10 anni della Polonia nell'UE La prospettiva dei 10 anni permette di valutare l'importanza del progresso politico compiuto dalla Polonia nell'ambito dell'Unione Europea. Nel 2004 il paese si accostava all'UE pieno di speranza nonostante non mancassero delle voci preoccupate per una paventata "perdita della sovranità". Nel 2014 la Polonia chiude la sua prima decade nell'UE come membro forte e influente della Comunità europea capace di difendere gli interessi propri ma anche di operare responsabilmente a favore del processo dell'integrazione. Negli anni la Polonia ha assimilato il modo di operare nell'ambito UE e ha saputo stimolarla quando in gioco entravano gli interessi o le necessità del paese: ha sostenuto l'idea del mercato unico, consapevole dei suoi vantaggi, ha preso parte al dibattito sulla riforma della zona euro convinta che nel futuro anch'essa avrebbe fatto parte di quel progetto, ha partecipato a tutte le più importanti discussioni relative al sistema europeo. Da tempo la Polonia è impegnata nella riflessione sulla politica energetica europea, anche per aumentare la propria sicurezza in quel comparto. Oggi, nel contesto della crisi in Ucraina, la proposta di un'unione energetica assume valenza geostrategica. La politica orientale della Polonia è guidata dal presupposto di sfruttare la propria adesione all'UE per esercitare un'influenza sia all'esterno che all'interno della Comunità europea. Il negoziato relativo al bilancio 2014-2020 è stato una delle più importanti e più difficili concretizzazioni della politica polacca negli ultimi 10 anni. Dal suo esito dipendevano le prospettive a lungo termine di sviluppo del paese. Al termine delle trattative la Polonia è riuscita a garantirsi 441 miliardi di PLN (19 miliardi in più rispetto al bilancio 2007-2013) nonostante la decisione su importanti tagli del bilancio comunitario. La strategia della Polonia programmata con precisione e attuata negli anni è basata sull'alleanza con le istituzioni europee e la collaborazione con i paesi appartenenti al gruppo di amici delle politiche di coesione. Nel difficile negoziato del bilancio la Polonia è riuscita inoltre a mantenere un'apertura costante nei confronti delle diverse proposte. La Polonia si è guadagnata una significativa posizione politica e la fama di un paese prevedibile e responsabile. Questo è stato possibile a seguito di una congiuntura economica positiva, alla stabilità politica nei tempi difficili della crisi economica e un ampio sostegno dei polacchi all'integrazione che distingue la società polacca da molte altri paesi europei. A raggiungere l'obiettivo ha contribuito anche l'esperienza positiva della presidenza polacca al Consiglio UE nella seconda metà del 2011 che ha posto le basi per una più efficace realizzazione degli interessi della Polonia negli anni successivi. Il folto gruppo di eurodeputati polacchi aderenti al Partito Popolare Europeo ha aiutato il Paese a influenzare con efficacia la posizione di quel gruppo al Parlamento europeo e ottenere il sostegno nelle votazioni importanti. Per un'efficace rappresentazione degli interessi della Polonia non senza importanza è stata inoltre la partecipazione di eurodeputati polacchi ai lavori della seconda frazione all'Europarlamento e cioè il gruppo socialista. La Polonia è riuscita con efficacia e agilità a formare delle coalizioni e a fare il gioco di squadra sapendo che in un UE di 28 paesi si può fare ben poco lavorando da soli. Uno strumento di influenza particolarmente efficace è stato il Gruppo di Visegrad cui capitale di voti totale è pari alla somma di voti della Germania e della Francia. Attualmente il Gruppo di Visegrad rappresenta il più efficiente gruppo regionale nell'ambito dell'UE. Dal 2012 inoltre, la Polonia ha intensificato la collaborazione nell'ambito del Triangolo di Weimar che è un importante forum di consultazioni e elaborazione delle posizioni comuni della Polonia, Germania e Francia relative alle importanti questioni di politica europea. L'adesione della Polonia