conoscere la chiesa - Costruire la società cristiana organico

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Tommaso Demaria
CONOSCERE LA CHIESA
I
La Chiesa nel suo essere
1) Bisogna conoscere la Chiesa
A.Carrel ha scritto un libro dal titolo: L’uomo, questo sconosciuto. Qualcuno dovrebbe scrivere
un libro dal titolo seguente: La Chiesa, questa sconosciuta. Infatti, nonostante il grande parlare
sulla Chiesa, essa rimane quasi sconosciuta.
Eppure, il conoscere la Chiesa per il cristiano di oggi rappresenta una estrema necessità.
Dovrebbe essere la nostra prima preoccupazione di cristiani. È dal modo in cui conosciamo la
Chiesa, che deriva il modo di vivere la nostra fede, il nostro modo di comportarci e di agire, come
credenti e anche come cittadini.
Già Sant’Agostino diceva che l’oggetto della nostra fede è Christus et Ecclesia: Cristo e la
Chiesa, come una cosa sola. O conosciamo bene l’uno e l’altra, anzi li conosciamo come una cosa
sola, o restiamo fuori strada. Se sbagliamo a conoscere (e a credere) Cristo, sbagliamo a conoscere
(e a credere) la Chiesa; se sbagliamo a conoscere e a credere la Chiesa, sbagliamo a conoscere e a
credere Cristo. In ambo i casi saremo dei cristiani mal riusciti.
Ma come conoscere e credere la Chiesa? C’è un modo parziale e c’è un modo totale di conoscere
la Chiesa; un modo reale e oggettivo, e un modo convenzionale e soggettivo; un modo “teologale”,
fatto di fede e scienza teologica, e un modo solo umano-storico, anziché “divino” e al di sopra dei
semplici fenomeni storici ed umani.
La vera conoscenza della Chiesa per il cristiano di oggi dev’essere: totale, reale e oggettiva;
teologale, divina e “metastorica” (che vuol dire non solo umana e storica).
Noi vogliamo impostare la conoscenza della Chiesa così, perché solo così la nostra conoscenza
della Chiesa può fondare la fede e la vita di noi cristiani di oggi.
Per orientare in tal modo la nostra conoscenza della Chiesa, dobbiamo impostarla su tre cose:
sull’essere della Chiesa, sulla sua esistenza, e sulla sua azione.
2) L’essere della Chiesa
Tutte le cose portano con sé un loro essere, un loro esistere (con tutti i problemi e i fenomeni di
questa loro esistenza), e una loro azione. È così anche per la Chiesa.
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La prima domanda da farci, quindi, è questa: qual è l’essere della Chiesa? La risposta deve farci
conoscere il suo essere totale, anche se sarà una conoscenza solo elementare, che non potrà mai
esaurirsi né essere esauriente.
Per orientarci in tale conoscenza dobbiamo tener presenti tre cose: che si tratta di una conoscenza
di fede; che è una conoscenza di fede intelligente; che è una conoscenza di fede guidata (ma non
sostituita) dalla Rivelazione e dal Magistero.
Come conoscenza di fede, la prima cosa che la fede ci dice per conoscere la Chiesa è che essa è un
Mistero ( il “Mistero della Chiesa”: Vaticano II). Essa è un Mistero, ossia una realtà misteriosa,
perché è una realtà divino-umana (e non soltanto umana, anche se con degli agganci col Divino).
Dove c’è il Divino c’è il Mistero. E quanto Divino c’è nella Chiesa, non comunque, ma proprio
come principale elemento costitutivo di essa!...
Dire però che la Chiesa è un Mistero, non significa dire che essa resti inconoscibile. La Fede
intelligente, pur rispettando il Mistero, ci fa conoscere anche il Mistero. Basta pensare al
Catechismo: quale luce di conoscenza, su tante cose misteriose, a cominciare dal Mistero della
Trinità e del Verbo Incarnato!
Basta che la Fede intelligente sia guidata (ma non sostituita) dalla Rivelazione e dal Magistero, per
non dire spropositi e per farci conoscere cose anche misteriose, a cominciare dal “Mistero della
Chiesa”.
Con una Fede intelligente e guidata, possiamo quindi conoscere anche la Chiesa come Mistero,
nella sua realtà oggettiva e totale.
3) La realtà oggettiva e totale della Chiesa: Chiesa e religione cristiana
Per cogliere, nel modo anzidetto, la realtà oggettiva e totale della Chiesa, guardiamo alla Chiesa
non già attraverso di noi, che non siamo altro che dei poveri “soggetti” sia singolarmente che come
“popolo di Dio”, ma partendo dalla realtà misteriosa e oggettiva della Chiesa.
E allora scopriremo queste tre cose, che unite fra loro, ci danno una conoscenza oggettiva e totale
della Chiesa stessa. Prima scoperta: la Chiesa è la stessa religione cristiana “organizzata”.
Seconda scoperta: la Chiesa è lo stesso Regno dei Cieli. Terza scoperta: la Chiesa è lo stesso Corpo
Mistico di Cristo.
Cominciando dalla prima “scoperta”, diciamo che: per conoscere la realtà della Chiesa, la prima
cosa da fare è cogliere l’identità fra la vera Chiesa di Cristo e la vera religione cristiana. Sotto
questo aspetto, dobbiamo dire che la Chiesa è la stessa religione cristiana organizzata. In altre
parole, la Chiesa è la sintesi reale e oggettiva della religione cristiana.
Ce lo dice il Magistero. Questo infatti è il senso primo e più completo della Lumen Gentium.
Questa “Costituzione” del Vaticano II, che tratta appunto della Chiesa, non fa che richiamare
l’intero contenuto della religione cristiana, a cominciare dalla Trinità, dall’Incarnazione del Verbo,
per passare al “religioso” popolo di Dio, alla sua struttura gerarchica (“comunità gerarchica”), ai
mezzi della Grazia, all’impegno di santità, fino ad arrivare a Maria SS., Madre di Dio e della
Chiesa.
È in questo senso che il Vaticano II ci ha invitato a superare una concezione semplicemente
“societaria” della Chiesa: non sostituendo tale concezione “parziale” della Chiesa, con quelle
altrettanto “parziali” del “popolo di Dio”, o della Comunità-Comunione, ma integrandole nella
realtà totale della religione cristiana e della Chiesa stessa.
Primo aspetto della conoscenza reale e totale della Chiesa, quindi: la Chiesa come sintesi reale e
totale della religione cristiana; la Chiesa che si identifica con la religione cristiana organizzata, con
tutti i suoi Misteri, i suoi Santi, la sua Gerarchia, con tutto il suo patrimonio divino-umano. Una
Chiesa, così come è stata voluta e fondata da Gesù Cristo.
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4) Chiesa e Regno dei Cieli
Secondo momento della conoscenza reale e totale della Chiesa: quello che sa identificare la Chiesa
col Regno dei Cieli (o “Regno di Dio”), e viceversa.
Che cos’è che impone tale identificazione? È la stessa Rivelazione, a cominciare dal Vangelo.
