Verso una nuova politica criminale, però…Quale?* * (traducción de Lorenzo Natali, en prensa en "Dignitas, Percorsi di carcere e giustizia", Italia, año 2006) Carlos Alberto Elbert Introduzione L’attuale disarticolazione sociale, i cambiamenti tecnologici e nei sistemi produttivi, ci hanno sommerso in una Verso una nuova politica criminale, però…Quale? 1. Introduzione L’attuale disarticolazione sociale, i cambiamenti tecnologici e nei sistemi produttivi, ci hanno sommerso in una comunità globale capitalistica con caratteristiche inedite, che si espande con velocità ed efficacia fulminante. Le interazioni umane dirette si indeboliscono, mentre vengono rimpiazzate da contatti virtuali, che si estendono dalla sfera intellettuale fino a quella sessuale, con conseguenze dis-umanizzanti. Il processo in corso non si limita all'interscambio accelerato di informazioni destinate a singoli individui, bensì provoca anche profondi effetti sociali. Uno dei più distruttivi è la costituzione di sistemi di esclusione: in primo luogo nel lavoro, quindi nei servizi sociali e infine nella stessa società. Gli organismi finanziari continuano a imporre le proprie interpretazioni della realtà, specialmente a partire dalle grandi catene di mezzi di comunicazione a loro disposizione, stabilendo valori e priorità politiche, esercitando un'influenza che va dagli habitus culturali fino alle leggi; a quest'ultimo aspetto dedicheremo parte di questo lavoro. 1 I valori e le istituzioni che avevano legittimato gran parte delle pratiche sociali del XX secolo stanno scomparendo, provocando effetti anomici e di frammentazione, le cui conseguenze in un paese come l'America Latina equivalgono a una catastrofe. In una maniera molto più fulminante che in Europa, nella nostra regione i “Mercati” si sostituirono allo Stato, e hanno dimostrato chiaramente l'incompatibilità delle loro motivazioni e obiettivi con quelli del sistema democratico. Senza dubbio, questi cambiamenti modificarono anche la comprensione del controllo sociale, delle sue tecniche, dei suoi fondamenti e dei suoi modelli operativi, così come erano intesi nel modello precedente. Il Paradigma dell'Insicurezza denuncia oggi pericoli intollerabili, richiedendo l'adozione di decisionismi pragmatici. Queste “soluzioni pratiche” rimangono indifferenti alle garanzie, alle strutture sistematiche o alle finalità utilitaristiche in materia penale, e ciò produce una politica penale inedita, lontana dai sistemi precedenti. Come penalisti e come criminologi intendiamo percepire la natura e i possibili sviluppi di queste nuove politiche penali della post-modernità. 2. Le politiche penali, oggi Tutto cospira nell'indicare che il controllo assume la forma che pretendono gli inclusi e coloro che riescono, con grande difficoltà, a rimanere dentro il modello. In tale schema gli esclusi contano solo per essere criminalizzati. Quando un emarginato attacca un membro di una “famiglia tipo” o invade la privacy di un quartiere chiuso di classi benestanti, si liberano isterie politico criminali che lottano per la difesa urgente della legge e dell'ordine, proponendo numerose modifiche legali, guardando con favore alle invenzioni dell'ingegneria politico criminale statunitense (“tolleranza zero”, stigmatizzazione pubblica, carcerazioni sproporzionate o pene fisse della durata di cento anni, esecuzioni itineranti, ecc.). 2 Da parte sua, l'indignazione dei meno favoriti si esprime con stati di assenza di auto-controllo, che possono arrivare fino ai linciaggi nelle strade, dal momento che non sperano più in una giustizia dalla quale si sentono alieni e ignorati. Il limite dei loro diritti non è più segnato da una Costituzione o da leggi certe, bensì dall'intensità della sofferenza che patiscono coloro che reclamano e dalla loro capacità di esprimerlo come pressione, in occasioni concrete. La giustizia rivendicata dai ricchi e dai dimenticati è centrata sempre più nella satisfattività retributiva, mediante la presunzione di colpevolezza e la pretesa di una pena certa per gli autori. 