Finanza Aziendale

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Finanza Aziendale
Modulo B
Agenda
Struttura finanziaria
q Fonti di finanziamento e impatto regole Basilea 3
q Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
q Gestione dell’azienda in contesti di crisi e
procedure concorsuali
q
2
Agenda
Struttura finanziaria
q Fonti di finanziamento e impatto regole Basilea 3
q Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
q Gestione dell’azienda in contesti di crisi e
procedure concorsuali
q
3
La struttura finanziaria
Per struttura finanziaria si intende l’insieme dei diversi titoli
emessi da un’impresa, ovvero, l’insieme delle fonti di
finanziamento utilizzate da un’impresa.
Alcuni tra i fattori più importanti che influenzano la struttura
finanziaria:
q il tasso di sviluppo delle vendite future
q la stabilità delle vendite future
q la struttura concorrenziale del settore
q la struttura dell’attivo aziendale
q la situazione di controllo e l’atteggiamento rispetto al rischio
da parte dei proprietari e della direzione
q l’atteggiamento dei creditori verso l’azienda ed il settore
4
La struttura finanziaria
L’obiettivo dello studio della struttura finanziaria
dell’impresa è quello di trovare una risposta alle due
seguenti importanti domande:
q
se esiste una struttura finanziaria ottimale che
massimizzi il valore dell’impresa;
q
come è possibile determinare il rapporto ideale tra
debiti e mezzi propri.
La struttura finanziaria
Le
componenti
della
struttura
finanziaria
d’impresa,
sintetizzabili in mezzi propri e capitale di debito, si distinguono
in ulteriori sottocategorie.
q
IL CAPITALE PROPRIO
I mezzi propri (equity) sono costituiti da capitale fornito dai
proprietari
dell’azienda
all’atto
della
costituzione
e
successivamente per finanziarne l’attività, dalle riserve e dalla
somma degli utili generati dall’impresa che non vengono
distribuiti agli azionisti. Il tutto al netto delle perdite possibili
registrate dalla società.
6
La struttura finanziaria
Capitale Sociale (azioni ordinarie, di risparmio,
privilegiate)
q
Il capitale proprio
Sovrapprezzo azioni
Riserve
Accantonamento utili
Rivalutazione monetaria, ecc
Utili non distribuiti / Perdite esercizi
precedenti
7
La struttura finanziaria
q
IL CAPITALE DI DEBITO
Per capitale di debito si intendono i debiti di natura finanziaria
di tipo oneroso, non correlati quindi alla gestione corrente. Il
debito finanziario può assumere forme e caratteristiche a
seconda della durata, del costo, delle garanzie e così via.
In particolare, si vuole qui ricordare il debito bancario (a breve
o a medio-lungo termine) ed il debito obbligazionario (con
obbligazioni convertibili o non convertibili).
8
La struttura finanziaria
Debito bancario
q
Debito a breve termine
(c/c, apertura di credito,
ecc.)
Debito a medio-lungo
termine (mutuo,
finanziamento in pool,
ecc.)
Debito
finanziario
Debito
obbligazionario
Obbligazioni non convertibili
Obbligazioni convertibili /
cum warrant
9
La struttura finanziaria
q
Ai fini della valutazione della struttura finanziaria, infatti, si fa
riferimento esclusivamente al rapporto tra le componenti
finanziarie nette dell’impresa ed il capitale proprio, senza
considerare le attività e le passività a breve ed a medio-lungo
legate alla gestione caratteristica.
q
Le componenti finanziarie sono rappresentate dalla posizione
finanziaria netta, individuata come somma dei debiti di
natura finanziaria al netto delle liquidità immediate.
10
La struttura finanziaria
La struttura finanziaria ottimale
q
q
Alla domanda se esista o meno una struttura finanziaria
ottimale non è possibile dare una risposta assoluta, fornire
cioè le indicazioni generali, valide in ogni situazione, per
creare la struttura finanziaria ideale.
Si può affermare invece che, in funzione della situazione di
un’impresa, del suo ambiente di riferimento e degli obiettivi
che l’impresa stessa si pone, esiste una struttura finanziaria
che può essere tendenzialmente considerata ottimale, o,
comunque, la più adeguata. Per individuarla è necessario
considerare tre punti di vista: il rendimento per gli azionisti,
la valorizzazione del capitale dell’impresa, la ricerca
dell’equilibrio e della flessibilità finanziaria.
11
La struttura finanziaria
La struttura finanziaria di ogni impresa è spesso indicata in
modo sintetico attraverso il ricorso al grado di leva finanziaria,
intendendo con esso il rapporto che intercorre tra il totale dei
debiti finanziari (comprendente anche il quasi equity) ed il
capitale proprio:
q
Leva Finanziaria = D / E
dove:
D = totale capitale di debito al momento t
E = totale mezzi propri al momento t.
12
La struttura finanziaria
Attraverso la leva, è possibile utilizzare il debito per aumentare
il rendimento atteso del capitale proprio.
Quindi:
q
D / E = 1 situazione neutra
q
D / E > 1 situazione da monitorare
q
D / E < 1 situazione di potenziale inespresso
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Agenda
Struttura finanziaria
q Fonti di finanziamento e impatto regole
Basilea 3
q Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
q Gestione dell’azienda in contesti di crisi e
procedure concorsuali
q
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Le fonti di finanziamento
Per lo start up e la conduzione di un’impresa è necessario avere
a disposizione capitale di avviamento e, in un secondo tempo,
di capitali di gestione, necessari a svilupparla e mantenerla.
Attraverso studi di fattibilità, pianificazioni aziendali, ricerche di
mercato, proiezioni di costi e ricavi dell'azienda, è possibile
sviluppare un prospetto economico che dia evidenza del
fabbisogno aziendale in quel determinato tempo. Sarà anche
importante conoscere la terminologia specifica, in vista dei
rapporti da intrattenere con le banche o con eventuali
investitori.
Innanzitutto suddivideremo il capitale in due categorie
principali:
q In funzione della tipologia di impiego
q In funzione della fonte di finanziamento.
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Le fonti di finanziamento: il capitale per
tipologia di impiego
CAPITALE FISSO
Il capitale fisso è il capitale necessario per impiantare
un'impresa. Consiste negli investimenti dedicati a:
q acquisizione di macchinari;
q tecnologie;
q strutture;
q attrezzature;
q impianti;
q etc.
Si tratta di quella parte di capitale produttivo che è a lungo
tempo di recupero: i beni acquistati sono destinati a rimanere
nell'azienda per molto tempo, e pertanto non produrranno
ricavi immediati. E' importante specificare che nella contabilità
il loro costo di acquisizione viene ripartito in più esercizi.
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Le fonti di finanziamento: il capitale per
tipologia di impiego
CAPITALE CIRCOLANTE
Il capitale circolante, detto anche di esercizio, è costituito da
quella parte di capitale dell'azienda che produrrà ricavi nell'arco
dell'anno.
Oltre al denaro presente sui conti correnti aziendali fanno parte
del capitale circolante anche
q le scorte di magazzino,
q i crediti commerciali
q tutte quelle voci di cassa che possono servire a finanziare
l'attività nell'immediato.
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Le fonti di finanziamento: il capitale per
fonti di finanziamento
CAPITALE DI CREDITO AGEVOLATO
q
Sono attive a livello comunitario, nazionale o regionale,
iniziative che si propongono di facilitare la creazione di nuove
imprese produttive, o di sostenere quelle già esistenti. Le
agevolazioni che si possono ottenere interessano tutti i
settori produttivi, dal commercio al turismo, dai servizi
all'industria, dall'artigianato all'agricoltura.
q
Fondamentale, per accedere a finanziamenti e agevolazioni, è
presentare agli organi competenti progetti validi e
convincenti, attraverso l'ausilio di studi e ricerche nel settore
in cui si intende operare, e la presentazione di uno sviluppo
dettagliato del piano di fattibilità (Business plan).
continua
18
Le fonti di finanziamento: il capitale per
fonti di finanziamento
q
q
Occorrerà presentare il progetto tenendo conto dei parametri
in base ai quali verrà assegnato il punteggio in graduatoria,
poiché solo i progetti migliori accederanno alla valutazione
successiva. La metodologia con cui tali parametri vengono
applicati è piuttosto articolata, tuttavia possiamo fare
riferimento ad alcune linee guida, quali ad esempio operare
all'interno delle vigenti leggi a livello comunitario e possedere
i requisiti oggettivi richiesti dalla legge specifica cui si fa
riferimento.
