Giacomo Casanova, una vita teatrale di Daniele Colombi Abstract Difficile definire in poche parole Giacomo Casanova. La sua personalità rimane nascosta, celata dietro quella maschera che indossa ogni giorno, per essere qualcuno di diverso. Il Casanova più vero si scopre in pochi episodi, quando il suo essere attore si scioglie e si racconta per quello che davvero è. Il libertino veneziano interpreta al meglio l’idea di teatro vissuto nella quotidianità. Dire di un uomo che è un “Casanova” equivale a riconoscerlo per donnaiolo, libertino e uomo scostumato in genere. Questa opinione, che resiste ancora oggi, si è formata quando, tra il 1822 e il 1828, le memorie di Giacomo Casanova incominciarono ad apparire in pubblico e l’attenzione dei lettori si appuntò sulle vicende amorose del personaggio. Ma Casanova non fu soltanto un volgare libertino1: egli, infatti, fu un narratore, un letterato attento alle vicende umane; si occupò di matematica, di astronomia, di sociologia, di teatro, ricoprendo diversi ruoli e assumendo molte cariche, su ognuna delle quali lasciò qualche scritto. La sua attività narrativa trova l’apice nell’Histoire de ma vie, nel racconto di fantascienza Icosameron e in un paio di romanzi amorosi di genere epistolare. A queste opere vanno aggiunti vari saggi e libelli, satire e brani narrativi. Questo immane lavoro letterario di Casanova basta a liberare il veneziano dal cliché del libertino professionale e ad accoglierlo nella nobile società delle lettere; l’analisi di un personaggio come Casanova porta ad uno scontro tra le due personalità, difficilmente intercambiabili. Quale carattere aveva, 1 Cfr. D. Foucault , Storia del libertinaggio e dei libertini, tr. it. di M. Matullo, Salerno editrice, Roma 2009. Itinera, N .3, 2012. Pagina 265 dunque, Casanova? Come si comportava? Come vedeva e giudicava il mondo intorno a sé? Come vedeva se stesso e come vedeva le donne?2 Quando si vuole avvicinare questa complessa e contraddittoria figura di uomo del Settecento, bisogna cominciare dalle sue origini teatrali: Casanova nasce nel 1725 dall’unione di un’attrice – Zanetta Farussi – e di un modestissimo attore, Gaetano Casanova. In realtà il vero padre di Casanova è il patrizio Michele Grimani; Casanova non nasconderà mai la verità, testimoniando sfrontatamente la sua origine spuria nel libello Né amori né donne3 – la cui pubblicazione gli costerà il secondo e definitivo esilio da Venezia all’età di cinquant’anni. Fin dall’infanzia Casanova soffre le conseguenze del suo stato sociale, che segnerà per sempre la sua esistenza e il suo modus vivendi. Nella sua vita Casanova viaggerà moltissimo: nei salotti d’Europa si prende a parlare di Casanova e delle sue memorabili imprese a cominciare dalla fuga dai Piombi sino al duello con il conte Branicki. Dal momento in cui Casanova si trova sotto i Piombi, incomincia la sua vera vita; da quella notte diventa un avventuriero in tutto il senso che ha la parola nel Settecento. Gli avventurieri del secolo sono, però, di bassa estrazione: Casanova ostenta lo Speron d’Oro, la sua carica di Protonariato Apostolico Extra Urbem strappata a papa Rezzonico e il titolo assegnato autonomamente di cavaliere di Seingalt, preso, per sua precisa dichiarazione, da quel deposito a disposizione di chiunque che è costituito dalle lettere dell’alfabeto4. Casanova lotta incessantemente per tenere in alto la propria figura e la propria fama: impresa faticosa, qualche volta disperata, che egli conduce per tutta la vita, fino a quando, accolto dal conte di Waldenstein, si ritira a Dux in Boemia con l’impiego di bibliotecario e 2 Cfr. P. Chiara, Il vero Casanova, Marlin editore, Cava de’ Tirreni (SA) 2008, pp. 1415. 3 J. Casanova , Né amori né donne, ovvero La stalla ripulita, Libraire de la Société casanovienne, Paris 1926. 