Finanza Aziendale Modulo B Agenda Struttura finanziaria q Fonti di finanziamento e impatto regole Basilea 3 q Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria q Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali q 2 Agenda Struttura finanziaria q Fonti di finanziamento e impatto regole Basilea 3 q Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria q Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali q 3 La struttura finanziaria Per struttura finanziaria si intende l’insieme dei diversi titoli emessi da un’impresa, ovvero, l’insieme delle fonti di finanziamento utilizzate da un’impresa. Alcuni tra i fattori più importanti che influenzano la struttura finanziaria: q il tasso di sviluppo delle vendite future q la stabilità delle vendite future q la struttura concorrenziale del settore q la struttura dell’attivo aziendale q la situazione di controllo e l’atteggiamento rispetto al rischio da parte dei proprietari e della direzione q l’atteggiamento dei creditori verso l’azienda ed il settore 4 La struttura finanziaria L’obiettivo dello studio della struttura finanziaria dell’impresa è quello di trovare una risposta alle due seguenti importanti domande: q se esiste una struttura finanziaria ottimale che massimizzi il valore dell’impresa; q come è possibile determinare il rapporto ideale tra debiti e mezzi propri. La struttura finanziaria Le componenti della struttura finanziaria d’impresa, sintetizzabili in mezzi propri e capitale di debito, si distinguono in ulteriori sottocategorie. q IL CAPITALE PROPRIO I mezzi propri (equity) sono costituiti da capitale fornito dai proprietari dell’azienda all’atto della costituzione e successivamente per finanziarne l’attività, dalle riserve e dalla somma degli utili generati dall’impresa che non vengono distribuiti agli azionisti. Il tutto al netto delle perdite possibili registrate dalla società. 6 La struttura finanziaria Capitale Sociale (azioni ordinarie, di risparmio, privilegiate) q Il capitale proprio Sovrapprezzo azioni Riserve Accantonamento utili Rivalutazione monetaria, ecc Utili non distribuiti / Perdite esercizi precedenti 7 La struttura finanziaria q IL CAPITALE DI DEBITO Per capitale di debito si intendono i debiti di natura finanziaria di tipo oneroso, non correlati quindi alla gestione corrente. Il debito finanziario può assumere forme e caratteristiche a seconda della durata, del costo, delle garanzie e così via. In particolare, si vuole qui ricordare il debito bancario (a breve o a medio-lungo termine) ed il debito obbligazionario (con obbligazioni convertibili o non convertibili). 8 La struttura finanziaria Debito bancario q Debito a breve termine (c/c, apertura di credito, ecc.) Debito a medio-lungo termine (mutuo, finanziamento in pool, ecc.) Debito finanziario Debito obbligazionario Obbligazioni non convertibili Obbligazioni convertibili / cum warrant 9 La struttura finanziaria q Ai fini della valutazione della struttura finanziaria, infatti, si fa riferimento esclusivamente al rapporto tra le componenti finanziarie nette dell’impresa ed il capitale proprio, senza considerare le attività e le passività a breve ed a medio-lungo legate alla gestione caratteristica. q Le componenti finanziarie sono rappresentate dalla posizione finanziaria netta, individuata come somma dei debiti di natura finanziaria al netto delle liquidità immediate. 10 La struttura finanziaria La struttura finanziaria ottimale q q Alla domanda se esista o meno una struttura finanziaria ottimale non è possibile dare una risposta assoluta, fornire cioè le indicazioni generali, valide in ogni situazione, per creare la struttura finanziaria ideale. Si può affermare invece che, in funzione della situazione di un’impresa, del suo ambiente di riferimento e degli obiettivi che l’impresa stessa si pone, esiste una struttura finanziaria che può essere tendenzialmente considerata ottimale, o, comunque, la più adeguata. Per individuarla è necessario considerare tre punti di vista: il rendimento per gli azionisti, la valorizzazione del capitale dell’impresa, la ricerca dell’equilibrio e della flessibilità finanziaria. 11 La struttura finanziaria La struttura finanziaria di ogni impresa è spesso indicata in modo sintetico attraverso il ricorso al grado di leva finanziaria, intendendo con esso il rapporto che intercorre tra il totale dei debiti finanziari (comprendente anche il quasi equity) ed il capitale proprio: q Leva Finanziaria = D / E dove: D = totale capitale di debito al momento t E = totale mezzi propri al momento t. 12 La struttura finanziaria Attraverso la leva, è possibile utilizzare il debito per aumentare il rendimento atteso del capitale proprio. Quindi: q D / E = 1 situazione neutra q D / E > 1 situazione da monitorare q D / E < 1 situazione di potenziale inespresso 13 Agenda Struttura finanziaria q Fonti di finanziamento e impatto regole Basilea 3 q Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria q Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali q 14 Le fonti di finanziamento Per lo start up e la conduzione di un’impresa è necessario avere a disposizione capitale di avviamento e, in un secondo tempo, di capitali di gestione, necessari a svilupparla e mantenerla. Attraverso studi di fattibilità, pianificazioni aziendali, ricerche di mercato, proiezioni di costi e ricavi dell'azienda, è possibile sviluppare un prospetto economico che dia evidenza del fabbisogno aziendale in quel determinato tempo. Sarà anche importante conoscere la terminologia specifica, in vista dei rapporti da intrattenere con le banche o con eventuali investitori. Innanzitutto suddivideremo il capitale in due categorie principali: q In funzione della tipologia di impiego q In funzione della fonte di finanziamento. 15 Le fonti di finanziamento: il capitale per tipologia di impiego CAPITALE FISSO Il capitale fisso è il capitale necessario per impiantare un'impresa. Consiste negli investimenti dedicati a: q acquisizione di macchinari; q tecnologie; q strutture; q attrezzature; q impianti; q etc. Si tratta di quella parte di capitale produttivo che è a lungo tempo di recupero: i beni acquistati sono destinati a rimanere nell'azienda per molto tempo, e pertanto non produrranno ricavi immediati. E' importante specificare che nella contabilità il loro costo di acquisizione viene ripartito in più esercizi. 16 Le fonti di finanziamento: il capitale per tipologia di impiego CAPITALE CIRCOLANTE Il capitale circolante, detto anche di esercizio, è costituito da quella parte di capitale dell'azienda che produrrà ricavi nell'arco dell'anno. Oltre al denaro presente sui conti correnti aziendali fanno parte del capitale circolante anche q le scorte di magazzino, q i crediti commerciali q tutte quelle voci di cassa che possono servire a finanziare l'attività nell'immediato. 