Documento di consenso: Profilassi e terapia della sindrome influenzale in età
evolutiva nel bambino sano o con patologie concomitanti
Il presente documento deriva dalla necessità, da parte della Società Italiana di Pediatria (SIP) e di
altre Società scientifiche a essa affiliate, di esporre sinteticamente a tutti i pediatri italiani, sia di
territorio sia dei Centri ospedalieri di II e III livello che seguono pazienti con patologie croniche, le
principali linee di comportamento da tenere nella gestione di pazienti affetti da influenza o
sindrome influenzale (ILI: Influenza Like Illness) sulla base delle evidenze scientifiche a
disposizione della comunità scientifica internazionale.
Nella stesura del testo gli autori hanno tenuto in considerazione i dati di circolazione dei diversi tipi
e sottotipi virali, il loro impatto sulla popolazione pediatrica italiana e le evidenze emerse dalla
recente pandemia da virus A/H1N1. Partendo da queste basi, è stato definito l’iter diagnosticoterapeutico più adeguato per i pazienti con quadri non complicati e per quelli con complicanze
rilevanti. Inoltre, sono state analizzate nel dettaglio le problematiche relative ai pazienti con
patologie croniche considerate a rischio di complicanze, per le quali è necessario approntare tutti
gli accorgimenti utili a contenere nei minimi termini le potenziali problematiche cliniche.
1. Introduzione
L’influenza è una malattia molto comune, con un rilevante impatto socio-economico anche nel
bambino senza patologie di base. Dati recenti hanno dimostrato infatti che l’influenza è una
malattia importante nel bambino sano, soprattutto nella fascia di età 0-5 anni, per le possibili
complicanze e per i risvolti socio-economici (perdita di giorni di scuola, assenza dal lavoro dei
genitori, assistenza domiciliare da parte di persone diverse dai genitori, la trasmissione
dell’infezione ai familiari e, soprattutto, agli anziani).
Sul piano medico l’influenza comporta un significativo aumento del rischio di ospedalizzazione,
delle richieste di assistenza negli ambulatori dei Pediatri di Libera Scelta e nel Pronto Soccorso
degli ospedali, ed un rilevante incremento del consumo di antibiotici e di antifebbrili. I ricoveri
ospedalieri, in assoluto non particolarmente numerosi, specie se ci si riferisce a quelli effettuati in
Terapia Intensiva, sono prevalenti nel bambino a rischio perché portatore di una patologia di base
che può condizionare lo sviluppo di un’influenza complicata o che può essa stessa aggravarsi a
seguito dell’infezione da virus influenzale. In Italia, i casi di morte influenza correlati, sono, in
totale per anno, circa 8000. Di questi, poche decine riguardano soggetti di età pediatrica dei quali
circa il 60% muore a causa di complicanze causate dall’influenza o per aggravamento delle
patologie croniche di base (1,2).
2. Up date epidemiologico: stagione 2010 – 2011
E’ difficile prevedere, dal punto di vista epidemiologico, l’andamento dell’influenza nella stagione
2010-2011.
In base all’aggiornamento 119 dell’OMS (20 ottobre 2010), l’influenza da virus A/H1N1 (2009)
continua a circolare a un livello basso-moderato nei paesi tropicali dell’America, nell’ovest
dell’Africa e nel Sud e Sud-est dell’Asia, mentre si registra una circolazione variabile dei virus
dell’influenza stagionale in tutte le regioni del mondo, con prevalenza di A/H3N2.
Le uniche previsioni epidemiologiche possibili si basano sull’esperienza delle altre pandemie che
hanno avuto sempre una seconda ondata. Si può ipotizzare che l’anno prossimo circolerà
prevalentemente il virus pandemico. Tuttavia, poiché il 60% circa della popolazione ha già
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contratto la malattia, in forma sintomatica o asintomatica, si può solo ipotizzare che potrà essere
colpito il 40% rimanente, oppure una popolazione più ampia, se il virus dovesse mutare (3,4).
Basandosi sulle precedenti pandemie, la mortalità potrebbe aumentare nella seconda ondata, anche
se va considerata l’attuale disponibilità di presidi terapeutici efficaci come i farmaci antivirali
(oseltamivir, zanamivir), non disponibili in precedenza.
3.
Aspetti clinici della sindrome influenzale
L’influenza è una malattia virale epidemica, molto frequente in età pediatrica, di solito
autolimitante, caratterizzata da febbre e, con assoluta prevalenza, da segni e sintomi respiratori. Su
base clinica, particolarmente nel bambino piccolo, spesso affetto da infezioni respiratorie sostenute
dai più svariati agenti infettivi virali, non è possibile, se non in casi eccezionali, diagnosi di
influenza (5). Molti altri virus respiratori, quali i rhinovirus, il virus respiratorio sinciziale, gli
adenovirus, i virus parainfluenzali, il metapneumovirus, i bocavirus possono, infatti determinare
manifestazioni cliniche del tutto sovrapponibili a quelle dovute al virus infleunzale. Ciò spiega
perché, in mancanza di conferme di laboratorio, nella pratica quotidiana si è soliti identificare
nosograficamente la sintomatologia similinfluenzale come sindrome influenzale o ILI (Influenza
Like Ilness). I criteri per la diagnosi di Sindrome influenzale o ILI sono riportati in tabella 1. Come
ovvio, il sospetto clinico di influenza è più facile quando i sintomi di cui alla tabella uno sono
diagnosticati durante un ben definito periodo epidemico.