E’ consigliabile pertanto, in fase iniziale, di pensare e
progettare personalmente l'idea produttiva, ma di rivolgersi a
esperti e professionisti del settore per quanto riguarda i
dettagli tecnici, considerando che tra le voci di spesa
finanziabili e rimborsabili rientrano anche le consulenze.
continua
19
Le fonti di finanziamento: il capitale per
fonti di finanziamento
Il punteggio di graduatoria è calcolato comunque anche in base
ad altri fattori:
q la categoria di produzione di beni in cui si decide di operare e
lavorare;
q il ricavo ipotizzato dall'impresa;
q il numero di dipendenti a cui si offre lavoro;
q la richiesta di mercato e il consenso del prodotto o del
servizio che si propone;
q l'impatto ambientale;
q la possibilità di riciclaggio del materiale di scarto;
q la possibilità di ampliamento e sviluppo dell'impresa;
q la precisione delle indagini di mercato relazionate e della
concorrenza;
q la struttura del piano di fattibilità (businnes plan)
dell'iniziativa produttiva.
20
Le fonti di finanziamento: il capitale per
fonti di finanziamento
CAPITALE PROPRIO O DI SOCI
q
Al momento della costituzione, l'impresa dovrebbe essere
dotata di capitali propri adeguati alle esigenze di
investimento. Tuttavia, qualora tale ipotesi non dovesse
verificarsi, l'imprenditore può fare ricorso a capitali messi a
disposizione da terzi che entrano a far parte dell'impresa in
qualità di soci finanziatori, in cambio di una percentuale degli
utili derivanti dall'attività. La ricerca di Capitali Propri può
essere intrapresa usufruendo di agevolazioni finanziarie
proposte dalle vigenti leggi, oppure ricorrendo a istituti di
credito e banche (Capitale di rischio). L'individuazione e la
ricerca di soci finanziatori, invece, è in funzione della capacità
di convincimento dell'imprenditore e dalla validità del
progetto proposto.
21
Le fonti di finanziamento: il capitale per
fonti di finanziamento
CAPITALE DI RISCHIO
q
Quando l'imprenditore e i soci non riescono a disporre di
capitali sufficienti, si può ricorrere a società finanziarie o di
venture capital che siano disposte a partecipare ai rischi di
impresa con lo scopo di realizzare un guadagno. In realtà la
partecipazione di tali organizzazioni è spesso possibile solo in
caso di imprese con elevate prospettive di sviluppo.
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Le fonti di finanziamento: il capitale per
fonti di finanziamento
CAPITALE DI CREDITO ORDINARIO
q Il capitale di credito ordinario, è il capitale messo a
disposizione da terzi in cambio di un pagamento in
percentuale che viene definito Tasso di Interesse. In funzione
del quantitativo di finanziamento ricevuto e al tempo che
viene messo a disposizione, il tasso di interesse varia
notevolmente. Principalmente tale procedura si applica con
banche, istituti di credito e finanziarie.
q Oltre al costo del tasso di interesse, un altro aspetto da
prendere in considerazione in questa casistica riguarda le
garanzie di pagamento che l'imprenditore può dimostrare
all'ente che eroga il finanziamento. Le garanzie richieste
possono essere suddivise in: Garanzie Reali e Garanzie
Personali. Le Garanzie Reali consistono in beni dati in
garanzia al finanziatore: si parla di "pegno" quando si tratta
di beni mobili, e di "ipoteca" nel caso di beni immobili.
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Basilea 3:
da Basilea 2 a Basilea 3
Da Basilea 2 a Basilea 3
Il Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria (Basel
Committee on Banking Supervision, BCBS), con le nuove regole
sull’adeguatezza patrimoniale e di liquidità emanate il 16
dicembre 2010 (Basel III – A global regulatory framework for
more resilient banks and banking systems, December 2010, rev
June 2011), ha inteso correggere alcuni fra i principali difetti
della regolamentazione prudenziale messi in evidenza dalla
crisi.
Basilea III non solo rende più severa la disciplina del capitale
dettata da Basilea II, ma introduce anche regole nuove, fra cui
le principali sono quelle sui requisiti di liquidità e sul leverage.
Analizziamo i dettagli.
24
Basilea 3:
da Basilea 2 a Basilea 3
Le principali criticità di Basilea II riguardano:
q
Capitale delle banche
q
Copertura dei rischi
q
Liquidità
q
Profili macroprudenziali
25
Basilea 3:
da Basilea 2 a Basilea 3
q
Capitale delle banche
La severità della crisi finanziaria è imputabile in larga misura al fatto
che in molti paesi le banche avevano assunto rischi eccessivi senza un
proporzionale incremento del livello di capitalizzazione. A questo si
deve aggiungere che il capitale era in larga misura di qualità
insufficiente dal punto di vista della capacità di assorbimento delle
perdite.
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Basilea 3:
da Basilea 2 a Basilea 3
q
Misura e copertura dei rischi (ponderazioni)
I criteri di calcolo dei coefficienti di ponderazione definiti da Basilea II
sottovalutano i rischi degli impieghi di natura finanziaria (esposizioni
del trading book, ivi comprese quelle derivanti dalle cartolarizzazioni,
soggetti sia a rischi di mercato sia a rischi di controparte). Il
trattamento privilegiato delle attività finanziarie, in termini di
assorbimento di capitale, è basato sull’ipotesi che i mercati in cui sono
trattate queste attività siano costantemente liquidi ed efficienti. La
fragilità di questa ipotesi è stata dimostrata dalla crisi: un’aliquota
rilevante delle perdite subite dalle banche e dagli altri intermediari è
derivata proprio dalle attività di mercato. Anche molte delle poste fuori
bilancio hanno per Basilea II una ponderazione insufficiente, che non
tiene conto del rischio di “reintermediazione” delle esposizioni fuori
bilancio, ossia del rischio che queste operazioni si trasformino in attivi
per cassa di bassa qualità in situazioni di stress dei mercati.
continua
27
Basilea 3:
da Basilea 2 a Basilea 3
continua
Le distorsioni derivanti dalla minore ponderazione attribuita
alle attività finanziarie sono state principalmente due: in primo luogo,
è stato incentivato lo spostamento dell’intermediazione bancaria verso
l’attività di mercato, con il contestuale rafforzamento dello shadow
banking system (“sistema bancario ombra”2), ossia istituzioni
finanziarie non (o poco) regolamentate, sulle quali le banche hanno
trasferito parte della loro operatività (un esempio sono i processi di
cartolarizzazione, specie di tipo sintetico); in secondo luogo, sono stati
discriminati dal punto di vista regolamentare i prestiti alle imprese.
28
Basilea 3:
da Basilea 2 a Basilea 3
q
Liquidità
Durante gli anni precedenti la crisi, molte banche si erano abituate a
operare con uno sbilancio di scadenze e di valute molto consistente e
con margini ridotti di disponibilità liquide, confidando nella costante
possibilità di approvvigionarsi di liquidità sul mercato facilmente e a
costi contenuti. All’esplodere della crisi, per effetto della perdita di
fiducia nella liquidità delle banche, l’offerta di risorse liquide delle
controparti di mercato si è ridotta drasticamente, generando severi
problemi di funding e obbligando le banche centrali ad erogare volumi
consistenti di credito di emergenza.
