Itinera n. 3, 2012

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Giacomo Casanova, una vita teatrale
di Daniele Colombi
Abstract
Difficile definire in poche parole Giacomo Casanova. La sua personalità
rimane nascosta, celata dietro quella maschera che indossa ogni giorno,
per essere qualcuno di diverso. Il Casanova più vero si scopre in pochi
episodi, quando il suo essere attore si scioglie e si racconta per quello che
davvero è. Il libertino veneziano interpreta al meglio l’idea di teatro
vissuto nella quotidianità.
Dire di un uomo che è un “Casanova” equivale a riconoscerlo per donnaiolo, libertino e uomo scostumato in genere. Questa opinione, che resiste ancora oggi, si è formata quando, tra il 1822 e il 1828, le memorie
di Giacomo Casanova incominciarono ad apparire in pubblico e
l’attenzione dei lettori si appuntò sulle vicende amorose del personaggio.
Ma Casanova non fu soltanto un volgare libertino1: egli, infatti, fu
un narratore, un letterato attento alle vicende umane; si occupò di
matematica, di astronomia, di sociologia, di teatro, ricoprendo diversi
ruoli e assumendo molte cariche, su ognuna delle quali lasciò qualche
scritto. La sua attività narrativa trova l’apice nell’Histoire de ma vie,
nel racconto di fantascienza Icosameron e in un paio di romanzi
amorosi di genere epistolare. A queste opere vanno aggiunti vari saggi
e libelli, satire e brani narrativi. Questo immane lavoro letterario di
Casanova basta a liberare il veneziano dal cliché del libertino
professionale e ad accoglierlo nella nobile società delle lettere; l’analisi
di un personaggio come Casanova porta ad uno scontro tra le due
personalità, difficilmente intercambiabili. Quale carattere aveva,
1
Cfr. D. Foucault , Storia del libertinaggio e dei libertini, tr. it. di M. Matullo, Salerno
editrice, Roma 2009.
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dunque, Casanova? Come si comportava? Come vedeva e giudicava il
mondo intorno a sé? Come vedeva se stesso e come vedeva le donne?2
Quando si vuole avvicinare questa complessa e contraddittoria
figura di uomo del Settecento, bisogna cominciare dalle sue origini
teatrali: Casanova nasce nel 1725 dall’unione di un’attrice – Zanetta
Farussi – e di un modestissimo attore, Gaetano Casanova. In realtà il
vero padre di Casanova è il patrizio Michele Grimani; Casanova non
nasconderà mai la verità, testimoniando sfrontatamente la sua origine
spuria nel libello Né amori né donne3 – la cui pubblicazione gli costerà
il secondo e definitivo esilio da Venezia all’età di cinquant’anni. Fin
dall’infanzia Casanova soffre le conseguenze del suo stato sociale, che
segnerà per sempre la sua esistenza e il suo modus vivendi. Nella sua
vita Casanova viaggerà moltissimo: nei salotti d’Europa si prende a
parlare di Casanova e delle sue memorabili imprese a cominciare dalla
fuga dai Piombi sino al duello con il conte Branicki. Dal momento in cui
Casanova si trova sotto i Piombi, incomincia la sua vera vita; da quella
notte diventa un avventuriero in tutto il senso che ha la parola nel
Settecento. Gli avventurieri del secolo sono, però, di bassa estrazione:
Casanova ostenta lo Speron d’Oro, la sua carica di Protonariato
Apostolico Extra Urbem strappata a papa Rezzonico e il titolo
assegnato autonomamente di cavaliere di Seingalt, preso, per sua
precisa dichiarazione, da quel deposito a disposizione di chiunque che è
costituito dalle lettere dell’alfabeto4.
Casanova lotta incessantemente per tenere in alto la propria figura
e la propria fama: impresa faticosa, qualche volta disperata, che egli
conduce per tutta la vita, fino a quando, accolto dal conte di
Waldenstein, si ritira a Dux in Boemia con l’impiego di bibliotecario e
2
Cfr. P. Chiara, Il vero Casanova, Marlin editore, Cava de’ Tirreni (SA) 2008, pp. 1415.
3
J. Casanova , Né amori né donne, ovvero La stalla ripulita, Libraire de la Société
casanovienne, Paris 1926.
4
Cfr. P. Chiara, Il vero Casanova, cit., pp.18-20.
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con davanti tredici anni di vita durante i quali scrive gran parte della
sua opera letteraria e principalmente l’Histoire de ma vie5.