La diagnosi clinica di influenza nell’adulto si basa sulla presenza contemporanea e ad esordio
improvviso di:
1. Febbre > 38°C
2. Sintomo respiratorio (mal di gola, tosse, starnuti, scolo nasale)
3. Sintomo sistemico (astenia e/o malessere generale, mal di testa, dolori muscolari)
Per la diagnosi clinica di influenza nel bambino è importante considerare quanto indicato per
gli adulti tenendo conto che:
1) bambini più piccoli non sono in grado di descrivere la sintomatologia sistemica, che invece
si può manifestare con:
- irritabilità
- pianto
- inappetenza
2) nel lattante l’influenza è accompagnata, nel 10%-20% dei casi, da vomito e diarrea;
3) la febbre è quasi costantemente presente e, in un numero non trascurabile di casi,
raggiunge valori elevati, anche superiori a 39°
La contemporanea presenza di febbre, un sintomo respiratorio e un sintomo sistemico, nel
momento in cui il virus dell’influenza è circolante nell’ambiente, suggerisce la diagnosi
clinica di influenza
Tab 1. Criteri per la diagnosi clinica di ILI o sindrome influenzale
La sintomatologia clinica dell’influenza può riguardare sia le alte che le basse vie, anche se nella
maggior parte dei casi sono le prime ad essere interessate. L’evoluzione può essere anche molto
rapida e dimostrare in poche ore il passaggio da un apparente banale common cold ad una
polmonite (6). Il virus in causa può avere un ruolo determinante nel favorire l’espressività clinica
della malattia. L’esempio della recente pandemia, nella quale la virulenza dell’A/H1N1 2009 è
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risultata maggiore di quella dei virus stagionali che avevano circolato nelle stagioni invernali degli
anni precedenti per una più elevata capacità di ledere le basse vie aeree, è assai indicativa al
riguardo
4. Soggetti a rischio e influenza
I bambini a rischio di andare incontro a complicanze possono essere divisi in due gruppi: i soggetti
che sono a rischio di contrarre la malattia influenzale in forma particolarmente grave e i bambini
che, una volta contratta l’influenza, rischiano di andare incontro a un aggravamento della patologia
di base (7,8,9).
Tra i primi vi sono i soggetti immunocompromessi (ad esempio, coloro che sono stati sottoposti a
trapianto di organo solido o di midollo , i soggetti oncologici (10,11), i soggetti affetti da HIV, in
trattamento per malattie reumatiche (12,13) o malattie infiammatorie croniche intestinali, i soggetti
in trattamento con farmaci biologici anti-TNF e gli immunosoppressori, i soggetti in trattamento a
lungo termine con steroidi o in stato di malnutrizione). Rientrano in questo gruppo anche i neonati
prematuri fino all’età di 2 anni. Si comprendono nel secondo gruppo i soggetti affetti da patologie
croniche cardiache, respiratorie, come l’asma e la fibrosi cistica, il diabete mellito, le patologie
renali, anemia/emoglobinopatie, disturbi neurologici (come epilessia, paralisi cerebrale e condizioni
che compromettono l’eliminazione delle secrezioni respiratorie).
Emblematicamente, nel bambino diabetico che la contrae, la sindrome influenzale non presenta un
decorso più grave che nel soggetto non diabetico. Tuttavia, il bambino diabetico va frequentemente
incontro a scompenso metabolico con squilibri glicemici che costringono a rapidi e ripetuti
aggiustamenti della terapia insulinica e che finiscono col favorire una più precoce insorgenza delle
complicanze (14).
Particolare peso va attribuito ai soggetti asmatici in quanto l’asma è la patologia cronica più
comune in età pediatrica. In Italia, infatti, circa il 30% dei bambini è allergico e circa il 10% soffre
di asma. Nei bambini asmatici fino ai 9 anni (N.B. Si può parlare di asma dopo i 5-6 anni di età) i
rinovirus sono più frequentemente implicati rispetto ai virus influenzali nel determinare
l’insorgenza di attacchi d’asma (15). Tuttavia, sebbene il virus influenzale non sia uno dei virus che
più frequentemente inducono esacerbazione dell’asma, i dati relativi all’epidemia da virus
pandemico A/H1N1 indicano che il sintomo più frequente nella fascia pediatrica è stato il sibilo
asmatiforme.
I pazienti con Fibrosi Cistica (FC) sono da considerare una popolazione a rischio per le
complicanze broncopolmonari che le infezioni da virus influenzali possono determinare e che
possono essere tanto più rilevanti quanto più grave è la compromissione respiratoria di base. Dati
recenti del Registro americano indicano che durante la stagione influenzale vi è un significativo
aumento della morbilità, con un incremento dell’ incidenza di riacutizzazioni respiratorie (16).
In corso di sindrome influenzale, pertanto, queste sono le principali indicazioni da adottare,( oltre
alla misure generali valide per la gestione clinica riportate altrove):
- E’ opportuno che tutti i pazienti con FC con sintomi di ILI in periodo epidemico siano trattati
con terapia antibiotica, che va scelta secondo l’ultimo antibiogramma da coltura dell’escreato o
tampone faringeo profondo periodicamente effettuata presso il Centro FC cui il paziente
afferisce. Tale terapia va proseguita per 10-15 giorni ai dosaggi raccomandati per i pazienti con
FC.
- In particolare i pazienti con broncopneumopatia grave (infezione cronica da Pseudomonas,
Burkholderia cepacia, o altri germi Gram negativi multi resistenti, FEV1 <40 % del predetto, in
ossigenoterapia), devono essere valutati dal centro FC cui fanno riferimento.
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-
-
Il ricovero ospedaliero è raccomandato in caso di dispnea e/o desaturazione, con supporto
ventilatorio, se necessario, e terapia antibiotica endovena con associazione di più farmaci,
sempre sulla base della coltura dell’escreato e terapia antivirale
Bambini FC nei primi due anni di vita sono a rischio di disidratazione ipoelettrolitemica, per
cui in corso di febbre elevata va attuata una supplementazione per os di soluzioni reidratanti
saline; in caso di disidratazione grave è indicato il ricovero per eseguire infusione glucosalina.
