Aldo Grasso (a cura di) Storie e culture della televisione italiana Chi è il curatore Aldo Grasso è editorialista e critico televisivo del “Corriere della Sera”. Insegna Storia della radio e della televisione all’Università Cattolica di Milano. Aldo Grasso (a cura di) Storie e culture della televisione italiana Mondadori 466 pagine 15 euro Di che cosa parla il libro Ripercorre le tappe fondamentali dell’evoluzione del piccolo schermo in Italia senza trascurare i rapporti con la televisione europea e quella americana. Lo fa attraverso una serie di saggi con punti di vista diversi: c’è una storia della tv come elettrodomestico, una storia della tv come sistema produttivo e distributivo, una storia delle modalità di fruizione e consumo. E poi ci sono le trasformazioni dei generi (telegiornali, telefilm, reality…), gli intrecci con la politica e l’economia, l’influenza sulla lingua, la letteratura, il cinema. C’è anche una storia della critica, di cui Aldo Grasso, che della critica è protagonista assoluto, parla nel saggio introduttivo: una critica stretta da più parti, ora dalla Teoria, ora dall’Ideologia comunista o cattolica, e troppo spesso insensibile ai testi e ai linguaggi. Tra le firme riunite nel volume, quelle di Peppino Ortoleva, Walter Siti, Gianni Canova, Carlo Freccero. Perché leggerlo Perché, abituati all’incessante commento della tv sui giornali, in rete, e sulla stessa tv, un po’ di confronto con la Storia non può che fare bene. Perché si parla tanto di rivoluzione digitale, ma spesso non si sa da dove si è partiti. E poi perché si “rischia” di scoprire cose inaspettate. Ad esempio, lo sapevate che Nanni Moretti è un finissimo teorico dello zapping? Le frasi curiose Pag. 23, Aldo Grasso: “Confrontarsi con un testo significa affrontare un perenne corpo a corpo con un’entità viva che conosce i tuoi punti deboli, le letture fatte, i film visti, le persone frequentate. Anche di fronte a un programma televisivo ognuno è solo con il suo temperamento, con la sua biografia intellettuale, dove prevalgono le manie più che le idee”. Pag. 248, Walter Siti: “Assistendo al primo bacio tra Taricone e Cristina, alle povere struggenti parole tra lei innamorata e lui vanesio, ebbi netto il senso di una rivoluzione: ore e ore di fiction impallidivano, confinate nel regno degli stereotipi di fronte a quella secchiata di aderenza superficiale all’empirico (che non vuol dire, naturalmente, né sincerità, né verità profonda)”. Pag. 436, Carlo Freccero: “Basta accennare qualche nota di una sigla televisiva che avevamo rimosso, per accorgersi con stupore che ne ricordiamo tutte le parole. Basta risentire quel motivo che giudicavamo allora irritante e volgare, per scoprirlo familiare e rassicurante, come la dimensione privata del nostro vissuto. C’è una vita che non sapevamo di vivere e la televisione ha conservato per noi”.