Richiami di ottica

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Corso di Fotonica
Capitolo 1
Richiami di ottica
1
Corso di Fotonica
2
3
Corso di Fotonica
Indice
1 Richiami di ottica
1.1 Equazioni di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Relazioni costitutive . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 Riflessione e rifrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4 La lente sottile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.5 Interferenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.6 Diffrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.7 Ottica di Fresnel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.7.1 Diffrazione da apertura rettangolare . . . . . .
1.7.2 Diffrazione da reticolo . . . . . . . . . . . . . .
1.7.3 Onda sferica nell’approssimazione parassiale . .
1.7.4 La lente sottile nell’approssimazione parassiale
1.7.5 Fasci Gaussiani . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.7.6 Risonatori ottici . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.8 Elaborazione ottica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.8.1 Sistema 4f . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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4
5
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13
13
14
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17
17
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20
22
4
Corso di Fotonica
La radiazione luminosa è una perturbazione elettromagnetica variabile nel tempo, la cui
propagazione nello spazio libero o attraverso mezzi materiali viene descritta dalle equazioni
di Maxwell. Siccome soltanto in pochissimi casi è possibile trovare delle soluzioni analitiche,
sono state sviluppate diverse trattazioni approssimate, che permettono di descrivere, in
maniera più o meno accurata, le proprietà caratteristiche della luce.
L’ottica geometrica è la più semplice e più antica trattazione, basata sullo studio
delle traiettorie dei raggi luminosi. Alcune leggi descrivono gli effetti della propagazione
attraverso mezzi non omogenei, ovvero i fenomeni di riflessione e rifrazione e, inoltre, vengono descritte le proprietà di semplici dispositivi ottici come gli specchi, le lenti e i prismi.
Alcuni fenomeni, come per esempio la diffrazione, non possono essere descritti nell’ambito dell’ottica geometrica, ma vengono analizzati nell’ambito dell’ottica ondulatoria.
Questa trattazione ci permette di studiare la propagazione della luce sia nello spazio libero
che attraverso strutture guidanti, come le fibre ottiche, nonchè i processi di formazione ed
elaborazione di un immagine. Nell’approssimazione dell’ottica parassiale, lo studio della
diffrazione viene suddiviso in due classi generali, note come diffrazione di Fresnel e
di Fraunhofer. Per descrivere i fenomeni di interazione radiazione-materia, che sono alla
base del funzionamento del laser, degli amplificatori ottici e di tutti i dispositivi fotonici
attivi, occorre introdurre alcuni elementi relativi alla quantizzazione dei sistemi atomici e
del campo luminoso, cioè alcuni concetti di ottica quantistica.
Di seguito, riassumeremo alcuni concetti e definizioni basilari relativi all’ottica e daremo
una breve descrizione di alcuni fenomeni fondamentali, soffermandoci sulle proprietà della
luce a cui faremo riferimento nei prossimi capitoli. Inizieremo a scrivere l’equazioni di
Maxwell nel vuoto e le relazioni costitutive, che ci permettono di studiare la propagazione
della luce nei mezzi materiali. Studieremo i fenomeni di riflessione, rifrazione, diffrazione
e interferenza e i processi di formazione di immagini con lenti sottili e elaboratori ottici.
Nell’ambito dell’ottica di Fresnel e di Fraunhofer, studieremo la diffrazione da aperture e
da reticoli e la propagazione dei fasci laser.
1.1
Equazioni di Maxwell
Scriviamo le equazioni di Maxwell per il campo elettromagnetico nel vuoto
∇ × E (x, y, z, t) = −µ0
∂H (x, y, z, t)
∂t
∇ · E (x, y, z, t) = 0
∂E (x, y, z, t)
∂t
∇ · H (x, y, z, t) = 0,
(1.1)
∇ × H (x, y, z, t) = 0
e l’equazione d’onda (equazione di D’Alambert)
∂ 2 E (x, y, z, t)
= 0,
(1.2)
∂t2
dove 0 = 8.854 · 10−12 F/m e µ0 = 4π · 10−7 H/m sono, rispettivamente, la costante
dielettrica e la permeabilità magnetica del del vuoto; la velocità della luce nel vuoto è
1
= 2.99792458 × 108 ms−1 .
(1.3)
c= √
µ0 0
∇2 E (x, y, z, t) − µ0 0
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Corso di Fotonica
Se il campo elettrico è una funzione sinusoidale del tempo, E (x, y, z, t) = E (x, y, z) cos (ωt) =
Re {E (x, y, z) exp (iωt)}, la radiazione è monocromatica e l’Eq. (1.2) diventa l’equazione
di Helmholz
∇2 E (x, y, z) + k 2 E (x, y, z) = 0,
(1.4)
dove
k=
ω
2π
=
c
λ
(1.5)
ω = c la frequenza. Le superfici
è il numero d’onda, λ la lunghezza d’onda e ν = 2π
λ
equifase (fronti d’onda) di un’onda piana sono delle superfici piane: per esempio, se l’onda si propaga lungo l’asse z, il campo elettrico è del tipo E (x, y, z) = A exp (ikz) e, dove A è
una costante, detta ampiezza dell’onda e il vettore e indica lo stato di polarizzazione
dell’onda, ovvero la direzione lungo la quale il campo elettrico oscilla. Più in generale,
un’onda piana monocromatica che si propaga in una direzione individuata dal vettore
d’onda k = kx x̂ + ky ŷ + kz ẑ è descritta dal campo elettromagnetico
E(x, y, z, t) = Ae exp [i (kx x + ky y + kz z − ωt)]
A
H(x, y, z, t) = −
k × e exp [i (kx x + ky y + kz z − ωt)]
ωµ0
(1.6)
e il vettore di polarizzazione e è sempre ortogonale al vettore d’onda k.