E’importante la regolare vaccinazione annuale.
Il paziente emato-oncologico pediatrico è abitualmente considerato alla stregua del paziente
immunocompromesso. In questa categoria di soggetti l’infezione da virus pandemico A/H1N1 ha
interessato un paziente su 4 e circa 1 su 5 nella fase aggressiva della chemioterapia, con percentuali
di poco superiori nei pazienti in terapia di mantenimento, durante la quale, solitamente, si riducono i
rischi di problemi significativi di natura infettiva.
Nei bambini con tumore solido che contraggono l’influenza, il rischio di andare incontro ad una
malattia complicata in molti casi è simile a quello del soggetto sano. In corso di terapia
citoriduttiva, però, la neutropenia può aumentare la probabilità di insorgenza di complicanze
respiratorie (11).
Di fatto, nei bambini con patologia cronica preesistente, il decorso dell’influenza può essere più
grave e complicato; necessita quindi di attenti e ripetuti controlli clinici da parte del pediatra
curante.
5. Prevenzione
-
Prevenzione primaria (vaccinazione)
La vaccinazione rappresenta l’intervento preventivo di elezione. La sua efficacia è fortemente
condizionata da diverse variabili quali l’età del paziente, il tipo di vaccino usato e il grado di
sovrapposizione tra gli antigeni presenti nel vaccino e i virus circolanti. I bambini più piccoli,
soprattutto per l’immaturità del loro sistema immunitario, raggiungono livelli anticorpali protettivi
solo in una parte dei casi. Inoltre, i vaccini inattivati inducono una maggiore risposta immune se
addizionati di specifici adiuvanti mentre quelli a base di virus vivi ed attenuati, pur se
maggiormente immunogeni degli inattivati, non sono ancora commercializzati in Europa e sono
registrati negli USA solo per i soggetti tra 2 e 49 anni. Infine, la comparsa di mutazioni virali
insorte dopo la preparazione dei vaccini, possono portare a scarsa attività degli anticorpi da questi
evocati. A questo proposito, si prevede che il virus che circolerà nella stagione 2010-2011 sia quello
originario AH1N1, per cui non sono attese varianti antigeniche di rilievo tali da comportare
riduzioni della risposta immunitaria al vaccino (3). In ogni caso, proprio in relazione alla sua
relativa bassa immunogenicità e al rischio di comparsa di mutazioni, è opportuno ripetere la
vaccinazione ogni anno.
Per quanto riguarda i soggetti a rischio, i dati disponibili dimostrano che attualmente una parte assai
rilevante di questi bambini non viene vaccinata e che, almeno in alcuni casi, anche se vaccinati
alcuni di questi soggetti non sono adeguatamente protetti perché la vaccinazione viene eseguita in
presenza di una grave immunocompromissione.
Per quanto riguarda il soggetto sano, le linee guida statunitensi raccomandano, ormai da qualche
anno, la vaccinazione universale dei soggetti tra i 6 mesi e i 18 anni, sottolineando l’importanza
della malattia in età pediatrica, indipendentemente dalla presenza di una patologia di base (23).
Considerando, tuttavia, che nel bambino più grande (>5 anni) altrimenti sano la sintomatologia è in
genere meno grave e più facilmente controllabile con gli antipiretici, le principali Società
Scientifiche del nostro Paese non prevedono di includere i bambini di età > 5 anni senza fattori di
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rischio tra i soggetti per i quali raccomandare la vaccinazione antinfluenzale. Al contrario, poiché
nei primi 5 anni di vita la malattia è frequente, può presentare criteri di gravità tali da comportare il
ricovero e ha un significativo impatto socioeconomico sul nucleo familiare, le principali
Associazioni Pediatriche che si interessano di igiene pubblica e della tutela della salute dei soggetti
di età pediatrica (SIP, FIMP e SItI) hanno recentemente incluso in una proposta di calendario
vaccinale la vaccinazione influenzale universale nella fascia di età 6 mesi-5 anni. In questi casi, la
vaccinazione si associa a un buon rapporto costo/beneficio e risulta in linea con le posizioni più
attuali di altri Paesi come l’Austria, certe aree della Germania e la Finlandia.
L’estensione della vaccinazione influenzale (tab.2) anche al bambino sano limiterebbe certamente
la circolazione del patogeno e consentirebbe di raggiungere elevate coperture vaccinali anche nei
soggetti con patologie croniche.
Età
Vaccino
Dosi e modalità di somministrazione
6-36 mesi
sub-unità, split o
virosomiale
2 dosi ripetute a distanza di almeno 4 settimane per bambini che vengono
vaccinati per la prima volta, formulazione pediatrica o mezza dose adulti (0,25 ml)
- 1 dose, se già vaccinati negli anni precedenti, formulazione pediatrica o mezza
dose adulti (0,25 ml)
3-9 anni
sub-unità, split o
virosomiale
2 dosi (0,50 ml) ripetute a distanza di almeno 4 settimane per bambini che
vengono vaccinati per la prima volta
- 1 dose (0,50 ml) se già vaccinati negli anni precedenti.
