bormioli rocco
ALMA
lezioni di management
02
pianificazione e programmazione
dell’impresa ristorativa
lezioni di management
02 - pianificazione e programmazione dell’impresa ristorativa
le fasi del marketing management
introduzione
Le tecniche di marketing sono fondamentali per ogni attività imprenditoriale.
Nella ristorazione, il loro utilizzo riveste un’importanza particolare, vista la natura del business.
Infatti, mentre l’industria manifatturiera crea il prodotto, lo può momentaneamente immagazzinare, quindi lo commercializza e in alcuni casi riceve un feedback dalla clientela, nell’impresa ristorativa il prodotto viene “creato” quasi
simultaneamente al suo consumo che, nella quasi totalità dei casi, avviene nello stesso luogo. Il prodotto/servizio,
dunque, nel caso dell’impresa ristorativa ha una duplice natura: esso infatti è al tempo stesso sia “tangibile” (il prodotto) sia “intangibile” (il servizio).
A differenziare ulteriormente l’industria manifatturiera da quella della ristorazione contruibuisce, in quest’ultima, l’alto impiego di capitale umano, che rende la qualità del prodotto/servizio meno uniforme. Nel settore dell’accoglienza
(sia ristorativa che alberghiera), infatti, la variabilità e l’incoerenza del prodotto/servizio costituiscono i fattori più
importanti nella delusione della clientela.
È chiaro a questo punto perché il giusto utilizzo delle tecniche di marketing sia vitale per il successo di un’impresa di
ristorazione.
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02 - pianificazione e programmazione dell’impresa ristorativa
Esistono diverse strategie che possono essere adottate per portare al successo un’impresa di ristorazione: alcune di
queste costituiscono i cardini dell’azione.
• Il personale deve essere scelto con la massima attenzione e addestrato con altrettanta maestria. Personale di scarsa qualità oppure non addestrato in maniera idonea può rovinare in pochi minuti sforzi aziendali durati settimane
o anche mesi di lavoro.
• Il personale di sala può dare un notevole contributo positivo nel rendere più “tangibile” il servizio.
• La parte “tangibile” del mix del prodotto/servizio deve essere adeguatamente presentata (menu e carta dei vini),
preparata, impiattata, servita.
• La location del ristorante è di primaria importanza. Creare e mantenere una determinata situazione ambientale è
un fattore critico di successo (oppure di insuccesso) per l’impresa. Sotto il cappello di “location” includiamo numerosi fattori: da quelli “tangibili” come il decoro, l’ambientazione, la pulizia, l’illuminazione, le divise del personale, a
quelli “intangibili” come il senso di sicurezza, la sensazione di relax, il sentirsi benvenuti.
Tutte queste strategie non devono essere improvvisate, ma programmate, gestite e controllate dal management.
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il piano di marketing
Per gestire un ristorante in chiave “marketing oriented” è necessario prima di ogni altra cosa impostare un piano di
marketing.
La formulazione di un piano di marketing ben organizzato può portare a risultati gestionali di notevole valore, ma presenta comunque sia dei vantaggi che degli svantaggi.
I vantaggi consistono nello sviluppo della capacità dell’azienda di seguire meglio le evoluzioni del mercato, di fronteggiare e sopportare i cambiamenti, di essere di aiuto al management nella possibilità di cogliere questi segnali di
cambiamento e di apportare le modifiche necessarie al piano di marketing in tempo utile. Senza dati su cui ragionare,
il management non potrà essere in grado di stabilire gli scostamenti fra i risultati raggiunti e quelli prefissati.
Gli svantaggi derivano dallo sforzo che si rende necessario per elaborare e implementare il piano, sia in termini di tempo che di costo dell’intera operazione; questi costi però, se il piano viene impostato correttamente, sono di gran lunga
inferiori ai benefici che ne possono derivare.
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Il processo di marketing management non può essere isolato dalle altre dimensioni di funzionamento dell’impresa
ristorativa (organizzazione tecnica, organizzazione delle risorse umane, organizzazione amministrativa).
Esso è costituito da due grandi fasi in sequenza:
• fase analitica e conoscitiva;
• fase decisionale e operativa.