Gesù predica il Regno dei Cieli, ossia il Regno di Dio. E il Regno di Dio si concretizza appunto
nella Chiesa e nella religione cristiana, su questa terra.
Chiesa e Regno di Dio sono quindi una stessa cosa: la stessa e identica realtà oggettiva della
Chiesa, anche se a questa identica realtà oggettiva la parola “Chiesa” e la parola “Regno di Dio”
danno un significato un po’ diverso, facendola vedere in un modo diverso.
I teologi dicono: la Chiesa e il Regno di Dio realiter identificantur (e cioè nella realtà si
identificano), ma formaliter distinguuntur (e cioè esprimono due aspetti diversi di una sola e
identica realtà).
Il Regno di Dio richiama piuttosto la divina potestà e la divina ricchezza dei tesori e dei doni
spirituali che si trovano nella Chiesa. La Chiesa richiama la realtà a cui appartengono questi doni, i
quali diventano suoi elementi costitutivi.
Ma guai a separare le due cose! Frana la realtà divino-umana della Chiesa, che viene privata della
sua parte divina. Frana la realtà divina del Regno di Dio, che, se cessa qui in terra di identificarsi
con la realtà divino-umana della Chiesa, viene declassato a regno storico-umano o addirittura
cosmico. È per questo che oggi non si parla più in chiari e netti termini evangelici di “Regno di
Dio”, ma si parla del “Regno”, e si dice: “costruire il Regno”, declassato in un regno mondano
tristemente aureolato con un termine biblico.
È il tradimento del Regno di Dio e della Chiesa ad un tempo, derivante dall’ignorazione, o dal
rifiuto, dell’identità reale (che non esclude la distinzione formale) di Chiesa e Regno di Dio.
Secondo momento della conoscenza reale e totale della Chiesa è dunque saper cogliere e
professare l’identità reale tra Chiesa e Regno di Dio, pena il fraintendere l’una e l’altro.
5) Chiesa e Corpo Mistico
Il terzo passo da farsi, per una conoscenza oggettiva, reale e totale della Chiesa, è arrivare alla sua
identificazione col Corpo Mistico di Cristo. Questa identificazione è postulata dalla Rivelazione
(“Io sono la Vite, e voi i tralci”), e dal Magistero (Enciclica “Mystici Corporis” di Pio XII, e la
stessa Lumen Gentium del Vaticano II); e dev’essere elaborata dalla teologia, ossia da una Fede
intelligente e ben guidata, che cerca di capire a fondo quel che crede, per poterlo meglio vivere e
servire (Fides quaerens intellectum).
È la teologia, e più esattamente quella parte della teologia che studia la Chiesa e si chiama
ecclesiologia, che deve approfondire il Mistero della Chiesa, fino a darci la definizione reale,
oggettiva e sintetica, della Chiesa stessa. Questa definizione è appunto quella della Chiesa come
Corpo Mistico: la Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo.
Ma tale definizione così semplice porta con sé due inconvenienti: l’inconveniente della metafora
“corpo”; e l’inconveniente derivante da questa metafora, la quale, invece di chiarire il “Mistero
della Chiesa” ed esprimerlo in tutta la sua ricchezza, lo nasconde e in certo senso lo mutila. È come
voler illuminare una stanza buia con una candela spenta; peggio, con una candela senza stoppino,
per cui non si può nemmeno accendere.
È stato così anche con l’espressione “Corpo Mistico”: una grande “speranza” per la teologia ed
ecclesiologia preconciliare. Ma essa, per la teologia ed ecclesiologia postconciliare, si è tradotta in
delusione.
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Il Corpo Mistico “centra” il Mistero della Chiesa. Ma per decifrarlo, l’espressione “Corpo
Mistico” non basta. È per questo che è stata quasi abbandonata. Col suo abbandono, è stato
abbandonato anche il tentativo “ecclesiologico” di una conoscenza oggettiva reale, totale e sintetica
della Chiesa. Di qui la nostra ignoranza.
Al di là delle espressioni descrittive, ignoriamo che cos’è la Chiesa nella sua oggettiva realtà totale
e sintetica, proprio nel momento storico in cui dobbiamo riscoprirne l’identità, e fondare la nostra
azione di cristiani su una adeguata dottrina “ecclesiologica”.
Che fare, quindi? La via di soluzione è una sola: non fermarci alla metafora, ossia alla parola
“corpo”, ma andare alla realtà che si cela dietro la metafora. Questa realtà è quella della Chiesa,
colta finalmente nella sua realtà di organismo dinamico.
6) La Chiesa come misterioso Superorganismo dinamico religioso cristiano
La parola “corpo” richiama il corpo fisico, qual è il corpo di un animale e dello stesso uomo. Ma il
Corpo Mistico di Cristo non è certo un corpo fisico; sarebbe un errore anche solo il pensarlo. È solo
un’immagine, una metafora, un paragone. Non basta, per superare la metafora, l’aggiunta
dell’aggettivo “Mistico”. D’altra parte il corpo si contrappone all’anima, mutilando la realtà della
Chiesa.
La Chiesa non è solo “corpo”, è anche “anima”. Non basta ancora. Anche se viene intesa come
anima e corpo, tanti suoi aspetti ne rimangono fuori, a cominciare per esempio dal suo aspetto di
società, che pure, nei suoi aspetti fondamentali, è di istituzione divina.
Sarà meglio, allora, ridurre la Chiesa a “popolo di Dio”, o a Comunità-Comunione, rinunciando al
Corpo Mistico e al suo approfondimento teologico? No, assolutamente, perché è continuare ad
ignorare la realtà oggettiva e totale della Chiesa. “Popolo di Dio”, infatti e “Comunità-Comunione”,
restano una conoscenza soggettiva e parziale della Chiesa.
A differenza del corpo, l’organismo dinamico, è una categoria ontologica che “quadra” con la
realtà oggettiva e totale della Chiesa, e serve quindi per coglierla ed esprimerla tutta quanta.
Ecco perché la metafora del “corpo” viene sostituita con l’organismo dinamico, il quale, al di là
della metafora del “corpo”, ci permette di penetrare l’essenza della Chiesa e di definire la Chiesa
come il misterioso Superorganismo dinamico religioso cristiano.
Resta vero che la categoria dell’organismo dinamico non è una “categoria biblica”, perché non si
trova nella S.Scrittura. Ma basta che nella S.Scrittura ci sia la rispettiva realtà, e che la teologia
sappia cogliere tale realtà con la categoria dell’organismo dinamico, tradotta in categoria teologica
ed ecclesiologica.
7) Organismo dinamico e Chiesa
L’organismo dinamico è una realtà complessa, animata da un suo principio vitale, e perciò
capace di vivere e agire a titolo proprio, autocostruendosi attivisticamente nello spazio e nel
tempo, in modo coerente e univoco. È questa una definizione-chiave, che vale per tutti gli organismi
dinamici, che andrebbe imparata a memoria.
Utilizzata per capire ed esprimere la realtà oggettiva e totale della Chiesa, ci permette di arrivare
appunto a definire la Chiesa come il misterioso Superorganismo dinamico religioso cristiano.