Le superfici equiampiezza e equifase di un’onda sferica sono delle sfere: in coordinate
polari, essa ha l’espressione
E(r, ϕ, θ, t) =
1.2
E0
exp [i (kr − ωt)]
r
(1.7)
Relazioni costitutive
Quando la radiazione si propaga in un mezzo materiale, le relazioni costitutive
D(x, y, z, t) = 0 E(x, y, z, t) + P(x, y, z, t) = 0 (1 + χ) E(x, y, z, t) = E(x, y, z, t)
B(x, y, z, t) = µH (x, y, z, t)
(1.8)
tengono conto dei contributi delle cariche di polarizzazione e delle correnti di magnetizzazione della materia. La costante dielettrica = r 0 e la permeabilità magnetica µ = µr µ0
del mezzo forniscono il legame tra i vettori induzione o spostamento elettrico D e magnetico
B e i campi E e H ; di seguito assumeremo sempre µ = µ0 (µr = 1); P è il vettore densità
di polarizzazione e χ la suscettività dielettrica.
Se la risposta del mezzo non è istantanea, la costante dielettrica (ω) è funzione della
pulsazione dell’onda che si propaga, e il mezzo viene detto dispersivo. La dispersione è
il fenomeno che si può osservare illuminando un prisma con la luce bianca e osservando la
radiazione emergente, che viene separata nelle diverse costituenti spettrali (colori).
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Corso di Fotonica
Un mezzo è non omogeneo, se la costante dielettrica varia da punto a punto (x, y, z),
ed è anisotropo se il legame tra D e E è di tipo tensoriale





Ex
xx xy xz
Dx


 

 Dy  =  yx yy yz   Ey  .
Ez
zx zy zz
Dz
(1.9)
Se il legame tra il vettore densità di polarizzazione e il campo elettrico E non è di proporzionalità diretta, il mezzo si dice non lineare; in questo caso, si può esprimere P in
serie di Taylor
P = 0
X (1)
χij Ej +
j
X (2)
χijk Ej Ek +
X (3)
jk
χijk` Ej Ek E` + · · ·.
(1.10)
jk`
Dall’equazione d’onda in un mezzo omogeneo, isotropo e non conduttore, privo di sorgenti
e cariche libere
∂ 2 E (x, y, z, t)
∇2 E (x, y, z, t) − µ
= 0,
(1.11)
∂t2
determiniamo la velocità della luce nel mezzo
e il rapporto
1
v=√
µ
(1.12)
√
√
c
n = = √ = r .
v
0
(1.13)
è l’ indice di rifrazione del mezzo, che ne determina le proprietà ottiche. Valori
indicativi sono, per esempio
aria:
n∼
= n0 = 1
acqua: n = 1.3
vetro: n = 1.5.
Un raggio luminoso che si propaga in un mezzo con velocità v, percorre in un tempo t
un tratto di lunghezza
c
d = vt = t,
(1.14)
n
e si definisce cammino ottico la distanza che la luce percorrerebbe nel vuoto, nello stesso
tempo impiegato per percorrere il tratto d nel mezzo in esame
do = nd = ct.
(1.15)
Se un mezzo non è un isolante perfetto, la conducibilità è diversa da zero e l’indice di
rifrazione è un numero complesso ñ = n + iκ; κ è detto coefficiente di estinzione o
indice di attenuazione e misura le perdite per assorbimento nel mezzo; la parte reale e
immaginaria dell’indice di rifrazione sono legate tra loro tramite le relazioni di KramersKronig.
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Corso di Fotonica
1.3
Riflessione e rifrazione
Consideriamo un’onda piana monocromatica polarizzata linearmente, che incide sulla superficie di separazione tra due dielettrici omogenei, isotropi, non conduttori e con indice di
rifrazione ng e n1 ; essa si separa in un’onda rifratta e
un’onda riflessa, le cui ampiezze e direzioni possono essere calcolate applicando le condizioni al contorno sulla
superficie di separazione tra due mezzi, ovvero imponenx
do la continuità delle componenti tangenziali dei campi
elettrico magnetico. Facciamo riferimento alla figura a
n1
θt
lato e definiamo piano di incidenza il piano in cui giacciono il vettore d’onda del fascio incidente e la normale
0
z
alla superficie di discontinuità (piano Oxz); indichiamo
ng
θi θr
con θi , θr e θt gli angoli che le onde incidente, riflessa
e trasmessa formano rispettivamente con la normale alla superficie di separazione. Le tre leggi fondamentali
dell’ottica geometrica affermano che
1. i raggi incidente, riflesso e rifratto giacciono tutti nel piano di incidenza
2. l’angolo di riflessione è uguale all’angolo di incidenza (θi = θr )
3. le direzioni dei raggi incidente e rifratto sono legate tra loro dalla legge di Snell-Cartesio
ng sin θi = n1 sin θt ,
Le formule di Fresnel ci permettono di calcolare le ampiezze dell’onda riflessa Ar e rifratta At , in funzione di quella incidente Ai . Occorre però specificare la polarizzazione dell’onda
incidente: nel caso di polarizzazione H, (oppure Trasverso Magnetico, TM), in cui il
campo magnetico oscilla parallelamente all’interfaccia si ha
At
2
=
n
cos θt
Ai
1
+
ng
cos θi
n1 cos θt
−
Ar
ng
cos θi
=
.
n
cos
θt
Ai
1
+
ng
cos θi
(1.16)
Invece, nel caso di polarizzazione E (Trasverso Elettrico, TE), in cui il campo elettrico è parallelo alla superficie di discontinuità, le relazioni sono
At
=
Ai
2
n1 cos θt
1+
ng cos θi
n1 cos θt
Ar
ng cos θi
=
n1 cos θt
Ai
1+
ng cos θi
(1.17)
Ar
ng − n1
=
.