4 Cfr. P. Chiara, Il vero Casanova, cit., pp.18-20. Itinera, N .3, 2012. Pagina 266 con davanti tredici anni di vita durante i quali scrive gran parte della sua opera letteraria e principalmente l’Histoire de ma vie5. Casanova scrive tutti i giorni, quasi in preda al delirio; scriverà fino al giorno della sua morte, il 4 giugno 1798. Il manoscritto dell’Histoire de ma vie passa di mano in mano fino all’editore Friedrich Arnold Brockhaus. Dopo la pubblicazione dell’opera integrale, avvenuta soltanto nel 1960, Casanova ha il vantaggio di apparire meno scurrile e lubrico di quanto si pensasse; proprio da questi anni comincia la vera fortuna dello scrittore e narratore Giacomo Casanova, che appare in altra luce e più importante sotto il profilo storico e narrativo piuttosto che l’altro, convenzionale, del Don Giovanni6 e dell’avventuriero. Il suo gran libro, che è stato quasi sempre ritenuto un giardino di proibite delizie, è invece la franca e aperta confessione di un disperato italiano del Settecento: il Casanova è un personaggio tragico, e non solo in vecchiaia. È un povero bastardo pieno d’ingegno che non riesce a realizzare nessuno dei suoi sogni: non l’amore, non la poesia o la letteratura, non il comando, non la ricchezza e neppure di un titolo, se non quello inventato con otto lettere dell’alfabeto. Non vuole famiglia, non ha nome, e disperde figli per il mondo, li dileggia quando li ritrova e se ne serve, se sono femmine, al limite dell’incesto. È un eroe, ma anche una vittima del proprio tempo. Al limite della sua esistenza sente il dovere di scrivere, di raccontarsi senza pietà: “Scrivo dall’alba alla sera e posso assicurarvi che scrivo anche dormendo, perché sogno sempre di scrivere”7. Casanova scrive per consegnare sé e il proprio tempo all’avvenire, tramite un affresco grandioso della sua epoca, senza riguardi per nessuno, con il solo scrupolo della verità che il narratore aggiunge anche contro se stesso, quando la passione del fatto 5 G. Casanova, Storia della mia vita, I Meridiani Mondadori, Milano 2007. Cfr. T. de Molina, L’ingannatore di Siviglia, tr. it. di R. Paoli, Garzanti, Milano 2004 o Molière, Don Giovanni, a cura di L. Lunari, BUR, Milano 2007. 7 Da una lettera a J.F. Opiz, in F. Khol e P. Pick (a cura di), Corrispondenza con J. F. Opiz, Kurt Wolff Verlag, Lipsia 1913. 6 Itinera, N .3, 2012. Pagina 267 gli prende la mano. Parla liberamente dei propri errori, dei propri vizi e delle proprie vergogne8. L’Histoire de ma vie, come tutte le autobiografie, è un ritratto morale, la proposta di un modello di esistenza che il Casanova reputa degno d’interesse. È facile contestargli di essersi scostato dal vero, di aver inventato la maggior parte dei fatti. Si deve, però, leggere anche attraverso le menzogne in testi di questo genere: la verità di fondo delle sue memorie è incontestabile perché non ha mai avuto, finora, che conferme. Le sue memorie sono una commedia teatrale9, sono il teatro che lui stesso ha vissuto sul palcoscenico della vita quotidiana e il teatro esprime una verità, la vita non sempre10. Lo vediamo travestirsi per mettersi in mostra in piazza, in un bar; la sua descrizione sembra proprio un cambio d’abito11 dietro le quinte12 del teatro, per entrare sul palcoscenico13 della vita quotidiana. Quello stesso teatro che ha sempre evitato, quella vita tanto odiata ritornano nelle pagine del suo diario come una delle più brillanti commedie. Casanova proietta sulla carta tramite la penna quella vita che si era inventato giorno per giorno, come se potesse rivivere quelle esperienze e cancellare il mondo presente, quel castello vuoto e buio, dove anche la servitù gli è contro. Chi era, davvero, Giacomo Casanova?14 Una domanda difficile per un personaggio multiforme, dotato di una capacità straordinaria nel cambiare personalità e comportamento, in grado di rivelarsi il peggiore tra i libertini e, poco dopo, mostrare profonda umanità e sentimenti. È 8 Cfr. N. Catelli, G. Iacoli, P. Rinoldi (a cura di), Verba tremula. Letteratura, erotismo, pornografia, Bonomia University Press, Bologna 2010 o D.A.F. de Sade, La filosofia nel boudoir, tr. it. di L. Binni, Garzanti, Milano 2004, p. 25. 9 Cfr. P. Bosisio, Teatro dell’Occidente. Elementi di storia della drammaturgia e dello spettacolo teatrale, vol. 2, Seconda Edizione, LED, Milano 2006, pp. 53-57. 10 Cfr. R. Tessari, Teatro e antropologia. Tra rito e spettacolo, Carrocci editore, Roma 2007. 11 Cfr. P. Bignami, Storia del costume teatrale, Carrocci, Roma 2005. 12 Cfr. F. Perrelli, Storia della scenografia, Carrocci, Roma 2003. 