all'UE ha avuto una ricaduta positiva sul piano economico. Qualora la Polonia non avesse aderito all'UE, nel 2013 il PIL pro capite a parità del potere d'acquisto (PPA) sarebbe ai livelli del 2009 e cioè inferiore dell'11% rispetto alla media UE 27. Sempre nel 2013, il valore delle esportazioni polacche sarebbe inferiore del 25% (164 mld PLN). Gli investimenti sarebbero inferiori del 12% (36 mld PLN) nel 2013 mentre nel periodo 2004-2013 sarebbero più bassi del 7,8% (200 mld PLN). Il numero degli occupati, infine, sarebbe inferiore del 10% mentre il tasso di disoccupazione sarebbe cresciuto fino al 38%. I disoccupati, in altre parole, sarebbero un mezzo milione in più! Qualora la Polonia non avesse aderito all'UE molte più persone sarebbero senza lavoro, i polacchi avrebbero guadagnato di meno mentre l'economia nazionale si sarebbe sviluppata molto più lentamente.1 L’adesione della Polonia all’UE, avvenuta il 1° maggio 2004, ha dato inizio a una fase importantissima nello sviluppo economico del paese. Oggi, quando la presenza della Polonia nell'UE è percepita come del tutto naturale, quando l'apertura delle frontiere e un facile accesso agli studi e ai mercati di lavoro dei paesi europei sembrano un'ovvietà, vale la pena guardare indietro per analizzare gli ultimi 10 anni. Alla vigilia dell'adesione all'UE la maggioranza dei polacchi vedeva quell'evento storico come una porta verso un mondo migliore che stava per aprirsi. Ciò nonostante l'adesione è stata accompagnata anche da preoccupazioni serie – i critici dell'allargamento dell'Unione presentavano degli scenari neri e una parte della società polacca era pronta a dover affrontare anni di difficili privazioni. Alcuni sostenevano che solo le generazioni successive avrebbero potuto godere degli standard di vita migliori. Gli effetti positivi dell'adesione si sono fatti sentire in Polonia però molto presto. Nel corso di un decennio i principali indicatori sociali ed economici sono migliorati in maniera considerevole nonostante non tutti i cambiamenti siano avvenuti con la rapidità desiderata. Non si sono avverate tuttavia le paure che avevano preceduto l'adesione, e relative all'incapacità da parte della Polonia di sfruttare i contributi europei e diventare quindi contribuente netto del bilancio comunitario. Gli ultimi 10 anni hanno evidenziato che la sola adesione alle strutture comunitarie non significhi né automatica accelerazione dello sviluppo economico né maggiore benessere. La presenza nell'UE è solo una possibilità è non la garanzia dello sviluppo. Il pieno utilizzo di quella chance dipende dalla politica economica del paese aderente. 1 Dati elaborati ai fini della presente analisi in base alle valutazioni di P. Kowal, J. Kuskowski e J. Zawistowski della Fondazione IMAPP elaborate con il modello DSGE Unified Macro Framework 1.0 (UMF 1.0) dicembre 2013 Il bilancio dell'adesione della Polonia all'Ue dimostra che il paese ha sfruttato l'opportunità che gli venne offerta meglio degli altri paesi della nostra regione e che hanno aderito all'UE nel 2004 e 2007. La Polonia è diventata leader della crescita economica, il PIL è raddoppiato (48,7%). Insieme alla Slovacchia ha raggiunto il risultato migliore non solo tra i paesi della regione ma anche fra tutti i paesi comunitari. L'economia polacca ha superato anche l'esame più importante - la crisi economica globale. Nel 2009 la Polonia - l'unico paese UE - non ha subito un collasso dell'economia. Negli anni 2008-2013 la crescita cumulativa del PIL polacco ha superato il 20% raggiungendo il risultato migliore fra tutti i Paesi UE. Una crescita più veloce rispetto ad altri paesi ha fatto sì che la Polonia ha già oggi raggiunto i due terzi dell'indice di sviluppo economico medio dei paesi UE. Dopo 10 anni la Polonia ha anche superato l'Ungheria la quale al momento dell'adesione era più ricca. Ancora nel 2003 il PIL polacco pro capite a parità del potere d'acquisto ammontava al 48,8% della media UE27. Nel 2013 era pari al 66,9% il che significa una crescita di 18,1 