Ai
ng + n1
(1.18)
1−
e nel caso di incidenza normale (θi = 0) si ha
At
2ng
=
Ai
n1 + ng
8
Corso di Fotonica
La legge di Snell-Cartesio e le formule di Fresnel hanno validità generale, ma per le applicazioni relative all’ottica guidata, studiamo più in dettaglio il caso in cui il raggio incidente
proviene da un mezzo otticamente più denso. Se ng > n1 , la legge di Snell-Cartesio ci dice
che θt > θi , mentre, analizzando le formule di Fresnel, osserviamo che il rapporto Ar /Ai
aumenta con θi , sia nel caso di polarizzazione E che H; questo rapporto diventa pari a 1
quando l’angolo di incidenza θi uguaglia l’ angolo limite θl
n1
θl = arcsin
ng
!
,
(1.19)
poichè in questo caso si ha sin θt = 1.
Se l’angolo di incidenza supera l’angolo limite, si verifica il fenomeno della riflessione
totale, che permette di confinare la radiazione in una struttura dielettrica. Supponiamo
che i due dielettrici sono infinitamente estesi lungo l’asse y, in maniera che il campo elettrico
non dipende da questa variabile, e scriviamo le espressioni delle onde piane incidente, riflessa
e trasmessa
Ei (x, z) = Ai exp [i (kix x + kiz z)]
Er (x, z) = Ar exp [i (−kix x + kiz z)]
Et (x, z) = At exp [i (ktx x + ktz z)]
(1.20)
dove le componenti dei vettori d’onda lungo gli assi x e z sono
kix = kng cos θi
kiz = kng sin θi
ktx = kn1 cos θt
ktz = kn1 sinθt .
(1.21)
Osserviamo che, in base alla legge di Snell-Cartesio, le componenti lungo l’asse z dei vettori
d’onda del campo incidente, riflesso e trasmesso sono uguali e chiameremo costante di
propagazione β e parametro γ rispettivamente le componenti lungo gli assi z e x del
vettore di propagazione dell’onda incidente
.
β = kiz = ktz = kng sin θi = kn1 sin θt
q
.
γ = kix = kng cos θi = k 2 n2g − β 2 .
(1.22)
Sostituendo la relazione sin θt = ng sin θi /n1 nell’espressione di ktx
p
ktx = kn1 1 − sin2 θt =
q
k 2 n21 − k 2 n2g sin2 θi ,
(1.23)
ci accorgiamo che questo parametro è immaginario se l’angolo di incidenza è maggiore
del’angolo limite (ng sin θi > n1 ) e definiamo il parametro δ come
q
ktx = i
k 2 n2g sin2 θi
−
k 2 n21
.
= i β 2 − k 2 n21 = iδ.
q
(1.24)
9
Corso di Fotonica
Sostituendo questi nuovi parametri nell’Eq. (1.20), possiamo riscrivere le onde incidente,
riflessa e trasmessa come
Ei (x, z) = Ai exp (iγx + iβz)
Er (x, z) = Ai exp (−iγx + iβz)
Et (x, z) = At exp (−δx + iβz) .
(1.25)
Nel caso di riflessione totale, l’onda trasmessa, che si propaga lungo l’asse z e si attenua
esponenzialmente lungo l’asse x, è un’onda evanescente.
Calcoliamo, adesso, l’ampiezza delle onde trasmessa e riflessa nel caso di riflessione
totale, iniziando dapprima con il caso di polarizzazione E; sostituendo i parametri γ e δ
nelle corrispondenti formule di Fresnel (1.17), otteniamo
At
2
=
Ai
1 + i δγ
1 − i δγ
Ar
=
,
Ai
1 + i δγ
(1.26)
e vediamo che Ar /Ai è il rapporto tra due numeri complessi e coniugati e quindi ha modulo
unitario e fase
δ
φ = −2 arctan
,
(1.27)
γ
che è nota come la variazione di fase di Goos-Hänchen dovuta alla riflessione totale.
Analogamente, per la polarizzazione H, si ha
2
n1
ng
At
= 2
,
Ai
n1
δ
+
i
n2g
γ
δ
n21
−i
2
ng
γ
Ar
= 2
,
Ai
n1
δ
+
i
n2g
γ
(1.28)
e anche in questo caso |Ar /Ai | = 1 e la fase è
n2g δ
φ = −2 arctan
n21 γ
0
1.4
!
.
(1.29)
La lente sottile
Una lente è un sistema rifrangente costituito da un materiale (tipicamente vetro) con indice
di rifrazione diverso da quello del mezzo in cui è immerso (tipicamente aria) e limitato da
due interfacce, almeno una delle quali è curva. Una lente sottile ha uno spessore che non ha
un effetto significativo sulla propagazione della luce, e viene caratterizzata da un parametro
detto lunghezza focale f . Se si indica con do e con di rispettivamente le distanze di un
punto oggetto e della sua immagine dalla lente, vale la formula Gaussiana della lente
sottile
1
1
1
+
= .