17 Le fonti di finanziamento: il capitale per fonti di finanziamento CAPITALE DI CREDITO AGEVOLATO q Sono attive a livello comunitario, nazionale o regionale, iniziative che si propongono di facilitare la creazione di nuove imprese produttive, o di sostenere quelle già esistenti. Le agevolazioni che si possono ottenere interessano tutti i settori produttivi, dal commercio al turismo, dai servizi all'industria, dall'artigianato all'agricoltura. q Fondamentale, per accedere a finanziamenti e agevolazioni, è presentare agli organi competenti progetti validi e convincenti, attraverso l'ausilio di studi e ricerche nel settore in cui si intende operare, e la presentazione di uno sviluppo dettagliato del piano di fattibilità (Business plan). continua 18 Le fonti di finanziamento: il capitale per fonti di finanziamento q q Occorrerà presentare il progetto tenendo conto dei parametri in base ai quali verrà assegnato il punteggio in graduatoria, poiché solo i progetti migliori accederanno alla valutazione successiva. La metodologia con cui tali parametri vengono applicati è piuttosto articolata, tuttavia possiamo fare riferimento ad alcune linee guida, quali ad esempio operare all'interno delle vigenti leggi a livello comunitario e possedere i requisiti oggettivi richiesti dalla legge specifica cui si fa riferimento. E’ consigliabile pertanto, in fase iniziale, di pensare e progettare personalmente l'idea produttiva, ma di rivolgersi a esperti e professionisti del settore per quanto riguarda i dettagli tecnici, considerando che tra le voci di spesa finanziabili e rimborsabili rientrano anche le consulenze. continua 19 Le fonti di finanziamento: il capitale per fonti di finanziamento Il punteggio di graduatoria è calcolato comunque anche in base ad altri fattori: q la categoria di produzione di beni in cui si decide di operare e lavorare; q il ricavo ipotizzato dall'impresa; q il numero di dipendenti a cui si offre lavoro; q la richiesta di mercato e il consenso del prodotto o del servizio che si propone; q l'impatto ambientale; q la possibilità di riciclaggio del materiale di scarto; q la possibilità di ampliamento e sviluppo dell'impresa; q la precisione delle indagini di mercato relazionate e della concorrenza; q la struttura del piano di fattibilità (businnes plan) dell'iniziativa produttiva. 20 Le fonti di finanziamento: il capitale per fonti di finanziamento CAPITALE PROPRIO O DI SOCI q Al momento della costituzione, l'impresa dovrebbe essere dotata di capitali propri adeguati alle esigenze di investimento. Tuttavia, qualora tale ipotesi non dovesse verificarsi, l'imprenditore può fare ricorso a capitali messi a disposizione da terzi che entrano a far parte dell'impresa in qualità di soci finanziatori, in cambio di una percentuale degli utili derivanti dall'attività. La ricerca di Capitali Propri può essere intrapresa usufruendo di agevolazioni finanziarie proposte dalle vigenti leggi, oppure ricorrendo a istituti di credito e banche (Capitale di rischio). L'individuazione e la ricerca di soci finanziatori, invece, è in funzione della capacità di convincimento dell'imprenditore e dalla validità del progetto proposto. 21 Le fonti di finanziamento: il capitale per fonti di finanziamento CAPITALE DI RISCHIO q Quando l'imprenditore e i soci non riescono a disporre di capitali sufficienti, si può ricorrere a società finanziarie o di venture capital che siano disposte a partecipare ai rischi di impresa con lo scopo di realizzare un guadagno. In realtà la partecipazione di tali organizzazioni è spesso possibile solo in caso di imprese con elevate prospettive di sviluppo. 22 Le fonti di finanziamento: il capitale per fonti di finanziamento CAPITALE DI CREDITO ORDINARIO q Il capitale di credito ordinario, è il capitale messo a disposizione da terzi in cambio di un pagamento in percentuale che viene definito Tasso di Interesse. In funzione del quantitativo di finanziamento ricevuto e al tempo che viene messo a disposizione, il tasso di interesse varia notevolmente. Principalmente tale procedura si applica con banche, istituti di credito e finanziarie. q Oltre al costo del tasso di interesse, un altro aspetto da prendere in considerazione in questa casistica riguarda le garanzie di pagamento che l'imprenditore può dimostrare all'ente che eroga il finanziamento. Le garanzie richieste possono essere suddivise in: Garanzie Reali e Garanzie Personali. Le Garanzie Reali consistono in beni dati in garanzia al finanziatore: si parla di "pegno" quando si tratta di beni mobili, e di "ipoteca" nel caso di beni immobili. 23 Basilea 3: da Basilea 2 a Basilea 3 Da Basilea 2 a Basilea 3 Il Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria (Basel Committee on Banking Supervision, BCBS), con le nuove regole sull’adeguatezza patrimoniale e di liquidità emanate il 16 dicembre 2010 (Basel III – A global regulatory framework for more resilient banks and banking systems, December 2010, rev June 2011), ha inteso correggere alcuni fra i principali difetti della regolamentazione prudenziale messi in evidenza dalla crisi. Basilea III non solo rende più severa la disciplina del capitale dettata da Basilea II, ma introduce anche regole nuove, fra cui le principali sono quelle sui requisiti di liquidità e sul leverage. Analizziamo i dettagli. 24 Basilea 3: da Basilea 2 a Basilea 3 Le principali criticità di Basilea II riguardano: q Capitale delle banche q Copertura dei rischi q Liquidità q Profili macroprudenziali 25 Basilea 3: da Basilea 2 a Basilea 3 q Capitale delle banche La severità della crisi finanziaria è imputabile in larga misura al fatto che in molti paesi le banche avevano assunto rischi eccessivi senza un proporzionale incremento del livello di capitalizzazione. A questo si deve aggiungere che il capitale era in larga misura di qualità insufficiente dal punto di vista della capacità di assorbimento delle perdite. 26 Basilea 3: da Basilea 2 a Basilea 3 q Misura e copertura dei rischi (ponderazioni) I criteri di calcolo dei coefficienti di ponderazione definiti da Basilea II sottovalutano i rischi degli impieghi di natura finanziaria (esposizioni del trading book, ivi comprese quelle derivanti dalle cartolarizzazioni, soggetti sia a rischi di mercato sia a rischi di controparte). Il trattamento privilegiato delle attività finanziarie, in termini di assorbimento di capitale, è basato sull’ipotesi che i mercati in cui sono trattate queste attività siano costantemente liquidi ed efficienti. La fragilità di questa ipotesi è stata dimostrata dalla crisi: un’aliquota rilevante delle perdite subite dalle banche e dagli altri intermediari è derivata proprio dalle attività di mercato. Anche molte delle poste fuori bilancio hanno per Basilea II una ponderazione insufficiente, che non tiene conto del rischio di “reintermediazione” delle esposizioni fuori bilancio, ossia del rischio che queste operazioni si trasformino in attivi per cassa di bassa qualità in situazioni di stress dei mercati. continua 27 Basilea 3: da Basilea 2 a Basilea 3 continua Le distorsioni derivanti dalla minore ponderazione attribuita alle attività finanziarie sono state principalmente due: in primo luogo, è stato incentivato lo spostamento dell’intermediazione bancaria verso l’attività di mercato, con il contestuale rafforzamento dello shadow banking system (“sistema bancario ombra”2), ossia istituzioni finanziarie non (o poco) regolamentate, sulle quali le banche hanno trasferito parte della loro operatività (un esempio sono i processi di cartolarizzazione, specie di tipo sintetico); in secondo luogo, sono stati discriminati dal punto di vista regolamentare i prestiti alle imprese. 28 Basilea 3: da Basilea 2 a Basilea 3 q Liquidità Durante gli anni precedenti la crisi, molte banche si erano abituate a operare con uno sbilancio di scadenze e di valute molto consistente e con margini ridotti di disponibilità liquide, confidando nella costante possibilità di approvvigionarsi di liquidità sul mercato facilmente e a costi contenuti. All’esplodere della crisi, per effetto della perdita di fiducia nella liquidità delle banche, l’offerta di risorse liquide delle controparti di mercato si è ridotta drasticamente, generando severi problemi di funding e obbligando le banche centrali ad erogare volumi consistenti di credito di emergenza. 