4a lezione Testo - Pie Discepole del Divin Maestro

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Il Vangelo secondo Marco – Quarta lezione (27 Marzo 2015)
Mons. Ermenegildo Manicardi
Vi confesso con molta fraternità i miei piccoli dubbi; io vorrei perseverare ancora, almeno per
oggi senza dubbio, nel leggere proprio tutte le righe del Vangelo per vedere come è fatto. Questo è il
modo che a me piace di più; questa si potrebbe chiamare lectio continua, quando si commenta un brano
e così facevano gli antichi. Per esempio sant’Agostino commentava sempre così anche il Vangelo di
Giovanni. Lo leggeva alla gente andando sempre avanti, non secondo pericopi scelte, brani scelti, che
permettono di trattare certi temi. Per alcune cose io preferisco questa lettura continua, perché si è più
sicuri che le cose vengono trattate secondo il gusto dell’evangelista, perché se io vi presento i brani del
Vangelo più importanti c’è una parola sottintesa più importante secondo me, allora c’è il rischio che
l’interpretazione sia molto di più.
Oggi però continuiamo a leggere di continuo in modo che ne abbiamo letto un bel pezzo, spero
che si arrivi al capitolo terzo, quindi avremmo letto un quinto. Possiamo cominciare ad avere un’idea e
chiaramente siamo agli inizi, quindi non c’è tutto il messaggio di Gesù dispiegato, perché il messaggio
di Gesù ha veramente il suo culmine nella Passione.
La volta scorsa abbiamo cominciato la spiegazione di una sezione che fa parte della prima parte
che va da Mc 2,1 e arriva a Mc 3,6. In questa parte c’è una disposizione, diciamo così, letteraria. Il
narratore, Marco, ha scelto 5 dispute. Capite molto bene che non sarebbe tanto saggio immaginare che
ad un certo punto cinque episodi suggestivi sono delle dispute. Diciamo che in questo punto Marco ha
voluto raccogliere le controversie, gli scontri che Gesù ha fatto (o meglio gli scontri che hanno fatto gli
altri) e in questo modo è una parte che tende a spiegare la novità di Gesù. Abbiamo visto la prima di
queste dispute, è il paralitico, che poi risulta essere un peccatore, quello calato dal lettuccio al quale
Gesù dice: “Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati” (Mc 2,5). Un testo molto bello, dove abbiamo visto
che Dio parla di Gesù e Gesù parla di Dio. Proprio qui gli rimproverano, “chi può rimettere i peccati,
se non il Dio unico?”(Mc 2,7). E allora si capisce il Gesù che passa, che addirittura perdona, non è
soltanto un uomo di Dio, che per la sua vicinanza con Dio riesce a fare dei prodigi, dei miracoli, ma
appare come uno che agisce in persona di Dio, vedere lui vuol dire vedere Dio. Questa prima disputa si
chiude con le parole: “La gente era stupita e lodava Dio dicendo: non abbiamo mai visto nulla di
simile” (Mc 2,12). Il racconto continua dicendo che Gesù lungo il mare con tutta la folla vede un certo
Levi seduto al banco delle imposte, lo chiama e questo Levi lo segue (Mc 2,13–14). Ma la cosa più
interessante è quella che segue subito dopo; nella casa di Levi viene fatto un grande banchetto e al
banchetto sono presenti molti pubblicani e peccatori (Mc 2,16–17). Adesso è stato proclamato l’anno
della misericordia, è stato annunciato l’anno della misericordia che comincerà nel cinquantesimo della
chiusura del Concilio, l’8 dicembre. Abbiamo qui un passo molto importante della misericordia, perché
Gesù stava a tavola con i peccatori e i pubblicani, viene criticato e Gesù si difende con un quasi
proverbio: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma gli ammalati” (Mc 2,17) e poi chiude
con una dichiarazione vocazionale molto importante: “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma
peccatori”. Allora è qui il tema della misericordia. Matteo lo renderà esplicito, perché Matteo proprio
qui userà un testo di Osea molto famoso: “Misericordia voglio e non sacrificio” (Os 6,6). Dice proprio
la parola éleos in greco, la parola misericordia, quindi si vede l’atteggiamento misericordioso di Gesù.
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La parola misericordia nel Vangelo di Marco non c’è tanto, ma se voi siete interessate a questo tema,
se rileggete da capo vedete che Gesù passa facendo misericordia, fin da quando appare a Cafarnao,
dove all’improvviso salta fuori nella sinagoga quell’uomo indemoniato.
Andiamo alla disputa centrale; abbiamo già visto che le dispute sono lette in maniera
concentrica. Le dispute sono cinque e il punto centrale è il numero 3. La prima e la seconda hanno per
tema soprattutto il peccato, la quarta e la quinta, avranno per tema il sabato. Ci sono anche tanti altri
modi per vedere che sono concentriche. Al centro sta una disputa più insolita, che adesso vediamo
come viene presentata.