10-17 anni
sub-unità, split o
virosomiale
- 1 dose (0,50 ml)
Tabella 2 : Vaccini trivalenti stagionali
Raccomandazioni sull'impiego del vaccino antinfluenzale (17)
Bambini di età superiore ai 6 mesi affetti da:
a) malattie croniche a carico dell'apparato respiratorio (inclusa l’asma, la displasia
broncopolmonare, la fibrosi cistica e la broncopatia cronico ostruttiva-BPCO)
b) malattie dell’apparato cardio-circolatorio, comprese le cardiopatie congenite e acquisite
c) diabete mellito e altre malattie metaboliche
d) malattie renali con insufficienza renale
e) malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie
f) tumori
g) malattie congenite o acquisite che comportino carente produzione di anticorpi,
immunosoppressione indotta da farmaci o da HIV
h) malattie infiammatorie croniche e sindromi da malassorbimento intestinali
i) patologie per le quali sono programmati importanti interventi chirurgici
j) patologie associate ad un aumentato rischio di aspirazione delle secrezioni respiratorie (ad es.
malattie neuromuscolari)
Nei pazienti asmatici le linee guida GINA (18) raccomandano la vaccinazione anti-influenzale per
i pazienti con asma moderata o grave. Tuttavia, poche sono le evidenze nel bambino e nell’adulto
che la vaccinazione protegga contro l’esacerbazione dell’asma, come si evince dai dati sul vaccino
stagionale. In ogni caso, la vaccinazione non si associa ad un aumento della bronco reattività né ad
altri effetti collaterali.
Nei pazienti con FC i livelli di copertura vaccinale sono elevati: nel 2006 era stata pubblicata una
ricerca statunitense che registrava una copertura pari al 75-80% e un’ indagine più recente ha
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dimostrato un’aumento della copertura fino al 90% (19). Un fattore che sicuramente facilita il
raggiungimento di elevate coperture vaccinali è la regolare frequentazione, da parte di questi
pazienti, dei centri di riferimento, che sostengono l’utilità della vaccinazione per i loro pazienti.
I soggetti diabetici in età evolutiva vanno frequentemente incontro a scompenso quando
contraggono l’influenza, evenienza che viene evitata o resa meno probabile dalla vaccinazione.
I soggetti con patologie onco-ematologiche (20), superati i 6 mesi dall’off-therapy, hanno una
risposta immunitaria normale e, se contraggono l’influenza, vanno incontro ad un decorso clinico
sovrapponibile a quello che si osserva nei soggetti senza patologie di base. Nei primi 6 mesi di offtherapy, questi soggetti sono ancora immunocompromessi e più suscettibili all’infezione da virus
influenzale, che si manifesta con una maggiore frequenza e gravità. Pertanto questi soggetti con
patologie onco-ematologiche si avvantaggiano comunque della prevenzione vaccinale pur in
presenza di risposte immunitarie inferiori rispetto a quelle dei soggetti sani. L’esperienza del 2009
con il vaccino pandemico è stata positiva in termini di immunogenicità, con una percentuale di
soggetti che ha raggiunto la sieroprotezione pressoché totale (24). Anche nei nati pretermine e nei
soggetti con patologia cronica la sieroprotezione è stata raggiunta in quasi tutta la popolazione
vaccinata. Inoltre, non sono stati riscontrati problemi particolari di sicurezza in nessuna fascia di
età. Di per sé, l’antigene del virus pandemico A/H1N1 è particolarmente immunogenico .
L’MF59 utilizzato come adiuvante può avere ulteriormente contribuito ad accrescerne
l’immunogenicità (25,26).
Il pediatra è tenuto ad informare sempre il genitore del bambino con malattia cronica dei rischi ai
quali il figlio potrebbe andare incontro nel caso in cui contraesse l’influenza e della conseguente
necessità della vaccinazione.
Purtroppo, l’atteggiamento prescrittivo dei pediatri riguardo al vaccino non è sempre favorevole e
non lo è neppure quello dei centri vaccinali. Paradossalmente, gli stessi centri specialistici che
seguono i bambini affetti da malattie croniche hanno non di rado atteggiamenti contraddittori, frutto
quasi sempre di scarsa conoscenza del problema. E’ ben noto che le autorità sanitarie di tutti i paesi
sono concordi nel raccomandare la vaccinazione per tutti i soggetti con patologie croniche gravi,
indipendentemente dall’età (21,22). Inoltre, la vaccinazione universale è già praticata in molti paesi
e in molti altri è argomento di attenta valutazione.
Considerando che i tassi nazionali di copertura vaccinale nei soggetti a rischio sono estremamente
bassi, è indispensabile avviare ogni possibile iniziativa per incrementare il livello di conoscenza
della patologia influenzale, dei possibili rischi di complicanze e della sua prevenzione.
Profilassi post – contagio
Lo scopo della profilassi post-esposizione è quello di ridurre la diffusione del virus all’interno della
comunità e, soprattutto, in ambito familiare.
La ordinanza ministeriale 16/2009 prescrive di limitare la profilassi con inibitori della
neuraminidasi ai bambini che rientrano nelle categorie a rischio per lo sviluppo di complicanze, che
non sono stati vaccinati e che sono entrati in stretto contatto con persone infette (17). Uno studio
prospettico che ha coinvolto bambini di età compresa tra 1 e 12 anni, ha dimostrato che la profilassi
post-esposizione con oseltamivir, iniziata entro 48 ore dall’esordio dei sintomi in un familiare e
proseguita per 10 giorni, ha ridotto significativamente, dell’80,1%, l’incidenza di influenza
confermata mediante test virologico effettuato con tampone naso-faringeo rispetto a quanto si è
osservato in bambini che non avevano effettuato la profilassi (4% vs 21%; p=0,0206) (27).
La durata della profilassi post-esposizione va condotta per 10 giorni dal contatto. Si sottolinea che
l’uso preventivo degli antivirali può condurre ad un significativo aumento di varianti virali resistenti
e va, quindi, limitato ai casi che ne possono realmente trarre beneficio.