pp. Lo sviluppo economico della Polonia era accompagnato da importanti cambiamenti del mercato di lavoro. Nell'arco dei 10 anni dall'adesione sono stati creati due milioni di nuovi posti di lavoro. Hanno trovato occupazione dei rappresentanti di tutti i gruppi sociali, compreso mezzo milione di inattivi. La crescita economica ha migliorato in modo significativo la situazione della società polacca: dal 2005 al 2012 il numero delle persone a rischio povertà o esclusione sociale è diminuito di 7 milioni, mentre 1milione 300mila persone sono uscite dallo stato di indigenza. Prima dell'adesione all'UE le prognosi indicavano per l'economia polacca la strada di una crescita veloce con un sensibile aumento della partecipazione degli investimenti pubblici e privati al PIL, un'accelerazione dei processi di modernizzazione dell'economia e una crescente fiducia da parte dei mercati mondiali che avrebbe portato a una maggiore partecipazione all'economia nazionale di investimenti esteri diretti. A medio termine avrebbero dovuto verificarsi dei cambiamenti strutturali. Ci si aspettava che gli effetti durevoli dell'integrazione europea si sarebbero verificati gradualmente e con dei tempi lunghi (cioè che sarebbero diventati visibili dopo 20-30 anni). La realtà ha dimostrato invece l'efficacia dei presupposti economici adottati dalle Autorità polacche. Nei primi anni dopo l'adesione, la Polonia ha sperimentato il boom degli investimenti e dei consumi, mentre più tardi sono diventati percepibili gli effetti di cambiamenti strutturali. I più importanti di tali cambiamenti sono: una maggiore partecipazione dei servizi al PIL con un contemporaneo calo della partecipazione dell'agricoltura, l'aumento dell'efficienza dell'economia sia grazie allo sviluppo tecnologico che a una maggiore concorrenza del mercato interno, l'afflusso di investimenti esteri diretti, l'aumento della produzione dei beni lavorati, maggiore partecipazione al mercato globale. Gli effetti vengono dimostrati da ranking di competitività annuali dove la Polonia lentamente ma in modo sistematico migliora la propria posizione. Secondo la classifica dell'IMD World Competitiveness Center la Polonia è passata dal 48° posto al mondo nel 2004 al 33° posizione nel 2013. Il bilancio positivo dell'adesione all'UE non sarebbe possibile senza una coerente e responsabile politica economica atta a attenuare i balzi congiunturali. La Polonia è riuscita a introdurre dei meccanismi capaci di assicurare una stabilità economica e, tra gli altri, un'indipendente banca centrale, un Autorità di controllo e vigilanza finanziaria e un fondo bancario di garanzia. Una prudenziale ed efficace vigilanza del settore bancario ha permesso di eludere le trappole legate al libero flusso di capitali. La Costituzione polacca che definisce il tasso massimo del debito pubblico con efficacia preserva il Paese da spese eccessive. Inoltre, grazie ai contributi UE, è stato avviato un efficiente modello di politica di sviluppo. Nei 10 anni dall'adesione della Polonia all'UE la crescita del disavanzo delle partite correnti non ha superato il limite di guardia. Grazie ad una moderata crescita del costo di lavoro la Polonia ha preservato la competitività della propria economia, facendo sì che l'adesione all'UE non ha fatto crescere l'inflazione in modo eccessivo. Grazie a delle misure introdotte per tempo, negli anni difficili della crisi, mentre quasi tutta l'UE ha sperimentato la recessione, l'economia polacca ha subito soltanto un relativo rallentamento di crescita. L’adesione all’UE ha avuto un grande impatto sull’immagine della Polonia e sulla valutazione internazionale della sua affidabilità finanziaria. Nel 2007 le agenzie Standard and Poor’s e Fitch hanno migliorato il rating della Polonia dal BBB+ ad A-. L’aumento di credibilità, a seguito dell'adesione all’UE, ha portato il calo di redditività dei titoli del Tesoro. Di conseguenza, il governo polacco ha sostenuto costi minori per la gestione del debito pubblico. I tassi d’interesse dalla Banca