Talassemie intermedie / Dolore del bambino / Insonnia in età

Trimestrale | Poste Italiane SpA – Sped. Abb. Post. DL 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, DCB Roma – Aut. GIPA/C/RM/26/2013 del 28/06/2013 – ISSN 2385-0736 | Un fascicolo 25 euro
15.4
Rivista ufficiale
di Formazione continua
della Società Italiana
di Pediatria
Vol. 15 | n. 4 | ottobre–dicembre 2014
Talassemie
Comportamento
intermedie
dirompente
/ Dolore
/
del
Ipertensione
bambino arteriosa
/ Insonnia
/ Test
in età
cutanei
evolutiva
per
/allergeni
Consenso
alimentari
del minore
/ Dolore:
/ RGE
miti e verità
Caso clinico Titolo articolo anche lungo
~
~
~
~
Vitamine del
gruppo B
In periodi di crescita o sforzo psicofisico intenso
Per migliorare l’attività scolastica e lo studio
In caso di sindromi influenzali, nel periodo
di convalescenza
Durante i cambi di stagione
In caso di attività sportiva intensa
Durante la terapia farmacologica
Vitamina C
Zinco
Probiotici
Lactobacillus rhamnosus GG
(ATCC 53103)
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Pubblicazione riservata ai sigg. Medici
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2
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In caso di stanchezza, spossatezza o inappetenza
UNI CEI EN ISO
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www.dicofarm.it
Il prontuario Dicofarm è
Rivista ufficiale
di Formazione continua
della Società Italiana
di Pediatria
Vol. 15 | n. 4 |
ottobre–dicembre 2014
In copertina
‘Fernand Halphen enfant’,
Auguste Renoir, 1880, olio su tela.
Grand Palais - Musée d’Orsay, Parigi.
All’interno
(pag. 142) ‘Un castello alieno’,
Bernardo, 6 anni
pennarello e pastello su carta, 30x30 cm
(pag. 150) ‘Senza titolo’ (part.),
Pietro, 3 anni,
pennarello su carta, 30x21 cm
(pag. 161) ‘Una casa’, Ismaele, 4 anni,
pennarello su carta, 30x21 cm
(pag 174) ‘Natale’ (part.), Sara, 10 anni
pennarello su carta, 30x21 cm
[Editoriale]
[come si fa / 1]
[Tutto su / 2]
Alimentazione & Food Economy
Ipertensione arteriosa in età
pediatrica: prevenzione,
diagnosi e trattamento
Dolore in Pediatria: miti e verità
Luciana Indinnimeo
Il pediatra moderno è sempre più
impegnato a conoscere la natura
del cibo in quanto risorsa di sviluppo
per il suo piccolo assistito e talvolta
causa di malattie > 141
[Tutto su / 1]
Il trattamento dei disturbi
da comportamento dirompente
in età evolutiva
Simona Rosina, Marco Lamberti,
Massimo Ciuffo, Nadia Imbrigiotta,
Antonella Gagliano, Dante Ferrara,
Davide Vecchio, Giovanni Corsello
Una revisione della letteratura
scientifica dedicata alle attuali
possibilità terapeutiche disponibili
per il trattamento dei DBD
in età evolutiva > 142
Amedeo Spagnolo,
Amalia Maria Ambruzzi, Mario Bianchetti,
Marco Giussani, Silvio Maringhini,
Maria Chiara Matteucci, Ettore Menghetti,
Patrizia Salice, Loredana Simionato,
Mirella Strambi, Raffaele Virdis,
Simonetta Genovesi
Franca Benini, Egidio Barbi, Luca Manfredini
In passato, il dolore nel bambino
e soprattutto nel neonato/pretermine
Ë stato spesso sottodiagnosticato
e di conseguenza sottotrattato > 161
[come si fa / 2]
Raccomandazioni congiunte
della Società Italiana di Pediatria
e della Società Italiana
della Ipertensione Arteriosa > 150
La terapia analgesica
non farmacologica: alcune tecniche
alla portata di tutti
[Pro e contro]
Sono qui descritte alcune
tra le TNF che più frequentemente
possono essere utilizzate soprattutto
in ambito ospedaliero > 174
Il ruolo dei test cutanei
per allergeni alimentari
nella dermatite atopica
Elisabetta Calamelli, Giampaolo Ricci,
Carlotta Povesi Dascola, Carlo Caffarelli
Il rapporto tra DA e allergia
alimentare è da lungo tempo oggetto
di interesse da parte della comunità
scientifica > 156
Fernand Halphen era figlio di Georges Halphen, ricchissimo mercante di diamanti,
e di Henriette Antonia Stern, rampolla di una famiglia di banchieri. Fu un pianista di
chiara fama e un compositore, ma morì ancora giovane al fronte, durante la Prima Guerra
Mondiale. Quando aveva otto anni fu ritratto su commissione da Auguste Renoir
(1841–1919), che negli anni Ottanta del XIX secolo era un artista molto richiesto dalle
famiglie dell’alta società francese. Si può però dedurre che l’opera di Renoir non fu molto
apprezzata dai coniugi Halphen, perché il costoso ritratto del bambino fu regalato
a una ex governante di Fernand. Prima di tornare alla famiglia e nel 1995 essere venduta
al Musée d’Orsay, la tela è passata per le mani del celebre mercante d’arte Jos Kessel
e del collezionista Charles Pacquement. Sul sito web dell’istituzione museale parigina
si legge: “Ai nostri giorni, le reticenze suscitate dalla pittura di Renoir possono destare
stupore. È possibile che l’estrema franchezza della tavolozza del pittore, ben lontana
dai colori smorzati dei ritrattisti maggiormente in voga in quel periodo, sia uno dei motivi
di un simile atteggiamento. La semplicità del modellato, l’insistenza sui contorni indicano
che (in questa opera, ndr) Renoir è ad uno stadio decisivo della sua evoluzione”.
Pierina Lazzarin, Filippo Coccato,
Maria Chiara Giglio, Grazia Ghiraldo,
Paola Amoruso, Franca Benini
[Quiz]
Test di autovalutazione > 180
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ufficiale
di Formazione
continua
della Società
Italiana
di Pediatria
Direttore Scientifico
Società Italiana di Pediatria
Luciana Indinnimeo
Professore Aggregato di Pediatria
Dipartimento di Pediatria e NPI
Università di Roma “Sapienza”
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ISSN 2385-0736
Valerio Flacco
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Delegato Consulta Nazionale
del 5 maggio 2000
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Delegato Conferenza Gruppi di Studio
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Chiara Caproni
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via delle Case Rosse, 23 - 00131 Roma
Finito di stampare nel mese di febbraio 2015
Gian Paolo Salvioli
[ l’ e d i t o r i a l e ]
dalla nascita è controllato, pesato e
fotografato. Dopo qualche giorno
può essere sulla copertina di un settimanale, immortalato tra le mani
di qualche vip che ne esalta virtù e
benefici per la salute; ancora, può
ritrovarsi in televisione, maneggiato
come fosse un gioiello da un cuoco
di fama, intento a mostrarne le venature e descriverne la provenienza; infine, magari dopo essere stato
consumato, la sua immagine girerà
ancora sul web in una preparazione
culinaria speciale. Questi fenomeni
sociali e antropologici legati al cibo
e all’alimentazione hanno tutti in
qualche modo un precipitato economico che viene perfettamente
sintetizzato nell’espressione “Food
Economy”.
L’anno 2015 sarà un anno importante per l’alimentazione, soprattutto per due appuntamenti.
Il primo è rappresentato
dall’Expo Mondiale di Milano
dedicata proprio all’alimentazione
nella quale, tra i vari argomenti in
agenda, saranno trattati i corretti
stili di vita alimentare, l’agricoltura
sostenibile e la riduzione dello spreco alimentare. Il secondo evento,
meno pubblicizzato ma non meno
importante, è rappresentato dalla
probabile conclusione nel 2015 del
Transatlantic Trade and Investment
Partnership (TTIP), enorme patto
economico su cui stanno trattando
da un anno e mezzo Europa e Stati
Uniti per scambiarsi più merci ‒ tra
cui anche prodotti alimentari ‒ e
servizi. Sarà creato presto un unico
mercato agroalimentare per 800
milioni di consumatori.
È un dato di fatto che il cibo sia
entrato nella grammatica operativa
della finanza mondiale diventando un’altra “commodity” come il
petrolio e le altre materie prime
sottostando, oltre che alla legge
della domanda e dell’offerta, anche
a criteri speculativi impostati ad aspettative di profitti crescenti o di
giochi geopolitici.
In un’epoca di Food Economy
noi pediatri non dobbiamo farci trovare impreparati di fronte a
cambiamenti di questa portata e
dobbiamo arricchire il nostro armamentario professionale di nuove
conoscenze idonee a raggiungere
gli obiettivi di salute per i nostri
bambini e le loro famiglie
.
141
Q
uesto editoriale è la prima
parte di una riflessione sull’alimentazione che comprenderà aspetti socioeconomici dell’alimentazione, moderni concetti nutrizionali del bambino e la relazione tra
nutrizione-alimentazione e malattie.
Il pediatra moderno, oltre ad avere
solide basi nutrizionali, è sempre più
impegnato a conoscere la natura del
cibo in quanto risorsa per lo sviluppo
(ma talvolta causa di malattie) del
suo piccolo paziente.
In tutto il mondo e in particolare nella società occidentale il cibo
sta assumendo sempre più una dimensione antropologica e ha smesso definitivamente le “vesti di pura
necessità, per diventare l’oggetto di
discussione a livello sociale”, come
scrive l’economista Antonio Belloni. Oggi il cibo è nutrizione, comunicazione, marketing, pubblicità,
semiologia, diritto, fisica, ecologia:
molto più che una “semplice” esperienza sensoriale ed estetica. Un
tempo la vita di un pomodoro si
prospettava abbastanza tranquilla e
lineare: nasceva e cresceva all’aperto,
in un campo, magari in compagnia
di qualche melanzana, attendendo
solo di finire in un piatto insieme a
qualche foglia di basilico. Oggi fin
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
di Luciana Indinnimeo
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Alimentazione
& Food Economy
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142
Caso clinico Titolo articolo anche lungo
[ tutto
su
]
Il trattamento dei disturbi
da comportamento dirompente in età evolutiva
Una revisione della letteratura scientifica dedicata alle attuali possibilità terapeutiche
disponibili per il trattamento dei DBD in età evolutiva.
Simona Rosina, Marco Lamberti, Massimo Ciuffo,
Nadia Imbrigiotta, Antonella Gagliano1
Dante Ferrara, Davide Vecchio, Giovanni Corsello2
1
Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile –
Università degli Studi di Messina
2
Scuola di Specializzazione in Pediatria – Università degli Studi di Palermo
A
143
I
disturbi da comportamento dirompente pos
sono essere descritti come un continuum che emerge dal Disturbo Oppositivo-provocatorio (ODD)
e giunge al Disturbo di Condotta (CD). Entrambi questi disturbi possono associarsi al Disturbo da Deficit di
Attenzione con Iperattività (ADHD) e, contemporaneamente, essere precursori del Disturbo Antisociale di
Personalità (ASPD) (Loeber et al, 2000). Il Disturbo di
Condotta e il Disturbo Oppositivo-Provocatorio costituiscono un importante problema clinico in età evolutiva,
data l’incidenza sempre crescente negli ultimi anni. Una
puntuale revisione della letteratura effettuata da Hinshaw
e Lee (2003) metteva in risalto come la prevalenza all’interno degli studi clinici di bambini e/o adolescenti con
ODD variasse dall’1% del campione ad oltre 20%, mentre
quella di popolazioni con diagnosi di OD da meno dell’1%
ad oltre il 10% (TDMHSAS Best practice guidelines, 2013).
Nel complesso possiamo affermare che i disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva comprendono un
ampio spettro di problematiche comportamentali ed affettive. Questo articolo si propone di fornire una revisione
delle attuali possibilità terapeutiche, sia farmacologiche
che psicoeducative, disponibili per il trattamento di questi
disturbi . Appare importante in particolare che il clinico
consideri il farmaco come un irrinunciabile strumento di
intervento da utilizzare soprattutto nei casi in cui i DBD
possono costituire un elemento di rischio evolutivo.
Caso clinico
ntonio giunse alla nostra osservazione all’età
di 14 anni e 7 mesi. Nella storia clinica si registrava
una diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività formulata presso un centro di salute mentale del
territorio quando Antonio aveva 7 anni. Non era stato
adottato alcun provvedimento terapeutico. Le modalità
di comportamento si mostrarono da subito orientate a
violare le norme sociali, ad attaccare aggressivamente o
minacciare gli altri. In particolare si descrivevano atti
di aggressione fisica, scatenati da frustrazioni e divieti,
rivolti alla madre e al nonno materno, che rappresentavano le principali figure di riferimento affettivo e di controllo normativo. Seppure saltuariamente, il ragazzino
si lasciava coinvolgere da un gruppo di coetanei in atti
di bullismo e in atteggiamenti non aderenti alle norme
sociali. L’inizio dell’attività sessuale era stato piuttosto
precoce e il ragazzino aveva anche avviato il consumo
di sostanze alcoliche e di sigarette. Frequenti erano le
menzogne e le false promesse per ottenere vantaggi e
permessi. La frequenza della scuola era incostante, con
impegno accademico molto ridotto. L’affettività connessa agli eventi negativi era piuttosto piatta, con scarsa
partecipazione affettiva, ridotte capacità empatiche e
di decentramento, scarso interesse per i sentimenti e i
desideri degli altri. Non sembrava mancare, però, l’insight rispetto ai suoi stati emotivi e cognitivi ed una
certa quota, seppure emergente, di giudizio e critica dei
suoi comportamenti. Tali modalità di comportamento
erano presenti in tutti gli ambienti di vita del ragazzo
e causavano compromissione clinicamente significativa
del funzionamento sociale e scolastico. La situazione
familiare risultava caratterizzata dalla separazione della
coppia parentale originale, non più conflittuale e con
ruoli e spazi affettivi sufficientemente definiti. Una figura parentale di supporto molto significativa nella vita
del ragazzino era il nonno materno.
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
Introduzione
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144
Tutto su Il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva
Si effettuò pertanto un colloquio con tutti gli adulti
di riferimento del ragazzo, che si dimostrarono molto attenti, cooperativi e aderenti alle direttive. Si presero anche
in considerazione le caratteristiche dell’ambiente in cui
le modalità di comportamento indesiderabile erano state emesse dal ragazzo. Infatti Antonio aveva frequentato
gruppi di coetanei dissociali e problematici. Apparve chiaro
che il comportamento atipico del ragazzo aveva lo scopo
di aderire alle regole del gruppo, ma al tempo stesso era
sintomatico di un sottostante e preesistente malfunzionamento in termini comportamentali e neuropsicologici, non
spiegabile semplicemente come adattamento al contesto
sociale ed insorto molto precocemente (età pre-scolare).
Venne così avviata una politerapia con acido valproico
come stabilizzatore dell’umore e con un antipsicotico di
ultima generazione (aripiprazolo) per il controllo dei comportamenti aggressivi. Contemporaneamente si propose
al ragazzo un ciclo di sedute di psicoterapia ad indirizzo
cognitivo-comportamentale. Nei sei mesi successivi si osservarono costanti e progressivi miglioramenti del quadro
clinico. Il ragazzo continuò ad assumere con regolarità la
terapia farmacologia con acido valproico e aripiprazolo.
I colloqui di supporto furono interrotti per conclusione
del ciclo.
A distanza di 6–12 mesi le condotte impulsivo-aggressive risultavano quasi completamente estinte; l’adattamento ed il rispetto delle regole sociali si era ampliato
significativamente e non si registravano più comportamenti evidenti di violazione delle regole comunitarie.
Il ragazzo veniva avviato all’apprendistato di un’attività
lavorativa e alla frequenza di una scuola serale. L’umore
risultava sufficientemente stabile e la consapevolezza dei
suoi e degli altrui stati emotivi e cognitivi era nettamente
aumentata. Le dinamiche relazionali intra ed extra-familiari erano notevolmente migliorate e il ragazzo aveva
stabilito rapporti sereni con tutti gli adulti di riferimento.
Classificazione e descrizione dei dbd
I
l DSM IV, il manuale diagnostico e statistico
dei disturbi mentali (APA, 1994), annoverava
tra i Disturbi Dirompenti del Comportamento:
F90.0 Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività [314]
F90.9 Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività Non Altrimenti Specificato [314.9]
F91.8 Disturbo della Condotta [312.8]
F91.3 Disturbo Oppositivo Provocatorio [313.81]
·
·
·
·
Disturbo da Comportamento Dirompente
· F91.9
Non Altrimenti Specificato [312.9].
Il DSM-5 (APA, 2013) ha estrapolato il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività da questo gruppo di disturbi,
collocandolo tra i disturbi del neurosviluppo, e ha invece
incluso nuove categorie diagnostiche che fanno riferimento alla condizione di difficoltà nel controllo degli impulsi.
Le attuali categorie diagnostiche comprese all’interno dei
Disturbi da Comportamento Dirompente sono le seguenti:
F91.3 Disturbo oppositivo provocatorio [313.81]
F63.81 Disturbo esplosivo intermittente [312.34]
Disturbo di condotta
- F91.1 Esordio Infantile [312.81]
- F91.2 Esordio Adolescenza [312.32]
- F91.9 Esordio Non specificato [312.89]
F60.2 Disturbo antisociale di personalità [301.7]
F63.1 Piromania [312.33]
F63.3 Kleptomania [312.32]
F91.8 Altri specificati disturbi dirompenti, da
discontrollo degli impulsi e disturbi di condotta
[312.89]
F91.9 Altri non specificati disturbi dirompenti, da
discontrollo degli impulsi e disturbi di condotta
[312.9].
Si tratta pertanto di condizioni accomunate dalla
presenza di una difficoltà nel controllo delle emozioni e
nell’autoregolazione del comportamento, che si associano
ad azioni che violano i diritti e l’incolumità altrui e/o sono
in conflitto con le comuni norme della società. Questi
disturbi sono maggiormente comuni negli uomini rispetto
alle donne e vedono il loro esordio nell’infanzia o, al più
tardi, in adolescenza. I sintomi-cardine si identificano,
classicamente, nei maschi, nell’irrequietezza motoria con
atteggiamenti di sfida, aggressività fisica e spesso violazione delle regole (ad esempio vandalismo, furti ed indisciplina scolastica compresa la scarsa frequenza e l’abbandono),
mentre nelle femmine si esprimono maggiormente con
comportamenti caratterizzati perlopiù da menzogne,
fughe scolastiche e condotte sessuali devianti come per
esempio la facile promiscuità. È quindi fondamentale che
la frequenza, la persistenza e la pervasività associati a tali
comportamenti vengano rapportati ad età, sesso e cultura
per definirne il grado di disfunzionalità ed evitare il gravo
impatto sociale che ne può conseguire.
La novità più significativa introdotta dal DSM 5 è
quella dell’individuazione dei tratti Calloso Anemozionali (CU), importanti per effettuare una sottotipizzazione
all’interno della categoria ampia dei Disturbi dirompenti
del comportamento (DCD).
·
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Tutto su Il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva
I disturbi da comportamento dirompente possono essere descritti
come un continuum che emerge dal disturbo oppositivo-provocatorio
(ODD) e giunge al disturbo di condotta (CD).