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6. Trattamento
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Gestione del bambino con influenza tra territorio ed Ospedale (criteri per
l’ospedalizzazione); percorsi assistenziali e prevenzione del contagio in ambiente
sanitario.
L’influenza deve essere gestita sul territorio, dal pediatra di famiglia, e devono essere limitati i
ricoveri ospedalieri, per contenere i costi, il disagio legato al ricovero e la diffusione nosocomiale
del virus, particolarmente pericolosa per i soggetti ospedalizzati affetti da malattie croniche. Il virus
influenzale è il terzo agente, in ordine di frequenza, come causa di infezioni nosocomiali in età
pediatrica, dopo il virus respiratorio sinciziale e il rotavirus. L’obiettivo è quindi quello di evitare
l’ospedalizzazione, se non necessaria.
Pertanto, è importante attenersi a criteri scientificamente provati per selezionare i pazienti da
ricoverare e quelli da trattare a domicilio. Le più recenti linee guida nazionali, per quanto riguarda
la gestione di soggetti pediatrici con sindrome influenzale, identificano quattro situazioni con
diverse raccomandazioni rispetto alla necessità o meno di ospedalizzare:
1. non si richiede necessariamente il ricovero, ma soltanto una più attenta osservazione medica per
individuare tempestivamente eventuali complicanze, quando si è in presenza di una delle
seguenti condizioni preesistenti: cardiopatie non cianogene, asma moderato-grave, patologia
respiratoria cronica, fibrosi cistica, insufficienza renale ed epatica, diabete e altre malattie
metaboliche, immunodeficienze congenite e acquisite, malattie neoplastiche, terapia steroidea
prolungate;
2. non si richiede necessariamente il ricovero, ma la gestione a livello domiciliare o ambulatoriale
da parte del pediatra, quando si è in presenza dei seguenti segni o sintomi: disidratazione
correggibile per via orale, basso peso neonatale o prematurità in soggetto di età superiore a 3
mesi, lieve distress respiratorio, episodi di convulsioni febbrili successivi al primo e non
complicati (chiedo un chiarimento sul punto convulsioni febbrili);
3. si può considerare il ricovero in presenza delle seguenti condizioni: incapacità della famiglia di
gestire il problema, condizioni economiche o sociali che non garantiscono una adeguata
assistenza a domicilio, età inferiore a 3 mesi associata a uno o più fattori di rischio, bronchiolite
in età superiore a 3 mesi, saturazione dell’ossigeno pari a 92-95%
4. è fortemente raccomandato il ricovero immediato nelle seguenti condizioni: disidratazione che
richiede reidratazione per via endovenosa o altra terapia per via venosa, frequenza respiratoria
>70 atti/min o saturazione 02 <92%, insufficienza respiratoria, convulsioni (primo episodio) o
sintomi neurologici, bronchiolite in lattante di età inferiore a 3 mesi, cardiopatie cianogene,
segni di setticemia.
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Trattamento sintomatico
Questo tipo di trattamento ha lo scopo di alleviare i sintomi associati all’infezione. Sono utili anche
semplici consigli, quali il riposo in ambiente confortevole, la somministrazione di antifebbrili,
l’adozione di una dieta bilanciata con particolare attenzione alla adeguata somministrazione di
liquidi, e di un apporto calorico minimo, considerando la difficoltà del bambino ad alimentarsi.
Nel trattamento dei sintomi associati all’influenza, come febbre e dolore, risultano efficaci diversi
anti-infiammatori non steroidei (FANS), il cui uso ha l’obiettivo di offrire sollievo al malessere
espresso dal paziente e non di controllare, in modo continuo e sistematico, la febbre. La principale
limitazione all’impiego degli antipiretici e dei FANS deriva dai possibili effetti collaterali. I
farmaci più utilizzati sono il paracetamolo e l’ibuprofene, equivalenti sia per efficacia sia per
sicurezza. Da ricordare che l’acido acetilsalicilico è controindicato nei bambini al di sotto dei 12
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anni perché é stata dimostrata l’associazione tra somministrazione di tale farmaco e insorgenza
della sindrome di Reye.
In assenza di complicazioni di verosimile origine batterica è da proscrivere l’impiego di antibiotici
nella sindrome influenzale, per la possibile comparsa di ceppi batterici antibiotico-resistenti e per il
costo economico molto elevato.
-
Trattamento antivirale
Il trattamento con antivirale deve essere rivolto a quei soggetti con influenza associata a
complicanze o affetti da una patologia di base che possa aumentare il rischio di complicanze.
Questi ultimi, infatti, devono essere vaccinati annualmente in periodo pre-epidemico, e , nel caso in
cui vadano incontro a sintomi di ILI (vedi criteri per diagnosi di ILI, tab 1) in periodo epidemico,
siano essi vaccinati o meno, devono ricevere un trattamento antivirale entro 48 ore dall’insorgenza
della sintomatologia.
Per i soggetti “a rischio” l’influenza rappresenta quindi un pericolo potenzialmente grave e
poiché la vaccinazione anti-influenzale ha un’efficacia che non supera mai il 75-80% (spesso è
nettamente inferiore), l’impiego degli antivirali all’esordio dei sintomi è raccomandato in
questo gruppo di soggetti.
Tra gli antivirali, l’uso di amantadina e rimantadina non è raccomandato ormai da anni, per la scarsa
efficacia, i possibili eventi avversi e l’insorgere di fenomeni di resistenza.
Un’analisi condotta su un’ampia popolazione pediatrica in territorio canadese ha evidenziato che il
trattamento con oseltamivir è risultato efficace nel prevenire le complicanze associate all’influenza
pandemica e nel ridurre la sintomatologia associata, tanto che le linee guida nazionali canadesi ne
prevedono l’uso in prima linea, lasciando lo zanamivir ai casi con sospetta/manifesta oseltamivirresistenza (28,29).