Il “misterioso” richiama la realtà divino-umana della Chiesa, che rimane un mistero: il “Mistero
della Chiesa”.
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Il “Superorganismo dinamico” ci richiama la realtà oggettiva totale della Chiesa, che si pone al di
sopra delle sue parti e degli “organismi dinamici ecclesiali” parziali, conglobando tutto in un unico
misterioso Superorganismo dinamico religioso cristiano.
Possiamo quindi concludere dicendo che è possibile conoscere la Chiesa nel suo vero essere, ossia
nella sua realtà oggettiva e totale.
Questa conoscenza ci è data dalla sua definizione che, ridotta al minimo, suona appunto così: la
Chiesa è il misterioso Superorganismo dinamico religioso cristiano.
Tale definizione ha un immenso valore teologico dottrinale, anche se appare poco “pastorale”. Ma,
prima la dottrina, e poi la pastorale! Anche perché le definizioni “pastorali” della Chiesa (Chiesa
“popolo di Dio”, “Comunità-Comunione”) assumono il loro vero senso e valore solo se rapportate
alla sua definizione dottrinale, che è quella della Chiesa come misterioso Superorganismo dinamico
religioso cristiano.
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II
L’esistenza della Chiesa
1) Essenza ed esistenza della Chiesa
La Chiesa, come tutte le autentiche realtà, porta con sé una sua essenza e una sua esistenza.
L’essenza della Chiesa richiama il suo essere, la sua realtà profonda, e viene espressa dalla sua
definizione. Già la conosciamo: la Chiesa è il misterioso Superorganismo dinamico religioso
cristiano. È una definizione che esprime l’essere oggettivo reale e totale della Chiesa, anche se per
capirla a fondo e coglierne la portata, abbisogna di complessa esplicitazione.
L’esistenza della Chiesa, invece, si riferisce alla Chiesa concretamente esistente, richiamandone
l’intera storia.
Che cos’è quindi, parlando della Chiesa, che effettivamente esiste?
È la Chiesa stessa, nella sua realtà e nella sua storia. Trattandosi dell’esistenza della Chiesa, niente
di più ovvio: è la Chiesa che esiste, è l’essere della Chiesa che esiste, e non semplicemente una sua
parte, o un suo aspetto, o una sua immagine.
Ma si arriva per davvero a capire e affermare l’esistenza della Chiesa così?
C’è da dubitarne, ed è un guaio grosso. La tentazione a sostituire l’esistenza della Chiesa con la
“nostra” esistenza (individuale, o di gruppo, non esclusa la “comunità di base” o l’intero “popolo di
Dio”), è grande. Fino al punto da credere che siamo noi cristiani a “far esistere” la Chiesa, mentre è
la Chiesa che fa esistere noi !
Pensiamo all’uomo, a noi stessi. Ciò che effettivamente esiste, non è un nostro braccio, una nostra
gamba, il nostro corpo separato dall’anima, e tanto meno una nostra “immagine” e neppure la stessa
nostra coscienza. È il nostro essere che esiste, a cominciare dalla sua essenza reale e totale di uomo,
di persona, di cristiano.
È così anche per la Chiesa. Non è una sua Diocesi, una sua Parrocchia, una sua Comunità, che
esiste, ma è anzitutto e soprattutto la Chiesa col suo essere, con la sua essenza, con la sua realtà
oggettiva e totale.
L’essere della Chiesa, la sua essenza, la sua realtà oggettiva e totale, ormai la conosciamo: è quella
espressa dalla sua definizione.
È la Chiesa come il misterioso Superorganismo dinamico religioso cristiano. È ad esso che
compete l’esistenza della Chiesa. È lui il vero “soggetto” dell’esistenza di essa: il misterioso
Superorganismo dinamico religioso cristiano che è appunto la Chiesa e ne esprime l’essenza reale e
totale.
In una parola: il primo e più importante “soggetto” dell’esistenza della Chiesa, è la sua essenza di
Superorganismo dinamico. Non quindi il “popolo di Dio”, e neppure la “Comunità-Comunione”. E
tanto meno la tal Diocesi o la tale Parrocchia. Il vero soggetto dell’esistenza della Chiesa e della sua
storia è la stessa Chiesa come Superorganismo dinamico. È la sua essenza reale, che si traduce e
opera nella sua esistenza.
Detto questo,noi ci troviamo di fronte a un grosso problema.
È il seguente: come, in che modo, l’essenza superorganico-dinamica della Chiesa si traduce e
opera nella sua esistenza?
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2) Corpo e anima del Superorganismo dinamico “Chiesa”
Per prima cosa dobbiamo darci conto di questo: che l’esistenza appartiene al rispettivo essere, il
quale appunto è dotato della sua esistenza.
Ciascun uomo può dire: “la mia esistenza”, per il fatto che la sua esistenza gli appartiene, e
sostanzialmente viene gestita da lui. Dove c’è essere c’è essenza. E dove c’è essenza reale, c’è
anche la sua esistenza.
La Chiesa è un essere reale, con la sua essenza reale di Superorganismo dinamico, e dunque con la
sua esistenza di Superorganismo dinamico.
Ma come “esiste” la Chiesa? Da chi viene “gestita” la sua esistenza?
Sono domande importanti. Per rispondervi, bisogna penetrare l’essere della Chiesa, perché
l’esistenza della Chiesa appartiene al suo essere, emana dal suo essere, viene gestita dal suo essere.
Ora, l’essere della Chiesa è doppio: è divino, e umano, perché la Chiesa è il misterioso
Superorganismo dinamico divino-umano religioso cristiano.
Se il suo essere è doppio, anche la sua esistenza sarà doppia, articolandosi in esistenza divina, ed
esistenza umana della Chiesa. Due esistenze non separate e non separabili, perché appartenenti ad
un unico e identico soggetto, il Superorganismo dinamico “Chiesa”.
Si tratta di una “combinazione esistenziale” piuttosto singolare ed anche sconcertante. Basta
pensare agli equivoci che ne derivano, non solo in teoria, ma anche in pratica.
Per capire un po’ il segreto di tale combinazione, bisogna partire dall’analisi della Chiesa come
Superorganismo dinamico, perché questa è la realtà vera della Chiesa, la sua essenza reale, il suo
vero essere.
Se pertanto facciamo l’analisi suddetta, un suo risultato elementare e immediato è questo: il
Superorganismo dinamico “Chiesa” risulta composto di “anima” e “corpo”, o, per dirla in termini
filosofici, di “forma”, e “materia”.
L’anima della Chiesa come Superorganismo dinamico è il Divino: solo il Divino, tutto il Divino.
Questo “Divino” (a partire dalla Trinità) è l’anima della Chiesa come “misterioso Superorganismo
dinamico religioso cristiano”; è la sua forma viva (dire “forma viva” è dire “anima”).
Il suo corpo, invece, e cioè la “materia” che viene investita dalla forma viva ossia dall’anima, è
l’umano, e cioè l’uomo, la persona umana, con il suo vivere e agire di persona, e più esattamente di
cristiano.