·
·
Comorbilità e outcome
I disturbi dirompenti del comportamento sono frequentemente associati con il Disturbo da Deficit d’Attenzione/
Iperattività, con i disturbi dell’umore sia di tipo depressivo
che bipolare (Biederman et al, 2003), con il disturbo da
abuso di sostanze e con il disturbo da discontrollo degli
impulsi. L’alto tasso di comorbilità tra questi disturbi trova motivo nella condivisione di identici fattori di rischio e
nell’influenza bidirezionale di ognuna di queste patologie
(Masi et al, 2008). Se non adeguatamente e tempestivamente trattati questi disturbi tendono a progredire. Il
grave impatto sociale che consegue a tali disturbi può
manifestarsi con isolamento dalla comunità e successiva
associazione a gruppi disfunzionali. Il frequente abbandono scolastico e quindi il mancato completamento degli
studi inasprisce il disagio sociale e può impedire un’adeguata integrazione lavorativa. Le condotte aggressive-
145
Basi neurobiologiche
La base neurobiologica del comportamento aggressivo è il
circuito neuronale che coinvolge l’amigdala e l’ipotalamo.
L’amigdala è stata identificata come struttura centrale del
circuito neurale coinvolto nella percezione della salienza emozionale nelle espressioni facciali; sembra, quindi,
che essa svolga un ruolo più generale nel processamento
di tutte le forme di informazioni sociali salienti – oltre
che dei segnali a valenza negativa o minacciosi – o nella decodifica di espressioni facciali di natura ambigua
(Fitzgerald et al, 2006). L’amigdala esplica la sua azione
attraverso le connessioni con l’ipotalamo che, a sua volta,
agisce sul mesencefalo (tegmento ventrale e grigio periacqueduttale).
Aspetti neuropsicologici
Si ammette che alla base di questo gruppo di disturbo
ci siano disfunzioni neurocognitive che compromettono
la capacità di fare associazioni tra comportamenti e conseguenze negative e positive o che generano una ridotta
sensibilità alla punizione e/o alla ricompensa. Di conseguenza, sia l’apprendimento di un comportamento adeguato che la capacità di astensione da un comportamento
errato risultano alterati (Matthys et al, 2012).
Un altro importante aspetto da tenere in considerazione è quello relativo alla tipologia dell’aggressività (Vitiello
& Stoff, 1998; Masi et al, 2011) che molto frequentemente
si associa a questi disturbi e che può essere:
predatoria: non impulsiva, finalizzata all’ottenimento di un vantaggio, programmata, spesso subdola e
furtiva, spesso non associata ad uno stato affettivo
significativo, è associata a basso arousal, ed a maggiore rischio di evoluzione antisociale. L’obiettivo è
ottenere il possesso di un oggetto (object-oriented)
o il dominio su una persona (person-oriented);
affettiva: impulsiva, associata a situazioni provocanti esterne (reali o interpretate come tali), ha un
elevato livello di arousal, disinibizione, instabilità
affettiva, ha più rara evoluzione dissociale.
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
I tratti CU comprendono:
1. mancanza di rimorso e senso di colpa (lack of remorse or guilt): il soggetto non si pente quando fa
qualcosa di sbagliato ed ha una ridotta preoccupazione per le conseguenze negative delle proprie
azioni;
2. mancanza di empatia(callous-lack of empathy): il
soggetto non è interessato ai sentimenti degli altri;
è freddo e insensibile ed appare preoccupato solo
degli effetti su di sé delle proprie azioni, anche se
esse possono causare danno agli altri;
3. assenza di preoccupazioni per le sue performance
(unconcerned about performance): il soggetto non
mostra preoccupazione per gli scarsi risultati scolastici, sul lavoro o in altre attività importanti, non
fa alcuno sforzo per raggiungere i risultati anche
quando gli obiettivi sono chiari, ma tipicamente
dà la colpa agli altri per i suoi insuccessi;
4. appiattimento affettivo (shallow or deficient affect):
non esprime sentimenti né mostra le sue emozioni
agli altri, se non in maniera superficiale e non sincera, o quanto ciò gli procuri vantaggi (ad esempio
per manipolare e intimidire gli altri).
Diversi studi dimostrano, infatti, come i tratti CU abbiano una validità diagnostica non soltanto nel Disturbo
di condotta ma anche negli altri disturbi da comportamento dirompente (Herpers et al, 2012).
Tutto su Il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva
impulsive concorrono a possibili problematiche legali con
gravi ripercussioni sia sull’individuo stesso che sui costi
sociali che ne derivano.
Le forme ad insorgenza precoce sono più gravi perché
hanno una maggiore tendenza a mantenersi in età adolescenziale ed adulta con comportamenti antisociali. L’identificazione precoce di bambini a rischio di disturbo del comportamento dirompente consente quindi di avviare rapidamente
un percorso terapeutico integrato (Eyberg et al, 2008) ed
interrompere la spirale negativa che ne può conseguire.
Trattamento non farmacologico
I
l trattamento si basa su un intervento olistico
il cui target non è soltanto il bambino ma anche la
famiglia, la scuola, il contesto sociale così come le figure
professionali che intervengono nel progetto riabilitativo.
Il trattamento dei DBD deve necessariamente comprendere interventi volti a migliorare l’interazione genitorefiglio (Boggs et al, 2004) e un training per le abilità di
problem-solving (Kulkarni et al, 2010).
Gli obiettivi del trattamento sono:
riduzione dei comportamenti disfunzionali;
ampliamento delle capacità di adattamento sociale;
valorizzazione dei “punti di forza”;
prevenzione del fallimento e/abbandono scolastico;
inserimento in attività extracurriculari;
indicazione di percorsi terapeutico-riabilitativi al
termine del trattamento.
Il trattamento psicoeducativo si basa su:
terapia cognitivo comportamentale
parent training.
·
·
·
·
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·
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
146
·
·
Terapia cognitivo comportamentale
La psicoterapia cognitivo comportamentale individuale è
utilizzata per aiutare i bambini e gli adolescenti a ridurre
i loro comportamenti negativi ed oppositivi (Behavior
Guide Staff, 2006). Essa è finalizzata ad implementare
la capacità di autocontrollo ed autoregolazione del comportamento, di attenzione, pianificazione e di gestione
strategica delle attività tramite un approccio focalizzato
sui processi cognitivi e di socializzazione. L’approccio
comportamentale è caratterizzato da un dettagliato assessment delle risposte problematiche e delle condizioni
ambientali che le elicitano e le mantengono, nonché delle
strategie per produrre un cambiamento nell’ambiente
circostante e quindi nel comportamento dei genitori.
Durante un trattamento di tipo comportamentale, sia
le contingenze ambientale positive, sia quelle negative
che incrementano o decrementano la frequenza di alcuni
comportamenti sono identificate e quindi modificate nel
tentativo di far diminuire i comportamenti “problema” e
far aumentare quelli di tipo adattivo. Ulteriori obiettivi
sono: la riduzione, fino alla scomparsa, del comportamento di evitamento delle situazioni (e quindi dei comportamenti) che provocano disagio interiore; la ristrutturazione
di pensieri e di credenze disfunzionali (Cognitive reframing); l’agevolazione e l’incentivazione delle personali
capacità di far fronte alle problematiche (Coping).
Parent training
Tale approccio terapeutico è volto al miglioramento delle
capacità di gestione educativa del bambino e delle interazioni all’interno del nucleo familiare. Il parent training è
suggerito infatti come una via per l’acquisizione di tecniche di gestione dei comportamenti, provocatori e distruttivi e, al tempo stesso, come strumento di modificazione
dei rapporti genitore/bambino in ambiente domestico
(Kazdin, 2000). Il trattamento basato sulla modificazione del comportamento dei genitori, si fonda sulla teoria
dell’apprendimento sociale, ed è stata sviluppata per genitori di bambini iperattivi, impulsivi, non cooperativi,
oppositivi e aggressivi (Vio, Marzocchi & Offredi, 1999;
Barkley, 2006). Esistono numerose evidenze a favore
dell’idea che il trattamento integrato genitore-bambino
si dimostra efficace nel produrre un miglioramento dei
comportamenti disfunzionali (Boggs et al, 2004). Tali
risultati sono confermati da Streiner e Remsing, 2007 e
da Eyberg, Nelson e Boggs, 2008.
Trattamento farmacologico
L
a farmacoterapia non rappresenta la prima
linea di intervento (Kazdin, 2000), ma nel trattamento
dei DBD riveste comunque un ruolo centrale, soprattutto
con riferimento ai quadri di maggiore gravità ed in cui il
rischio evolutivo è elevato. Ci si avvale dell’utilizzo di diversi farmaci per controllare l’aggressività e i comportamenti
dirompenti associati all’ODD e al CD, nonostante molte
delle molecole non siano ancora state approvate per l’uso in
età pediatrica e devono pertanto essere prescritte off label.
Ulteriore obiettivo del trattamento farmacologico è il controllo dei sintomi e/o della disregolazione comportamentale in modo da implementare il beneficio dei trattamenti
psicoeducativi (Bradley, 2004). Sebbene il razionale alla
base dell’uso degli atipici per il controllo dei comporta-
Tutto su Il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva
Questi disturbi sono maggiormente comuni negli uomini
rispetto alle donne, e vedono il loro esordio nell’infanzia o,
al più tardi, in adolescenza.
Antipsicotici
Gli antipsicotici rappresentano una vasta classe di farmaci
che comprende sia il gruppo degli antipsicotici classici (tipici) che e quello degli antipsicotici di nuova generazione
(atipici). La caratteristica farmacologica chiave di tutti i
neurolettici con proprietà antipsicotiche è la loro capacità
di bloccare i recettori D2 della dopamina. I neurolettici di
nuova generazione sono invece antagonisti serotoninodopaminergici con proprietà antagonistiche dei recettori
A2 della serotonina e D2 della dopamina. Il loro differente
controllo serotoninergico del rilascio della dopamina è alla
base della minore incidenza di effetti collaterali di tipo
extrapiramidale. Numerose evidenze si sono accumulate
sull’efficacia degli antipsicotici atipici sui sintomi impulsivi
e aggressivi in età evolutiva (Loy et al, 2012; Pringsheim et
al, 2012; Findling et al, 2008). Soprattutto il risperidone si è
dimostrato efficace nel ridurre i sintomi comportamentali
(irritabilità, aggressività, stereotipie) in pazienti pediatrici
con disturbi da comportamento dirompente (Findling et
al, 2004; Reyes et al, 2005, Pringhseim et al, 2012; Duhing
et al, 2013). L’efficacia sui sintomi comportamentali sembra
si mantenga anche a lungo termine (Loy et al, 2012). Anche
l’aripiprazolo si è dimostrato un trattamento efficace e ben
tollerato per bambini e adolescenti con ADHD e sintomi
di disturbi di condotta (Ercan et al, 2012). La categoria
degli antipsicotici atipici ha un minor rischio di effetti extrapiramidali; di contro è ampiamente documentato che si
associa frequentemente ad effetti metabolici e ad aumento
ponderale. Negli ultimi anni si sono accumulate numerose
Psicostimolanti
Gli stimolanti sono una classe di farmaci che implementano le abilità attentive ed il controllo inibitorio, migliorando la capacità di aderire e di beneficiare degli interventi psicosociali (Klein et al, 1997, Coghill et al, 2013). Quelli
utilizzati nella pratica clinica sono metilfenidato (MPH)
e d-amfetamina, che agiscono prevalentemente rilasciando dopamina dai terminali dopaminergici presinaptici.
L’altra isoforma di amfetamina, la l-amfetamina, rilascia
noradrenalina e dopamina con meccanismo simile. In
Italia è attualmente disponibile solo il MPH (a breve e a
lunga emivita). Tutti gli psicostimolanti si sono dimostrati
efficaci sull’aggressività (Connor et al, 2002), soprattutto
nei DBD in comorbilità con ADHD.
Stabilizzatori dell’umore
Si dicono stabilizzatori dell’umore i farmaci attivi nel
trattamento dei disturbi dell’umore caratterizzati da aumento o da un abbassamento del tono dell’umore. Essi
comprendono il litio ed alcuni farmaci usati anche come
antiepilettici (valproato, carbamazepina, lamotrigina, topiramato). La letteratura è concorde nel sottolineare che
gli stabilizzatori dell’umore e gli antiepilettici possono
ridurre i comportamenti aggressivi, impulsivi e discontrollati che si associano a questi disturbi (Donovan et al,
2000). Il carbolithium in particolare sembra dotato di
proprietà anti-aggressive (Rifikin et al, 1997).
Altre strategie terapeutiche
La clonidina è un farmaco agonista alfa 2 adrenergico
che inibisce il rilascio di noradrenalina. Ha effetto anti-
147
·
·
·
segnalazioni di sindrome metabolica (modificazioni del
metabolismo lipidico e glucidico ed incremento della pressione arteriosa) in bambini e ragazzi trattati con atipici, che
appaiono più sensibili degli adulti a questo genere di effetti
avversi (Dori & Green, 2011). Seppure appaiono piuttosto
sicuri sul piano dei potenziali effetti avversi cardiovascolari,
soprattutto relativamente alla possibilità di allungamento
del tratto Qt (Germanò et al, 2013), è sempre utile sottoporre i pazienti in trattamento ad un attento monitoraggio
cardiovascolare.
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
menti gravemente disturbanti sia sufficientemente solido,
pochi trial clinici in età evolutiva sono ancora disponibili
sull’efficacia e la sicurezza a breve e lungo termine della
gran parte delle molecole utilizzate. Ciò è probabilmente
attribuibile agli elevati costi da sostenere per uno studio
clinico controllato e ai problemi etici che coinvolgono l’analizzare popolazioni pediatriche.
Le categorie farmacologiche maggiormente utilizzate
sono le seguenti:
antipsicotici (tipici ed atipici);
stimolanti;
stabilizzatori dell’umore.
Tutto su Il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva
pertensivo e può anche essere utilizzato nel trattamento
dell’ADHD, soprattutto quando l’ADHD si associa a
tic/Sindrome di Tourette. L’efficacia della clonidina nel
trattamento dell’aggressività è stata indagata soprattutto
in studi in aperto (Kemph et al, 1999). Hazell e Stuart,
2003 hanno utilizzato la clonidina come potenziamento
della terapia con stimolanti con miglioramento del 50%
dei pazienti trattati. L’effetto avverso più comunemente
riportato è la sedazione.
Ancora in fase di approvazione, sono:
lysdexanfetamina: profarmaco metabolizzato a damfetamina che favorisce il rilascio di dopamina
e norepinefrina con miglioramento delle capacità
attentive e azione sullo stato di allerta;
guanfacina: agonista degli alfa 2A adrenergici con
azione a livello della corteccia prefrontale che migliora
l’attenzione e l’autoregolazione comportamentale.
·
·
Algoritmo terapeutico
Ricercatori e clinici di tutto il mondo condividono le
preoccupazioni che molti giovani con ADHD e/o di-
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
148
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sono state pubblicate le conclusioni di un consensus di
esperti (selezionati dal Prof. Kutcher), che ha indicato
le migliori strategie di trattamento precoce di bambini
con ADHD (o disturbo ipercinetico, nei paesi preferendo questa classificazione) e/o DBDS. Il trattamento di
prima linea suggerito per l’ADHD senza comorbilità è
stato quello di un farmaco psicostimolante accompagnato da un intervento psicosociale. Per i pazienti ADHD
in comorbilità con disturbo della condotta (CD) l’intervento psicosociale dovrebbe essere in combinazione
con la farmacoterapia. Per quelli con CD invece, viene
suggerito quale trattamento di prima linea l’intervento
psicosociale, mentre la farmacoterapia aggiuntiva viene
considerata quando l’aggressività e l’impulsività sono
marcate e persistenti. La terapia con psicostimolanti
in add-on all’antipsicotico di seconda generazione è
consigliata solo come trattamento di terza linea dopo
la monoterapia con stimolanti e l’utilizzo di stimolanti
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Tutto su Il trattamento dei disturbi da comportamento dirompente in età evolutiva
di trattamenti non farmacologici basati sull’approccio
psicoterapico cognitivo-comportamentale e sul parent
training. Occorre però considerare che in molti casi
tale strategia può risultare insufficiente, lenta a produrre effetti o difficilmente realizzabile. Spesso inoltre
la disfunzionalità data dal disturbo rende necessario
ottenere dei risultati in tempi rapidi per evitare che i
comportamenti disfunzionali si cronicizzino o che si
instauri un disturbo di personalità. Come seconda linea
pertanto, soprattutto nel caso di comorbilità con ADHD
o disturbi dell’umore, l’approccio terapeutico deve prevedere l’uso della terapia farmacologica. In questo caso,
la classe di farmaci che gode delle maggiori evidenze
scientifiche è quella degli antipsicotici atipici, dotati di
una sufficiente efficacia e tollerabilità
Dai rilievi della letteratura appare evidente come il trattamento dei Disturbi da Comportamento Dirompente
in età evolutiva debba prevedere l’uso in prima linea
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dichiarano
di non avere
nessun conflitto
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149
Discussioni e conclusioni
.
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
combinati con interventi comportamentali (Linton et al,
2013). Sebbene ulteriori studi siano comunque necessari
per confermare l’efficacia e la tollerabilità a lungo di
uso concomitante di antipsicotici e psicostimolanti nei
bambini e negli adolescenti nella pratica clinica tale
tipo di terapia è attualmente molto diffusa. Anche la
gran parte dei pazienti in età evolutiva con disturbi da
comportamento dirompente, associati a ritardo mentale,
disturbi dello spettro autistico e sindrome di Tourette,
presentano una riduzione dei sintomi comportamentali gravi (negatismo, ostilità, discontrollo dell’impulso,
aggressività, agiti distruttivi, etc.) con l’associazione di
una psicofarmacoterapia ai trattamenti psicoeducativi
e psicoterapici (Amam et al, 2002; Budman et al, 2008).
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
150
[ come
s i fa
]
Ipertensione arteriosa in età pediatrica:
prevenzione, diagnosi e trattamento
Raccomandazioni congiunte
della Società Italiana di Pediatria
e della Società Italiana
della Ipertensione Arteriosa.
Società Italiana di Pediatria (SIP),
Società Italiana dell’Ipertensione
Arteriosa (SIIA), Società Italiana
di Cardiologia Pediatrica (SICP),
Società Italiana di Nefrologia
Pediatrica (SINP), Società Italiana
delle Cure Primarie Pediatriche
(SICuPP)
Amedeo Spagnolo1; Amalia Maria Ambruzzi2; Mario Bianchetti3;
Marco Giussani4 [email protected]; Silvio Maringhini5;
Maria Chiara Matteucci6; Ettore Menghetti7; Patrizia Salice8;
Loredana Simionato9; Mirella Strambi10; Raffaele Virdis11;
Simonetta Genovesi12 per conto del Gruppo di Studio Ipertensione
Arteriosa della Società Italiana di Pediatria
ISFOL, già Istituto per gli Affari Sociali; 2 Direttivo Gruppo di Studio Ipertensione della SIP; 3 Department of Pediatrics – Mendrisio and
Bellinzona Hospitals, University of Bern, Switzerland; 4 Pediatra di Famiglia Milano, Progetto PAB (Pressione Arteriosa Bambino), Segretario
Gruppo di Studio Ipertensione della SIP; 5 Unità Operativa Complessa Nefrologia Pediatrica, Ospedale dei Bambini “G. Di Cristina”
A.R.N.A.S. “Civico, Di Cristina e Benfratelli”, Palermo; Direttivo Gruppo di Studio Ipertensione della SIP; 6 Divisione di Nefrologia Pediatrica
Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” IRCCS, Roma; Società Italiana di Nefrologia Pediatrica; 7 Direttivo Gruppo di Studio Ipertensione
della SIP; 8 Cardiologia Pediatrica UO Cardiologia Fondazione Policlinico Ca’ Granda IRCCS Milano, Coordinatrice Progetto CHild;
9
Pediatra di Famiglia Milano, Progetto CHild; 10 Dipartimento di Pediatria, Ostetricia e Medicina della Riproduzione, Università di Siena;
11
Direttivo Gruppo di Studio Ipertensione della SIP; 12 Clinica Nefrologica e Dipartimento di Scienza della Salute Università Milano Bicocca.
