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APPUNTI SULLA RISARCIBILITA’ DEL DANNO DA LESIONE DELL’INTERESSE
LEGITTIMO*
Dispensa redatta per lezione presso la Scuola di Formazione, Fondazione Scuola Forense di Bari
A cura di Fedele Marotti
L’argomento in trattazione è certamente il più versato nelle indagini di diritto amministrativo e di
diritto processuale amministrativo per la centralità delle questioni dogmatiche che involge. Per
questo risulta difficile fornirne una trattazione esaustiva.
La presente disamina (la quale non può che risultare schematica) non ha una siffatta pretesa;
invece, ha lo scopo di fornire un primo soccorso per una conoscenza concreta della tematica rivolta
verso le criticità del sistema.
La dispensa si presta ad una lettura da schema sinottico delle varie questioni che concorrono al tema
ed è compendiata (in note
in calce) da riferimenti normativi e giurisprudenziali di supporto
all’indagine (forzatamente selezionati in ragione della vastità del materiale sulla materia).
Introduzione.
Negli anni 1999 e 2000 chi scrive ha tenuto su questo argomento una precedente lezione che si è
conclusa con una scommessa.
Date < in modo esemplificato > alcune categorie giuridiche, l’ipotesi di studio prevedeva che la
(riconosciuta) ammissibilità del risarcimento del danno per lesione dell’interesse legittimo avrebbe
interferito anche sulla struttura della relazione (di interesse legittimo), modificandone i rapporti;
ovvero, avrebbe interagito anche sulla tradizionale conformazione del rapporto intercorrente tra la
P.A. nell’esercizio di poteri autoritativi ed i soggetti privati interessati in quella relazione.
Per questo, in quella sede, l’indagine metteva in evidenza i caratteri dominanti e l’organizzazione
propria delle relazioni giuridiche di cui è parte la P.A. (prima fa tutte l’interesse legittimo) per
poterne evidenziare i potenziali profili di evoluzione.
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Oggi, a seguito dell’attuazione (oramai consolidata) del nuovo Codice del Processo
Amministrativo, quel percorso appare giunto a compimento nei termini ipotizzati; con risultati,
però, tuttora assai controversi 1.
1. La lezione del 99/2000 si sviluppò su tre presupposti di indagine:
a. si evidenziò come la organizzazione del rapporto in termini di interesse legittimo o diritto
soggettivo non è unica ed assoluta in una specifica relazione tra P.A. e soggetto privato, ben
potendo coesistere, anche nell’ambito di un unico rapporto, posizioni di diritto soggettivo o di
interesse legittimo, come (riferito a quel tempo) accadeva nel rapporto di pubblico impiego 2;
b. la ricerca concludeva, quanto a presupposti, che la posizione riconosciuta al privato (diritto
soggettivo o interesse legittimo) scaturisse da scelta legislativa ed in concreto, si determinasse con
la scelta di uno schema procedimentale pubblicistico o privatistico, sì da legittimare o meno
l’esercizio di poteri autoritativi da parte della P.A. 3;
c. infine, si assunse quale nozione di “interesse legittimo” quella proposta da Cannada Bartoli
4
per
la quale l’interesse legittimo si pone come la frazione di interesse pubblico che si dispiega, in favore
di ciascun soggetto interessato dall’azione amministrativa 5.
1
“La combinazione della nozione di interesse legittimo con l’istituto – di origine ed impronta esclusivamente civilistica
– del risarcimento del danno ha determinato un << effetto di trascinamento >> che ha condotto ad un indebito
ampliamento dell’ambito oggettivo di denotazione della locuzione”. (P. Carpentieri, Risarcimento del danno e
provvedimento amministrativo, in Dir. proc. amm., Giuffrè, n. 3/10 pg.857).
2
Quale esempio recente, “in materia di erogazione di contributi, anche dopo la fase di ammissione al contributo, la
pubblica amministrazione conserva il potere di autotutela, espressione dei principi di buon andamento dell’azione
amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione, il cui esercizio implica attività discrezionale idonea ad affievolire le
situazioni soggettive del beneficiario (cfr. Cons. Stato, sezione sesta, 23 settembre 2002, n. 4810; 20 aprile 2000, n.
2454). La posizione del privato è, quindi, di interesse legittimo, come tale tutelabile davanti al giudice amministrativo,
nella fase procedimentale anteriore all’emanazione del provvedimento attributivo del beneficio, ovvero nel caso che
tale provvedimento venga annullato o revocato in autotutela per vizi di legittimità o per il suo contrasto con il pubblico
interesse; è di diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, se la controversia attiene
alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all’adempimento degli obblighi a cui è subordinato il concreto
provvedimento di attribuzione (Cass. Sez. Unite, 25 luglio 2006, n. 16896; 23 febbraio 2001, n. 66). Sulla scorta di tali
criteri, la controversia in esame appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo in concreto il
potere, per altro esercitato, dell’amministrazione di valutare l’esistenza del presupposto per la concessione del
finanziamento” (Cons. Stato, Sez. V, 23.10.2012, n. 5412).
3
Sulla specificazione da parte della norma stessa attributiva del potere di lasciare o meno all’amministrazione uno
spazio autonomo ed insindacabile per operare la scelta più adeguata alla soluzione del caso concreto, ex multis, Galetta,
Violazione di norma sul procedimento amministrativo ed annullabilità del provvedimento, Milano 2003, pg. 96.
4
in “Enciclopedia del Diritto”, voce “Interesse legittimo”.
5
Nella contrapposizione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo in quella sede veniva in preminente considerazione
quello pretensivo.
2
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Una vera e propria posizione soggettiva attiva, complementare all’interesse pubblico, non minore
ma diversa dal diritto soggettivo, siccome indiretta, riflessa 6.
Da quei presupposti furono derivate le seguenti conclusioni.
aa) La costruzione dogmatica di Cannada Bartoli postula una relazione di coincidenza (e non di
netta contrapposizione) di interessi tra P. A. e soggetto privato. Con questa premessa, l’interesse
legittimo venne assunto quale posizione “strumentale” e la risarcibilità dello stesso quale ripristino
in quella posizione.
bb) Poiché il risarcimento è una forma di reintegrazione alla lesione di un diritto, si asserì che il
carattere strumentale dell’interesse legittimo era compatibile con il risarcimento della stessa
posizione soggettiva, atteso che anche il ristoro andava a reintegrare la violazione delle garanzie
strumentali (che, con la riforma del procedimento amministrativo ex L. 241/90 e s.m.i., da istituti
processuali assumevano il rango di vero e propri diritti strumentali; strumentali ma sempre diritti).
Quest’ultima conclusione è risultata tutt’altro che profetica.
2. Il dualismo nella considerazione dell’interesse legittimo come posizione strumentale all’interesse
pubblico e/o all’aspettativa del privato interessato è antico 7.
L’assunto che l’interesse legittimo sia posizione per così dire “non perfetta” ma strumentale non è
in discussione; quanto divide la Dottrina è l’oggetto finale nei confronti del quale si spiega la
strumentalità, ovvero il concorso nel perseguimento del c.d. “interesse pubblico” o di un c.d. “bene
della vita”.
Secondo i fautori della rispondenza della finalità al bene della vita (in contrapposizione alla spiegata
tesi di Cannada Bartoli), “l’interesse legittimo è l’interesse a conseguire un provvedimento
favorevole (attributivo di <<un bene della vita>>) o ad evitare un provvedimento sfavorevole
6
Anche più recentemente R. Villata ri/definisce l’interesse legittimo come “sintesi di interessi pubblici e privati” (Corte
di Cassazione, Consiglio di Stato e c.d. pregiudiziale amministrativa, in Dir. proc. amm., Giuffrè, n.4/2009, pg. 901).
7
Tanto dimostra anche la storia dell’istituto. Ed è questione propria del dibattito giurisprudenziale e dell’indagine
dottrinaria. La materia, infatti non trova ancora un assetto normativo compiuto; la disciplina, infatti, in parte si ricava
dalle norme sull’azione amministrativa (principalmente sul procedimento amministrativo, ex L. n.241/90 e s.m.i.); in
parte dalla normazione processuale (C.P.A.); l’attuazione è così rimessa al c.d. “diritto vivente”. O, per meglio dire,
all’interpretazione giurisprudenziale.
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(soppressione o diminutivo del bene della vita). In questi termini esso è per nulla
<<strumentale>>all’interesse pubblico, ma è <<finale>> del soggetto titolare”8.
Per quest’ultima scuola, la differenza con il diritto soggettivo si coglie laddove “nell’interesse
legittimo esiste, un profilo di spettanza ma questa non forma il contenuto di una obbligazione che a
priori stringa due soggetti, bensì il risultato dell’esercizio legittimo del potere, il quale la
definisce”9.
In merito a questa contrapposizione dottrinaria ha inciso radicalmente l’approdo innovativo della
Corte di Cassazione, con la storica sentenza delle SS. UU., n. 500/99 10.
La Corte, con quella pronunzia, ha riconosciuto la risarcibilità dell’interesse legittimo;
ciononostante, ha escluso una incidenza di quella qualità sulla dinamica strutturale del rapporto
sottostante atteso che ha considerato, quale valore dominante oggetto di tutela, la lesione del bene
della vita sotteso all’interesse pregiudicato. Il fatto giuridico costitutivo del diritto al risarcimento
veniva così collocato all’esterno della relazione ed incentrato sulla effettività del danno 11.
La sentenza citata (in assoluto tra le più commentate) risultò ai più tautologica; osserva l’oggetto
della tutela risarcitoria ma non il profilo della responsabilità (che è rimessa a criteri civilistici,
impropri per la materia); come evidenziato, conferisce sì una tutela ma la stessa esula del tutto dalla
sottostante relazione: quella che la Cass. SS. UU. giustifica come responsabilità extracontrattuale
nell’evidenza delle circostanze si pone, con riferimento alla relazione di interesse legittimo, più
come responsabilità para/contrattuale (soprattutto in relazione alla risarcibilità dell’interesse
8
G. Falcon, La responsabilità dell’amministrazione e il potere amministrativo in Dir proc. amm. n. 2/09, pg.245.
9
G. Falcon, op. cit., pg.247. Chi scrive non condivide questa impostazione dogmatica perché appare come una più
sofisticata riedizione della pregressa concezione della posizione di interesse legittimo come subalterna al diritto
soggettivo siccome concepita in termini di situazione di compressione o espansione del diritto stesso; impostazione che
nega autonomia e scientificità alla categoria giuridica.