3. La percezione del controllo sociale, in due casi di sicurezza pubblica in Argentina: “Blumberg” e “Cromanon” All'inizio del 2004, dopo un sequestro seguito da morte, il padre della vittima, un ingegnere di nome Blumberg, promosse grandi riunioni pubblici a Buenos Aires, (più di 100.000 persone nella prima) richiedendo maggiore sicurezza alle autorità. Il governo, temendo che quest'iniziativa potesse procurargli conseguenze politiche negative (così indicavano le inchieste), aprì le porte al signor Blumberg, come interlocutore sociale legittimo, con un'ampiezza mai concessa prima ai familiari delle vittime. Il Potere Esecutivo si dimostrò ricettivo a tal punto che, includendo molte proposte di Blumberg, proclamò un piano di politica criminale clamorosa ed eterogeneo, riproponendo formule note e già fallite, progettando riforme legali che, in molti casi, erano difficili da conciliare con la Costituzione nazionale. Ovviamente, si cercò di farlo senza studi adeguati, senza un progetto realista e senza preventivi consensi tra lo Stato e le Province, con legislatori costretti a votare qualsiasi cosa, contemplati severamente dal signor Blumberg, il quale, cronometro alla mano, criticava quelli lenti e quelli titubanti, come se i deputati fossero suoi mandatari privati, assunti a ore. 3 Quella “mandria impazzita” [del 2004], svanì poco dopo, con la rimozione del ministro della giustizia, non senza essere riusciti a provocare numerosi disastri nella legislazione penale e processuale. Il risultato di questa tappa di rafforzamento penale fu la saturazione delle carceri, che si riempirono fino a livelli estremi difficili da controllare. Blumberg costruì il suo discorso secondo la visione ideale di una società composta da cittadini onesti, lavoratori e disciplinati, ai quali non sarebbe permesso vivere in pace dagli “altri”, ossia, da elementi senza valore, (nemici della società) ingiustamente favoriti da una qualità di “cittadini” che non meritano. Sarebbe ora, pertanto, che lo Stato si schierasse dalla parte di quelli buoni, perseguendo i “nemici” senza considerazione alcuna. Gran parte dei mezzi di comunicazione esasperarono l'illusione che la società degli integrati è quella vera, che si trovava in estremo pericolo, e che la sua preservazione dovesse esigere metodi convincenti, al di là della retorica razionalista delle istituzioni e delle leggi. I reclami furono presentati, semplicemente, come una incarnazione del “senso comune”. Senza dubbio questa linea di pensiero conduce fluidamente verso quello che alcuni autori chiamano il “diritto penale del nemico”. È noto che gli Stati Uniti lo stanno applicando ai sospettati di terrorismo, violando qualsiasi tipo di legge e trattati, e negando persino i diritti più essenziali ai suoi detenuti che arrivano alle carceri segrete dopo essere stati sequestrati in diversi Paesi. L’irruzione del fenomeno Blumberg costituì, in Argentina (in particolare a Buenos Aires) l'apoteosi di un processo che ha snaturato il sistema penale, processo che si stava attuando, con diversa intensità, negli ultimi quindici anni. Nell'anno 2005, si verificò, a Buenos Aires, un altro tragico fenomeno, che aggravò il quadro della situazione precedente, perché generò non più solo un attacco alla legge, bensì, ora, direttamente ai giudici e ai poteri politici. Si tratta del cosiddetto “Caso Cromanon”, nome di una discoteca di Buenos Aires, che si incendiò alla fine del 2004, causando la morte di quasi 200 giovani e ferite gravi ad altri 100. I familiari e i mezzi di comunicazione parlarono di “assassinati” e in alcune licenze 4 interpretative, affermarono che gli autori dei crimini furono il padrone della discoteca, i musicisti che davano il concerto, i giudici che li scarcerarono o il capo del governo della città di Buenos Aires, individualmente o congiuntamente, senza escludere altri vari responsabili ipotetici. Queste sovrapposizioni concettuali contaminarono costantemente le loro opinioni, durante le