29 Basilea 3: da Basilea 2 a Basilea 3 Profili macroprudenziali Uno dei principali limiti del modello di regolamentazione prudenziale di Basilea è l’ottica microprudenziale, come se garantire la solvibilità della singola banca equivalesse a garantire la stabilità del sistema bancario come aggregato. La crisi ha dimostrato che un approccio solo microprudenziale lasciava spazio al generarsi di fattori d’instabilità a livello sistemico. I principali fattori di rischio sistemico non adeguatamente coperti da Basilea II sono: - la prociclicità, ossia la tendenza delle banche a comportarsi in modo da amplificare le fasi cicliche dell’economia; - la interconnessione, ossia la concentrazione di rischi all’interno di settori del sistema finanziario (banche e altri intermediari) fra loro legati da contratti di scambio e di copertura dei rischi; - i fenomeni di azzardo morale originati da banche divenute di dimensioni troppo grandi - e troppo interconnesse fra di loro - per essere lasciate fallire. q La rilevanza sistemica delle banche implica che, in caso di crisi, il loro fallimento deve essere evitato con interventi a carico dei bilanci pubblici. L’effetto è di trasferire dagli azionisti ai contribuenti i costi dei salvataggi delle banche too big and too interconnected to fail. 30 Basilea 3: conseguenze sulle aziende Requisiti richiesti alle imprese per accesso al credito bancario Requisiti informativi •Impresa •Attività •Prodotto/servizio - Fonti di finanziamento - Piano finanziario per la copertura dei fabbisogni - Calcolo dei più importanti indicatori allo scopo di rappresentare lo stato di salute dell’impresa Info di tipo storico Requisiti organizzativi •Strategie commerciali •Mercato e concorrenza •Ciclo di produzione •Ecc… Requisiti finanziari •Risorse finanziarie •Dati economici, finanziari, patrimoniali degli ultimi bilanci •Proiezioni economico/ finanziarie Riguardano i 3 anni precedenti e comprendono, in sintesi: - il bilancio riclassificato per l’analisi economico-finanziaria; - un set di indicatori di equilibrio economico-finanziario; - il rendiconto finanziario Info di tipo prospettico - piano economico; stato patrimoniale prospettico (finanziario e per aree gestionali); piano finanziario, secondo lo schema di rendiconto finanziario; indicatori. 31 Basilea 3: meritorietà di credito all’impresa La Banca è un'impresa che riceve del denaro dalla collettività, sotto forma di risparmio, e che impresta detto denaro a terzi soggetti, sotto forma di finanziamento. Per non andar fuori strada, evitiamo di parlare di strumenti finanziari complessi e restiamo al “core” dell'Istituto Bancario: q Ricevere depositi pagando un interesse ai depositanti, q emettere dei prestiti incassando un interesse dai debitori. interessi in entrata - interessi in uscita = risultato operativo della funzione bancaria o utile Il denaro che la Banca concede a terzi deve essergli restituito, e la Banca sopporta il rischio che ciò non avvenga. Stiamo parlando del rischio creditizio. Le Banche devono costantemente mantenere un ammontare minimo di patrimonio di vigilanza, rispondente al cosiddetto coefficiente di solvibilità, che si calcola sul complesso delle attività ponderate in riferimento ai rischi di subire delle perdite per l'inadempimento dei debitori. 32 Basilea 3: meritorietà di credito all’impresa Coefficiente di solvibilità e VAR La Banca riceve i depositi della collettività e, a richiesta, li restituisce con gli interessi. Il “lavoro” della banca è imprestare denaro, solo una parte delle somme ricevute non viene impiegato, mentre la maggior parte viene usata per prestar denaro a terzi o per altre funzioni di investimento. Il denaro imprestato corre il rischio di non essere restituito, e questo rischio deve essere fronteggiato da un accantonamento interno, il Patrimonio di Vigilanza (Equity cushion), che deve garantire la possibilità alla Banca di far fronte ai propri impegni in ogni caso. Ciò a tutela dei depositanti che, altrimenti, non potrebbero più ottenere la restituzione dei propri averi nel caso la Banca fallisse. Il Patrimonio di Vigilanza è commisurato al Coefficiente di Solvibilità dell'8%, ponderato con il rischio sui depositi esistenti. 33 Basilea 3: meritorietà di credito all’impresa Elementi costitutivi del patrimonio di vigilanza minimo secondo Basilea III Il patrimonio di vigilanza è composto da: Il Patrimonio di Base (Tier 1) in grado di assorbire le perdite in condizioni di continuità d’impresa (going concern). Il Tier I minimo dovrà essere almeno pari al 6% dell’attivo di rischio ponderato, ripartito in due componenti: q a) Patrimonio di qualità primaria (Common Equity Tier I, CET1), che dovrà essere almeno pari al 4,5% dell’attivo di rischio ponderato; b) Tier I aggiuntivo (additional going concern capital). q Il Patrimonio Supplementare (Tier 2), in grado di assorbire le perdite in caso di liquidazione (capitale gone concern). Il patrimonio di vigilanza totale (Tier I + Tier II) deve essere pari ad almeno l’8% dell’attivo di rischio ponderato. 34 Basilea 3: meritorietà di credito all’impresa Buffer di conservazione del capitale (Conservation Buffer) Le banche dovranno mantenere di norma buffer di capitale eccedenti i minimi regolamentari. Qualora tali buffer siano utilizzati per coprire le perdite in situazioni di stress, dovranno poi essere ricostituiti mediante l’accantonamento a riserve di utili non distribuiti. Il buffer di conservazione del capitale introdotto da Basilea III è pari al 2,5% di RWA ed è costituito da CET1, da detenere in aggiunta al 4,5% che rappresenta il requisito minimo11. Qualora il patrimonio scenda sotto a questo livello, la banca non è tenuta a ricapitalizzarsi e può continuare la propria operatività, ma sarà assoggetta a vincoli alla distribuzione del capitale. Requisiti patrimoniali e buffer 35 Basilea 3: meritorietà di credito all’impresa Come prevede quindi Basilea 3, le Banche dovranno accantonare quote di capitale in proporzione al rischio degli impieghi, valutati attraverso lo strumento del rating. Il sistema è il seguente: il patrimonio di vigilanza à fondi in disponibilità per accendere prestiti Questo implica: possibilità di far fruttare il denaro raccolto e q q risultato operativo. Pochi rischi negli impieghi significa un patrimonio di vigilanza inferiore e quindi maggiori fondi da poter impiegare nei prestiti e conseguentemente maggiore risultato operativo. In pratica, maggiori sono i rischi che la banca corre, minori sono le sue possibilità di guadagnare su impieghi non rischiosi. 36 Basilea 3: meritorietà di credito all’impresa Ricapitolando il Patrimonio di Vigilanza è un accantonamento di somme che non possono essere usate per l'attività della banca ma devono essere tenute a disposizione per emergenze di insoluti. La banca considera “a rischio” ogni prestito che concede? Assolutamente no, perché lo pondera mediante la procedura del rating. Maggiore è il rating (l'affidabilità) del cliente, minore è la somma che deve essere considerata a rischio per il Patrimonio di vigilanza. Il rating è una sorta di “pagella” che viene attribuita ad una Impresa in cui si determina il grado di solidità, affidabilità e capacità di restituire i debiti contratti. Se investiamo in un'Azienda dal rating elevato, consideriamo i nostri soldi impiegati in maniera assolutamente non rischiosa, per esempio un Buono del Tesoro dello Stato. Se investiamo in un'Azienda dal rating basso o assente è evidente che consideriamo i nostri soldi sottoposti ad un rischio elevato di non essere più restituiti. 37 Basilea 3: meritorietà di credito all’impresa La valutazione della Banca è similare a quella che ognuno di noi può fare, con la complicazione che noi possiamo liberamente scegliere di investire tutto il nostro patrimonio e rischiare di fallire nell’operazione, ma la banca deve accantonare delle somme fino all'8% degli affidamenti, per tutelare i propri prestatori (cioè le persone che hanno versato denaro alla banca) dall'insolvenza dei propri creditori (cioè le persone che hanno ricevuto del denaro dalla banca in prestito). La banca quindi incorre nel rischio di credito che può essere sintetizzato in un unico indicatore: la PERDITA ATTESA che rappresenta la perdita che in media ci attende entro un intervallo temporale di un anno su ogni esposizione esistente in portafoglio. PA=PD*LGD*EAD Dove: PD Default Probability: è la probabilità statistica che il debitore non riesca ad onorare i propri debiti nei successivi 12 mesi; LGD Loss Given Default: è la stima del tasso di perdita in percentuale sul credito in caso di insolvenza; EAD Exposure at Default: è la stima del credito al momento in cui si verifica l’insolvenza. 