13 Cfr. P. Bosisio, Teatro dell’Occidente. Elementi di storia della drammaturgia e dello spettacolo teatrale, cit. 14 Cfr. P. Chiara, Il vero Casanova, cit., p. 15. Itinera, N .3, 2012. Pagina 268 per questo che ognuno trova nel grande avventuriero uno specchio nel quale guardarsi o al quale voltare, indispettito, le spalle. Il Casanova fu tutti e fu nessuno, dal punto di vista della identificazione psicologica, mentre è qualche cosa di preciso e di inconfutabile come testimone di un’epoca, come scrittore di costume e come narratore15. Questa continua ricerca di una personalità nasconde il desiderio di essere considerato dagli altri: l’ossessione di Casanova è essere qualcuno. La sua vita diventa una serie di prove per dimostrare di essere ciò che non ha voluto diventare seguendo le vie normali. La sua vita è perennemente uno spazio teatrale16: preferisce l’illusione di un istante alla sicurezza del reale. La sua vocazione teatrale, il suo gusto di sembrare ciò che non è, rappresenta un’evasione dalla durezza delle regole sociali; le tappe della sua esistenza sembrano ubbidire a uno schema, a un copione. Casanova è stato prete, cavaliere, militare, mago, truffatore, giocatore, frate… tutto all’insegna della recitazione e dell’improvvisazione17. È un attore: il suo diario dà l’impressione che la variabilità dei codici di comportamento del protagonista possa essere ricondotta a un’esigenza di adeguamento alla variabilità della scena del mondo18. La gente comune assiste alle sue performances19 senza mai indovinare la vera personalità che resta nascosta, ma in realtà si sviluppa proprio in questa straordinaria capacità di trasformare se stesso. Il mondo teatrale entra con prepotenza nella vita di Casanova; ma il palcoscenico non è quello del teatro S. Samuele20 a Venezia, ma sono le strade e le città; avere un pubblico che lo applaude è una gioia, 15 Cfr. M. Mari (a cura di), L’histoire de ma vie di Giacomo Casanova, Quaderni di Acme, 100, Cisalpino, Milano 2006. 16 Cfr. F. Cruciani, Lo spazio del teatro, Editori Laterza, Bari 2009. 17 Cfr. «Introduzione», in G. Brunacci (a cura di), G. Casanova, Memorie scritte da lui medesimo, Garzanti Editore, Milano 1999, p. 5. 18 Cfr. M. Mari (a cura di), L’histoire de ma vie di Giacomo Casanova, cit., p. 82. 19 Cfr. R. Tessari, Teatro e antropologia. Tra rito e spettacolo, cit., pp. 150-157. 20 Cfr. P. Bosisio, Teatro dell’Occidente. Elementi di storia della drammaturgia e dello spettacolo teatrale, cit., pp. 24-35. Itinera, N .3, 2012. Pagina 269 un piacere. L’attore esce così dal teatro e recita fuori dal luogo in cui siamo abituati a vederlo: in Casanova la vita e l’immaginazione si fondono in una sorta di spettacolo unico, la maschera21 non è più quella fisica della Commedia dell’Arte22, ma diventa una maschera metaforica, filosofica, psicologica. Ritroviamo il vero Casanova in quelle parole scritte, in quella verità espressa negli episodi della sua vita. Anche l’amore, per il più abile conquistatore di donne23, diventa un momento di teatralità, diviso tra vere e proprie recite per ottenere una notte d’amore e reali confessioni di un sentimento profondissimo. Casanova sa come pensano le donne o almeno sembra intuirlo e questo lo rende un abile seduttore, ma la sua abilità più grande è la capacità di parola: parla alle donne, agli uomini e ai lettori senza annoiare nessuno. Per tutta la vita inseguirà e sedurrà molte donne, innamorandosi sempre di tutte e concedendosi a loro; ma alcune di queste lasciano nella sua anima un segno indelebile, sia in positivo che in negativo. Sebbene sia difficile leggere tra le righe il momento in cui Casanova parla col cuore o, semplicemente, sta architettando un piano per avere una donna nel proprio letto, nei suoi diari si possono trovare alcuni passaggi in cui il veneziano sembra aprire il suo cuore24. Henriette è un nome che resta nella memoria di Casanova, al punto da ricordare con precisione ogni istante passato con la donna francese. In queste pagine il veneziano lascia cadere la maschera di libertino e apre il suo cuore, scrivendo parole vere e non invenzioni o strategie di conquista. Tutti i suoi sentimenti si riversano sulle pagine, lasciandoci un ricordo molto romantico di quella relazione. Dopo tanti anni Casanova dichiara ancora il suo amore per Henriette, quasi come fosse ancora al suo fianco. Non sono semplici parole di un libertino che 21 Cfr. P. Bignami, Storia del costume teatrale, cit. Cfr. P. Bosisio, Teatro dell’Occidente. Elementi di storia della drammaturgia e dello spettacolo teatrale, vol. 1, cit., pp. 416-423. 