In base a questa analisi risulta che l’essere della Chiesa come Superorganismo dinamico è doppio:
essere divino, ed essere umano, combinati insieme nel Superorganismo dinamico “Chiesa”.
Se dunque l’essere della Chiesa è doppio, anche la sua esistenza sarà doppia: esistenza divina della
Chiesa, ed esistenza umana della Chiesa; ossia esistenza della Chiesa come realtà divina, ed
esistenza della Chiesa come realtà umana. Due esistenze combinate fra loro nell’unico essere del
Superorganismo dinamico “Chiesa”.
È una combinazione esistenziale che deriva dalla combinazione essenziale del Divino con l’umano
come anima e corpo, forma e materia. Tale combinazione pone dei grossi problemi teorici e pratici,
derivanti precisamente dalla combinazione e dalla “gestione” delle due esistenze.
3) Doppia esistenza e doppia gestione
La prima cosa da domandarsi, in riferimento alla doppia esistenza della Chiesa, è questa: chi
“gestisce” questa doppia esistenza?
È uno dei grossi problemi della Chiesa di sempre, ma soprattutto oggi: un problema, che per gli
esseri esistenti in natura, non si pone nemmeno.
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Ogni pianta, ogni animale esistente in natura, è un essere, con la sua rispettiva esistenza, garantita
e gestita dalla sua stessa essenza. È per questo che l’esistenza di un pero, o di un gatto, ad
esempio, sarà gestita dalla rispettiva essenza, per cui un pero rimane un pero e produrrà pere,
mentre un gatto rimane e si sviluppa come un gatto, riproducendo gatti e non dei topi. Non,
dunque, per le piante e gli animali, una doppia esistenza e doppia gestione, ma una sola esistenza e
una sola gestione.
Nella Chiesa come Superorganismo dinamico, invece, proprio per il suo essere divino e umano
ad un tempo, bisogna ammettere due tipi di esistenza, con una doppia gestione di essa. C’è il tipo
divino della sua esistenza, con una sua gestione divina, e un tipo umano della sua esistenza, con
una gestione umana.
Il tipo divino dell’esistenza della Chiesa interessa la sua essenza, e può quindi chiamarsi
esistenza essenziale. Il tipo umano dell’esistenza della Chiesa può chiamarsi esistenza storicofenomenica.
Ora, è difficile far combaciare il Divino con l’umano, e forse è ancor più difficile far combaciare
l’umano col Divino. Nessuno scandalo quindi, se le cose non sono sempre andate (e non vanno)
alla perfezione. Anziché scandalizzarsi, o contestare, è il caso di impegnarsi a farle andar meglio.
Il che esige riflessione, approfondimento teologico, molta umiltà e molto realismo illuminato dalla
Fede e sorretto dalla Carità.
La contestazione è stata ed è di moda. Ma non solo non ha giovato e non giova ad armonizzare
l’esistenza essenziale della Chiesa e la sua gestione divina con l’esistenza storico-fenomenica e la
gestione umana di essa, ma ha contribuito e contribuisce a disorientare l’intero sistema ecclesiale.
Cerchiamo allora di orientarci, anzitutto teologicamente, sull’esistenza essenziale della Chiesa e
la sua gestione divina, da una parte; e dall’altra sulla sua esistenza storico-fenomenica con la
rispettiva gestione umana. Sarà possibile poi orientarsi meglio anche pastoralmente.
4) Esistenza essenziale della Chiesa e sua gestione divina
L’esistenza essenziale è legata alla sua anima, alla sua “forma viva”, che come si è detto consiste
nel Divino: tutto il Divino. Il Divino cristiano si riassume nella SS.Trinità e nella sua azione divina
spirituale, soprannaturale, religiosa.
Come anima della Chiesa, questo Divino è legato all’umano di essa, e cioè al suo “corpo”,
formando una cosa sola con esso (= il Corpo Mistico, il Superorganismo dinamico religioso
cristiano). Il Divino però conserva la sua esistenza indipendente, convogliando in questa sua
esistenza indipendente lo stesso “corpo” della Chiesa, visto non già nel suo aspetto storicofenomenico, ma come “materia” effettivamente assunta, e dominata dalla “forma”.
Il Divino così inteso, proprio perché conserva l’indipendenza della sua esistenza divina e la
comunica all’umano in quanto fa parte effettiva del Corpo Mistico, ossia del Superorganismo
dinamico di cui il Divino è “forma”, domina l’essenza della Chiesa, gestendone in tal modo
l’esistenza essenziale, che è la stessa esistenza divina partecipata dall’essenza della Chiesa,
prescindendo dal suo aspetto umano-storico fenomenico. Questo, infatti, dipende dall’esistenza e
dalla gestione umana, più o meno docile, più o meno conforme all’esistenza essenziale della Chiesa
stessa e alla sua gestione divina.
È quello il quadro dell’esistenza e della gestione della Chiesa come Corpo Mistico, come
Superorganismo dinamico: sua esistenza essenziale con la sua gestione divina; e sua esistenza
storica fenomenica con la sua gestione umana. Ed è in tale quadro che va considerata l’intera
esistenza e gestione della Chiesa, a cominciare dalla sua esistenza essenziale e rispettiva gestione
divina.
Quanto all’esistenza essenziale della Chiesa e alla sua gestione divina, precisiamo solo tre cose,
che appaiono come una conseguenza di quel che già si è detto, sia pure solo accennando.
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5) L’anima, il Divino, la gestione
Prima cosa: l’anima della Chiesa, per il fatto che è il Divino, viene a identificarsi con la stessa
Trinità (Padre, Figlio, Spirito Santo), che inabita nella Chiesa a partire dalla Chiesa Universale, fino
all’ultimo suo membro in stato di Grazia santificante (la Grazia infatti è la SS:Trinità che inabita e
opera nell’anima del giusto), determinandone l’essenza, facendola partecipe della propria esistenza,
e conferendole il carattere dell’immortalità e indefettibilità.
È per questo che, a livello di esistenza essenziale (e dunque prescindendo dalle vicende storicofenomeniche), portae inferi non praevalebunt contro la Chiesa. Ossia la Chiesa, a livello di
esistenza essenziale, è indistruttibile, in quanto la sua “forma” la fa partecipe della stessa esistenza
divina. Contro i “teologi della morte di Dio” e contro qualsiasi forma di ateismo, la Chiesa è la
riprova permanente che Dio non muore.
Seconda cosa: il Divino come “forma”, ossia come anima della Chiesa, proprio perché comprende
tutto il Divino a cominciare dall’intera Trinità, non può ridursi al solo Spirito Santo, presentato
come anima (o quasi-anima) esclusiva della Chiesa. È un modo riduttivo di vedere le cose, indettato
dalla metafora del “corpo” e passato nella teologia del Corpo Mistico.
Tale teologia, lasciandosi condurre dalla metafora, ha distinto il capo (la testa) dal tronco, ponendo
Cristo come capo (testa) del Corpo Mistico; mentre il tronco sarebbe l’insieme dei fedeli.
