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RICERCHE NATURALISTICHE A BOSCO DELLA FONTANA - QUADERNI CONSERVAZIONE HABITAT - 3/2004: 13-18.
ASPETTI GEOLOGICI E GEOMORFOLOGICI
Vittorio Rioda
RIASSUNTO
Bosco della Fontana costituisce l’ultima porzione di foresta planiziale conservata nella pianura mantovana centrale. Il territorio in cui
esso si colloca ha subito un percorso evolutivo in più fasi in cui alla deposizione di imponenti depositi fluvioglaciali, prevalentemente
durante l’interglaciale Riss-Würm, ha fatto seguito l’azione erosiva e deposizionale del Fiume Mincio.
Data la variabile profondità della falda all’interno dell’area (più superficiale a Sud Ovest e più profonda a Nord Est) e la discreta diversità pedologica, con almeno tre tipi di terreni distinguibili, tale zona, pur se di scarsa estensione (233 ettari), ha consentito la formazione di un ambiente con caratteristiche floristiche e faunistiche assai diversificate.
ABSTRACT
Geological and geomorphological aspects.
“Bosco della Fontana” (Lombardy, northern Italy) is one of the last remaining portions of plain forest in the central Mantuan plain. The territory in which it is situated has undergone various evolutional phases, from the large fluvio-glacial deposits, which were mainly formed during
the Riss-Würm interglacial, to the erosion and deposition caused by the Mincio river.
The variable depth of the water table (more superficial in the south-western part and deeper in the north-eastern part), together with noticeable pedological differences (three distinct types of soil), have led to the development of habitats with well-differentiated floristic and faunistic
characteristics, in this small area (233 ha).
Key words: Mantuan plain, fluvio-glacial deposits, fluvial erosion, soils.
INTRODUZIONE
La riserva di Bosco della Fontana rappresenta l’ultima testimonianza rimasta di un’estesa foresta planiziale insediata nell’area successivamente all’ultima
glaciazione (Persico 1998a). Essa si trova al limite tra
l’alta e la bassa pianura mantovana (Castiglioni et al.
1999), un territorio subpianeggiante costituito da
imponenti depositi di origine fluvioglaciale e modellato, in seguito, dall’azione del Fiume Mincio, del Po
e, in minor misura, del Fiume Oglio e di altri corsi
d’acqua. L’origine e la natura dei terreni su cui insiste l’attuale riserva sono dunque legati in primo luogo all’azione dei ghiacciai quaternari e successivamente all’intervento dei fiumi che hanno plasmato il
territorio fino a portarlo all’attuale morfologia.
Attualmente la zona della riserva costituisce un “Sito
di Importanza Comunitaria” (SIC) e dal 1984 è inclusa nel Parco Naturale del Mincio (cfr. Mason
2002; Mason et al. 2002). Essa si colloca all’interno
del territorio comunale di Marmirolo (Carta Tecnica
Regionale in scala 1:10000 sezione E7c3) in provincia di Mantova (Lombardia), circa cinque chilometri
a Nord Est del capoluogo e pochi chilometri a Sud
delle colline che costituiscono le cerchie più esterne
dell’anfiteatro morenico del Garda. La superficie della riserva (fig. 1) si trova ad una quota media di 25 m
s.l.m. con un dislivello massimo di 2 m tra la parte
più alta e quella più bassa (Agostani 1964).
L’area che occupa l’attuale Bosco della Fontana ha
un’estensione piuttosto limitata: di forma pressoché
Fig. 1. Stralcio della tavoletta IGM (Foglio144 III SW). Al centro è riportato il toponimo Bosco Fontana.
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quadrata con lato di circa un chilometro e mezzo essa si sviluppa su una superficie di circa 233 ettari
suddivisi dagli austriaci (1758-59) in 40 particelle
per mezzo di 52 viali che si incrociano in 7 radure.