Progetto PAB (Pressione Arteriosa Bambino), Società Italiana Ipertensione Arteriosa
1
di valori sistolici e/o diastolici maggiori o uguali al 95°
percentile per sesso, età e percentile di statura. Si parla di
pressione normale alta se i valori sono superiori o uguali
al 90° percentile ma inferiori al 95°. Anche se sono disponibili valori di riferimento nazionali, la Società Europea
dell’Ipertensione Arteriosa propone di utilizzare quelli
degli USA4; perché l’ampio campione americano permette di considerare contemporaneamente età, sesso e statura.
Inoltre è opportuno avere un unico riferimento piuttosto
che differenti tabelle nazionali che creerebbero il paradosso di valutare diversamente lo stress vascolare a parità di
pressione a seconda della nazionalità del bambino.
Prevalenza
Definizione
S
i definisce iperteso un bambino che, ad almeno
tre rilevazioni in occasioni diverse, ha una media
S
creening nazionali e internazionali evidenziano il 3,5–4% di soggetti con valori indicativi di
ipertensione5. Anche se solo la metà dei casi confermasse
la diagnosi a successivi controlli, l’ipertensione arteriosa
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
L
e raccomandazioni congiunte della Società
Italiana di Pediatria e della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa1 sono la declinazione italiana di quelle della Società Europea dell’Ipertensione
Arteriosa2 e si rivolgono in particolare al pediatra di famiglia. Questa figura caratterizza l’assistenza al bambino
nel nostro Paese e può essere una risorsa nella prevenzione, diagnosi e trattamento dell’ipertensione arteriosa.
L’ipertensione è tra i principali fattori di rischio per le
patologie cardiovascolari che sono la prima causa di morte
e di spesa sanitaria nei paesi sviluppati. Poiché valori di
pressione nel bambino tendono a mantenersi nel tempo3,
una quota di ipertensioni dell’adulto si devono considerare diagnosticate tardivamente.
151
Caso clinico Titolo articolo anche lungo
Come si fa Ipertensione arteriosa in età pediatrica: prevenzione, diagnosi e trattamento
La prevalenza di ipertensione essenziale
in screening scolastici è elevata. Se anche solo la metà dei casi
confermasse la diagnosi si tratterebbe di una delle patologie
più frequenti nel bambino più grande.
sarebbe tra le patologie più frequenti della seconda infanzia e dell’adolescenza. L’incidenza di ipertensione in età
pediatrica è destinata a crescere, sia per l’incremento di
soggetti in eccesso ponderale sia per l’aumentata sopravvivenza di bambini con basso peso alla nascita. Nei bambini
ipertesi o con pressione normale alta è stato evidenziato
un aumento della massa cardiaca. Anche in età pediatrica
l’ipertensione essenziale è molto più diffusa rispetto alle
forme secondarie. Queste ultime sono più frequenti solo
nei primissimi anni di vita.
Diagnosi
L
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
152
a modalità di misurazione della pressione nel
bambino è sovrapponibile a quella dell’adulto, con
due specifici aspetti. L’altezza del bracciale dello sfigmomanometro deve essere pari al 40% della circonferenza
del braccio nel suo punto medio. Bracciali piccoli sovrastimano, quelli grandi sottostimano. L’altro aspetto è che la
pressione diastolica è definita dalla scomparsa del battito.
Anche gli strumenti per la rilevazione meritano attenzioTabella I.
Principali cause
di ipertensione secondaria
nel bambino
• Nefropatia cronica
• Ipertensione
nefrovascolare
• Coartazione aortica
ne. Poiché sono stati proscritti gli strumenti a mercurio,
gli unici sfigmomanometri utilizzabili negli ambulatori
pediatrici sono quelli aneroidi. È diventata quindi fondamentale la periodica taratura dell’apparecchio utilizzato,
in quanto gli sfigmomanometri anaeroidi si starano molto
facilmente. Le metodiche oscillometriche automatiche,
con pochissime eccezioni, non sono ancora state validate
per l’età pediatrica. Pertanto, se si utilizza uno strumento
automatico è necessario confermare la misurazione con
metodo ascultatorio e sfigmomanometro aneroide controllato di recente. Per quanto attiene al monitoraggio
ambulatorio della pressione arteriosa delle 24 ore, questa
metodica, al contrario che nell’adulto, in età pediatrica
non è il gold standard per la diagnosi di ipertensione.
Questo perché i valori di riferimento disponibili sono derivati da un campione numericamente limitato6. Tuttavia,
nel campo della ricerca e nei centri clinici specializzati il
monitoraggio pressorio è sempre più utilizzato e in mani
esperte può fornire informazioni importanti:
la sicurezza della diagnosi di ipertensione nei casi
in cui il monitoraggio pressorio conferma i valori
riscontrati dal pediatra;
·
Tabella II. Criteri orientativi per la diagnosi differenziale tra ipertensione essenziale e forme secondarie
Forma primitiva
Forme secondarie
Esordio
Più frequente nella seconda infanzia
Spesso precoce
Riscontro
Casuale alle visite di controllo
annuali
Spesso la patologia di base
è già nota
Valori di pressione arteriosa
Moderatamente elevati
Spesso marcatamente elevati
Sintomatologia associata
Nessuna
Relativa alla specifica patologia
• Iperaldosteronismo
primario
Anamnesi familiare
Spesso positiva per ipertensione
essenziale
Rare le forme familiari
• Sindrome di Cushing
Eccesso ponderale
Spesso presente
Non frequente
• Sindrome
adreno-genitale
Polsi femorali
Presenti
Ridotti o assenti nella coartazione
aortica
• Ipertiroidismo
Differenza valori di pressione tra
arti superiori e inferiori
Non presente
Presente nella coartazione aortica
Sodiemia, potassiemia,
creatininemia, esame delle urine,
ormoni tiroidei
Normali
Alterati in specifiche patologie
Ecocardiografia
Normale (può essere presente
ipertrofia ventricolare sinistra)
Diagnostica in coartazione aortica
(può essere presente ipertrofia
ventricolare sinistra)
• Feocromocitoma
• Forme iatrogene
• Forme genetiche
Come si fa Ipertensione arteriosa in età pediatrica: prevenzione, diagnosi e trattamento
Per consultare le Raccomandazioni congiunte
della Società Italiana di Pediatria
e della Società Italiana della Ipertensione Arteriosa
“Ipertensione arteriosa in età pediatrica:
prevenzione, diagnosi e trattamento”
in versione integrale complete di tutte le tabelle: http://sip.it/formazione-aggiornamento/
ipertensione-arteriosa-in-eta-pediatricaprevenzione-diagnosi-e-trattamento
3
4
5
6
7
8
9
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15
16
17
percentili altezza
5°
10°
25°
50°
75°
90°
95°
5°
10°
25°
50°
75°
90°
95°
94/49
95/50
97/51
99/52
100/53
102/53
103/54
97/52
97/53
98/53
100/54
101/55
102/55
103/56
95°
98/54
99/54
101/55
103/56
104/57
106/58
106/58
100/56
101/57
102/57
104/58
105/59
106/59
107/60
90°
97/54
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104/58
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106/59
98/57
99/58
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103/60
104/61
105/61
95°
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104/60
106/61
108/62
109/63
110/63
102/61
103/62
104/62
105/63
107/64
108/65
109/65
90°
100/59
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105/61
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108/63
109/63
100/61
100/62
102/62
103/63
104/64
106/64
106/65
95°
104/63
105/63
107/64
109/65
110/66
112/67
113/67
104/65
104/66
105/66
107/67
108/68
109/68
110/69
90°
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95°
106/66
107/67
109/68
111/69
112/70
114/71
115/71
105/68
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107/69
108/70
110/71
111/71
112/72
90°
104/65
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106/67
108/68
110/69
111/69
112/70
103/66
103/67
105/67
106/68
107/69
109/69
109/70
95°
108/69
109/70
110/71
112/72
114/73
115/74
116/74
107/70
107/71
108/71
110/72
111/73
112/73
113/74
90°
105/68
106/68
108/69
110/70
111/71
113/72
113/72
104/68
105/68
106/69
108/70
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110/71
111/72
95°
109/72
110/72
112/73
114/74
115/75
117/76
117/76
108/72
109/72
110/73
111/74
113/74
114/75
115/76
90°
106/70
107/70
109/71
111/72
113/73
114/74
115/74
106/69
107/70
108/70
109/71
111/72
112/72
113/73
95°
110/74
111/74
113/75
115/76
117/77
118/78
119/78
110/73
111/74
112/74
113/75
115/76
116/76
116/77
90°
107/71
109/72
110/72
112/73
114/74
115/75
116/76
108/71
109/71
110/71
111/72
113/73
114/74
114/74
95°
111/75
112/76
114/77
116/78
118/79
119/79
120/80
112/75
112/75
114/75
115/76
116/77
118/78
118/78
90°
109/72
110/73
112/74
114/75
115/76
117/76
118/77
110/72
110/72
112/72
113/73
114/74
116/75
116/75
95°
113/76
114/77
116/78
118/79
119/80
121/81
121/81
114/76
114/76
115/76
117/77
118/78
119/79
120/79
90°
111/73
112/73
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117/76
119/77
119/78
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112/73
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118/76
95°
115/77
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116/77
116/77
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115/74
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118/75
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123/79
116/75
116/75
117/75
119/76
120/77
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95°
119/78
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125/82
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90°
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121/79
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121/76
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119/77
120/77
121/77
122/78
124/79
125/80
125/80
95°
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130/83
132/84
132/84
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123/81
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126/82
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129/84
129/84
90°
122/76
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122/78
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95°
126/81
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133/84
134/85
135/85
124/82
125/82
126/82
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130/85
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90°
125/78
126/78
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121/78
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123/79
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126/81
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95°
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130/83
132/83
134/84
135/85
137/86
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125/82
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90°
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132/86
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
2
femmine
percentili altezza
90°
Anni
1
maschi
153
Tabella III. Percentili pressori in funzione di età e altezza
Come si fa Ipertensione arteriosa in età pediatrica: prevenzione, diagnosi e trattamento
Un bambino con pressione elevata frequentemente
avrà ipertensione da adulto, quindi sarà a rischio per patologie
cardiovascolari, la prima causa di morte in Italia.
riguardo la presenza o meno dell’an· informazioni
damento nictemerale della pressione, con riduzione
dei valori medi notturni, che dovrebbe essere maggiore o uguale al 10%;
la valutazione del “load” pressorio, cioè della percentuale di misurazioni superiori ai valori di riferimento, che non deve superare il 25%;
la valutazione della risposta al trattamento del singolo paziente, considerando ciascun bambino come
controllo di se stesso.
Come per i nomogrammi delle misurazioni “office”, anche quelli del monitoraggio pressorio prevedono
un’interpretazione dell’esame fatta in funzione del sesso
e dell’altezza e/o età del bambino. Il problema clinico
si pone quando la diagnosi derivata dalle misurazioni
“office” e quella derivata dal monitoraggio pressorio delle
24 ore risultano diverse. Nell’adulto quando la pressione
“office” è elevata e il monitoraggio normale si parla di
“ipertensione da camice bianco”, mentre quando avviene
il contrario la diagnosi è quella di “ipertensione mascherata”. Questi concetti, in particolare il secondo, non sono
facilmente applicabili nel bambino, mentre potrebbero
esserlo nell’adolescente. È stato recentemente dimostrato che bambini minori di dieci anni tendono ad avere i
valori del monitoraggio pressorio superiori di quelli delle
misurazioni “office”. D’altro canto i soggetti con ipertensione transitoria, cioè con riscontro di valori elevati non
confermati a successive ripetute misurazioni, tendono
ad avere comunque una pressione più elevata dei loro
coetanei in cui sono sempre stati trovati valori pressori
nella norma. Anche in presenza di un monitoraggio pressorio nella norma avere valori di pressione “office” elevati
(ipertensione transitoria) è una condizione che non va
considerata come “normale”. Questi soggetti dovrebbero
essere sottoposti a successivi controlli della pressione nel
tempo e alla messa in atto di misure dietetiche-comportamentali, soprattutto in presenza di altri fattori di rischio
cardiovascolare come una familiarità per ipertensione
arteriosa o obesità.
·
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
154
·
Sintomatologia
L
e forme secondarie si caratterizzano per la
sintomatologia della malattia di base, mentre l’ipertensione essenziale non si accompagna ad alcun segno
o sintomo. Valori di pressione aumentati in presenza di
disturbi soggettivi, come ad esempio la cefalea, spesso
sono interpretati come la causa dei disturbi mentre più
verosimilmente ne rappresentano l’effetto.
Diagnosi differenziale
P
rima che entrassero nell’uso degli affidabili
normogrammi per l’età pediatrica, venivano considerati ipertesi solo i bambini con valori molto alti di pressione,
quasi sempre associati a forme secondarie. Da qui è nato il
preconcetto che nel bambino praticamente non esistesse
l’ipertensione primitiva. Successivi studi hanno capovolto
questo punto di vista. Pur essendo molto più frequente
l’ipertensione essenziale, questa diagnosi può essere posta
solo dopo aver escluso la presenza di una forma secondaria.
La tabella I riporta le principali cause di ipertensione secondaria. Nel bambino l’ipertensione da nefropatia, quella
nefrovascolare e la coartazione aortica costituiscono dal 70
al 90% delle forme secondarie. La tabella II suggerisce dei
criteri di distinzione tra forme secondarie ed essenziali. La
normalità di pochi esami mirati (elettroliti, creatinina, esame urine, ormoni tiroidei) e la presenza dei polsi femorali,
soprattutto in soggetti in eccesso ponderale con valori di
pressione non particolarmente elevati, orienta la diagnosi
verso una forma essenziale.
Caso clinico
U
n bambino di dieci anni asintomatico, in perfetta buona salute ma in discreto sovrappeso, si sottopone alla annuale visita di controllo dal pediatra di famiglia
che gli misura la pressione rilevando dei valori di sistolica
superiori al 95° percentile (ma inferiori al 99°) per il suo
Come si fa Ipertensione arteriosa in età pediatrica: prevenzione, diagnosi e trattamento
I
principi della prevenzione e del trattamento
dietetico-comportamentale coincidono e si basano
sui seguenti punti: riduzione dell’eccesso ponderale, aumento dell’attività fisica, riduzione del sodio nella dieta.
Nel caso di ipertensione confermata vanno applicati con
maggior rigore. La prevenzione andrebbe rivolta a tutti,
tuttavia alcuni sono a maggior rischio. Tra questi quelli
in eccesso di peso, i nati piccoli per l’età gestazionale, chi
ha una familiarità per ipertensione, i bambini con elevati
valori di pressione non confermati a successive rilevazioni.
Il trattamento farmacologico è raramente necessario nei
casi di ipertensione essenziale e non sostituisce quello
dietetico-comportamentale che permette di ridurre le
dosi dei farmaci. In generale il trattamento farmacologico
viene prescritto da centri di secondo livello.
1. Sito web della Società Italiana di Pediatria e sito web della
Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa http://sip.it/
formazione-aggiornamento/ipertensione-arteriosa-in-etapediatrica-prevenzione-diagnosi-e-trattamento
2. Lurbe E, Cifkova R, Cruickshank JK, Dillon MJ et al.
Management of High Blood Pressure in Children and
Adolescents: recommendations of the European Society of
Hypertension. Journal of Hypertension 2009;27:1719-1742.
3. Chen X, Wang Y Tracking of blood pressure from childhood
to adulthood: a systematic review and meta-regression analysis.
Circulation 2008;117:3171-3180.
4. The Fourth Report on the Diagnosis, Evaluation and Treatment
of High Blood Pressure in Children and Adolescents. Pediatrics
2004;114:555-576.
5. Genovesi S, Antolini L, Giussani M et al. Hypertension,
prehypertension, and transient elevated blood pressure
in children: association with weight excess and waist
circumference. Am J Hypertens 2010;23:756-761.
6. Wuhl E et al. German Working Group on Pediatric
Hypertension. Distribution on 24-hour ambulatory blood
pressure in children: normalized reference values and role of
body dimension. J. Hypertens 2002; 20:1995-2007.
Centri di secondo livello
I
centri di secondo livello devono garantire un
approccio multidisciplinare. Sono necessarie competenze pediatriche, cardiologiche, nefrologiche, endocrinologiche, dietologiche e, per casi selezionati, psicologiche.
I centri devono avere esperienza nella valutazione del
danno d’organo e accesso alla diagnostica per le forme secondarie. Centri specialistici e pediatri di famiglia devono
collaborare nel follow-up del bambino iperteso.
Conclusioni
Compiti del pediatra di famiglia
L
a pressione arteriosa deve essere misurata
nelle annuali visite di controllo. Se superiore al 90°
percentile si dovrà controllarla almeno tre volte in diverse
occasioni. Nel caso di pressione normale alta è opportuno
impostare un trattamento dietetico-comportamentale. Tale
trattamento potrà essere intrapreso anche in presenza di
una ipertensione confermata con esami ematochimici nella
norma. In presenza di valori superiori al 99° percentile sarà
invece opportuno inviare ad un centro di secondo livello.
Una valutazione specialistica è suggerita anche in caso di
mancata risposta al trattamento dietetico-comportamentale.
P
revenzione, diagnosi e trattamento dell’ipertensione devono iniziare in età pediatrica, superando il preconcetto che l’età evolutiva sia esente da questa
patologia. La misurazione sistematica della pressione evidenzierebbe un numero non trascurabile di bambini con
valori elevati, stimolando una adeguata risposta organizzativa con l’implementazione di centri di secondo livello.
L’iniziale impiego di risorse potrà portare, nel tempo, a
importanti risparmi umani ed economici
.
Gli autori
dichiarano
di non avere
nessun conflitto
di interesse.
155
Prevenzione e trattamento
Bibliografia
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
sesso, la sua età e la sua statura. Le misurazioni vengono
ripetute in almeno altre due diverse occasioni confermando valori elevati. L’anamnesi familiare e quella patologica
remota non richiamano fatti particolarmente significativi.
Un accurato esame obiettivo risulta negativo. La normalità
di alcuni esami ematochimici (sodio, potassio, creatinina,
TSH ed esame urine) orienta la diagnosi verso una ipertensione arteriosa essenziale che sarà confermata da una
positiva risposta al trattamento dietetico-comportamentale.
A completamento diagnostico viene richiesta una ecocardiografia per valutare l’eventuale presenza di ipertrofia ventricolare sinistra quale iniziale danno d’organo e il profilo
lipidico, la glicemia e l’insulinemia basale per escludere la
presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare.
Il rapporto tra DA e allergia alimentare è da lungo tempo oggetto di interesse
da parte della comunità scientifica.