“I discepoli di Giovanni e i Farisei, stavano facendo un digiuno” (Mc 2,18). Vedete che ci sono
due gruppi che sono diversi dai discepoli di Gesù. I Farisei li abbiamo già incontrati, ma ci sono anche i
discepoli di Giovanni. Allora i discepoli di Giovanni certamente non sono dei nemici di Gesù. Lo
sfondo è duplice: c’è gente che sta digiunando. I Farisei, che avranno non pochi conflitti con Gesù, ma
anche il gruppo dei discepoli di un personaggio a cui Gesù aveva dato grande importanza, era andato a
farsi battezzare da lui. Quindi direi che l’attenzione deve salire al massimo. In questo caso sullo sfondo
non ci stanno nemici di Gesù, ma nemici e amici. “Vennero da lui e gli dissero…” (Mc 2,18) la frase
rimane piuttosto aperta. Noi che leggiamo in italiano, secondo i nostri gusti, sembrerebbe che i
discepoli di Giovanni e i Farisei sono venuti da Gesù, ma forse non è inteso così, è un impersonale,
sullo sfondo si dice in quel tempo, è come se dicessero la prima frase: “in quel tempo i discepoli di
Giovanni e i Farisei stavano facendo un digiuno”, proprio in quel tempo vennero da lui e gli dissero:
“Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei Farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non
digiunano?”. Dunque una domanda della gente che vede un comportamento dei discepoli di Gesù
specifico. Qui è molto importante che siano ricordati anche i discepoli di Giovanni, perché i discepoli
di Gesù si differenziano non solo dai Farisei ma anche dai discepoli di Giovanni con i quali non ci sono
conflitti (abbiamo già visto prima che c’erano dei conflitti tra Gesù e i Farisei). Il testo porta a far
capire ciò che è specialmente caratteristico di Gesù. In Luca al capitolo 11 c’è un brano simile dove si
dice: “Signore insegnaci a pregare, come anche Giovanni Battista ha insegnato ai suoi discepoli” (Lc
11,1). Vedete che è proprio una domanda di specificità. Allora è specifico dei discepoli di Gesù che
non digiunano. Cosa risponde Gesù? “Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è
con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare” (Mc 2,19). Come vedete un
argomento di buon senso, non si va a un pranzo di nozze per digiunare. Se stai facendo un digiuno, non
ci vai. Mandi le scuse, un biglietto di partecipazione, un mazzo di fiori, qualcosa, ma non vai a
digiunare a nozze. La risposta di Gesù è molto interessante, molto bella e piena di conseguenze. Dice
che i discepoli di Gesù, quelli non possono digiunare. Non possono digiunare, perché? Perché lo sposo
è con loro. E questa è un’immagine molto bella che fa capire come Gesù si considera. Se io vi
domando: ma nell’Antico Testamento, nella Bibbia degli Ebrei, chi è lo sposo? La risposta è molto
facile: è Jahvé, è il Signore Dio, è lui lo sposo della sposa che è Israele. Allora vedete che nella risposta
di Gesù c’è una grande presentazione di se stesso. Gesù si presenta come Dio stesso. “Possono forse
digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro non possono
digiunare”. E all’improvviso c’è un allargamento interessante: “Ma verranno giorni, quando lo sposo
sarà loro strappato, sarà loro tolto, allora in quel giorno, digiuneranno” (Mc 2,20). Molto interessante
questo versetto, molto studiato, perché all’improvviso Gesù per la prima volta, lascia trasparire che la
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finale non sarà molto lieta, ci sarà un tempo in cui lo sposo non sarà più con i discepoli. Anche la
parola che viene qui, sarà tolto, io l’ho tradotto addirittura con strappato, sarà rapito via da loro,
questo è il concetto e lascia intravedere addirittura il modo violento nel quale Gesù verrà tolto di
mezzo, uccidendolo sulla croce. “Allora in quel giorno digiuneranno”. Quando verrà questo tempo in
cui lo sposo non c’è più, allora si digiunerà. Qui c’è una piccola diversità tra il tempo di Gesù e il
tempo della Chiesa, infatti noi di nuovo digiuniamo, in una maniera molto soft, ma ancora digiuniamo,
perché adesso lo sposo è anche lontano, è con noi, ma è anche strappato, quindi lo spazio del digiuno ci
può essere, mentre quando Gesù era lì, non era possibile.
E adesso viene una parte molto interessante, i versetti 21-22 piuttosto lunghi. “Nessuno cuce un
pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio”. Nessuno prende un pezzo di stoffa ancora grezza, molto
robusta, molto dura e la cuce su un vestito vecchio, altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla
stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. Che cosa sta dicendo Gesù? Che la vita cristiana esige un
coraggio di assoluta novità. Per esempio il digiuno, per fare una vita intensa, è troppo poco per il tempo
di Gesù, non si può pensare di accogliere Gesù nelle vecchie maniere, con i vecchi mezzi; è necessario
avere qualcosa di nuovo. Gesù fa un secondo esempio: “E nessuno versa vino nuovo, in otri vecchi,
altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono, vino e otri”.
Finale: “Vino nuovo in otri nuovi!”. Questo è un grande appello per il cristiano! Il Vangelo non
può essere certamente vissuto, vivendo come vivono tutti. Non si possono fare semplicemente dei
piccoli ritocchi; infatti in italiano, come sapete bene, mettere una pezza significa non risolvere il
problema. Ci abbiamo messo una pezza, siamo contenti perché il problema è tamponato, si dice. Ma se
il vino è veramente nuovo, occorrono otri nuovi. L’accoglienza della novità del Vangelo esige uno stile
di vita nuovo. Ecco, sorelle carissime, torno all’idea della disposizione concentrica delle dispute, allora
qui siamo al centro: “Vino nuovo, in otri nuovi”. In questi primi capitoli di Marco, il tema della novità è
decisivo. Vi ricordate che nel primo capitolo: “Che cosa è questo? Una dottrina nuova, insegna con
autorità e non come gli scribi” (Mc 1,27). Allora la dottrina nuova del Vangelo ha bisogno di uomini
nuovi, di donne nuove, di otri nuovi. Si spiega molto bene come mai il centro di tutta la questione sia
qui. Gesù non è venuto semplicemente a portare dei piccoli ritocchi, dei piccoli rammendi, delle pezze
appiccicaticce, ma è venuto a portare un uomo nuovo.