(1.30)
do di
f
10
Corso di Fotonica
Figura 1.1: Schemi di formazione di immagini con una lente sottile
Un oggetto si dice reale (do > 0) quando la luce diverge da esso, mentre è virtuale
(do < 0) se la luce converge verso di esso. Viceversa, un’immagine è reale (di > 0) quando
la luce converge verso di essa ed è virtuale (di < 0) nel caso opposto. Siccome l’indice di
rifrazione del vetro della lente è maggiore di quello dell’aria, la lente si dice convergente
o positiva (f > 0) se è più spessa al centro che ai bordi, poichè rallenta maggiormente
la parte centrale del fronte d’onda che la investe, rispetto alle zone più esterne. Una lente
divergente o negativa (f < 0) ha caratteristiche opposte.
Per studiare il processo di formazione di immagini da parte di una lente sottile, basta
osservare il comportamento di tre particolari raggi
1. Il raggio che attraversa il centro della lente e che non viene deviato dalla lente
2. Il raggio che incide sulla lente parallelamente al suo asse e che emerge dalla lente
passando per il fuoco posteriore
3. Il raggio che passa per il fuoco anteriore della lente e che emerge dalla lente parallelamente all’asse.
Schemi esemplificativi dei processi di formazione di immagini sono mostrati nella figura
1.1, dove F e F 0 indicano i fuochi anteriori e posteriori della lente.
Il rapporto tra le dimensioni trasversali di un oggetto yo e della sua immagine yi è detto
ingrandimento ed il suo segno sta indicare se l’immagine è dritta (M > 0) o capovolta
(M < 0) rispetto all’oggetto
M=
yi
di
=−
yo
do
(1.31)
11
Corso di Fotonica
1.5
Interferenza
Quando due o più fasci luminosi si sovrappongono in una certa regione dello spazio,
l’intensità del campo in quella regione può
non coincidere con la somma delle intensità dei singoli fasci. Consideriamo
l’inteferometro di Young nella figura a
lato: un’onda piana monocromatica illumina uniformemente uno schermo opaco su
cui sono praticati due forellini puntiformi,
posti a distanza ±d/2 dall’origine di un sistema di riferimento. Il campo che emerge
da ciascun foro è un’onda sferica e il campo totale che si misura in un punto P su
un piano d’osservazione posto a distanza z
dallo schermo è
V (P ) =
P
r1
x
θ
θ
d O
r2
z
A2
A1
exp (ikr1 ) +
exp (ikr2 ) ,
r1
r2
(1.32)
dove r1 e r2 sono le distanze del punto di osservazione P dai due forellini. L’intensità
luminosa media in quel punto
I(P ) = V (P )V ∗ (P ) =
A21 A22
A1 A2
+ 2 +2
cos [k (r1 − r2 )]
2
r1 r2
r1
r2
(1.33)
è la somma delle intensità delle due onde sferiche e di un termine sinusoidale, che descrive
l’interferenza tra le due onde. Se le due onde sferiche sul piano di osservazione hanno la
stessa intensità I0 = A21 /r12 = A22 /r22 , e se il piano è posto sufficientemente lontano dallo
schermo, in maniera che possiamo fare l’approssimazione r1 − r2 ∼
= d sin θ ∼
= dx/z, si ottiene
2π dx
1 + cos
λ z
I(P ) = 2I0
= 4I0 cos
2
dx
π
.
λz
(1.34)
Dunque, sul piano di osservazione si rileva un sistema di frange quasi rettilinee, la cui
interfrangia dipende dalla distanza tra i due fori d, dalla lunghezza d’onda λ e dalla distanza
dallo schermo z. In questo esempio, lo schermo viene illuminato da un’unica onda piana
monocromatica e quindi c’è completa correlazione tra il campo che emerge da i due fori;
se, invece, si ripete l’esperimento, utilizzando due sorgenti puntiformi indipendenti tra di
loro, le frange spariscono e l’intensità sul piano di osservazione è banalmente la somma
delle intensità delle due sorgenti. La visibilità delle frange di interferenza ci permette
quindi di studiare una proprietà molto importante delle sorgenti luminose, detta coerenza.
Evidenziamo la dipendenza dal tempo delle ampiezze dei campi sul piano di osservazione
V (P ) =
A2 (t)
A1 (t)
exp (ikr1 ) +
exp (ikr2 ) ;
r1
r2
(1.35)
12
Corso di Fotonica
beam splitter
specchio parzialmente trasmittente
E2out
E1out
E1in
E1in
E1out
ΔL
2
E2out
specchio
(a)
L 2
(b)
Figura 1.2: (a) Interferometro di Mach-Zehnder. (b) Interferometro di Fabry Perot
siccome la radiazione luminosa oscilla a frequenze dell’ordine di 1014 Hz, l’occhio umano
riesce a distinguere soltanto il valore medio nel tempo dell’intensità, che nel caso considerato
risulta
I(P ) = hV (P )V ∗ (P )i =
h|A1 (t)|2 i h|A2 (t)|2 i
hA1 (t)A∗2 (t)i
+
+
2
cos [k (r1 − r2 )] . (1.36)
r1 r2
r12
r22
Se le sorgenti sono indipendenti, ovvero incoerenti, il valore medio del prodotto delle
ampiezze è nullo e dunque non si osservano frange sul piano di osservazione. Riassumendo,
possiamo dire che, nel caso di radiazione coerente, come quella emessa da un laser, si
osservano i fenomeni di interferenza tra due o più fasci luminosi: per calcolare l’intensità
risultante occorre quindi prima sommare i campi e poi elevare al quadrato. Invece, nel caso
di radiazione incoerente, l’intensità risultante si calcola come la somma delle intensità dei
singoli fasci.