loro dimostrazioni pubbliche. Alcuni familiari delle vittime di “Cromanon” manifestarono reazioni violente contro la polizia e la giustizia, quando un tribunale mise in libertà il proprietario della discoteca. Senza dubbio, le proteste di Blumberg avevano già criticato “i giudici permissivi” e i loro criteri (in realtà, i giudici di questo tipo risultano essere minoritari nella composizione complessiva della giustizia argentina). A partire dal caso Cromanon, la protesta anti-giudiziale assunse caratteristiche esplicite. I casi descritti mostrano l'incompatibilità tra alcune domande “popolari” di giustizia e i principi basilari di garanzia del sistema penale. Le proteste possono orientarsi, in modo crescente, verso forme di attivismo violento, estorsivo e intollerante, che esercita una pressione politica sulle autorità al fine di imporre loro le decisioni che rivendica. Senza dubbio, questo stato di cose risulta predisposto per l'indebolimento della fiducia sociale nei confronti degli apparati della giustizia. A tutt'oggi esiste un vero abisso tra ciò che la maggioranza della popolazione interpreta come “atto di giustizia” e i procedimenti e le forme che la legge prescrive ai giudici per risolvere i casi. Numerose associazioni di vittime offrono al governo “programmi”, che includono la “messa in commissione” di tutto il potere giudiziario, la nomina per elezione diretta dei giudici, dei pubblici ministeri e delle autorità di polizia, e alcuni poteri di destituzione permanenti. Includono anche una proposta di “giurati” che in realtà sarebbero giudici “laici”, ma con capacità di decisione extragiudiziale. 5 4. Una prima interpretazione Le proteste di Blumberg e quelle per Cromanon dimostrano, ciascuna con le proprie distinte sfumature, di essere state ideate e affrontate secondo logiche differenti da parte dei funzionari e da parte dei cittadini. Desidero sottolineare che nonostante questi fatti si siano verificati in Argentina, possono rappresentare un buon esempio per analizzare fenomeni simili in Europa o in altre parti del mondo. Sembra che queste situazioni si stiano generalizzando, conformemente ai modelli delle “società del rischio”. Le proteste di Blumberg e Cromanon contengono molti elementi per un'analisi. In uno studio interdisciplinare su tali proteste, si sostiene che esse esprimono fenomeni psico-sociali che generano manipolazioni, che Susana Murillo denomina “La colonizzazione della sofferenza”. Secondo questa studiosa, ogni espressione di dolore legittimo viene sfruttata prontamente dai gruppi di potere, al fine di ottenere vantaggi estranei alle necessità reali di coloro che hanno sofferto le disgrazie, ottenendo in forza di questa intermediazione obiettivi che difficilmente avrebbero potuto raggiungere in altro modo. Il “successo” dei gruppi di protesta consiste nell'ottenere da parte dei poteri pubblici risposte estremamente repressive contro certe persone o certi gruppi di persone. Le rivendicazioni dei settori coinvolti non si incentrano, quasi mai, nella richiesta di misure reali per contenere la sofferenza delle vittime; orientano invece la propria lotta nel senso del “neopunitivismo”. A questo processo si sono aggiunti anche organismi per i diritti umani, che hanno appoggiato acriticamente le richieste delle vittime, considerando che “il modo per riparare violazioni ai diritti umani si ottiene in primo luogo con il castigo penale e che quest'ultimo è qualcosa di tanto lodevole e vantaggioso che deve essere conseguito senza controlli e senza limiti, con disprezzo per i diritti fondamentali”. 