Premessa Questa pubblicazione raccoglie alcune proposte didattiche elaborate all’interno del Laboratorio “Modelli di trattazione didattica della lingua greca” (II anno), frequentato dagli specializzandi della SIS (Scuola Interateneo di Specializzazione per gli Insegnanti della Scuola Secondaria) dell’Università degli Studi di Torino negli anni accademici 2005/6 - 2007/8. Nel corso degli anni tale Laboratorio si è incentrato sempre più sul metodo di approccio al testo greco in vista della traduzione, centro e vertice di una didattica delle lingue classiche finalizzata all’accesso il più possibile diretto e senza mediazioni alla civiltà che in tali lingue ha trovato espressione1. I contributi qui raccolti presentano alcune proposte di applicazione didattica della “grammatica della dipendenza”, in due direzioni: 1) per l’analisi morfosintattica di un testo greco come indispensabile operazione preliminare alla traduzione e alla comprensione dei significati più profondi veicolati dal testo stesso (contributi di I. Capello – L. Coda – U. Germanotta e di E. Caraglio); 2) per semplificare e sistematizzare conoscenze sintattiche apprese sia attraverso l’osservazione diretta dei testi sia attraverso un metodo deduttivo più tradizionale (contributo di M. C. Torchio). Non è superfluo richiamare in questa sede, come introduzione ai lavori qui presentati, i concetti – cardine della “grammatica della dipendenza”2, che, come è ben noto agli “addetti ai lavori”, pone al centro dell’analisi della frase il verbo e la sua “valenza”, cioè la capacità di legarsi a 1 MPI, Piani di studio della scuola secondaria superiore e programmi dei primi due anni: le proposte della commissione Brocca, Firenze 1991(d’ora in poi Programmi Brocca biennio), pp. 117-118. 2 Questo noto modello linguistico è stato elaborato da L. Tesnière (Eléments de syntaxe structurale, Paris 19652; trad. it. Elementi di sintassi strutturale, a c. di G. Proverbio – A. Trocini Cerrina, Torino 2001) e adattato alle lingue dotate di casi da H. Happ (Grundfragen einer Dependenz-Grammatik des Lateinischen, Göttingen 1976; vd. anche Id., Possibilità di una grammatica della dipendenza del latino, in La sfida linguistica. Lingue classiche e modelli grammaticali, a c. di G. Proverbio, Torino 1979, pp. 186-214). In Italia sono particolarmente importanti gli studi di G. Proverbio, a lungo docente di Didattica delle lingue classiche presso l’Università di Torino: Lingue classiche alla prova. Note storiche e teoriche per una didattica, Bologna 1981; Lezioni di glottodidattica, Torino 1984; Fra tradizione e innovazione. La grammatica della dipendenza nell’insegnamento delle lingue classiche, in Il latino e il greco nella scuola oggi. Esigenze e strumenti per la didattica, a c. di V. F. Cicerone, Foggia 1985, pp. 153-165; Note sulla grammatica della dipendenza, Torino 1986; G. Proverbio – R. Lamacchia – P. Fedeli – A. Santoro, La didattica del latino. Prospettive, modelli ed indicazioni metodologiche per lo studio e l’insegnamento della lingua e della cultura latina, Foggia 1984. Manuali scolastici impostati su questo modello (per il latino) sono F. Seitz – G. Proverbio – L. Sciolla - E. Toledo, Fare latino, Torino 1983, e il recentissimo (e meno innovativo) M. T. Lupidi Sciolla – L. Sciolla, Matrix, Torino 2006. Si vedano anche le applicazioni didattiche di E. Andreoni Fontecedro, che segue il modello utilizzato da F. Sabatini per la lingua italiana (La comunicazione e gli usi della lingua. Pratica, analisi e storia della lingua italiana, Torino 1984): Il modello Tesnière-Sabatini e la sua applicazione al latino. Proposta per una metodologia di didattica della lingua latina, «Atene & Roma» n.s. 31 (1986), pp. 49-60; Progetto sequenziale per l’insegnamento della morfologia e della sintassi latina nel biennio