23 Cfr. E. Sormani (a cura di), Le donne e gli amori dalle Memorie, BUR, Milano 2010. 24 Cfr. G. Comisso, Tre amori di Casanova, Longanesi, Milano 1966. 22 Itinera, N .3, 2012. Pagina 270 racconta l’ultima avventura a qualche amico di osteria: sembrano più parole di un uomo che sente dentro di sé tutta la forza dell’amore. Un amore segnato dalla fugacità e dall’effimero, così come una rappresentazione teatrale: Henriette, dopo aver trascorso un periodo meraviglioso con il suo amore, si vede costretta a raggiungere la famiglia in Provenza. Ella lascia per sempre l’Italia e i due si danno l’addio a Ginevra, in una stanza d’hotel25. I grandi amori, anche se fanno soffrire, sono comunque un emblema della nostra avventura umana e Casanova lo esprime con bellissime parole. Dove è finito il conquistatore, il libertino26? Casanova, lo stratega dell’amore, si abbandona nel sentimento, scopre la sua anima e la dona interamente a una donna. Casanova scrive di aver amato ogni donna, ma non per tutte dedica tali pagine piene di ricordi e dichiarazioni. La sua personalità oscilla, ancora una volta, tra un personaggio studiato e un uomo in balia dei propri sentimenti. L’Histoire de ma vie si conclude dopo 4545 pagine: la lunga narrazione si interrompe bruscamente, senza un monologo finale, senza ultime considerazioni e, soprattutto, senza accenno alcuno al ritiro finale nel castello di Dux. Come per Don Giovanni anche per Casanova è arrivata la resa dei conti e l’inferno della vecchiaia e della solitudine. Le donne sono sempre presenti: riesce a dare qualche stoccata ad alcune cameriere o vecchie nobili, ma lo spirito e il vigore non sono più quelli di un tempo. Nelle ultime ore della sua vita Casanova riceve i sacramenti; sul letto di morte pronuncia un’ultima frase: “Gran Dio e voi, testimoni della mia morte: ho vissuto da filosofo e muoio da cristiano!”27. Ultimo colpo di scena di una vita teatrale su cui cala il sipario28. L’attore sulla scena ha saltato, ballato, duellato, 25 Cfr. E. Ravel, L’uomo che inventò se stesso. Vita e commedia di Giacomo Casanova, La Lepre Edizioni, Roma 2010, pp. 115-117. 26 Cfr. D. Foucault, Storia del libertinaggio e dei libertini, cit. 27 G. Casanova, Storia della mia vita, cit., vol. 3, cap. XXV, p. 1016. 28 F. Perrelli, Storia della scenografia, Carrocci, Roma 2003. Itinera, N .3, 2012. Pagina 271 amato, ingannato, spiato e barato; ma adesso lo spettacolo è finito in maniera inesorabile: non ci sarà una replica. Il 4 giugno 1798 Giacomo Casanova muore nel castello di Dux (oggi la cittadina Duchcov): il suo corpo viene sepolto nel recinto della cappella di Santa Barbara, confinante col castello, e presto si perdono le tracce della tomba. La figura di Casanova merita di essere rivalutata e studiata, per sbarazzarsi del pregiudizio di un uomo libertino e meschino; un giudizio che oscura e nasconde la vera personalità del veneziano. Le varie maschere indossate per tutta la vita non hanno certo favorito giudizi positivi nei suoi confronti, ma l’essenziale si raggiunge scavalcando certi particolari e tenendo d’occhio il quadro generale, il più veritiero, riassunto in maniera perfetta da Piero Chiara, uno dei più grandi studiosi di Casanova: Fu un baro, una spia, un ateo, un imbroglione, un seduttore, gli mancò la responsabilità morale, la pietà, la serietà scientifica, il buon latino, il greco perfetto, il francese classico. Vero eroe del suo tempo per l’audacia, la sincerità con la quale lo visse, allo sbaraglio senza temere i colpi di spada o di pistola, il carcere e l’esilio in un’epoca in cui la vita era un’opera d’arte e si poteva farne, con vera gioia, un capolavoro dei sensi.29 29 Cfr. «Introduzione», in G. Casanova, Storia della mia vita, cit., vol. 1, p. XI. Itinera, N .3, 2012. Pagina 272