6 Secondo questi movimenti, va rifiutata ogni decisione giuridica che non comporti l'incarcerazione o la restrizione della libertà di personaggi odiosi per loro, in nome di una specie di “giustizia sociale”. Occorre segnalare che se Blumberg costrinse i funzionari politici ad associarsi con lui, i familiari di Cromanon uscirono a farsi giustizia da sé, attaccando gli edifici, i giudici e le autorità politiche del governo della città di Buenos Aires (tentativi di incendio doloso, minacce di morte anonime, danni, stigmatizzazione, denunce formali, diffamazione e minacce dai mezzi di comunicazione, pressione sui Tribunali dei procedimenti politici, ecc.). Cercarono anche di “rendere la vita impossibile” all'imputato Chaban, in qualsiasi luogo nel quale cercasse di disporre della sua libertà. Di certo, bisogna ammettere che questo insieme eterogeneo di reclamanti, raggiunse il risultato giudiziario di revoca della libertà dell'odiato imputato Chaban, la sottoposizione a giudizio dei giudici che l'avevano scarcerato e la sospensione e la successiva rimozione dal suo incarico del Presidente del Governo della città di Buenos Aires, dopo un giudizio politico di dubbia legittimità. In sintesi, questi casi provano che l'azione diretta risulta vittoriosa, che raggiunge rapidi e drastici effetti istituzionali, forzando le autorità a promulgare le leggi, ad adottare modelli di politica penale, a dettare sentenze giudiziarie “su misura”, e a destituire funzionari politici eletti dal voto popolare. Quasi una piccola rivoluzione. Occorre inoltre sottolineare che durante lo sviluppo di questi eventi, i massmedia mantennero un protagonismo decisivo, contribuendo, in grande misura, a generare quel caos discorsivo che rese impossibile qualsiasi analisi logica minimamente oggettiva dei problemi. Qualsiasi funzionario che non avesse ceduto alle pressioni sarebbe stato denunciato pubblicamente come “corrotto”, “complice” o “indifferente”. Da parte sua, il potere esecutivo convalidò le reazioni di fatto dei familiari, delegittimando i giudici che “non avevano tenuto in conto il dolore delle vittime” o che “non avevano risposto con il senso comune a eventi tanto drammatici”. 7 Il presidente della Repubblica e i suoi ministri agirono proponendo che l’“abilità politica” si sostituisse ai principi giuridici quando il problema consisteva nel “consolare coloro che soffrono”. Tali fatti costituiscono, intenzionalmente, un requiem per il diritto penale liberale, e provano che si è instaurata la nozione interpretativa di “senso comune” (di per sé, di complessa definizione) identificandola con i “sentimenti legittimi del popolo” per risolvere temi di sicurezza pubblica. In questo stato di cose ci sono elementi di politica demagogica, ma possono anche esistere fenomeni più gravi sotto la superficie. Il mio intento sarà di scoprire tali fenomeni, analizzando tre aspetti della situazione all'interno della quale si produssero i fatti: a) le nuove circostanze sociali b) le conseguenze dei cambiamenti, nelle teorie sociali c) l'individuo senza cultura né contratto sociale a) La nuova realtà sociale Credo che gli effetti della nuova realtà globale giungono in tutti gli angoli del pianeta, però queste conseguenze risultano distinte a seconda della rete sociale e delle strutture di ciascuna regione, prima e dopo il processo di privatizzazione. In poche parole: tutti i paesi dell'America Latina vengono colpiti dalla povertà e dalla disuguaglianza, come parte di un processo aumentato vertiginosamente negli ultimi 20 anni, però partendo da antiche radici strutturali, che risalgono fino all’epoca della Conquista. A tutt'oggi, la massa degli esclusi non ha possibilità di ritornare a inserirsi in uno schema produttivo come quello di 20 anni fa. Le nostre statistiche sulla disoccupazione, sull'analfabetismo e sulla salute riportano indicatori degli ami 50 o anche anteriori. 