Un corretto approccio al piano di marketing, come chiarito nella tabella alla pagina successiva, prevede le seguenti
attività:
• analizzare l’ambiente in cui ci si trova a operare/competere;
• stabilire obiettivi;
• identificare punti di forza versus punti di debolezza;
• elencare le strategie alternative disponibili;
• scegliere la strategia migliore;
• sviluppare un piano di azione dettagliato;
• implementare il piano (dall’analisi all’azione);
• valutare i risultati del piano.
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analisi ambientali
macroambiente
• Indicatori economici
• Trend dei consumi
• Legislazione
• Ambiente sociale
• Ambiente politico
• Ambiente tecnologico
microambiente
• Organizzazione interna
• I clienti
• I fornitori
• I concorrenti
• I potenziali nuovi
entranti
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marketing strategico
• swot analysis
• Strategie di sviluppo
• Segmentazione e
targeting
• Posizionamento
pianificazione
e controllo
marketing operativo
•
•
•
•
Product
Price
Place
Promotion
•
•
•
•
•
•
Vendite
Costi
Marginalità
Break even analysis
Il bilancio
Il controllo di gestione
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marketing strategico
marketing operativo
Analisi:
strumenti di analisi sistematica e continuativa
dei bisogni del mercato
Azione:
le leve operative
del marketing mix
•
•
•
•
•
•
Impostazione della gestione
Le scelte di impianto
La localizzazione
Le strategie competitive
Lo sviluppo dimensionale
Lo sviluppo tramite reti e alleanze
•
•
•
•
•
•
•
•
•
La gestione del menu
Il pricing
La gestione degli spazi
La comunicazione
Le attività promozionali
La gestione degli acquisti
La gestione della logistica
Il servizio
Il personale
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La fase analitica e conoscitiva
È volta a raccogliere, selezionare, elaborare informazioni che consentano al management di disporre di un quadro
attuale e prospettico dell’ambiente esterno rilevante per l’impresa.
Essa deve essere condotta considerando l’ambiente in una duplice accezione:
• ambiente generale o macroambiente: insieme di forze esterne sulle quali l’impresa non può agire, ma dalla cui
analisi si evincono minacce e opportunità del contesto in cui opera;
• ambiente competitivo o microambiente: l’impresa e l’insieme degli attori della sua filiera; dalla sua analisi l’impresa identifica i propri punti di forza e debolezza.
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La fase decisionale e operativa
Viene affrontata secondo i seguenti approcci:
Approccio analitico
•
•
•
•
•
analisi dei bisogni: definizione del mercato di riferimento;
segmentazione del mercato: macro e micro segmentazione;
analisi dell’attrattività dei mercati potenziali;
analisi della competitività: definizione del vantaggio competitivo;
scelta della strategia di posizionamento.
Approccio attuativo
• stesura del piano di marketing (obiettivi, strategie, tattiche);
• definizione degli interventi sulle leve di marketing secondo logiche di integrazione(4 P: Prodotto, Prezzo, Punto
vendita, Promotion);
• determinazione del budget (BDG delle vendite, BDG degli acquistiBDG delle Risorse umane, etc.);
• esecuzione e controllo delle attività.
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le leve del marketing mix
Mentre il marketing strategico si focalizza sul definire cosa fa l’impresa nel suo insieme, come si colloca nel mercato
in relazione ai concorrenti, il marketing operativo, o marketing mix, si focalizza prevalentemente sui prodotti/servizi
dell’impresa: quali prodotti offrire, con quali caratteristiche e prezzo, come introdurli e promuoverli sul mercato.
Il marketing mix è in genere un insieme di leve di marketing diverse che intendono soddisfare gli obiettivi aziendali
partendo dalla soddisfazione dei bisogni dei clienti.
L’impresa deve usare opportunamente un insieme di variabili per rendere l’offerta di prodotti/servizi più attraente al
cliente, meglio di quanto facciano i concorrenti.
Queste leve sono tipicamente indicate come le 4P del marketing:
• Product
• Price
• Place
• Promotion
Il marketing operativo applicato alla ristorazione è l’utilizzo congiunto e armonico delle quattro leve, per promuovere il marketing “del ristorante” e “nel ristorante”.
L’obiettivo è quello di stimolare e orientare il comportamento d’acquisto dei consumatori, elevarne la soddisfazione e fidelizzazione e differenziare il prodotto/servizio offerto nei confronti dei competitors.