38 Basilea 3: meritorietà di credito all’impresa Per la misurazione del rischio di credito possono essere utilizzati principalmente due approcci: L’uso dell’approccio IRB è previsto solo nel caso in cui la banca sia stata autorizzata dall’Autorità di Vigilanza all’uso dei modelli interni per il calcolo del capitale a fronte dei rischi di credito. 39 Basilea 3: meritorietà di credito all’impresa L’approccio IRB è strettamente legato alle politiche di ogni singola banca. Per fare un esempio di determinazione dell’attivo ponderato considereremo quindi l’approccio standard tenendo conto dei seguenti parametri: 40 Basilea 3: meritorietà di credito all’impresa Un affidamento ad un'Impresa che ha il rating AAA (il massimo) dovrà essere considerato, per il calcolo del Patrimonio di Vigilanza, al 20% del suo valore. Un affidamento ad un'Impresa che non ha rating, dovrà essere considerato, per lo stesso calcolo, al 100% del suo valore. L'affidamento ad un'impresa che è già in sofferenza, dovrà essere considerato al 150% del suo valore. Che cosa significa questo? Nel primo caso, un milione di euro di affidamento viene considerato come se in realtà fosse solo 200.000; nel secondo caso il milione viene considerato come un milione. Nel terzo, un milione viene considerato 1.500.000 . Quindi se la banca presta denaro ad Aziende AAA, potrà prestare molto più denaro (cioè farlo fruttare) giacché dovrà considerarlo solo al 20% del suo valore nominale e effettuerà molte operazioni prima di raggiungere l'8% del patrimonio di vigilanza che sarà comunque più contenuto. 41 Basilea 3: meritorietà di credito all’impresa All'inverso, se opera con società senza rating, per ogni operazione che effettua dovrà accantonare l'8% a Patrimonio di Vigilanza, che quindi si alzerà. Esempio: l'Unicredit ha una raccolta di oltre 1000 miliardi di euro. Affidamento solo a Società AAA 1.000 miliardi che vengono considerati al 20% = 200 miliardi per il calcolo del PV. Patrimonio di Vigilanza 8% di 200 mld vale a dire 16 miliardi di euro. Affidamento a Società senza rating 1.000 miliardi che viene considerato completamente per il calcolo del PV. Patrimonio di Vigilanza 8% di 1.000 mld vale a dire 80 miliardi di euro. Il PV quindi cambia di (80 mld -16 mld ) 72 miliardi di euro che devono essere accantonati e non possono essere imprestati. Ma 72 mld di euro se sono imprestati al 6% rendono alla Banca 4 mld e 320 milioni di interessi incassati. Quindi , prestare denaro ad un'Azienda che non ha rating, espone la banca ad un maggior rischio e le diminuisce la capacità di generare reddito. 42 Basilea 3 q Le principali caratteristiche della riforma Obiettivi principali di Basilea III sono rafforzare la regolamentazione microprudenziale delle banche e ridurre i rischi sistemici, con meccanismi di controllo macroprudenziale. Obiettivi specifici Strumenti 1. Accrescere la quantità del capitale Nuove soglie minime del Primo Pilastro 2. Migliorare la qualità del capitale Ricomposizione del capitale a favore del Common Equity (CET1); adozione di criteri più stringenti per la computabilità degli strumenti ibridi nel patrimonio di vigilanza; armonizzazione a livello internazionale delle deduzioni. 3. Riduzione della prociclicità Il capitale deve essere in eccesso rispetto ai minimi (“buffer di conservazione del capitale”), pena vincoli da parte della Vigilanza alla distribuzione dei dividendi e/o al pagamento di bonus ai dipendenti. Nei periodi di espansione eccessiva del credito all’economia, alle banche può essere richiesto un addizionale “buffer anticiclico”. Verranno promossi accantonamenti anticiclici (forward looking) per la copertura delle perdite attese su crediti. Questo richiede un cambiamento dei principi contabili internazionali (IFRS) che oggi ammettono le svalutazioni su crediti solo a copertura di perdite già verificatesi (incurred losses), in un’ottica backward looking. 43 Basilea 3 Obiettivi specifici Strumenti 4. Aumento della copertura dei rischi (RW) Aumento dei requisiti patrimoniali per il rischio di mercato e il rischio di controparte, per le cartolarizzazioni e per le operazioni fuori bilancio. Eliminazione o riduzione della discriminazione a sfavore dei prestiti. 5. Integrazione dei coefficienti basati sul rischio con un indice di leva finanziaria (leverage ratio) Misura massima del 3% di leva finanziaria, calcolata come rapporto fra il Tier I e l’attivo non ponderato, comprensivo delle poste fuori bilancio. Il leverage ratio verrà incluso nelle regole del Primo Pilastro dal 2018. 6. Requisiti a fronte del rischio di liquidità e del mismatching di scadenze Introduzione di due regole quantitative sulla liquidità: 1) un indicatore di breve termine, liquidity coverage ratio (LCR); 2) un indicatore strutturale, net stable funding ratio (NSFR). 7. Contenimento del rischio sistemico e del grado di interconnessione Le banche che siano state classificate di rilevanza sistemica (GSIBs, Global systemically important banks) in base a una serie di indicatori quantitativi dovranno avere una capacità di assorbimento delle perdite maggiore dei requisiti minimi. A tale scopo sono previste diverse misure, che prevedono per le GSIBs: a) requisiti addizionali di capitale crescenti con la rilevanza sistemica della banca, dall’’1% al 2,5%; b) la possibilità di utilizzare strumenti di debito che si convertono in azioni al verificarsi di specifici eventi, ad esempio se il capitale scende sotto a una certa soglia;c) la partecipazione alle perdite di alcune categorie di obbligazionisti (bail-in). Per ridurre il rischio di controparte sono previsti incentivi patrimoniali affinché le banche si avvalgano di controparti centrali (CCP) per i derivati OTC. 44 Basilea 3 La nuova regolamentazione comporterà per le banche, specie per le maggiori, un impegno rilevante in termini di maggiore capitalizzazione e importanti ristrutturazioni della loro operatività, necessarie per ridurre la attuale elevata trasformazione delle scadenze. Il Comitato di Basilea ha valutato il rischio che il settore bancario, per rispettare i maggiori requisiti patrimoniali e di liquidità, potesse reagire con processi di deleveraging, ossia riducendo gli impieghi e in particolare i finanziamenti all’economia. Per questo, tenuto anche conto dell’attuale recessione in atto e della bassa redditività del patrimonio delle banche, Basilea III prevede una lunga fase transitoria, con inizio graduale dal 2013 e completamento entro il 2019. Tuttavia, già oggi i mercati stanno esprimendo valutazioni sulle banche tenendo conto della loro adeguatezza patrimoniale in base alle nuove regole, e penalizzando le banche caratterizzate da significativi fabbisogni di capitale addizionale per rispettare gli standard di Basilea III. Per parte loro, molte Autorità di vigilanza hanno già imposto requisiti patrimoniali più stringenti rispetto ai minimi di Basilea III. 45 Agenda Struttura finanziaria q Fonti di finanziamento e impatto regole Basilea 3 q Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria q Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali q 46 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria q q q Non esistono formule o regole definite cui attenersi per effettuare valutazioni di aziende o di parti di esse § La dottrina e la prassi professionale hanno sviluppato criteri (e metodologie) che riscontrano generale accettazione presso gli operatori Questi criteri si differenziano tra loro in quanto pongono l’enfasi su aspetti diversi dell’azienda da valutare e, pertanto, colgono solamente alcune delle possibili componenti del valore aziendale § Essi, seppure corretti sotto il profilo concettuale, presentano problemi peculiari nella loro applicazione pratica, derivanti dalla