10
“La lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse (non di mero fatto
ma) giuridicamente rilevante, rientra nella fattispecie della responsabilità aquiliana solo ai fini della qualificazione del
danno come ingiusto”… Potrà infatti pervenirsi al risarcimento soltanto se l'attività illegittima della P.A. abbia
determinato la lesione dell'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del
suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell'ordinamento”.
11
In sintonia con la tradizionale distinzione tra “danno evento” e “danno conseguenza” (precisazione che si ritrova in
Cass. sez. III, n.12929/2007 in Lav nelle P.A. 2008, 3-4 pg. 618 ) con assunzione di rilevanza, nella fattispecie in
esame, di quest’ultima.
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pretensivo) siccome collegata non ad un illecito indeterminato ma ad una pretesa e mancata
rispondenza tra aspettativa e risultati 12.
Assiomi, quelli dedotti, confliggenti con il (pregresso) quadro normativo di riferimento in materia
di responsabilità della P.A..
Invero, nella struttura dell’art. 2043 c.c. la relazione tra soggetto obbligato e soggetto avente diritto
(al risarcimento) scaturisce solo dal fatto ingiusto; il rapporto nasce e muore come rapporto
risarcitorio; risarcito e risarcente possono anche non conoscersi, non avere una presupposta
relazione di fatto. Il diritto al risarcimento sorge se concorrono le condizioni di fatto e giuridiche
stabilite dallo stesso art. 2043 c.c.; i presupposti dell’esercizio della attività lesiva, esclusa la
specifica rilevanza attribuita dalle disposizioni codicistiche correlative, risultano ininfluenti.
Invece, per la disciplina del D.P.R. n. 3/57 13, il “fatto ingiusto” non è qualunque fatto naturalistico
potenzialmente dannoso ma uno specifico comportamento, l’atto o l’omissione,
assunto nel
rapporto di servizio; per questa norma, risarcito e risarcente si conoscono, hanno già una relazione;
nell’ambito della quale interviene un fatto giuridico che dà origine ad un nuovo ed autonomo
rapporto risarcitorio (che incideva, più frequentemente, su rapporti di interesse legittimo).
Quella species di responsabilità, speciale, pure di chiaro genus civilistico, sanzionava il risultato
“danno” solo allorquando conseguenza di un determinato e circoscritto fatto giuridico, “violazione
di diritti”, posto in essere dal dipendente nell’esercizio dei poteri, ovvero un danno risultato (con
responsabilità che si trasferisce, poi, sulla P.A. in forza del rapporto organico) 14.
12
Così anche A. De Chiara, Danno derivate da interesse legittimo e situazioni giuridiche soggettive in
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13
Stato Giuridico dei Dipendenti Civili dello Stato (D.P.R. n.3/57) il cui art.22, (in rubrica “responsabilità verso i
terzi”), al co. I, prevedeva: “l'impiegato che, nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle leggi o dai
regolamenti, cagioni ad altri un danno ingiusto ai sensi dell'art. 23 è personalmente obbligato a risarcirlo. L'azione di
risarcimento nei suoi confronti può essere esercitata congiuntamente con l'azione diretta nei confronti
dell'Amministrazione qualora, in base alle norme ed ai principi vigenti dell'ordinamento giuridico, sussista anche la
responsabilità dello Stato”.
La specifica nozione di “danno ingiusto” era poi sancita dal successivo art. 23 per il quale, “è danno ingiusto, agli effetti
previsti dall'art. 22, quello derivante da ogni violazione dei diritti dei terzi che l'impiegato abbia commesso per dolo o
per colpa grave; restano salve le responsabilità più gravi previste dalle leggi vigenti. La responsabilità personale
dell'impiegato sussiste tanto se la violazione del diritto del terzo sia cagionata dal compimento di atti od operazioni,
quanto se la detta violazione consista nell'omissione o nel ritardo ingiustificato di atti od operazioni al cui
compimento l'impiegato sia obbligato per legge o per regolamento”.
14
Le norme del DPR n.3/57 vengono evocate di recente per i profili della giurisdizione (Giudice Ordinario) da E.
Piccozza in “La rilevanza delle pronunce del giudice amministrativo nel processo civile ed in quello penale”, in Dir.
proc. amm., Giuffrè, n.1/13, pg. 66/67.
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Con precisazione, “violazione di diritti” che escludeva la risarcibilità della lesione dell’interesse
legittimo.
La materia, a seguito della prima elaborazione giurisprudenziale, ha trovato una successiva prima
sistemazione normativa con la L. 21 luglio 2000, n. 205 15 e poi quella attuale con il C.P.A..
d) Attualmente la Dottrina riscontra come dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 500/99 alla
pronuncia dell’A.P. n. 3/11 16, la Giurisprudenza, tra pensamenti e ripensamenti, ha condotto un
percorso dogmatico che, in modo irreversibile, ha ancorato la tutela risarcitoria non alla situazione
strumentale (ovvero al rapporto) ma al bene stesso della vita che è sotteso a favore del soggetto
privato nella posizione giuridica di interesse legittimo.
Scelta, ad avviso di chi scrive, determinata da ragioni di effettività della tutela giurisdizionale 17.
In questa costruzione dogmatica, la relazione tra P.A. e privato connotabile (o non) come interesse
legittimo rimane estranea alla dinamica del risarcimento, secondo una impostazione condivisa dal
C.P.A. che considera la risarcibilità non della lesione dell’interesse stesso ma “del danno scaturente
dalla lesione dell’interesse legittimo”18.
15
La L. 21 luglio 2000, n. 205, recante “disposizioni in materia di giustizia amministrativa”, all’art. 7 ha apportato
“modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80” nei termini seguenti: “… c) l'art. 35 è sostituito dal seguente:
1 . Il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la
reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto.
2 . Nei casi previsti dal comma 1, il giudice amministrativo può stabilire i criteri in base ai quali l'amministrazione
pubblica o il gestore del pubblico servizio devono proporre a favore dell'avente titolo il pagamento di una somma entro
un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, con il ricorso previsto dall'art. 27, primo comma, n. 4),
del testo unico approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, può essere chiesta la determinazione della somma
dovuta.
……… 4 . Il primo periodo del terzo comma dell'art. 7 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, è sostituito dal
seguente: "Il tribunale amministrativo regionale, nell'ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni
relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri d iritti
patrimoniali consequenziali".
5 . Sono abrogati l'art. 13 della legge 19 febbraio 1992, n. 142, e ogni altra disposizione che prevede la devoluzione al
giudice ordinario delle controversie sul risarcimento del danno conseguente all'annullamento di atti amministrativi". La
norma citata è stata abrogata dall'articolo 4, comma 1, punto 23), dell'Allegato 4 al D.Lgs.2 luglio 2010, n. 104.
16
Tanto osserva anche S. Raimondi, Le azioni, le domande proponibili e le relative pronunzie nel Codice del processo
amministrativo, in Dir. proc. amm., Giuffrè, n. 3/11, pg.952.
17
Così l’art. 1 C.P.A.: “Effettività” “1. La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i
principi della Costituzione e del diritto europeo”.
18
Tanto precisa anche R. Villata, “Corte di Cassazione, Consiglio di Stato e pregiudiziale amministrativa” in Dir. proc.
amm. n.4/09, pg. 902.
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Il diritto al risarcimento non della lesione ma dei diritti scaturenti dalla lesione dovrebbe preservare
l’impostazione del rapporto sottostante di interesse legittimo da stravolgimenti. Tuttavia, altra è la
effettiva evoluzione dogmatica cui si perviene.
Ponderato che “sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”, ex art.810 c.c. e
considerato che la tutela risarcitoria è spiegata per un “bene”, non può non condividersi la tesi di
Mazzarolli 19 per la quale il diritto al risarcimento si configura certamente come “diritto
consequenziale”, cioè indiscutibilmente “diritto” e certamente “consequenziale”. Diritto che, in
quanto tale, non può non presupporre (nella sottostante relazione tuttora definita di interesse) una
lesione di pretesa che sia comunque accoglibile (di cui viene sanzionato l’inadempimento) << senza
se e senza ma >>20.
19
“Ancora qualche riflessione in tema di interesse legittimo dopo l’emanazione del codice sul processo
amministrativo”, in Dir Proc. Amm, n. 4/11, pg.1227.
20
Premesso che la introduzione di preclusioni all’esercizio del diritto non incide sulla giurisdizione e sul relativo
regime, essendo le preclusioni proprie anche del diritto civile (così R. Villata, op. cit., pg. 915); e soprattutto anche del
processo civile che, a differenza di quello (non) introdotto dal CPA ha regole di comportamento e limiti anche
all’azione delle Parti e del Giudice. Tanto chiarito si discute in Dottrina, nell’ambito della tematica della c.d.
“pregiudiziale amministrativa”, se il giudizio di fondatezza della pretesa sottostante appartenga necessariamente al
preventivo e necessario giudizio (di legittimità) del Giudice amministrativo. La direttiva 07/66/Ce rimette la decisione
sulla pregiudiziale ai singoli stati (cfr. : A. Romano Tassone, Sulla disponibilità dell’esame dei motivi di ricorso, in
Dir. Proc. amm. n. 3/12, pg.803 ss.). Ad avviso di chi scrive nel nostro ordinamento, considerata la conformazione
consequenziale conferita alla tutela risarcitoria, alla stessa va riconosciuta propria autonomia e quindi deve ritenersi
autonomamente esperibile. La questione, attualmente, risulta normativamente (non) definita con la soluzione di
compromesso di cui l all’art.30 D.Lgs. n.104/10 del C.P.A.: “1. L'azione di condanna può essere proposta
contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo, anche in
via autonoma.
2. Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività
amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere
chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previsti dall'articolo 2058 del
codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica.
3. La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi
giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva
direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento
complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando
l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti.
4. Per il risarcimento dell'eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell'inosservanza
dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di cui al comma 3 non decorre fintanto che
perdura l'inadempimento. Il termine di cui al comma 3 inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del
termine per provvedere.
5. Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del
giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.
6. Di ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di
giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice amministrativo”.
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L’idea di interesse legittimo quale posizione essenzialmente strumentale, con l’avvento della
risarcibilità, risulta così recessiva; la posizione di chi considerava l’interesse legittimo come non
minore ma strutturalmente diverso dal diritto soggettivo appare non più così attuale atteso che anche
l’interesse legittimo reca in sé non un futuro diritto ma, già, “un bene della vita”.
I conclusione
Prima dell’avvento della riconosciuta risarcibilità, l’interesse legittimo riposava sulla confluenza
dell’interesse del privato con l’interesse pubblico; confluenza sulla cui correttezza controllava il
Giudice amministrativo ponendo in essere, quando necessario, qualsivoglia correttivo dell’azione
amministrativa 21.