Il prodotto, il prezzo, la promozione e la distribuzione rappresentano le variabili del marketing mix.
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Il product
Oggi non è più pensabile che le aziende, in modo particolare quelle di ristorazione, possano rimanere a lungo sul mercato
offrendo sempre gli stessi prodotti: i cambiamenti nei sistemi di produzione e la crescente affermazione delle nuove
tendenze ristorative provoca una richiesta di prodotti qualitativamente validi e che esaltino creatività e genuinità.
Anche le abitudini di vita e le caratteristiche sociali della clientela hanno subito dei cambiamenti e, con essi, i desideri e le
richieste di servizi e di prodotti.
Attraverso le attuali indagini di mercato ci si può facilmente orientare circa le scelte della clientela e decidere a quali
segmenti rivolgersi, avendo cura di quantificarli e classificarli secondo alcuni criteri: età, sesso, reddito, professione,
stato sociale, religione e nazionalità.
Gli attributi del prodotto/servizio offerto rispetto a quelli dei concorrenti sono importanti nella stima dello scenario
competitivo per la formulazione della strategia di marketing.
Molto importante è il livello di assortimento, cioè l’insieme delle categorie merceologiche offerte al fine di soddisfare
i bisogni dei clienti e fidelizzarli (numerica di proposte food&beverage, ampiezza e profondità, scala prezzo, grado di
specializzazione, innovazione etc).
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Il product per l’impresa ristorativa è da intendersi sia come oggetto fisico che come servizio intangibile. Non solo il
prodotto in sé, ma anche la sua confezione (packaging dei prodotti confezionati, impiattamento di una ricetta, mise en
place di un coperto) e soprattutto il modo in cui è portato al cliente sono da considerare elementi importanti di definizione del prodotto. In merito, risultano estremamente influenti nella progettazione e gestione di questa leva, aspetti
legati al personale quali:
• competenze e professionalità della brigata di cucina;
• competenze e professionalità della brigata di sala;
• materiali, layout, luci, pulizia, comodità e atmosfera del ristorante;
Il price
Il prezzo è il fattore più delicato e importante tra gli elementi che costituiscono il marketing mix.
è evidentemente un fattore importante per attirare i clienti, ma incide anche direttamente sui ricavi dell’impresa: un
prezzo troppo basso può anche dare un segnale di qualità inferiore ed essere quindi controproducente.
La scelta e la gestione del prezzo di un prodotto (pricing) è spesso una delle decisioni più complesse e influenti sul
successo dell’impresa. Rappresenta, infatti, l’ultima resistenza del consumatore nei confronti del “bene” di cui ha bisogno e il cui prezzo ne deve giustificare l’utilità e il valore.
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Chiaramente la politica dei prezzi si basa su numerose considerazioni e dipende dagli obiettivi dell’azienda:
• se persegue il fine di realizzare un incremento di profitti, dovrà fissare prezzi più elevati sul mercato (con il rischio
connesso di diminuzione della domanda, dovuta alla minore economicità);
• se intende massimizzare le vendite, dovrà necessariamente tenere i prezzi più bassi (compatibilmente con i costi
di distribuzione e di realizzazione);
• se mira a conquistare una quota di mercato, adotterà una politica di prezzi con una crescita progressiva (una parte
per l’aumento graduale dei profitti e dall’altra per bloccare eventuali competitors operanti sul mercato).
Il place
Con place si intende il luogo in cui i clienti possono acquistare il prodotto/servizio e come si raggiunge quel luogo.
La scelta della location è di fondamentale importanza perché non si può cambiare nel tempo, ma solo gestire.
Gli elementi da considerare sono la potenzialità e le caratteristiche della domanda nel bacino di utenza (numero di
residenti, reddito disponibile, flussi turistici etc), l’intensità e la tipologia competitiva, oltre all’eventuale presenza di
vincoli normativi.
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La promotion
Comprende i vari modi di comunicare ai clienti ciò che l’azienda offre sul mercato.
Gli elementi più significativi all’interno di questa leva di marketing possono essere sintetizzati in:
• la comunicazione del menu e della carta dei vini;
• l’organizzazione di eventi (degustazioni, serate a tema, feste etc);
• la pubblicità;
• le pubbliche relazioni;
• la presenza sul web (sito, social network etc);
• il direct marketing (programmi e/o carte di fidelizzazione).