Casanova scrive tutti i giorni, quasi in preda al delirio; scriverà fino
al giorno della sua morte, il 4 giugno 1798. Il manoscritto dell’Histoire
de ma vie passa di mano in mano fino all’editore Friedrich Arnold
Brockhaus. Dopo la pubblicazione dell’opera integrale, avvenuta
soltanto nel 1960, Casanova ha il vantaggio di apparire meno scurrile e
lubrico di quanto si pensasse; proprio da questi anni comincia la vera
fortuna dello scrittore e narratore Giacomo Casanova, che appare in
altra luce e più importante sotto il profilo storico e narrativo piuttosto
che l’altro, convenzionale, del Don Giovanni6 e dell’avventuriero.
Il suo gran libro, che è stato quasi sempre ritenuto un giardino di
proibite delizie, è invece la franca e aperta confessione di un disperato
italiano del Settecento: il Casanova è un personaggio tragico, e non solo
in vecchiaia. È un povero bastardo pieno d’ingegno che non riesce a
realizzare nessuno dei suoi sogni: non l’amore, non la poesia o la
letteratura, non il comando, non la ricchezza e neppure di un titolo, se
non quello inventato con otto lettere dell’alfabeto. Non vuole famiglia,
non ha nome, e disperde figli per il mondo, li dileggia quando li ritrova
e se ne serve, se sono femmine, al limite dell’incesto. È un eroe, ma
anche una vittima del proprio tempo. Al limite della sua esistenza
sente il dovere di scrivere, di raccontarsi senza pietà: “Scrivo dall’alba
alla sera e posso assicurarvi che scrivo anche dormendo, perché sogno
sempre di scrivere”7. Casanova scrive per consegnare sé e il proprio
tempo all’avvenire, tramite un affresco grandioso della sua epoca,
senza riguardi per nessuno, con il solo scrupolo della verità che il
narratore aggiunge anche contro se stesso, quando la passione del fatto
5
G. Casanova, Storia della mia vita, I Meridiani Mondadori, Milano 2007.
Cfr. T. de Molina, L’ingannatore di Siviglia, tr. it. di R. Paoli, Garzanti, Milano 2004
o Molière, Don Giovanni, a cura di L. Lunari, BUR, Milano 2007.
7
Da una lettera a J.F. Opiz, in F. Khol e P. Pick (a cura di), Corrispondenza con J. F.
Opiz, Kurt Wolff Verlag, Lipsia 1913.
6
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gli prende la mano. Parla liberamente dei propri errori, dei propri vizi
e delle proprie vergogne8.
L’Histoire de ma vie, come tutte le autobiografie, è un ritratto
morale, la proposta di un modello di esistenza che il Casanova reputa
degno d’interesse. È facile contestargli di essersi scostato dal vero, di
aver inventato la maggior parte dei fatti. Si deve, però, leggere anche
attraverso le menzogne in testi di questo genere: la verità di fondo delle
sue memorie è incontestabile perché non ha mai avuto, finora, che
conferme. Le sue memorie sono una commedia teatrale9, sono il teatro
che lui stesso ha vissuto sul palcoscenico della vita quotidiana e il
teatro esprime una verità, la vita non sempre10. Lo vediamo travestirsi
per mettersi in mostra in piazza, in un bar; la sua descrizione sembra
proprio un cambio d’abito11 dietro le quinte12 del teatro, per entrare sul
palcoscenico13 della vita quotidiana. Quello stesso teatro che ha sempre
evitato, quella vita tanto odiata ritornano nelle pagine del suo diario
come una delle più brillanti commedie. Casanova proietta sulla carta
tramite la penna quella vita che si era inventato giorno per giorno,
come se potesse rivivere quelle esperienze e cancellare il mondo
presente, quel castello vuoto e buio, dove anche la servitù gli è contro.
Chi era, davvero, Giacomo Casanova?14 Una domanda difficile per
un personaggio multiforme, dotato di una capacità straordinaria nel
cambiare personalità e comportamento, in grado di rivelarsi il peggiore
tra i libertini e, poco dopo, mostrare profonda umanità e sentimenti. È
8
Cfr. N. Catelli, G. Iacoli, P. Rinoldi (a cura di), Verba tremula. Letteratura, erotismo,
pornografia, Bonomia University Press, Bologna 2010 o D.A.F. de Sade, La filosofia
nel boudoir, tr. it. di L. Binni, Garzanti, Milano 2004, p. 25.
9
Cfr. P. Bosisio, Teatro dell’Occidente. Elementi di storia della drammaturgia e dello
spettacolo teatrale, vol. 2, Seconda Edizione, LED, Milano 2006, pp. 53-57.
10
Cfr. R. Tessari, Teatro e antropologia. Tra rito e spettacolo, Carrocci editore, Roma
2007.
11
Cfr. P. Bignami, Storia del costume teatrale, Carrocci, Roma 2005.