Il ruolo dei test cutanei
per allergeni alimentari nella dermatite atopica
[ Pro e contro ]
156
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
Elisabetta Calamelli1
Giampaolo Ricci1
Carlotta Povesi Dascola2
Carlo Caffarelli2
1
UO Pediatria Dipartimento
di Scienze Mediche e Chirurgiche –
AOU Policlinico S.Orsola-Malpighi,
Università di Bologna
2
Clinica Pediatrica Dipartimento
di Medicina Clinica e Sperimentale –
Università di Parma
L
a dermatite atopica (DA)
è una malattia infiammatoria
cronica, multigenica e multifattoriale, comune in età pediatrica. Il
rapporto tra DA e allergia alimentare
è da lungo tempo oggetto di interesse
da parte della comunità scientifica.
È stata frequentemente osservata la
comorbilità della DA con una allergia IgE mediata verso gli alimenti1–6.
Inoltre, le LG suggeriscono che vi
sia un coinvolgimento degli allergeni
alimentari nella patogenesi e nell’induzione delle riacutizzazioni della
DA e che, in un numero limitato di
casi, una dieta priva degli alimenti
allergizzanti in causa può essere utile
nel controllo della DA7, 8. Tuttavia
su questo punto non vi è un accordo
unanime e altri autori9 negano l’ esistenza di tale relazione limitandosi
ad intraprendere le indagini diagnostiche esclusivamente nei soggetti
con DA che hanno anche reazioni
agli alimenti diverse dalla DA. Nella
diagnosi dell’allergia agli alimenti, la
storia clinica può fornire indicazioni
utili in merito all’alimento in causa,
anche se i genitori generalmente tendono a sovrastimarne la frequenza10.
I test cutanei skin prick test (SPT)
e patch test (APT) sono tra le indagini più utilizzate per la rilevazione
della sensibilizzazione agli alimenti,
il cui accertamento definitivo si basa
comunque sul gold standard che è
il test di provocazione orale per alimenti11, 12.
Skin prick test
I
n caso di reazione IgE-media
ta al cibo, gli SPT costituiscono
il primo step del percorso diagno-
stico11, in quanto rappresentano una
metodica a rapida risposta, di semplice esecuzione, non invasiva, meno
costosa rispetto al dosaggio delle IgE
specifiche (IgEs) sieriche. Gli SPT
per alimenti possiedono un elevato
potere predittivo negativo per le reazioni di tipo immediato. Un diametro
del pomfo superiore a determinati
livelli, specifici per ciascun alimento considerato, ha un elevato valore
predittivo positivo per il challenge
alimentare, anche se limitato alla
popolazione studiata13, 14. Essendo la
DA atopica una malattia a patogenesi mista IgE e non IgE-mediata7,
è tuttora controversa l’utilità degli
SPT come strumento diagnostico o
di screening di allergie alimentari nei
bambini con DA13, 15. L’ esecuzione
degli SPT è stata proposta per: accertare gli alimenti che scatenano le
riacutizzazioni della DA e della allergia alimentare IgE-mediata associata
alla DA; identificare i bambini considerati ad alto rischio per le reazioni
cliniche agli alimenti e per le malattie
respiratorie allergiche; diagnosticare
la DA (Tabella 1).
Identificazione
di alimenti che scatenano
esacerbazioni della da
I
n alcuni pazienti con DA è
stato descritto un peggioramento
delle lesioni eczematose dopo l’assunzione di determinati alimenti.
In seguito al challenge alimentare
infatti, alcuni bambini possono manifestare molto rapidamente un rash
pruriginoso, isolato o come parte di
una reazione sistemica1. Altri bambini invece possono presentare una
Pro e contro Il ruolo dei test cutanei per allergeni alimentari nella dermatite atopica
•••
Tabella 1. Vantaggi e svantaggi per l’esecuzione degli skin prick test per alimenti
nei bambini con dermatite atopica15
Possibili benefici
Possibili detrimenti
1.Diagnosi di comorbilità
di allergia alimentare
1. Metodica non standardizzata
2. Possibile identificazione dell’allergene
alimentare implicato nei flares
2. Rischio di incongrue restrizioni dietetiche,
con conseguente possibile perdita di
tolleranza o malnutrizione
3. Predittività delle reazioni avverse
in occasione della 1° assunzione
dell’alimento (es. uovo, arachidi)
3. Test non specifico per la diagnosi di DA
4. Individuazione di bambini a rischio
di sviluppare allergopatie respiratorie
4. Possibile eccessiva medicalizzazione
in caso di malattia lieve
5. Incremento dei costi sanitari
Identificazione di bambini
con allergia alimentare
ige-mediata associata alla da
I
l 40%-90% dei bambini affetti
da DA hanno SPT positivi per
alimenti23. Il 30–60% dei bambini
con DA e IgEs positive per alimenti presenta reazioni immediate al
challenge alimentare, questo è più
frequente nei casi di DA di grado
moderato-severo2, 4, 5, 24 e di esordio
precoce6. Occorre sottolineare che il
riscontro di SPT positivi non implica
necessariamente una reazione clinica
di ipersensibilità immediata. Esso è
irrilevante se non si correla con una
storia clinica suggestiva e confermata
da un test di provocazione orale, che
viene effettuato non solo per evitare
reazioni potenzialmente pericolose,
ma anche per evitare inutili diete di
eliminazione. Il test di provocazione orale non è necessario nel caso
157
sottoporre il paziente ad un challenge
alimentare. Si ritiene accettabile unicamente una dieta di eliminazione breve (non più di 2–3 settimane)
basata sul risultato degli SPT e/o
del dosaggio delle IgE specifiche
e/o delle indicazioni anamnestiche.
Il miglioramento di sintomi cutanei
dopo una dieta di eliminazione è insufficiente per dimostrare il ruolo di
un determinato alimento nelle riacutizzazioni della DA. Il challenge
alimentare rappresenta l’unica metodica di riferimento per la diagnosi7. Quando al challenge non sono
osservate reazioni di tipo immediato,
come rash e prurito anticipatori delle
lesioni eczematose, la somministrazione dell’alimento dovrebbe essere
proseguita per almeno due giorni e la
rivalutazione del paziente dovrebbe
essere effettuata a distanza di 24–48
ore7. La maggior parte dei pazienti
con DA che seguivano diete di eliminazione basate esclusivamente
sulla positività dei SPT non riportano reazioni avverse anafilattiche
alla reintroduzione dell’alimento.
Tuttavia, sono state descritte reazio-
ni anafilattiche alla reintroduzione
dell’alimento escluso a lungo dalla
dieta e che era precedentemente tollerato (ad esempio al latte vaccino),
suggerendo che la stessa dieta potrebbe aver favorito la perdita della
tolleranza8, 22. Ciò implica che, in
tali circostanze, la reintroduzione
dell’alimento deve avvenire in ambiente protetto, nonostante i disagi
per i pazienti e le famiglie e i costi
per la struttura. Un altro problema
estremamente raro, ma che può verificarsi in caso di diete prolungate,
è rappresentato da possibili carenze
nutrizionali, con conseguenti deficit
di crescita e kwashiorkor, quando lo
schema dietetico di questi pazienti
non è monitorato da un dietista18.
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
riacutizzazione di DA dopo 6–48 ore
dal challenge16. Essa può essere preceduta da una reazione acuta (IgEdipendente) nel 45% dei soggetti1,
mentre è isolata nel 12%–19%17 dei
casi suggerendo un meccanismo di
tipo non IgE-mediato. È stato osservato un miglioramento della DA
quando gli alimenti responsabili di
reazioni immediate sono eliminati
dalla dieta18. Nei bambini piccoli sono soprattutto latte e uovo ad essere
implicati, in quelli più grandi e negli
adolescenti con pollinosi potrebbero
essere presi in considerazione gli alimenti implicati nella “pollen-food
syndrome”7. D’altra parte nel considerare il nesso causale tra cibo e DA
occorre tenere presente che alcuni
studi mostrano che l’esito degli SPT
non sempre è utile per prevedere la
comparsa di DA dopo l’assunzione
dell’alimento19 o il miglioramento
delle lesioni cutanee dopo una dieta
di eliminazione8, 20, 21. Questo potrebbe accadere proprio perché è coinvolta una reazione non IgE-mediata.
Nel percorso diagnostico per identificare gli alimenti responsabili delle
reazioni eczematose non è corretto
iniziare diete di eliminazione e protrarle anche per diversi mesi prima di
L’utilità clinica
degli skin prick test (SPT)
nei pazienti con dermatite
atopica (DA) è tuttora
oggetto di grande dibattito.
Pro e contro Il ruolo dei test cutanei per allergeni alimentari nella dermatite atopica
il bambino abbia manifestato una
pregressa reazione anafilattica a un
alimento in associazione alla positività dello SPT.
Test di screening per atopia
I
bambini con uno SPT positivo all’uovo o alle arachidi che non
avevano mai assunto in precedenza questi alimenti sono a rischio di
reazioni immediate anche gravi alla
prima introduzione25, 26, 27. Pertanto,
gli SPT possono essere presi in considerazione soprattutto nei bambini
considerati ad alto rischio (ad esempio
affetti da allergia alimentare25 prima
dell’inserimento dell’alimento nella
dieta. In caso di SPT positivi la prima
somministrazione di uovo o arachide
va condotta in ambiente protetto. I
bambini che sviluppano precocemen-
te IgE per allergeni alimentari hanno
un rischio aumentato di sensibilizzarsi
verso allergeni inalanti nelle epoche
successive28. Inoltre, nei bambini con
DA la positività a un anno di età dello
SPT per l’uovo è associata allo sviluppo di allergopatie respiratorie, come
rino-congiuntivite e asma allergico
all’età di 6 anni29.
Gli spt come strumento
diagnostico per la da
F
ino ad ora non è stato
identificato nessun marker specifico per la diagnosi di DA. La diagnosi infatti si basa principalmente su
una combinazione di caratteristiche
cliniche. Tuttavia, nonostante la positività degli SPT sia annoverata tra
i criteri minori identificati di Hanifin
e Rajka per la diagnosi di DA, non
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
158
Bibliografia
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c’è alcuna evidenza che la positività
degli SPT sia utile per la diagnosi30,
31
. La sensibilizzazione ad allergeni
alimentari può seguire l’insorgenza
di DA, ma può anche precederla e
predirne l’esordio. Inoltre, non è chiara l’esistenza di una correlazione tra
numero di positività riscontrate allo
SPT e la gravità della DA31, 32. Dati
contrastanti sono stati riportati anche sulla correlazione tra presenza di
sensibilizzazione e persistenza della
malattia, mentre studi longitudinali
hanno dimostrato un’ associazione
tra sensibilizzazione persistente e
severità della DA33.
Patch test
I
patch test servono per evocare
una reazione di tipo ritardato.
Dopo l’applicazione epicutanea di
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Pro e contro Il ruolo dei test cutanei per allergeni alimentari nella dermatite atopica
U
n problema nell’esecuzione
dei SPT è legato ai costi dell’esame, anche se essi restano conte-
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•••
Gli SPT consentono
l’identificazione
dei soggetti a rischio
di allergie alimentari
e dell’allergene
potenzialmente scatenante
le riesacerbazioni.
•••
Gli SPT, se eseguiti
da personale non esperto,
possono portare a diete
di eliminazione incongrue,
con conseguenti possibili
carenze nutrizionali,
non escludendo anche
un’eventuale perdita di
tolleranza verso
gli alimenti evitati.
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159
I limiti dei test cutanei
per alimenti
nuti rispetto al dosaggio delle IgE
specifiche sieriche per alimenti. Nel
complesso, un’analisi dei costi/benefici suggerisce che non è consigliabile
effettuare SPT nei bambini con DA
lieve che seguono una dieta libera39.
Gli estratti commerciali utilizzati
per gli SPT per allergeni alimentari
possono non essere standardizzati
per quanto riguarda la potenza o il
quantitativo di proteine o molecole allergeniche maggiori presenti40.
Questo può incidere sulla sensibilità
del test. Gli SPT effettuati con l’alimento fresco sembrano possedere
un’aumentata sensibilità e specificità, in particolare per gli alimenti
di origine vegetale11. Inoltre anche
gli SPT effettuati con le molecole
allergeniche possono incrementare la sensibilità del test. Tuttavia,
gli studi che confrontano la diversa
accuratezza diagnostica degli SPT
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
allergeni, il patch test scatena una
risposte mediata da cellule T. L’esame
immunologico delle biopsie di lesioni
provocate dal patch test mostra inizialmente un modello di citochine
Th2 e dopo 48 ore un modello Th1 come nelle lesioni croniche dell’eczema
atopico34. Nei bambini con eczema atopico è stato evidenziato che la sensibilità, il potere predittivo positivo e
negativo del patch test sono troppo
bassi per poter essere raccomandato
nella pratica clinica quotidiana per la
diagnosi di allergia all’uovo e al latte
vaccino35, 36, 37, 38.
Pro e contro Il ruolo dei test cutanei per allergeni alimentari nella dermatite atopica
•••
eseguiti con estratti commerciali, con
l’alimento fresco o con le componenti
molecolari nei bambini con DA non
sono dirimenti, in quanto dovrebbero
tener conto del fatto che molti pazienti che presentano reazioni allergiche agli alimenti freschi possono
tollerare lo stesso tipo di alimento a
differenti livelli di cottura41. Diverse
spiegazioni possono essere offerte per i limiti legati all’utilizzo dei
patch test35, 36, 37, 38. Una spiegazione
può essere il fatto che i patch test
sono eseguiti in maniera differente
dai gruppi di ricerca da cui è stato
testato. Sono impiegati gli estratti
commerciali piuttosto che l’alimento fresco in quantità comunque non
univoca e coppette di alluminio con
diametri differenti (6,8 e 12 mm)42.
Sono necessari ulteriori studi che
confrontino le diverse metodiche utilizzate per standardizzare la tecnica
e accertarne l’impiego clinico.
Conclusioni
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
160
I
l trattamento cardine della
DA è rappresentato prevalentemente dall’utilizzo di emollienti e
corticosteroidi topici e, meno frequentemente, dalla terapia sistemica. Tuttavia, ci sono evidenze che
in un sottogruppo di pazienti nella
prima infanzia gli alimenti possano scatenare reazioni eczematose a
insorgenza tardiva. L’eliminazione
degli alimenti in causa può portare ‒
in questo ristretto gruppo di casi ‒ a
un miglioramento dei sintomi della DA, ma sempre in combinazione
con un’efficace schema di trattamento topico e, quando necessario, di
terapie farmacologiche. La patogenesi della DA tuttavia, è molto
Considerando
la varietà delle fasi
in cui si manifesta,
la presentazione clinica
della DA dovrebbe essere
il punto di partenza
per guidare il clinico
nella decisione se
effettuare o meno gli SPT.
più complessa per essere ricondotta
unicamente a un’allergia alimentare,
in quanto sia le alterazioni di barriera cutanea che la disregolazione del
sistema immunitario rivestono ruoli
chiave e determinanti nello sviluppo dei differenti endotipi di questa
patologia. I pazienti che rispondono
efficacemente ai trattamenti topici con emollienti e idratanti e con
modeste quantità di corticosteroidi
topici non trovano beneficio da diete di eliminazione, fatta eccezione
per quei casi in cui siano riportate
reazioni allergiche di ipersensibilità
di tipo immediato verso un determinato alimento. Nei bambini con
DA, quindi, gli SPT per gli alimenti
possono essere effettuati per rilevare
una sensibilizzazione IgE-mediata
e stimare il rischio di reazioni immediate dopo la loro assunzione in
particolare per quegli alimenti non
ancora introdotti nella dieta. Una
dieta a breve termine, seguita dalla
reintroduzione dell’alimento secondo uno schema definito e sotto
stretto controllo dello specialista,
dovrebbe essere effettuata nei casi
ove si sospetti l’implicazione di un
allergene alimentare. Una dieta di
eliminazione protratta invece dovrebbe essere prescritta solamente per quegli alimenti che hanno
provocato reazioni avverse durante
il challenge alimentare. Tuttavia
ulteriori studi sono necessari per
chiarire le diverse questioni irrisol-
te e le controversie sulla esecuzione
degli SPT per alimenti nei bambini
con DA, come l’utilità degli SPT
nell’identificazione degli alimenti
che aggravano la patologia, l’accuratezza diagnostica dei test con gli
estratti, l’alimento fresco o con le
componenti allergeniche, oppure
quanto l’evidenza dell’utilità di una
dieta di eliminazione nella prima infanzia possa essere trasposta anche
per altri gruppi di età; infine l’analisi
costo-efficacia dei diversi interventi.
L’esecuzione degli SPT nei bambini con DA può essere di utilità per
identificare o escludere un’allergia alimentare associata e nel riconoscere
quei pazienti con sensibilizzazione
atopica e che richiedono quindi un
follow-up rivolto anche alla diagnosi precoce e alla prevenzione delle
allergopatie respiratorie (Tabella
1). Tuttavia è doveroso rimarcare
che gli SPT non dovrebbero essere
eseguiti ed interpretati da un clinico senza competenze in ambito
allergologico, in quanto una scarsa accuratezza nella pratica clinica
può portare a diete di eliminazione
incongrue e prolungate e potenzialmente pericolose per il paziente,
creando confusione e apprensione
nella famiglia e portando a ulteriori richieste di indagini e visite non
necessarie. Quindi l’appropriatezza
delle indicazioni all’esecuzione degli SPT, ma soprattutto le decisioni successive all’esito dell’indagini,
dovrebbero essere prese da specialisti esperti e guidate dalle evidenze
scientifiche
.
Gli autori
dichiarano
di non avere
nessun conflitto
di interesse.
Caso clinico Titolo articolo anche lungo
In passato, il dolore nel bambino e soprattutto nel neonato/pretermine
è stato spesso sottodiagnosticato e di conseguenza sottotrattato.
Franca Benini1
Egidio Barbi2
Luca Manfredini3
Responsabile Centro Regionale del Veneto
di Terapia Antalgica e Cure Palliative Pediatriche,
Dipartimento di Pediatria, Università degli Studi di Padova
2
Responsabile Unità Sedazione Procedurale
e Terapia Antalgica – Clinica Pediatrica Istituto di Ricerca
Burlo Garofolo, Trieste
3
Responsabile UOS Assistenza domiciliare e Day Hospital
Dipartimento Emato-Oncologia Pediatrica
Referente per il Controllo del Dolore Cronico e le Cure
Palliative Pediatriche - Istituto Giannina Gaslini, Genova
1
Introduzione
N
el 1979 l’International Association for
the Study of Pain adottò la definizione secondo la quale “il dolore è un’esperienza sgradevole sensoriale ed emotiva, associata ad un danno
tissutale reale o potenziale, o descritta nei termini di
tale danno”, sottolineando che il dolore è un’esperienza
complessa, che comprende dimensioni multiple, ma
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
Dolore in Pediatria: miti e verità
161
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Tutto su Dolore in Pediatria: miti e verità
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162
Tabella 1. Il dolore nel pretermine, neonato e bambino: falsi miti e comprovate realtà
MITO
REALTÀ
EVIDENZE
I bambini più piccoli non sentono dolore.
Il sistema nervoso dei bambini è immaturo
e non è in grado di percepire ed esperire il
dolore come negli adulti.
Il sistema nervoso centrale alla 24 settimana
di età gestazionale possiede le capacità
anatomiche e neurochimiche di condurre lo
stimolo doloroso:
• i neonati dalle 36 settimane di età
gestazionale possono sentire e modulare
il dolore;
• i pretermine sentono dolore e in
più hanno immaturità dei sistemi di
modulazione.