L’utilizzo combinato ed equilibrato di questi elementi porta a risultati più positivi che non il ricorso massiccio a un unico
mezzo.
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le leve di differenziazione
Nel mercato della ristorazione, così come accade più in generale per altri mercati distributivi, la competizione tende ad
assumere una forte connotazione locale, tanto che questo comporta per le imprese la necessità di adattare le proprie
condotte alle condizioni competitive delle singole “piazze”, in cui per poter emergere, occorre l’implementazione di:
• politiche di differenziazione volte alla sottrazione di clienti ai concorrentidiretti operanti nella stessa zona;
• politiche di fidelizzazione volte a mantenere/consolidare la clientela acquisita.
Le principali leve di differenziazione dell’offerta dei pubblici esercizi (ristoranti, bar, pizzerie, gelaterie etc) sono:
•
•
•
•
il layout, relativo alla gestione quanti-qualitativa degli spazi interni ed esterni al locale;
il menu, relativo alla gestione dell’ampiezza, profondità, varietà dell’assortimento;
il prezzo, relativo alla formazione e gestione della convenienza offerta;
il personale, relativo alla gestione degli organici e del coefficiente di servizio offerto.
La manovra coerente e coordinata di tutte le leve può consentire all’impresa ristorativa di proporre un’offerta distintiva
che solitamente si traduce in un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti.
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La leva layout
La configurazione architettonica rappresenta per l’impresa ristorativa uno dei principali fattori critici di successo, dal
momento che le dimensioni e le funzioni degli spazi contribuiscono a definire le caratteristiche dei formati ristorativi
(bar multifunzionale, bar trendy, ristorante di immagine, ristorante-trattoria etc) più di quanto non avvenga per i formati distributivi grocery (supermercato, ipermercato etc).
Infatti, se da un lato i consumatori che visitano un supermercato lo fanno prevalentemente con obiettivi utilitaristici
legati alla necessità di acquistare prodotti destinati al consumo domestico, dall’altro i consumatori che frequentano un
locale di ristorazione sono spesso spinti da motivazioni di carattere edonistico/esperienziale che determinano maggiore sensibilità della clientela alle dimensioni dell’ambientazione e dell’organizzazione degli spazi.
La rilevanza competitiva degli aspetti architettonici comporta per l’impresa ristorativa una progettazione degli spazi
coerente con le caratteristiche del menu, con il target della clientela, con il posizionamento di prezzo e con il livello di
servizio proposto.
Il layout ideale di un locale dovrebbe in altri termini soddisfare contemporaneamente due differenti necessità competitive:
• quella di garantire una permanenza gradevole e confortevole alla clientela
• quella di agevolare il lavoro degli addetti (brigata di cucina e brigata di sala).
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Partendo da questi presupposti, la progettazione del layout si fonda sull’attribuzione di una dimensione e di una
funzione adeguate alle differenti tipologie di spazi, che in linea generale possono essere classificate in spazi esterni e
spazi interni.
Gli spazi esterni sono rappresentati dalle aree di sosta (parcheggi, garage e simili) e dalle aree dedicate alla movimentazione delle merci (carico e scarico delle materie prime food&beverage).
In realtà si tratta di spazi che non sono presenti nella totalità dei pubblici esercizi e che non contribuiscono direttamente all’attività di somministrazione.
Viceversa gli spazi interni contribuiscono a definire in modo diretto l’attività dell’impresa di ristorazione e possono
essere a loro volta classificati in:
• spazi di stoccaggio, dedicati al deposito dei prodotti destinati alle successive trasformazioni e/o alla vendite diretta
(cantine, dispense, depositi, celle frigorifere etc);
• spazi operativi, dedicati alle fasi operative di trasformazione delle materie prime in prodotti/servizi finiti (cucine,
laboratori, banconi di mescita etc);
• spazi di consumo, dedicati alla somministrazione di cibo e bevande alla clientela (posti a sedere ai tavoli, zone di
consumo, banconi etc).
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La diversa dimensione e composizione degli spazi finisce inoltre per condizionare i livelli di produttività dei formati di
somministrazione.