Il dispositivo che abbiamo appena descritto è un particolare interferometro, il cui principio di funzionamento è quello di suddividere il fascio luminoso incidente in due o più fasci
che, dopo aver percorso distanze differenti, si ricombinano su di un piano d’osservazione. Gli
interferometri si dividono in due categorie: gli interferometri a divisione del fronte d’onda
(come il dispositivo di Young, il doppio specchio di Fresnel, il biprisma di Fresnel o lo
specchio di Lloyd) e gli interferometri a divisione di ampiezza (come l’interferometro
di Michelson, di Mach-Zehnder e di Fabry-Perot). Essi vengono utilizzati per misurare
la coerenza e la forma del fronte d’onda di una radiazione, ma anche per determinare l’indice
di rifrazione e lo spessore di film sottili o di lamine dielettriche, interposte in uno dei bracci.
13
Corso di Fotonica
1.6
Diffrazione
La diffrazione studia quei fenomeni per cui i raggi luminosi non si propagano più lungo linee
rette e che quindi non sono interpretabili secondo l’ottica geometrica. In generale, si può
dire che gli effetti della diffrazione sono rilevanti quando la luce attraversa un mezzo non
omogeneo con disomogeneità di dimensioni della lunghezza d’onda λ.
Consideriamo un’apertura in uno schermo opaco illuminata da un’onda piana uniforme
ed osserviamo l’intensità della radiazione su un piano parallelo allo schermo, posto ad una
certa distanza da quest’ultimo. Se lo schermo è molto vicino al piano di osservazione, si
osserva una macchia luminosa che riproduce l’apertura; allontanando il piano d’osservazione
si vede un sistema di frange limitato grosso modo alla proiezione geometrica dell’apertura. La figura continua a cambiare ed ad estendersi man mano che si allontana il piano
d’osservazione: alla fine si vede un sistema di frange simmetrico e molto esteso senza alcuna
rassomiglianza con l’apertura.
Lo schermo viene descritto dalla sua funzione di trasmissione, che individua il rapporto tra il campo emergente ed il campo incidente sullo schermo e per calcolare il campo
propagato oltre lo schermo bisogna utilizzare le formule di Rayleigh-Sommerfeld, oppure uno sviluppo in onde piane. Di solito queste trattazioni esatte conducono ad integrali che non si riescono a calcolare se non numericamente; tuttavia, nell’approssimazione
parassiale o di Fresnel, ovvero quando il campo diffratto è costituito da un insieme di
onde piane poco inclinate rispetto all’asse di propagazione, il campo propagato sul piano di
osservazione può essere calcolato risolvendo semplici integrali.
1.7
Ottica di Fresnel
Consideriamo uno schermo diffrangente piano posto nel piano z = 0 e supponiamo che il
campo V0 (ξ, η) emergente dallo schermo sia noto. Per determinare il campo V (x, y, z) in un
qualsiasi punto del semispazio z > 0 si possono usare due formule approssimate; nell’ipotesi
di campo vicino, il campo diffratto può essere calcolato con l’integrale di Fresnel
i exp (ikz)
V (x, y, z) = −
λz
i
k h
2
2
V0 (ξ, η) exp i
(x − ξ) + (y − η)
dξdη,
2z
∞
Z Z
(1.37)
che, nel caso unidimensionale, diventa
s
V (x, z) =
i
− exp (ikz)
λz
Z ∞
∞
k
V0 (ξ) exp i (x − ξ)2 dξ.
2z
(1.38)
Invece, nell’ipotesi di campo lontano, ovvero se il punto di osservazione è posto a grande distanza dallo schermo diffrangente, per calcolare il campo diffratto si può utilizzare l’integrale
di Fraunhofer
k 2
2
Z Z
i exp i kz +
x +y
2π
2z
V (x, y, z) = −
V0 (ξ, η) exp −i (xξ + yη) dξdη,
λz
λz
∞
(1.39)
14
Corso di Fotonica
che, nel caso unidimensionale, diventa
s
V (x, z) =
i
k
exp i kz + x2
λz
2z
−
Z ∞
−∞
2π
xξ dξ.
λz
V0 (ξ) exp −i
(1.40)
Se la regione trasparente sullo schermo di diffrazione è contenuta in un cerchio di raggio a,
possiamo calcolare il parametro zt
πa2
zt =
.
(1.41)
λ
e se z zt possiamo usare l’approssimazione di campo vicino e se z zt , quella di campo
lontano. L’integrale che compare nella formula di diffrazione in campo lontano coincide
con la trasformata di Fourier del campo sull’apertura V0 (x, y), calcolata alle frequenze
spaziali x/λz e y/λz. Dunque, in questa approssimazione, il calcolo del campo diffratto si
semplifica notevolmente.
1.7.1
Diffrazione da apertura rettangolare
Facciamo adesso alcuni esempi relativi al fenomeno della diffrazione, nell’ipotesi di ottica
parassiale e supponiamo che nello schermo opaco sia praticata un’apertura rettangolare
di lati 2a e 2b, che viene illuminato uniformemente da un’onda piana monocromatica di
ampiezza A. Scegliendo opportunamente il sistema di assi coordinati, il campo emergente
dallo schermo di osservazione può essere scritto come
ξ
η
V0 (ξ, η) = Aτ (ξ, η) = Arect
rect
.
