Relazione Web series - Produzioni dal Basso

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Che cos’è una Webseries?
Mentre tutti i network di notizie televisive registrano un netto calo di pubblico
per le edizioni serali e anche la tv via cavo si accontenta di telespettatori di
nicchia, il web, i social media e il video mobile vedono aumentare il consumo di
video online in maniera spropositata.
L’Associeted Press (è una delle fonti più importanti e affidabili nella raccolta di
notizie indipendenti, considerata la spina dorsale del sistema di informazioni a
livello mondiale) ha registrato circa 645 milioni di video visti sul web sul solo
canale Youtube, dal suo lancio nel 2006, mentre MSNBC.com (è il sito di un
canale televisivo via cavo statunitense) ha censito il suo più alto numero di
visitatori nel mese di gennaio 2010, con oltre 158 milioni di video visti.
Questi dati confermano il dato che il binomio TV/WEB è ormai inscindibile e che
il loro sodalizio piace agli utenti.
Grazie a questa nuova tendenza, negli ultimi anni è nato negli Stati Uniti un
nuovo modo di fare spettacolo. La Webserie. Si tratta di episodi di fiction
realizzati per essere fruiti attraverso il Web (la cosiddetta Web television),
oppure sui display dei dispositivi mobili, imminente sarà la visione ad alta
qualità anche attraverso un normale televisore.
Nel 2008 è stato istituito anche l'International Academy of Web Television
(IAWTV), che premia con i Streamy Awards (chiamati anche "Streamys")
quelle serie che si sono distinte nel campo della Web TV o dell'intrattenimento
digitale.
Hollywood e le Webserie
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La presenza di Hollywood nel segmento delle webseries era inevitabile.
Dapprima incerto tra l’inutilmente faraonico e lo sperimentale inintelligibile,
l’investimento si è fatto via via meno sporadico a cavallo tra il 2007 e il 2008,
per diventare infine industriale e sistematico dal 2009 in poi.
Tutti gli studios hanno un loro braccio digitale, sebbene i risultati più eclatanti
sul versante delle fiction siano finora la Paramount Digital e Sony Crackle,
con la mini-major Lionsgate abile a farsi spazio nel mezzo grazie al
videoportale del brivido FEARNet (TV online sul genere di Megavideo).
Paramount Digital ha debuttato nel 2009 con Circle of Ei8ht, thriller
sanguinolento in 10 puntate [3 postate il giorno dell’esordio, le altre 7 a
cadenza settimanale], netcastato in esclusiva da MySpace TV. (Sponsorizzato
da Pepsi e Adobe, con vendite internazionali curate da Endemol e riedizione in
formato lungometraggio su dvd a fine ciclo, Circle of Ei8ht ha raccolto 4 milioni
di views e un dedicato drappello di fan sui social. L’opera in sé è assai
convenzionale e trascurabile, ma come test ha funzionato.
Rodata la macchina, lo step successivo è stato quello di coinvolgere le grandi
star. Operazione in corso, da cui si attendono risultati a inizi 2012, quando
arriverà la webserie animata tratta dal cultissimo Zoolander, con Ben Stiller al
timone creativo. E’ questo è solo l’inizio.
Gli indipendenti
L’abbattimento delle barriere distributive d’ingresso al mercato è senza tema di
smentita uno degli aspetti più eversivi e significativi della rivoluzione
audiovisiva dettata dal web.
Dal debutto del capostipite lonegirl15 (16 Giugno 2006) in avanti, il numero e
lo spettro narrativo dei web originals realizzati da filmmaker esterni al circuito
degli studios è debordante. Non secondario si è rivelato il consolidarsi di realtà
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come blip.tv o NextNewNetworks, in grado di aggregare centinaia e centinaia
di webseriali indipendenti e gestirne le vendite B2B (è un termine utilizzato per
descrivere le transazioni commerciali elettroniche tra imprese), il marketing e
la raccolta pubblicitaria, al tempo stesso distribuendo il prodotto su tutti i
principali videoportali, social network, set-top box per le TV con collegamento
Internet, iTunes, Amazon, iPhone, iPad, emittenti locali e via dicendo. Di fatto,
si è creato un modello di business per la creatività non hollywoodiana.