12
Cfr. F. Perrelli, Storia della scenografia, Carrocci, Roma 2003.
13
Cfr. P. Bosisio, Teatro dell’Occidente. Elementi di storia della drammaturgia e dello
spettacolo teatrale, cit.
14
Cfr. P. Chiara, Il vero Casanova, cit., p. 15.
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per questo che ognuno trova nel grande avventuriero uno specchio nel
quale guardarsi o al quale voltare, indispettito, le spalle. Il Casanova
fu tutti e fu nessuno, dal punto di vista della identificazione
psicologica, mentre è qualche cosa di preciso e di inconfutabile come
testimone di un’epoca, come scrittore di costume e come narratore15.
Questa continua ricerca di una personalità nasconde il desiderio di
essere considerato dagli altri: l’ossessione di Casanova è essere
qualcuno. La sua vita diventa una serie di prove per dimostrare di
essere ciò che non ha voluto diventare seguendo le vie normali. La sua
vita è perennemente uno spazio teatrale16: preferisce l’illusione di un
istante alla sicurezza del reale. La sua vocazione teatrale, il suo gusto
di sembrare ciò che non è, rappresenta un’evasione dalla durezza delle
regole sociali; le tappe della sua esistenza sembrano ubbidire a uno
schema, a un copione.
Casanova è stato prete, cavaliere, militare, mago, truffatore,
giocatore,
frate…
tutto
all’insegna
della
recitazione
e
dell’improvvisazione17. È un attore: il suo diario dà l’impressione che la
variabilità dei codici di comportamento del protagonista possa essere
ricondotta a un’esigenza di adeguamento alla variabilità della scena
del mondo18. La gente comune assiste alle sue performances19 senza
mai indovinare la vera personalità che resta nascosta, ma in realtà si
sviluppa proprio in questa straordinaria capacità di trasformare se
stesso. Il mondo teatrale entra con prepotenza nella vita di Casanova;
ma il palcoscenico non è quello del teatro S. Samuele20 a Venezia, ma
sono le strade e le città; avere un pubblico che lo applaude è una gioia,
15
Cfr. M. Mari (a cura di), L’histoire de ma vie di Giacomo Casanova, Quaderni di
Acme, 100, Cisalpino, Milano 2006.
16
Cfr. F. Cruciani, Lo spazio del teatro, Editori Laterza, Bari 2009.
17
Cfr. «Introduzione», in G. Brunacci (a cura di), G. Casanova, Memorie scritte da lui
medesimo, Garzanti Editore, Milano 1999, p. 5.
18
Cfr. M. Mari (a cura di), L’histoire de ma vie di Giacomo Casanova, cit., p. 82.
19
Cfr. R. Tessari, Teatro e antropologia. Tra rito e spettacolo, cit., pp. 150-157.
20
Cfr. P. Bosisio, Teatro dell’Occidente. Elementi di storia della drammaturgia e dello
spettacolo teatrale, cit., pp. 24-35.
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un piacere. L’attore esce così dal teatro e recita fuori dal luogo in cui
siamo abituati a vederlo: in Casanova la vita e l’immaginazione si
fondono in una sorta di spettacolo unico, la maschera21 non è più quella
fisica
della
Commedia
dell’Arte22,
ma
diventa
una
maschera
metaforica, filosofica, psicologica. Ritroviamo il vero Casanova in quelle
parole scritte, in quella verità espressa negli episodi della sua vita.
Anche l’amore, per il più abile conquistatore di donne23, diventa un
momento di teatralità, diviso tra vere e proprie recite per ottenere una
notte d’amore e reali confessioni di un sentimento profondissimo.
Casanova sa come pensano le donne o almeno sembra intuirlo e questo
lo rende un abile seduttore, ma la sua abilità più grande è la capacità
di parola: parla alle donne, agli uomini e ai lettori senza annoiare
nessuno. Per tutta la vita inseguirà e sedurrà molte donne,
innamorandosi sempre di tutte e concedendosi a loro; ma alcune di
queste lasciano nella sua anima un segno indelebile, sia in positivo che
in negativo. Sebbene sia difficile leggere tra le righe il momento in cui
Casanova parla col cuore o, semplicemente, sta architettando un piano
per avere una donna nel proprio letto, nei suoi diari si possono trovare
alcuni passaggi in cui il veneziano sembra aprire il suo cuore24.
Henriette è un nome che resta nella memoria di Casanova, al punto da
ricordare con precisione ogni istante passato con la donna francese. In
queste pagine il veneziano lascia cadere la maschera di libertino e apre
il suo cuore, scrivendo parole vere e non invenzioni o strategie di
conquista. Tutti i suoi sentimenti si riversano sulle pagine, lasciandoci
un ricordo molto romantico di quella relazione.
