Lezione 3 “Convertitevi e credete al Vangelo” don Luigi Donati

Lezione 3
“CONVERTITEVI E CREDETE AL VANGELO”
don Luigi Donati Fogliazza
Il tema della conversione interseca in maniera peculiare il cammino di iniziazione
cristiana (=IC) dei nostri ragazzi perché essa fa parte dello stile di vita a cui tutto il
percorso catecumenale tende.
La nota CEI sull’IC dei ragazzi dice al numero 37:
I ragazzi devono essere educati a vivere gli atteggiamenti evangelici tra cui la
conversione, assumendo i valori e i comportamenti conformi al Vangelo:
povertà di spirito, mitezza, misericordia, purezza di cuore, fame e sete di
giustizia, impegno a essere operatori di pace, fortezza nelle avversità e nelle
persecuzioni.
Questo inquadramento ci spinge a farci qualche domanda sul dinamismo della
conversione che, fra l’altro, risulta decisivo anche per il ministero di catechista.
Il termine conversione assume nella Sacra Scrittura connotazione diverse:
cambiamento, ritorno, atteggiamento interiore di pentimento e soprattutto con Gesù
si collega sempre alla fede e alla sequela. Al di là delle diverse accezioni, salta
all’occhio che l’idea del cambiamento segna un capitolo decisivo della storia di
Israele. All’inizio di questa storia Dio si dona e si fa conoscere: raggiunge il suo popolo
nella schiavitù dell’Egitto e cambia le sue prospettive. C’è un vero e proprio
movimento che le pagine dell’Esodo ci riportano: dall’Egitto alla terra promessa, da
non-popolo a popolo dell’alleanza. Il primo dato della conversione quindi è che di
fronte all’instabilità dell’uomo (alla sua dimensione peccatrice, alle sue infedeltà, alle
sue strade sbagliate) Dio non è indifferente, ma interviene e rimane sempre fedele.
Dio opera per la salvezza, ristabilendo la comunione e mettendosi in gioco. Convertirsi
significa in prima istanza ri-volgersi, volgersi di nuovo a Dio e accettare la sua offerta
di salvezza.
Quanto sperimentato nella conversione fa ritornare alla mente la suggestiva
definizione di esperienza data dal filosofo Martin Heidegger:
Fare esperienza di qualcosa significa: che quel qualcosa al quale giungiamo,
mentre siamo in cammino per raggiungerlo, proprio esso ci sopraggiunge, ci
colpisce, ci pretende in quanto ci traforma secondo se stesso (In cammino
verso il linguaggio).
Ogni attenzione all’esperienza nella catechesi dovrebbe verificare questo punto di
partenza: la vita cristiana si sperimenta, negli anni dell’IC, nella misura in cui si riesce
a intravedere la strada che Dio ha già tracciato per farsi vicino e perché noi possiamo
incontrarlo.
Le parole di Heidegger ci ricordano un ulteriore elemento: il convertito è sempre in
cammino. Il dono di Dio è promessa di un compimento che va continuamente
ricercato, inseguito, realizzato anche per tentativi. Camminare per convertirsi implica
anche la dimensione della rinuncia: per proseguire il percorso occorre fare delle
scelte. Non tutte le strade infatti sono opportune, non tutte le direzioni si equivalgono
e il volgersi alle logiche di salvezza di Dio impone anche di rivedere o di abbandonare
le nostre logiche. Lo dice in modo perentorio Gesù nell’apertura del suo ministero:
«Convertitevi e credete al Vangelo», dove il verbo convertirsi indica un’ulteriorità, il
superamento di uno stato attuale a favore di una nuova condizione.
La fase “negativa” di abbandono/rinuncia è ovviamente il rovescio della medaglia di
un cammino che è scoperta e attuazione del bene. Accogliere l’invito del Signore
infatti non significa solo evitare il male, ma soprattutto attuare la ricerca del bene da
conoscere, con cui confrontarsi e da concretizzare.
Questo compito suggerisce un’ulteriore approfondimento. Se fare esperienza significa
primariamente essere raggiunti da qualcosa – diremmo meglio da Qualcuno – mentre
siamo per via, questo necessita la capacità di accorgersi, di avere una coscienza
vigile: la storia, la realtà ci interpellano e ci chiedono di prendere posizione. In questo
modo lo psicologo Viktor Krankl parla di educazione:
essa dovrebbe mettere in moto nei giovani il processo di scoperta del senso.