Di questa superficie circa l’ottantacinque per cento
(198 ettari) è coperto da vegetazione forestale, 33 ettari sono occupati da prati e viali e 2 ettari sono costituiti da una zona di acquitrino artificiale di recente formazione (cfr. Mason 2002; Mason et al. 2002).
Come si chiarirà maggiormente in seguito, il rapporto genetico tra quest’area e la zona morenica del
Garda è molto stretto; per comprendere chiaramente le dinamiche evolutive che hanno portato alla
configurazione odierna di questo territorio, non si
può quindi prescindere dal considerare almeno sinteticamente anche gli aspetti principali della genesi
dell’anfiteatro morenico e più in generale del bacino
lacustre benacense.
ASPETTI GEOLOGICI GENERALI
Fig. 2. Elementi geomorfologici della zona considerata, riportati su immagine da satellite - fonte NIMA.
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Gli elementi principali presenti nelle immediate
adiacenze della zona sono indubbiamente l’anfiteatro
morenico del Lago di Garda e la conca lacustre. Il lago presenta caratteristiche assolutamente peculiari,
infatti risulta l’unico, tra i laghi italiani “di origine
glaciale” che si spinge in un’area di pianura allungandosi in senso meridiano per quasi 52 km. Tale morfologia estesa latitudinalmente può essere scomposta in
un primo tratto intramontano, di forma allungata e
stretta ed in un secondo tratto esterno pedemontano,
più largo e di forma subcircolare. (Sorbini 1983).
L’avanzata dei ghiacciai alpini del Quaternario ha
più volte raggiunto e riempito la conca del Lago di
Garda, modellando, tramite la sua attività erosiva, la
fisionomia della regione benacense. Le fronti dei
ghiacciai, durante le fasi finali del Pleistocene, hanno depositato ai margini meridionali del Garda dei
sedimenti che costituiscono il più imponente apparato di deposizione glaciale italiano: l’anfiteatro morenico del Garda.
Durante l’ultima espansione glaciale (20000-15000
anni fa, stadio isotopico 2), il bacino benacense era
completamente occupato da un ghiacciaio pedemontano, dello spessore di oltre 1000 m all’altezza
di Riva del Garda (TN), il quale si espandeva a ventaglio verso Sud, sino a raggiungere una larghezza di
20 km all’altezza di Sommacampagna (VR) con il
suo apice estremo nelle vicinanze di Volta Mantovana (Sauro et al. 2001).
La situazione morfologica attuale del settore settentrionale del territorio preso in esame (fig. 2) è caratterizzata da un sistema di cerchie collinari di origine
glaciale, disposte ad archi concentrici, che si susseguono alternate ad esigue aree pianeggianti, le depressioni inframoreniche.
Nelle carte geologiche pubblicate da Venzo (1957,
ASPETTI GEOLOGICI E GEOMORFOLOGICI
1961, 1965), risultano più numerose e ben sviluppate le cerchie moreniche appartenenti alla glaciazione del Riss ed in particolare le cerchie esterne,
mentre i depositi del Würm sono limitati ad una fascia più ridotta.
Più recentemente Cremaschi (1987) ha supposto
che durante la glaciazione del Würm l’area gardesana abbia cambiato notevolmente la sua fisionomia,
già modellata dalle precedenti fasi glaciali, attribuendo a quest’ultima glaciazione la formazione di gran
parte delle morene dell’anfiteatro benacense.
Durante le fasi interglaciali, a causa dell’aumento
della temperatura, grandi masse d’acqua si riversarono tra i depositi morenici per poi defluire verso valle, formando una serie di ventagli alluvionali coalescenti, che costituiscono la piana proglaciale, a meridione dell’anfiteatro morenico.
I ghiacciai cominciarono a ritirarsi tra i 18000 e i
14000 anni fa, durante il cosiddetto Tardiglaciale, e
la loro presenza fu limitata alle valli secondarie dei
principali massicci montuosi (Sauro et al. 2001).