Negli ultimi 2 decenni numerosi studi
sperimentali e clinici (anatomici e
biochimici) hanno dimostrato l’esistenza
della percezione del neonato già dalla
24° settimana di gestazione (metà del II
trimestre)
1. le strutture anatomiche e biologiche per
la trasmissione degli impulsi nocicettivi
sono precocemente ben sviluppati;
2. al contrario i sistemi di modulazione
segmentaria e discendente del dolore
mostrano un ritardo nell’organizzazione
neuronale e biochimica.
I bambini sono in grado di tollerare meglio il
dolore rispetto agli adulti.
• I bambini più piccoli esperiscono maggiori
livelli di dolore rispetto a bambini più
grandi
• la tolleranza al dolore aumenta con l’età.
Il SNC immaturo non è in grado di modulare
il dolore. Sono documentati effetti a lungo
termine del dolore in epoca neonatale.
L’assuefazione al dolore può causare danni
anatomici al cervello pretermine .
I bambini si abituano al dolore o alle
procedure dolorose.
I bambini esposti a ripetute procedure
dolorose spesso manifestano un aumento
dell’ansia e della percezione di dolore.
È dimostrato che il dolore (ripetuto e
prolungato):
• amplifica la sensibilità al dolore;
• modifica la capacità di adattamento
postnatale;
• influenza il comportamento alimentare;
• influenza il legame con i genitori.
Studi hanno dimostrato come nei lattanti il
dolore chirurgico non trattato ha portato a:
• aumento delle complicanze cliniche;
• prolungata ospedalizzazione;
• aumento della mortalità.
I bambini non ricordano il dolore.
I bambini sottoposti a ricorrenti stimoli
dolorosi possono sviluppare instabilità
emotiva, difficoltà nello stabilire rapporti
interpersonali, incapacità a tollerare dolore
anche di minima intensità.
La memoria fetale è sostenuta da risultati
di esperienze tipo stimolo/risposta condotte
durante la gravidanza sul feto.È dimostrato
che il neonato (anche se pretermine) ha
la capacità di memorizzare le esperienze
dolorose:
• la sensibilità del neonato al dolore è più
profonda rispetto al bambino più grande;
• alto livello di plasticità del SNC
poiché in stato di attivo sviluppo: le
esperienze dolorose possono influenzare
l’architettura finale del cervello adulto;
• la memoria del dolore si immagazzina
nel SNC del bambino e ne condiziona le
successive reazioni al dolore.
Il dolore è una esperienza “soggettiva” e
quindi non può essere realmente misurato.
La severità del dolore può essere misurata
grazie all’utilizzo di scale differenziate a
seconda dell’età del bambino.
I bambini non sono in grado di spiegare
dove sentono male.
I bambini possono non essere in grado di
esprimere il dolore nella stessa maniera degli
adulti. Comunque con l’utilizzo corretto di
scale di assessment, i bambini sono in grado
di esprimere ed identificare il dolore.
Il comportamento dei bambini riflette
l’intensità del loro dolore.
I bambini sono unici nel loro modo di far
fronte al dolore. Il comportamento dei
bambini non è un indicatore specifico del
loro livello di dolore.
La somministrazione di farmaci analgesici
può causare essa stessa dolore.
Attualmente ci sono a disposizione farmaci
con buon effetto analgesico somministrabili
per os o per via intranasale o rettale.
L’utilizzo di farmaci oppiacei nel bambino
può creare dipendenza.
Non ci sono evidenze che i bambini ai quali
sono stati somministrati oppiacei a scopo
terapeutico siano diventati dipendenti.
Il rischio di depressione respiratoria nel
bambino utilizzando oppiacei è maggiore
del beneficio.
Il rischio di depressione respiratoria nel
bambino è simile a quello degli adulti.
Studi hanno mostrato che i bambini di tre
anni possono usare in modo accurato le scale
del dolore.
Studi clinici hanno dimostrato che il rischio
di depressione respiratoria è < 0,1% nel
bambino e < 0,09% nell’adulto.
Tutto su Dolore in Pediatria: miti e verità
L
a classificazione più frequentemente usata
del dolore si basa sulla sua durata e sulla sua fisiopatologia2, 15–18.
Forma acuta
Una volta definito semplicemente in termini di
durata (< 3 mesi), attualmente è visto come “un’esperienza
spiacevole con aspetti sensoriali, emozionali e cognitivi,
che avviene in risposta a un trauma tessutale”. A differenza del dolore cronico, di solito è associato a una
patologia ben riconoscibile e significativa, e si risolve con
la guarigione della malattia che lo genera. Generalmente
è di tipo nocicettivo, ma può essere anche neuropatico.
Presenta le seguenti caratteristiche:
durata limitata, si accompagna a notevole reazione
di stress (con risposta ormonale) che provoca effetti
fisiologici ed emozionali negativi;
importante funzione biologica di campanello d’allarme (mettere in guardia contro la possibilità o
l’estensione di un danno);
·
·
e a risposte neurovegetative;
cause: traumi, interventi chirurgici, procedure mediche, stati acuti di malattia.
Stimolazioni dolorose ripetute anche brevi possono
indurre delle modificazioni neuronali (rimodellamento) che inducono l’instaurarsi di dolore cronico, favorito
anche dall’assumere alcuni comportamenti (posture anomale, sedentarietà eccessiva).
·
Forma cronica
Se prima veniva definito in base alla durata di 3/6
mesi dal momento dell’insorgenza o del previsto periodo
di guarigione, attualmente si tende a distinguerlo come
dolore che “perdura oltre il previsto periodo di guarigione e si associa a livelli identificabili di malattia che
spesso sono bassi e insufficienti a spiegare la presenza
e/o l’estensione del dolore”. Cessa di avere un significato
protettivo e di adattamento, ma piuttosto peggiora lo
stato di salute e le capacità funzionali. Caratteristiche
peculiari sono:
perpetuato da fattori non collegati alla causa scatenante;
poco associato a iperattività neurovegetativa;
accompagnato da importante componente emotiva
(irritabilità, isolamento sociale, depressione) e alterazione del ritmo circadiano (disturbi del sonno),
disturbi dell’alimentazione;
cause: patologie croniche (oncologiche, reumatiche,
dolori intercorrenti, fibromialgia, neuropatia);
A volte il dolore cronico compare senza alcuna causa
apparente. Altre volte è scatenato da un danno iniziale,
ma è perpetuato da fattori patogenetici e fisici non collegati ad esso.
·
·
·
·
Forma episodica o ricorrente
È caratterizzato da:
accessi intermittenti per un lungo periodo di tempo, con periodi liberi dalla sintomatologia algica;
crisi dolorose variabili per qualità, intensità e frequenza nel tempo, essendo pertanto imprevedibili;
difficilmente distinguibile dalla forma “acuta intermittente”, ma con impatto più severo sul benessere
psico-fisico del bambino.
Esempi: emicrania, dolore da crisi falcemica, dolore
addominale ricorrente.
·
·
·
163
Classificazione del dolore
solito proporzionale al grado di danno tessutale,
· discompare
con la risoluzione del danno;
spesso
associato
a riflessi di protezione (retrazione
· dell’arto leso, paralisi
antalgica, spasmo muscolare)
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
soprattutto è un’esperienza soggettiva, il miglior giudice della quale è il paziente stesso 1. L’incapacità di
comunicare verbalmente (per età e/o patologia) può
limitare la possibilità di “dire” e “chiedere” per il proprio
dolore ma non deve togliere e/o limitare un corretto
approccio analgesico.2 Nel passato, il dolore nel bambino e soprattutto nel neonato/pretermine è stato spesso
sottodiagnosticato e di conseguenza sottotrattato. Falsi
miti (Tabella 1) hanno pesantemente condizionato l’approccio al bambino con sintomatologia dolorosa, sia in
ambiente ospedaliero sia in ambito domiciliare. Solo
negli ultimi 30 anni, grazie a “rivoluzionarie” scoperte
in ambito pediatrico, neonatale e fetale, l’atteggiamento
nei confronti della gestione del dolore presenta evidenti
miglioramenti, anche se, purtroppo, timori immotivati
circa l’uso di alcune classi di farmaci (oppioidi maggiori) non permette ancora di controllare efficacemente la
sintomatologia dolorosa in alcuni pazienti e in alcune
situazioni cliniche3–13. Proprio per tale motivo, la legge
38/2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”14 sancisce che le
strutture sanitarie che erogano terapia del dolore e cure
palliative assicurino un programma di cura individuale
per il malato e per la sua famiglia (con particolare attenzione al mondo pediatrico).
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Tabella 2. CLASSIFICAZIONE FISIOPATOLOGICA del DOLORE
TIPO di DOLORE
ORIGINE dello STIMOLO
LOCALIZZAZIONE
CARATTERISTICHE
RIFERIMENTO / IRRADIAZIONE
del DOLORE
Ben localizzato.
Solitamente acuto (possibile
bruciore e prurito).
Nessuno.
Nocicettori delle ossa,
articolazioni, muscoli e
tessuto connettivo.
Solitamente ben localizzato
con dolorabilità alla
palpazione.
Solitamente sordo, con
indolenzimento o lancinante.
In alcuni casi il dolore è riferito alla
cute sovrastante.
Nocicettori degli organi
interni
(cuore, polmoni, tratto
gastroenterico, fegato,
pancreas, pleura, peritoneo,
reni, vescica).
Difficilmente localizzato,
diffuso. La palpazione
della zona sovrastante può
suscitare un concomitante
dolore somatico.
Solitamente vago, sordo,
con indolenzimento, crampi,
tensione, pressione profonda,
spasmi, contrazione o coliche.
Sono spesso presenti nausea,
vomito e sudorazione.
In alcuni casi il dolore proveniente
dall’organo malato è trasmesso
alle stesse radici con localizzazione
cutanea. Può esserci irradiazione
del dolore viscerale, ma non con
distribuzione nervosa diretta.
MONO/POLI-NEUROPATIE
Causato da danno del nervo
affetto
(qualsiasi lesione presente
a qualsiasi livello tra le
terminazioni libere ed il
ganglio della radice dorsale).
Dolore lungo il decorso del/i
nervo/i periferico/i.
Difficile da descrivere. Viene
indicato con parole diverse:
bruciore, pizzicore, dolore
pungente; acuto o a scosse.
Il dolore può essere persistente
o ricorrente.
Percepito all’interno del territorio
di innervazione del nervo
danneggiato. Possono esserci
radiazioni anormali.
DEAFFERENTAZIONE
Dovuto alla perdita dello
stimolo afferente
(lesione tra il ganglio della
radice dorsale ed il rispettivo
terminale centrale).
Localizzazione - segmentale
o diffusa (tutto/metà/parte
corpo).
Segni/sintomi simili a
quelli presenti nelle mono/
polineuropatie.
CENTRALE
Causato da una lesione
Due forme:
primaria o da una disfunzione • disestesia generalizzata
del SNC
“bambino intoccabile”
(lesione determinatasi a livello • disestesia “a mosaico”
del SNC compreso tra il corno
(non “livello
dorsale del midollo spinale
neurologico”).
fino alla corteccia).
NOCICETTIVO
SOMATICO
Lo stimolo
nocicettivo
è evidente
superficiale Nocicettori di cute, sottocute,
membrane e mucosa.
profondo
VISCERALE
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
164
NEUROPATICO
“Se sappiamo che il dolore e la sofferenza
possono essere alleviati e, nonostante questo, non facciamo niente,
allora noi stessi diventiamo dei carnefici” Primo Levi
Dolore procedurale
Caratteristiche peculiari sono:
causato da procedure invasive diagnostiche e terapeutiche;
è prevedibile e quindi può essere profilassato;
si accompagna a notevole impatto emotivo (ansia,
paura, stress).
·
·
·
Dolore terminale
Sintomatologia che accompagna la terminalità
di patologie inguaribili, è definito “dolore totale” e deve
essere considerato la somma della componente puramente
fisica, degli effetti collaterali delle terapie (come la nausea
e il vomito), della perdita di capacità fisiche e della sofferenza psico-affettiva (solitudine, incertezza per il futuro,
ansia, depressione, irritabilità, rabbia, paura della morte).
Classificazione basata sulla fisiopatologia
Da un punto di vista eziopatogenetico possiamo
distinguere differenti tipi di dolore: nocicettivo, neuropatico, psicogeno e misto (Tabella 2)2, 15–18. La distinzione
clinica è estremamente utile per impostare un differente
approccio terapeutico.
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Nessuna.
• Ascessi;
• trauma superficiale (tagli e contusioni);
• ustione superficiale (chimica o termica);
• dolore post-operatorio.
Nessuna.
• Fratture;
• crampi muscolari;
• dolore osseo da metastasi;
• artrite;
• tendinite;
• episodi vaso-occlusivi falcemici.
Nessuna.
• Colica;
• Appendicite;
• distensione vescicale;
• acidità gastrica o stipsi;
• stiramento della glissoniana da metastasi
epatiche;
• stiramento della pleura per pleurite
(polmonite o TBC).
Il dolore è associato ad
una disfunzione sensoriale
precisamente localizzata
(disestesia, ipoestesia,
iperestesia ed allodinia).
Possono essere presenti
parossismi tipo scosse
elettriche.
• Malattie metaboliche (diabete);
• tossicità (chemioterapici);
• infezioni (HIV, VZV: nevralgia postherpetica);
• trauma;
• intrappolamento del nervo (sindrome del
tunnel carpale);
• malattie autoimmuni;
• malattie ereditarie.
Segni/sintomi simili a
quelli presenti nelle mono/
polineuropatie.
• Dolore da arto fantasma;
• dolore post-toracotomia.
• Ischemia (ictus);
• Tumori;
• trauma (lesione midollare);
• siringomielia;
• demielinizzazione;
• dolore associato a sclerosi multipla.
Dolore nocicettivo
È provocato dall’attivazione dei nocicettori in
risposta a uno stimolo nocivo (es. trauma, patologia,
flogosi). Si distingue in viscerale (originato negli organi viscerali) e somatico (originato dalle strutture
non viscerali), a sua volta distinto in superficiale (da
cute, sottocute, membrane mucose) e profondo (da
muscoli, tendini, articolazioni, fasce, ossa) 19–21. Diversamente che nel dolore neuropatico, la percezione
dolorosa è strettamente correlata all’intensità dello
stimolo e indica la presenza di un danno tessutale
reale o potenziale.
Dolore neuropatico
Il dolore neuropatico origina da anomalie della
trasmissione degli impulsi secondarie a lesioni (traumatiche, ischemiche, infettive, tossiche) disfunzioni
·
·
·
·
·
·
165
ESEMPI
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
DISFUNZIONE SENSORIALE
(metaboliche o condizioni immunomediate) del sistema
nervoso periferico o centrale22–24. Viene anche definito
“dolore patologico”, in quanto non ha una funzione di
allarme, ma rappresenta la malattia. Quando si determinano delle modificazioni fisiopatologiche svincolate
dall’evento causale iniziale, può instaurarsi uno stato di
cronicità del dolore. Questo fenomeno consegue a un
processo di sensibilizzazione centrale (“centralizzazione”
del dolore) scatenata da una lesione nervosa, che porta
a modificazioni nel sistema nervoso centrale destinate
a persistere indefinitamente. Si spiega così perché il
dolore neuropatico è spesso sproporzionato rispetto allo
stimolo (iperalgesia, allodinia) o si presenta anche in assenza di stimoli riconoscibili (dolore persistente, dolore
diffuso). Caratteristiche sensoriali comuni estremamente
suggestive di origine neuropatica della sintomatologia
dolorosa sono:
iperalgesia: aumento della risposta a uno stimolo
normalmente doloroso (tattile o termico – soprattutto se freddo), con ridotta soglia di percezione
del dolore; si distingue in:
- primaria: se il dolore è sentito nella sede dov’è
applicato lo stimolo (dovuto alla liberazione
di metaboliti algogeni); l’anestesia locale della
zona abolisce la risposta dolorosa;
- secondaria: si riscontra in zone non direttamente interessate dal danno tessutale, le cui
fibre afferenti convergono sugli stessi neuroni
sui quali terminano le fibre afferenti della zona
del danno tessutale. In genere la zona d’iperalgesia secondaria circonda quella di iperalgesia
primaria. L’anestesia locale della zona d’iperalgesia secondaria non abolisce la risposta dolorosa che, invece, è abolita dall’anestesia della zona
d’iperalgesia primaria.
ipoestesia: ridotta sensibilità ad uno stimolo;
disestesia: alterazione (spontanea o provocata)
spiacevole della normale sensibilità;
parestesia: sensazione anormale (formicolio, pizzicore o torpore) spontanea o provocata da uno
stimolo solitamente non spiacevole;
iperpatia: risposta abnormemente dolorosa ed esagerata a uno stimolo, specie se ripetitivo;
allodinia: percezione dolorosa di uno stimolo normalmente innocuo (es. toccare delicatamente una
zona provoca una sintimatologia dolorosa intensa).
Se presente permette di essere certi della componente neuropatica.
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Tabella 3. TERAPIA FARMACOLOGICA – Classificazione oms
Classe
Meccanismo d’azione
FARMACO
Dosaggio
FARMACI ANTALGICI
I gradino
II gradino
Paracetamolo
• Blocco centrale prostaglandine
(comprese le COX-3);
• interazione con sistema
oppioidergico (recettori µ1 e k);
• modulazione del sistema
endocannabinoide;
• modulazione del sistema
serotoninergico (aumento tono) ;
• azione sui recettori NMDA spinali;
• inibizione della ossido nitricosintetasi (azione antiradicalica).
FANS
• Blocco centrale prostaglandine;
• blocco periferico prostaglandine;
• inibizione rilascio mediatori
infiammazione.
OPPIOIDI DEBOLI
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OPPIOIDI FORTI
Antagonista
degli Oppiodi
Agonisti oppiacei parziali
• Blocco presinaptico
nella neurotrasmissione spinale;
• modulazione effettiva stimolazione
vie inibitorie discendenti;
• effetto periferico;
• effetto inibitorio risposta immune.
Si lega avidamente (spiazzando
il farmaco agonista) al recettore
per l’oppioide non esercitando attività
terapeutica.
os: 20 mg/kg start, poi15 mg/kg ogni 4 ore
rettale: 40 mg/kg start, poi20 mg/kg
ogni 6 ore
ev: 15 mg/Kg/dose (1,5 ml/kg/dose)
dose max: 90 mg/kg/die
(60 mg/kg/die se fattori di rischio
o se tempi >48 ore)
antidoto: N-acetil-cisteina
Potenza
bassa
IBUPROFENE
os: < 6 mesi: 5 mg/kg/6–8 h
>6 mesi: 7,5 mg/kg/6–8 h
rettale: supposta da 60 mg
> 6 kg/8 hr
supposta da 125 mg> 12 kg/8 hr
dose max: 40 mg/kg/die
non utilizzare < 3 mesi
KETOPROFENE
os, rettale o ev: 2–3 mg/kg ogni 8 ore
(oppure 6 mg/kg/ 24 ore ev in i.c)
dose max: 9 mg/kg/die
media
NAPROXENE
os: 5–10 mg/kg ogni 8–12 ore
dose max: 20 mg/kg/die
alta
KETOROLAC
TROMETAMINA
os: 0,2 mg/kg (max 10 mg) ogni 2– 3 ore
ev, im: 0,5 mg/kg start, poi 0,2– 0,3 mg/kg
ogni 4–6 ore
dose max: 3 mg/kg/die
INDOMETACINA
os, ev: 1 mg/kg ogni 8 h
dose max: 3 mg/Kg/die
CODEINA
(utilizzata in
associazione
con il paracetamolo)
os, rett: 0,5–1 mg/kg ogni 4–6–8 h
ATTENZIONE:
– non deve essere usata in bambini < 12 aa
– non deve essere usata in tutti nei pazienti
con età compresa tra 12 e 18 aa che:
– sono stati sottoposti ad interventi
di tonsillectomia e/o adenoidectomia;
– sono noti per essere metabolizzatori
CYP2D6 ultra-rapidi;
– hanno una compromissione
della funzionalità respiratoria;
– deve essere usata alla dose minima efficace
per il più breve periodo di tempo.
