Interazionismo simbolico e sociologia della devianza.

"Labelling teory": discriminazione e attribuzione di status.
C' è una approccio sociologico alla devianza che trae vita dalla tradizione della
scuola di Chicago e dell' interazionismo simbolico.
Tale corrente non esamina tanto le cause del comportamento deviante ma pone
l'accento sul suo formarsi; parla dell' interazione tra definizione e discriminazione
sociale e comportamento non conforme.
Molti autori di questo orientamento definiscono la devianza come un comportamento
provocato dal gruppo perché ad esso necessario. Qalsiasi gruppo si amalgama
intorno a delle norme; il gruppo ha una struttura d'inventivi che porta il singolo ad
avere atteggiamenti conformi alle norme.
Ma ogni gruppo definisce i suoi confini simbolici ovvero gli estremi del
comportamento che sono accettabili.
Gli status della devianza stanno ai margini del gruppo e diventano riferimenti critici
per stabilirne i confini.
Per altri la devianza è un comportamento che viola le norme di un insieme abbastanza
unito di persone. E' un modo di fare "diverso" e che è avversato. Le reazioni sociali a
tale fenomeno sono di vario tipo: applicazione di multe e di sanzioni, segregazione
del ribelle. Esistono volontà repressive verso il "diverso" ma anche tentativi di
"riforma".
Questi studiosi, pensiamo a Lemert, non escludono neanche l'ipotesi dello
"sfruttamento" ai danni di queste categorie di persone; certo non arrivano a dire che le
leggi dello Stato servono a creare una ribellione "artificiale". Tuttavia notano come l'
esistenza di status devianti, permetta lo sviluppo correlato di ruoli come quelli dei
poliziotti, degli psicologi, degli avvocati, dei giudici ecc..
Tra le reazioni sociali di fronte ai "banditi", c'è anche la tolleranza. Spesso essa si
esprime come frazione tra il comportamento in valori quantitativi e l' intenzione della
comunità di sopportarlo.
I devianti subiscono un trattamento cha va a ridefinire la loro personalità ed il loro
ruolo nella sicietà; tale compito pertiene al settore della pubblica difesa. A questo
proposito si fà la distinzione tra devianza primaria e devianza secondaria.
La devianza primaria è di tipo situazionale, nasce in ambiti sociali nei quali è diffusa
l'anomia, ed il conflitto con la cultura dominante. Tale comportamento può andare
poi a cofigurarsi come ruolo o carriera ben definita.
E' a questo punto che entra in gioco la devianza secondaria che è in gran parte
costituita dalle risposte sociali. Vegono erette delle barriere alla partecipazione
sociale della persona vista come "svantaggiata socialmente" o deviante.
Ecco quindi che il comportamento "criminale" e le sanzioni che lo seguono, hanno
coseguenze non solo manifeste ma anche latenti. La stigmatizzazione pubblica da
parte di coloro che stanno fuori e dentro alle agenzie di controllo e di repressione,
incide sulla definizione del sé dello stigmatizato.
Qui ritorna anche il concetto della fuzionalità della criminalità per il gruppo. E come
già detto istituzioni come la giurisdizione e le prigioni tendono a mantenersi,
riproducendo le cause della propria vita: sarebbero le prigioni a produrre i criminali.
Altri autori concepiscono la devianza come un processo. I membri di un gruppo,
comuntà o società, - "vedono" un dato comportamento come fuori la norma
- definiscono le persone, che attuano quella data modalità d'azione sopra citata, come
"banditi", diversi, o "ribelli" - si accordano sul trattamento che devono inoltrare agli
autori delle devianze.
Questi sociologi quindi non assumono che un agire sia di per se deviante, ma a
definirlo tale è la comunità he lo sperimenta.
Essi non vedono la devianza come un comportamento di ruolo, ma soprattutto come
un' attribuzione di status.
Non si parla dei criteri e di processi che portano a questa attribuzione, neanché dei
contesti sociali in cui essa avviene. Si dà poca attenzione anche alle reazioni sociali
alla devianza.
Un altro studioso, Becker, tratta dell' aspetto politico, non "neutrale", del concetto di
devianza e dei passi che portano ad attribuire uno status deviante a certi individui.
La devianza è indicata dalle leggi messe in moto dal potere. Le norme sono create
nell' interesse dei gruppi dominanti.
Il comportamento non conforme è il comportamento che infrange tali norme, spesso
nell' interesse di gruppi che si oppongono a quelli dominanti.
Da questo studioso come da altri, la devianza è vista come tema da discutere nella
sfera pubblica. La politica viene concepita come un ambito di contrattazione tra
individui e gruppi d' interesse diversi. E in ciò si riscontra una visione della società e
della politica basata su un pluralismo tipicamente post-moderno.
La devianza è creata dalle stesse leggi e sanzioni previste ma anche dalle agenzie di
controllo e di applicazione.
Si passa qui dal piano della politica a quello, più basso, dell' "applicazione" delle
regole. Il fatto che un uomo venga indicato come autore di un atto delinquenziale o
non conforme, dipende da vari fattori estranei al suo atteggiamento reale.
Infatti un funzionario può sentirsi in dovere di applicare la sanzione per dimostrare di
fare il suo mestiere; oppure perché l'azione commessa rientra nel tipo di quelle
prioritari per l'agente di controllo, ecc..
Coloro che fanno rispettare le regole hanno interesse, per la continuità stessa del loro
lavoro, che queste regole vengano infrante. Questo argomento era già presente in
Lemert.
La definizione di devianza da parte di Beker come di altri, tiene conto di una
relazione alle norme, le quali hanno la funzione di mantenere certi rapporti sociali.
Ma tali studi insistono anche sui processi di individuazione della devianza da parte
delle organizzazioni che applicano le norme.
In Beker non si parla di una situazione storicamente determinata di potere. In realtà
tutti gli studi del filono interazionista non vengono cotestualizzati storicamente.