Le depressioni inframoreniche, formatesi tra le cerchie moreniche, furono successivamente colmate da
alluvioni oloceniche e spesso qui si formarono specchi lacustri, detti laghi intermorenici o di sbarramento morenico, privi di emissari. Nel corso degli
ultimi millenni, molti di questi laghi hanno subito
un processo di impaludamento, evolvendosi gradualmente in torbiere, o scomparendo (Turri 2002).
Tra i laghi intermorenici ancora esistenti si possono
citare il laghetto di Castellaro Lagusello (Mantova) e
quello del Frassino (Peschiera).
ASPETTI GEOLOGICI DELL’AREA
DI INDAGINE
La parte pianeggiante della provincia di Mantova oltre il 90% (Persico 1998b) - può essere suddivisa
con criterio altimetrico in tre zone: l’alta pianura
(36-56 m s.l.m.), la media pianura (36-13 m s.l.m.)
e la bassa pianura (< 13 m s.l.m.) (Baraldi 1983).
La porzione centrale della pianura mantovana può essere, in definitiva, suddivisa in cinque unità principali: l’alta pianura ghiaiosa (corrispondente al conoide
di deiezione della valle glaciale del Garda); la media
pianura idromorfa (che costituisce una fascia lungo il
confine orientale dell’area e si è formata a seguito dell’alluvionamento della bassa pianura fluvioglaciale ad
opera dei corsi d’acqua postglaciali di risorgiva); la
bassa pianura fluvioglaciale (con depositi fluvioglaciali e fluviali del Pleistocene superiore); le valli alluvionali recenti (deposizione di materiale di origine
fluviale in epoche recenti e attuali); le valli terrazzate
antiche. Queste ultime si sono formate in seguito all’erosione da parte di corsi d’acqua e presentano vari
ordini di terrazzi delimitati da scarpate (Fiume Mincio e suo paleo-percorso denominato Fossa Viva).
Bosco della Fontana si trova in questa zona centrale
di raccordo tra l’alta e la bassa pianura all’interno
dell’unità contraddistinta dalle valli terrazzate antiche. Tale zona è caratterizzata da una generale debole inclinazione verso Sud e dalla presenza di variazioni morfologiche legate alla esistenza di paleoalvei e
alvei attuali, in particolare bordi di erosione di terrazzi alluvionali come ad esempio l’orlo del terrazzo
antico che passa per Marengo, Marmirolo e S. Antonio. Questo bordo delimita la vecchia piana di divagazione del Mincio che si è verosimilmente formata
prevalentemente prima dell’ultima glaciazione ed è
costituita da depositi del fiume sedimentati durante
l’interglaciale Riss-Würm. Questa zona si è formata
quindi in seguito allo scioglimento dei ghiacciai
quaternari del Garda e dell’Adige. Le acque trasportate da Mincio, Adige e altri scaricatori glaciali minori hanno eroso le morene frontali e laterali rimaneggiandone i materiali e depositandoli più a valle.
La maggior parte del territorio è costituita da una
successione di alluvioni pleistoceniche, ben gradate
da monte a valle lungo un piano debolmente inclinato. La parte settentrionale è costituita da sedimenti a granulometria grossolana. Nella parte media la
granulometria diminuisce (qui si trovano le incisioni
prodotte dal Mincio). Le alluvioni del Mincio risultano anch’esse gradate (ciottolose e ghiaiose a Nord,
poi sabbiose, sabbioso limose fino ad argillose dopo
i laghi di Mantova).
Ad Est la zona è solcata da fasce di alluvioni a granulometria variabile, frequentemente torbose, in corrispondenza di paleoalvei diretti verso le antiche paludi poste poco a Nord di Ostiglia.
Ad oriente l’unità in parola viene a contatto con i depositi del Tione che sono geneticamente e petrograficamente diversi provenendo dal bacino dell’Adige.
A Sud si ha contatto con le alluvioni del Po.
IDROLOGIA GENERALE
Nella pianura mantovana centrale si possono individuare due principali reti di flusso idrico: con direzione da Nord verso Sud (Mincio fino a Rivalta, i canali in destra Mincio e alcuni paleoalvei tra cui il
Mincio da Rivalta fino al Po); con direzione da Nord
Ovest a Sud Est (corsi e paleoalvei in sinistra Mincio
e il corso del Mincio da Mantova al Po).