Deve essere nell’interesse dell’educazione non mediare soltanto il sapere, ma
rendere più acuta la coscienza dei giovani, perché abbiano l’orecchio
abbastanza fino da percepire tutte le possibilità di senso e le richieste insite in
ogni singola situazione. A maggior ragione, in un’epoca in cui sembra che per
molti i Dieci Comandamenti abbiano perso la loro validità, l’essere umano deve
essere messo in grado di percepire i diecimila comandamenti che si sprigionano
nelle diecimila situazioni con le quali vieni confrontato. (Ricerca di Dio e
domanda di senso)
Anche la valenza educativa del percorso catechistico non si accontenta di mediare un
sapere, di far arrivare dei contenuti, ma si sforza di guidare i ragazzi a leggere la
realtà con gli occhi del Vangelo, a scoprire la propria vocazione, a renderli attenti alle
parole che Dio rivolge loro.
Il percorso svolto fino qui, conversione come cambiamento di prospettiva, come
accoglienza del dono che Dio ci fa di se stesso e come cammino che implica anche la
rinuncia per arrivare a mete ulteriori trova sintesi e compimento nella vicenda di
Gesù.
Prima di tutto egli stesso, la sua presenza raggiunge chi è lontano: il suo donarsi
gratuito è già il perdono che fonda ogni possibilità di conversione.
In secondo luogo, nelle sue parole e nei suoi gesti riconosciamo i pilastri che reggono
la conversione:
 radicalità: perché a cambiare è tutto l’orientamento della vita e Gesù mostra
chiaramente che tutte le sue azioni hanno una unità di intenti, l’obbedienza al
progetto del Padre, che le regge tutte;
 concretezza: si cambia l’orientamento di vita quando ogni gesto, anche il più
piccolo denota la nuova direzione intrapresa. Convertirsi è questione di
rimettere sul binario giusto l’ordinarietà delle nostre azioni, delle nostre scelte e
delle nostre relazioni.
 istanza interiore: i gesti vuoti non dicono niente, solo un’interiorità convertita
saprà giocarsi fino in fondo
 valenza personale e sociale: nel rendere conto a Dio del proprio cuore ci si
sente al contempo responsabili dei fratelli e della comunità che sono il b anco di
prova della bontà del nostro camminare sulle strade del Vangelo. Il carattere
personale del peccato infatti richiama un contesto sociale che tende a
giustificarlo con strutture di vita o a renderlo desiderabile; a sua volta il peccato
personale contribuisce a rafforzare l’efficacia storica del peccato nella sua
dimensione sociale. La conversione, che interessa sempre l’unità dell’esistenza,
tocca interiorità e visibilità, dimensione personale e sociale.
Tutto il Nuovo Testamento ribadisce che di frognte a Gesù conversione significa essere
come lui e seguire lui. Il teologo morale Sergio Bastianel sintetizza così: «seguire
Cristo è volgersi a lui cambiando il cuore e la mentalità, convertirsi è lasciarsi
afferrare da lui e imparare da lui».
QUESTIONARIO
1. Quali sono alcuni significati del termine conversione?
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2.
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Qual è il punto di partenza della conversione?
La mia decisione di diventare migliore.
L’esperienza di peccato e di lontananza da Dio.
Dio che si fa conoscere e che offre la salvezza.
3.
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L’esperienza dell’Esodo
Fa sperimentare al popolo di Israele il cambiamento di orizzonte attuato da Dio
Obbliga il popolo di Israele a mettersi in cammino
Ricompone la frattura fra Dio e gli israeliti che diventano popolo dell’alleanza
4.
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La salvezza che Dio offre
Dipende dalla nostra decisione di cambiare
È gratuita e non viene mai meno nonostante il peccato dell’uomo.
È solo per chi la accoglie subito senza indugi.
5.
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La conversione
È soprattutto lasciare le nostre logiche per seguire quelle di Dio.
È soprattutto accorgersi che Dio salva.
È scoprire e attuare il bene rinunciando al peccato.
6.
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Nel cammino di conversione è importante
L’intenzione di cambiare, al di là dei risultati.
Rinnovare tutto l’orientamento di vita.
Fare qualche gesto diverso dal solito.
7. La conversione ha sempre una valenza sociale oltre che personale
 Perché se cambio io possono cambiare anche gli altri.
 Perché il mio peccato è sostenuto da strutture di peccato che contribuisco a
rafforzare.
 Perché senza gli altri non ho la forza di ritornare a Dio.
8.
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Quando Gesù parla di conversione
La collega sempre alla fede in lui e al diventare suoi discepoli.
Condanna gli uomini perché peccatori.
Insiste sulla capacità degli uomini di ritornare a Dio.