Al versetto 23 entriamo nella quarta disputa: “Avvenne che di sabato Gesù passava tra campi di
grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe”. Si misero a lavorare!
Naturalmente prendevano le spighe per mangiarle, per avere qualcosa nella pancia! “Mentre
camminavano si misero a cogliere le spighe. I Farisei gli dicevano: Guarda! perché fanno in giorno di
sabato, quello che non è lecito?” (Mc 2,24). Certo di sabato si poteva mangiare, questo era lecito, ma
raccogliere le spighe! Questo è un lavoro che si aggiunge al mangiare, questo non si deve fare. Ed egli
rispose loro: “Non avete mai letto, quello che fece Davide, quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi
compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatar, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani
dell’offerta, che non era lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!” (Mc
2,25–26). Dunque si cita una cosa che era presentata nella Bibbia, nel tempio del Signore, nella tenda,
davanti all’arca, c’erano i pani della proposizione, pani che venivano offerti a Dio, in dono. Ebbene
quei pani andavano mangiati solo dai sacerdoti, non poteva un laico mangiarne e pare che Davide, che
certamente non era un sacerdote, non veniva dalla tribù di Levi, veniva dalla tribù di Giuda ma Davide
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quando ebbe fame, lui e i suoi uomini, in uno dei momenti difficili del suo scontro con Saul, entrò sotto
il sacerdote Abiatar. Qui c’è un errore. Se guardate nell’Antico Testamento il sacerdote non è Abiatar
ma Abimelech, ma questo interessa poco e qui c’è una crisi di memoria in Marco, ma non fa problema,
non è un elemento essenziale. Davide entrò mentre c’era un sacerdote e “mangiò i pani dell’offerta che
non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e li diede anche ai suoi compagni! E diceva loro: il sabato è
stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Mc 2,26–27).
Questo è molto importante, perché voi non lo percepite, forse, ma questa è una citazione biblica.
Per un cristiano, per una persona cresciuta come voi, è un’ovvietà che il sabato è fatto per l’uomo, ma
non l’uomo per il sabato, perché voi dovete andare avanti con i giorni della creazione. L’uomo quando
è creato? C’è un cantautore emiliano che lo dice. Che giorno? Il sesto. Oggi come si chiamerebbe
questo sesto giorno? Venerdì. C’è questo cantautore che prende in giro l’uomo che è sfortunato perché
Dio creò l’uomo il venerdì. Il giorno del sabato che numero ha? È il settimo. Allora Gesù sta citando la
Bibbia anche se non lo dice, è il racconto della Genesi. L’uomo non è stato fatto per il sabato, il sabato
non c’era ancora, il sesto giorno. È invece il settimo giorno che è stato fatto per l’uomo. Quindi l’uomo
è più importante del sabato e poi c’è un altro passaggio molto importante: “Perciò il figlio dell’uomo è
Signore anche del sabato” (Mc 2,28). In ebraico figlio dell’uomo corrisponde a uomo e il figlio del re è
il re. È un modo di formulare: quando si dice proprio un personaggio concreto e non l’uomo in generale
si dice il figlio dell’uomo. Allora qui c’è una dichiarazione cristologica molto forte; come prima aveva
usato il simbolo dello sposo, Gesù è lo sposo, qui si dice che Gesù è Signore del sabato, è padrone sul
sabato e questa certamente era un’affermazione che scandalizzava, sconcertava. Fin dall’inizio Gesù
avanza presentando se stesso in una posizione che è la posizione del Signore Dio. Il sabato era per
onorare Dio, si voleva riposare Dio nel sabato, voleva riposare con tutta la creazione che aveva creato.
Gesù invita prima a non invertire le cose, a non onorare più il sabato dell’uomo, ma poi precisa anche
che il figlio dell’uomo, che lui è Signore anche del sabato. Anche questa disputa vedete che è molto
bella e ci educa, gli atteggiamenti dei cristiani sono un pochino rivoluzionari, nel senso che
corrispondono al Vangelo che prima non c’è. Sono atteggiamenti di conversione, di cambiamento di
mentalità, per cui non digiunano, sono religiosi dentro la gioia che lo sposo, il Signore Gesù, è con loro
e anche qui, di sabato fanno delle cose che secondo gli altri non sono lecite, perché la presenza di Gesù
cambia tutte le cose. Gesù è Signore del sabato, quindi se per stare dietro a Gesù si sta camminando e
c’è bisogno di mangiare senza perdere tempo, non è nessun problema se qualche spiga viene strappata
e viene mangiata.
Nell’ultima disputa avete di nuovo il tema del sabato. “Entrò di nuovo nella sinagoga, vi era un
uomo che aveva una mano paralizzata e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato. Stavano a
vederlo per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: Alzati! Vieni qui in mezzo.