E così il corpo, con particolare riferimento al tronco ossia all’insieme dei fedeli, avrebbe come
anima lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è tornato oggi di moda non più come anima del Corpo
Mistico (la cui “teologia” è stata praticamente abbandonata), ma come “animatore” della Comunità,
passando così dalla metafora del corpo alla metafora sociologica della comunità.
Per fare della teologia seria bisogna sganciarsi dalle metafore, rifacendo (o cominciando a fare in
modo più adeguato e realistico) la “teologia del Corpo Mistico” visto, al di là della metafora, come
il misterioso Superorganismo dinamico religioso cristiano. Vi riscopriremo dentro tutto il Divino,
precisamente come sua anima, garante della sua esistenza essenziale e della sua gestione divina.
Terza ed ultima cosa: la gestione dell’esistenza essenziale. Questa gestione dell’esistenza
essenziale della Chiesa è operata direttamente dal Divino, da tutto il Divino (tale per natura, o per
Grazia), come anima della Chiesa. È un “Divino” assai complesso, che va dalla Trinità fino alla
Madre di Dio, con una funzione o missione variamente articolata, a seconda del singolo “soggetto”
che fa parte del Divino come anima della Chiesa (Dio Padre, il Figlio, Cristo come Verbo Incarnato
e la sua Natura umana assunta, lo Spirito Santo, la Vergine Santissima).
Torna così la “missione” speciale dello Spirito Santo nella gestione dell’esistenza essenziale della
Chiesa, sempre solidale con la funzione o missione degli altri “soggetti” facenti parte del Divino
come anima della Chiesa. Solo una adeguata e approfondita “teologia del Corpo Mistico” come
Superorganismo dinamico può darci una più ricca e sistematica conoscenza della gestione divina
dell’esistenza essenziale della Chiesa, così importante oggi, sia dottrinalmente che pastoralmente.
Ma passiamo all’esistenza storico-fenomenica della Chiesa, e alla sua gestione umana.
6) Esistenza storico-fenomenica e gestione umana
Il misterioso essere divino della Chiesa, per cui la Chiesa è Mistero, a occhio nudo non si vede. Si
vede con la luce della Fede, e con una intelligenza teologica che sappia andare al di là delle
semplici apparenze umane della Chiesa stessa. Sta però il fatto che la Chiesa porta con sé una sua
componente storica e umana, sintetizzata nell’unico e inscindibile essere del Corpo Mistico come
Superorganismo dinamico.
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Questo unico essere divino-umano della Chiesa, che la rende una e identica a se stessa, non
elimina le sue due componenti, divina e umana, anche se non è possibile separare la componente
divina dalla componente umana, o viceversa, pena la distruzione dell’essere stesso della Chiesa.
Quod Deus coniunxit, homo non separet. “Ciò che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. Ciò
che Gesù dice in riferimento al matrimonio cristiano, vale ancor più per il Divino e l’umano, come
forma e materia della Chiesa.
È per l’inscindibilità dell’umano e del Divino che l’essere della Chiesa è ad un tempo visibile e
invisibile, realtà istituzionale e carismatica, metastorica (= al di sopra della storia) e storica, divina e
umana.
Rimane comunque il suo doppio essere, la sua doppia esistenza, la sua doppia “gestione”. E la
radice di tutto ciò, sta proprio nelle due componenti, divina e umana, della Chiesa, che stanno fra
loro come anima e corpo.
Ora, come il Divino nella Chiesa conserva una sua grande autonomia, dando luogo ad una sua
esistenza essenziale a diretta gestione divina, così l’umano nella Chiesa conserva una sua relativa
autonomia, dando luogo ad una sua esistenza storica fenomenica e ad una sua gestione umana.
Le due esistenze e le due gestioni dovrebbero coincidere perfettamente. Ma ciò rimane forse
un’utopia. Mai la componente umana della Chiesa peregrinante e militante sulla terra riuscirà a
combaciare perfettamente con la sua componente divina, per due ragioni: prima, perché la
componente umana della Chiesa sarà sempre, almeno in parte, una “materia” ribelle al Divino come
forma. Seconda, anche quando si trattasse di una componente umana docile al Divino perché santa,
si tratterà sempre di una componente umana limitata, appunto perché “umana”.
Anche i più grandi santi hanno i loro limiti, siano essi Papi, Vescovi, o apostoli straordinari: limiti
personali, limiti storici, limiti culturali. Per cui, l’esistenza storica fenomenica e la gestione umana
della Chiesa in tutte le sue articolazioni, per le due ragioni anzidette e tante altre, sarà sempre un
qualcosa di enormemente inadeguato rispetto alla sua esistenza essenziale e alla gestione divina di
essa.
7) Un non facile adeguamento
Tenendo conto di quanto si è detto, è necessaria tanta umiltà da parte di tutti, e uno sforzo comune
per adeguare sempre più l’esistenza storico-fenomenica della Chiesa e la gestione umana di essa,
alla sua esistenza essenziale e alla rispettiva gestione divina.
Tale adeguamento, da parte degli uomini non è facile. Lo Spirito Santo la sua parte la fa a
meraviglia. Basta pensare al getto continuo di Santi nella Chiesa, che sono appunto la prova
sperimentale della gestione divina di essa, a livello della sua esistenza essenziale.
L’esistenza storico-fenomenica della Chiesa con la sua gestione umana, tuttavia, non per questo
viene garantita al cento per cento. Qui si tratta veramente del problema divino-umano della Chiesa,
visto nella sua “dimensione umana”, e da affrontarsi come tale.
Che il problema, soprattutto oggi, sia sentito nella sua dimensione umana, è fin troppo evidente.
La cosiddetta “svolta antropologica”, la riscoperta della “storicità”, la rivalorizzazione eccessiva
delle cose umane, la preoccupazione per le realtà terrene, la smania della “secolarizzazione”, stanno
a dimostrarlo. È l’esistenza “storico-fenomenica” della Chiesa con la sua “gestione umana” che è
venuta ad imporsi. Ma in quali termini? E con quale scopo?
L’unico scopo dell’esistenza storico-fenomenica della Chiesa con la sua rispettiva gestione umana
è quello di rendere possibile una sempre più adeguata sintesi dell’umano nel divino in ogni aspetto
della realtà divino-umana della Chiesa e a tutti i livelli. I “termini” su cui impostare la promozione
di detta sintesi non sono certo né la contestazione né la secolarizzazione.
A tale scopo esse non servono. Come non serve qualsiasi altro espediente puramente umano;
diremmo che non servono neppure gli espedienti puramente divini, i quali, se sono veramente
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genuini, rientrano nell’ambito della gestione divina dell’esistenza essenziale della Chiesa, lasciando
irrisolto il problema.
È la sintesi ontologico-dinamica dell’umano nel Divino che va promossa, per rendere meno
inadeguata l’esistenza storico-fenomenica della Chiesa con la sua gestione umana, rispetto alla
gestione divina dell’esistenza essenziale di essa, armonizzando il meglio possibile le due esistenze e
le due gestioni.