corretta identificazione delle variabili essenziali delle formule sottostanti I criteri ed i metodi di valutazione debbono essere pertanto opportunamente scelti, a seconda di: § Natura e caratteristiche dell’azienda da valutare § Tipologia, massa e qualità delle informazioni a disposizione § Finalità della valutazione 47 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Criteri di valutazione Criteri analitici Criteri del costo Criteri di mercato Criteri misti Metodo di borsa Criteri economico finanziari Metodi finanziari Multipli di borsa Metodo delle transazioni comparabili Metodi reddituali 48 Tecniche di valutazione dell’azienda: scelta dei criteri e dei metodi di valutazione q Il valutatore nel selezionare il/i criterio/i (e, all’interno di questi, il/i metodo/i) da utilizzare ai fini della valutazione deve esplicitare: § Le ragioni per le quali tali criteri/metodi sono stati adottati; e § Nel caso di una pluralità di criteri/metodi, il rapporto tra tali metodi. Al riguardo, è preferibile non utilizzare una media (anche se ponderata) dei risultati ottenuti dai diversi metodi; è invece suggerita l’adozione di uno dei seguenti approcci: § Metodo principale, opportunamente integrato da uno o più metodi di controllo; o § Sintesi qualitativa di metodi diversi aventi pari dignità q Ancorché non vi siano regole definite, in alcuni casi l’adozione di uno specifico criterio e/o metodo di valutazione può essere preferibile (in relazione alla natura dell’azienda da valutare): § Società commerciali e società di servizi: criteri basati sui flussi (metodi reddituali o § § § metodi finanziari) Società con una forte componente di capitale investito, principalmente rappresentato da immobilizzazioni (materiali e immateriali): criteri del costo (o misti) Società finanziarie (banche e assicurazioni): criteri misti Holding di partecipazione e società immobiliari: metodo patrimoniale ed inoltre: § Società quotate: fare sempre riferimento alla borsa (se le quotazioni sono significative) q Nota: la casistica sopra presentata ha finalità puramente indicative e non ha carattere né vincolante né esaustivo 49 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Criteri dei flussi : tasso di capitalizzazione/attualizzazione q q È fondamentale che il tasso sia coerente con la grandezza (reddito) da capitalizzare/attualizzare Il tasso di capitalizzazione/attualizzazione è il tasso di rendimento normale atteso da un investitore che consideri l’investimento in capitale di rischio nel settore in cui l’azienda opera § Tale tasso rappresenta il cd. costo del capitale proprio – o costo dell’equity – dell’azienda oggetto di valutazione q Ipotesi di base è che gli investitori siano razionali, ossia che a parità di rischio preferiscano un maggior rendimento e a parità di rendimento preferiscano un minor rischio Pertanto, il rendimento atteso è pari a: ie = Risk free rate of return (rf) + Risk premium (s) Per la stima del costo dell’equity, è necessario disporre di un modello che descriva che cosa vogliono gli investitori 50 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Criteri dei flussi: Capital Asset Pricing Model (CAPM) q Capital Asset Pricing Model § È l’equazione che descrive il trade-off tra il tasso atteso di rendimento (expected return) e il rischio non diversificabile (systematic risk) § In termini matematici: ie = rs = rf + (rm - rf ) × β q dove: ie rf (rm - rf) β Tasso di rendimento normale Risk free rate (nominale o reale) Premio per il rischio di mercato Coefficiente beta del settore in cui l’azienda opera Cov(rs , rm ) βs = σ 2m Misura il rischio non diversificabile dell’azienda, espresso dalla volatilità del suo rendimento rispetto a quello dell’intero mercato. Per definizione, il rischio di mercato è pari a uno 51 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Criteri dei flussi: metodi finanziari q In base ai metodi finanziari, il valore di una società è pari al valore attuale dei flussi di cassa che si attende la stessa genererà nel futuro (Discounted Cash Flows o metodo DCF) q La configurazione di tali flussi può alternativamente essere intesa come: § Flussi di cassa generati dalla gestione operativa (Free Cash Flow from Operations - FCFO) - metodo cd. Unlevered § Flussi di cassa netti disponibili per gli azionisti (Free Cash Flow to Equity - FCFE) - metodo cd. Levered q Coerentemente alla struttura dei flussi, i tassi di attualizzazione sono così determinati: § FCFO: essendo i flussi destinati alla remunerazione di tutti i fornitori di capitale, azionisti e terzi, il tasso è rappresentativo del costo medio del capitale investito nella società. Tale tasso è denominato Weighted Average Cost of Capital (WACC – cfr. infra) § FCFE: per i flussi destinati alla remunerazione dei soli azionisti, il tasso di attualizzazione è pari al Cost of Equity continua 52 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria continua q Presupposto fondamentale per l’applicazione dei metodi finanziari è la disponibilità di bilanci previsionali della società oggetto di valutazione q Di seguito si descrive il metodo dell’UDCF, che è ad oggi la metodologia maggiormente condivisa ed utilizzata dalla prassi nazionale ed internazionale per la valutazione del capitale economico delle aziende industriali e commerciali 53 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Criteri dei flussi: Metodo finanziario unlevered Valore Surplus Assets Valore Debiti Onerosi Valore del Capitale q Valore Totale Valore Operativo Valore Flussi Espliciti Valore Residuo Unlevered Discounted Cash Flow Secondo il metodo finanziario dell’UDCF il valore del patrimonio netto di un’azienda ad una certa data (“data di riferimento”) è rappresentato dalla somma algebrica di: § Valore “operativo”, pari al valore § attuale dei flussi di cassa prodotti dalla gestione operativa dell’azienda In considerazione della difficoltà pratica insita nell’effettuare tale stima dalla data di riferimento della valutazione alla data di estinzione dell’azienda, la dottrina e la prassi professionale prevalente suggeriscono di scomporre il valore “operativo” dell’azienda in due parti stimate autonomamente: § Valore attuale dei flussi di cassa prodotti dalla gestione operativa dell’azienda in un arco di tempo definito (“periodo di proiezione esplicita”) § Valore attuale delle attività operative dell’azienda al termine del periodo di proiezione esplicita (“valore residuo”) § Valore delle attività accessorie non § strumentali alla data di riferimento (“surplus assets”) Consistenza dei debiti onerosi netti alla data di riferimento continua 54 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria In sintesi, i principali passi applicativi del metodo dell’UDCF sono: § Definizione dell’orizzonte temporale di previsione esplicita § Previsione dei flussi di cassa (FCFs) disponibili per il periodo di § § § § § § proiezione esplicita § Identificazione delle componenti del cash flow disponibile § Sviluppo di una prospettiva storica integrata § Determinazione di ipotesi e scenari per la previsione Stima del costo medio ponderato del capitale (WACC) § Stima del costo del finanziamento non azionario § Stima del costo del finanziamento azionario § Sviluppo dei pesi obiettivo della struttura finanziaria Stima del valore residuo (i.e. continuing = terminal = residual value) Attualizzazione dei FCFs e del valore residuo alla data di riferimento della valutazione Calcolo del valore dei “Surplus Assets” Calcolo del valore dei debiti onerosi (Interest bearing liabilities) Interpretazione dei risultati 55 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Orizzonte temporale di previsione esplicita Il periodo n da considerare ai fini del calcolo dei flussi di previsione esplicita deve essere esteso fino a quando la società raggiunge una posizione di equilibrio sul mercato, ossia: § L’azienda produce margini costanti, mantiene un