Poi domandò loro: È lecito in giorno di sabato fare del bene, o fare del male? Salvare una vita o
ucciderla? Ma essi tacevano” (Mc 3,1–4). Ci siamo, vedete che non vogliono esporsi. “E guardandoli
tutti intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: Tendi la mano,
egli la stese e la sua mano fu guarita” (Mc 3,5). Ecco, sorelle, guardate un altro fenomeno di
concentrismo, vedete che la prima disputa, quella del paralitico calato dal tetto e l’ultima, contengono
un miracolo, contengono una guarigione. Le altre tre dispute invece, sono senza questo elemento. “Il
giorno di sabato è lecito fare il bene o fare il male? Salvare la vita o ucciderla?”. Gesù sta dicendo:
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ma come potete pensare che nel giorno di Dio non si possa far vivere la vita, non si possa portare
pienezza alla vita? Sarebbe un sabato più bello se non si fa questo miracolo, se non si guarisce
quest’uomo? E fa vedere che a volte la religiosità può essere abbarbicata in cose che non sono così
profonde. A pensarci bene, fa soffrire un pochino vedere questi interlocutori di Gesù, che per essere pii,
dicono tante sciocchezze. Questo ci fa un po’ paura perché anche i cristiani devono stare attenti a non
avere atteggiamenti che sembrano così importanti e poi invece vengono meno alla sostanza delle cose.
Adesso viene un versetto terribile, molto importante nella narrazione di Marco: “E i Farisei
uscirono subito, con gli Erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire” (Mc 3,6). Finisce
qui la prima parte di Marco. La prima parte che è cominciata con 1,14 “Dopo che Giovanni fu
consegnato, venne Gesù in Galilea…” vedete che chiude sulla stessa nota. Uno che legga con
attenzione il Vangelo, è andato avanti adesso nelle dispute, ha visto che cosa? Che lo sposo sarà
strappato, in quel giorno digiuneranno. Gesù ha fatto intravvedere che c’è una cosa e qui fa vedere che
subito i Farisei uscirono e si misero d’accordo con gli Erodiani (gli Erodiani non sappiamo bene
storicamente chi erano, diciamo che erano Ebrei non tanto scrupolosi, non così scrupolosi come i
Farisei, erano un altro partito, erano un po’ PD e Forza Italia, una cosa di questo tipo, erano gli Ebrei
favorevoli alla casa di Erode e quindi favorevoli ai Romani, i Farisei invece molto meno.) Allora
l’evangelista che cosa ci fa capire? Che il risentimento verso Gesù è trasversale, non riguarda solo
alcuni gruppi. Gesù lo ha già detto: trova tanto ascolto, ma Gesù trova anche tanta opposizione e già
prima, quando è entrato in sinagoga, aveva messo: “Stavano a guardarlo se lo guariva in giorno di
sabato, per accusarlo” (Mc 3,2). Avevano già deciso e quando Gesù fa la domanda: “Ma di sabato, si
può guarire?”, loro non dicevano nulla, stavano zitti. Quella finta è la gente che non vuole sentire
spiegazioni, sta zitta. Notate anche cosa sta dicendo il racconto, che fanno proprio una riunione nella
casa del sommo sacerdote, che viene decisa la fine e la morte di Gesù: “I Farisei uscirono subito con
gli Erodiani e tennero consiglio contro di lui” come mandarlo in rovina, come distruggerlo, come farlo
morire. Finisce in questo modo, molto cupo, si sentono rumori di tempesta sullo sfondo. Notate anche
qui che avete un’inclusione; io vi ho detto che questa sezione parte con 1,14 dopo che Giovanni fu
consegnato da Dio, viene imprigionato e durante quella prigionia verrà ucciso e qui la sezione così
bella sulla novità, una dottrina nuova, niente pezze nuove e vestiti vecchi, finisce anche qui con questi
rombi, questi cupi boati, di avversione a Gesù, cupi boati di morte, perché il testo dice proprio che si
chiedevano come farlo morire, come lo mandassero in rovina, come lo distruggessero, volevano
eliminarlo. E vedete che da questo punto in avanti questo è un elemento molto importante per la
narrazione perché è sempre nell’aria. Gesù fin dall’inizio è sotto il rischio di essere eliminato.
Col versetto 3,7 inizia la seconda parte del Vangelo di Marco che comprenderà i capitoli 3 dal
versetto 7, fino al capitolo 5. Questa parte è ambientata presso il mare di Galilea. Da un certo punto di
vista il mare di Galilea è sempre in Galilea, ma mentre prima, nella prima parte venne Gesù in Galilea,
non si guarda in particolare il mare, si guarda questa regione e quindi la Galilea risulta la terra degli
inizi, il mare di Galilea ha una caratteristica singolare, fa da ponte verso i pagani. Immaginate il mare
di Galilea. Gesù si trova dalla parte del mediterraneo; quella parte lì è una parte di Ebrei, dall’altra
parte c’è la Decapoli, zone di pagani, zone di Greci, le zone dove la cultura che aveva portato
Alessandro il grande era abbondantemente diffusa. Dunque questa parte seconda sarà molto importante
perché si vede Gesù sull’orizzonte dei popoli che non è Israele e per la chiesa, che sarà un movimento
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universalistico, che ha la radice in Israele, ma è aperto a tutti i popoli. Questo fattoè pieno di
conseguenze. Il fatto che dall’altra parte del mare ci sono gli altri, c’è la Decapoli, le dieci città come si
diceva alla greca.