Oseltamivir è approvato per la terapia dell’influenza nei bambini di età superiore a un anno. A
seguito del diffondersi della nuova pandemia, la FDA negli USA e l’EMA in Europa hanno
approvato l’uso di oseltamivir anche in lattanti con età inferiore a un anno (30). L’opportunità di
somministrare la terapia con oseltamivir nei bambini in questa fascia di età deve essere valutata
caso per caso, anche in relazione all’entità delle manifestazioni cliniche o, per la profilassi, al
rischio di complicanze. E’ importante rispettare strettamente il dosaggio pro-kilo indicato (Tab. 3).
E’ opportuno somministrare la terapia antivirale all’esordio dei sintomi in considerazione
dell’evoluzione patogenetica : se si considera, infatti, che il virus provoca un danno dell’epitelio,
quanto prima viene bloccata la replicazione virale, tanto minore è il danno e minori sono quindi le
probabilità che insorgano complicanze respiratorie importanti. Anche nei bambini, come negli
adulti, è stato dimostrato che l’inizio precoce del trattamento aumenta notevolmente i benefici
clinici.
Tabella 3. Trattamento antivirale dell’influenza con oseltamivir in età pediatrica
Tabella 1. Trattamento
antivirale dell’influenza
A/H1N1 in età pediatrica
Oseltamivir
(Tamiflu):
per os
Età
1-12 anni
Peso
Dose terapeutica
Dose profilattica
< 15 kg
30 mg 2 volte/die per 5 giorni
30 mg 1 volta/die per 10 giorni
>15-23 kg
45 mg 2 volte/die per 5 giorni
45 mg 1 volta/die per 10 giorni
>23-40 kg
60 mg 2 volte/die per 5 giorni
60 mg 1 volta/die per 10 giorni
8
> 40 kg
≥ 13 anni
75 mg 2 volte/die per 5 giorni
75 mg 1 volta/die per 10 giorni
75 mg 2 volte/die per 5 giorni
75 mg 1 volta/die per 10 giorni
Il trattamento per soggetti di età < 1 anno registrato dall’EMA è di 2-3 mg/kg 2 volte al giorno per 5
giorni; per la profilassi la dose indicata è di 2-3 mg/kg 1 volta al giorno per 10 giorni (28).
Al di sotto dell’anno di età (viene specificato in scheda tecnica che il farmaco può essere utilizzato
per bambini di età inferiore ad 1 anno in periodo pandemico) la posologia suggerita è quella
riportata nella Tabella 4.
Tabella 4. Trattamento antivirale dell’influenza con oseltamivir nel primo anno di vita.
Dosaggio
Età
Terapia
Profilassi
< 3 mesi
12 mg 2 volte al giorno
per os per 5 giorni
Non raccomandata a meno di situazioni critiche eccezionali
per la mancanza di dati in questa fascia di età
3-5 mesi
20 mg 2 volte al giorno
per os per 5 giorni
20 mg 1 volta al giorno per os per 10 giorni
6-11 mesi
25 mg 2 volte al giorno
per os per 5 giorni
25 mg 1 volta al giorno per os per 10 giorni
In caso di insufficienza renale (clearance della creatinina < 30 ml/min/1,72 m2), la dose di
oseltamivir deve essere dimezzata: 1 dose al giorno nella terapia, 1 dose a giorni alterni nella
profilassi post-esposizione (28).
Dal momento che il cibo non influenza l’assorbimento del farmaco, si consiglia di assumerlo ai
pasti per ridurre l’eventualità di nausea o vomito, specie in bambini.
Zanamivir, invece, è approvato dai 5 anni per la terapia e per la profilassi dell’influenza. La Tabella
5 riporta i dosaggi raccomandati (29).
Tabella 5. Trattamento antivirale dell’influenza con oseltamivir in età pediatrica
Zanamivir
(Relenza):
per inalazione
≥ 5 anni
2 inalazioni (totale 10 mg) 2 2 inalazioni (totale 10 mg) 1 volte/die per 10 giorni
volte/die per 5 giorni
Al momento non sono note interazioni farmacologiche per zanamivir, mentre per oseltamivir
potrebbero esservi interazione con farmaci ad eliminazione renale che ne riducono la clearance (per
es. probenecid) (29).
Vi sono timori che un uso sistematico e indiscriminato degli antivirali favorisca la comparsa di
ceppi virali resistenti. La resistenza a oseltamivir si è sviluppata in modo molto diverso nel virus
stagionale e nel virus pandemico. Sono state segnalate resistenze in percentuali altissime di ceppi
virali stagionali H1N1, isolati anche da bambini senza patologie di base: si trattava, però, di
resistenze non correlate a una maggiore gravità clinica e non correlate all’uso del farmaco. Virus
9
pandemici resistenti, invece, sono stati molto più rari, correlati con l’utilizzo del farmaco, e sono
stati isolati da casi più gravi e complicati in pazienti con patologie di base (31).
E’ molto importante il monitoraggio virologico per la comparsa di eventuali mutazioni e, quindi, di
eventuale resistenza agli antivirali.