tasso di rotazione del capitale investito costante e, pertanto, genera un tasso di rendimento sul capitale investito costante § L’azienda cresce a tassi costanti e reinveste nell’attività operativa la stessa proporzione dei flussi lordi generati annualmente § L’azienda ottiene un tasso di rendimento costante su tutti i nuovi investimenti 56 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Flussi di previsione esplicita q q I flussi da considerare (FCFs) nel periodo di previsione esplicita debbono essere i flussi unlevered, ossia i flussi: § Resi disponibili dalla sola attività operativa dell’azienda; e § Destinati al servizio di tutte le fonti di capitale, quali: § Capitale di rischio (dividendi, rimborsi e aumenti di capitale) § Capitale di debito oneroso (interessi, accensione e rimborsi di debiti) Ai fini della corretta considerazione dei FCFs è opportuno effettuare le necessarie verifiche con riferimento a: § Movimenti di patrimonio netto § Flussi di finanziamento Tale verifica permette generalmente di evitare omissioni e/o double counting 57 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria WACC q q Il Weighted Average Cost of Capital è il tasso al quale scontare i FCFs operativi Riflette … § Rischio aziendale (business risk) § Capacità tendenziale di indebitamento (target debt capacity) … del progetto o dell’azienda oggetto di valutazione q Il WACC è il costo medio delle varie fonti di finanziamento dell’azienda In termini matematici: WACC = we × ie + wd × id × (1- t c ) dove: we ie wd id tc Peso attribuito al capitale proprio Costo del capitale proprio Peso attribuito al capitale di debito Costo pre-tax del capitale di debito Aliquota fiscale media della società 58 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Operazioni di finanza straordinaria La finanza straordinaria comprende tutta quella serie di operazioni poste in essere dalle aziende che hanno caratteristiche di: § eccezionalità, sia per la frequenza che per le conseguenze che producono; § unicità, poiché non sono ripetibili. 59 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Per operazioni di finanza straordinaria si intendono le seguenti operazioni: ATTIVO DI BILANCIO Acquisizioni (Acquisition) Fusioni (Merger) Leveraged Buy – Out Spin – off Scorpori Scissioni Trasformazioni Ristrutturazioni (Turnaround) PASSIVO DI BILANCIO Aumenti /Diminuzioni di capitale IPO e delisting Operazioni di PE Ristrutturazione del debito 60 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria In particolare gli effetti che si riscontrano sono: § la modificazione della struttura finanziaria dell’impresa (ad esempio nel LBO a favore del debito); § § § la modificazione della proprietà azionaria dell’impresa; la rifocalizzazione del business dell’impresa; il cambiamento dimensionale ed organizzativo dell’impresa. I fattori che inducono una azienda a porre in atto operazioni di acquisizione e fusione sono di tipo: § § Interno Esterno 61 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Le operazioni di crescita esterna, sono: § le acquisizioni di società o di rami aziendali (se quotata OPA); § le fusioni fra società. L’obiettivo prevalente nelle individuabile nella volontà di: § § § § operazioni di crescita esterna è aumentare la capacità produttiva; accedere a nuove risorse e competenze; potenziare la struttura commerciale; conservare/conquistare imprese concorrenti. un vantaggio competitivo sulle 62 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Valutare le acquisizioni/fusioni: un caso Ci si focalizza, adesso, su un semplice esempio numerico. La Geran Spa, sta considerando l’ipotesi di acquisire la Sarma Spa. q Valori in Euro Geran Ricavi 200.000.000 10.000.000 Costi 155.000.000 6.000.000 Utili 45.000.000 4.000.000 Cash 85.000.000 1.500.000 Assets 250.000.000 10.000.000 Total assets 335.000.000 11.500.000 50 20 15.000.000 3.000.000 750.000.000 60.000.000 Valore delle azioni Numero di azioni Valore azienda Sarma 63 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Ci si domanda: perché Geran e Sarma dovrebbero valere più insieme che separate? Si supponga che i costi operativi vengano ridotti unendo le divisioni amministrative e distributive – commerciali. Più in dettaglio, si supponga che i ricavi di Sarma e di Geran rimangano invariati (in via prudenziale), mentre i costi di Sarma si comprimono a seguito del razionamento delle strutture di 1 milione di €. In tal caso gli utili futuri aumenteranno di 1 milione di €. Il guadagno economico è il valore attuale degli utili incrementali. Se l’aumento degli utili è permanente ed ipotizzando un WACC = 10% 1 mil. Euro = 10 mil. di Euro Merger’s Gain = VA (utili incrementali) = 0,1 Il valore attuale degli utili incrementali costituisce il motivo economico della fusione. 64 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria La fusione: due differenti soluzioni q Geran ha due soluzioni possibili per comprare Sarma: la prima consiste in un acquisto delle azioni di Sarma con denaro contante (Cash dell’azienda), l’altra è attraverso uno scambio azionario, preceduto da un aumento di capitale. Fusione Acquisto tramite scambio azionario Utili € 50.000.000 € 50.000.000 Cash € 20.500.000 € 86.500.000 € 346.500.000 € 346.500.000 Totale attività q Acquisto tramite cassa Nel primo caso (cash) i vecchi azionisti chiederanno sicuramente un premio per non comparire più nella compagine azionaria della nuova società, mentre nel secondo caso diverranno azionisti di Geran. 65 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Confronto fra le opzioni Si supponga che Geran voglia acquisire la proprietà di Sarma senza versare del denaro, bensì tramite un’emissione azionaria che sottoscriveranno gli azionisti. In tal caso non si verificherà l’esborso di contante come nel caso precedente. Acquisto tramite cassa Valore azienda post merger Acquisto tramite scambio azionario € 754.000.000 € 820.000.000 Numero di azioni € 15.000.000 € 16.200.000 Prezzo ad azione € 50,267 € 50,617 Il rapporto di concambio sarà = P. az. Geran/P. az. Sarma = 50/20 = 2,5 Numero di azioni di nuova emissione = 3.000.000/2,5 = 1.200.000 N.B. Agli azionisti di Sarma non viene riconosciuto il premio poiché non perdono la qualifica di azionisti, ma hanno rappresentanza nella nuova Geran. 66 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Leverage Buy – Out (LBO): definizione e tipologie Il Levarage Buy – Out, è l’acquisizione di un’impresa tramite il ricorso alla leva finanziaria. È realizzabile quando i flussi di cassa prospettici dell’impresa sono sufficienti a rimborsare il debito (quota interessi e quota capitale). Alla conclusione di una operazione di LBO, l’azienda target ha un debito più elevato rispetto a quello precedente. Possono realizzarsi attraverso diverse tecniche: q Merger & Acquisition; q Asset deal. Le tipologie più comuni sono: q MBO; q MBI; q Family Buy – Out; q Employee Buy – Out. 67 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Spin-off Quando si parla di spin – off, generalmente ci si riferisce: § § a quelli di tipo accademico o da ricerca; a quelli aziendali. In entrambe le tipologie, l’obiettivo comune è quello di sviluppare/migliorare un business utilizzando le conoscenze scientifiche accumulate in esperienze lavorative precedenti. Con riferimento agli spin – off aziendali, invece, essi avvengono prevalentemente per tre motivi: - scorporo di attività non più strategiche; - scorporo di alcune divisioni aziendali diventate molto grandi; - raccolta di risorse finanziarie. 68 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Scissione La scissione è caratterizzata dal fatto che, insieme con il distacco dell’azienda o di una sua divisione, la società madre si divide in varie parti che vanno a costituire nuove società o confluiscono in società già esistenti. La differenza con lo spin – off, consiste nel fatto che la mutazione qualitativa del patrimonio avviene in capo agli azionisti/soci e non in capo alla società madre come nello spin – off. La scissione può essere: - totale, che porta all’estinzione della società madre; - parziale, ovvero la società scissa rimane operativa e parti del suo patrimonio si trasferiscono a società esistenti. 