“Gesù intanto con i suoi discepoli si ritirò presso il mare” (Mc 3,7). Molto interessante, il verbo
ritirare ce l’avete in Marco solo qui, è il verbo anacoreon, da cui deriva anacoreta. Al versetto 6 ha
detto che fecero un consiglio per discutere come farlo morire; Gesù si ritira, non solo Gesù è avversato,
ma la vita di Gesù è ormai sotto il segno del rischio ed è segnata anche da una certa solitudine. Si ritirò
presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. “Lo seguì molta folla dalla Galilea”: sono fuori
Galilea, ma nella mente di Marco lo scenario è cambiato, prima si trattava della Galilea, adesso si tratta
del mare della Galilea, di fronte ai pagani e molta folla dalla Galilea lo seguiva. Poi ci presenta un
allargamento: “Dalla Giudea, da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro
e Sidone” (Mc 3,8), quelli che sono il cuore del paganesimo, il cuore dei popoli, delle nazioni, “una
grande folla, sentendo quanto faceva andò da lui”. È molto interessante proprio perché si vede chi è la
gente che è intorno a Gesù. Sono quelli che lo seguivano perché l’avevano conosciuto e questi dalla
Galilea lo seguono rimanendo in Galilea sulle sponde del mare, mentre nel frattempo la fama di Gesù si
è diffusa e allora vengono dal sud, dalla Giudea, la zona di Gerusalemme, da Gerusalemme stessa,
dall’Idumea che si trova dall’altra parte (una razza un po’ bastarda! Sapete chi era l’Idumeo per
eccellenza? Erode, il crudele, quello della strage degli innocenti, quello era figlio di Antipata l’Idumeo
che con i suoi traffici e la sua amicizia con Roma, era riuscito a prendere questo potere, ma non era un
vero Ebreo, era una mistura) e da oltre il Giordano, quella che oggi sarebbe la Giordania. Si va verso un
terreno molto sfumato, ci sono questi gruppi di Ebrei, i Galilei sono gli Ebrei più Ebrei, come fede, poi
ci sono la Giudea, sì anche questi sono veri Ebrei, meno fedeli complessivamente di quelli di Galilea,
perché nei secoli precedenti molta gente devota, tra cui una certa Maria, un certo Giuseppe, le loro
famiglie venivano da Gerusalemme. Siete state a Gerusalemme? Alcune di voi sì, facciamo finta che
siete state, allora di fianco al tempio di Gerusalemme c’è la chiesa di S. Anna che hanno fatto i crociati,
che si è salvata perché ha un’acustica così bella che i mussulmani ne hanno fatto una scuola, che adesso
si trova nel cortile dei Padri Bianchi. Hanno comprato questa zona che, secondo la tradizione, sarebbe
la casa della Vergine, la casa degli antenati della Madonna. Allora c’è questo fenomeno per cui gli
Ebrei più Ebreosi, diremmo scherzando, stavano in Galilea; poi c’era la Giudea che era la regione più
importante, poi c’era Gerusalemme dove stavano i piissimi, ma dove stavano tutti, c’era il tempio, ma
c’era il sinedrio, c’era il procuratore romano, in certi periodi dell’anno, poi c’erano questi Idumei.
Vedete che viene presentata davvero una grande folla intorno a Gesù e variegata di tutte le razze, di
tutti i tipi mentali, culturali. “Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta un barca a causa
della folla, perché non lo schiacciassero” (Mc 3,9). Vedete ci sono due testi che vanno tenuti presenti
tutti e due. Molta folla, molta simpatia, fin troppo e insieme l’opposizione che sta salendo. I Farisei e
gli Erodiani hanno già fatto dei piani per eliminarlo e Gesù allora cerca una struttura di salvezza, dice
ai suoi discepoli “di tenergli pronta una barchetta, a causa della folla, perché non lo schiacciassero.
Infatti aveva guarito molti, così che quanti avevano qualche male, si gettavano su di lui per toccarlo”
(Mc 3,10). Molto, molto bella, perché questa barchetta salterà fuori in vari punti del racconto. Abbiamo
già trovato Gesù nella casa dei suoi discepoli, ma poi avremo un elemento ancora più caratteristico
dello stare dei discepoli con Gesù che è la barca, il grande simbolo della Chiesa. Si è quasi affermato
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sulla casa, la Chiesa può essere rappresentata anche come la casa sulla roccia, ma la barca di Pietro è
proprio uno stereotipo per indicare la Chiesa, è nella barca il posto dove i discepoli sono in massima
comunione con Gesù e per questo che lì prendono tanta paura che la barca affondi, è più tranquilla la
casa della barca. Possono venire anche i terremoti, ma le onde che sbatacchiano la barca sono molto più
frequenti. Notate adesso cosa dice: “Gli spiriti impuri quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e
gridavano: “Tu sei il Figlio di Dio.” Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse”
(Mc 3,11–12). Questo si chiama sommario, tante notizie che coprono tutto un periodo e uno stile. Tanta
gente, una barchetta per salvarsi da tanta gente, con i suoi discepoli, l’intimità con i discepoli. Poi
un’altra realtà, gli spiriti impuri, non gli indemoniati, i demoni che sono dentro agli indemoniati, gli
spiriti impuri, “quando lo vedevano cadevano ai suoi piedi e gridavano: “Tu sei il Figlio di Dio” Ma
egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse”. Lo abbiamo già detto un paio di volte: i