Al riguardo, appare possibile calcolare i seguenti indici di performance (KPI = key performance indicator) dello spazio:
• indice di comodità dei posti a sedere (mq/posto a sedere):
consiste nel rapporto tra la dimensione della superficie di consumo del locale e il numero di posti a sedere. A un valore maggiore di questo KPI corrisponde una maggiore
quantità di superficie per ogni posto a sedere e quindi un livello di “comodità” maggiore per il singolo cliente;
• indice di produttività della superficie di consumo (€/mq):
consiste nel rapporto tra il valore del giro di affari del locale e la dimensione della superficie di consumo. A un valore maggiore di questo KPI corrisponde un maggior livello di
produttività dello spazio destinato alle attività di somministrazione;
• indice di produttività dei posti a sedere (€/posto a sedere):
consiste nel rapporto tra il valore del giro di affari del locale e il numero dei posti a sedere. All’aumentare di questo KPI corrisponde un crescente valore delle vendite per posto
a sedere e quindi un maggior livello di produttività dei tavoli destinati alla consumazione nel locale.
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La leva menu
Il menu, nelle sue diverse tipologie e preparazioni gastronomiche che lo compongono, costituisce un elemento critico
di successo per i locali di somministrazione in quanto contribuisce a fornire ai consumatori le informazioni sulla composizione dell’assortimento offerto.
Si tratta di una leva di marketing impiegata, tra i pubblici esercizi, soprattutto nei ristoranti e, più specificatamente,
nei ristoranti con servizio al tavolo, nell’ambito dei quali i clienti consumano pasti completi e pertanto richiedono una
presentazione complessiva delle portate disponibili.
Il menu può contribuire a differenziare il locale di ristorazione attraverso una combinazione di variabili quali:
• chiarezza e facilità di consultazione;
• piacevolezza e qualità dell’editing e della grafica;
• varietà delle vivande alternative per ogni portata;
• completezza delle informazioni relative agli ingredienti e alle tecniche di lavorazione/cottura dei piatti;
• coerenza tra le caratteristiche del locale (location, ambientazione, livello di prezzo, livello di servizio etc) e i piatti
proposti;
• tasso di rinnovo delle vivande e delle ricette nel tempo/stagione;
• livello di discrezionalità nella scelta delle vivande concesso alla clientela (personalizzazione, grammature, possibilità di aggiunta/sottrazione ingredienti etc).
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La gestione della leva menu in chiave competitiva presuppone la capacità del ristoratore di adattare la struttura e i
contenuti della proposta alle esigenze specifiche della propria clientela.
In tal senso sembrano essere soprattutto tre le aree critiche sulle quali le imprese di ristorazione possono concentrare
gli sforzi di marketing.
La prima area è quella della differenziazione dei contenuti del menu nelle diverse occasioni di consumo.
L’analisi del mix delle pietanze consumate nei ristoranti evidenzia infatti che la propensione della clientela alla scelta
dei piatti tende a variare in misura consistente tra il pranzo e la cena. L’incidenza delle ordinazioni dei primi e dei secondi risulta infatti sensibilmente più elevata in occasione della cena, mentre a pranzo appare più elevata quella degli
antipasti e dei contorni. Se a questa evidenza si associa che il contributo della cena al giro di affari giornaliero di un
ristorante risulta mediamente il doppio rispetto a quello del pranzo, appare possibile prevedere una differente articolazione del menu per le due diverse occasioni di consumo.
La seconda area di intervento riguarda l’efficacia del display delle pagine del menu.
Alcuni studi di matrice psicologica hanno infatti evidenziato l’esistenza di una relazione diretta tra la propensione dei
clienti alla scelta dei piatti e il tipo di impaginazione degli stessi piatti nel menu.
In altri termini, la principale indicazione emergente da questi studi è che i clienti non osservano tutte le parti del menu
con lo stesso grado di attenzione, ma piuttosto si concentrano su alcune zone. Anche nelle pagine del menu, così come
tra gli scaffali dei punti vendita della GDO, sembrerebbero pertanto esistere zone “calde” in contrapposizione a zone
“fredde”.
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Le prime si caratterizzano per una elevata capacità di attrarre sguardo e attenzione e generare acquisti di impulso,
mentre le seconde, caratterizzate per ridotta attrattività, vengono prese in considerazione solamente per acquisti
programmati.