A tale scopo è necessario anzitutto rimettere in moto l’esistenza essenziale della Chiesa e la sua
gestione divina, dentro di noi e fuori di noi, in un clima di fede, di umiltà e di docilità, e con la
mediazione di una cultura teologica ed ecclesiologica che sappia illuminare nel modo più genuino e
in termini sufficientemente approfonditi l’intera problematica dell’esistenza storico-fenomenica
della Chiesa e della rispettiva gestione umana, nel contesto dell’unico e identico essere della Chiesa
come Corpo Mistico tradotto nel misterioso Superorganismo dinamico religioso cristiano.
La cultura teologica così intesa diventa, per la Chiesa di oggi, il suo “ottavo sacramento” (San
Francesco di Sales), e cioè lo strumento indispensabile, per poter armonizzare l’esistenza storicofenomenica della Chiesa e la sua gestione umana, con la sua gestione divina a livello di esistenza
essenziale.
La cultura teologica ed ecclesiologica suddetta, per la sua incidenza dottrinale e pastorale,
interessa tutti. Ad ognuno la sua parte, sia quanto ad elaborarla, sia quanto ad assimilarla e
applicarla.
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III
La vita-azione della Chiesa
1) Vita-azione come prassi
Non c’è essere reale senza la sua esistenza. Non c’è essere reale concretamente esistente, senza la
sua azione, e, trattandosi di un essere vivente, senza la sua vita ed azione.
La Chiesa è un essere reale, vivo, concretamente esistente: e dunque con una sua vita ed azione,
anzi, per essere più precisi, con la sua vita-azione.
Quest’espressione “vita-azione” vuol richiamare la vera vita ed azione della Chiesa. Vita ed azione
che formano un tutt’uno. La loro unità, per non dire la loro identificazione e fusione, viene
richiamata all’attenzione con l’espressione “vita-azione”, proprio per dire che la vita ed azione della
Chiesa sono una cosa sola, senza possibilità di separazione della sua vita dall’azione, o viceversa.
Nel caso della separazione, tanto la vita della Chiesa senza la sua azione, come l’azione di essa
senza la sua vita, diventano illusorie. Un’ipotetica azione senza una autentica anima ecclesiale, o
una Chiesa con dentro il Divino che preme, ma senza la possibilità di un autentico sbocco nella sua
vita-azione, rappresenta una contraddizione e una specie di fallimento.
Si deve quindi parlare di vita-azione della Chiesa, e soprattutto garantirne l’effettiva realizzazione.
Ma perché la vita-azione della Chiesa abbia un senso e sia davvero realizzabile, è necessario che la
Chiesa diventi l’autentico soggetto agente del vivere ed agire cristiano. Bisogna, a tal fine, che la
Chiesa sia colta nella sua profonda e misteriosa realtà divino-umana di Superorganismo dinamico
religioso cristiano. È esso che s’impone come l’autentico soggetto della vita ed azione cristianoecclesiale, fondendo vita ed azione nella sua “vita-azione”, che pertanto sarà cosa assai diversa dalla
vita ed azione dei cristiani singoli e dei loro gruppi: a meno che traducano effettivamente se stessi
in parti costitutive del Superorganismo dinamico “Chiesa”, e la loro vita ed azione di uomini singoli
o di gruppi in vita-azione del Superorganismo dinamico religioso cristiano.
La vita-azione del Superorganismo dinamico “Chiesa”, quindi, si presenta come un qualcosa di
assai diverso da una vita ed azione cristiana o ecclesiale qualsiasi. Tale differenza si precisa nella
diversità del soggetto agente (che non è più il singolo cristiano o il gruppo, ma il Superorganismo
dinamico “Chiesa”); importa l’impossibilità di separare la vita dall’azione e viceversa (il
Superorganismo dinamico “Chiesa” alla sera non va a riposo, interrompendo la sua azione); e
richiama la realtà nuova della vita-azione stessa, appunto perché la vita-azione del Superorganismo
dinamico “Chiesa” è una realtà nuova, assai diversa dalla vita ed azione quali si vedono nella
persona umana, e anche nel cristiano come persona umana.
Data questa differenza tra la vita ed azione della semplice persona o del gruppo, e la vita-azione
del Superorganismo dinamico “Chiesa”, allo scopo di marcarne la differenza e la distinzione, è bene
chiamare la vita-azione del Superorganismo dinamico “Chiesa” col nome di prassi, e precisamente
prassi ecclesiale.
La prassi, infatti, è la vita-azione dell’organismo dinamico. E la prassi ecclesiale è la vita-azione
del Superorganismo dinamico “Chiesa”.
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2) Prassi ecclesiale e sua importanza decisiva
La prassi ecclesiale intesa come “vita-azione” del misterioso Superorganismo dinamico religioso
cristiano che è la Chiesa, dovrebbe essere la prima intuizione della Fede, e l’ultima e conclusiva
acquisizione della dottrina ecclesiologica.
Di fatto, l’intuizione della prassi ecclesiale da parte della Fede, anche quando c’è, appare
estremamente vulnerabile, da parte della cultura e della stessa scienza teologica ed ecclesiologica.
La teologia è il momento della riflessione sulle intuizioni della Fede. Posto che queste siano giuste,
la riflessione teologica può svolgersi in due direzioni: nel senso della esplicitazione e
dell’approfondimento dell’intuizione della Fede, o nella direzione opposta, portando allo
spegnimento e alla eliminazione dell’intuizione stessa.
Fino ad oggi, la riflessione ecclesiologica non ha assecondato l’intuizione della prassi ecclesiale.
Che anzi, la riflessione ecclesiologica, e in generale la riflessione teologica, ha viaggiato in senso
contrario. Al più, ci si è accontentati che alla prassi ecclesiale provvedesse lo Spirito Santo. Guai se
così non fosse stato in passato e non lo fosse a tutt’oggi! Si sarebbe rischiata e si rischierebbe la
paralisi totale della Chiesa.
Ma lo Spirito Santo agisce a livello di prassi ecclesiale essenziale, intesa cioè come “vita-azione”
del Superorganismo dinamico “Chiesa” nella sua componente divina. Se però ci spostiamo sulla
prassi ecclesiale nella sua componente umana, nel contesto dell’esistenza storico-fenomenica del
Superorganismo dinamico “Chiesa”, dobbiamo confessare che non è più lecito scaricarne la
responsabilità sullo Spirito Santo.
I due aspetti, umano e divino, della prassi ecclesiale, hanno bensì un unico e identico soggetto
agente, che è il Superorganismo dinamico “Chiesa”. Ma, proprio come prassi ecclesiale che ha
quest’unico e identico soggetto agente, essa non è riducibile né al suo aspetto divino né tanto meno
al suo aspetto umano, pena una “prassi ecclesiale mutilata” che non è più l’autentica prassi
ecclesiale e che pertanto non potrà funzionare se non malamente. Ciò può spiegare alcuni tratti della
storia della Chiesa, la quale storia è come una documentazione di una prassi ecclesiale più o meno
centrata o sfasata.