29
Basilea 3:
da Basilea 2 a Basilea 3
Profili macroprudenziali
Uno dei principali limiti del modello di regolamentazione prudenziale di Basilea
è l’ottica microprudenziale, come se garantire la solvibilità della singola banca
equivalesse a garantire la stabilità del sistema bancario come aggregato. La
crisi ha dimostrato che un approccio solo microprudenziale lasciava spazio al
generarsi di fattori d’instabilità a livello sistemico. I principali fattori di rischio
sistemico non adeguatamente coperti da Basilea II sono:
- la prociclicità, ossia la tendenza delle banche a comportarsi in modo da
amplificare le fasi cicliche dell’economia;
- la interconnessione, ossia la concentrazione di rischi all’interno di settori
del sistema finanziario (banche e altri intermediari) fra loro legati da
contratti di scambio e di copertura dei rischi;
- i fenomeni di azzardo morale originati da banche divenute di dimensioni
troppo grandi - e troppo interconnesse fra di loro - per essere lasciate fallire.
q
La rilevanza sistemica delle banche implica che, in caso di crisi, il loro
fallimento deve essere evitato con interventi a carico dei bilanci pubblici.
L’effetto è di trasferire dagli azionisti ai contribuenti i costi dei salvataggi delle
banche too big and too interconnected to fail.
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Basilea 3: conseguenze sulle aziende
Requisiti richiesti alle imprese per accesso al credito bancario
Requisiti informativi
•Impresa
•Attività
•Prodotto/servizio
- Fonti di finanziamento
- Piano finanziario per la copertura
dei fabbisogni
- Calcolo dei più importanti indicatori
allo scopo di rappresentare lo stato di
salute dell’impresa
Info di tipo storico
Requisiti organizzativi
•Strategie commerciali
•Mercato e concorrenza
•Ciclo di produzione
•Ecc…
Requisiti finanziari
•Risorse finanziarie
•Dati economici,
finanziari, patrimoniali
degli ultimi bilanci
•Proiezioni economico/
finanziarie
Riguardano i 3 anni precedenti e
comprendono, in sintesi:
- il bilancio riclassificato per l’analisi
economico-finanziaria;
- un set di indicatori di equilibrio
economico-finanziario;
- il rendiconto finanziario
Info di tipo prospettico
-
piano economico;
stato patrimoniale prospettico
(finanziario e per aree
gestionali);
piano finanziario, secondo lo
schema di rendiconto finanziario;
indicatori.
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Basilea 3: meritorietà di credito
all’impresa
La Banca è un'impresa che riceve del denaro dalla collettività, sotto
forma di risparmio, e che impresta detto denaro a terzi soggetti, sotto
forma di finanziamento.
Per non andar fuori strada, evitiamo di parlare di strumenti finanziari
complessi e restiamo al “core” dell'Istituto Bancario:
q Ricevere depositi pagando un interesse ai depositanti,
q emettere dei prestiti incassando un interesse dai debitori.
interessi in entrata - interessi in uscita = risultato operativo della funzione bancaria o utile
Il denaro che la Banca concede a terzi deve essergli restituito, e la
Banca sopporta il rischio che ciò non avvenga. Stiamo parlando del
rischio creditizio.
Le Banche devono costantemente mantenere un ammontare minimo
di patrimonio di vigilanza, rispondente al cosiddetto coefficiente di
solvibilità, che si calcola sul complesso delle attività ponderate in
riferimento ai rischi di subire delle perdite per l'inadempimento dei
debitori.
32
Basilea 3: meritorietà di credito
all’impresa
Coefficiente di solvibilità e VAR
La Banca riceve i depositi della collettività e, a richiesta, li restituisce
con gli interessi.
Il “lavoro” della banca è imprestare denaro, solo una parte delle
somme ricevute non viene impiegato, mentre la maggior parte viene
usata per prestar denaro a terzi o per altre funzioni di investimento.
Il denaro imprestato corre il rischio di non essere restituito, e
questo rischio deve essere fronteggiato da un accantonamento
interno, il Patrimonio di Vigilanza (Equity cushion), che deve
garantire la possibilità alla Banca di far fronte ai propri impegni in ogni
caso.
Ciò a tutela dei depositanti che, altrimenti, non potrebbero più
ottenere la restituzione dei propri averi nel caso la Banca fallisse.
Il Patrimonio di Vigilanza è commisurato al Coefficiente di
Solvibilità dell'8%, ponderato con il rischio sui depositi esistenti.
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Basilea 3: meritorietà di credito
all’impresa
Elementi costitutivi del patrimonio di vigilanza minimo secondo
Basilea III
Il patrimonio di vigilanza è composto da:
Il Patrimonio di Base (Tier 1) in grado di assorbire le perdite in
condizioni di continuità d’impresa (going concern).
Il Tier I minimo dovrà essere almeno pari al 6% dell’attivo di rischio
ponderato, ripartito in due componenti:
q
a) Patrimonio di qualità primaria (Common Equity Tier I, CET1), che dovrà essere
almeno pari al 4,5% dell’attivo di rischio ponderato;
b) Tier I aggiuntivo (additional going concern capital).
q
Il Patrimonio Supplementare (Tier 2), in grado di assorbire le
perdite in caso di liquidazione (capitale gone concern).
Il patrimonio di vigilanza totale (Tier I + Tier II) deve essere pari
ad almeno l’8% dell’attivo di rischio ponderato.
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Basilea 3: meritorietà di credito
all’impresa
Buffer di conservazione del capitale (Conservation Buffer)
Le banche dovranno mantenere di norma buffer di capitale eccedenti i
minimi regolamentari. Qualora tali buffer siano utilizzati per coprire le
perdite in situazioni di stress, dovranno poi essere ricostituiti mediante
l’accantonamento a riserve di utili non distribuiti.
Il buffer di conservazione del capitale introdotto da Basilea III è pari al
2,5% di RWA ed è costituito da CET1, da detenere in aggiunta al 4,5%
che rappresenta il requisito minimo11. Qualora il patrimonio scenda
sotto a questo livello, la banca non è tenuta a ricapitalizzarsi e può
continuare la propria operatività, ma sarà assoggetta a vincoli alla
distribuzione del capitale.
Requisiti patrimoniali
e buffer
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Basilea 3: meritorietà di credito
all’impresa
Come prevede quindi Basilea 3, le Banche dovranno accantonare
quote di capitale in proporzione al rischio degli impieghi, valutati
attraverso lo strumento del rating.
Il sistema è il seguente:
il patrimonio di vigilanza à
fondi in disponibilità per accendere prestiti
Questo implica:
possibilità di far fruttare il denaro raccolto e
q
q
risultato operativo.
Pochi rischi negli impieghi significa un patrimonio di vigilanza
inferiore e quindi maggiori fondi da poter impiegare nei prestiti e
conseguentemente maggiore risultato operativo.
In pratica, maggiori sono i rischi che la banca corre, minori
sono le sue possibilità di guadagnare su impieghi non
rischiosi.
36
Basilea 3: meritorietà di credito
all’impresa
Ricapitolando il Patrimonio di Vigilanza è un accantonamento di
somme che non possono essere usate per l'attività della banca ma
devono essere tenute a disposizione per emergenze di insoluti.
La banca considera “a rischio” ogni prestito che concede?
Assolutamente no, perché lo pondera mediante la procedura del rating.
Maggiore è il rating (l'affidabilità) del cliente, minore è la somma che
deve essere considerata a rischio per il Patrimonio di vigilanza.
Il rating è una sorta di “pagella” che viene attribuita ad una Impresa
in cui si determina il grado di solidità, affidabilità e capacità di
restituire i debiti contratti.
Se investiamo in un'Azienda dal rating elevato, consideriamo i nostri
soldi impiegati in maniera assolutamente non rischiosa, per esempio
un Buono del Tesoro dello Stato.
Se investiamo in un'Azienda dal rating basso o assente è evidente che
consideriamo i nostri soldi sottoposti ad un rischio elevato di non
essere più restituiti.
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Basilea 3: meritorietà di credito
all’impresa
La valutazione della Banca è similare a quella che ognuno di noi può
fare, con la complicazione che noi possiamo liberamente scegliere di
investire tutto il nostro patrimonio e rischiare di fallire nell’operazione,
ma la banca deve accantonare delle somme fino all'8% degli
affidamenti, per tutelare i propri prestatori (cioè le persone che hanno
versato denaro alla banca) dall'insolvenza dei propri creditori (cioè le
persone che hanno ricevuto del denaro dalla banca in prestito).
La banca quindi incorre nel rischio di credito che può essere
sintetizzato in un unico indicatore: la PERDITA ATTESA che
rappresenta la perdita che in media ci attende entro un intervallo
temporale di un anno su ogni esposizione esistente in portafoglio.