2a
2b
(1.42)
che sostituito nella formula di diffrazione alla Frauhnofer ci da
k 2
2
4iAab exp i kz +
x +y
2ax
2by
2z
V (x, y, z) = −
sinc
sinc
.
λz
λz
λz
1.7.2
(1.43)
Diffrazione da reticolo
Consideriamo adesso uno schermo opaco, su cui sono praticate un numero elevato (teoricamente infinito) di fenditure rettilinee parallele e equidistanti; supponiamo che la lunghezza
delle fenditure sia molto maggiore della loro larghezza a e indichiamo con L il passo del reticolo, ovvero la distanza tra i centri di due fenditure adiacenti. La funzione di trasmissione
della diapositiva è una funzione periodica che può essere sviluppata in serie di Fourier
∞
X
ξ
τ (ξ) =
τm exp 2πim
,
L
m=−∞
(1.44)
15
Corso di Fotonica
ξ,η
x,y
y
a
x
z
Figura 1.3: diffrazione da apertura quadrata.
ξ,η
x,y
y
L
a
x
z
Figura 1.4: Diffrazione da reticolo.
16
Corso di Fotonica
dove i coefficienti di Fourier sono definiti come
τm =
1
L
Z L/2
ξ
dξ.
L
τ (ξ) exp −2πim
−L/2
(1.45)
Analizzando la funzione di trasmissione entro un periodo L, si vede che essa è pari a 1 per
ξ compreso tra −a/2 e a/2 e 0 altrove; dunque i coefficienti di Fourier sono
a
τ0 =
L
a
ma
= sinc
L
L
τm
m 6= 0.
(1.46)
Se il reticolo è illuminato ortogonalmente da un’onda piana monocromatica, allora il campo
che emerge è
∞
X
ξ
V0 (ξ) = Aτ (ξ) = A
τm exp 2πim
,
(1.47)
L
m=−∞
ed è composto da un insieme discreto di onde piane che si propagano lungo direzioni che
formano con l’asse del reticolo angoli θm tali che
λ
sin θm = m .
L
(1.48)
Il campo diffratto nella regione di campo lontano è
√
k
V (x, z) = −A −iλz exp i kz + x2
2z
∞
X
mλz
τm δ x −
,
L
m=−∞
(1.49)
dove delta è la funzione delta di Dirac. Dunque, su uno schermo posto ad una certa distanza
dalla diapositiva si osserva una serie di piccoli spot luminosi, ciascuno corrispondente ad
uno degli ordini diffratti dal reticolo, come mostrato in figura 1.4. Vediamo tuttavia
che gli spot non sono proprio delle funzioni deltiformi, a causa del fatto che il reticolo ha
dimensioni finite. Infatti, la funzione di trasmissione di un reticolo di dimensioni w è
∞
X
ξ
τ (ξ) =
τm exp 2πim
L
m=−∞
x
· rect
,
w
(1.50)
dove rect(x) è una funzione che vale 1 solo per |x| < 1/2. Allora il campo diffratto sullo
schermo è
√
k
V (x, z) = −A −iλz exp i kz + x2
2z
con sinc(x) = sin(πx)/(πx).
∞
X
m=−∞
τm sinc w
x
m
−
λz
L
,
(1.51)
17
Corso di Fotonica
1.7.3
Onda sferica nell’approssimazione parassiale
Consideriamo una sorgente luminosa puntiforme, posizionata nell’origine di un sistema di
assi cartesiani, che emette onde sferiche. La disturbanza calcolata in un punto P (~r) dello
spazio, a meno di un fattore di proporzionalità, ha l’espressione
V (~r) =
exp (ikr)
.
r
(1.52)
dove la distanza r del punto di osservazione P dalla sorgente è
r=
q
x2 + y 2 + z 2
(1.53)
ed è positiva se l’onda è divergente e negativa se essa è convergente. Se il punto di
osservazione è prossimo all’asse z, ovvero se limitiamo il calcolo della disturbanza ad un
intorno del punto (0, 0, z), allora il termine 1/r può essere approssimato con 1/z. Per il
termine esponenziale exp (ikr), a causa del suo andamento oscillante, si deve utilizzare una
diversa approssimazione, riscrivendo r come
s
r =z 1+
x2 + y 2
z2
(1.54)
e utilizzando lo sviluppo binomiale
√
t
t2
t3
1+t=1+ − +
+ ···
2
8
16
(1.55)
troncato al secondo termine. Si ottiene che l’espressione dell’onda sferica, nell’approssimazione parassiale
2
2
x
+
y
exp ik z + 2z
V (x, y, z) =
.
(1.56)
z
1.7.4
La lente sottile nell’approssimazione parassiale
Seguendo un ragionameto simile a quello visto nel precedente paragrafo, si può dimostrare
che la funzione di trasmissione di una lente sottile di focale f , in approssimazione parassiale
è
!
x2 + y 2
.
(1.57)
τ (x, y) = exp −ik
2f
Se la lente è illuminata da un’onda piana uniforme, il campo che ne emerge è un’onda sferica
che converge nel fuoco posteriore della lente , se f > 0. Se la lente è divergente (f < 0)
il campo che emerge è un’onda sferica che coincide con l’onda generata da una sorgente
(virtuale) puntiforme posta nel piano focale anteriore della lente.