Nazionale di Polonia (NBP) mantengono un livello prima irraggiungibile, pari al 2,5% (dal luglio 2013), con un impatto positivo sulla crescita del Paese, comportando, tra l’altro, la riduzione nei costi degli investimenti. La Polonia ha saputo approfittare bene della possibilità offerte dal mercato unico che prevede il libero flusso dei beni, persone, servizi, e capitale, diventando parte della maggiore zona di libero scambio nel mondo che comprende 500 milioni di consumatori e 20 milioni di aziende. Il fatto di aderire al mercato comune e un'efficace presenza su quel mercato ancora nel 2003 sembrava un obiettivo irraggiungibile alle imprese polacche. Grazie all'integrazione della Polonia nell'ambito UE i prodotti nazionali, e soprattutto il comparto agricolo hanno acquisito maggiore credibilità. La Polonia ha aumentato le sue esportazioni verso i paesi UE e verso i mercati terzi. Nel corso dell'ultima decade la partecipazione delle esportazioni polacche verso l'UE è raddoppiata raggiungendo il 4%. Si tratta della maggiore crescita tra i paesi dell'Europa centro-orientale, e la seconda in tutta l’UE (dopo l’Olanda). Nel 2013 la Polonia ha quasi triplicato le esportazioni in UE rispetto al periodo pre-adesione. Ha anche rafforzato la sua posizione di leader, diventando il maggior esportatore tra tutti i paesi entrati a far parte dell’UE nel 2004 e nel 2007: circa il 27% delle merci esportate dai paesi PECO proviene dalla Polonia. L’adesione all’UE ha decisamente migliorato l’attrattiva della Polonia come paese da investire. A partire dal 2004, il valore complessivo degli investimenti esteri diretti in Polonia ha superato i 405 miliardi di PLN. Nell’ultimo decennio proprio la Polonia – tra tutti gli stati dell’Europa centroorientale (PECO) – è stata scelta dal maggior numero di investitori esteri (principalmente da altri paesi UE), che hanno deciso di investire lì 1 euro su 3. Al fine di valutare i successi della Polonia, soprattutto quelli legati all’appartenenza al mercato interno, occorre sottolineare i seguenti fatti: • La libera circolazione delle merci ha garantito alle imprese un’affermazione senza precedenti. Nel corso di 10 anni le aziende polacche hanno esportato nell’UE merci per un valore di quasi 3,5 miliardi di PLN. Si tratta di una cifra doppia rispetto al PIL polacco! In aggiunta, la Polonia è divenuta uno dei leader tra produttori ed esportatori europei in importanti rami dell’industria (automobilistica, elettronica, bianco, mobiliare, ecc.), nonché un importante fornitore di servizi sul mercato europeo. • Gli imprenditori hanno trasformato una situazione di deficit, pari a 13,5 miliardi di PLN nel commercio con i paesi UE nel 2003 (-2% del PIL), in un’eccedenza commerciale importante, del valore superiore a 100 miliardi di PLN nel 2013 (6% del PIL). • A partire dall’adesione all'UE nel 2004 e sino al 2012, le imprese polacche hanno raggiunto un reddito totale di circa 550 miliardi di PLN (135 miliardi di euro) grazie all’esportazione di servizi verso l’UE, con un saldo positivo totale superiore a 37 miliardi di PLN (più di 9 miliardi di euro). Di conseguenza, la Polonia è divenuta leader tra i paesi assieme ai quali è entrata a far parte dell’UE: nel 2012 quasi il 30% dei servizi forniti nell’UE da tutti i paesi PECO proveniva dalla Polonia. Rispetto ad altri paesi dell’area, in Polonia le esportazioni dei servizi dopo il 2004 sono cresciute con maggiore velocità (aumentando il suo valore, sino al 2012, di circa il 160%), principalmente nel settore dei trasporti, dei servizi alle imprese e del turismo. • Va notato un vero boom nelle esportazioni e nella produzione: dopo l‘adesione all’UE, il numero di fornitori di merci e servizi per l’estero è raddoppiato rispetto al numero complessivo di imprese; di conseguenza, nel 2013, nei redditi delle imprese, 1 złoty su 5 proveniva dalle esportazioni. Visto che quasi l’80% era costituito da vendite verso l’UE, la maggior parte delle entrate è stata possibile grazie alla presenza di prodotti polacchi sul