Metodi di finanziamento
I CPM:
Il CPM (costo-per-mille visualizzazioni; se un sito ha un CPM di 5 dollari, vuol
dire che un video che generi 1 milione di views viene pagato dagli inserzionisti
5.000 dollari).
I CPM naturalmente variano drasticamente tra sito e sito. Secondo
Mediaweek il CPM di Hulu (TV in streaming) reale, detratti i consueti sconti
quantità, oscillerebbe tra i 25 e i 30 dollari (1 milione di views viene pagato
30.000 dollari), in linea con il CPM reale delle emittenti TV e con eccezioni
come i 60 dollari CPM per entrare negli stream dei Simpson. Anche VEVO (TV
in streaming) può permettersi di applicare CPM sulle medesime cifre, mentre
YouTube è ancora sotto i 10 dollari, ma è destinata a salire. Per le diretta in
streaming del basket universitario su CBSsports.com, il popolarissimo March
Madness On Demand, si arriva però a CPM di 70 dollari; è un torneo breve e
appetito per il suo pubblico maschile 18/49 anni. Gli online video del Wall
Street Journal addirittura sfiorano i 100 dollari. Un pubblico ristretto, ma
d’elite, combinato con una produzione copiosa di news e analisi economiche,
oltre a trasmissioni quotidiane Net-only esclusive come The News Hub, può
fare miracoli.
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Pubblicità in streaming:
In prevalenza vengono adottate e vendute dai sales agent di Google e colleghi
unità pubblicitarie assai simili a quelle in uso nella televisione tradizionale,
seguendo criteri di tariffazione analoghi basati sul concetto di CPM.
I CPM tuttavia non esauriscono nella maniera più assoluta il calcolo. Vanno
aggiunte nell’equazione moltissime sostanziali differenze con la TV, rese
possibili dalla peculiarità tecnologica di Internet.
Di seguito un elenco quanto più possibile esaustivo delle tipologie di pubblicità
proprie della Next-TV:
Pre-roll,
mid-roll
(o
in-stream)
e
post-roll
spot.
Si
riferiscono
rispettivamente a consigli per gli acquisti inseriti in testa (pre), durante (instream) e/o in coda (post) a un video in streaming. Nel 2010 i pre-roll, di
solito brevi billboard di 30 secondi degli sponsor ufficiali di un canale,
rimangono di gran lunga la soluzione preferita dagli inserzionisti. Il 91% delle
videopubblicità su web è costituito da pre-roll. La logica è semplice: il
navigatore è abituato e accetta un veloce suggerimento sponsorizzato a inizio
clip, quando ancora si sta completando il caricamento. Fa più fatica a
sopportare l’interruzione classica di taglio televisivo a metà filmato. Nondimeno
anche i mid-roll iniziano a prendere piede, con un incremento del 693% nel
corso del 2010 e un 8% del totale pubblicità nel corso di uno streaming. Inoltre
i mid-roll presentano un tasso di assorbimento del 91%, ovvero solo 9 Netspettatori su 100 cambiano sito nel momento in cui vedono un break durante
lo streaming. Quest’ultimo dato è motivabile con la difficoltà e lentezza nello
spostarsi da un videoportale a un altro su pc, restando per ora necessario
compiere un movimento con mouse e tastiera; con i device multitouch come
l’iPad il processo già diventa più veloce, ma l’equiparazione con lo zapping
televisivo sarà definitiva solo quando saranno ubique le Internet TV.
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A loro volta pre-roll e mid-roll possono includere una call-for-action. L’utente
è invitato a interagire con il video, cliccando un pop-up. Si può suggerire di
partecipare a un concorso o di iscriversi a una Fan Page Facebook, nel caso di
un tutorial si può proporre l’acquisto di enciclopedie correlate all’argomento, e
via dicendo. In questo caso l’azienda paga solo quando c’è un’interazione.
Ovviamente paga molto più per interazione di quanto paghi per la normale
visualizzazione.
Overlay ipertestuali, ergo pubblicità cliccabili in sovraimpressione, chiamate
da YouTube InLine Video e inaugurate nel 2007. Sono le pubblicità di testo
associate automaticamente dagli algoritmi di Google alle clip su YouTube in
base ai metadati forniti dai producer delle clip stesse. Gli overlay attingono al
mastodontico database di aziende di qualunque dimensione che ha comprato
AdWords da Google. Il funzionamento è fondamentalmente identico a quello
con cui gli AdWords appaiono nei risultati sul motore di ricerca.