TRAMADOLO
os: 0,5–1 mg/kg ogni 4–6–8 h
ev: 1 mg/kg ogni 3–4 h o 1,5 mg/kg ogni 6h;
infusione continua 0,3 mg/kg/h
MORFINA
CLORIDRATO (ev): bolo 0,05–0,1 mg/kg ogni
2–4 h;
infusione continua 0,02–0,03 mg/kg/h
SOLFATO (os): rapido rilascio: 0,15–0,3 mg/kg
ogni 4 h
lento rilascio: 0,3–0,6 mg/kg ogni 8–12 h
OXICODONE
os: 0,1–0,2 mg/kg ogni 8–12 h
FENTANIL
ev: bolo 0,001–0,002 μg/kg/h (max 5 gamma/
kg in respiro spontaneo);
infusione continua 0,001 μg/kg/h
intranasale
METADONE
os: 0,05–0,1 mg/kg ogni 8–12 h (schema
posologico da modificare in rapporto
alla durata della terapia)
NALOXONE
Vomito incoercibile, prurito: 1–2 µg/ kg ev
seguito da infusione ev di 1–2 µg/ kg/ ora
Depressione respiratoria: da 4 a 10 µg/ kg ev
L’effetto può essere transitorio, per cui
il paziente deve essere attentamente
monitorato.
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Tabella 3. TERAPIA FARMACOLOGICA – Classificazione oms (segue)
Classe
Meccanismo d’azione
FARMACO
Dosaggio
Blocco della depolarizzazione
della membrana presinaptica,
impedisce lo sviluppo del potenziale
d’azione.
LIDOCAINA 1%
dose massima 5–6 mg/kg – 0,5 ml/kg
meno dolorosa se tamponata
con sodio bicarbonato 1:10
EMLA
emulsione eutectica di
lidocaina
2,5% e prilocaina
2,5% base
2 g circa di crema e si copre l’area
con bendaggio semipermeabile
per almeno 60 minuti.
Effetto analgesico dura almeno per
1 ora dopo rimozione bendaggio
Soppressione scarica neuronale
CARBAMAZEPINA
4 mg/Kg/die, fino a 10 mg/Kg/die
in 2 sottodosi
Stabilizzatori di membrana
antagonizzano la trasmissione nervosa
GABAPENTINA
8-35 mg/kg/die in tre dosi
AMITRIPTILINA
1/5 dose Gabapentina
in 2 somministrazioni/die
Anestetici locali
Per infiltrazione
locale,
per irrigazione
di mucose,
per assorbimento
transdermico
o per blocchi nervosi
centrali e periferici.
Azione:
1.
producono
analgesia
(utili
nel controllo
del dolore
neuropatico)
2.
Potenziano
effetto
oppioidi
3.
Contrastano
effetti
indesiderati
oppioidi
ANTI DEPRESSIVI
Efficaci nella componente disestesia –
allodinia
arto fantasma
disturbi del sonno dovuti al dolore
AMITRIPTILINA
Dose iniziale 0,2–0,4 mg/Kg/die
serale (aumentabile del 25%
ogni 2–3 giorni
fino a 1–2 mg/Kg)
BENZODIAZEPINE
• Ansiolisi;
• amnesia;
• ridotta tensione muscolare.
DIAZEPAM
0,05-0,2 mg/Kg/dose ogni 4–6 ore
LORAZEPAM
0,05-0,2 mg/Kg/dose ogni 4–6 ore
sedazione e amnesia
(sedazione procedurale)
Rapidità d’azione
(ev: 2–3 min, os: 10-15 min) ed emivita
breve
antagonista: Flumazenil: 0.02mg/dose
MIDAZOLAM
os: 0.2–0.5 mg/kg
endonasale: 0.2–0.5 mg/kg
rettale: 0.25–0.5 mg/kg
im: 0.1–0.5 mg/kg
ev: (1m-5aa) 0.05-0.1 mg/kg
(6aa–12aa) 0.025–0.05 mg/kg
Vantaggi se co-somministrato
con altri farmaci (es. Fentanest,
Propofol, Ketamina)
NEUROLETTICI
rischio di reazioni
extrapiramidali
(distonie e acatisia).
• Agitazione
• nausea – vomito.
analgesico, antiemetico, antipsicotico
CLORPROMAZINA
os: 0,5 mg/Kg/dose ogni 4–6 ore
CORTISONICI
ANTISTAMINICI
PROMETAZINA
os: 1 mg/Kg/dose ogni 4–6 ore
ALLOPERIDOLO (> 3
anni)
os: 0,05–0,075 mg/Kg/die
in due-tre dosi
• Aumento della pressione intracranica;
• compressione spinale / nervo
• metastasi ossee;
• nausea – vomito.
DESAMETASONE
Edema cerebrale: carico di 0,1–0,2
mg/kg, poi 0,1-0,15 mg/kg /die
diviso in 4 dosi (max: 4 mg/dose)
sia os che ev
• Prurito severo
• nausea, vomito
• sedazione.
IDROSSIZINA
os: 0,5–1 mg/kg/dose ogni 8 h
Dolore psicogeno
Il dolore di origine psichica deriva dall’anomala interpretazione dei messaggi percettivi normalmente
avviati e condotti2, 25, 26. A seconda delle differenti caratteristiche e dei vantaggi secondari (consci o inconsci)
che il bambino/adolescente tenta di ottenere, possiamo
distinguere 3 differenti tipologie:
somatoforme o psicosomatico: espressione fisica di
un problema psicologico. Rappresenta un mezzo
incosciente tentativo di uscire dal disagio;
fittizio o “consapevole inganno”: dentro un quadro di disagio rappresenta un mezzo cosciente di
“richiesta di aiuto” al fine di ottenere vantaggi secondari (ad esempio la perdita scolastica). Caratteristica di questa tipologia di dolore psicogeno è
·
·
·
la discrepanza tra il racconto del paziente e l’obiettività clinica riscontrata durante l’esame obiettivo;
Sindrome di “Münchausen by proxy”: i genitori, o
inventando sintomi e segni che i propri figli non
hanno (presunto “dolore” del bambino) o procurando loro sintomi e disturbi (ad esempio somministrando sostanze dannose), li espongono ad accertamenti, esami, interventi inutili e alcune volte
dannosi (soprattutto dal punto di vista psicologico).
La predisposizione di una documentazione clinica
“ricca” che viene esibita a frequenti consulti con vari
specialisti (“Doctor shopping”) e la grande familiarità con termini medici sono caratteristiche peculiari
di questa situazione, creata, mantenuta e utilizzata
dal genitore per attirare l’attenzione su di sé.
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
ANTI
CONVULSIVANTI
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Farmaci audiuvanti
Utili
nella gestione
del dolore
cronico
(Neuropatico)
/o terminale
Tutto su Dolore in Pediatria: miti e verità
“Il dolore passa, l’aver sofferto mai” Frederik Jacobus Johannes Buytendijk
“La valutazione del dolore ed il suo trattamento sono indipendenti,
ma ciascuno dei due aspetti è sostanzialmente inutile senza l’altro”
Myron Yaster
Dolore misto
Vi può essere coesistenza di dolore nocicettivo e
neuropatico, presentandosi con segni e sintomi evocativi
di interessamento somatico, viscerale e neuropatico insieme o separatamente in momenti diversi.
Valutazione del dolore
L
a terapia del dolore non può prescindere
dalla valutazione dello stesso. Misurare il dolore è
il primo passo per poter riconoscere e quindi alleviare la
sofferenza2,15-17. Durante la raccolta dell’anamnesi, attraverso domande rivolte direttamente al bambino (quando
possibile per età e patologia) e/o ai genitori, è importante
mettere in luce:
precedenti esperienze dolorose e risposte messe in atto
situazione affettiva e familiare
descrizione del dolore attuale (sede, andamento, situazioni esacerbanti e limitanti, risposta ai farmaci)
e modificazione del ritmo circadiano e della qualità
della vita (sonno, gioco, alimentazione, scuola, relazioni con familiari e amici).
Un sistema rapido per memorizzare quali caratteristiche del dolore occorre cercare è il sistema PQRST (acronimo di Provocazione, Qualità, iRradiazione, Severità,
Tempo) che prende in esame:
1. Provocazione (Provocation/Palliation): da cosa è
provocato il dolore? Che cosa lo fa peggiorare?
Che cosa lo fa migliorare?
2. Qualità (Quality/Description): che tipo di dolore
è? A cosa assomiglia?
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
168
·
·
·
3. iRradiazione (Region/Radiation): dove è il dolore?
Dove si irradia?
4. Severità (Gravità) (Severity/Scale): quanto è forte?
Qual è la misura del dolore?
5. Tempo (Timing/Type of Onset): c’è sempre o va
e viene? Da quanto tempo dura?
L’attenta raccolta di informazioni sul dolore provato
ne facilita la diagnosi (tipologia di dolore: nocicettivo vs
neuropatico vs psicogeno) e quindi dà maggiori possibilità
di riuscita al trattamento. È quindi importante consentire al paziente, per quanto possibile per età e condizioni
cliniche, e/o ai suoi genitori di “narrare” l’esperienza dolorosa vissuta.
La misurazione del dolore (renderlo quantificabile
utilizzando strumenti adeguati, efficaci e validati dalla
letteratura) permette di:
valutare il livello di dolore attuale del bambino;
analizzare l’andamento del dolore nel tempo;
scegliere l’approccio analgesico più adeguato;
monitorare gli effetti del trattamento scelto;
utilizzare un “linguaggio comune” tra operatori
sanitari per un approccio condiviso nella gestione
del dolore (la misurazione del dolore deve produrre
dei valori numerici confrontabili).
La misurazione del dolore deve essere effettuata
tenendo conto della dimensione soggettiva, di quella
comportamentale e di quella fisiologica. La dimensione
soggettiva è considerata il gold standard irrinunciabile, a
meno che limiti d’età, fisici o intellettivi ne impediscano
l’applicazione. Le dimensioni comportamentale e fisiologica si rivelano essenziali nelle situazioni in cui non
si può ricorrere all’autovalutazione del dolore. Molti gli
·
·
·
·
·
Scala FLACC
Faccia
0
1
2
Espressione neutra
Smorfie saltuarie, sopracci aggrottate
Tremolio del mento frequente,
mandibola serrata
Gambe
Rilassate, in posizione normale
Muscoli contratti, movimento continuo
Gambe fisse, retratte
Attività
Tranquillo, in posizione normale,
si muove facilmente
Irrequieto, agitato, si gira da un lato
all’altro
Rigido, inarcato, movimenti spasmodici
Pianto
Non piange (sveglio o addormentato)
Geme, si lamenta occasionalmente
Piange, urla, singhiozza
Consolabilità
Tranquillo, rilassato
Rassicurato dal contatto e dalle parole,
distraibile
Difficilmente consolabile, non si calma
Tutto su Dolore in Pediatria: miti e verità
strumenti a disposizione, ma nessuno valido in assoluto
per tutta l’età pediatrica. La scelta infatti varia in rapporto
a fattori diversi quali età, fase di sviluppo cognitivo, comportamentale e relazionale, situazione clinica, farmacologica, emozionale e logistica, nonché culturale e sociale. I
metodi algometrici in uso per l’età pediatrica si possono
suddividere in due gruppi:
• scale oggettive o di eterovalutazione: persone diverse dal bambino (genitori/operatori sanitari) danno
una misurazione del dolore provato dal bambino
stesso attraverso la valutazione delle risposte comportamentali e dei parametri fisiologici;
scale soggettive (self-report) o di autovalutazione:
costituiscono il gold standard. Si tratta di metodi di
valutazione che si basano sulla descrizione verbale
o analogica che il paziente riesce a dare del proprio
dolore: I limiti sono posti soprattutto dall’età del
paziente (> 4 anni) e dalle sue capacità cognitive e
comunicative28, 29.
Sono state individuate, fra le molte a disposizione, tre
scale algometriche che per efficacia, efficienza e applicabilità, risultano le più indicate per la misurazione del dolore
nel bambino competente, da 0 a 18 anni27:
scala FLACC per bambini < 3 anni, o per bambini che per deficit motori o cognitivi non possono
fornire una valutazione soggettiva del dolore;
Scala faccette di Wong Baker.
Bambino di età > 3 anni.
Scala numerica.
Bambino di età ≥ 8 anni.
·
con le facce di Wong-Baker per bambini > 3
· scala
anni;
scala numerica per bambini ≥ 7 anni.
·
Le scale di misurazione del dolore, le loro indicazio-
ni e gli accorgimenti che devono essere applicati nel loro
utilizzo sono indicati nella Tabella 3. In caso di dubbio,
si possono usare anche due metodi. Nel bambino con
handicap neuromotorio, oltre all’utilizzo di particolari
scale algometriche, si può ricorrere alla eterovalutazione da parte dei genitori ed eventualmente, in caso di
dubbio, alla valutazione dei parametri fisiologici30, 31 32.
Il dolore deve essere valutato (obbligo secondo la legge
38/2010):
·
N-Pass
Sedazione
Normale
Dolore / agitazione
-2
-1
0
1
2
Pianto
Non pianto con simoli
dolorosi
Minimo pianto con
gli stimoli dolorosi
Pianto adeguato
Fasi di irritabilità
o pianto
Pianto acuto o
silenzioso continuo
Irritabilità
Rilassate, in posizione
normale
Comportamento
Non risposte a
qualsiasi stimolo
Minime risposte
agli stimoli
Stato
Nessun movimento
spontaneo
Piccoli movimenti
spontanei
Espressione
facciale
Bocca distesa nessuna
espressione
Estremità
Inquieto, si dimena
Si inarca, contorce,
scalcia
Appropriato
per l’età
gestazionale
Si sveglia presto
Costantemente sveglio
o sonno inquieto con
frequenti risvegli (non
sedato)
Minima espressione
alla stimolazione
Rilassata appropriata
Qualsiasi espressione
di dolore intermittente
Qualsiasi espressione
di dolore continuo
Grasp assente
Grasp debole
Mani e piedi rilassati
Fasi intermittenti di
mani a pugno o tese
Mani a pugno tese o
flesse continuamente
Tono
Tono flaccido
Ipotono
Tono normale
Corpo non teso
ipertono, corpo teso
Segni vitali
Nessuna variazione
con gli stimoli
Variazione del 10–20%
rispetto al basale
Variazione > 20%
rispetto al basale
FC, FR, PAS, SaO2
Iperventilazione o
apnea
SaO2 76–85%
con la stimolazione
ma rapido recupero
SaO2 < 75% con la
stimolazione – lenta
ripresa
Fuori sintonia con
ventilatore meccanico
Variazione < 10%
rispetto al basale
con stimoli
All’interno del range
di riferimento
o normale per EG
Score superiore a 3 indica dolore-moderato; score da -10 a -2 sedazione lieve; da -5 a -10 sedazione profonda.
Correzione dello score in relazione alla prematurità:
+3 se età gestazionale < 28 settimane/età corretta; +2 se età gestazionale 28-31 settimane; +1 se età gestazionale 32/35 settimane età/corretta.
169
Non irritabile
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
Criteri
Tutto su Dolore in Pediatria: miti e verità
il bambino presenta situazioni cliniche che
· quando
possono determinare dolore;
quando
bambino dice di avere dolore;
· quando ili genitori
dicono che il loro figlio prova
· dolore;
il paziente viene ammesso in reparto o· quando
spedaliero e servizio ambulatoriale o in Pronto
·
·
·
·
Soccorso (rilevazione da considerare in triage di
pari importanza a quella dei parametri vitali);
in ospedale almeno una volta al giorno (in assenza
di cause oggettive di dolore);
prima e dopo interventi dolorosi (procedure-manovre diagnostico-terapeutiche);
durante la somministrazione di farmaci analgesici;
dopo la sospensione di farmaci analgesici.
Trattamento del dolore
I
n ambito pediatrico, le possibilità d’intervento
terapeutico antalgico sono molteplici e vanno usate in
maniera combinata: la terapia può essere eziologica (mirata
a togliere, quando possibile, la causa del dolore); farmacologica (basata sull’uso di farmaci specifici) e non farmacologica (psicocomportamentale e fisica)2, 15–17, 33. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stabilito una scala
graduata d’interventi in base alle caratteristiche e all’entità
del dolore: le indicazioni all’uso dei non oppioidi (paracetamolo e FANS ‒ farmaci antinfiammatori non steroidei)
sono state puntualizzate, l’efficacia dei farmaci adiuvanti è
stata ormai confermata, le paure legate alla dipendenza e
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
170
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injury affect biobehavioral pain responses
in very low birth weight infants at 32
alla tolleranza dei farmaci narcotici in età pediatrica sono
state ridimensionate34, 35. Peraltro, il bambino (e soprattutto
il neonato) è un paziente particolare: per molte molecole,
infatti, presenta notevoli differenze farmacocinetiche che
cambiano continuamente in rapporto all’età e alle condizioni cliniche. A differenza dell’adulto, per il quale esiste
un dosaggio valido in assoluto, in ambito pediatrico la dose
va stabilita prendendo in considerazione tutte le variazioni
funzionali degli organi nei vari stati maturativi e quindi va
stabilita in base al peso e all’età, o alla superficie corporea.
L’impostazione di un programma terapeutico farmacologico non può prescindere da alcune considerazioni. Innanzitutto la scelta terapeutica deve valutare l’entità del dolore,
e scegliere il farmaco adeguato per potenza analgesica. Il
dolore è classificato secondo l’OMS in lieve, moderato
e forte; per ciascun livello d’intensità, sono indicati dei
farmaci, adeguati per potenza analgesica (scala analgesica
OMS) secondo un principio di gradualità d’intervento. Il
primo gradino è quello del dolore lieve e prevede l’uso di
un farmaco analgesico non oppioide. Il secondo gradino è
quello del dolore moderato e severo nel quale gli oppioidi,
con o senza associazione di paracetamolo e FANS (associati eventualmente ai farmaci adiuvanti), sono l’indicazione
terapeutica (principio “secondo la scala”).