secondo il modello Tesnière-Sabatini, «Aufidus» 5 (1988), pp. 83-99; M. Agosti, Morfosintassi latina e funzionalismo, «Aufidus» 51 (2003), pp. 209-222; Id., La frase multipla complessa nel modello Andreoni Fontecedro, «Aufidus» 52 (2004), pp. 103-111. Come risulta chiaro dall’esame di questa bibliografia, le proposte sia teoriche sia di applicazione didattica riguardano quasi essenzialmente il latino: un adattamento del modello al greco solo in Proverbio, Lingue classiche alla prova, cit., pp. 92 ss. III zero/uno/due/tre e anche quattro complementi vincolati (o attanti). Risulta perciò fondamentale, per la comprensione della struttura sintattica della frase, ricostruire il quadro predicativo del verbo, distinguendo tra i complementi vincolati (obbligatori, senza i quali la frase risulterebbe agrammaticale, e quindi priva di significato), liberi (o circostanziali, che possono aggiungere precisazioni anche importantissime dal punto di vista semantico, ma senza i quali la frase risulta comunque grammaticalmente completa e dotata di senso compiuto) e di secondo livello (complementi del nome o adnominali) 3. Nell’ottica “formale” e non “nozionale” 4 di tale modello linguistico, il soggetto è considerato alla stregua degli altri complementi obbligatori del verbo, del quale determina persona e numero (per i modi finiti). La “grammatica della dipendenza” favorisce anche la comprensione della struttura della frase complessa, che non differisce da quella della frase semplice, dal momento che le proposizioni subordinate rappresentano anch’esse complementi, a loro volta vincolati (proposizioni completive o sostantive), liberi (proposizioni circostanziali o avverbiali) o adnominali (proposizioni attributive). Infatti gli elementi linguistici destinati a “saturare” le posizioni dei complementi (impletivi) possono essere, a seconda dei casi, nomi, aggettivi, pronomi, avverbi, infiniti o intere frasi5. I concetti – cardine di questo modello linguistico hanno il pregio di inserirsi con molta naturalezza anche in un insegnamento di tipo “tradizionale”, nella prospettiva di “cauto eclettismo” raccomandata dai Programmi Brocca per il latino6. Nella mia esperienza di insegnamento, in classi di Ginnasio e di Liceo Classico, ho visto che tale metodo di analisi morfosintattica, con gli opportuni adattamenti didattici, può dare buoni frutti per quanti riguarda le abilità di comprensione/traduzione del testo greco, che sono le più difficili da sviluppare. Questo, se si lavora con continuità, a partire dalle prime, semplici frasi, e con unitarietà di metodo tra gli insegnamenti linguistici (utilizzando, quindi, se possibile, lo stesso modello anche per l’analisi sintattica in italiano e in latino)7. 3 Questa è la terminologia utilizzata da Proverbio (vd. n. 2). Altri linguisti utilizzano termini diversi per gli stessi concetti: ad es. “argomenti”, “circostanti” ed “espansioni” Stupazzini (L. Stupazzini – R. Tosi – P. Rosa, Grammatica di una civiltà, Bologna 2002); “complementi del verbo”, “complementi aggiunti” e “modificatori” M. Della Casa (Il nuovo Della Casa. Manuale di educazione linguistica, Brescia 2002); “argomenti”, “espansioni” e “circostanti” F. Sabatini (La comunicazione e gli usi della lingua. Pratica dei testi, analisi logica, storia della lingua, Torino 1990). 4 Cfr. Proverbio, Lezioni di glottodidattica, cit., pp. 61 ss. 5 Ad es. il soggetto della frase può essere un nome, un aggettivo sostantivato, un pronome, un infinito o una proposizione soggettiva; il complemento di tempo (circostanziale) può essere un nome con preposizione, un avverbio o un proposizione temporale. 6 Programmi Brocca biennio, p. 273. 