7. Gestione della emergenza-urgenza
Durante la precedente stagione, anche la prescrizione della terapia antivirale e la gestione dei
pazienti con patologie croniche di base a rischio di complicanze si è rivelata problematica perché si
è trattato di una vera criticità, che ha posto all’attenzione dei sanitari l’opportunità di attuare le
migliori strategie per la prevenzione delle complicanze, considerando che alcune U.O Pediatriche
erano prive di posti letto per cure intensive. Fortunatamente solo in alcune situazioni circoscritte, ci
sono stati anche dei decessi. La riduzione dei posti letto pediatrici, avvenuta nell’ultimo decennio in
conseguenza del miglioramento generale dello stato di salute dei pazienti in età evolutiva e della
necessità della razionalizzazione nell’utilizzazione delle risorse assistenziali, la cronica scarsa
disponibilità di posti letto nei reparti di terapia intensiva (UTIP) e la non ancora sufficientemente
diffusa cultura dell’assistenza semintensiva nei reparti pediatrici, crea notevoli difficoltà gestionali
nei periodi epidemici, tipici dei mesi invernali. L’offerta assistenziale ospedaliera ai pazienti critici
o con malattie complesse, derivanti dall’insorgenza di complicanze o dalla co-presenza/scompenso
di patologie croniche preesistenti, necessita di precisi indirizzi. Quando il ricovero è indicato i
percorsi utilizzabili, a seconda della criticità dello stato clinico del bambino, sono; l’Osservazione
Breve, il Ricovero urgente in un’unità operativa pediatrica dotata di posti letto per assistenza
semintensiva o l’invio all’UTIP (Box 1). Le scelte della destinazione sono definibili sulla base
della presenza di determinati criteri, tenendo presenti quelli già specificati nel paragrafo 6 e le
indicazioni dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità. La gestione della sindrome influenzale. http://www.snlgiss.it/lgn_influenza_2008).
Box 1: Gestione dell’urgenza emergenza influenzale nelle strutture ospedaliere: criteri per la
scelta della destinazione dopo la valutazione in Pronto Soccorso
1. Osservazione breve:
 distress respiratorio di grado moderato
 stato febbrile prolungato o riacutizzato per escludere complicanze
 necessità di procedure disponibili in ospedale (Ossigeno terapia per SO2 pari a 92-95%,
reidratazione per via venosa etc) in bambini presumibilmente dimissibili in 24 ore.
 Età inferiore a 3 mesi associata a uno o più fattori di rischio
 Necessità di accertamenti per sospetto clinico della presenza di patologie complesse
 bronchiolite in età >3 e < 6 mesi, con distress respiratorio lieve
 Impossibilità di gestione domiciliare
2. Ricovero in UO pediatrica dotata di posti letto per le cure semintensive
 Distress respiratorio grave
 bronchiolite in lattante di età inferiore a 3 mesi
 patologia respiratorie complesse
 Patologia polmonare in malattia cronica scompensata
 cardiopatie cianogene
 bronchiolite con insufficienza respiratoria
 sepsi
10
3. Ricovero in UTIP
 Indicazioni all’intubazione
 FiO2 >.8 per più di 12 ore *
 PaO2/FiO2 < 150 per 4 ore in condizioni di ottimizzazione della ventilazione*
 Stato settico con necessità di controllo della pressione venosa centrale
 Shock con patologia d’organo
*http://www.normativasanitaria.it/normsan-pdf/0000/30366_
8. Gestione della emergenza epidemica e pandemica
La recente pandemia da virus A(H1N1) del 2009 ha evidenziato come la gestione organizzativa di
un’epidemia o pandemia può essere efficace e adeguata se supportata da un’autorevole, corretta,
continua e precoce informazione della popolazione attraverso i mass media. L’informazione diffusa
ha riguardato le caratteristiche dell’epidemia, i segni e i sintomi per il riconoscimento e le modalità
per ridurre la trasmissione del contagio. Di fatto essa ha condizionato i comportamenti della
popolazione.
E’ da ritenersi altrettanto importante la disponibilità, per il cittadino, di Servizi di consulenza
telefonica gestiti da personale sanitario opportunamente formato che erano in grado di rassicurare i
genitori e fornire consigli per un utilizzo più appropriato delle strutture del SSN, in quanto
opportunamente forniti di modelli di triage specificatamente predisposti (Box 2).
Questa funzione, già istituita temporaneamente in corso delle precedenti epidemie in alcune regioni,
ha contribuito a far rispettare i criteri di accesso alle strutture ambulatoriali ed ospedaliere e a
diffondere la cultura della prevenzione della diffusione del contagio.
Efficace nella gestione è infatti la conoscenza ed il rispetto delle misure preventive raccomandate: il
lavaggio frequente delle mani, in particolare dopo aver tossito o starnutito; una buona igiene
respiratoria; coprire bocca e naso quando si tossisce e si starnutisce; mascherine nelle situazioni di
rischio. (Ministero della Salute. Circolare per la prevenzione e il controllo dell’influenza:
raccomandazioni per la stagione 2010-2011).
Il modello utilizzato in corso della pandemia da virus A(H1N1) si è quindi dimostrato efficace e
opportunamente reiterabile per la gestione delle prossime epidemie influenzali soprattutto se ad essa
corrisponde una valida e coordinata risposta nell’offerta integrata su tutto il territorio nazionale da
parte dei sanitari, per un controllo degli accessi alla pediatra di Libera Scelta e ai Pronto Soccorso.
Box 2. Esempio di Triage telefonico per operatori sanitari di C.O 118 o del PS per pazienti
con segni/sintomi riferibili ad una sindrome influenzale
Respira veloce o rumoroso
Respira con difficoltà dopo lavaggio nasale
Colore della pelle bluastro e grigiastro presenza di petecchie o ematomi
Non beve abbastanza liquidi
Minziona meno del solito
Vomita
Non si sveglia o non interagisce come al solito
E’ irritabile da non voler essere tenuto in braccio
Caratteristiche della febbre; non responsiva ad antipiretici, riacutizzazione in corso della
malattia o recidiva , dopo scomparsa ha avuto un incremento significativo
11
Disponibilità di contatto col medico curante o di accesso al Pronto Soccorso
9. La comunicazione
Per un’informazione e un’educazione sanitaria corretta, efficiente ed efficace è importante che vi
sia sintonia di messaggi tra tutti gli operatori sanitari e questo richiede la partecipazione e la
collaborazione integrata degli organismi e dei sistemi coinvolti a livello regionale e nazionale
La SIP deve svolgere una funzione formativa sia per i pediatri sia per le famiglie, perché è
importante che si contrapponga un messaggio scientificamente corretto a quello spesso allarmistico
e fuorviante dei mass-media. E’ molto importante, inoltre, che i messaggi che provengono dalla SIP
concordino con quelli del Ministero della Salute, per una sintonia di contenuti e una conseguente
efficacia in ambito sanitario e sociale.