PA=PD*LGD*EAD
Dove:
PD Default Probability: è la probabilità statistica che il debitore non riesca ad onorare i
propri debiti nei successivi 12 mesi;
LGD Loss Given Default: è la stima del tasso di perdita in percentuale sul credito in caso
di insolvenza;
EAD Exposure at Default: è la stima del credito al momento in cui si verifica l’insolvenza.
38
Basilea 3: meritorietà di credito
all’impresa
Per la misurazione del rischio di credito possono essere utilizzati
principalmente due approcci:
L’uso dell’approccio IRB è previsto solo nel caso in cui la banca sia
stata autorizzata dall’Autorità di Vigilanza all’uso dei modelli interni
per il calcolo del capitale a fronte dei rischi di credito.
39
Basilea 3: meritorietà di credito
all’impresa
L’approccio IRB è strettamente legato alle politiche di ogni singola
banca. Per fare un esempio di determinazione dell’attivo ponderato
considereremo quindi l’approccio standard tenendo conto dei seguenti
parametri:
40
Basilea 3: meritorietà di credito
all’impresa
Un affidamento ad un'Impresa che ha il rating AAA (il massimo) dovrà
essere considerato, per il calcolo del Patrimonio di Vigilanza, al 20%
del suo valore.
Un affidamento ad un'Impresa che non ha rating, dovrà essere
considerato, per lo stesso calcolo, al 100% del suo valore.
L'affidamento ad un'impresa che è già in sofferenza, dovrà essere
considerato al 150% del suo valore.
Che cosa significa questo?
Nel primo caso, un milione di euro di affidamento viene considerato
come se in realtà fosse solo 200.000; nel secondo caso il milione viene
considerato come un milione. Nel terzo, un milione viene considerato
1.500.000 .
Quindi se la banca presta denaro ad Aziende AAA, potrà prestare
molto più denaro (cioè farlo fruttare) giacché dovrà considerarlo solo
al 20% del suo valore nominale e effettuerà molte operazioni prima di
raggiungere l'8% del patrimonio di vigilanza che sarà comunque più
contenuto.
41
Basilea 3: meritorietà di credito
all’impresa
All'inverso, se opera con società senza rating, per ogni operazione
che effettua dovrà accantonare l'8% a Patrimonio di Vigilanza, che
quindi si alzerà.
Esempio: l'Unicredit ha una raccolta di oltre 1000 miliardi di euro.
Affidamento solo a Società AAA 1.000 miliardi che vengono
considerati al 20% = 200 miliardi per il calcolo del PV.
Patrimonio di Vigilanza 8% di 200 mld vale a dire 16 miliardi di euro.
Affidamento a Società senza rating 1.000 miliardi che viene
considerato
completamente
per
il
calcolo
del
PV.
Patrimonio di Vigilanza 8% di 1.000 mld vale a dire 80 miliardi di
euro.
Il PV quindi cambia di (80 mld -16 mld ) 72 miliardi di euro che
devono essere accantonati e non possono essere imprestati.
Ma 72 mld di euro se sono imprestati al 6% rendono alla Banca 4
mld
e
320
milioni
di
interessi
incassati.
Quindi , prestare denaro ad un'Azienda che non ha rating,
espone la banca ad un maggior rischio e le diminuisce la
capacità di generare reddito.
42
Basilea 3
q
Le principali caratteristiche della riforma
Obiettivi principali di Basilea III sono rafforzare la regolamentazione
microprudenziale delle banche e ridurre i rischi sistemici, con meccanismi di
controllo macroprudenziale.
Obiettivi specifici
Strumenti
1. Accrescere la quantità del
capitale
Nuove soglie minime del Primo Pilastro
2. Migliorare la qualità del capitale
Ricomposizione del capitale a favore del Common Equity
(CET1); adozione di criteri più stringenti per la
computabilità degli strumenti ibridi nel patrimonio di
vigilanza; armonizzazione a livello internazionale delle
deduzioni.
3. Riduzione della prociclicità
Il capitale deve essere in eccesso rispetto ai minimi
(“buffer di conservazione del capitale”), pena vincoli da
parte della Vigilanza alla distribuzione dei dividendi e/o al
pagamento di bonus ai dipendenti.
Nei periodi di espansione eccessiva del credito
all’economia, alle banche può essere richiesto un
addizionale “buffer anticiclico”.
Verranno promossi accantonamenti anticiclici (forward
looking) per la copertura delle perdite attese su crediti.
Questo richiede un cambiamento dei principi contabili
internazionali (IFRS) che oggi ammettono le svalutazioni
su crediti solo a copertura di perdite già verificatesi
(incurred losses), in un’ottica backward looking.
43
Basilea 3
Obiettivi specifici
Strumenti
4. Aumento della copertura dei
rischi (RW)
Aumento dei requisiti patrimoniali per il rischio di mercato e il
rischio di controparte, per le cartolarizzazioni e per le
operazioni fuori bilancio. Eliminazione o riduzione della
discriminazione a sfavore dei prestiti.
5. Integrazione dei coefficienti
basati sul rischio con un indice di
leva finanziaria (leverage ratio)
Misura massima del 3% di leva finanziaria, calcolata come
rapporto fra il Tier I e l’attivo non ponderato, comprensivo delle
poste fuori bilancio. Il leverage ratio verrà incluso nelle regole
del Primo Pilastro dal 2018.
6. Requisiti a fronte del rischio di
liquidità e del mismatching di
scadenze
Introduzione di due regole quantitative sulla liquidità: 1) un
indicatore di breve termine, liquidity coverage ratio (LCR); 2)
un indicatore strutturale, net stable funding ratio (NSFR).
7. Contenimento del rischio
sistemico e del grado di
interconnessione
Le banche che siano state classificate di rilevanza sistemica (GSIBs, Global systemically important banks) in base a una serie
di indicatori quantitativi dovranno avere una capacità di
assorbimento delle perdite maggiore dei requisiti minimi. A tale
scopo sono previste diverse misure, che prevedono per le GSIBs: a) requisiti addizionali di capitale crescenti con la
rilevanza sistemica della banca, dall’’1% al 2,5%; b) la
possibilità di utilizzare strumenti di debito che si convertono in
azioni al verificarsi di specifici eventi, ad esempio se il capitale
scende sotto a una certa soglia;c) la partecipazione alle perdite
di alcune categorie di obbligazionisti (bail-in).
Per ridurre il rischio di controparte sono previsti incentivi
patrimoniali affinché le banche si avvalgano di controparti
centrali (CCP) per i derivati OTC.
44
Basilea 3
La nuova regolamentazione comporterà per le banche, specie per le
maggiori, un impegno rilevante in termini di maggiore capitalizzazione
e importanti ristrutturazioni della loro operatività, necessarie per
ridurre la attuale elevata trasformazione delle scadenze.
Il Comitato di Basilea ha valutato il rischio che il settore bancario, per
rispettare i maggiori requisiti patrimoniali e di liquidità, potesse
reagire con processi di deleveraging, ossia riducendo gli impieghi e in
particolare i finanziamenti all’economia. Per questo, tenuto anche
conto dell’attuale recessione in atto e della bassa redditività del
patrimonio delle banche, Basilea III prevede una lunga fase
transitoria, con inizio graduale dal 2013 e completamento entro il
2019. Tuttavia, già oggi i mercati stanno esprimendo valutazioni sulle
banche tenendo conto della loro adeguatezza patrimoniale in base alle
nuove regole, e penalizzando le banche caratterizzate da significativi
fabbisogni di capitale addizionale per rispettare gli standard di Basilea
III. Per parte loro, molte Autorità di vigilanza hanno già imposto
requisiti patrimoniali più stringenti rispetto ai minimi di Basilea III.