La risarcibilità introduce in questo paradigma funzionale e strutturale l’elemento della conflittualità
rendendo lo schema normativo più attinente alla realtà sociale22.
In Giurisprudenza, “l'interesse legittimo come la posizione di vantaggio riservata ad un soggetto in
relazione ad un bene della vita interessato dall’esercizio del potere pubblicistico, che si compendia
nell'attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in
modo da rendere possibile la realizzazione o la difesa dell'interesse al bene.
Anche nei riguardi della situazione di interesse legittimo, l'interesse effettivo che l'ordinamento
intende proteggere è quindi sempre l'interesse ad un bene della vita che l’ordinamento, sulla base
di scelte costituzionalmente orientate confluite nel disegno codicistico, protegge con tecniche di
tutela e forme di protezione non più limitate alla demolizione del provvedimento ma miranti, ove
possibile, alla soddisfazione completa della pretesa sostanziale”23.
21
Altra era la P.A.; altre erano le materie che confluivano nel diritto amministrativo; altro era lo stesso diritto
amministrativo.
22
È oramai storica la battaglia culturale del Consigliere di Stato, S. Giacchetti (di cui richiamano i noti saggi:
«L'interesse legittimo alle soglie del 2000», in Foro amm., 1990 LVI, 1907-2042; «La risarcibilità degli interessi
legittimi e don Ferrante», in Cons. di Stato, 44 (1997), 1482-97; «Morte e trasfigurazione del diritto amministrativo», in
Cons. Stato, 1998 XLIX, II, 117; «La risarcibilità degli interessi legittimi è “in coltivazione”», Testo dell'intervento
nell'incontro di studi tenutosi presso il Consiglio di Stato sulla problematica aperta dalla sent. n. 500 del 1999, in Diritti
& Diritti rivista giuridica on line, 1999); saggi che nella considerazione della conflittualità nel e del rapporto
cittadino/potere pubblico esprimevano posizione certo non isolata, benché minoritaria.
23
Cons. Stato, A.P. n. 3/2011 che così conclude, in merito alla c.d. pregiudiziale: “in questo quadro normativo,
sensibile all’esigenza di una piena protezione dell’interesse legittimo come posizione sostanziale correlata ad un bene
della vita, risulta coerente che la domanda risarcitoria, ove si limiti alla richiesta di ristoro patrimoniale senza mirare
alla cancellazione degli effetti prodotti del provvedimento, sia proponibile in via autonoma rispetto all’azione
impugnatoria e non si atteggi più a semplice corollario di detto ultimo rimedio secondo una logica gerarchica che il
codice del processo ha con chiarezza superato”.
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Quanto introduce problematiche giuridiche parallele sulla effettività della tutela e sul ruolo del
Giudice nel rapporto con la P.A. (che evidentemente non è più solo correttivo ma sanzionatorio)
non solo in relazione ai confini dell’azione della giurisdizione ma anche per modalità e priorità
dell’esercizio della tutela.
A modesto avviso di chi scrive, la risarcibilità, anche se spiegata solo quale profilo di
consequenzialità - e dunque, esterna al rapporto originario – attribuendo alla tutela dell’interesse
legittimo valenza di protezione sostanziale (come si dimostra con questi appunti) ha inciso sulla
struttura di quel rapporto che nel nuovo contesto normativo, assume configurazione simile al diritto
soggettivo. La risarcibilità ha così effettivamente dissolto quella fragile unitarietà della categoria
giuridica “interesse legittimo”, incentrata sulle modalità di estrinsecazione del potere della p.a.
(esercizio di poteri autoritativi). In questa fase storica, infatti, l’interesse legittimo, come ricondotto
ad un bene della vita, appare ricomprendere più posizioni giuridiche non più giuridicamente affini
ma assai eterogenee e non più riconducibili, sotto un profilo strutturale, ad uno schema unitario.
Inoltre, da un punto di visto dogmatico la sostanziale confluenza della posizione soggettiva di
interesse legittimo (in relazione a diverse fattispecie) in una nuova conformazione che è più propria
del diritto soggettivo.
3. Può, quindi condividersi l’opinione diffusa in Dottrina per la quale nella tradizionale
aggregazione di figure tutte definite in passato come interesse legittimo si associassero (sopratutto
rispetto a talune posizioni unificate - per consolidata tradizione - dall’esercizio del potere
autoritativo) situazioni che non erano e non sono strutturalmente (cioè con riferimento alla relazione
intercorrente tra P.A. e privato interessato) equivalenti.
A questo punto, compito della presente indagine è stabilire (come ritiene anche la maggioranza
della dottrina 24) se sussista ancora una posizione giuridica di interesse legittimo e con quali
caratteristiche.
24
Con motivazioni talune di carattere normativo, ad es. riferimento alla espressa previsione in Cost. (così Bergonzini,
Art. 21 octies della L. n.241/90 e annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi, in studi in onore di L
Mazzarolli, Cedam, 2007, II, 35); altre di tipo strutturale (ruolo del controinteressato nel procedimento); sul piano
sistemico prevale, invece, una strenua difesa della c.d. “pregiudizialità” come espressione di supremazia in materia
delle categorie giuridiche tradizionali di diritto amministrativo.
Per i contrari: L. Iannotta, L’interesse legittimo nell’ordinamento repubblicano, in Studi in onore di L. Mazzarolli cit.,
pg. 194: “Nella prospettiva prescelta della ricostruzione dell’interesse legittimo alla luce del tipo di tutela ad esso
garantita si dovrebbe quindi affermare su un piano generale che l’interesse legittimo è diventato un diritto; diritto che
da un diritto soggettivo dell’ordinamento amministrativo si sarebbe trasformato in un diritto tot court.
La rilevata tensione al normale conseguimento del bene della vita, che contraddistingue l’interesse legittimo collegato
con il potere, fa sì che il suo oggetto si identifichi con la res (in senso ampio: cosa materiale o immateriale; attività;
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Con simulazione progressiva verranno ponderate le innovazioni della materia ed in relazione a
queste innovazioni verrà risezionata, segmento per segmento, la tradizionale categoria dell’interesse
legittimo; di converso si potranno enucleare nuove tipologie di diritti soggettivi.
a) Considerata come superata la qualificazione della posizione giuridica fondata sul presupposto
unificante dell’esercizio del potere autoritativo da parte della P.A. siccome tautologica, rileva la
profonda frattura che si spiega nella tradizionale distinzione tra interesse pretesivi ed oppositivi,
siccome differenza ontologica.
Differenza ontologica che comporta una diversa collocazione sistematica della categoria giuridica
<< interesse legittimo c.d. “oppositivo”>>.
Come osserva F. G. Scoca
25
“il problema ha assillato per decenni tanto la giurisprudenza quanto
la dottrina italiane: è sufficiente rammentare la tesi del diritto fatto valere come interesse, la tesi
del petitum, la tesi per lungo tempo prevalsa in giurisprudenza, dell’affievolimento del diritto
soggettivo. Infine, lo spostamento del criterio di separazione della giurisdizione dalle situazioni
giuridiche soggettive del privato al potere dell’amministrazione ha risolto in radice il problema”.
Abbandonata la teoria del declassamento 26, sotto un profilo strutturale, il risarcimento della lesione
dell’interesse legittimo oppositivo 27 non risulta collocabile sul piano della consequenzialità (ovvero
come relazione autonoma ed esterna al rapporto) ma è il risultato stesso dell’azione amministrativa
ovvero il prodotto stesso della evoluzione del diritto leso.
Sicché, anche per altro profilo, può condividersi la tesi dell’Autore citato 28 laddove rileva come la
lesione dell’interesse legittimo oppositivo appartenga (idealmente) alla giurisdizione del Giudice
ordinario sin dal 1865 (art.2 L.20.03.1865 n.2448, all.E) e che l’attribuzione alla giurisdizione della
materia al giudice amministrativo sia derivata da fattori di mediazione e tradizione che “ha ottenuto
persona) spettante a qualcuno e da questi rivendicata (res in iudicum deduca) come dovuta (res da conservare,
difendere, valorizzare,acquisire, etc.) ovvero come non dovuta a qualcuno (perchè non spettategli in assoluto o perché
dovuta da altri); res evocante l’antico oggetto –suum – della tradizionale definizione di giustizia, identificata nel summ
cuique tribuere”.
25
“Recours pour excès de pouvoir e ricorso al giudice amministrativo” in Dir. proc. amm., Giuffrè, n.1/13, pg.17.
26
e, come rilevava Massimo Severo Giannini, le suggestioni fisiche della compressione e dell’espansione del diritto.
27
quanto dedotto anche Canna Bartoli nel saggio citato
28
F.G. Scoca, op. cit.pg.18-19
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basi anche teoricamente accettabili con la modifica del criterio di riparto della giurisdizione
basato non più sulle situazioni soggettive del privato ma sul potere dell’amministrazione”29.
b) In secondo luogo, si consideri l’estensione dell’applicabilità dell’art. 2043 c.c. anche alla lesione
dell’interesse legittimo; si evidenziano nell’ambito delle attività amministrative rette da poteri
autoritativi fattispecie nelle quali la risarcibilità è consequenziale a fattispecie nelle quali si verifica
un danno evento in quanto effetto diretto della lesione.
A questo processo di identificazione di categorie giuridiche nelle quali prevale la contrapposizione
tra interessi del privato ed azione amministrativa concorre (per i profili processuali che, come
evidenziato, in questa materia diventano poi sostanziali) il rafforzamento della tutela del soggetto
privato (avviata dal Giudice amministrativo e poi recepita nella legislazione) ed in particolare
l’evidenza della tutela del Giudice amministrativo estesa dall’esame del provvedimento al rapporto
stesso30. Esempio concreto di quanto le categorie sociologiche trascinino, attraverso la sensibilità
della giurisprudenza, nuove categorie giuridiche con un processo che non sempre coincide sul piano
giuridico con una coerenza dogmatica 31.
In sintesi: nuove ipotesi di danno -> nuovi diritti (sorti nell’ambito della tradizionale categoria
dell’interesse legittimo).
29
Ad ancora, sempre in materia di occupazione acquisitiva “siamo insomma di fronte ad una causa in materia di diritto
soggettivo nella quale la figura dell’interesse legittimo non è affatto presente nemmeno in embrione” (F. Cintioli,
L’incertezza sul riparto in materia di espropriazione e le sue cause, in Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli , cit. IV
pg.45).