In secondo luogo, la scelta terapeutica (analgesici non
oppioidi, oppioidi, adiuvanti e anestetici locali) deve valutare sia la tipologia del dolore (nocicettivo, neuropatico,
psicogeno, misto...) che le condizioni cliniche (eventuali
deficit di metabolizzazione e/o eliminazione), la durata
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Tutto su Dolore in Pediatria: miti e verità
Analgesici oppioidi
Hanno meccanismo d’azione complesso mediato
dall’interazione con siti recettoriali ubiquitari, che determina sia gli effetti terapeutici (analgesia, euforia, ansiolisi,
attenuazione di tutte le risposte integrate all’attivazione
del sistema nocicettivo) che quelli collaterali. Tolleranza, dipendenza fisica e psichica, depressione respiratoria
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Analgesici non oppioidi
Gli analgesici non narcotici costituiscono una
classe assai eterogenea di sostanze con meccanismi d’azione diversi. Una parte degli effetti terapeutici ‒ e anche
di quelli indesiderati ‒ dipende dall’interazione inibitoria
con il metabolismo dell’acido arachidonico durante la
sintesi delle prostaglandine. Accanto a questa, svolgono
anche un’azione centrale e periferica modulando, direttamente o indirettamente in senso negativo, la progressione
dello stimolo nocicettivo. In ambito pediatrico, in realtà,
la prescrizione di tali molecole è soprattutto secondaria agli effetti antipirettici e antiflogistici, mentre scarse
sono le indicazioni in ambito antalgico. I farmaci più
importanti di questa categoria sono il paracetamolo36 e
alcuni FANS (ibuprofene, ketoprofene, napro- xene e
ketorolac). L’indicazione è rivolta soprattutto al dolore
lieve-moderato di diversa origine: osseo, muscolare, cutaneo e mucoso, infiammatorio e post-operatorio. Sono
indicati in associazione con gli oppioidi nella gestione del
dolore grave (effetto sinergico che permette di ridurre il
dosaggio dell’oppioide).
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
prevedibile della terapia e le capacità di adattamento del
bambino e della famiglia alla proposta. È importante che
il programma terapeutico scelto sia presentato (in modo
onesto e chiaro) e discusso col bambino (quando possibile per età e situazione clinica) e i genitori per favorire
la collaborazione positiva sia nella valutazione che nella
gestione della terapia.
In terzo luogo, la prescrizione deve essere eseguita
alla dose corretta per l’età del paziente e per le condizioni
cliniche, tenendo conto di eventuali insufficienze d’organo
che possono modificare la farmacocinetica della molecola
(principio “secondo il bambino”).
La via di somministrazione scelta poi deve essere la più
semplice, più efficace e meno dolorosa (quasi sempre la via
orale). La via intramuscolare deve essere limitata ai casi in
cui non vi siano altre possibilità (principio “secondo la via”).
È importante somministrare gli analgesici a orario
fisso, in modo da evitare l’insorgenza di “buchi” di dolore. L’intervallo fra le dosi dovrebbe essere determinato in
accordo con l’intensità del dolore e la durata dell’effetto
analgesico del farmaco utilizzato. La dose al bisogno
deve essere prescritta solo dopo avere programmato un
piano analgesico, nel caso in cui il bambino dovesse
provare dolore durante la giornata nonostante la terapia a intervalli regolari (principio “secondo l’orologio”).
L’efficacia terapeutica e gli eventuali effetti collaterali
devono essere accuratamente monitorati e prontamente
trattati. È necessario profilassare l’insorgenza del dolore
prevedibile.
Tutto su Dolore in Pediatria: miti e verità
(dose-correlata), effetti gastroenterici (nausea, vomito e
costipazione), urinari (ritenzione urinaria), emodinamici (ipotensione, bradicardia) e neurologici (allucinazioni, convulsioni) sono gli effetti collaterali che ne hanno
limitato per molto tempo l’intervento antalgico in età
pediatrica. Attualmente la letteratura conferma che la
scelta oculata del farmaco in rapporto all’età e al tipo di
dolore, una metodologia di somministrazione (timing
e via) corretta e un monitoraggio stretto, sia dell’efficacia che degli eventuali effetti collaterali, permettono di
impostare programmi terapeutici efficaci e sicuri anche
nel neonato e nel bambino. I farmaci oppioidi occupano,
quindi, un posto rilevante, sia per la loro efficacia che per
l’ampia possibilità di utilizzazione clinica.
I principali vantaggi dell’uso degli oppioidi in età pediatrica derivano dalla:
lunga esperienza clinica;
azione analgesica efficace e intensa;
effetto sedativo;
assoluta reversibilità con il naloxone.
Nella pratica, infatti, l’utilizzo degli oppioidi da parte
del pediatra (ai dosaggi e con gli schemi terapeutici raccomandati) è da considerarsi non solo sicuro e appropriato, ma
sostanzialmente obbligatorio in molte situazioni cliniche.
Se utilizziamo la via parenterale, in corso di infusione iniziale e/o aggiustamento/modificazione di terapia,
è opportuno monitorare la frequenza cardiaca, respiratoria (meglio rispetto alla saturazione di O2, poiché la
bradipnea precede la desaturazione), la pressione arteriosa nonché il livello di sedazione. In corso di terapia
cronica (per os ed ev) non è necessario un monitoraggio
dei parametri fisiologici, mentre è indicato (in corso di
aumento del dosaggio) l’uso di una scala della sedazione
ed eventualmente il monitoraggio della frequenza respiratoria. Altre situazioni cliniche di attenzione possono
essere insufficienza renale o respiratoria, ileo meccanico
e/o dinamico, insufficienza epatica, traumi cranici, asma,
anemia e ipovolemia.
Gli effetti collaterali da oppioidi possono essere trattati, se non prevenuti:
costipazione: modificazioni della dieta (più liquidi
e fibre), uso di blandi lassativi;
prurito: uso di antistaminici, eventuale cambio di
oppioide (ad esempio l’uso di fentanil è meno gravato dalla presenza di tale sintomo);
nausea e vomito: è indicato l’uso concomitante di
antiemetici;
sedazione: rivalutare dosaggio e timing di somministrazione;
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
172
·
·
·
·
·
·
·
·
rivalutare il dosaggio del farmaco,
· allucinazioni:
considerare l’eventuale cambio con altro oppioide
o programmare l’uso di farmaci neurolettici;
mioclono: clonazepam;
globo vescicale: massaggio ed eventuale cateterismo;
edemi periferici: breve ciclo di diuretico;
problemi respiratori:
- bradipnea: stimolazione del bambino e riduzione delle dosi successive di farmaco;
- apnea: stimolazione del bambino, ossigenoterapia ed eventuale supporto respiratorio;
- situazione acuta: naloxone e intervento rianimatorio.
Tutti gli effetti collaterali possono essere bloccati (temporaneamente per un periodo di circa 60–90 minuti, pertanto risulta indispensabile rivalutare il paziente dopo tale
periodo) dal naloxone, che però interrompe anche l’analgesia. Dal punto di vista della potenza antalgica i farmaci
appartenenti a questa classe vengono comunemente divisi
in oppioidi deboli e oppioidi forti. Quelli più frequentemente usati in età pediatrica sono, fra gli oppioidi deboli,
codeina37–40 e tramadolo41 e, fra gli oppioidi forti, morfina,
oxicodone, fentanil e metadone. Non c’è effetto-tetto (a
eccezione di codeina e tramadolo): si può aumentare la
dose fino a ottenere un controllo adeguato del dolore.
·
·
·
·
Adiuvanti
Gli adiuvanti o coanalgesici comprendono un
gruppo di farmaci la cui indicazione primaria non è il
dolore, ma capaci di importanti proprietà analgesiche
in alcune condizioni, per le quali vengono associati agli
analgesici corrispondenti a ciascun gradino della scala. In
pediatria gli adiuvanti sono stati utilizzati soprattutto nel
bambino affetto da dolore di origine neuropatica o mista.
Anestetici locali
Molteplici le possibilità d’uso e le metodiche di
somministrazione per il controllo del dolore degli anestetici locali in ambito pediatrico: infiltrazione locale,
irrigazione di mucose, assorbimento transdermico o blocchi nervosi centrali e periferici. L’anestesia locale si è
arricchita in questi ultimi anni di molti presidi che hanno
nettamente migliorato l’efficacia e l’applicabilità di queste
molecole. Gli anestetici più usati sono lidocaina, mepivacaina, bupivacaina e ropivacaina
.
Gli autori
dichiarano
di non avere
nessun conflitto
di interesse.
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esperta e
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Caso clinico Titolo articolo anche lungo
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
174
[ come
s i fa
]
La terapia analgesica non farmacologica:
alcune tecniche alla portata di tutti
Sono qui descritte alcune tra le TNF che più frequentemente possono essere utilizzate
soprattutto in ambito ospedaliero.
L
a letteratura in questi ultimi anni ha proposto
numerosi studi che hanno confermato l’efficacia delle tecniche non farmacologiche (TNF) nell’ambito della
analgesia neonatale e pediatrica1. Il
dolore è un’esperienza complessa in
Pierina Lazzarin
cui la componente fisica si associa
Filippo Coccato
Maria Chiara Giglio
alla componente emotiva: un interGrazia Ghiraldo
vento globale che preveda l’utilizzo
Paola Amoruso
di farmaci e di TNF è quello che asFranca Benini
sicura maggior efficacia. I meccanismi d’azione attraverso
cui le TNF conseguono l’effetto antalgico sono diversi
e non completamente conosciuti: tra i meccanismi più
importanti, l’attivazione del sistema
inibitorio discendente (modulazioCentro di riferimento
ne centrale) e l’incremento del livello
per la regione Veneto
di Terapia del Dolore
di endorfine endogene2. Indicazioni:
e Cure Palliative
non ci sono limiti di età all’utilizzo
Pediatriche – Università
delle TNF. Per essere efficaci, devono
degli Studi di Padova
essere adeguate all’età e alla capacità di sviluppo e devono
essere scelte in modo che il bambino sia interessato alla
tecnica proposta. Tutte le tipologie di dolore (acuto, cronico, procedurale) risentono favorevolmente dell’utilizzo
delle TNF. Gli ambiti in cui le TNF sono stati più studiati
sono l’ambito procedurale e cronico.
Esse possono essere riassunte in tre grandi categorie:
metodi cognitivi (preparazione, musica, immaginazione guidata, distrazione, ipnosi);
·
comportamentali (rilassamento muscolare,
· metodi
esercizi di biofeedback, controllo della respirazione);
metodi
fisici (caldo/freddo, massaggio, TENS, a· gopuntura).
Di seguito sono descritte alcune tra le TNF che più
frequentemente possono essere utilizzate soprattutto in
ambito ospedaliero: sono tutte TNF facili da usare che
non richiedono particolare preparazione dell’operatore
se non quella di prevedere la disponibilità di materiale
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
Tutte le tipologie di dolore (acuto, cronico, procedurale)
risentono favorevolmente dell’utilizzo delle TNF. Gli ambiti in cui
le TNF sono stati più studiati sono l’ambito procedurale e cronico.
175
Caso clinico Titolo articolo anche lungo
Come si fa La terapia non farmacologica: alcune tecniche alla portata di tutti
Tabella 1. Suggerimenti per i genitori e per i professionisti da adottare durante una procedura
PAROLE DA EVITARE
SUGGERIMENTI
È tutto a posto;
non c'è nulla di cui preoccuparsi
rassicurazione eccessiva
Non va bene… / non farà male
vago; attenzione negativa
Ti stai comportando
come un bambino!
critica
E si sentirà come una puntura d’ape
messa a fuoco negativa
La procedura durerà a lungo
attenzione negativa
La medicina brucerà
attenzione negativa
Dimmi quando sei pronto
richiesta di eccessivo controllo
Mi dispiace
scuse
Non piangere
attenzione negativa
È tutto finito, finito…!
rassicurazione eccessiva
Cosa hai fatto oggi a scuola?
distrazione
Si potrebbe sentire come un pizzico
informazioni sensoriali
Prima di tutto, l’infermiera pulirà
il braccio, sentirai il tampone
imbevuto di disinfettante freddo,
e poi...
informazioni sensoriali
e procedurali
Andiamo con la mente fuori di qui;
dimmi di quel film…
distrazione
Dimmi come ci si sente mentre…
informazioni
La procedura sarà più breve di...
(riferimenti pratici come
programma televisivo
o altro momento familiare
al bambino)
informazioni procedurale;
attenzione positiva
Alcuni bambini dicono di sentire
una sensazione di caldo,
altri invece…
informazioni sensoriali; attenzione
positiva
Quando io conto fino al 3,
inizia a soffiare fuori la sensazione
che provi (o la paura) lontano
dal corpo
insegnare una tecnica di distrazione;
insegnare modalità di controllo
Sei molto coraggioso
lode; incoraggiamento
Lo so che è stato duro;
Sono orgoglioso di te
lode
Hai fatto un ottimo lavoro
facendo la respirazione
e soffiando via la tua paura
lode specifica
Tabella 2. Descrizione di altre TNF
TNF cognitivo-comportamentali
I bambini possono essere più facili da ipnotizzare rispetto agli adulti, ma la tecnica deve essere utilizzata
da personale esperto. Gli studi hanno dimostrato che l’ipnosi e l’auto-ipnosi può essere utile per la riduzione
del dolore in procedure dolorose, come l’aspirazione del midollo osseo e la puntura lombare nei pazienti
oncologici pediatrici, il dolore postoperatorio e l’ansia nei bambini sottoposti a intervento chirurgico, e con cefalea.
Musicoterapia
La musica può essere scelta dal bambino in collaborazione con il musico terapista/operatore e associata
ad esercizi di rilassamento. Può aiutare ad aumentare i livelli di energia, a migliorare l’umore e ridurre l’ansia.
Può aiutare a ridurre il dolore attivando il rilascio di endorfine.
Pet therapy
La tecnica utilizza l’animale che, guidato da un terapista, aiuta il bambino a raggiungere rilassamento,
distrazione e benessere.
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176
Ipnosi
TNF fisiche
Caldo/Freddo
Il caldo e il freddo, come altre tecniche fisiche, attivano il sistema gate-control. Il calore riduce il dolore
e lo spasmo muscolare: viene applicato per 20-30’ ogni 2 h (attenzione al neonato o al bambino non vigile).
Il ghiaccio aiuta a diminuire l’infiammazione, il gonfiore e il dolore. L’impacco di ghiaccio può essere posizionato
sulla zona per 15 a 20 minuti ogni ora (attenzione al neonato o al bambino non vigile).
Massaggio
Molti studi evidenziano come il massaggio terapeutico e il tocco dolce nel neonatale porta ad uno stato
di benessere soprattutto nel dolore cronico, migliorando la tensione, la sofferenza, il dolore, il disagio, e l’umore.
Agopuntura/digitopressione
Molti studi evidenziano come l’agopuntura o l’utilizzo di tecniche di pressione nei punti dell’agopuntura
portino ad una riduzione del dolore e di sintomi correlati ad alcune patologie come il tumore.
TENS Stimolazione elettrica
transcutanea
L’apparecchio utilizza un segnale elettrico che, tramite il posizionamento di elettrodi sulla pelle nel punto in cui
è percepito il dolore, migliora il rilassamento muscolare e riduce il dolore.
Saccarosio/glucosio
Viene raccomandato l'uso del saccarosio/glucosio nel neonato pretermine con succhiotto max 12% (0,2-0,3 ml)
e nel neonato a termine 24% 1-2ml due minuti prima della procedura, durante e dopo, sulla lingua (no s.n.g.).
È raccomandato per la puntura tallone, vaccinazioni, puntura arteriosa, puntura lombare.
Tabella modificata da Pediatrics 2008;122(Suppl 3)12
Come si fa La terapia non farmacologica: alcune tecniche alla portata di tutti
Esempi di gestione di dolore procedurale / Caso 1
tecniche da utilizzare durante la venipuntura
L
e raccomandazioni della letteratura indicano che è fondamentale la preparazione del bambino all’esame doloroso al fine di ridurre lo stress e la paura
ed aumentare ‒ soprattutto nel bambino più grande e
nell’adolescente ‒ la sensazione di autocontrollo. Questa
deve comprendere delle informazioni rispetto la tempistica e il contenuto della procedura. Le informazioni
devono essere date lo stesso giorno dell’esecuzione della
procedura ma nel caso di una procedura maggiore (ad
esempio un intervento chirurgico), le notizie è meglio
fornirle qualche giorno prima. Quando si informa il
bambino per l’esecuzione di procedure, potrebbe essere
utile una comunicazione verbale associata ad ausili visivi
tipo cartoon, vignette o delle fotografie (soprattutto per il
bambino in età prescolare), che rappresentino le varie fasi
della procedura; è bene incoraggiare il bambino a porre
domande sui suoi timori e sulle sue esperienze precedenti.
Sono descritti alcuni suggerimenti nella Tabella 1.
Le tecniche di distrazione
E
sse riducono la paura dei bambini, l’ansia e il
dolore associato a procedure dolorose8–9 e comprendono varie modalità quali film, giocattoli interattivi
e virtuali, l’uso della musica, soffiare le bolle di sapone,
raccontare brevi storie… Le ipotesi della letteratura
suggeriscono che la distrazione funziona in quanto il
bambino mentre gioca riduce la propria capacità a focalizzare l’attenzione su altri stimoli. È stato anche
suggerito che la distrazione altera le risposte nocicettive innescando un sistema di soppressione del dolo-
Tecniche antalgiche farmacologiche e fisiche
L’infermiera prima dell’esecuzione della procedura utilizza una
tecnica per ridurre la sensibilizzazione del dolore nocicettivo
periferico, attraverso il posizionamento di una crema anestetica
locale o del freddo (ghiaccio spray, ghiaccio secco) o mediante
l’utilizzo di strumenti di attivazione del gate-control (Buzzy®).
L’infermiera spiega a Marco che la crema che gli appoggia sopra
la pelle dove poi pungerà con l’ago la farà “addormentare”.
Tecniche antalgiche non farmacologiche
cognitive-comportamentali
L’infermiera chiede a Marco cosa gli piacerebbe fare mentre
viene fatta la procedura e dà a lui dei suggerimenti: “Puoi
restare in braccio alla tua mamma, mentre a me darai solo
il tuo braccio; poi, con la mamma, farai le bolle di sapone...
vuoi provare a farne una? Vediamo se ti piace farle! Oh,
ma ti diverti tantissimo! Allora, quando soffierai una bolla grande,
fai un salto grande, ci sali dentro e voli lontano lontano da questa
stanza... fino ad un posto bellissimo! Dove ti piacerebbe andare?”.
Mentre Marco inizia a soffiare, l’infermiera toglie la crema e mette
il laccio: poi, mentre Marco è distratto dalle sue bolle, punge e
togliendo il laccio, conferma di aver finito l’esame.
Al termine della procedura chiede a Marco cosa ha sentito,
gli mostra la scala del dolore e gli chiede quanto male ha
sentito durante l’esame. Infine, rinforza con parole positive il
comportamento di Marco anche se durante l’esame ha pianto o
si è mosso: “Sei stato bravissimo Marco, ti sei comportato come
un bambino molto coraggioso e hai fatto delle bolle bellissime!
Bravo!”.
177
Preparazione
Preparazione
L’infermiera accoglie Marco: gli spiega che deve inserire un ago
di colore giallo nel suo braccio che servirà a fare le medicine per
dormire durante l’esame della broncoscopia. Concentra la sua
comunicazione indagando se Marco ha avuto altre esperienze
di “puntura di ago”, cercando di capire quali sono state le sue
emozioni e il suo vissuto (“Cosa hai sentito? Ti stringeva troppo il
laccio ed è stato quindi questo che ti ha dato più fastidio?). Nella
comunicazione l’infermiera evidenzia le sensazioni (termiche:
“Sentirai un po’ di freddo quando viene passato il disinfettante sul
braccio”; pressorie: “Sentirai un po’ premere quando viene messo
il laccio sul braccio”; sensitive: “Sentirai un po’ come bruciare
o come un pizzico quando viene messo l’ago sul braccio”),
racconta le varie fasi della procedura (“Per prima cosa ti toglierò
la crema, poi ti metterò il laccio, ti disinfetto con il cotone e metto
l’ago nella tua vena”) e la temporalità della procedura con dei
riferimenti precisi alle fasi della procedura (“Quando ti tolgo il
laccio, abbiamo finito tutto!”).