45
Agenda
Struttura finanziaria
q Fonti di finanziamento e impatto regole Basilea 3
q Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
q Gestione dell’azienda in contesti di crisi e procedure
concorsuali
q
46
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
q
q
q
Non esistono formule o regole definite cui attenersi per effettuare
valutazioni di aziende o di parti di esse
§ La dottrina e la prassi professionale hanno sviluppato criteri (e
metodologie) che riscontrano generale accettazione presso gli
operatori
Questi criteri si differenziano tra loro in quanto pongono l’enfasi su
aspetti diversi dell’azienda da valutare e, pertanto, colgono
solamente alcune delle possibili componenti del valore aziendale
§ Essi, seppure corretti sotto il profilo concettuale, presentano
problemi peculiari nella loro applicazione pratica, derivanti dalla
corretta identificazione delle variabili essenziali delle formule
sottostanti
I criteri ed i metodi di valutazione debbono essere pertanto
opportunamente scelti, a seconda di:
§ Natura e caratteristiche dell’azienda da valutare
§ Tipologia, massa e qualità delle informazioni a disposizione
§ Finalità della valutazione
47
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Criteri di valutazione
Criteri analitici
Criteri del costo
Criteri di mercato
Criteri misti
Metodo di borsa
Criteri economico finanziari
Metodi finanziari
Multipli di borsa
Metodo delle transazioni comparabili
Metodi reddituali
48
Tecniche di valutazione dell’azienda:
scelta dei criteri e dei metodi di valutazione
q
Il valutatore nel selezionare il/i criterio/i (e, all’interno di questi, il/i
metodo/i) da utilizzare ai fini della valutazione deve esplicitare:
§ Le ragioni per le quali tali criteri/metodi sono stati adottati; e
§ Nel caso di una pluralità di criteri/metodi, il rapporto tra tali metodi. Al riguardo, è
preferibile non utilizzare una media (anche se ponderata) dei risultati ottenuti dai
diversi metodi; è invece suggerita l’adozione di uno dei seguenti approcci:
§ Metodo principale, opportunamente integrato da uno o più metodi di controllo;
o
§ Sintesi qualitativa di metodi diversi aventi pari dignità
q
Ancorché non vi siano regole definite, in alcuni casi l’adozione di uno
specifico criterio e/o metodo di valutazione può essere preferibile (in
relazione alla natura dell’azienda da valutare):
§ Società commerciali e società di servizi: criteri basati sui flussi (metodi reddituali o
§
§
§
metodi finanziari)
Società con una forte componente di capitale investito, principalmente
rappresentato da immobilizzazioni (materiali e immateriali): criteri del costo (o
misti)
Società finanziarie (banche e assicurazioni): criteri misti
Holding di partecipazione e società immobiliari: metodo patrimoniale
ed inoltre:
§ Società quotate: fare sempre riferimento alla borsa (se le quotazioni sono
significative)
q
Nota: la casistica sopra presentata ha finalità puramente indicative e non ha carattere né vincolante
né esaustivo
49
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Criteri dei flussi : tasso di capitalizzazione/attualizzazione
q
q
È fondamentale che il tasso sia coerente con la grandezza (reddito) da
capitalizzare/attualizzare
Il tasso di capitalizzazione/attualizzazione è il tasso di rendimento normale
atteso da un investitore che consideri l’investimento in capitale di rischio nel
settore in cui l’azienda opera
§ Tale tasso rappresenta il cd. costo del capitale proprio – o costo dell’equity –
dell’azienda oggetto di valutazione
q
Ipotesi di base è che gli investitori siano razionali, ossia che a parità di
rischio preferiscano un maggior rendimento e a parità di rendimento
preferiscano un minor rischio
Pertanto, il rendimento atteso è pari a:
ie = Risk free rate of return (rf) + Risk premium (s)
Per la stima del costo dell’equity, è necessario disporre di un
modello che descriva che cosa vogliono gli investitori
50
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Criteri dei flussi: Capital Asset Pricing Model (CAPM)
q
Capital Asset Pricing Model
§ È l’equazione che descrive il trade-off tra il tasso atteso di rendimento
(expected return) e il rischio non diversificabile (systematic risk)
§ In termini matematici:
ie = rs = rf + (rm - rf ) × β
q
dove:
ie
rf
(rm - rf)
β
Tasso di rendimento normale
Risk free rate (nominale o reale)
Premio per il rischio di mercato
Coefficiente beta del settore in cui l’azienda opera
Cov(rs , rm )
βs =
σ 2m
Misura il rischio non diversificabile dell’azienda,
espresso dalla volatilità del suo rendimento
rispetto a quello dell’intero mercato.
Per definizione, il rischio di mercato è pari a uno
51
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Criteri dei flussi: metodi finanziari
q In base ai metodi finanziari, il valore di una società è pari al valore
attuale dei flussi di cassa che si attende la stessa genererà nel
futuro (Discounted Cash Flows o metodo DCF)
q La configurazione di tali flussi può alternativamente essere intesa
come:
§ Flussi di cassa generati dalla gestione operativa (Free Cash Flow from
Operations - FCFO) - metodo cd. Unlevered
§ Flussi di cassa netti disponibili per gli azionisti (Free Cash Flow to Equity
- FCFE) - metodo cd. Levered
q
Coerentemente alla struttura dei flussi, i tassi di attualizzazione
sono così determinati:
§ FCFO: essendo i flussi destinati alla remunerazione di tutti i fornitori di
capitale, azionisti e terzi, il tasso è rappresentativo del costo medio del
capitale investito nella società. Tale tasso è denominato Weighted
Average Cost of Capital (WACC – cfr. infra)
§ FCFE: per i flussi destinati alla remunerazione dei soli azionisti, il tasso
di attualizzazione è pari al Cost of Equity
continua
52
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
continua
q
Presupposto fondamentale per l’applicazione dei metodi finanziari è la
disponibilità di bilanci previsionali della società oggetto di valutazione
q
Di seguito si descrive il metodo dell’UDCF, che è ad oggi la metodologia
maggiormente condivisa ed utilizzata dalla prassi nazionale ed internazionale
per la valutazione del capitale economico delle aziende industriali e
commerciali
53
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Criteri dei flussi: Metodo
finanziario unlevered
Valore
Surplus Assets
Valore
Debiti Onerosi
Valore del Capitale
q
Valore Totale
Valore Operativo
Valore
Flussi Espliciti
Valore
Residuo
Unlevered Discounted Cash Flow
Secondo il metodo finanziario dell’UDCF
il valore del patrimonio netto di
un’azienda ad una certa data (“data di
riferimento”) è rappresentato dalla
somma algebrica di:
§ Valore “operativo”, pari al valore
§
attuale dei flussi di cassa prodotti dalla
gestione operativa dell’azienda
In considerazione della difficoltà
pratica insita nell’effettuare tale stima
dalla
data
di
riferimento
della
valutazione alla data di estinzione
dell’azienda, la dottrina e la prassi
professionale prevalente suggeriscono
di scomporre il valore “operativo”
dell’azienda in due parti stimate
autonomamente:
§ Valore attuale dei flussi di cassa prodotti
dalla gestione operativa dell’azienda in
un arco di tempo definito (“periodo di
proiezione esplicita”)
§ Valore attuale delle attività operative
dell’azienda al termine del periodo di
proiezione esplicita (“valore residuo”)
§ Valore delle attività accessorie non
§
strumentali alla data di riferimento
(“surplus assets”)
Consistenza dei debiti onerosi netti
alla data di riferimento
continua
54
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
In sintesi, i principali passi applicativi del metodo dell’UDCF
sono:
§ Definizione dell’orizzonte temporale di previsione esplicita
§ Previsione dei flussi di cassa (FCFs) disponibili per il periodo di
§
§
§
§
§
§
proiezione esplicita
§ Identificazione delle componenti del cash flow disponibile
§ Sviluppo di una prospettiva storica integrata
§ Determinazione di ipotesi e scenari per la previsione
Stima del costo medio ponderato del capitale (WACC)
§ Stima del costo del finanziamento non azionario
§ Stima del costo del finanziamento azionario
§ Sviluppo dei pesi obiettivo della struttura finanziaria
Stima del valore residuo (i.e. continuing = terminal = residual value)
Attualizzazione dei FCFs e del valore residuo alla data di riferimento
della valutazione
Calcolo del valore dei “Surplus Assets”
Calcolo del valore dei debiti onerosi (Interest bearing liabilities)
Interpretazione dei risultati
55
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Orizzonte temporale di previsione esplicita
Il periodo n da considerare ai fini del calcolo dei flussi di previsione
esplicita deve essere esteso fino a quando la società raggiunge una
posizione di equilibrio sul mercato, ossia:
§ L’azienda produce margini costanti, mantiene un tasso di rotazione del
capitale investito costante e, pertanto, genera un tasso di rendimento
sul capitale investito costante
§ L’azienda cresce a tassi costanti e reinveste nell’attività operativa la
stessa proporzione dei flussi lordi generati annualmente
§ L’azienda ottiene un tasso di rendimento costante su tutti i nuovi
investimenti
56
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Flussi di previsione esplicita
q
q
I flussi da considerare (FCFs) nel periodo di previsione esplicita
debbono essere i flussi unlevered, ossia i flussi:
§ Resi disponibili dalla sola attività operativa dell’azienda; e
§ Destinati al servizio di tutte le fonti di capitale, quali:
§ Capitale di rischio (dividendi, rimborsi e aumenti di capitale)
§ Capitale di debito oneroso (interessi, accensione e rimborsi di
debiti)
Ai fini della corretta considerazione dei FCFs è opportuno effettuare
le necessarie verifiche con riferimento a:
§ Movimenti di patrimonio netto
§ Flussi di finanziamento
Tale verifica permette generalmente di evitare omissioni e/o double
counting
57
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
WACC
q
q
Il Weighted Average Cost of Capital è il tasso al quale scontare i
FCFs operativi
Riflette …
§ Rischio aziendale (business risk)
§ Capacità tendenziale di indebitamento (target debt capacity)
… del progetto o dell’azienda oggetto di valutazione
q Il WACC è il costo medio delle varie fonti di finanziamento
dell’azienda
In termini matematici:
WACC = we × ie + wd × id × (1- t c )
dove:
we
ie
wd
id
tc
Peso attribuito al capitale proprio
Costo del capitale proprio
Peso attribuito al capitale di debito
Costo pre-tax del capitale di debito
Aliquota fiscale media della società
58
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Operazioni di finanza straordinaria
La finanza straordinaria comprende tutta quella serie di operazioni
poste in essere dalle aziende che hanno caratteristiche di:
§
eccezionalità, sia per la frequenza che per le conseguenze
che producono;
§
unicità, poiché non sono ripetibili.