mercato comunitario. Dopo 10 anni però una parte rilevante delle imprese non è ancora attiva sul mercato interno europeo: questo significa che un importante potenziale di sviluppo, non ancora è stato pienamente messo a frutto. • Nell’ambito del programma Erasmus, più di 120 mila studenti polacchi hanno studiato o aderito a stage in altri paesi dell’UE, e 37 mila docenti hanno tenuto corsi presso gli atenei di questi Paesi o hanno partecipato ai corsi di formazione. • Grazie alle possibilità introdotte dalla libertà di fornitura dei servizi nell’ambito UE, le imprese polacche hanno delocalizzato circa 230 mila dipendenti. In seguito allo sviluppo dell’attività esercitata da quelle imprese sono stati creati in Polonia ulteriori 100 mila posti di lavoro. • Negli ultimi 10 anni gli investimenti polacchi diretti verso gli stati membri sono aumentati di qualche decina di volte, dai 4,6 miliardi di PLN nel 2003 sino ai 137 miliardi di PLN nel 2012. • Nonostante, nel 2005 il presidente di una delle compagnie aeree low cost abbia detto che nessuno sarebbe voluto volare a Danzica poiché "lì sono da vedere solo i cantieri navali"2, negli ultimi 10 anni, gli stranieri hanno compiuto oltre 630 milioni di viaggi verso la Polonia, di cui oltre 140 milioni a scopo turistico. Durante queste visite è stato speso in Polonia un totale di 284,3 miliardi di PLN3. Al 2014, a godere di un collegamento aereo diretto con Varsavia sono ben 100 città al mondo, vale a dire 4 volte in più rispetto al periodo antecedente all’adesione all’UE. • La liberalizzazione del mercato dei servizi aeronautici ha consentito una veloce crescita del traffico aereo (negli anni 2004–2013 gli aeroporti nostrani hanno servito in totale 185 milioni di passeggeri); l’entrata in Polonia di compagnie low cost ha poi facilitato, a milioni di nostri concittadini, gli spostamenti in tutta Europa. Negli anni 2004–2013 ben l’82,8% di tutti i viaggi turistici effettuati da polacchi era destinato ai paesi UE (su un numero totale di visite turistiche pari a 80,6 milioni, quello verso i Paesi UE ha raggiunto i 66,75 milioni)4. • Grazie all’entrata in vigore delle regolazioni comunitarie, il costo delle telefonate e del trasferimento dati in roaming è sceso in Polonia di circa quattro volte. Nel 2007 solo il 9,2% delle persone che hanno viaggiato nell’UE ha fruito del servizio di roaming, mentre nel 2013 la quota era già pari al 60%. 2 K.Done "Polish low-cost airlines set to expand into UK..." Financial Times, 8 dicembre 2005. "Il turismo in Polonia negli anni 2004-2013", valutazioni del Dipartimento del turismo del Ministero dello Sport e del Turismo (14.03.2014) 4 La cifra comprende sia i viaggi in un solo paese che quelli in più paesi durante un solo viaggio. Il numero totale dei viaggi turistici ammonta a 76,96 milioni. 3 Nell’ultimo decennio la Polonia è divenuta un vero cantiere. I fondi europei hanno avuto un impatto decisivo sul processo di modernizzazione del Paese. Negli anni 2004–2013 le spese complessive per gli investimenti sono aumentate del 75%. Negli anni 2009–2011, il 51,6% degli investimenti pubblici in Polonia è stato finanziato con fondi provenienti da programmi di politica europea di coesione. Nonostante i timori, sin dal primo anno dell'adesione la Polonia ha ottenuto dal bilancio comunitario più fondi rispetto al totale dei suoi conferimenti. Dal 2009 la Polonia è il maggior beneficiario netto del bilancio europeo. Durante i 10 anni di adesione, al netto dei contributi versati, la Polonia ha ottenuto in totale ben 250,5 miliardi di PLN (61,4 miliardi di euro)5. Ciò significa che per 1 złoty versato alle casse dell'UE – in totale 125,4 miliardi di PLN (31 miliardi di euro) – la Polonia ha ottenuto 3 złoty – in totale 375,9 miliardi di PLN (92,4 miliardi di euro)6. I risultati dei negoziati relativi al quadro finanziario pluriennale permettono di prevedere che la Polonia manterrà la posizione di maggiore beneficiario netto anche negli anni 2014–2020. Mai nella storia della politica di coesione un