30
“Recenti studi sul tema dell’attività amministrativa mettono in luce che sovente l’azione amministrativa assume
rilievo giuridico non già secondo lo schema concettuale tradizionale rappresentato dalla figura del procedimento
amministrativo, il solo ad essere disciplinato in via generale dalla legge, e constatano che non è esaustivo ritenere che
l’attività possa formare oggetto di qualificazione giuridica solo attraverso la mediazione degli atti (conclusivi di
procedimenti) nel quali si esprime”. C. Cacciavillani, Profili soggettivi del processo amministrativo di legittimità, in
studi in onore di Leopoldo Mazzarolli , cit. III, pg.25.
31
La giurisdizione sul rapporto, infatti, rafforza la effettività della tutela sul piano dell’osservanza delle garanzie del
procedimento; ma non da certezza sulla legittimità sostanziale dell’atto conclusivo del procedimento (che è poi il dato
effettivamente lesivo) sicchè la tutela del privato può anche non coincidere più con il miglior esercizio dell’azione
amministrativa e con l’interesse pubblico tutelato dalla norma attributiva del potere. Un giudizio, come spesso accade,
con effetti contra ius.
Quanto dedotto, per altro, con riferimento ad un sistema di tutela non assoluto perché l’atto amministrativo (al pari del
negozio giuridico), ove non impugnato, tende consolidare nel tempo i suoi effetti.
Tanto premesso, (laddove sussista una posizione di effettivo interesse legittimo) è da condividersi l’opinione di quella
dottrina che vede nella risarcibilità come esercizio autonomo del diritto una contraddizione dissolutiva del sistema che
può essere evitata solo con la strenua difesa della c.d. “pregiudiziale”.
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In merito osserva P. Carpentieri 32, che in relazione di tutela estesa al rapporto si delinea una netta
distinzione tra danno da atto (a cui è l’Autore associa anche il danno da silenzio) e danno da
comportamento (che può essere assunta a macro categoria di questi nuovi diritti).
Si configura un danno da comportamento distinto dal danno civilistico arrecato da un fatto ingiusto
posto in essere dalla P.A. perché il comportamento interviene nell’ambito della relazione di
interesse legittimo, ovvero nell’esercizio da parte della P.A. di funzioni pubbliche nell’esercizio di
un potere autoritativo. In questo caso non è l’atto conclusivo del procedimento ma un
comportamento, un fatto giuridico, a rappresentare il fattore costitutivo del diritto e, nel contempo,
l’evento dannoso33.
La categoria è ampia e diversificata; infatti nel danno da comportamento taluni autori assumono
anche il danno da esecuzione errata o da mancata esecuzione del provvedimento; secondo
l’intuizione di F. Cintioli 34 nel danno da comportamento è da assumere anche il danno da
responsabilità precontrattuale. A quest’ultimo categoria si somma, poi, anche il danno da ritardo 35
per violazione del termine conclusivo del procedimento 36.
32
Saggio da ult. cit., pg. 859 ss.
33
Cfr.: G.Verde, Sguardo panoramico al libro primo ed in particolare alle tutele ed ai poteri del giudice, in Dir proc.
amm, n.3/10, pg 873.
34
“Il processo amministrativo risarcitorio senza la pregiudizialità. Ovvero della specialità perduta?”, In Dir proc. amm.,
n.4/09, pgg. 942, 943.
35
già previsto dall’art. 17 lett. f della legge 59/97 e successivamente dal decreto competitività n.35/05, così coma
trasfuso nel testo di conversione della legge 80/05.
36
A conferma di quanto sopra dedotto rileva come il danno da mancata conclusione del procedimento nessuna
incidenza produce sulla legittimità del provvedimento. “Non è illegittimo il provvedimento conclusivo del procedimento
adottato dall'Amministrazione oltre il termine di trenta giorni stabilito dall'art. 2 della L. n. 241/90.
Nel giudizio in esame il Consiglio di Stato ha rilevato relativamente al termine per la conclusione del procedimento
amministrativo che, è ben vero che – a norma dell’art. 2, comma 2, della legge n. 241 del 1990 – il procedimento
amministrativo deve, di regola, concludersi entro trenta giorni dal suo avvio e che, nel caso di specie, tale termine
risulta ampiamente oltrepassato (il dato non è contestato). Senonché, per giurisprudenza costante, il mancato rispetto
di tale termine non produce l’illegittimità del provvedimento tardivo, per trattarsi di un termine che, non essendo
indicato come perentorio, ha funzione solo acceleratoria, cosicché il ritardo nell’adottare il provvedimento non
comporta decadenza della potestà amministrativa, né illegittimità del provvedimento conclusivo (cfr. ex plurimis Cons.
Stato, sez. VI, 1° dicembre 2010, n. 8371; Id., sez. IV, 12 giugno 2012, n. 2264). Cons. Stato, Sez. IV, sentenza
10.6.2013, n. 3172; massima tratta da Gazzetta Informa News 11 Giugno 2013 - Area Amministrativa in Gazzetta
amministrativa a cura dell’Avvocatura dello Stato http://mailbeta.libero.it/cp/WindMailPS.jsp?rndPrx=1923052443. In
termini ,T.A.R. Napoli, sez. VII 09/11/2012 n. 4538.
Per l’autonomia del danno da ritardo depone, risolutivamente l’art.44 (“indennità da ritardo nella conclusione del
procedimento”) introdotto da ultimo dal “Pacchetto esemplificazione”.
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Sempre nell’ambito del danno da comportamento l’ordinamento detta disciplina specifica per il
danno da revoca37.
Nelle fattispecie da ultimo citate, la risarcibilità della lesione si giustifica, in piena sintonia con lo
schema del 2043 c.c., con riferimento alle modalità, contra ius, dell’esercizio dei poteri
autoritativi38, rendendo, di fatto, superata ogni concreta distinzione tra diritto soggettivo ed interesse
legittimo39.
4. Quanto esposto conferma che non è più possibile ricondurre ad unica categoria di interesse
legittimo tutte le posizioni giuridiche di relazione tra P.A. e soggetti privati conformate
dall’esercizio di un potere autoritativo da parte della stessa P.A.
La dissoluzione del criterio di identificazione dell’interesse legittimo con l’esercizio del potere
autoritativo comporta, dunque, la morte dell’interesse legittimo?
37
L’art. 2-bis. della L. 241/90 e s.m.i. (introdotto dall'art. 7, comma 1, legge n. 69 del 2009) dal titolo “conseguenze per
il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento”, spiega espressamente il ritardo come fatto
costitutivo di danno ingiusto: “1. le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono
tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di
Da notare come l’art. 21-quinquies della L. n.241/90 (in epigrafe: “revoca del provvedimento”) al comma primo, come
modificato dall'Allegato 4, articolo 4, del decreto legislativo n. 104 del 2010, prevede: “Per sopravvenuti motivi di
pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico
originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha
emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a
produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati,
l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo.
Il successivo comma 1-bis. reintrodotto dall'art. 13, comma 8-duodeviecies dello stesso decreto-legge n. 7 del 2007,
aggiunto alla legge di conversione n. 40 del 2007, prevede che:”ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia
durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati è
parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti
della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei
contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico”.
Precisa la Giurisprudenza, “il soggetto, che abbia subito un pregiudizio dalla revoca di un provvedimento
amministrativo, ha titolo ad un indennizzo se il provvedimento di revoca era legittimo, vertendosi in materia di
responsabilità della Pubblica amministrazione per atti legittimi, e al risarcimento del danno nel diverso caso di revoca
illegittima; di conseguenza, nel giudizio avente per oggetto la revoca di un provvedimento amministrativo il giudice,
pena la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c. p. c., non può trasformare la
domanda di indennizzo in quella diversa di risarcimento, mutando d'ufficio il petitum” (Cons. Stato, sez. III,
11/07/2012, n. 4116 in Red. amm. CDS 2012, 7-8).
38
G. Verde, Sguardo panoramico al libro primo ed in particolare alle tutele ed ai poteri del giudice, in Dir proc. amm,
n.3/10, pg. 803.
39
E dimostrando, a contrario, il carattere di pregiudizio del pregresso dogma di non risarcibilità della tradizionale
categoria dell’interesse legittimo.
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Non è così. “La nozione di interesse legittimo, utilizzata originariamente per contrassegnare
situazioni sostanziali che non raggiungevano la soglia di tutela propria del diritto soggettivo, serve
oggi a contrassegnare il nucleo di facoltà che, all’interno del diritto soggettivo, possono essere
esercitate solo a seguito del positivo esercizio da parte della p.a. del suo potere confermativo”40.
L’interesse legittimo sopravvive, non solo per ragioni giuridiche sostanziali (previsione
costituzionale) o formali (rilevanza del procedimento e ruolo del controinteressato) ma proprio
finché l’ordinamento conoscerà un << concerto >> di interesse pubblico e privato che oggi “vive
nel procedimento amministrativo in funzione migliore soluzione possibile tenuto conto
dell’interesse pubblico (che l’amministrazione deve prioritariamente perseguire per l’interesse
sostanziale del privato (c.d. bene della vita). Si comprende pertanto come l’interesse legittimo trovi
il suo campo privilegiato di utilizzo nei procedimenti in cui l’amministrazione esercita poteri
discrezionali, possa cioè determinare con una certa libertà quale debba risultare il risultato finale
della decisione”41.
L’interesse legittimo viene così ad evidenziarsi, per i profili strutturali, nella sequenza: interesse
pubblico -> discrezionalità -> procedimento -> atto amministrativo.
5. Nella lezione del 99/00 furono esaminati criteri di indagine della norma giuridica, funzionali e
strutturali; furono evidenziate le differenze tra le due diverse chiavi di letture e manifestata
propensione per la chiave strutturale perché più idonea a spiegare il fenomeno giuridico.
In questa nuova occasione di incontro l’impianto di indagine che si adegua ai contenuti
giurisprudenziali delle risultanze giurisprudenziali (proiettate, come evidenziato, sulla “tutela del
bene della vita”) ha indirizzato finora questa disamina prevalentemente su di un piano teleologico.
Per un esame strutturale l’esemplificazione dell’istituto “interesse legittimo” nella sequenza:
interesse pubblico -> discrezionalità -> procedimento -> atto amministrativo è probabilmente
corretta ma riduttiva perché limitata nei confronti della azione amministrativa che 42 è data da atti ed
40
Così S. Valguzza, Inversione della natura degli interessi legittimi e azione di accertamento in Dir. proc. amm.,
Giuffrè, n.4/09 pg.1254) che a sostegno dell’asserzione richiama anche quanto dedotto da Corte Cost., con sentenza 6
luglio 2004 n. 204.
41
F. G. Scoca, op. cit. pg.39.
42
anche nella previsione del C.P.A.