59
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Per operazioni di finanza straordinaria si intendono le seguenti
operazioni:
ATTIVO DI BILANCIO
Acquisizioni (Acquisition)
Fusioni (Merger)
Leveraged Buy – Out
Spin – off
Scorpori
Scissioni
Trasformazioni
Ristrutturazioni (Turnaround)
PASSIVO DI BILANCIO
Aumenti /Diminuzioni di capitale
IPO e delisting
Operazioni di PE
Ristrutturazione del debito
60
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
In particolare gli effetti che si riscontrano sono:
§
la modificazione della struttura finanziaria dell’impresa (ad
esempio nel LBO a favore del debito);
§
§
§
la modificazione della proprietà azionaria dell’impresa;
la rifocalizzazione del business dell’impresa;
il cambiamento dimensionale ed organizzativo dell’impresa.
I fattori che inducono una azienda a porre in atto operazioni di
acquisizione e fusione sono di tipo:
§
§
Interno
Esterno
61
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Le operazioni di crescita esterna, sono:
§
le acquisizioni di società o di rami aziendali (se quotata
OPA);
§
le fusioni fra società.
L’obiettivo prevalente nelle
individuabile nella volontà di:
§
§
§
§
operazioni
di
crescita
esterna
è
aumentare la capacità produttiva;
accedere a nuove risorse e competenze;
potenziare la struttura commerciale;
conservare/conquistare
imprese concorrenti.
un
vantaggio
competitivo
sulle
62
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Valutare le acquisizioni/fusioni: un caso
Ci si focalizza, adesso, su un semplice esempio numerico. La Geran Spa, sta
considerando l’ipotesi di acquisire la Sarma Spa.
q
Valori in Euro
Geran
Ricavi
200.000.000
10.000.000
Costi
155.000.000
6.000.000
Utili
45.000.000
4.000.000
Cash
85.000.000
1.500.000
Assets
250.000.000
10.000.000
Total assets
335.000.000
11.500.000
50
20
15.000.000
3.000.000
750.000.000
60.000.000
Valore delle azioni
Numero di azioni
Valore azienda
Sarma
63
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Ci si domanda: perché Geran e Sarma dovrebbero valere più insieme
che separate? Si supponga che i costi operativi vengano ridotti unendo
le divisioni amministrative e distributive – commerciali.
Più in dettaglio, si supponga che i ricavi di Sarma e di Geran
rimangano invariati (in via prudenziale), mentre i costi di Sarma si
comprimono a seguito del razionamento delle strutture di 1 milione di
€.
In tal caso gli utili futuri aumenteranno di 1 milione di €. Il guadagno
economico è il valore attuale degli utili incrementali. Se l’aumento
degli utili è permanente ed ipotizzando un WACC = 10%
1 mil. Euro
= 10 mil. di Euro
Merger’s Gain = VA (utili incrementali) =
0,1
Il valore attuale degli utili incrementali costituisce il motivo economico
della fusione.
64
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
La fusione: due differenti soluzioni
q
Geran ha due soluzioni possibili per comprare Sarma: la prima consiste in un
acquisto delle azioni di Sarma con denaro contante (Cash dell’azienda),
l’altra è attraverso uno scambio azionario, preceduto da un aumento di
capitale.
Fusione
Acquisto tramite
scambio azionario
Utili
€ 50.000.000
€ 50.000.000
Cash
€ 20.500.000
€ 86.500.000
€ 346.500.000
€ 346.500.000
Totale attività
q
Acquisto tramite
cassa
Nel primo caso (cash) i vecchi azionisti chiederanno sicuramente un premio
per non comparire più nella compagine azionaria della nuova società,
mentre nel secondo caso diverranno azionisti di Geran.
65
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Confronto fra le opzioni
Si supponga che Geran voglia acquisire la proprietà di Sarma senza versare del
denaro, bensì tramite un’emissione azionaria che sottoscriveranno gli azionisti.
In tal caso non si verificherà l’esborso di contante come nel caso precedente.
Acquisto tramite
cassa
Valore azienda post
merger
Acquisto tramite
scambio azionario
€ 754.000.000
€ 820.000.000
Numero di azioni
€ 15.000.000
€ 16.200.000
Prezzo ad azione
€ 50,267
€ 50,617
Il rapporto di concambio sarà = P. az. Geran/P. az. Sarma = 50/20 = 2,5
Numero di azioni di nuova emissione = 3.000.000/2,5 = 1.200.000
N.B. Agli azionisti di Sarma non viene riconosciuto il premio poiché non
perdono la qualifica di azionisti, ma hanno rappresentanza nella nuova Geran.
66
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Leverage Buy – Out (LBO): definizione e tipologie
Il Levarage Buy – Out, è l’acquisizione di un’impresa tramite il ricorso
alla leva finanziaria. È realizzabile quando i flussi di cassa prospettici
dell’impresa sono sufficienti a rimborsare il debito (quota interessi e
quota capitale). Alla conclusione di una operazione di LBO, l’azienda
target ha un debito più elevato rispetto a quello precedente.
Possono realizzarsi attraverso diverse tecniche:
q Merger & Acquisition;
q Asset deal.
Le tipologie più comuni sono:
q MBO;
q MBI;
q Family Buy – Out;
q Employee Buy – Out.
67
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Spin-off
Quando si parla di spin – off, generalmente ci si riferisce:
§
§
a quelli di tipo accademico o da ricerca;
a quelli aziendali.
In entrambe le tipologie, l’obiettivo
comune è quello di
sviluppare/migliorare
un business utilizzando le conoscenze
scientifiche accumulate in esperienze lavorative precedenti.
Con riferimento agli spin – off aziendali, invece, essi avvengono
prevalentemente per tre motivi:
- scorporo di attività non più strategiche;
- scorporo di alcune divisioni aziendali diventate molto grandi;
- raccolta di risorse finanziarie.
