiente di
aristotelica invenzione, e che fu
definitivamente adottato dallo stoicismo.
Indubbiamente l’idea di cose responsabili
della produzione di effetti non è estranea ai
filosofi antichi.
Che cos’è una causa?
• Tuttavia, nella riflessione sulla «causa» ad
opera degli antichi, emerge un concetto di
«causa» più ampio, che ingloba, oltre al
concetto di «causa» che ancor oggi
utilizziamo, quello di «ragione» e
«spiegazione».
Cause antiche
Che cos’è una causa?
• Di fatto, il termine greco aitia o aition
(aggettivo questo mutuato dalla tradizione
giuridica, che significa «responsabile» o
«autore» di qualcosa), che noi traduciamo con
«causa», è un termine equivalente alle
formula greche dia ti o dioti, che significano
rispettivamente «perché?» e «il perché». E’
Aristotele che stabilisce chiaramente questa
equivalenza, già però esplicitata e utilizzata da
Platone nel Fedone.
• X è causa di y se e solo se x fornisce il perché di y
Causa/spiegazione
Spiegazioni vs. Cause
• Già dagli esempi risulta chiaro che c’è una
sorta di décalage tra il concetto di causa
moderno (qualcosa che fa attivamente
qualcosa) e quello di spiegazione o ragione.
– Es. Socrate causa lo spostamento di Platone se e solo
se la spinta di Socrate spiega lo spostamento di
Platone.
– Es. aristotelico: il bronzo è causa della statua.
Per rendere questo esempio comprensibile,
dobbiamo articolarlo meglio: la materia della statua (il
bronzo) è (ad esempio) causa del fondersi della statua a
contatto con il fuoco.
Quindi: perché la statua fonde? Perché è fatta di
bronzo.
1) Il perché viene utilizzato per introdurre una
spiegazione in forma proposizionale, la causa in
senso moderno no.
• Esempio bizzarro (aristotelico): il bronzo è causa della
statua. Cosa significa? In che senso il bronzo è causa
attiva della statua?
meglio:
• la statua fonde perché è fatta di bronzo.
– La statua possiede proprietà ‘spiegabili’ con il suo essere fatta
di bronzo
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Causa/effetto
Cause nel mondo antico
2) Tradizionalmente, il concetto di cause richiede
necessariamente quello di effetto, mentre invece
quello di spiegazione/ragione no.
es.
i) 22 è maggiore di 32
perché
ii) 2 è maggiore di 3.
ii) è la spiegazione di i), ma non causa
direttamente e attivamente i).
• Parlare di causalità nel mondo antico significa
quindi parlare di quei tentativi, chiarimenti,
tematizzazioni che, possiamo dire in generale,
si occupano del ‘perché’ delle cose.
• Il ‘perché’ si configura come una categoria
generale in cui si situano tutte le domande,
anche se in forma diversa, che riguardano
spiegazioni, ragioni, cause.
Cause nel mondo antico
Autori antichi e causalità
• Risulta a questo punto evidente l’importanza
dell’argomento. La ricerca delle cause,
spiegazioni, ragioni, è infatti fondamentale per
ogni disciplina: scienza (fisica, chimica,
biologia), filosofia, etica.
• Da qui la scelta degli autori.
• 1) I «presocratici», o meglio, i filosofi della natura: sono
i primi a cercare spiegazioni ‘scientifiche’ (vedremo in
che senso) di fenomeni fisici;
• 2) Platone: il primo a esplicitare filosoficamente la
«questione della causalità» e a proporre spiegazioni
alternative, in aperta polemica con i filosofi della
natura (Fedone e Timeo);
• 3) Aristotele: il primo a proporre una teoria completa
delle cause, e ad applicare il modello causaleesplicativo a tutte le discipline di cui si occupa: scienze
‘dure’ (quali la geometria, l’aritmetica, l’astronomia, la
logica), metafisica, fisica, etica
Autori antichi e causalità
• 4) Stoici (nella testimonianza di Cicerone), che
propongono una teoria assai raffinata e
oramai moderna delle cause.
• 5) Plotino (se riusciremo ad arrivarci), che
rielabora la teoria aristotelica delle cause in
modo originale.
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