7 Per l’importanza dell’uso di uno stesso modello linguistico nell’insegnamento dell’italiano e delle lingue classiche (e, se possibile, anche delle lingue straniere) cfr. gli interventi di P. Bacci Guidotti e di R. De’ Conno Mangone, Dibattito sull’insegnamento linguistico del latino, «Aufidus» 6 (1988), pp. 81-86 [84-85] e 89-94 [93]; Programmi Brocca biennio, p. 292, che raccomandano anche “un unico docente di educazione linguistica” al ginnasio, per “semplificare IV Anche gli “schemi ad albero”, che in questa pubblicazione vengono modellati su quelli di Proverbio, debbono essere adattati al contesto didattico in cui si opera: ad es. le sigle algebriche che indicano i complementi vincolati (C1 – C2 – C3 – C4 – C5 – C6)8 risultano di difficile comprensione nelle primissime fasi di insegnamento delle lingue classiche, quando gli alunni non hanno ancora incontrato verbi che richiedono l’oggetto in genitivo o in dativo, e si possono pertanto sostituire con sigle che richiamino il nome dei casi (CNOM – CGEN – CDAT – CACC – CPREP – CLOC )9. È invece essenziale che gli alunni si abituino a distinguere sin dall’inizio complementi del verbo e complementi del nome. Il pregio degli schemi rispetto all’analisi logica o del periodo tradizionale, “a lista”, è la possibilità di visualizzare ed esprimere graficamente, in forma più rapida ed economica in termini di tempo, non solo il tipo di complemento realizzato con un determinato caso, ma anche la parola da cui questo complemento dipende (ad es., nel caso di un genitivo di specificazione, è fondamentale, per tradurre correttamente, non solo individuare la funzione del caso, ma anche quale elemento della frase tale caso completa), oppure, nella lingua greca, la posizione attributiva o predicativa. Tale analisi sintattica risulta inoltre estremamente utile per aiutare gli studenti a orientarsi nei lemmi del dizionario, perché li abitua a osservare innanzitutto il quadro predicativo del verbo all’interno di quel particolare testo e quindi a ricercare sul dizionario i traducenti adatti per il verbo in unione a quei determinati complementi obbligatori10. In questi anni, nel mio lavoro di insegnante, si sono continuamente intrecciati il filo della riflessione “metadidattica” con gli specializzandi della SIS e quello della sperimentazione con i miei alunni, dai quali e per i quali ho imparato moltissimo, delle possibili declinazioni didattiche di questo metodo nell’insegnamento del greco e del latino. Spero che i contributi qui presentati possano essere uno stimolo fruttuoso alla riflessione sulla didattica della lingua greca antica nella scuola di oggi. Maria Cristina Torchio l’apprendimento, evitando ripetizioni e dispersioni dei contenuti, ma anche, in positivo, arricchire una competenza di analisi linguistica e testuale, articolandola su tre fronti di verifica interagenti” (italiano, latino, greco). 8 C1 = complemento obbligatorio in Nominativo; C2 = complemento obbligatorio in Genitivo; C3 = complemento obbligatorio in Dativo; C4 = complemento obbligatorio in Accusativo; C5 = complemento obbligatorio con preposizione; C6 = complemento obbligatorio di luogo (o di tempo: cfr., per il latino, Proverbio, Note sulla grammatica della dipendenza, cit., pp. 7-10; Seminario di Glottodidattica, Torino 16-3-2001). In latino in complementi obbligatori sono sette, perché si aggiunge l’oggetto in Ablativo. 9 Vd. anche le sigle usate da L. Stupazzini, Il valore del lessico in rapporto alle abilità di comprensione e traduzione, in Didattica breve – materiali 4, a c. di F. Piazzi, Bologna 1997, pp. 65-89 [80-82]. 10 La mancanza di un dizionario valenziale non è, nella mia esperienza, un ostacolo insormontabile, contrariamente a quanto molti affermano (cfr. ad es. A. Balbo, Insegnare latino. Sentieri di ricerca per una didattica ragionevole, Torino 2007, p. 64), perché un buon dizionario permette comunque di individuare il quadro predicativo del verbo. V