68
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Scissione
La scissione è caratterizzata dal fatto che, insieme con il distacco
dell’azienda o di una sua divisione, la società madre si divide in varie
parti che vanno a costituire nuove società o confluiscono in società già
esistenti.
La differenza con lo spin – off, consiste nel fatto che la mutazione
qualitativa del patrimonio avviene in capo agli azionisti/soci e non in
capo alla società madre come nello spin – off.
La scissione può essere:
- totale, che porta all’estinzione della società madre;
- parziale, ovvero la società scissa rimane operativa e parti del suo
patrimonio si trasferiscono a società esistenti.
69
Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
Trasformazione
La trasformazione è un’operazione che si risolve nel cambio del tipo di
società.
Sebbene tale operazione sembra esaurirsi in ragionamenti e modalità
operative che appartengono all’ambito giuridico, la stessa veste
giuridica con la quale si decide di operare e competere sul mercato,
fonda le sue ragioni nelle specifiche condizioni economiche ed
operative che contraddistinguono le singole realtà aziendali.
Le trasformazioni societarie sono riconducibili sostanzialmente alle
trasformazioni di società di persone (Società Semplice, Società in
Accomandita Semplice, Società in nome collettivo), in società di
capitali (Società per Azioni, Società in Accomandita per Azioni, Società
a Responsabilità Limitata), e viceversa.
70
Agenda
Struttura finanziaria
q Fonti di finanziamento e impatto regole Basilea 3
q Tecniche di valutazione dell’azienda e struttura
delle operazioni di finanza straordinaria
q Gestione dell’azienda in contesti di crisi e
procedure concorsuali
q
71
Gestione dell’azienda in contesti di crisi
e procedure concorsuali
Il fenomeno della crisi di impresa trova origine in fattori eterogenei
che possono manifestarsi unitariamente o simultaneamente e
coinvolgono l’intero sistema dei rapporti tra i soggetti che a questa
sono in qualche modo collegati: azionisti, manager, fornitori, banche e
lavoratori e più in generale tutti gli stakeholders.
Non esiste una causa univoca che conduca l’impresa in uno stato di
crisi.
Ogni fattore ha delle sue ripercussioni ben specifiche che si
manifestano in tempi ben precisi: ad esempio, la riduzione di
redditività (elemento economico) precede la tensione finanziaria
(elemento finanziario).
Andremo così ad analizzare una serie di possibili fattori interni ed
esterni che possono causare una crisi di impresa.
72
Gestione dell’azienda in contesti di crisi
e procedure concorsuali
Crisi da fattori interni
q
q
q
q
q
crisi d'inefficienza (perdita di redditività, aumento dei costi fissi
rispetto a quelli variabili)
crisi da sovra capacità/rigidità (impianti produttivi troppo grandi
rispetto al fabbisogno di mercato)
crisi da decadimento dei prodotti (mancata innovazione, perdita
di competitività)
crisi legate ad errori strategici ed inerzie organizzative (errori
gestionali di lungo periodo)
crisi comportamentali (legate ad atteggiamenti “poco corretti” e
alle volte “non legali” del management)
73
Gestione dell’azienda in contesti di crisi
e procedure concorsuali
Crisi da fattori esterni e generali – 1
q
situazione economica generale (tasso di sviluppo economico,
saggio di disoccupazione, inflazione, ecc.): è forse la variabile
fondamentale da qualificare per direzionare correttamente un
programma di sviluppo;
q
stato delle istituzioni: l'elemento politico-istituzionale, il quadro
normativo in cui un soggetto aziendale è chiamato ad operare, il
livello di tassazione sui redditi, la politica del lavoro, possono
costituire delle minacce o delle enormi possibilità di sviluppo per
ogni azienda;
q
livello dei servizi e delle infrastrutture: costituisce variabile
fondamentale sia nella genesi d'impresa (per esempio nelle scelte di
location), sia nelle dinamiche di successivo sviluppo;
74
Gestione dell’azienda in contesti di crisi
e procedure concorsuali
Crisi da fattori esterni e generali – 2
q
politica del territorio: conoscere in anticipo la sua direzione può
rappresentare un fattore di successo, mentre una politica del
territorio ostile può rappresentare una causa di crisi aziendale;
q
situazione demografica: (indice di mortalità, speranza di vita,
ecc.): elemento fondamentale per direzionare in modo corretto
l'offerta di prodotti/servizi;
q
livello di istruzione: elemento importantissimo per le aziende sia
in fase di reperimento di personale o di manodopera specializzata;
q
tutela ambientale: può rappresentare un elemento ostativo per le
imprese che sono chiamate a sopportare maggiori costi, ma anche
può essere un’opportunità di sviluppo con ritorni non
immediatamente misurabili e ravvisabili in termini d’immagine
aziendale ed approvazione della comunità sociale in cui ogni
impresa vive ed opera.
75
Gestione dell’azienda in contesti di crisi
e procedure concorsuali
Crisi da fattori tecnologici
q
livello della ricerca scientifica: se basso, costituisce un ostacolo
alla competitività dell'azienda, riducendone l'innovazione dei
prodotti e dei processi, nonché rendendo l'impresa più vulnerabile;
q
situazione tecnologica: l'incapacità di saper tradurre le teorie
scientifiche generali ed astratte in applicazioni tecniche di
immediato utilizzo per le aziende rappresenta un freno allo sviluppo
dell'azienda stessa;
q
conoscenze o know-how stato delle scoperte scientifiche.
76
Gestione dell’azienda in contesti di crisi
e procedure concorsuali
RIMEDI?
non esiste un solo rimedio per condurre l’impresa fuori dallo stato di
crisi, ma possono essere adottate diverse soluzioni. L’elemento più
importante da tenere in considerazione è il TEMPO
FATTORE TEMPORALE
q TEMPO TRASCORSO dall’inizio (conoscenza) della crisi
q TEMPO RESIDUO (stimato) necessario alla risoluzione dei problemi
prima del peggioramento ed irreversibilità della tensione.
Da questi due elementi dipendono tutte le azioni da intraprendere.
Le diverse tipologie di soluzioni vanno anche ragguagliate alla tipologia
di impresa e la flessibilità della stessa e al momento nel quale
interviene il professionista.
77
Gestione dell’azienda in contesti di crisi
e procedure concorsuali
MISURE “CIVILISTICAMENTE” ADOTTABILI (casi di crisi lieve)
q
Trasformazione aziendale (art. 2498 e seguenti c.c.)
q
Affitto di azienda (art. 2562 c.c rinviato dal 2561 c.c.)
q
Fusione (art. 2501 e seguenti c.c.)
q
Scissione (art. 2506 e seguenti c.c.)
q
Creazioni di new-co e trasferimenti di asset aziendali– assegnazione
di quote o azioni;
q
Operazioni sul capitale ricapitalizzazione con ingresso di nuovi soci
78
Gestione dell’azienda in contesti di crisi
e procedure concorsuali
IRREVERSIBILITA’
Se la crisi diventa irreversibile, sfocia in uno stato di insolvenza
(decozione) e le manovre operative di salvataggio si riducono
drasticamente o addirittura si annullano completamente lasciando
spazio solo alla dichiarazione di fallimento.
Nelle situazioni di insolvenza grave risulta pericoloso porre in essere
determinate operazioni di salvataggio, poiché in caso di successivo
fallimento potrebbero far emergere elementi distrattivi punibili (anche)
penalmente.
79
Gestione dell’azienda in contesti di crisi
e procedure concorsuali
FALLIMENTO – quadro normativo
La legge fallimentare italiana è disciplinata dal R.D. 16 marzo 1942 n. 267
riformato in maniera sostanziale prima dal D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e
successivamente dal D.Lgs. 12 Settembre 2007, n. 169 e da ultimo con la
Legge 30 luglio 2010 n. 122 in tema di concordato preventivo e accordi di
ristrutturazione dei debiti.
R.D. 16 marzo 1942 n. 267
Il R.D. del 1942 disciplina compiutamente:
1) il fallimento;
2) il concordato preventivo;
3) il concordato fallimentare;
4) la liquidazione coatta amministrativa.