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eventi (cui concorrono provvedimenti e comportamenti) in posizione complementare di un
fenomeno giuridico unico 43.
Con questa ampia accezione di attività amministrativa, la disamina delle valenze strutturali delle
corrispondenti relazioni deve necessariamente scaturire da una indagine complessiva che possa
essere non solo deduttiva ma induttiva con primo riferimento alla fonte stessa della attribuzione del
potere alla P.A..
Tanto illustra bene, per prima, la teoria di Enzo Capaccioli.
Quest’ultima, com’è noto, si fonda su una (oramai tradizionale) spiegazione di due schemi
normativi/procedurali contrapposti (entrambi propri dell’azione amministrazione e, come sopra
evidenziato, potenzialmente presenti anche in una unica relazione) così sintetizzati:
a) Norma -> fatto -> effetto;
b) Norma -> potere -> effetto44.
Secondo Capaccioli, tanto in diritto civile che in diritto amministrativo, talune norme trovano
attuazione diretta mediante fatti giuridici 45.
43
La disamina fin qui esposta è pervenuta ad una definizione di interesse legittimo per esclusione ed in negativo. La
conformazione dogmatica dell’istituto va, evidentemente, integrata anche su un piano di indagine induttivo.
44
Per comodità di esposizione l’ordine di esposizione degli schemi in questo appunto è invertito; come osserva la
Dottrina lo schema dell’Autore recupera su di un piano più dinamico la tradizionale contrapposizione tra “norma di
azione” e “norma di relazione”.
45
Ad avviso di chi scrive l’istituto “fatto giuridico”, per tradizione, è stato ingiustamente trascurato dal diritto
amministrativo, benché elemento costante ed indefettibile dell’azione amministrativa.
A dimostrazione si possono tradurre esempi concreti.
Ha fatto discutere la decisione assunta dal Segretario Comunale di Matera che si è rifiutato di accettare la presentazione
di talune liste elettorali alle elezioni comunali della Città, siccome presentate dopo la scadenza del termine (e dopo che
il Funzionario si era accertato che non erano in attesa altri presentatori all’orario di chiusura delle operazioni).
In merito a questa fattispecie la Giurisprudenza amministrativa, considerata la rilevanza dell’ammissione delle liste, è
alquanto incerta nel ritenere ammissibile un ritardo di tolleranza o meno. Più rigorosa, in questo caso, la posizione
assunta dal Dirigente (posizione commentata in “ Enti locali; elezioni; attività del segretario comunale; tardività della
presentazione della lista e conseguenze” , “I Servizi Demografici”, Maggioli Editore, n.9/2010) che rileva come la
funzione del titolare di Ufficio preposto alla ricezione delle liste si estingue automaticamente, per effetto della scadenza
del termine temporale stabilito dalla legge per quella attività, senza possibili tolleranze. Sicchè non è giuridicamente
possibile acquisire liste dopo la scadenza dell’orario di chiusura per il semplice fatto che l’ufficio ha cessato di diritto la
sua funzione e non esiste più. In questo caso potranno (forse) sorgere diritti risarcitori (consequenziali) nei confronti di
chi ha ritardato l’accesso; ma il diritto è estinto.
La descritta fattispecie è una dimostrazione concreta del decorso del tempo quale fatto estintivo del diritto anche in
diritto amministrativo.
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aa) Il paradigma
“norma -> fatto -> effetto” consente così di identificare una attività
amministrativa, priva - in senso tecnico - di fase istruttoria (come di seguito meglio specificata); con
una attività che è direttamente obbligata dalla legge ed i cui riflessi nella relazione con il soggetto
privato sono più marcati della attività vincolata e dovuta, siccome effetti automatici ed indipendenti
da processo decisionale proprio della P.A. 46.
In estrema schematizzazione, il paradigma “ norma -> fatto -> effetto “ perviene invece al  diritto
soggettivo47.
bb) Il paradigma “norma -> potere -> effetto” postula, invece, la sussistenza di un procedimento
quale esercizio del potere (a corollario, l’esercizio di poteri autoritativi, in quanto è rilevante, in
quanto espressione di un procedimento). Procedimento che si conclude, di norma, con l’assunzione
di un atto48.
Sempre in estrema schematizzazione, il paradigma “norma -> potere -> effetto” perviene così a
definire una posizione di interesse legittimo.
46
Ad ulteriore spiegazione della incidenza del fatto, si richiama la sentenza del TAR Puglia Bari sez.II, n.1262/10.
“La tesi della difesa dell’azienda sanitaria poggia su precedenti giurisprudenziali condivisi dal Collegio (cfr. da ultimo
Cass., SS.UU., 23.2.2007, n.4206 e T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez.I, 11.12.2007, n.2003).
La previsione di cui all’art. 5 sopra citato, nel prevedere tale trasferimento ad opera della Regione e a favore delle
ASL, infatti, contempla atti puramente ricognitivi che, in adempimento di un puntuale precetto di legge, impongono il
mero riconoscimento della qualità di bene del patrimonio comunale con vincolo di destinazione a favore delle unità
sanitarie.
Le determinazioni regionali, pertanto, non costituiscono esercizio di poteri discrezionali, avendo carattere meramente
dichiarativo dell’obbligo del Comune di trasferire i beni in proprietà alla AUSL BA/1.
Si tratta,in altri termini, di un’attività di ricognizione di tali beni e dichiarativa del corrispondente diritto al
trasferimento, in quanto è alla legge che va ricondotto l’effetto traslativo”.
Anche in questo caso il Giudice ha ritenuto (a torto o a ragione) che nella fattispecie non intervenga alcuna istruttoria;
il passaggio dei beni ospedalieri in capo alla ASL, siccome ritenuta conseguenza diretta della legge, non risulta
determinata dall’atto amministrativo o dall’attività della ASL ma “si tratta, in altri termini, di un’attività di
ricognizione di tali beni e dichiarativa del corrispondente diritto al trasferimento, in quanto è alla legge che va
ricondotto l’effetto traslativo”. Ovvero, ad avviso di chi scrive, un fatto giuridico.
47
“La disciplina dell’effetto giuridico, cioè della idoneità o attitudine di un atto a produrre certe conseguenze nel
mondo del diritto appartiene al diritto civile, dal quale, dunque, è regolata” (Corte Cost. 19 giugno 2013 n.159).
48
Appare condivisibile l’opinione di chi (per brevità si richiama, P. Carpentiere, op cit., pg. 868) critica l’impostazione
tradizionale della L. n.241/90 e s.m.i. che, nel collocare storicamente la teoria dell’atto amministrativo, si ispira al
negozio giuridico piuttosto che alla sentenza.
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Lo schema di Capaccioli può spiegare, così, il tradizionale binomio interesse legittimo >
procedimento.
“Ciò che differisce tra il diritto soggettivo e l’interesse legittimo è il modo in cui la norma si
combina con il fatto e, dunque, la modalità attraverso la quale il fatto assume veste giuridica.
Quanto al diritto soggettivo, la norma fissa direttamente i limiti del potere amministrativo: ne
deriva uno schema binario norma-fatto.
Quanto all’interesse legittimo, invece, la norma di azione attribuisce al potere amministrativo il
compito di regolare i fatti e dettare le modalità per l’esercizio del potere. Ne consegue uno schema
ternario norma – potere – fatto”49.
5. Come evidenziato, la sequenza: << interesse pubblico -> esercizio di poteri discrezionali ->
procedimento-> atto = interesse legittimo>> non è assoluta; dopo l’evoluzione giurisprudenziale
descritta in atti può oggi riscontrasi come all’esercizio di una discrezionalità esercitata mediante un
procedimento possa conseguire una posizione di diritto soggettivo.
Questa osservazione scaturisce da un criterio normativo di sub classificazione (che trova oggi un
primo riscontro normativo nell’art. 21 octies della L. n.241/90 e s.m.i.) nell’ambito dei (pregressi)
interessi legittimi pretensivi, ovvero, relativamente alle modalità di esercizio del potere autoritativo,
tra attività della P.A. vincolata e/o effettivamente discrezionale 50.
La differenza tra attività discrezionale ed attività vincolata è marcata 51.
49
A Sandulli, Diritto e fatto in E. Capaccioli in Dir. amm., Giuffrè n.4/09, pg. 948.
50
Art. 21 octies (inserito dall'articolo 14, comma 1, della legge 11 febbraio 2005, n. 15), in rubrica “anullabilità del
provvedimento” : 1. E' annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso
di potere o da incompetenza.
2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti
qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto
essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per
mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del
provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
51
Da un punto di vista sociologico questa nuova distinzione nell’ambito degli (ex) interessi pretesivi è quella che più di
altre spiega un diffuso fenomeno sociologico di “diffidenza” nei confronti della P.A..
Ai tempi della precedente lezione l’interesse pubblico assumeva rilevanza in costanza di tutta l’attività amministrativa
della P.A., permeandola; oggi quell’esercizio si ritiene esaurito nella sede della programmazione/pianificazione cui
segue una mera attività di riscontro e/o di certificazione vincolata.
Un esempio concreto può desumersi dalla disciplina edilizia. Il permesso di costruire (pure da sempre espressione di
uno ius edificandi) era considerato (dopo lo strumento urbanistico generale ed il piano attuativo) il terzo livello di
pianificazione; sicchè la P.A. in sede di rilascio del permesso poteva (in attuazione della legge urbanistica e di norme
regionali) imporre prescrizioni, quali (diffusamente) la cessione di aree per la realizzazione di opere di urbanizzazioni di
assestamento urbanistico dell’area limitrofa. Oggi una siffatta prescrizione, laddove non espressione di un piano
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L’attività vincolata, infatti, è retta dal paradigma: “pretesa tutelata <-> obbligo della P.A. di
provvedere”; la posizione soggettiva di chi, avendone titolo, richiede un permesso di costruire o
altra abilitazione è, dunque, equivalente strutturalmente e funzionalmente al diritto soggettivo 52.
Dall’indagine testè dedotta si evidenzia che solo l’esercizio di “effettivo” potere discrezionale da
parte della P.A. possa configurare una posizione di “effettivo” interesse legittimo.
Ne consegue che per circoscrivere correttamente la categoria “discrezionalità” amministrativa,
necessita parallelamente (ed ad esclusione) evidenziare le modalità di conformazione giuridica della
posizione soggettiva del privato laddove l’attività della P.A. sia vincolata; ovvero stabilire (su altro
piano) quale sia la linea di demarcazione tra l’(ex) interesse legittimo pretensivo, retto da attività
vincolata ed il diritto soggettivo.