demoni sanno bene chi è Gesù, vengono fatti tacere proprio perché sanno. È un po’ strano per i nostri
gusti e Gesù chiede invece alle persone che lo ascoltano di approfondire chi è Gesù e non
semplicemente dicendo: Ah, l’hanno detto i demoni! Abbiamo una testimonianza sovrumana, ed è qui
che avviene una scena che avete meditato molte volte:
“Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva, ed essi andarono da lui” (Mc 3,13). È la
costituzione dei dodici. Il versetto introduttivo è molto bello: “Salì sul monte”. È andare più vicino a
Dio, al tempo stesso, dal monte si vede un panorama più largo. Salendo sul monte con Gesù, questi che
lui chiama si trovano più vicino a Dio e anche si trovano nella posizione mediana, tra Dio, Gesù, loro e
dall’altra parte le folle, la gente che cerca Gesù e anche quelli che non lo cercano. È una cosa molto,
molto bella, aveva già schiere di discepoli Gesù e si era ritirato presso il mare con i suoi discepoli, ma
sale sul monte e sul monte fa salire a sé quelli che voleva, ed essi andarono da lui. È una scelta che lui
fa. “Ne costituì dodici che chiamò apostoli” (Mc 3,14). Questa frase è messa tra trattini come vedete
nel testo che avete, non si è neanche sicuri che questa frase sia proprio di Marco, può darsi che l’abbia
aggiunta qualcuno. Comunque il titolo di apostoli che è così importante per Luca, non è importante per
Marco, per lui questi sono i dodici. Allora se siete brave, memorizzate quello che vi dico adesso, che fa
molto comodo. Usano diverse terminologie gli evangelisti, Marco parla di: I dodici. Matteo parla i
dodici discepoli e Luca parla i dodici apostoli. Quello che ha vinto su tutti è Luca che ha proposto
questa cosa che ha fatto lui, perché gli apostoli erano molti più di dodici. Adesso non c’è possibilità che
io mi fermi a spiegare, poi se interesserà me lo potete chiedere. Gli apostoli erano così importanti nella
Chiesa primitiva che Luca ha pensato che gli apostoli fossero i dodici, li ha trasformati per comodità in
apostoli. Come noi facciamo con i sette diaconi, Gesù fece i dodici e la Chiesa fece i sette. I due numeri
sono parenti perché 12 si fa: 3 x 4 fa 12, sommateli invece questi numeri: 3+4=7. E 7 perché vuole dire
la totalità, lo sanno anche i banchi questo! E perché 4 è il numero dell’universo, nord, sud, est, ovest, i
4 venti e 3 è il numero di Dio. Se voi mettete insieme Dio e l’universo, non so cosa rimanga fuori!
Allora 7 indica il numero della totalità e questi due numeri sono dentro al 12 e al 7, ma lasciamo stare il
7, questo si deve fare nel commento degli Atti degli Apostoli, Gesù ne costituì dodici. Voi, nella vostra
mente lasciateci il verbo fare. Ne fece dodici come Dio ha fatto il cielo e la terra, una specie di
creazione. Costituì va molto vicino a istituì, sembra quasi una decisione giuridica e invece è un atto
creativo. Ne costituì dodici. È chiaro l’intento: Gesù vuole ricostituire le dodici tribù d’Israele. Per
questo il numero è più importante di dire dodici discepoli, dodici apostoli… sono i dodici! E qui è la
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grande speranza di Gesù, perché le dodici tribù d’Israele da molti secoli non c’erano più. Perché già
nell’ottavo secolo, quando gli Assiri deportarono il regno del nord, sparirono quasi una decina di tribù.
Poi ci fu nel sesto secolo un’altra deportazione a Babilonia, quella parte sud e di fatto le tribù erano
state disperse, se n’era salvata una in qualche modo, con le sue tradizioni, quella dei Leviti. Essendo
sacerdoti questi anche quando erano in esilio si tenevano ben distanti dagli altri e poi c’erano i Giudei,
qualcosa c’era, ma Israele aveva bisogno di essere ricostituito. Da secoli aspettavano la ricostituzione
d’Israele. Israele aspettava e quando Gesù diceva: il Regno è vicino, questi capivano che il Signore
torna a fare il sovrano, quindi il popolo risorgerà. E Gesù per tutta la vita è andato in giro con questo
grande simbolo, i dodici che indicavano che per Gesù il popolo stava per risorgere. Poi questi dodici un
giorno, spero che ci arriveremo, li manda anche in missione a due a due.
Dunque è un passaggio molto importante questo, è uno dei grandi momenti nei quali si riesce a
capire che cosa Gesù voleva fare. Gesù voleva ricostituire il popolo eletto, il popolo che veniva da
Abramo, Isacco, Giacobbe, la famiglia che era stata deportata in Egitto e che dall’Egitto era tornata, ma
tutto questo era stato massacrato nella storia, c’erano questi ricordi, ma questa realtà non c’era più,
anche Gerusalemme era stata distrutta, l’avevano ricostruita, non era tanto bella. Al tempo di Gesù,
Erode per ingraziarsi gli Ebrei aveva ricostruito il tempio che poi durerà pochi anni, perché nel 70
viene bruciato dai Romani, forse per uno sbaglio, ma comunque di fatto è stato bruciato. Ma Gesù
stesso aveva detto che del tempio non sarebbe rimasto pietra su pietra. Quando i discepoli dicevano:
Maestro che pietre! Che costruzioni! E Gesù li ha liquidati: non rimarrà pietra su pietra che non venga
scaravoltata.