Pertanto da queste premesse appare possibile scomporre idealmente una pagina del menu in tre distinte zone:
1. la zona di impulso: corrisponde all’area superiore della pagina e risulta caratterizzata da un elevato impatto visivo
per il cliente, dal momento che si tratta della prima area sottoposta alla sua indagine. La scelta delle vivande posizionate in questa zona appare prevalentemente impulsiva e in genere molto frequente;
2. la zona di riflessione: corrispondente all’area centrale, ovvero all’area più estesa della pagina, nella quale vengono
solitamente presentate le vivande di base del Ristorante. La scelta dei piatti posizionati in questa zona risulta, nella
maggior parte dei casi, dovuta all’effetto di una riflessione razionale del cliente, anche se appare particolarmente
frequente;
3. la zona di selezione: corrispondente all’area inferiore della pagina, ovvero quella a minore impatto visivo, solitamente più trascurata dal cliente. La scelta dei piatti posizionati in questa zona appare subordinata ad un processo
di selezione delle vivande molto articolato e risulta pertanto meno frequente.
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La massimizzazione del contributo dell’impaginazione del menu al processo di differenziazione dell’offerta può quindi essere ottenuta attraverso il rispetto di due principi.
Da un lato l’utilizzo di una pagina intera per ogni portata (una pagina intera per tutti gli antipasti, una pagina intera
per tutti i primi, etc.) in modo da valorizzare al massimo l’intero assortimento.
Dall’altro, l’inserimento dei piatti alternativi relativi alla stessa portata in zone differenti della pagina in funzione
della loro profittabilità (popolarità e marginalità del piatto) e della loro capacità di caratterizzare il posizionamento
qualitativo del locale (“cavalli di battaglia” e “specialità della casa”).
Infine la terza area di intervento per la gestione del menu in chiave di marketing riguarda la valorizzazione degli strumenti integrativi di presentazione dell’offerta assortimentale complementare rispetto a quella di base (carta dei vini,
carta delle acque, carta dei distillati, carta dei caffè etc).
Questo strumento viene impiegato per migliorare l’immagine di servizio e di specializzazione del ristorante attraverso
la massimizzazione di tre risultati:
• la varietà delle alternative di marca e di prezzo proposte per ogni tipologia di referenza;
• la coerenza tra la tipologia di referenza offerta e le vivande presenti nel menu;
• la valorizzazione delle produzioni locali/regionali.
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La leva prezzo
La determinazione dei prezzi di vendita rappresenta per un pubblico esercizio un’attività particolarmente critica per
diversi ordini di motivi.
1. Il primo motivo è rappresentato dal fatto che il livello medio dei prezzi praticati contribuisce a determinare l’immagine di convenienza complessiva del locale. L’immagine di convenienza, per esempio di un bar/ristorante, non
dipende tanto dal prezzo praticato sul singolo prodotto, quanto piuttosto dal valore complessivo dello scontrino
pagato dal cliente.
2. Il secondo motivo è che il consumatore tende ad associare il livello dei prezzi al livello di qualità dell’esercizio
commerciale. In tal caso il livello dei prezzi, soprattutto per i ristoranti, risulta un criterio di distinzione tra i locali
cosiddetti “popolari” e quelli “esclusivi”.
3. Il terzo motivo è invece rappresentato dalla rilevanza dei prezzi di vendita nella determinazione della profittabilità. Il valore dei ricavi di vendita rappresenta, infatti, la fonte principale (se non esclusiva) di remunerazione
dei fattori produttivi dal momento che, specie nelle imprese di ristorazione tradizionali indipendenti e di piccole
dimensioni, non è previsto alcun investimento/rendimento finanziario, né sono previsti particolari contributi/sconti
dei fornitori.
Posto quindi che l’attività di definizione dei prezzi di vendita rappresenta una delle fasi determinanti nella catena del
valore, occorre altresì sottolineare che, sul piano competitivo, il livello di autonomia di ciascun formato di somministrazione nella determinazione dei prezzi appare decisamente elevato. La relativa indipendenza delle politiche di pricing dei locali di ristorazione dipende in grande misura dal ridotto grado di confrontabilità dei prodotti/servizi venduti.