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Posteriormente all’8000 a.C gli scaricatori fluvioglaciali ai piedi delle cerchie moreniche che costituiscono la rete drenante post-Würmiana si esauriscono.
Dopo l’VIII secolo a.C. con la rotta di Grazie–Rivalta il Mincio allaga l’attuale zona dei laghi modificando notevolmente il paesaggio. Dotato di forti portate (testimoniate poco più a monte dalla presenza della grande piana di divagazione di Goito–Marmirolo)
e di elevato potere erosivo riesce a scavare un alveo
nei sedimenti sabbiosi e ghiaiosi. Nella fase fredda
culminata nel 500 a.C. circa (Pinna 1969, 1984) fu
modellata la maggior parte dell’estesa piana di divagazione ghiaiosa tra il Mincio e Marmirolo a causa
delle variazioni di percorso dei tracciati fluviali che si
sono verificate nel tempo.
Per quanto riguarda il drenaggio verticale possiamo
osservare come coesistano situazioni diverse nelle
differenti aree in funzione della natura del substrato:
deflussi da molto veloci (ghiaie della valle terrazzata
del Mincio a Nord di Mantova e nella zona a Nord
di Roverbella) a molto lenti (limi e argille della bassa pianura).
La porzione centrale di pianura corrispondente alla
fascia delle risorgive è interessata da una falda poco
profonda (Marini & Andreoli 1998). La fascia delle
risorgive risulta caratterizzata da numerose emergenze spontanee della falda freatica sulla superficie topografica. La zona di emergenza dei fontanili è distribuita su un allineamento Est-Ovest localizzato poco
a Sud dell’anfiteatro morenico del Garda in corrispondenza al passaggio fra depositi prevalentemente
sabbioso ghiaiosi a sedimenti più fini con variazioni
granulometriche orizzontali e verticali frequenti. La
maggior parte delle sorgenti sono di origine naturale
anche se l’uomo le ha condizionate fortemente talora favorendone lo sviluppo, altre volte determinandone il prosciugamento (cfr. Minelli 2001). Le sorgenti si collocano generalmente presso la base delle
conoidi ghiaiose esterne della cerchia morenica, dove
la falda, alimentata e controllata dal bacino gardesano, emerge al contatto con terreni meno permeabili.
A Bosco della Fontana si possono individuare due risorgive (una in corrispondenza della fontana con vasca a forma di quadrifoglio presso la Palazzina dei
Gonzaga; l’altra in zona boscata nel settore Sud) denominate rispettivamente “Fontana” e “San Giuseppe”; esse rappresentano le ultime testimonianze di
una rete di sorgenti più estesa scampate alle bonifiche idrauliche dei secoli scorsi. Un’altra risorgiva dava origine anticamente al fosso “Re Corniano” ma
40 anni fa si è prosciugata probabilmente in seguito
all’apertura di alcune cave di ghiaia in falda nelle vicinanze dell’area (Franchini 1989).
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Il corso d’acqua principale che attraversa la Riserva è
il Rio Begotta; a regime permanente, entra a NW e
esce a SE attraversando in diagonale l’area; prende
origine da un canale di irrigazione esterno alla riserva e sfocia in un canale di bonifica. Quasi al centro
dell’area si divide per formare il fosso di protezione
della Palazzina Gonzaga (fig. 3). Il Re Corniano, attualmente a regime stagionale, nasce all’interno del
bosco e confluisce in un canale esterno.
Il Gamaitone, piccolo fosso, attraversa il bosco da
NE a SW e, scavalcando il Begotta, va successivamente a perdersi nei campi di Soave. Ad Est la zona
è delimitata dalla Roggia Sgarzabella e dal Rio Parcarello. Infine una rete di canali artificiali recenti si
dipana all’interno della riserva. Nel prato al centro
della riserva è presente inoltre una zona umida (2 ettari circa) realizzata nel 1998: un piccolo specchio
d’acqua con profondità variabile da dieci centimetri
a più di un metro circondato da un prato umido allagato periodicamente (Longo et al. 2000).