Gesù aveva nel suo cuore Israele. Gesù non si è rivolto ai popoli pagani, strano eh! perché la
Chiesa è stata un po’ d’Israele e molto di pagani. Quale concezione aveva Gesù? Probabilmente questa,
che Israele ricostituito, ribonificato, risantificato, sarebbe stato il nucleo della salvezza per tutti gli altri.
Come avete nel libro di Isaia: “In quei giorni, il monte del Signore sarà alto su tutti i monti, a lui
affluiranno tutti i popoli…” (Is 2,2) oppure: “Il Signore costituirà su questo monte un banchetto di
grasse vivande, per tutti i popoli, non ci sarà più la morte…” (Is 25,6–10). E c’erano tutte queste
speranze, dove Israele però era il fermento sacramentale. Matteo, per esempio, al capitolo decimo,
quando Gesù manda i dodici dice loro: “Non andate nella città dei Samaritani, non andate per la via
dei pagani, ma andate alle pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 10,5–6). Sempre in Matteo nel
capitolo 15, quando la Cananea viene a chiedere, Gesù la guarda e dice “Non è lecito prendere il pane
dei figli e buttarlo ai cani!” (Mt 15,26). È una parola un po’ duretta, eh! E lì Gesù fu fatto retrocedere
da una donna. La più geniale delle donne che Gesù ha incontrato, questa qui gli ha fatto lo sgambetto.
Dice: “Ma Signore, certo che non si deve prendere il pane dei figli e darlo ai cagnolini”. (Anche se
quello scherzo che vi ho raccontato la volta scorsa, non è detto che oggi i bambini siano più privilegiati
dei cani, ma lasciamo perdere la polemica. Ho scherzato quando vi ho raccontato che sentivo quel
dibattito di diritto come fare con i cani, quando gli sposi si separano, il tribunale dove deve mettere i
cani). Quella volta la donna fu molto abile, dice: “Certo, Signore, però pensaci bene, anche i cani
mangiano sotto la tavola le briciole che cadono ai bambini”. E Gesù si è sentito sgambettato e dice:
“Per questa tua parola va’, tua figlia è sanata” (Mt 15,28). Un episodio struggente, molto bello. Ve
l’ho raccontato secondo Matteo perché Matteo ha (spero che mi perdoni) la faccia tosta di dire proprio
che Gesù ha risposto che deve pensare alle pecore perdute della casa d’Israele. Quando i discepoli, che
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non volevano fare brutta figura perché la donna aveva cominciato ad urlare e Gesù non reagiva, dicono:
“Guarda come ci grida dietro! Ascoltala!” (Mt 15,23 ). E lui dice: “Sono mandato alle pecore perdute
della casa d’Israele” (Mt 15,24). Questa è la preistoria della Chiesa, questo Israele per Gesù è un
fermento sacramentale che fermenterà poi il mondo intero. Infatti, dopo la sua risurrezione i dodici
apostoli, ricostituito il dodicesimo al posto di Giuda che ha tradito, devono essere mandati al mondo
intero e così è la Chiesa. La Chiesa, radunata dai dodici apostoli, deve guardare al mondo intero, deve
essere fermento per il mondo intero. Non lo sappiamo, ma si potrebbe supporre che mai la Chiesa
riuscirà a trasformare il mondo intero in solo cristiani, ma l’importante che la Chiesa svolga la sua
funzione di sacramento di salvezza per tutto il genere umano, come insegna il Concilio Vaticano II.
Vedete che qui siamo in un punto molto importante del Vangelo, adesso arriviamo a delle cose
che voi sapete molto bene, perché sono oggetto di predicazione insistita.
“Costituì dodici”. Perché li costituì? “Perché stessero con lui e per mandarli a predicare, con il
potere di scacciare i demoni” (Mc 3,14–15). Ve l’avranno detto in cinquantamila incontri, io ve lo
ripeto, qui c’è una specie di scopo contradditorio: “Fece i dodici perché stessero con lui” (primo
scopo), perché entrassero con lui in una intimità più profonda, questo è lo scopo dei dodici e poi ce n’è
un altro che si scrive dentro questo: “Per mandarli a predicare, con il potere di scacciare i demoni”.
Anzi qui la traduzione è poco letterale: a proclamare, devono fare la stessa cosa che faceva Gesù,
devono portare il kèrigma, devono andare a predicare e a scacciare i demoni. Non so perché il
traduttore ha voluto fare una cosa unica, ma ci sono quattro elementi. Gli scopi sono due: perché
stessero con lui e per mandarli. Il mandarli si divide in due: a predicare e avere il potere di scacciare i
demoni.
“Costituì dunque i dodici, Simone al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo figlio di
Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono e
Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo
e Giuda Iscariota, il quale anche lo tradì” (Mc 3,16–19). Poi vedete che il futuro ogni tanto traspare
con i suoi colori cupi: lo sposo sarà strappato, fecero consiglio su come eliminarlo, si costituiscono i
dodici, il secondo dei due Giuda, ci sono due che si chiamano Giuda, è colui che anche lo tradì.
Dunque questo è un testo molto importante. C’è ancora un particolare da osservare: tre di questi dodici,
un quarto del gruppo in generale, riceve un nome speciale. Pietro ha un nome speciale, si chiamava
Simone, viene chiamato Pietro. Che cosa vuol dire? Lo sappiamo dal Vangelo di Matteo al capitolo 16,
dove c’è la spiegazione: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa” (Mt 16,18). Ma
quello che sorprende un po’ è che altri due ricevono un nome che in lingua semitica è Boanerghes.