69 Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria Trasformazione La trasformazione è un’operazione che si risolve nel cambio del tipo di società. Sebbene tale operazione sembra esaurirsi in ragionamenti e modalità operative che appartengono all’ambito giuridico, la stessa veste giuridica con la quale si decide di operare e competere sul mercato, fonda le sue ragioni nelle specifiche condizioni economiche ed operative che contraddistinguono le singole realtà aziendali. Le trasformazioni societarie sono riconducibili sostanzialmente alle trasformazioni di società di persone (Società Semplice, Società in Accomandita Semplice, Società in nome collettivo), in società di capitali (Società per Azioni, Società in Accomandita per Azioni, Società a Responsabilità Limitata), e viceversa. 70 Agenda Struttura finanziaria q Fonti di finanziamento e impatto regole Basilea 3 q Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura delle operazioni di finanza straordinaria q Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali q 71 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Il fenomeno della crisi di impresa trova origine in fattori eterogenei che possono manifestarsi unitariamente o simultaneamente e coinvolgono l’intero sistema dei rapporti tra i soggetti che a questa sono in qualche modo collegati: azionisti, manager, fornitori, banche e lavoratori e più in generale tutti gli stakeholders. Non esiste una causa univoca che conduca l’impresa in uno stato di crisi. Ogni fattore ha delle sue ripercussioni ben specifiche che si manifestano in tempi ben precisi: ad esempio, la riduzione di redditività (elemento economico) precede la tensione finanziaria (elemento finanziario). Andremo così ad analizzare una serie di possibili fattori interni ed esterni che possono causare una crisi di impresa. 72 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Crisi da fattori interni q q q q q crisi d'inefficienza (perdita di redditività, aumento dei costi fissi rispetto a quelli variabili) crisi da sovra capacità/rigidità (impianti produttivi troppo grandi rispetto al fabbisogno di mercato) crisi da decadimento dei prodotti (mancata innovazione, perdita di competitività) crisi legate ad errori strategici ed inerzie organizzative (errori gestionali di lungo periodo) crisi comportamentali (legate ad atteggiamenti “poco corretti” e alle volte “non legali” del management) 73 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Crisi da fattori esterni e generali – 1 q situazione economica generale (tasso di sviluppo economico, saggio di disoccupazione, inflazione, ecc.): è forse la variabile fondamentale da qualificare per direzionare correttamente un programma di sviluppo; q stato delle istituzioni: l'elemento politico-istituzionale, il quadro normativo in cui un soggetto aziendale è chiamato ad operare, il livello di tassazione sui redditi, la politica del lavoro, possono costituire delle minacce o delle enormi possibilità di sviluppo per ogni azienda; q livello dei servizi e delle infrastrutture: costituisce variabile fondamentale sia nella genesi d'impresa (per esempio nelle scelte di location), sia nelle dinamiche di successivo sviluppo; 74 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Crisi da fattori esterni e generali – 2 q politica del territorio: conoscere in anticipo la sua direzione può rappresentare un fattore di successo, mentre una politica del territorio ostile può rappresentare una causa di crisi aziendale; q situazione demografica: (indice di mortalità, speranza di vita, ecc.): elemento fondamentale per direzionare in modo corretto l'offerta di prodotti/servizi; q livello di istruzione: elemento importantissimo per le aziende sia in fase di reperimento di personale o di manodopera specializzata; q tutela ambientale: può rappresentare un elemento ostativo per le imprese che sono chiamate a sopportare maggiori costi, ma anche può essere un’opportunità di sviluppo con ritorni non immediatamente misurabili e ravvisabili in termini d’immagine aziendale ed approvazione della comunità sociale in cui ogni impresa vive ed opera. 75 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Crisi da fattori tecnologici q livello della ricerca scientifica: se basso, costituisce un ostacolo alla competitività dell'azienda, riducendone l'innovazione dei prodotti e dei processi, nonché rendendo l'impresa più vulnerabile; q situazione tecnologica: l'incapacità di saper tradurre le teorie scientifiche generali ed astratte in applicazioni tecniche di immediato utilizzo per le aziende rappresenta un freno allo sviluppo dell'azienda stessa; q conoscenze o know-how stato delle scoperte scientifiche. 76 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali RIMEDI? non esiste un solo rimedio per condurre l’impresa fuori dallo stato di crisi, ma possono essere adottate diverse soluzioni. L’elemento più importante da tenere in considerazione è il TEMPO FATTORE TEMPORALE q TEMPO TRASCORSO dall’inizio (conoscenza) della crisi q TEMPO RESIDUO (stimato) necessario alla risoluzione dei problemi prima del peggioramento ed irreversibilità della tensione. Da questi due elementi dipendono tutte le azioni da intraprendere. Le diverse tipologie di soluzioni vanno anche ragguagliate alla tipologia di impresa e la flessibilità della stessa e al momento nel quale interviene il professionista. 77 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali MISURE “CIVILISTICAMENTE” ADOTTABILI (casi di crisi lieve) q Trasformazione aziendale (art. 2498 e seguenti c.c.) q Affitto di azienda (art. 2562 c.c rinviato dal 2561 c.c.) q Fusione (art. 2501 e seguenti c.c.) q Scissione (art. 2506 e seguenti c.c.) q Creazioni di new-co e trasferimenti di asset aziendali– assegnazione di quote o azioni; q Operazioni sul capitale ricapitalizzazione con ingresso di nuovi soci 78 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali IRREVERSIBILITA’ Se la crisi diventa irreversibile, sfocia in uno stato di insolvenza (decozione) e le manovre operative di salvataggio si riducono drasticamente o addirittura si annullano completamente lasciando spazio solo alla dichiarazione di fallimento. Nelle situazioni di insolvenza grave risulta pericoloso porre in essere determinate operazioni di salvataggio, poiché in caso di successivo fallimento potrebbero far emergere elementi distrattivi punibili (anche) penalmente. 79 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali FALLIMENTO – quadro normativo La legge fallimentare italiana è disciplinata dal R.D. 16 marzo 1942 n. 267 riformato in maniera sostanziale prima dal D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e successivamente dal D.Lgs. 12 Settembre 2007, n. 169 e da ultimo con la Legge 30 luglio 2010 n. 122 in tema di concordato preventivo e accordi di ristrutturazione dei debiti. R.D. 16 marzo 1942 n. 267 Il R.D. del 1942 disciplina compiutamente: 1) il fallimento; 2) il concordato preventivo; 3) il concordato fallimentare; 4) la liquidazione coatta amministrativa. Tuttavia la sola legge fallimentare non copre, da sola, tutto l’universo delle procedure concorsuali, poiché è stata approvata una norma particolare per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (D.Lgs. n° 270 del 1999 la c.d. Prodi bis) mentre un altro dispositivo di legge è stato attuato per le “grandissime” imprese in stato di insolvenza (D.L. n° 347 del 2003 convertito in Legge n° 39 del 2004; c.d. decreto Parmalat). 