I SUOLI
In quest’area, prevalentemente boschiva, si possono
distinguere zone con caratteristiche pedologiche e
idriche diverse: una porzione più arida a Nord Est e
una a Sud Ovest più umida e con maggiore ritenzione idrica.
Genericamente nell’area del Bosco della Fontana si
riscontra un suolo con grande quantità di scheletro a
tessitura grossolana costituito da ghiaie e ciottoli con
un buon grado di arrotondamento (Persico 1989):
ad un sottile orizzonte organico minerale molto permeabile di colore bruno fa seguito un orizzonte minerale eluviale, un orizzonte minerale illuviale, sotto
il quale, a 70-90 cm si trova un orizzonte chiaro indurito formato da ciottoli più o meno cementati dall’accumulo di carbonato di calcio (orizzonte petrocalcico). Tale orizzonte impermeabile manca nella
parte più a Sud del Bosco e lungo il corso del Rio
Begotta dove il suolo assume colore grigio scuro per
fenomeni di riduzione (Persico 1990).
In base al sistema di classificazione FAO-1990 all’interno della riserva sono stati individuati tre tipi di
suolo (Tartaglia & Barboni 1987). Nella parte orientale si incontrano suoli sottili scarsamente calcarei a
tessitura moderatamente grossolana con abbondante
scheletro e pietrosità superficiale elevata, limitati dal
substrato ghiaioso-ciottoloso o dallo strato calcareo
cementato citato poco sopra (orizzonte petrocalcico). Tale suolo può essere ascritto agli “Haplic Luvisols”. Il drenaggio in questi suoli risulta rapido e la
ASPETTI GEOLOGICI E GEOMORFOLOGICI
Fig. 3. Foto aerea del 1999 dell’area di Bosco della Fontana e dei
centri abitati limitrofi (Terraitaly).
permeabilità risulta elevata. Il livello petrocalcico indurito e compatto costituisce un orizzonte semipermeabile che in passato sosteneva una piccola falda
superficiale ormai praticamente estinta. Questo livello si attesta tra i 50 e gli 80 cm e ostacola l’approfondimento radicale delle piante arboree.
Nel settore occidentale sono presenti suoli moderatamente profondi dallo spiccato colore rosso per l’alto
contenuto di ossidi di ferro, con tessitura media, scheletro frequente e comune pietrosità superficiale, sono
delimitati da substrato da calcareo a molto calcareo
ghiaioso con sabbie e con rivestimento di carbonato
illuviale sugli elementi più grossolani. Anche tale suolo rientra negli “Haplic Luvisols”. La falda risulta molto superficiale (anche fino a 80 cm dal piano campagna). Il drenaggio è buono, la permeabilità moderata.
L’area è suddivisa in due parti da una fascia ad andamento diagonale NW-SE in cui sono presenti suoli
poco potenti, limitati da un substrato sabbioso molto calcareo, con colori scuri dovuti alla scarsa ossigenazione e all’accumulo di sostanza organica a causa
della difficoltà di drenaggio; gli orizzonti superficiali hanno tessitura moderatamente grossolana talvolta con scarso scheletro. Spesso questi suoli includono strati torbosi e sono interessati dalla falda. Questi
suoli rientrano nei “Mollic Gleysols”. Il drenaggio
risulta da lento a medio e la permeabilità moderatamente elevata.
Questa discreta varietà pedologica e le diverse condizioni idrogeologiche dell’area, legate alla complessa
genesi del territorio in cui essa risulta inserita, hanno
consentito la formazione di un ambiente naturale assai diversificato da un punto di vista floristico e faunistico.
Ringraziamenti
Si ringrazia sentitamente Mirco Meneghel per la
puntuale revisione del lavoro.
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