Certamente non è elemento discriminante tra le situazioni giuridiche da ultimo evidenziate la
circostanza che l’attribuzione della pretesa avanzata dal privato segua ad una indagine istruttoria
della P.A. sulla sussistenza dei requisiti abilitanti 53.
Parte della Dottrina (più ancorata alla tradizione) conferma la sussistenza anche nella attività della
P.A. vincolata di una posizione soggettiva di interesse legittimo evidenziando (oltre alla
componente dell’esercizio di un interesse pubblico, come da retaggio sopra evidenziato) la
(potenziale) presenza nel procedimento di un controinteressato (cioè del soggetto che, avendone
urbanistico secondario, espone certamente l’Amministrazione al risarcimento del danno. La risarcibilità dell’interesse
legittimo, in questa maniera, ha contribuito ad una evoluzione complessiva di tutto il diritto amministrativo.
52
A. Orsi Battaglini, Attività vincolata e situazioni soggettive in Dir. Proc. Civ., Giuffrè, 1988, pg. 3 ss..
Contraria la giurisprudenza dominate. Si riporta nota di P. Russo (in “L’accertamento Tributario nel pensiero di Enzo
Capaccioli”, in Diritto Amm., Giuffrè n.4/09, pg.1043). “Deve peraltro rilevarsi come la stessa giurisprudenza
amministrativa … pervenga alla conclusione che le situazioni giuridiche fronteggianti le attività amministrative
integralmente vincolate debbano in realtà considerarsi come e veri e propri diritti soggettivi. Cfr. ad es. ed prescindere
dalla giurisprudenza in materia di diritti <<non degradabili>>, TAR Campania, Napoli, sez.V, sentenza 9 giugno2009,
n.3169; TAR Lazio, Roma, sez.I, sentenza 29maggio 2009, n.5344; TAR Campania, Napoli, sez.V, sentenza 5 agosto
2008, n.9776; TAR Campania, Napoli, sez.V, sentenza 26 maggio 2008 n.4988; per quanto concerne le pronunce
dell’organo di giurisdizione cfr., seppure con sfumature non univoche, Cass. SS.UU. ord. 13gennaio 2005 n.466; Cass.
SS.UU. ord 18 febbraio 2002, n.2369; Cass. SS.UU. sent. 4 novembre 2012 n.15439; Cass. SS.UU. sent. 10 maggio
2001, n.182. ancorato, invece, all’impostazione tradizionale permane il Consiglio di Stato per il quale resta ferma che
“debba distinguersi, in seno alle attività di tipo vincolato, tra quelle ascritte all’amministrazione per la tutela in via
primaria degli interessi del privato e quelle, viceversa, che la stessa amministrazione è tenuta ad esercitare per la
salvaguardia dell’interesse pubblico” (A.P., dec. 24 maggio 2007, n.8)”.
53
A riprova, a titolo esemplificativo, si pensi alla posizione soggettiva dell’assicurato che presenti istanza al competente
istituto di previdenza per l’ottenimento di una pensione di invalidità. Anche in questo caso l’accoglimento della istanza
segue ad una istruttoria (che per altro esprime valutazioni tecniche, per così dire, meno certe delle indagini che
presiedono, ad es. al rilascio di un permesso di costruire).
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interesse, ha titolo ad impugnare il provvedimento di accoglimento della istanza del soggetto
abilitato); figura, quella del controinteressato, estranea al rapporto di diritto soggettivo.
A modesto avviso di chi scrive il criterio non è pertinente perché, anche in regime di diritto privato,
chi ha interesse, può impugnare un negozio (ivi compreso anche l’atto unilaterale) deducendone la
nullità e/o annullabilità.
Marcata è invece la differenza strutturale tra l’attività vincolata ed il diritto soggettivo in relazione
alle modalità di esercizio del potere; effettivamente, applicando lo schema di Capaccioli si ricava
che anche per l’interesse legittimo (con attività vincolata) talune condizioni normative influenzano
l’azione conformativa della P.A. con prescrizioni che si consumano nell’ambito del rapporto;
nell’ipotesi del diritto soggettivo, invece, il vincolo che condiziona il potere della P.A. deriva dalla
legge, è esterno alla attività conformativa ed opera anche in assenza di azione della P.A..
A ben vedere, dunque, anche in questo caso la attuale differenza (che oggi persiste) non è intrinseca
ma è (e rimane) normativa; ed è data dalle modalità di azione amministrativa che sono prescelte dal
legislatore nel disciplinare l’istituto: nell’attività diretta alla erogazione di beni e servizi la P.A.
opera in regime di diritto privato (com’è l’ipotesi della concessione della pensione) con i
conseguenti poteri che la legge gli attribuisce; l’attività amministrava in regime di interesse
legittimo, con attività vincolata (com’è per il rilascio del permesso di costruire), è, invece, retta dal
diritto pubblico con attribuzione alla P.A. dei poteri che questo regime comporta.
Ne consegue che, anche per questa fattispecie, la qualificazione della posizione giuridica si
concretizza essenzialmente in una attribuzione di giurisdizione ed è frutto di scelte discrezionali del
legislatore.
Questo per i profili strutturali.
Per gli aspetti funzionali, invece, anche in queste specie di attività vincolata, la tutela risarcitoria
non può che risultare diretta al risarcimento della lesione del bene della vita perché la situazione
strumentale del soggetto privato (siccome non più condizionata e/o condizionale dall’interesse
pubblico, già manifestato) risulta del tutto marginale a fronte della tutela che l’ordinamento riserva
all’esito (e/o provvedimento) definitivo (dell’azione amministrativa).
Ad avviso di chi scrive, per queste fattispecie di attività vincolata il tradizionale inquadramento
della posizione soggettiva nella figura dell’interesse legittimo (a fronte della intervenuta tutela
risarcitoria del bene della vita espresso dall’interesse pretensivo) appare così recessivo.
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6. La soluzione prospettata conferma, quale elemento di identità ed unità dell’istituto “interesse
legittimo”, il binomio tradizionale: “interesse legittimo = effettivo esercizio di potere
discrezionale”, assunto proprio anche della teoria di Capaccioli.
Tesi certamente condivisibile ma con specificazioni e limitazioni (evidenziate in questo testo)
dovute all’impatto della intervenuta risarcibilità. L’interesse legittimo continua, dunque a correlarsi
al potere discrezionale della P.A.; ma con alcuni distinguo. Sopratutto, in relazione alla natura della
discrezionalità.
Invero, la discrezionalità amministrativa “si sostanzia in una ponderazione comparativa, compiuta
dalla P.a. tra l’interesse pubblico ad essa affidato dalla legge (interesse primario) e gli interessi
secondari (privati, pubblici, collettivi) che vengono in rilievo nello svolgimento dell’attività
amministrativa”54, … “cui segua una scelta tra possibili misure alternative volte alla cura
dell’interesse pubblico”55.
“È opinione acquisita, fin dai tempi in cui è stato studiato il potere amministrativo discrezionale
(ci si riferisce ai fondamentali studi di M.S. Giannini che risalgono alla fine degli anni trenta del
secolo scorso) che il pubblico interesse concreto è individuato dall’amministrazione all’esito di una
valutazione comparativa, la quale deve tenere conto di tutti gli interessi pubblici che vengono in
evidenza, e quindi non solo dell’interesse pubblico primario che si ha l’obbligo di perseguire, ma
pure di altri interessi pubblici (denominati secondari) che possono essere anche in contrasto con
quello primario”56 .
Nell’ambito dell’esercizio del potere la discrezionalità amministrativa viene distinta dalla
discrezionalità tecnica nei termini seguenti.
“La discrezionalità amministrativa è espressione di una scelta e di una decisione sulla opportunità
di una determinata soluzione frutto della comparazione degli interessi pubblici, collettivi o privati,
presenti in una determinata fattispecie concreta alla luce dell’interesse pubblico primario in
attribuzione all’amministrazione agente, ovvero quando la scelta sia il prodotto di una conferenza
54
G. De Rosa, La discrezionalità tecnica. Natura ed insindacabilità da parte del giudice in Dir. proc. amm, Giuffrè,
n.2/13 pg. 520
55
G. De Rosa, cit pg. 521.
56
G. Cucurra, Principio di legalità e amministrazione negoziata in Scritti in memoria di Leopoldo Mazzarolli, cit., I
pg.149.
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di servizi o di una negoziazione tra più autorità pubbliche, in relazione all’interesse pubblico in
concreto prevalente la cui soddisfazione si pone come fine dell’azione amministrativa intrapresa
nella specifica situazione.
La discrezionalità tecnica, invece, è manifestazione, nelle ipotesi di maggiore ampiezza e
complessità, di un giudizio, conseguente ad accertamenti di fatto, cui rileva l’applicazione dei
criteri e parametri scientifici e tecnici e che viene espresso non a seguito di una scelta, ma in
applicazione di regole di natura tecnica. Tali regole sono richiamate dalla norma che non le
espone, ma le da per presupposte e conosciute” 57.
“A costo di cadere nell’assolutezza, che è sempre astratta, giova dire che la <<discrezionalità
tecnica>> non esiste. Giova dirlo perché la categoria della discrezionalità tecnica è fonte spesso di
confusione, quasi mai di utilità conoscitiva. La discrezionalità .. è criterio di valutazione onde si
sceglie nel caso concreto la soluzione più adatta per soddisfare l’interesse pubblico, in relazione al
fine predeterminato dalla legge (la soluzione più adatta quanto al se dell’atto, al momento cui
emanarlo, al contenuto, etc.). La tecnica è la regola per valutare o il mezzo empirico idoneo per
attuare la decisione già presa oppure la fattibilità empirica (in fatto) di una o più soluzioni
ipotizzate e non ancora decise, o ancora i vantaggi e gli svantaggi che potranno derivare dall’una
o dall’altra decisione futura. In ogni caso, il criterio tecnico non ha a che vedere, mai con la scelta
più adatta per soddisfare l’interesse pubblico”58.
È così, opinione conforme che la discrezionalità amministrativa e la discrezionalità tecnica vengono
abbinate impropriamente. Tanto (ad avviso di chi scrive) accade ancora perché anche la
discrezionalità tecnica comporta delle scelte; infatti, ad approfondimento del risultato cui perviene
l’indagine di Capaccioli (con la conclusione testé riportata) G. De Rosa spiega che discrezionalità
tecnica è “attività amministrativa che consiste non già nell’esercizio di un potere amministrativo
discrezionale ma nel mero esame di fatti che costituiscono i presupposti per l’adozione di un
provvedimento mediante l’uso di regole tecniche cui la norma giuridica rinvia che appartengono a
scelte non esatte”;59 mentre in rapporto a scienze esatte non sussiste discrezionalità amministrativa
57
E. Follieri, La sindacabilità delle valutazioni tecniche della Pubblica Amministrazione, in Studi in onore di Leopoldo
Mazzarolli, cit., pg.158.