80 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Art. 5 L.F. Stato d'insolvenza. L'imprenditore che si trova in stato d'insolvenza è dichiarato fallito. Lo stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. (squilibrio finanziario non superabile con mezzi ordinari nei termini ragguagliati all’ordinaria scadenza dei debiti – cfr. C. 26.2.90 n. 1439) La nuova disciplina, al fine di contenere anche il numero dei fallimenti, ha introdotto le c.d. soglie di fallibilità che rappresentano un elemento importante per i creditori. 81 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali La norma fallimentare si esprime facendo riferimento all’IMPRENDITORE inteso come operatore economico “persona fisica” e rinviando agli amministratori di società di capitali. E’ molto importante comprendere la distinzione tra: il fallimento della società di persone e della ditta individuale e il fallimento delle società di capitali. 82 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali I parametri di fallibilità q aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila; q aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; q avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila. NB: I limiti di cui alle lettere a), b) e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento. 83 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali FINALITA’ DEL FALLIMENTO E MODALITA’ OPERATIVE La finalità principale del fallimento è rappresentata dall’attività liquidatoria dei beni dell’imprenditore fallito e la distribuzione del ricavato di tale attività tra i creditori secondo principi di “pari trattamento” c.d. par condicio creditorum disciplinati dalla Legge e basati su regole fisse con ordine di privilegi. La parità di trattamento viene attuata anche attraverso le azioni ripristinatorie, recuperatorie e revocatorie che mirano ad allineare tra di loro i diversi creditori prima del riparto finale. L’attività liquidatoria viene espletata dal curatore fallimentare, con il parere del comitato dei creditori e la vigilanza del Giudice Delegato. Va ricordato inoltre che per l’Art. 6 L.F.: il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere presentato da: q Il debitore (l’iniziativa avrà effetti sui profili penali); q Da uno o più creditori; q Dal Pubblico Ministero (art. 7 L.F.) quando l’insolvenza derivi da un procedimento penale o civile. La riforma ha abrogato l’art. 8 L.F. che prevedeva la dichiarazione di fallimento d’ufficio. 84 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Dichiarazione di fallimento q q q q Art. 9 L.F. – competenza territoriale; Art. 10 L.F. – fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio della propria impresa (riferimento: cancellazione dal Registro delle Imprese); Art. 11 L.F. – fallimento dell’imprenditore defunto (problematiche inerenti la successione); Art. 12 L.F. – morte del fallito (dopo la dichiarazione del fallimento). Art. 15 L.F. – procedimento per la dichiarazione di fallimento q q q q Richiesta di eventuale ulteriore documentazione da parte del Tribunale (Presidente del Tribunale o Giudice Relatore) Convocazione del debitore e dell’istante (compreso il PM se l’istanza parte dalla sua iniziativa); Audizione del debitore (ammissibilità di produzione di memorie difensive); Decisione del Tribunale riunito in Camera di Consiglio (esposizione del Giudice Relatore). 85 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Art. 16 L.F. – sentenza dichiarativa di fallimento La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio. Con la sentenza il tribunale: q Nomina il giudice delegato per la procedura; q Nomina il curatore; q Ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non è stato ancora eseguito; q Stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza; q Assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui al numero precedente per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione. La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’articolo 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 17, secondo comma. 86 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento Contro la sentenza che dichiara il fallimento è possibile proporre reclamo in Appello; contro la decisione della Corte d’Appello è ammissibile il ricorso per Cassazione entro il termine di 30 giorni dalla notificazione (Rif. art. 18 L.F.). Organi del fallimento Gli organi del fallimento sono: q il Giudice Delegato (al quale spettano funzioni di direzione e supervisione – rispetto della Legge -durante lo svolgimento della procedura concorsuale) q Il Curatore Fallimentare (al quale spetta la funzione esecutiva dell’attività liquidatoria) q Il Comitato dei Creditori (al quale spettano funzioni di vigilanza sull’operato del liquidatore attraverso l’espressione di pareri e autorizzazioni) 87 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Le altre procedure concorsuali: cenni q q q q liquidazione coatta amministrativa concordato preventivo concordato fallimentare accordi di ristrutturazione ex artt. 67 L.F. e 182 L.F. 88 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali La liquidazione coatta amministrativa La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale che si applica ad alcune categorie d’impresa predeterminate dalla legge: q q q q Imprese bancarie e assicurative Società con partecipazione dell’Istituto per la ricostruzione industriale Imprese finanziate dal fondo per il finanziamento dell’industria meccanica Società cooperative 89 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali La liquidazione coatta amministrativa Il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa proviene da un organo amministrativo e, per applicare tutta la norma fallimentare, (in particolare la parte relativa alle azioni revocatorie e penale) è necessario presentare il ricorso per l’accertamento dello STATO DI INSOLVENZA da parte del Tribunale competente. q q q q Finalità pubbliche: strumento al servizio di interessi pubblici; Il commissario liquidatore ha le funzioni del curatore fallimentare; L’Autorità di Vigilanza ricopre il ruolo del Giudice Delegato nel fallimento; Segue percorsi amministrativi, ma anche giudiziari. 90 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Il concordato preventivo Il Concordato preventivo è una procedura concorsuale attraverso la quale l'imprenditore ricerca un accordo con i suoi creditori per non essere dichiarato fallito o comunque per cercare di superare la crisi in cui versa l'impresa. Segue delle regole ben precise descritte dagli articoli 160 e seguenti della legge fallimentare. Il concordato ha subito una notevole variazione dalla vecchia normativa e, attualmente, è impostato su regole più elastiche che lo rendono uno strumento concorsuale più accessibile. La più importante variazione riguarda la percentuale di pagamento dei creditori chirografari (eliminato il minimo del 40%) e l’introduzione delle classi di creditori. 91 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Il concordato fallimentare La proposta di concordato può essere presentata da uno o più creditori, da un terzo e dal fallito (art. 124 l. fall.). Nel primo e nel secondo caso può essere presentata anche prima che sia stato reso esecutivo lo stato passivo, ma è necessario che sia stata tenuta la contabilità per consentire al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori da sottoporre all’approvazione del giudice delegato. Il fallito può presentare la proposta di concordato solo dopo 1 anno dalla dichiarazione di fallimento ed entro due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo. 92 Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure concorsuali Accordi di ristrutturazione dei debiti q q q Gli accordi ex art. 67 L.F. Gli accordi ex art. 182 bis L.F. La transazione fiscale ex art. 182 ter L.F. Offrono la possibilità di sottrarre i creditori che accettano dalle azioni revocatorie che potrebbero essere attivate in caso di fallimento dell’impresa. 93 Fine Grazie per l’attenzione 94