L’influenza di per sé è sempre stata considerata dalle autorità del nostro Paese una malattia lieve in
età pediatrica. Nel corso dello scorso anno l’atteggiamento delle autorità sanitarie di tutti i Paesi
mutò in considerazione delle caratteristiche pandemiche del virus e mutarono conseguentemente le
raccomandazioni, con l’inclusione dei bambini tra i gruppi da sottoporre prioritariamente a
vaccinazione; la comunicazione dei media proiettò in una prima fase un’immagine apocalittica della
pandemia (quasi ogni giorno finiva in prima pagina un decesso causato da influenza pandemica),
costringendo gli esperti a ricordare che ogni anno muoiono migliaia di persone a causa
dell’influenza e che la situazione attuale non pareva particolarmente preoccupante. Tutto questo
accadeva quando il vaccino non era ancora disponibile. Nel frattempo la pandemia si propagava e
tutti si resero conto che non si trattava certo della “peste del XXI° secolo”. Quando il vaccino venne
reso disponibile, l’atteggiamento della popolazione era ormai condizionato da messaggi così
contraddittori e la campagna vaccinale fu un fallimento. Anche la discussione sull’interesse
commerciale delle aziende ha creato notevoli perplessità nella popolazione. E’ probabile che questo
allarmismo comunicazionale susciti, come conseguenza, la diffidenza della popolazione, sia sana
sia affetta da patologie croniche, con il rischio che i pazienti e le loro famiglie pensino che il
suggerimento della vaccinazione nasconda secondi fini. Tale diffidenza riguarda anche il personale
sanitario, medici inclusi, in cui la copertura vaccinale contro l’influenza pandemica è risultata
molto bassa (circa il 10%). Alla luce dell’esperienza maturata, possiamo dire che in situazioni di
incertezza scientifica e’ fondamentale che le persone vengano informate e vengano messe in grado
di comprendere le numerose incertezze, le poche aree di certezza e le motivazioni di alcune
decisioni del momento prese nel corso della pandemia. Quando i cittadini sono coinvolti e
partecipano alle scelte si sentono rispettati, hanno maggior fiducia nelle Istituzioni, e nel momento
dell’emergenza, saranno molto probabilmente più disposti a collaborare e ad affrontare situazioni
difficili.
Quest’anno, proprio per la paura e la diffidenza maturate lo scorso anno, dovremo affrontare
notevoli difficoltà di comunicazione per la vaccinazione 2010-2011, col rischio di raggiungere
coperture ancora più basse che nel passato. Ricordiamo che le famiglie e i pazienti chiedono di
ricevere informazioni chiare, veritiere ed autorevoli, quindi credibili e in questo processo
comunicativo, il pediatra e’ riconosciuto dai genitori come la più importante figura di riferimento.
Uno strumento utile per favorire una buona informazione e garantire una sintonia di messaggi può
essere l’utilizzo,da parte degli operatori sanitari, di materiale informativo, realizzato dalla Comunità
Scientifica, da poter discutere con le famiglie. Naturalmente gli opuscoli,le comunicazioni
telematiche non possono sostituire il dialogo medico-paziente, ma rappresentano un utile supporto
per un’ informazione precisa ed accurata. Inoltre il rispetto delle raccomandazioni proposte dalla
comunità scientifica, può aiutare il pediatra anche dal punto di vista etico e medico-legale, perché
l’aderenza a queste regole è la migliore garanzia in situazioni difficili, oggetto di contenzioso.
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Prof. Alberto Giovanni Ugazio
Direttore Dipartimento Medicina Pediatrica Ospedale Bambin Gesù Roma
Presidente Società Italiana di Pediatria
Dott.ssa Marina Picca
Responsabile del Dipartimento formazione permanente Fimp Lombardia
Prof. Nicola Principi
Direttore Clinica Pediatrica I Università degli Studi di Milano
IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena
Clinica Pediatrica De Marchi
15
Prof.ssa Susanna Esposito
Professore Associato di Pediatria, Università degli Studi di Milano
Direttore facente funzione Clinica Pediatrica 1
Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico,
Milano
Prof.ssa Carla Colombo
Professore Associato, Università degli Studi di Milano
Centro Regionale di riferimento Fibrosi Cistica
Fondazione IRCCS Cà Granda, Ospedale Maggiore Policlinico
Clinica Pediatrica De Marchi, Milano
Dr Elio Castagnola
U.O. di Malattie Infettive. Istituto G. Gaslini, Genova.
Dott. Gianni Messi
Direttore Struttura Complessa Operativa Pediatria d'Urgenza
Burlo Garofolo Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico materno-infantile
Prof. Giovanni A. Rossi
Responsabile U.O.C. di Pneumologia – Istituto G. Gaslini Genova
Prof. Pasquale Di Pietro
Primario Pronto Soccorso Medico Osservazione Istituto G.Gaslini Genova
Direttore DEA Pediatrico
Dott. Giuseppe Di Mauro
Responsabile U.O.Neonatologia e Pediatria ASL CE2 Regione Campania
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