58
E. Capaccioli, Manuale di diritto amministrativo, pg.286 (nota riportata da F. Merusi, in La teoria generale di E.
Capaccioli, in Dir. amm., Giuffrè, n.4/09, pg.884).
59
G. De rosa, op. cit 521
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ma accertamento tecnico 60, che nulla ha a che vedere con l’interesse legittimo e che assume una
“area vastissima di attività ed atti della pubblica amministrazione dove occorrono verifiche e
valutazioni tutte empiriche e semmai influenzate, talora, da criteri giuridici”61.
Sempre De rosa conclude evidenziando una discrezionalità mista che sussiste laddove “una norma
può anche prevedere che la p.a., dopo aver valutato i fatti in base a criteri tecnico scientifici,
rimanga libera di scegliere quale provvedimento sia più opportuno per perseguire l’interesse
pubblico. Questa seconda categoria di casi è qualificata come discrezionalità mista perché la
discrezionalità amministrativa si affianca alla discrezionalità tecnica”62
Altra Dottrina enuncia una ulteriore categoria di discrezionalità che è quella interpretativa. Questo
argomento merita adeguato approfondimento 63.
II conclusione
Questo è, oggi, l’interesse legittimo.
A seguito di rilevanti innovazioni normative attinenti al rafforzamento della tutela del soggetto
privato nella relazione di interesse legittimo (per primo il rafforzamento della effettività della tutela
e la risarcibilità dell’interesse legittimo) la nozione di interesse legittimo fondata sul criterio
discriminante dell’esercizio da parte della P.A. di poteri autoritativi ha evidenziato tutta a sua
fragilità dogmatica. L’applicazione del 2043 c.c. all’interesse legittimo ha, poi, svelato che (laddove
il risarcimento risulti effettivamente riparatorio della lesione) la posizione giuridica del privato è di
diritto soggettivo e non di interesse legittimo.
Né è scaturita, in dottrina, una nuova definizione di interesse legittimo, più circoscritta, e ponderata
sull’esercizio da parte della P.A. di poteri discrezionali mediante procedimento, nel quale la P.A.
60
G. De rosa, op. cit 522.
“In questo caso gli atti amministrativi hanno valore dichiarativo delle condizioni fissate per il riconoscimento del
diritto”. P. Gazzarra, l’opera scientifica di Enzo Capaccioli tra fatto, diritto e teoria generale, in Dir. Amm., Giuffrè,
n.4/09, pg.978.
61
E. Capaccioli, Manuale di diritto amministrativo, pg.301.
62
G. De rosa, op. cit 523 .
63
G.Verde, Sguardo panoramico al libro primo ed in particolare alle tutele ed ai poteri del giudice, in Dir proc. amm,
n.3/10, pg. 804.
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estrinseca l’esercizio di poteri discrezionali effettivi (non vincolati), di effettiva portata
amministrativa e con esclusione del risultato di mere valutazioni tecnico scientifiche.
7. Come più volte evidenziato, in materia di risarcibilità dell’interesse legittimo, il fatto lesivo è
dato dall’illegittimità dell’atto conclusivo del procedimento 64. In relazione a quest’ultima
fattispecie, pertanto, considerata la rilevanza assorbente e determinante della illegittimità dell’atto
conclusione del procedimento, la osservanza della c.d. “pregiudiziale” diventa così necessaria ed
imprescindibile65.
Quanto comporta, a corollario il consolidamento dell’atto ritenuto illegittimo, ove non impugnato
nel termine di decadenza, secondo una logica che è conforme ai principi dell’intero ordinamento
(che, anche nel diritto civile, prevede decadenze). E quindi una situazione obiettiva di intangibilità
dell’atto presunto illegittimo non impugnato 66.
Rispetto all’interesse legittimo (c.d. “puro”) risarcibilità e giudizio di legittimità sul provvedimento
convergono come le due facce di una medaglia.
Ciò posto, in questa fattispecie la risarcibilità dell’interesse legittimo rimane ancora un oggetto
misterioso67.
Invero, posto che “la tutela del giudice della legittimità – che deve essere piena e diretta – è
considerata perciò dipendente, legata al comportamento della pubblica amministrazione e fondata
64
G.Verde, op. ult. cit., pg. 804.
65
Si discute in dottrina se possa costituire oggetto di accertamento incedente tantum o debba rilevare da giudizio di
legittimità. La Dottrina maggioritaria propende per questa seconda soluzione, con forti motivazioni: ad es.: a) quale
forma di tutela dalla disgregazione dello stato (P. Carpentieri, op. cit. pg. 880); b) quale preclusione assoluta
all’autonoma dell’azione risarcitoria; (G.Verde, op. cit. pg. 805); c) ovvero come concentrazione di giudizio per
maggior tutela (R. Villata, op. cit., pg. 903). Chi scrive ritiene (come evidenziato) che la pregiudiziale costituisca il
collante che tiene unito il sistema; Così anche A. De Chiara, Danno derivate da interesse legittimo e situazioni
giuridiche soggettive in www.federalismi.it
66
Cfr.: G. Verde (La Corte di cassazione ed i conflitti di giurisdizione, in Dir. Proc. amm. , Giuffrè, n.2/13, pg.372/373)
esclude una autonoma azione risarcitoria in materia di lesione di interesse legittimo tenuto conto del testo dell’art.30 e
della circostanza che è il termine massimo di centoventi giorni coincide con quello per la proposizione del ricorso
straordinario (in “Sguardo panoramico al libro primo ed in particolare alle tutele ed ai poteri del giudice”, in Dir proc.
amm, n.3/10, pg. 80”); depone in tal senso anche una consolidata tradizione che trae origine negli artt. 4 e 5 della
Legge del 1865 sul contenzioso amministrativo (op. ult. cit. pg. 878). Sempre per questo Autore, anche il danno da
comportamento non ha propria autonomia e soggiace alla pregiudiziale (op. ult. cit. pg. 873).
67
Così anche A. De Chiara, Danno derivate da interesse legittimo e situazioni giuridiche soggettive in
www.federalismi.it
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sulle regole che lo guidano”68, è altrettanto vero che la garanzia di risultato vantaggioso in concreto
esorbita dalla sfera dell’interesse legittimo 69 .
A Conferma S. Giacchetti 70 precisa opportunamente come nello schema della Cass SS.UU.
n.500/99 “l’oggetto reale del risarcimento non è la lesione dell’interesse legittimo ma la lesione del
diritto all’integrità del patrimonio”. Difatti con riferimento alla lesione di interesse legittimo (che in
questo testo è stato specificato, per comprensione, con l’aggettivo “effettivo”) non può risarcirsi un
bene della vita perché non ha ancora avuto giuridica esistenza. E non è nemmeno in nuce perché
potrebbe non nascere mai. E riconoscerlo (anche in sede di reintegrazione del patrimonio) è dare al
privato di più di quanto gli attribuisce la legge.
8. Ciò premesso, siano date come acquisite le seguenti premesse giuridiche e sociologiche:
- la discrezionalità amministrativa non può costituire un alibi che consenta un difetto di controllo
effettivo sull’azione amministrativa, controllo imposto dalla legittimazione popolare;
- in attuazione dei principi costituzionali, l’Ordinamento deve garantire la tutela effettiva del
soggetto privato nei confronti del potere autoritativo della P.A.;
- a maggior ragione rispetto a processi decisionali che, benché discrezionali, involgono interessi
assai rilevanti;
- i trattati internazionali impongono la tutela della concorrenza, anche in termini di par condicio
nell’accesso alle opportunità ed alle risorse 71.
68
E. Capaccioli, Interesse legittimo e risarcimento dei danni in Id Diritto e processo, pg.36
69
così sempre Capaccioli, op cit.140.
70
in “La risarcibilità degli interessi legittimi è in coltivazione” cit..
71
Le istituzioni liberali trovano legittimazione anche nella funzione di composizione dei conflitti. Tuttavia, in Italia una
endemica tendenza alla violazione delle regole ed una diffusa e pressocchè generalizzata corruzione, dentro e fuori la
P.A., traducono conflitti sociali (per altro, esasperati anche da crescenti difficoltà economiche) che producono una
domanda di giustizia sostanziale diretta nei confronti del potere pubblico, domanda permeata da un diffuso e generale
(quanto giustificato) sentimento di sfiducia nei confronti della P.A..
Con l’eliminazione dei controlli, l’onere di provvedere al controllo della attività della P.A. è ricaduto, con tutto il suo
peso, sul Giudice Amministrativo.
Anche sul piano legislativo (anch’esso fortemente condizionato da sentimenti di diffidenza nei confronti della P.A.) si è
fatta strada la tendenza a scaricare sul Giudice responsabilità ed oneri che sono propri del potere politico (probabilmente
anche per incapacità di quest’ultimo ad esprimere adeguata distanza dagli interessi). Con conseguente
“contaminazione” ed “esasperazione” della <<effettività>> della giurisdizione. Benché valore primario, l’effettività non
può soverchiare (come in taluni casi – a modestissimo avviso di chi scrive – nonostante la prudenza del Giudice
amministrativo, accade) altri valori primari quali l’autonomia dell’azione amministrativa, la terzeità del giudice, il ruolo
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Quanto emerge dalla posizione critica (diffusa in Dottrina) testé descritta è la necessità che sia
garantito un controllo del Giudice che, da un canto, sia garantista delle prerogative istituzionali
della P.A. (spesso espressione di un autonomia politico/rappresentiva); d’altro canto, sappia tenere
in adeguata considerazione l’interesse pubblico nella consapevolezza che nello scontro tra privato e
P.A. il più delle volte non si contrappongono un “bene” ed un “male” bensì due cordate di interessi,
più o meno fortunate nell’intercettare referenti nella P.A.; cordate che molto spesso ben poco hanno
a che fare, tanto l’una quanto l’altra, con l’interesse pubblico effettivo 72.
In base a quanto esposto, l’indagine su condizioni e criteri di risarcibilità dell’interesse legittimo
deve necessariamente non solo tenere in conto la c.d. pregiudiziale ma individuare un criterio
giuridicamente soddisfacente di valutazione della legittimità delle scelte discrezionali della P.A..
La Giurisprudenza con varie oscillazioni, a volte esclude, a volte no, la risarcibilità dell’interesse
legittimo rispetto a provvedimenti che siano espressione di discrezionalità amministrativa.