Il doppio aspetto, divino e umano, della prassi ecclesiale, si ricollega alla doppia esistenza e alla
doppia gestione della Chiesa: la sua esistenza essenziale con la rispettiva gestione divina; e la sua
esistenza storico-fenomenica con la sua gestione umana. E torna a porsi il grosso problema della
loro armonizzazione, con la differenza che, spostando tale problema dall’esistenza alla prassi, esso
diventa molto più impegnativo ed esigente.
Le due “esistenze” della Chiesa infatti possono ancora pensarsi distinte, e in qualche modo
separabili. La vera Chiesa di Cristo continua ad esistere, malgrado le chiese “separate” sul piano
dell’esistenza storica fenomenica.
Ma non possiamo dire altrettanto per la prassi ecclesiale come vita-azione del Superorganismo
dinamico “Chiesa”. Essa deve porsi nella sua integrità di prassi divino-umana e umano-divina ad
un tempo, pena, ripetiamo, la sua mutilazione e una sua paralisi. È il suo soggetto agente, e dunque
lo stesso Superorganismo dinamico “Chiesa” come soggetto agente della prassi ecclesiale, che lo
esige.
Si tratta di un unico e identico soggetto agente divino-umano e umano-divino, che come tale non
può produrre se non una prassi ecclesiale divino-umana e umano-divina ad un tempo. Se ciò non
avviene, è perché l’autentica prassi ecclesiale non funziona. E ovviamente non funzionerà nel suo
aspetto umano, ma avrà dannosi riflessi anche sul suo aspetto divino.
Quante volte, o poco o tanto, il cattivo funzionamento dell’aspetto umano della prassi ecclesiale ha
finito per bloccare e continua a bloccare la prassi ecclesiale nel suo stesso aspetto divino!
In tale ipotesi, soprattutto oggi, segue l’impossibilità di una effettiva e reale unità d’azione, solo
ottenibile ormai con una genuina prassi ecclesiale che comprenda l’intera vita-azione divino-umana
e umano-divina della Chiesa. Di qui l’importanza della prassi ecclesiale.
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Importanza veramente decisiva, perché oggi più che mai la Chiesa deve riconoscersi nel suo vero
essere di misterioso Superorganismo religioso cristiano, e funzionare come tale.
È quanto dire: funzionare con la sua prassi ecclesiale intesa come sua vita-azione divino-umana e
umano-divina totale. Ciò che resta fuori da questo “tutto” della prassi ecclesiale, cessa di essere
autentica vita-azione del cristiano e della Chiesa, restando povera vita e azione umana, con la
sterilità e i rischi di deviazione ad esse inerenti.
A che punto è la prassi ecclesiale oggi? A chi tocca farla funzionare? Qual è la condizione della
sua realizzazione? E quale il mezzo indispensabile per il suo funzionamento, specie in riferimento
alla sua componente umana?...
Cominciamo dalla condizione della sua realizzazione.
3) Condizione indispensabile per realizzare la prassi ecclesiale
La prassi ecclesiale nella sua totalità di vita-azione divino-umana e umano-divina del
Superorganismo dinamico “Chiesa”, non è certo un fatto garantito a priori, magari ad opera dello
Spirito Santo. Lo Spirito Santo garantisce l’esistenza essenziale della Chiesa anche contro tutte le
sue infedeltà storiche e malgrado le lotte del male contro di essa: portae inferi non praevalebunt.
Ma non garantisce affatto la prassi ecclesiale totale. Per quanto riguarda la prassi ecclesiale totale,
lo stesso Spirito Santo si trova condizionato dagli uomini (dai “cristiani”, a qualsiasi livello), dai
quali dipende molta parte della prassi ecclesiale stessa.
La condizione indispensabile per realizzare la prassi ecclesiale, in quanto sta a loro, è entrare
effettivamente e decisamente nel gioco del Superorganismo dinamico “Chiesa”, col loro essere, la
loro vita, la loro azione.
Per il cristiano singolo, entrare nel gioco del Superorganismo dinamico “Chiesa” col proprio
essere, significa tradursi, da persona umana autonoma e sovrana, in persona-cellula di esso; e per il
“gruppo”, significa tradursi in un suo “organismo-organo”, annientandosi nella Chiesa stessa, e non
già “appropriandosela”, o “surrogandola” a beneficio dei propri membri.
Cose tutte difficilissime, perché l’istinto porta ciascuno all’affermazione e alla realizzazione di sé
come “persona umana autonoma e sovrana”; e porta il gruppo alla propria differenziazione
particolaristica e a una specie di “culto di se stesso”: ciò che è in palese contraddizione con la
Chiesa come Superorganismo dinamico.
“Superorganismo dinamico” vuol dire unità ontologica, esistenziale, vitale e operativa di ogni sua
parte, si tratti di individui o di gruppi, il che importa la rinuncia al loro essere autonomo. È il
radicale abnege temetipsum (= rinnega te stesso) del Vangelo: radicale, perché deve cominciare dal
proprio essere. È la condizione indispensabile per entrare effettivamente nel gioco del
Superorganismo dinamico “Chiesa”, e per poter realizzare un’ autentica prassi ecclesiale.
La difficoltà di una tale operazione salta agli occhi. Durus est hic sermo!... Oggi è un luogo
comune proclamarsi “Chiesa” da parte di cristiani singoli e di gruppi, fino magari a confondere la
Chiesa con se stessi. “Noi siamo Chiesa”: è diventato una specie di slogan, quanto mai ambiguo e
illusorio.
Non si è “Chiesa” che alla condizione di perdere ontologicamente la propria autonomia di persona
e di gruppo, traducendo il proprio essere, rispettivamente in persona-cellula e in organismoorgano, diventando ontologicamente parti costitutive della Chiesa come Superorganismo dinamico.
È un autentico “perdersi”, per “ritrovarsi”. È una specie di secondo “battesimo”: un “battesimo
ontologico”, che ci fa morire a noi stessi per rinascere con Cristo e in Cristo, nel suo Corpo
Mistico, con un nuovo essere e come una autentica parte della Chiesa.
Oggi è diventato un altro luogo comune richiamarsi (o richiamare) al “battesimo sacramentale”.
Ma se non si opera il suddetto “battesimo ontologico”, questa “morte-risurrezione” dei cristiani
singoli e dei gruppi, il richiamo al battesimo sacramentale resta quasi inutile.
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Per la prassi ecclesiale è il “battesimo ontologico” che decide. Senza la “morte-risurrezione”
operata da esso, la prassi ecclesiale rimane impossibile. Continuerà a prevalere la nostra povera
“azione” personale o di gruppo con tutte le sue insufficienze e i suoi guai, a partire dalla disunione,
perché l’unione e l’unità d’azione fuori della prassi ecclesiale rimangono un’utopia.
E ciascuno (si tratti di persone singole, di gruppi o di movimenti) può correre il rischio di cadere
nell’illusione che ci fa credere di essere noi (ai diversi livelli o nei diversi settori) a portare avanti la
Chiesa e a renderla “credibile”, mentre è la Chiesa che porta avanti noi e ci rende credibili.