paese membro ha ottenuto (nell’ambito di una prospettiva finanziaria) un supporto tanto rilevante quanto quello previsto per la Polonia negli anni 2014–2020. I finanziamenti ottenuti negli anni 2004–2013 sono stati utilizzati in modo oculato: • Grazie ai fondi europei, negli anni 2004–2013 sono stati realizzati ben 160 mila progetti, di cui alcuni ancora in corso di finalizzazione. Sono stati costruiti in totale 673 km di autostrade, costruiti o ammodernati 808 km di superstrade, 36 mila km di reti fognarie e 683 depuratori di liquami. • Anche le imprese hanno fruito di fondi europei: grazie ai cofinanziamenti, a partire dal 2004 gli imprenditori hanno realizzato 62.600 diversi progetti, per un valore di circa 85,5 miliardi di PLN. Negli anni 2007–2013, nell’ambito di un solo programma, sono stati raggiunti i seguenti risultati: implementazione nelle imprese di 551 nuove tecnologie e 215 progetti di ricerca e sviluppo. Inoltre, nei cosiddetti incubatori, sono stati sostenuti 972 progetti innovativi e implementati 2960 e-servizi. • Gli agricoltori polacchi hanno ottenuto, dal bilancio UE, 53,7 miliardi di PLN a titolo di contributi diretti negli anni 2004–2012. Quei contributi sono arrivati a circa 1,4 milioni di aziende agricole: in media, 38.362 PLN per beneficiario. Un rilevante ammodernamento inoltre, è stato realizzato nel settore agricolo e agro-alimentare: oltre 1,5 milioni di coltivatori diretti hanno goduto di quasi 1/3 dei fondi riservati a tale titolo dall’UE, ossia oltre 117,7 miliardi di PLN (29 miliardi di euro). • I fondi europei hanno sostenuto anche i miglioramenti nel settore dell’istruzione: oltre la metà delle scuole in Polonia (circa 20 mila istituti) ha potuto allestire laboratori informatici; sono state create circa 250 mila postazioni computer. Inoltre sono stati aperti oltre 2.800 asili e in altri 2.200 sono stati creati ulteriori nuovi posti per i bambini. Grazie all’entrata della Polonia nell’UE, i polacchi hanno avuto accesso ai mercati di lavoro di altri paesi e hanno potuto fruire dei loro sistemi di previdenza sociale. Gli effetti della libera circolazione dei lavoratori, quali l’emigrazione dei cittadini dei paesi PECO, sono risultati maggiori rispetto alle previsioni antecedenti all’ampliamento UE del 2004. I polacchi hanno fruito in gran numero della regola fondamentale del mercato comunitario sulla libera circolazione delle persone. Grazie alla possibilità di intraprendere un lavoro legale nei paesi UE, è diminuito il rischio sentito specialmente 5 Dati secondo i calcoli del Ministero delle Finanze polacco al 31 dicembre 2013; i valori espressi in euro sono stati calcolati conformemente al cambio medio annuo. 6 Ibidem. nel periodo pre-adesione e connesso all’emigrazione non sempre legale. In seguito si è anche verificato un cambiamento positivo nel modo di pensare: si è iniziato a vedere il mercato europeo del lavoro tanto disponibile quanto quello locale. Rispetto ad altri paesi della zona, il tasso di emigrazione dalla Polonia non ha una particolare rilevanza: nell’ultimo decennio è stata registrata un’ondata ben maggiore di emigrati lituani, lettoni, rumeni e bulgari. Va ricordato infine ancora un altro successo della Polonia, non meno importante degli indicatori economici: l’euro-entusiasmo. 10 anni fa i cittadini polacchi non erano tra i più europeisti. Poco prima dell'ingresso nell’UE solo il 42% di polacchi si aspettava che l’adesione avrebbe portato delle ricadute positive per il paese. L’euro-entusiasmo polacco è cresciuto piano ma in modo sistematico, ogni anno, unitamente alla consapevolezza dei vantaggi che derivano dalla presenza della Polonia nell’UE. Oggi l’appoggio dei polacchi all’UE è molto diffuso tra tutti i gruppi sociali e le classi di età. Spesso però non ci si rende conto della strada percorsa in quei 10 anni. Il clima europeista, unitamente all’apertura e alla fiducia di milioni di polacchi, rappresenta attualmente un capitale estremamente prezioso, che potrebbe essere invidiato da molti altri paesi.