Ex multis: “secondo un principio comunemente affermatosi in tema di illecito aquiliano
dell’Amministrazione, difetta il nesso di causalità fra l’illegittimità dell’atto lesivo ed il danno
lamentato, allorché resti in tutto o in parte integro, dopo l’annullamento giurisdizionale, l’ambito
di apprezzamento discrezionale in ordine all’adozione del provvedimento ampliativo richiesto, e
permanga così la possibilità di una legittima diversa determinazione sfavorevole per l’interessato
(cfr., tra molte: Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2009 n. 2894; Id., sez. V, 7 ottobre 2008 n. 4868;
Id., sez. IV, 30 giugno 2006 n. 4231; Id., sez. VI, 15 aprile 2003 n. 1945)”73.
L’attenzione del Giudice amministrativo è doverosamente rivolta al rispetto della divisione dei
poteri ed ad evitare che il potere di censurare (e sanzionare) decisioni discrezionali “politiche”
“patologico” (e non a regime) della tutela giurisdizionale. Quest’ultima, come ribadisce costantemente la migliore
Dottrina, infatti,non può prescindere dalla domanda, dal rispetto di regole processuali (oggi carenti nel processo
amministrativo risarcitorio), e può assumerete solo il ruolo di tutela che opera (solo se invocata dal privato), per
l’effetto, “a macchia di leopardo”.
Per altro, il rapporto tra potere pubblico e giustizia amministrativa è anche aggravato dal ruolo istituzionale che gli
organi di Giustizia amministrativa hanno anche, quale referenti, nei processi decisionali delle istituzioni.
Sempre a modesto avviso di chi scrive, questa rilevante e determinante influenza del Giudice amministrativo esprime
quel punto di consenso tra classe politica incapace ed una Magistratura amministrativa dilagante che ha generato quel
nuovo codice di giustizia amministrativa che tutti quanto tanto amiamo.
72
Il Giudice amministrativo si muove in questo pantano come un marine nella giungla, con oscillazioni di indirizzo, più
o meno periodiche, la cui logica sfugge ai comuni mortali. Ne è dimostrazione la rilevanza che viene conferita al
comportamento delle parti, criterio da sempre presente ma recessivo nel giudizio civile, per altro più proprio delle parti.
Si rimanda alla lezione l’esame di questi orientamenti.
73
TAR Puglia Bari sez. I n. 233/2012.
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coinvolga, penalizzandolo (come spesso purtroppo di recente accade) anche lo stesso potere
decisionale degli organi politicamente rappresentativi della P.A. 74.
Ma questa soluzione rappresenta il male minore; invece, è doveroso chiedersi se le tradizionali
categorie di il/legittimità dell’atto amministrativo (astrusamente ricondotte dalla L. n.241/90 a
categorie di nullità ed annullabilità) consentano quel controllo (comunque vincolato alle dinamiche
ed alla disciplina processuale; penetrante ma ossequioso della divisione dei poteri; competente) che
gli impegni comunitari e le istanze sociali impongono al Giudice amministrativo.
Secondo la più tradizionale teoria del “vizio” dell’atto amministrativo (per intenderci, quella che si
ricava dal Manuale di Diritto Amministrativo di A. Sandulli) l’illegittimità del provvedimento va
riscontrata nell’ambito del procedimento amministrativo e con riferimento alle norme che lo
disciplinano. L’assunto è indiscusso.
Siffatto parametro di controllo osserva necessariamente una sua adeguatezza, come rileva anche A.
Romano Tassone75 che evidenzia come il procedimento amministrativo rechi nella sua
organizzazione interna ogni garanzia necessaria per soddisfare le certezza di neutralità dell’azione
conformativa della P.A..
La tesi della dottrina testé richiamata è in parte condivisibile; si fonda, tuttavia, su presupposto non
assoluto, ovvero la certa evidenza di neutralità del procedimento, presupposto che (l’esperienza ci
insegna) è purtroppo solo virtuale. E formale.
Diversa l’impostazione del Giudice amministrativo, che ha evidenziato un suo percorso di
indagine.
Così, S.E. Pasquale de Lise, Presidente del Consiglio di Stato, “Relazione sull’attività della
Giustizia amministrativa”, Roma, 8 febbraio 2011: “ Negli ultimi anni vi è stata una forte crescita
della tutela fornita dal giudice amministrativo, che non si limita più all’annullamento del
provvedimento lesivo, ma si estende al risarcimento del danno e a una cognizione più ampia del
rapporto sottostante, con una continua attenzione alla celerità del processo che – nelle
74
Nonostante le ambiguità di una classe politica non adeguata il rispetto della Costiuituzione repubblicana impone di
non coltivare conflittualità istituzionali; la prospettiva più feconda è quella di elaborare strumenti di controllo
dall’azione della P.A anche in materie discrezionali che assolvano ai parametri di democraticità della giurisdizione e
non penalizzino l’incisività , la speditezza e la credibilità dell’azione amministrativa.
75
Sui rapporti tra legittimazione e regime giuridico in Scritti in memoria di Leopoldo Mazzarolli, cit., I, pg.266 ss.
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controversie in alcune materia, come quelle relative agli appalti o ai provvedimenti delle Autorità
indipendenti – di regola si conclude nel giro di pochi mesi
Dopo gli obiettivi dell’effettività e della pienezza della tutela stiamo per raggiungere un ulteriore e
più alto traguardo: quello della sua satisfattività. Abbiamo acquisito una maggiore sensibilità nel
comprendere la portata sostanziale della pretesa della parte e della lesione che asserisce di aver
subito.
Il processo amministrativo guarda innanzitutto al “fatto”, alla vicenda concreta in cui si attua la
dialettica autorità-libertà, e su tale vicenda modella il giudizio, avvalendosi di un sindacato per
clausole generali (correttezza, proporzionalità, ragionevolezza) che consente di salvaguardare la
sfera giuridica del cittadino penetrando le logiche del potere pubblico”.
Con quali strumenti di indagine, il Giudice Amministrativo non lo dice siccome proiettato (almeno
nel recente passato76) in una logica di decodificazione, ad appannaggio di valutazioni equitative.
Per soddisfare quelle premesse sopra indicate, serve garantire l’ancoraggio del giudizio del Giudice
amministrativo a dati oggettivi. Il parametro sostanziale di valutazione non può che concretizzarsi
nel rispetto dei valori costituzionali. Bastano ed avanzano.
9. Ciò posto, ad avviso di chi scrive, l’affermazione del criterio di ponderazione della legittimità
dell’atto amministrativo discrezionale, premesso anche
il doveroso rispetto del procedimento
(sintomatico quanto meno della trasparenza dell’azione amministrativa), non può prescindere
dall’osservanza dei caratteri intrinseci della discrezionalità stessa (con riferimento alla rispondenza
dei precetti costituzionali, parametro certo sufficiente a garantire la migliore azione
amministrativa).
Infatti, la scelta discrezionale della P.A. non è, per questo, mai libera e/o indifferente.
“L’interesse pubblico non è un concetto astratto ma si esprime nell’atto con il quale la finalità
indicata dalla legge viene specificata, tenendo conto del caso concreto sul quale ci si trova a dover
provvedere”77.
Di conseguenza, è sindacabile sulla base di parametri oggettivi: “la P.A. non soltanto deve adottare
i provvedimenti che la norma di legge espressamente prevede, ma ha l’obbligo di farlo in vista non
76
speriamo sepolto
77
G. Cugurra “Principio di legalità ed amministrazione negoziata” in Studi in onere di L Mazzarolli, cit., I, 150.
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di un qualsiasi interesse pubblico, ma proprio dell’interesse pubblico che la norma attributiva del
potere reputa meritevole di tutela”78.
Può così concludersi che “l’amministrazione si dà delle regole di condotta, quelle inserite nella
legge sul procedimento amministrativo. In questo modo, l’esercizio del potere discrezionale da
libero, quale era in passato, diventa un esercizio controllato e controllabile prima che si traduca
nell’atto o nel provvedimento con cui è in concreto esercitata la funzione.
… Quest’ultimo (il provvedimento) finisce con l’essere il prodotto di un potere compiutamente
esercitato ed il giudizio di legittimità diventa giudizio di controllo del legittimo esercizio del potere.
Lo stesso vizio dell’eccesso di potere, che era stato il grimaldello di cui il giudice amministrativo si
era servito per esercitare un migliore controllo del corretto uso della discrezionalità
amministrativa, cambia di aspetto, in quanto il giudice non si accontenta più di un controllo
estrinseco e formale degli atti portati al suo esame, ma vuole penetrare all’interno della vicenda
conclusasi nel quadro del procedimento amministrativo ricorrendo più spesso alla verificazione ed
alla consulenza tecnica. La tradizionale distinzione tra giudizio di legittimità e giudizio di merito è
destinata a sfumare”79.
Il controllo obiettivo è, dunque, possibile.
“Appare evidente che oggi, con una normazione sempre più penetrante, ma sempre più incerta e
disordinata, l’area della discrezionalità amministrativa politica, da un lato, e quella della attività
interamente vincolata, dall’altro, si vadano sempre più restringendo, mentre sempre maggiore
spazio è acquisita dalla discrezionalità interpretativa, che non è solo ad appannaggio del giudice,
ma è criterio applicativo della legge posto in essere ed immediatamente dall’amministrazione 80”
Con senso realistico occorre dire che la verifica della legittimità con i parametri testé richiamati,
come elaborati dalla migliore Dottrina, non è certamente agevole.
È, tuttavia, la frontiera da raggiungere
78
G. Cucurra, op, cit. I pg.148
79
G. Verde, La corte di cassazione d i conflitti di giurisdizione, in Dir. proc. amm., Giuffrè, 2/13, pg.372/373.
80
P. Carpentieri, Azione di adempimento e discrezionalità tecnica, in Dir. Proc. amm., Giuffrè, 2/13, pg 411.
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A modesto avviso di chi scrive questa nuova conquista non si raggiunge (solo) con l’adozione di
nuove regole procedurali e processuali (quest’ultime, per altro, carenti nel nuovo processo
amministrativo); né vi concorre l’esasperazione dei controlli formali o l’aggravamento di pesi,
sanzioni ed oneri di ogni genere a carico della P.A..
Serve affermare una nuova tecnica legislativa che disciplini il merito delle scelte della P.A.
impedendo in nuce che dall’azione amministrativa possano scaturire vantaggi il cui conferimento
non sia regolamentato da regime comparativo effettivo e gestibile con trasparenza assoluta; una
legge chiara che non consenta margini interpretativi evasivi nel definire obiettivi e responsabilità.
Questo l’augurio per il futuro giuridico in cui vengano ad operare i giovani Colleghi che si
affacciano alla professione.
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