È bene tenerlo presente: non saranno i cristiani, soprattutto oggi, a rendere “credibile” la Chiesa.
Ma è la Chiesa come misterioso Superorganismo religioso cristiano con la sua autentica prassi
ecclesiale che rende credibile se stessa, e renderà credibili i cristiani. Questi infatti diventano
“credibili” solo se entrano effettivamente nel gioco del Superorganismo dinamico “Chiesa” col loro
essere, diventando autentiche persone-cellule di esso; con la loro esistenza, non più “copiata” dal
mondo, ma come originale esistenza ecclesiale; con la loro vita, tradotta in genuina vita cristiana;
con la loro azione, come parte ed espressione concreta della “prassi ecclesiale”.
Bisogna però ammettere una cosa: tutto questo oggi è estremamente difficile, non solo perché,
come sempre, ripugna all’istinto umano, ma perché ci troviamo coinvolti in un tipo di cultura che
spinge in direzione contraria, con l’assenza di una cultura teologica (e di una istruzione catechistica)
che da una parte ci immunizzi dalla spinta “antropocentrica” dell’attuale cultura, e dall’altra faccia
scattare la genuina logica della Fede a tutti i livelli e in tutti i settori, a cominciare dal livello
ontologico della Chiesa come Superorganismo dinamico e del cristiano come persona-cellula, fino
al livello operativo di tutto il vivere e agire cristiano, precisamente come prassi ecclesiale.
4) La “mediazione culturale”
Soprattutto oggi, a proposito della Chiesa e dei cristiani, si parla di “mediazione culturale”.
La cultura può essere intesa in modi diversi: cultura come dottrina, conoscenza (= culturaconoscenza); cultura come un insieme di valori (= cultura-valori); cultura come civiltà (= culturaciviltà).
Senza dubbio la Chiesa ha molti “valori” da offrire al mondo di oggi: tutti i valori cristiani e gli
stessi valori umani, purificati e consolidati cristianamente. Per questo, i cristiani vogliono offrire sul
terreno politico-sociale, la loro “mediazione culturale” al mondo di oggi. È una “mediazione
culturale” che consiste precisamente in una “offerta di valori”.
Ma non è questa la mediazione culturale che qui c’interessa. Ci riferiamo, non alla cultura come
un insieme di valori, ma alla cultura come dottrina e conoscenza (“cultura-conoscenza”). Cultura
teologica, catechistica, pastorale, con tutti gli sviluppi che interessano la prassi ecclesiale, perché,
senza una tale cultura conoscenza la prassi ecclesiale resta impossibile.
La conseguenza è tragica. Se oggi una genuina prassi ecclesiale non trova il suo sbocco, la vitaazione del Superorganismo dinamico “Chiesa” si corrompe o si blocca. Sarà la Chiesa stessa che
non funziona nel suo aspetto più vitale e decisivo, che è appunto quello della prassi ecclesiale.
Una Chiesa come Superorganismo dinamico, infatti, che a qualsiasi livello e in qualsiasi settore
non fosse in grado di esprimere una genuina ed efficace prassi ecclesiale, sarebbe più simile ad un
cadavere fatto di strutture inerti o inconcludenti, che non ad un organismo vivo, autentica
espressione della vita ed azione (vita-azione) del Dio vivente.
In una tale situazione le “riforme di struttura” non bastano, possono anzi essere controproducenti.
È necessaria la vera prassi ecclesiale. La crisi del postconcilio può derivare in gran parte dalla
carenza di essa.
È di qui che nasce l’importanza, anzi l’assoluta necessità, di una cultura-conoscenza che si adegui
ai bisogni della prassi ecclesiale.
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Senza tale cultura-conoscenza la prassi ecclesiale diventa sempre più problematica per due ragioni.
Da una parte la vita-azione della Chiesa, non protetta da una specifica cultura-conoscenza a servizio
della propria prassi, resta minacciata dalla cultura-conoscenza a servizio dell’errore e del male e
cioè a servizio di una prassi anticristiana e antiecclesiale, quanto mai aggressiva e invadente.
D’altra parte la prassi ecclesiale rimane priva dello strumento per poter funzionare, che consiste
appunto nella cultura-conoscenza di cui ci occupiamo.
È questa cultura-conoscenza che deve neutralizzare la minaccia e l’inquinamento derivante dalla
cultura dell’altra “prassi”, e rendere effettivamente possibile la prassi ecclesiale più autentica e
genuina.
Fra il Superorganismo dinamico “Chiesa” come soggetto agente della propria vita-azione e la sua
vita-azione effettiva che coinvolge la vita e l’azione effettiva di tutti i cristiani (come individui
singoli e come gruppi, a livello di semplici fedeli o di Gerarchia) dando luogo alla prassi ecclesiale
totale, s’interpone la necessaria cultura-conoscenza, che offre appunto la sua “mediazione
culturale” fra il soggetto agente “Chiesa” e la sua prassi ecclesiale.
Credere di poter fare a meno di tale mediazione culturale sarebbe cadere in un errore che mina alla
base la stessa possibilità della prassi ecclesiale e porterebbe a fraintendere la vera e misteriosa
natura superorganica dinamica della Chiesa.
Né si pensi che la prassi ecclesiale possa essere frutto della sola azione dello Spirito Santo o di uno
slancio mistico, sì da poterci dispensare dalla cultura-conoscenza.
Basta ripensare alla realtà totale della prassi ecclesiale come risultante delle sue due componenti,
divina e umana, fuse in un’unica e identica prassi, e al condizionamento della stessa sua
componente divina da parte della componente umana. È quest’ultima che postula la culturaconoscenza, proprio come “mediazione culturale” a servizio dell’incarnazione della componente
divina nella componente umana della prassi ecclesiale, e della divinizzazione della sua componente
umana nella componente divina.
La mediazione culturale con tutto il bagaglio della rispettiva cultura-conoscenza non è quindi un
qualcosa di superfluo per la prassi ecclesiale, ma di necessario. La sua necessità s’impone e si
allarga nella misura che la dimensione essenziale e divina della prassi ecclesiale assume una
maggiore e più complessa dimensione umana storica fenomenica, facendo sintesi con essa.
La sintesi fra le due componenti divina e umana della prassi ecclesiale, fermo restando il primato
del fattore mistico, si opera anche attraverso lo strumento di una adeguata cultura-conoscenza, pena
il fallimento della sintesi, e dunque della prassi ecclesiale, o uno sfasamento più o meno deprecabile
tra le due componenti divina e umana di essa.
Nei tempi passati i Padri della Chiesa e non pochi teologi Santi hanno compiuto un enorme sforzo
culturale per salvaguardare la ortodossia della Fede e penetrare il Dogma, salvo sempre il mistero.
Oggi è necessario fare altrettanto per salvaguardare la ortodossia della prassi e promuovere una
genuina prassi ecclesiale.
Tommaso Demaria
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