Tuttavia la sola legge fallimentare non copre, da sola, tutto l’universo delle
procedure concorsuali, poiché è stata approvata una norma particolare per
l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza
(D.Lgs. n° 270 del 1999 la c.d. Prodi bis) mentre un altro dispositivo di legge è
stato attuato per le “grandissime” imprese in stato di insolvenza (D.L. n° 347
del 2003 convertito in Legge n° 39 del 2004; c.d. decreto Parmalat).
80
Gestione dell’azienda in contesti di crisi
e procedure concorsuali
Art. 5 L.F. Stato d'insolvenza.
L'imprenditore che si trova in stato d'insolvenza è dichiarato fallito. Lo
stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti
esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di
soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. (squilibrio finanziario
non superabile con mezzi ordinari nei termini ragguagliati all’ordinaria
scadenza dei debiti – cfr. C. 26.2.90 n. 1439)
La nuova disciplina, al fine di contenere anche il numero dei fallimenti,
ha introdotto le c.d. soglie di fallibilità che rappresentano un elemento
importante per i creditori.
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e procedure concorsuali
La
norma
fallimentare
si
esprime
facendo
riferimento
all’IMPRENDITORE inteso come operatore economico “persona fisica” e
rinviando agli amministratori di società di capitali.
E’ molto importante comprendere la distinzione tra:
il fallimento della società di persone e della ditta individuale e il
fallimento delle società di capitali.
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I parametri di fallibilità
q
aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della
istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore,
un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non
superiore ad euro trecentomila;
q
aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi
antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio
dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare
complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
q
avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad
euro cinquecentomila.
NB: I limiti di cui alle lettere a), b) e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del
Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le
famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento.
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e procedure concorsuali
FINALITA’ DEL FALLIMENTO E MODALITA’ OPERATIVE
La finalità principale del fallimento è rappresentata dall’attività liquidatoria dei
beni dell’imprenditore fallito e la distribuzione del ricavato di tale attività tra i
creditori secondo principi di “pari trattamento” c.d. par condicio creditorum
disciplinati dalla Legge e basati su regole fisse con ordine di privilegi.
La parità di trattamento viene attuata anche attraverso le azioni ripristinatorie,
recuperatorie e revocatorie che mirano ad allineare tra di loro i diversi creditori
prima del riparto finale.
L’attività liquidatoria viene espletata dal curatore fallimentare, con il parere del
comitato dei creditori e la vigilanza del Giudice Delegato.
Va ricordato inoltre che per l’Art. 6 L.F.: il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere presentato
da:
q
Il debitore (l’iniziativa avrà effetti sui profili penali);
q
Da uno o più creditori;
q
Dal Pubblico Ministero (art. 7 L.F.) quando l’insolvenza derivi da un procedimento penale o civile.
La riforma ha abrogato l’art. 8 L.F. che prevedeva la dichiarazione di fallimento d’ufficio.
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Gestione dell’azienda in contesti di crisi
e procedure concorsuali
Dichiarazione di fallimento
q
q
q
q
Art. 9 L.F. – competenza territoriale;
Art. 10 L.F. – fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio della
propria impresa (riferimento: cancellazione dal Registro delle Imprese);
Art. 11 L.F. – fallimento dell’imprenditore defunto (problematiche inerenti la
successione);
Art. 12 L.F. – morte del fallito (dopo la dichiarazione del fallimento).
Art. 15 L.F. – procedimento per la dichiarazione di fallimento
q
q
q
q
Richiesta di eventuale ulteriore documentazione da parte del Tribunale
(Presidente del Tribunale o Giudice Relatore)
Convocazione del debitore e dell’istante (compreso il PM se l’istanza parte
dalla sua iniziativa);
Audizione del debitore (ammissibilità di produzione di memorie difensive);
Decisione del Tribunale riunito in Camera di Consiglio (esposizione del
Giudice Relatore).
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e procedure concorsuali
Art. 16 L.F. – sentenza dichiarativa di fallimento
La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio. Con
la sentenza il tribunale:
q Nomina il giudice delegato per la procedura;
q Nomina il curatore;
q Ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali
obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non è stato
ancora eseguito;
q Stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procederà all’esame
dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni
dal deposito della sentenza;
q Assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in
possesso del fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza
di cui al numero precedente per la presentazione in cancelleria delle
domande di insinuazione.
La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi
dell’articolo 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei
riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro
delle imprese ai sensi dell’articolo 17, secondo comma.
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e procedure concorsuali
Reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento
Contro la sentenza che dichiara il fallimento è possibile proporre
reclamo in Appello; contro la decisione della Corte d’Appello è
ammissibile il ricorso per Cassazione entro il termine di 30 giorni dalla
notificazione (Rif. art. 18 L.F.).
Organi del fallimento
Gli organi del fallimento sono:
q il Giudice Delegato (al quale spettano funzioni di direzione e
supervisione – rispetto della Legge -durante lo svolgimento della
procedura concorsuale)
q Il Curatore Fallimentare (al quale spetta la funzione esecutiva
dell’attività liquidatoria)
q Il Comitato dei Creditori (al quale spettano funzioni di vigilanza
sull’operato del liquidatore attraverso l’espressione di pareri e
autorizzazioni)
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e procedure concorsuali
Le altre procedure concorsuali: cenni
q
q
q
q
liquidazione coatta amministrativa
concordato preventivo
concordato fallimentare
accordi di ristrutturazione ex artt. 67 L.F. e 182 L.F.
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e procedure concorsuali
La liquidazione coatta amministrativa
La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale che
si applica ad alcune categorie d’impresa predeterminate dalla legge:
q
q
q
q
Imprese bancarie e assicurative
Società con partecipazione dell’Istituto per la ricostruzione
industriale
Imprese finanziate dal fondo per il finanziamento dell’industria
meccanica
Società cooperative
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e procedure concorsuali
La liquidazione coatta amministrativa
Il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa proviene da un
organo amministrativo e, per applicare tutta la norma fallimentare, (in
particolare la parte relativa alle azioni revocatorie e penale) è
necessario presentare il ricorso per l’accertamento dello STATO DI
INSOLVENZA da parte del Tribunale competente.
q
q
q
q
Finalità pubbliche: strumento al servizio di interessi pubblici;
Il commissario liquidatore ha le funzioni del curatore fallimentare;
L’Autorità di Vigilanza ricopre il ruolo del Giudice Delegato nel
fallimento;
Segue percorsi amministrativi, ma anche giudiziari.
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e procedure concorsuali
Il concordato preventivo
Il Concordato preventivo è una procedura concorsuale attraverso la
quale l'imprenditore ricerca un accordo con i suoi creditori per non
essere dichiarato fallito o comunque per cercare di superare la crisi in
cui versa l'impresa.
Segue delle regole ben precise descritte dagli articoli 160 e seguenti
della legge fallimentare.
Il concordato ha subito una notevole variazione dalla vecchia
normativa e, attualmente, è impostato su regole più elastiche che lo
rendono uno strumento concorsuale più accessibile.
La più importante variazione riguarda la percentuale di pagamento dei
creditori chirografari (eliminato il minimo del 40%) e l’introduzione
delle classi di creditori.
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e procedure concorsuali
Il concordato fallimentare
La proposta di concordato può essere presentata da uno o più
creditori, da un terzo e dal fallito (art. 124 l. fall.). Nel primo e nel
secondo caso può essere presentata anche prima che sia stato reso
esecutivo lo stato passivo, ma è necessario che sia stata tenuta la
contabilità per consentire al curatore di predisporre un elenco
provvisorio dei creditori da sottoporre all’approvazione del giudice
delegato.
Il fallito può presentare la proposta di concordato solo dopo 1 anno
dalla dichiarazione di fallimento ed entro due anni dal decreto che
rende esecutivo lo stato passivo.
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e procedure concorsuali
Accordi di ristrutturazione dei debiti
q
q
q
Gli accordi ex art. 67 L.F.
Gli accordi ex art. 182 bis L.F.
La transazione fiscale ex art. 182 ter L.F.
Offrono la possibilità di sottrarre i creditori che accettano dalle azioni
revocatorie che potrebbero essere attivate in caso di fallimento
dell’impresa.
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Fine
Grazie per l’attenzione
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