Il generale, per determinare l’effetto di una lente sulla propagazione di un campo, bisogna
risolvere un problema di diffrazione nell’approssimazione di Fresnel. Un caso molto semplice
18
Corso di Fotonica
è quello in cui si conosce il campo V0 (ξ, η) nel piano focale anteriore della lente, e si vuole
determinare il campo V (x, y) nel piano focale posteriore. In questo caso si dimostra che
vale la relazione
i exp (i2kz)
V (x, y) = −
λf
−2πi
V0 (ξ, η) exp
(xξ + yη) dξdη,
λf
∞
Z Z
(1.58)
che nel caso unidimensionale diventa
s
V (x) =
i
−
exp (i2kz)
λf
Z ∞
−2πi
V0 (ξ) exp
xξ dξ.
λf
−∞
(1.59)
Questo risultato mostra che il campo nel piano focale posteriore di una lente è la trasformata
di Fourier del campo sul piano focale anteriore, calcolato alla frequenza spaziale x/λf .
Dunque la regione di campo lontano (di Fraunhofer) puòo essere simulata con l’uso di lenti
convergenti.
1.7.5
Fasci Gaussiani
I fasci Gaussiani rivestono una notevole importanza nell’ottica parassiale, in quanto sono i
modi di risonanza di molte cavità laser; essi godono della proprietà che in propagazione mantengono la loro energia sufficientemente confinata intorno alla direzione media di propagazione.
Il fascio Gaussiano fondamentale T EM00 è descritto dalla disturbanza
w0
exp {i [kz − Φ (z)]} exp
V (x, y, z) = A
w (z)
con
s
w (z) = w0 1 +
L2
R (z) = z 1 + 2
z
z2
L2
k
1
2
2
i
−
x +y
2R (z) w2 (z)
(1.60)
spot-size
(1.61)
raggio di curvatura
(1.62)
!
z
anomalia di fase.
(1.63)
L
L’intensità del fascio in ciascun piano ortogonale all’asse di propagazione ha una distribuzione Gaussiana, la cui varianza è legata allo spot-size w (z), che assume il valore
minimo w0 nel piano di cintola z = 0 ed aumenta con z. Quasi tutta l’intensità del fascio è
confinata all’interno di un cono di semiapertura
Φ (z) = arctan
θ0 =
λ
πw0
divergenza angolare.
(1.64)
πw02
λ
distanza di Rayleigh
(1.65)
Il parametro L è definito come
L=
Corso di Fotonica
19
Figura 1.5: Andamento dello spot-size e del raggio di curvatura di un fascio Gaussiano.
e convenzionalmente la distanza 2L è considerata come profondità di fuoco del fascio, ovvero
il tratto in cui il fascio
√ si mantiene a sezione quasi costante. Come si vede dalla figura ??, lo
spot-size diventa 2w0 per z = L. Confrontando il termine di fase di un fascio Gaussiano
con l’espressione di un’onda sferica in approssimazione parassiale, si vede che in ogni piano
z = const, il fascio Gaussiano si comporta come un’onda sferica di raggio di curvatura R (z).
L’andamento del raggio di curvatura R(z) in funzione di z è riportato in figura 1.5 e si vede
che nel piano di cintola il raggio di curvatura è infinito e per z L esso aumenta quasi
linearmente con z.
1.7.6
Risonatori ottici
I risonatori ottici sono costituiti da due specchi affacciati, di cui uno è parzialmente riflettente, in maniera che la radiazione laser generata all’interno del risonatore possa fuoriuscire
attraverso. In generale, i risonatori ottici sono privi delle superfici laterali, in maniera tale
che può entrare in oscillazione soltanto un numero esiguo di modi, quelli la cui direzione
di propagazione è prossima all’asse della cavità. Se sono noti i raggi di curvatura R1 e R2
dei due specchi e la loro distanza reciproca d, per determinare la distribuzione di campo
del modo stazionario all’interno della cavità bisogna, in generale, risolvere un’equazione
integrale. In pratica, si impone che, noto il campo su uno specchio, il campo propagato
sull’altro specchio sia proporzionale, a meno di una costante complessa, al campo che lo ha
originato. Le frequenze di risonanza dei modi della cavità vengono determinate imponendo
che la fase del campo vari di un multiplo intero di 2π sulla distanza 2d, che corrisponde per
la radiazione ad un percorso di andata e ritorno (round-trip). Nell’approssimazione parassiale, si dimostra che i modi di oscillazione di un risonatore ottico sono i fasci Gaussiani.
In questo caso, i parametri caratteristici del fascio, ovvero lo spot-size di cintola e quelli
sugli specchi, la distanza di Rayleigh e la posizione del piano di cintola, si determinano
imponendo che i raggi di curvatura del fascio coincidano con quelli degli specchi. Se gli
specchi sono identici, ovvero se il risonatore è simmetrico, il piano di cintola coincide con il
centro della cavità.
20
Corso di Fotonica
Vediamo adesso alcuni tipi di risonatori ottici più comuni:
Risonatore piano parallelo (Fabry-Perot) In una prima approssimazione, possiamo descrivere i modi di propagazione del risonatore costituito da due specchi piani e paralleli, come quelli generati dalla sovrapposizione di due onde piane che si propagano con
verso. Le frequenze di oscillazione si determinano imponendo che la lunghezza della
cavità sia un multiplo intero della semilunghezza d’onda, ovvero d = nλ/2. Dunque,
si ottiene
c
ν=n
n = 0, 1, 2, · · ·
(1.66)
2d
Risonatore concentrico o sferico E’ costituito da due specchi sferici, di raggi di curvatura R, posti ad una distanza d = 2R. In una trattazione semplificata, si può
pensare che i modi di oscillazione siano delle onde sferiche che si originano al centro
della cavità.