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
(giochi, video, bolle di sapone per esempio) e l’organizzazione di spazi e tempi adeguati3-7. Nell’ambito della
gestione del dolore procedurale le tecniche che possono
essere facilmente utilizzabili sono la preparazione all’esame diagnostico-terapeutico e le tecniche di distrazione.
Nell’ambito del dolore acuto e cronico risultano utili le
tecniche di distrazione e di rilassamento. Altre tecniche
sono brevemente descritte in Tabella 2.
Al fine dell’esecuzione di un esame endoscopico, Marco di
5 anni deve posizionare un accesso venoso per l’infusione
dei farmaci analgesici e sedativi.
Come si fa La terapia non farmacologica: alcune tecniche alla portata di tutti
Esempi di gestione di dolore procedurale / Caso 2
Esempi di gestione di dolore procedurale / Caso 3
la musica come tecnica di distrazione
per la riduzione dell’ansia
L’immaginazione guidata
Elisa, 13 anni, deve sottoporsi ad intervento chirurgico di
appendicectomia. Viene accompagnato dalla mamma in
pre-sala operatoria dove trova il medico chirurgo.
Preparazione
Il medico chiede ad Elisa se ha già avuto esperienze simili, ed Elisa
racconta di essere stata solo due volte dal dentista e una volta in
pronto soccorso perché era caduta dalla bicicletta. Racconta di
non aver paura di nulla e di sentirsi tranquilla. Il medico capisce
che la sua “tranquillità” è un tentativo per mascherare l’ansia
che in realtà sente e che non sa controllare con le sue capacità
di ragazzina. Gli spiega con semplici parole cosa succederà,
sottolineando soprattutto le sensazioni che probabilmente
proverà e descrivendo la tempistica evidenziando le varie fasi
della procedura.
Preparazione
Alessandro ha già eseguito altre due volte lo stesso esame ma in
sedazione: oggi non vorrebbe dormire perché ha tanta fame (è
in terapia cortisonica) e l’ultima volta ha dovuto aspettare tanto
prima di potersi alimentare.
Tecniche antalgiche non farmacologiche
cognitive-comportamentali
L’anestesista gli spiega che per fare bene questo esame è necessario
rimanere fermi come delle statue e che l’unica cosa strana è che si
sente un rumore forte. L’anestesista dice ad Alessandro di poterlo
aiutare ad eseguire l’esame senza farmaci per dormire facendogli
fare un sogno ad occhi aperti! Alessandro acconsente, si stende
sul lettino e ascolta il medico che prima lo rilassa e poi lo invita
a uscire con la mente dalla stanza di Radiologia e di andare in
un posto bellissimo!
L’esame viene eseguito mentre l’anestesista, dopo aver
indotto Alessandro con la tecnica di “immaginazione guidata”,
lo fa rimanere nel “posto bello” dandogli ogni tanto dei piccoli
suggerimenti come “concentrati su tutto quello che vedi,
sui profumi o gli odori che percepisci, su quello che stai
facendo, sui rumori che senti”. Alla fine dell’esame il medico
chiede ad Alessandro che cosa ha sentito, e lo rinforza con
messaggi positivi rispetto al suo comportamento, coraggioso
e adeguato.
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
178
Tecniche antalgiche non farmacologiche
cognitive-comportamentali
Il medico chirurgo chiede ad Elisa se nel suo cellulare ci sono le
sue musiche preferite: la mamma di Elisa ha nella borsa l’iPhone
di Elisa corredato di cuffiette. Il medico consiglia ad Elisa di
utilizzare l’ascolto della sua musica preferita per ridurre l’ansia,
insegnandole così una modalità di controllo comportamentale
in questa situazione nuova e stressante. Elisa accetta volentieri,
è una pratica per lei consolidata quella di usare le cuffiette per
gestire situazioni emozionali stressanti, e il medico le spiega che
è come quando è a casa e vuole staccarsi da quello che succede
intorno a lei e allora si chiude in camera e si mette le cuffie con
la musica, così riesce a rilassarsi e a non pensare! Mentre Elisa
ascolta la musica, il medico anestesista le somministra i farmaci
sedativi. Al risveglio viene chiesto ad Elisa che cosa ha sentito,
quanto male ha in quel momento e si rinforza con messaggi
positivi rispetto al suo comportamento, coraggioso e adeguato.
Alessandro, 10 anni, deve sottoporsi a Risonanza magnetica
per accertamenti relativi alla sua patologia oncologica.
Alessandro viene accompagnato dalla mamma in radiologia
dove trova il medico anestesista.
Il dolore è un’esperienza complessa
in cui la componente fisica si associa alla componente emotiva:
un intervento globale che preveda l’utilizzo di farmaci
e di TNF è quello che assicura maggior efficacia.
È stato suggerito che la distrazione altera le risposte nocicettive
innescando un sistema di soppressione del dolore.
Come si fa La terapia non farmacologica: alcune tecniche alla portata di tutti
L’
immaginazione guidata è una pratica comune
in ambito psicologico e consiste nell’incoraggiare
il bambino a rilassarsi e a visualizzare un “posto bello”,
attivando uno stato mentale a metà tra la veglia e il sonno:
migliorano il controllo dell’ansia del bambino durante
procedure invasive e la gestione di altri sintomi nelle malattie croniche. Mentre il bambino immagina il suo “posto
bello”, l’operatore lo aiuta a mantenere la concentrazione
suggerendo di immaginare con tutti i cinque sensi (“Senti
dei profumi, degli odori particolari”; “Ci sono dei rumori
piacevoli”; “Sulla pelle senti il calore del sole”). La respirazione, ossia porre attenzione ai propri atti respiratori
attraverso una respirazione profonda o diaframmatica,
può portare a uno stato di rilassamento progressivo. Il
bambino può essere invitato a fare dei respiri profondi e
lenti mentre il corpo si rilassa: “Cerca di rilassare tutti i
muscoli, uno per uno, dalla punta dei piedi alla cima della
testa”. Un’altra tecnica per il controllo della respirazione
nel bambino piccolo, può essere l’uso delle bolle di sapone,
utili non solo come gioco di distrazione, ma soprattutto
come tecnica per controllare la respirazione e immaginare
di “soffiare via il dolore”. Il ricorso a tale tecnica provoca
una serie di modificazioni fisiologiche quali la riduzione
della frequenza cardiaca e respiratoria, la riduzione della
tensione muscolare e della pressione arteriosa. Le tecniche
di rilassamento possono essere utilizzate nel trattamento
del dolore procedurale, cronico, ricorrente
.
Gli autori
dichiarano
di non avere
nessun conflitto
di interesse.
1. Lee GY, Yamada J, Kyololo O, Shorkey A, Stevens B.
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179
Tecniche di rilassamento
Bibliografia
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
re11. Inoltre, alcuni stimoli distraenti possono indurre
comportamenti che sono incompatibili con l’angoscia,
come ridere mentre si guarda un film divertente. Indipendentemente dal motivo, la distrazione sembra essere
un ottimo intervento per la gestione del dolore nei bambini. Le tecniche di distrazione ottimali coinvolgono
molteplici stimoli sensoriali (ad esempio, vista, udito,
tatto) come può avvenire per un videogioco interattivo
e possono essere attuate da qualsiasi operatore senza
alcuna preparazione specifica.
[quiz]
Test
di autovalutazione
1. L’esecuzione di tecniche
non farmacologiche durante
l’esecuzione di una procedura
diagnostica/terapeutica,
permette di:
A. ritardare i tempi della procedura/
esame;
B. ridurre ansia, stress, percezione
del dolore;
C. fare la procedura senza l’uso
di farmaci;
D. lavorare in un ambito più giocoso.
2. La soluzione di saccarosio/
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
180
glucosio viene somministrata:
A. 10 minuti prima della procedura;
B. 2 minuti prima, durante e dopo
la procedura;
C. 2 minuti prima della procedura;
D. solo al neonato a temine.
3. I parametri per valutare il
dolore fisico in un bambino con
patologia non guaribile sono
tutti i seguenti tranne uno.
Indicare quale:
A. meccanismi di percezione;
B. sede;
C. qualità;
D. intensità.
4. Quale dei seguenti è uno
svantaggio nell’uso del
paracetamolo?
A. il rischio di sanguinamento
gastrointestinale;
B. l’insignificante effetto
antinfiammatorio;
C. il rischio di sanguinamento per
effetto antiaggregante piastrinico;
D. il ritardo di almeno 1-2 settimane
prima che si esprima l’effetto
antinfiammatorio.
5. Quali sono le differenze
di misurazione della pressione
arteriosa nel bambino rispetto
all’adulto?
A. il bambino deve essere sempre
in posizione supina;
B. l’altezza del bracciale dello
sfigmomanometro deve essere pari
al 40% della circonferenza
del braccio nel suo punto medio;
C. la pressione diastolica non è
facilmente apprezzabile;
D. per misurare la pressione in età
pediatrica, utilizzare solo le
metodiche oscillometriche
automatiche.
6. Si definisce iperteso
un bambino quando presenta:
A. almeno in una rilevazioni su tre
una media di valori sistolici
maggiori o uguali al 95° percentile
per sesso, età e percentile di statura;
B. almeno in una rilevazione su tre una
media di valori sistolici e/o diastolici
maggiori o uguali al 95° percentile
per sesso, età e percentile di statura;
C. almeno in tre rilevazioni in occasioni
diverse una media di valori sistolici
e/o diastolici maggiori o uguali
al 95° percentile per sesso,
età e percentile di statura;
D. almeno in tre rilevazioni in occasioni
diverse una media di valori sistolici
e/o diastolici superiori o uguali
al 90° percentile.
7. Nell’approccio psicoterapico
ad orientamento cognitivo
comportamentale su cosa
è prioritario porre attenzione?:
A.gli antecedenti del comportamento
problema;
B.i comportamenti problema;
C.i pensieri e le credenze disfunzionali
(Cognitive Reframing);
D.le personali capacità di far fronte
alle problematiche (Coping);
E. tutti i precedenti.
8. Quale sintomo target
ha la psicofarmacoterapia
con antipsicotici atipici
nei disturbi dirompenti?
A.irritabilità;
B.stereotipie;
C.aggressività;
D.disforia;
E.anedonia.
9. Nella dermatite atopica,
quale indagine rappresenta
il gold standard per la rilevazione
della sensibilizzazione
agli alimenti?
A. Skin prick test;
B. prick by prick con l’alimento fresco;
C. patch test;
D. test di provocazione orale per
alimenti.
10. Quale delle seguenti
affermazioni non è corretta?
A. La positività degli SPT è un criterio
indispensabile per la diagnosi
di dermatite atopica;
B. la sensibilizzazione ad allergeni
alimentari può seguire l’insorgenza
di dermatite atopica;
C. la sensibilizzazione ad allergeni
alimentari può precedere e predire
l’esordio della dermatite atopica;
D. è stata dimostrata un’associazione
tra sensibilizzazione persistente
e gravità della dermatite atopica.
Le risposte esatte
saranno pubblicate
sul prossimo numero
della rivista.
Quiz Test di autovalutazione
Le risposte
del numero precedente
Risposta corretta: D
Il sovraccarico di ferro è una complicanza
temibile di molte malattie e con
i suoi effetti lesivi su tutti gli organi
ed apparati dell’ organismo umano
è responsabile di gran parte
della morbilità e mortalità di questi
pazienti. Nelle affezioni morbose
trasfusione-dipendenti il sovraccarico
è conseguente all’accumulo
nell’organismo del ferro presente
nelle trasfusioni; nelle talassemie
intermedie, nelle anemie
diseritropoietiche congenite
e nell’emocromatosi ereditaria invece
il sovraccarico si realizza essenzialmente
attraverso l’aumentato assorbimento
intestinale del ferro. Ciò è dovuto
alla presenza in questi pazienti
di bassi livelli sierici dell’epcidina, che
nei primi due casi è determinato,
attraverso meccanismi ancora
sconosciuti, dalla eritropoiesi
inefficace, tipica di questi pazienti
mentre, nell’emocromatosi ereditaria,
è causata da una ridotta sintesi
di quest’ormone.
2. Per la diagnosi di Talassemia
intermedia: oltre a quanto
enunciato nei punti a, b e c,
è necessaria la valutazione,
mediante tecniche di biologia
molecolare, dell’assetto dei geni
globinici.
Risposta corretta: D
Le talassemie intermedie (o NTdT)
includono un’amplissima varietà
di fenotipi clinici ed ematologici,
che vanno da forme lievi, in cui
le alterazioni presenti sono poco più
accentuate rispetto ai portatori classici
fino a forme con quadro clinico
ed ematologico severo. Per la diagnosi
è pertanto necessaria un’accurata
anamnesi, un esame clinico attento,
la definizione completa del fenotipo
ematologico, incluso lo studio
elettroforetico dell’Hb e indagini
molecolari per l’esatta definizione
dell’assetto dei geni globinici:
tale valutazione va necessariamente
estesa ai genitori ed eventualmente
ai germani del probando.
3. A livello normativo,
sul dolore pediatrico:
la Legge 38/2010 e la Conferenza
Stato-Regioni hanno sancito
che le CP sono un diritto
del bambino ed hanno definito
criteri organizzativi e standard
di riferimento.
Risposta corretta: C
A livello normativo è stata definita
la Rete di Cure Palliative e Terapia
del Dolore Pediatrica che prevede
una aggregazione funzionale ed
integrata delle attività di Terapia
del Dolore e Cure Palliative rivolte
al minore, erogate nei diversi setting
assistenziali, in un ambito territoriale
ed ospedaliero definito a livello
regionale.
4. La morfina per os
si prescrive su: Ricettario del SSN
(ricettario rosso).
Risposta corretta: C
L’articolo 10 della Legge 38 decreta
la semplificazione delle procedure
di accesso ai medicinali impiegati
nella terapia del dolore, tanto che
per la prescrizione di farmaci previsti
per il trattamento di pazienti affetti
da dolore severo e in particolare
dei farmaci analgesici oppiacei, in luogo
del vecchio ricettario contenente
le ricette a ricalco può essere utilizzato
il ricettario del Servizio Sanitario
Nazionale (ricettario rosso).
5. A quale dosaggio utilizzi
il paracetamolo come azione
analgesica?
15–20 mg/kg os, 15 mg/kg ev.
Risposta corretta: B
In caso di primo approccio al dolore
la prima arma terapeutica è costituita
dal paracetamolo e/o dai FANS.
Il paracetamolo è un farmaco sicuro,
ben tollerato e funziona sicuramente
quando la dose è adeguata:
va utilizzato come analgesico alla dose
di 15–20mg/kg os e 15 mg/kg ev.
La dose rettale ha un’efficacia
analgesica minore, la prima dose deve
essere data a 30 mg/kg poi 20 mg/kg
ad intervalli di 6-8 ore (in lattanti
e neonati deve essere utilizzato
un dosaggio minore).
181
nell’organismo: è presente
nei pazienti con affezioni
ematologiche ereditarie
o acquisite cronicamente trasfusi
e nei pazienti con talassemia
intermedia e anemie
diseritropoietiche congenite,
occasionalmente trasfusi
e in quelli con emocromatosi
ereditaria.
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
1. Il sovraccarico di ferro
Quiz Test di autovalutazione
6. Per quale tipo di dolore
sono indicati i farmaci oppioidi?
In caso di dolore severo.
Risposta corretta: C
Se il dolore persiste e/o aumenta
e se si tratta di dolore severo
(FLACC/WB/Numerica >7)
è raccomandato l’utilizzo dei farmaci
oppioidi che possono avere, in queste
situazioni, una giusta indicazione.
Per l’utilizzo corretto però bisogna
attenersi ad alcune raccomandazioni:
- utilizzare la via di somministrazione
meno invasiva;
- quando possibile scegliere
le formulazioni a rilascio prolungato;
- introdurre un agente alla volta;
- monitorare costantemente
il trattamento al fine di valutarne
efficacia ed effetti avversi;
- se necessario cambiare un oppiaceo
con un altro.
AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 4 | ottobre-dicembre 2014
182
7. È importante ricordare,
prima di considerare una qualsiasi
patologia inerente al sonno,
che le ore di sonno quotidiane
necessarie in età evolutiva
al mantenimento di un corretto
equilibrio sonno-veglia variano
notevolmente in base all’età.
Quante sono quelle fisiologiche
per un adolescente?
9 ore circa.
Risposta corretta: B
Un’inadeguata igiene del sonno
è la più comune causa di insonnia
negli adolescenti. Gli adolescenti sono
soliti andare a dormire dopo le 23.00
oltrepassando il periodo di normale
rilascio di melatonina, che normalmente
avviene intorno alle 20.30. Fattori
ambientali quali sport pomeridiani,
televisione, internet, studio serale,
assunzione di caffeina, alcool
e nicotina possono interferire
con il sonno alterando la capacità
di attenzione e di concentrazione
diurna negli adolescenti.
8. Dai rilievi della letteratura
il reflusso gastroesofageo (RGE) è
caratterizzato dalla risalita
del contenuto gastrico in esofago
con o senza rigurgito o vomito.
La malattia da reflusso gastroesofageo
(MRGE), invece, è definita dalla presenza
di sintomi che compromettono
la qualità della vita del bambino
o da complicanze, quali esofagite,
stenosi peptica, metaplasia gastrica
o esofago di Barrett, causate dal RGE.
Pertanto, per definizione il RGE
non può associarsi ad esofagite.
Risposta corretta: A
10. Qual è l’effetto
degli inibitori di pompa protonica
sul reflusso gastroesofageo?
Riducono il pH dei reflussi acidi
ma l’altezza ed il numero dei
reflussi totali restano invariati.
appare evidente come
il trattamento farmacologico
di prima scelta per l’insonnia,
e più in generale per i disturbi
del sonno in età evolutiva,
debba prevedere l’uso di:
farmaci non benzodiazepinici.
I farmaci non benzodiazepinici sono
dotati di una sufficiente efficacia
e soprattutto di una maggiore
sicurezza e flessibilità. Esistono
numerose evidenze a favore dell’uso
della melatonina ed iniziali riscontri
sull’uso del Ramelton (antagonista
selettivo per i recettori della melatonina),
dello Zolpidem e della Clonidina.
Poche evidenze supportano l’uso
degli antistaminici, per i quali
sono riportati peraltro diversi effetti
indesiderati.
9. Quale delle seguenti
affermazioni sul RGE fisiologico
è falsa?
Il RGE fisiologico può associarsi
a volte a complicanze,
quali esofagite.
Risposta corretta: C
Secondo le ultime linee guida
della Società Nord-Americana di
Gastroenterologia, Epatologia e
Nutrizione (NASPGHAN) e della Società
Europea di Gastroenterologia,
Epatologia e Nutrizione (ESPGHAN),
Risposta corretta: B
Alcuni studi in letteratura hanno
evidenziato che gli inibitori di pompa
protonica (IPP) hanno un importante
effetto sulla riduzione dell’acidità dei
reflussi acidi. Inoltre, Turk et al hanno
valutato le caratteristiche del reflusso
in bambini prima e dopo terapia con
IPP, dimostrando che il numero dei
reflussi totali e la loro altezza era
invariata rispetto ai valori registrati
prima del trattamento.
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