Pubblicità contestuali, ad esempio i banner che appaiono all’interno delle
pagine di approdo di un canale YouTube. Sono pubblicità non integrate nè
interattive rispetto ai video stessi.
Una sottocategoria delle pubblicità contestuali è il takeover della homepage,
appropriazione grafica totale della pagina di ingresso di un videoportale. I
takeover sono operazioni one shot ad altissimo costo e rappresentano per
YouTube e soci una fonte di introito fondamentale. Caso di scuola al riguardo
sono le aste tra gli studios a colpi di assegni da 500.000 dollari per strappare
la home di YouTube il giovedì e il venerdì. La 20th Century Fox per Avatar ha
acquistato l’intera home di YT in 15 diverse nazioni, invitando al contempo a
Londra tre dei più popolari vlogger della piattaforma a seguire il “Red Carpet”
della premiere. Per l’esordio di Valentine’s Day la New Line (gruppo Warner
Bros.) oltre al takeover della home ha reso scaricabile un widget che
permetteva ai visitatori di YouTube di registrare via webcam e inviare a
fidanzate/i o amanti un videosaluto sponsorizzato di San Valentino. Anche qui
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vale la nota “percezione ridotta dall’Italia” di cui sopra.
Branded entertainment (Sponsorizzazione diretta). Web produzioni – ad
esempio reality, sitcom, seriali drammatici e grandi eventi in diretta distributi
esclusivamente via Internet – finanziate in parte o in toto da uno sponsor, che
ottiene così un’identificazione a tutto tondo con il contenuto e può declinare il
suo investimento pubblicitario nell’intero ecosistema del Web 2.0. Il brand
dietro un web reality viene infatti sottolineato su YouTube come nella Fan Page
Ufficiale Facebook, sui blog di settore come su Twitter. È un’integrazione del
marchio nel contenuto che riprende formule antiche della radiotelevisione (il
primo branded entertainment nacque con le soap opera, foraggiate appunto
dai fabbricanti di saponette e detersivi), ma nell’era dei social media ha trovato
l’opportunità di moltiplicare all’infinito il suo valore aggiunto. L’esplosione di
branded webseries nell’ultimo biennio è seguita quotidianamente da NextTV.it.
Promoted Videos. Un particolare formato endogeno di pubblicità interno alle
piattaforme. Chi ha caricato una clip su YouTube può spingerne la diffusione
pagando una promozione ad hoc. Non è solo utile a chi vuole reclamizzare il
lancio di una webseries, un talk show di prossima messa in onda in TV, un
trailer cinematografico, un concerto in live streaming o il comizio di un politico
in periodo elettorale. È un metodo via via sempre più d’uso quotidiano per chi
si occupa di marketing virale, o non convenzionale se preferite. Gli spot virali,
concepiti
e
girati
sperimentazione,
specificatamente
sono
una
realtà
per
il
web,
consolidata.
non
Per
sono
favorirne
più
una
l’iniziale
circolazione tra i navigatori è buona norma “aiutarsi” con i Promoted Videos.
Naturalmente i pacchetti a disposizione degli inserzionisti sono innumerevoli e
variabili in funzione dei contenuti presentati dai vari videoportali. Di fatto gli
investimenti pubblicitari più significativi racchiudono un mix dei
formati sopra descritti e vengono prezzati con un mix di CPM e tariffe a
forfeit. Fare una media statistica è dunque molto più arduo di quanto non
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avvenga in TV, dove la pubblicità è essenzialmente tabellare (si fonda su
tabelle di costo legate ai giorni, agli orari e alla frequenza di messa in onda di
spot e telepromozioni).
App Stores e Video On Demand:
Un interlocutore automizzato, con una risposta sempre uguale: per ogni
download riceverete un revenue sharing (condivisione dei profitti) pre-fissato.
Nel caso di iTunes, Apple si prende il 30% di quanto entra in cassa.
Naturalmente si possono allestire download a pagamento ovunque, incluso un
sito personale, tenendosi il 100% degli introiti. Ma nessuno può garantire la
platea di un Amazon Video On Demand o degli App Store per i device che
girano su sistemi operativi iOS e Android (tra i quali device ci sono iPad,
iPhone, e ben presto Apple TV e Google TV).
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