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Soprattutto per quanto riguarda i “piatti trasformati” dal ristoratore, infatti, l’elevato livello di valore aggiunto dal
cuoco/chef e il coefficiente di servizio erogato dalla brigata di sala riducono la capacità dei consumatori di effettuare
confronti di prezzo diretti tra locali di somministrazione differenti.
La conseguenza della ridotta intensità competitiva sul prezzo tra differenti formati di somministrazione e tra questi e i
punti vendita grocery è rappresentata dall’elevato valore dei margini commerciali (differenza tra fatturato e costo del
venduto percentualizzata sui ricavi) dei bar/ristoranti.
In generale il valore del margine commerciale è infatti espressione della politica di prezzo delle imprese distributive,
indipendentemente dal settore in cui operano.
Nel caso del settore foodservice, il margine commerciale tende a raggiungere valori intorno/superiori al 70% dei ricavi (ogni 100 € di fatturato, sono stati spesi 30 € di materie prime food&beverage, che garantiscono un margine lordo
di primo livello di 70 €): valore certamente molto più elevato del relativo margine commerciale, mediamente del 20%,
ottenuto su prodotti/marche analoghe nei punti vendita grocery della GDO.
Da ciò deriva che nei locali della ristorazione la variabilità dei prezzi al consumo di uno stesso prodotto/servizio appare molto consistente e che la definizione dei prezzi di vendita risulta condizionata solo in misura marginale dal costo
dell’acquistato delle materie prime. Piuttosto, appare maggiormente legata alla variazione dei costi dei fattori produttivi interni all’impresa (costi di funzionamento del locale, ammortamenti delle attrezzature, costi del personale etc).
Le politiche di differenziazione basate sulla leva prezzo si devono quindi basare più che altro sulla proposta di un rapporto coerente e profittevole (value for money) tra questi valori e l’esperienza complessiva offerta dal locale.
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La leva personale
Il ruolo del personale risulta particolarmente critico nelle politiche competitive delle imprese di ristorazione.
Il comportamento degli addetti infatti contribuisce a definire e a qualificare più di qualsiasi altro elemento l’immagine di professionalità e servizio del locale.
L’incidenza dei costi del personale, inoltre, risulta talmente elevata da condizionare profondamente le performance
economiche dei pubblici esercizi. Si stima che, fatto pari a 100 il valore complessivo dei costi sostenuti annualmente
dai locali di ristorazione, l’incidenza del costo del personale prevalga sulle altre voci di spesa, con un valore mediamente pari al 37-38%.
Le criticità della gestione del personale tende ad assumere contenuti differenti per i diversi canali/formati ristorativi
(ristorazione collettiva vs ristorazione commerciale, ristorazione indipendente vs ristorazione in catena).
Il primo elemento di differenziazione è dato dalla numerosità degli addetti.
A riguardo si segnalano campi di variazione molto elevati negli organici, tra composizione delle brigate di cucina e di
sala, sia tra i diversi formati, sia all’interno di ogni singolo formato.
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Il secondo elemento che differenzia la gestione del personale dei locali di ristorazione è quello della produttività.
A parità di addetti impiegati è infatti possibile rilevare significativi differenziali dei livelli di produttività tra i diversi formati di somministrazione.
Al riguardo appare possibile misurare tre distinti indici (KPI = key performance indicator) di produttività del personale:
• indice di efficacia (€ vendite per addetto): misura il contributo di ciascun addetto al valore delle vendite del locale;
• indice di efficienza (€ costo lavoro per addetto): quantifica l’impatto di ogni addetto sulla struttura dei costi del
locale;
• indice di redditività (€ vendite per addetto / € costo lavoro per addetto): mette i relazione il contributo del singolo
addetto al valore delle vendite con il suo impatto sulla struttura dei costi dell’Impresa.
Il terzo elemento di differenziazione della gestione del personale è rappresentato dalla suddivisione delle mansioni.
Sulla base di questo parametro, gli addetti possono essere classificati in:
• addetti di produzione che si occupano di svolgere le attività di trasformazione e preparazione dei piatti (tipicamente la brigata di cucina);
• addetti di relazione che intrattengono rapporti diretti con la clientela (tipicamente il personale di sala&bar).
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nella prossima puntata
la misurazione delle performance
dell’impresa ristorativa