L’evangelista lo traduce: “Figli del tuono”, ma non ci dice perché sono chiamati così. Voi sapete già a
memoria una spiegazione, che è una congettura: perché erano impetuosi. Impetuosi di temperamento.
Beh, per modo di dire, perché Giovanni era così carino che a volte i pittori lo presentano che sembra
una bambina, allora così impetuoso non doveva essere! Allora non lo sappiamo. Che cosa appare però?
Che dentro al sistema dei dodici ci sono come delle gradazioni: ce n’è uno che è un personaggio
singolarissimo, Pietro, ma poi c’è questa coppia di fratelli. Siete anche molto sicuri di questo sistema,
anche se non sappiamo cosa volesse dire Boanerghes, perché ci manca Andrea. Nella vocazione come
sono stati chiamati? Pietro e Andrea, poi un po’ più in là, Giacomo e Giovanni. Avete visto che Andrea
poverino, dalla seconda posizione, va in quarta posizione! Se voi leggete Luca, quando fa il racconto
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della vocazione, al capitolo quinto, si dimentica Andrea. Io scherzo sempre dicendo che la Bibbia di
Gerusalemme, nell’edizione precedente intitolava questo brano la chiamata dei primi quattro discepoli
mentre ce ne sono solo tre! La vocazione di Andrea, invece, è presentata da Giovanni, dal quarto
evangelista, in tutta un’altra maniera. Vi ricordate come è il primo capitolo di Giovanni? Andrea
seguiva Giovanni Battista insieme a un altro discepolo, che sarà il discepolo amato, di cui non si dice il
nome, quando sente: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” (Gv 1,36). Si mettono a
seguire Gesù. Gesù si gira e dice: “Chi cercate?” “Maestro dove abiti?”. “Venite e vedete” (Gv
1,37–39). Quindi la Chiesa Greca, la Chiesa orientale lo chiama Protocleto, il primo chiamato, non il
secondo, tanto meno il quarto, ma il Protocleto, il primo chiamato. Per questo a Costantinopoli, non
avendoci san Pietro, hanno sant’Andrea. Il Vangelo di Giovanni continua dicendo che Andrea andò a
cercare suo fratello Simone e lo portò da Gesù e quando Gesù vide Simone, gli ha detto: “Tu sei Cefa.
Tu sei Pietro”. Dunque, qui non abbiamo il quadro storico preciso, ma vedete che le cose che vi ho
detto, vanno a combaciare. Qui direi che è abbastanza interessante avere un sentore di queste cose.
Ancora dico appena due note per arrivare in fondo al capitolo terzo. Presentati i dodici, la storia
riprende un ritmo ordinario. “Entrò in una casa, di nuovo si radunò molta folla, tanto che non potevano
neppure mangiare. Allora i suoi (sono i parenti di Gesù) sentito questo, uscirono per andare a
prenderlo, dicevano infatti, è fuori di sé” (Mc 3,20–21). Traducete pure, è impazzito! Così è più chiaro
cosa succede! Il ministero di Gesù sta continuando; Gesù pur di predicare rischia di sfinirsi, non aveva
nemmeno il tempo di prendere cibo, s’è già visto prima quando c’era “dite ai discepoli di preparare
una barca” per sottrarsi alla ressa. Ora vengono a cercare Gesù per ritirarlo dalla circolazione, è
diventato matto, portiamolo via prima che faccia del danno! Va a finire male questa partita! Portiamolo
a casa! Ecco, in mezzo c’è una disputa che adesso non posso affrontare. Gli Scribi che erano scesi da
Gerusalemme dicevano: “Abbiamo esaminato tutto! Caccia il demonio perché è un indemoniato e
allora Gesù si difende. Ma volevo arrivare al versetto 31 perché a inclusione, finisce il discorso dei
parenti. “Giunsero, sua madre e i suoi fratelli e stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era
seduta una folla. Gli dissero: ecco tua madre, i tuoi fratelli, le tue sorelle, stanno fuori e ti cercano. Ma
egli rispose loro: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Girando lo sguardo su quelli che erano
seduti attorno a lui, disse: Ecco mia madre e i miei fratelli, perché chi fa la volontà di Dio, costui per
me, è fratello, sorella e madre” (Mc 3,31–35). Manca il padre perché il Padre è un altro. Gesù non
direbbe mai che i suoi discepoli sono il padre! Il Padre è il Padre che è nei cieli.
Perché ho voluto attirare l’attenzione fin qui? Perché vedete che i dodici e quelli che stanno con
Gesù sono ormai la sua vera famiglia. La famiglia di Gesù retrocede. Quando verrà recuperata la
famiglia di Gesù? A Pentecoste. Dopo la risurrezione, nel capitolo primo di Atti degli apostoli, al
versetto 13-14, avete che a Gerusalemme si radunano i discepoli, Maria, i parenti di Gesù, mentre
anche dal Vangelo di Giovanni sappiamo che i parenti di Gesù, durante il ministero di Gesù, non erano
certamente simpatizzanti di Gesù. Quindi qui è un cambiamento, Gesù viene a portare nuovi rapporti. I
rapporti classici di famiglia subiscono un terremoto. Ai rapporti di famiglia, rapporti patriarcali,
succedono rapporti che, attraverso Gesù, sono rapporti con il Padre. “Chi fa la volontà di Dio, costui è
per me fratello, sorella e madre” (Mc 3,35).
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