Risonatore confocale In questo caso, i due specchi sferici sono posti a una distanza
d = R. Questo tipo di risonatore è largamente utilizzato in quanto presenta, a parità di
condizioni, il minore spot-size sugli specchi e quindi le più basse perdite per diffrazione.
Un risonatore è stabile se è soddisfatta la condizione
0 ≤ g1 g2 ≤ 1,
(1.67)
con g1 = 1 − d/R1 e g2 = 1 − d/R2 .
1.8
Elaborazione ottica
Un sistema per la formazione di immagini è costituto da un insieme di dispositivi ottici, come
per esempio lenti, diaframmi e specchi; per descrivere le sue proprietà, si può considerare
che tutti gli elementi che lo costituiscono siano racchiusi in una specie ’scatola nera’, al cui
ingresso vi è la pupilla di ingresso, ovvero un’apertura (reale o virtuale) attraverso cui
la luce entra nel sistema. La radiazione penetrata all’interno transita attraverso gli elementi
ottici ed, emergendo attraverso la pupilla di uscita, raggiunge il piano dell’immagine.
Sotto alcune ipotesi semplificative, si può assumere che il sistema sia lineare ed invariante
per traslazione; in questo caso, esso può essere completamente caratterizzato dalla sua
risposta impulsiva e dalla sua funzione di trasferimento.
Nel caso di illuminazione coerente, il campo V (x, y) all’ uscita del sistema si può
calcolare come la convoluzione tra il campo V0 (x, y) in ingresso e la risposta impulsiva
H (x, y) del sistema. Nel dominio delle frequenze spaziali, grazie al teorema sulla convoluzione, sappiamo che la trasformata del campo in uscita Ṽ (νx , νy ) è il prodotto della
trasformata del campo Ṽ0 (νx , νy ) in ingresso, moltiplicata per la funzione di trasferimento
H̃ (νx , νy ) del sistema. Se si indica con p(x, y) la funzione di trasmissione della pupilla
di uscita, si dimostra che, in approssimazione parassiale, la funzione di trasferimento del
21
Corso di Fotonica
Figura 1.6: sistema 4f
sistema ottico in luce coerente, coincide, a meno di fattori moltiplicativi e di scala, con la
funzione pupilla stessa.
Nel caso di illuminazione incoerente, invece, si vuole determinare il legame tra le
intensità della radiazione in ingresso e in uscita del sistema. La risposta impulsiva incoerente
è il quadrato del modulo della risposta impulsiva coerente e la funzione di trasferimento
incoerente coincide quindi con l’autocorrelazione di quella coerente.
radiazione coerente
spazio
V (x, y) = V0 (x, y) ∗ H (x, y)
H (x, y) = p̃ (x, y)
frequenze spaziali
Ṽ (νx , νy ) = Ṽ0 (νx , νy ) H̃ (νx , νy )
H̃ (νx , νy ) = p (νx , νy )
radiazione incoerente
spazio
I (x, y) = I0 (x, y) ∗ Hi (x, y)
Hi (x, y) = |p̃ (x, y)|2
frequenze spaziali
I˜ (νx , νy ) = I˜0 (νx , νy ) H̃i (νx , νy )
H̃i (νx , νy ) = p (νx , νy ) ⊗ p (νx , νy )
22
Corso di Fotonica
1.8.1
Sistema 4f
Il sistema ottico della figura 1.6 è detto sistema 4f oppure elaboratore ottico. Ciascuna
delle due lenti effettua una trasformata di Fourier, e se nel piano di elaborazione non vi è
posizionato alcuno schermo, il campo in uscita è una replica perfetta di quello in ingresso,
salvo per un’inversione degli assi coordinati x e y.
Consideriamo dapprima il caso di radiazione coerente, e supponiamo che sia nota la
distribuzione di campo V (ξ, η) sul piano di ingresso del sistema. Nel piano di elaborazione,
intermedio tra le due lenti, sappiamo che il campo è pari alla trasformata di Fourier della
disturbanza in ingresso, calcolata alle frequenze spaziali Ṽ (x/λf , y/λf ). Se nel piano di
elaborazione è posta una trasparenza con funzione di trasmissione τ (x, y), quest’ultima
modifica lo spettro del campo in ingresso
Ṽ
x y
,
λf λf
τ (x, y) .
(1.68)
La funzione di trasferimento del sistema 4f coincide quindi con la funzione di trasmissione
τ (x, y) nella trasparenza posta nel piano di elaborazione,.
Nel caso di radiazione incoerente, si dimostra invece che la funzione di trasferimento
incoerente è l’autocorrelazione della funzione di trasferimento quella coerente.
La figura 1.7 mostra un semplice esempio di un immagine elaborata con un sistema
4f . Supponiamo che l’oggetto da elaborare sia disponibile sotto forma di diapositiva e
sia posto all’ingresso del sistema. L’oggetto viene illuminato uniformemente da un’onda
piana e nel piano di elaborazione è posto un filtro. Il primo filtro in esame è costituito
da uno schermo opaco, su cui è praticata un’apertura circolare di un opportuno raggio.
Esso si comporta come un filtro passa-basso, in quanto elimina le frequenze spaziali che
cadono al di fuori dell’apertura. L’immagine che si ottiene all’uscita del sistema è riportata
alla destra del filtro. Il secondo filtro è il filtro complementare passa-alto, costituito da
supporto completamente trasparente alla radiazione, su cui vi è realizzato un disco opaco,
e nell’immagine elaborata è possibile evidenziare i dettagli.
23
Corso di Fotonica
oggetto
filtro
immagine
Figura 1.7: Esempio di elaborazione di un’immagine.
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