Dopo tanti anni
Casanova dichiara ancora il suo amore per Henriette, quasi come fosse
ancora al suo fianco. Non sono semplici parole di un libertino che
21
Cfr. P. Bignami, Storia del costume teatrale, cit.
Cfr. P. Bosisio, Teatro dell’Occidente. Elementi di storia della drammaturgia e dello
spettacolo teatrale, vol. 1, cit., pp. 416-423.
23
Cfr. E. Sormani (a cura di), Le donne e gli amori dalle Memorie, BUR, Milano 2010.
24
Cfr. G. Comisso, Tre amori di Casanova, Longanesi, Milano 1966.
22
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racconta l’ultima avventura a qualche amico di osteria: sembrano più
parole di un uomo che sente dentro di sé tutta la forza dell’amore. Un
amore
segnato
dalla
fugacità
e
dall’effimero,
così
come
una
rappresentazione teatrale: Henriette, dopo aver trascorso un periodo
meraviglioso con il suo amore, si vede costretta a raggiungere la
famiglia in Provenza. Ella lascia per sempre l’Italia e i due si danno
l’addio a Ginevra, in una stanza d’hotel25. I grandi amori, anche se
fanno soffrire, sono comunque un emblema della nostra avventura
umana e Casanova lo esprime con bellissime parole. Dove è finito il
conquistatore, il libertino26? Casanova, lo stratega dell’amore, si
abbandona nel sentimento, scopre la sua anima e la dona interamente
a una donna. Casanova scrive di aver amato ogni donna, ma non per
tutte dedica tali pagine piene di ricordi e dichiarazioni. La sua
personalità oscilla, ancora una volta, tra un personaggio studiato e un
uomo in balia dei propri sentimenti.
L’Histoire de ma vie si conclude dopo 4545 pagine: la lunga
narrazione si interrompe bruscamente, senza un monologo finale,
senza ultime considerazioni e, soprattutto, senza accenno alcuno al
ritiro finale nel castello di Dux. Come per Don Giovanni anche per
Casanova è arrivata la resa dei conti e l’inferno della vecchiaia e della
solitudine. Le donne sono sempre presenti: riesce a dare qualche
stoccata ad alcune cameriere o vecchie nobili, ma lo spirito e il vigore
non sono più quelli di un tempo. Nelle ultime ore della sua vita
Casanova riceve i sacramenti; sul letto di morte pronuncia un’ultima
frase: “Gran Dio e voi, testimoni della mia morte: ho vissuto da filosofo
e muoio da cristiano!”27. Ultimo colpo di scena di una vita teatrale su
cui cala il sipario28. L’attore sulla scena ha saltato, ballato, duellato,
25
Cfr. E. Ravel, L’uomo che inventò se stesso. Vita e commedia di Giacomo Casanova,
La Lepre Edizioni, Roma 2010, pp. 115-117.
26
Cfr. D. Foucault, Storia del libertinaggio e dei libertini, cit.
27
G. Casanova, Storia della mia vita, cit., vol. 3, cap. XXV, p. 1016.
28
F. Perrelli, Storia della scenografia, Carrocci, Roma 2003.
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amato, ingannato, spiato e barato; ma adesso lo spettacolo è finito in
maniera inesorabile: non ci sarà una replica. Il 4 giugno 1798 Giacomo
Casanova muore nel castello di Dux (oggi la cittadina Duchcov): il suo
corpo viene sepolto nel recinto della cappella di Santa Barbara,
confinante col castello, e presto si perdono le tracce della tomba.
La figura di Casanova merita di essere rivalutata e studiata, per
sbarazzarsi del pregiudizio di un uomo libertino e meschino; un
giudizio che oscura e nasconde la vera personalità del veneziano. Le
varie maschere indossate per tutta la vita non hanno certo favorito
giudizi positivi nei suoi confronti, ma l’essenziale si raggiunge
scavalcando certi particolari e tenendo d’occhio il quadro generale, il
più veritiero, riassunto in maniera perfetta da Piero Chiara, uno dei
più grandi studiosi di Casanova:
Fu un baro, una spia, un ateo, un imbroglione, un
seduttore, gli mancò la responsabilità morale, la pietà, la
serietà scientifica, il buon latino, il greco perfetto, il
francese classico. Vero eroe del suo tempo per l’audacia, la
sincerità con la quale lo visse, allo sbaraglio senza temere i
colpi di spada o di pistola, il carcere e l’esilio in un’epoca in
cui la vita era un’opera d’arte e si poteva farne, con vera
gioia, un capolavoro dei sensi.29
29
Cfr. «Introduzione», in G. Casanova, Storia della mia vita, cit., vol. 1, p. XI.
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