8 b) Gli effetti del cambiamento sulle teorie sociali I gruppi di protesta affermano di “non avere un’ideologia”, di “essere apolitici” e la loro filosofia sembrerebbe esigere il magico recupero di certi beni andati perduti, o una vittoria immediata della “virtù” sulla corruzione. Di certo, questi gruppi si considerano l'incarnazione delle virtù carenti, mentre attribuiscono i vizi ai funzionari dello Stato, democraticamente eletti. Le dicotomie che vengono impostate sono di tipo binario (bianco – nero) e totalmente inconciliabili con le mezze misure o con discorsi che contemplino tutti gli aspetti di uno stesso problema. L'espressione abituale “vogliamo giustizia” andrebbe tradotta come “esigiamo che ci diano ragione immediatamente”, con una fanatica convinzione di possederla. Sono soliti dire: “solo noi siamo in grado di comprendere questo problema, perché lo stiamo patendo in prima persona; pertanto, rifiutiamo qualsiasi argomento che non coincida con il nostro”. L'individuo senza cultura né contratto sociale Sebbene sia importante promuovere iniziative per una maggiore partecipazione dei cittadini, che generino nuovi interlocutori per la gestione della politica criminale, se ci si presentano problemi diversi, causati da fattori che meritano un'analisi accurata. È così riconoscibile, in primo luogo, il deterioramento culturale che colpisce la maggior parte della società, e la gestazione di un immaginario attraversato da fattori irrazionali, che stravolgono la memoria storica, mescolano dati differenti, e gli combinano in un discorso erratico, contraddittorio e perfino anti-democratico. Per quale ragione sta accadendo tutto ciò? Accade che ci troviamo di fronte all'uomo globale, che ha cessato di essere cittadino e che ora ha rilevanza solo mediante il proprio potere acquisitivo, mediante 9 la sua capacità di consumo e, eventualmente, mediante il suo protagonismo pubblico. Il contesto che circonda l'uomo globale ha, necessariamente, un divenire caotico, senza valori generali, senza cultura né risorse affettive che lo orientino. I suoi precedenti saperi gli risultano obsoleti o inapplicabili per pensare alla crisi. Ciò indica che la nostra logica razionalista non serve per rispondere alle esigenze di questa realtà. Come segnalano alcuni autori, un dato chiave è rappresentato dallo svuotamento dello Stato come istituzione “che dona senso” ai fatti sociali, alle soggettività che quelle istituzioni stabilivano. Detto il linguaggio giuridico, gli individui non si sentono più parte delle operazioni istituzionali che prima li contenevano e li relazionavano. La crisi sociale che stiamo attraversando è di un nuovo tipo, perché non consiste nel passaggio da un modello esaurito a un altro che lo supera. Al contrario, la crisi globale offre un divenire erratico, senza regole fisse né modelli sostitutivi; troviamo una totalità scomposta, ma non si ricerca nessuna forma di ricomposizione. Il mercato non opera come operava lo Stato, per mezzo di una sistematica e con piani prevedibili. Non c'è più un argine capace di donare un senso generale, e il mercato è tanto poco controllabile come sono controllabili le tempeste tropicali. Il primo problema che abbiamo davanti consiste nientemeno che nell'inventare una logica capace di attribuire senso a queste manifestazioni sociali. L'idea del contratto sociale, va sostituita da qualcosa molto più flessibile e amorfo, o se si vuole “liquido”, in grado di contenerci nella diversità di oggi. 5. Le dualità sociali nel paradigma dell'insicurezza. Può affermarsi che la dovuta descrizione della società del controllo dovrebbe essere intesa nella sua dualità di inclusi ed esclusi, programmando politiche per ciascun settore, così come spazi di dialogo globale o multiplo, che permettano di accettare l'esistenza di ciò che è differente e facilitino la negoziazione reciproca. 10 Occorre sforzarsi affinché nella società si torni a tollerare “l’altro” accettandolo con le sue differenze. Fino ad ora, come studiosi di criminologia di formazione giuridica e come penalisti, abbiamo cercato di sistemare il mondo attraverso la manipolazione dei testi legali. Oggi, è noto che anche la più bella delle legislazioni senza condizioni reali di effettività risulta una soluzione simbolica, alla cui adorazione si consacrano poi nuove burocrazie, che si sommano a quelle precedenti. In qualche momento sostenni che era giunto il momento di trasferire le aspettative di elaborazione democratica del controllo ai suoi protagonisti, vittime e carnefici, in un senso simile alle gestioni del terzo settore (ong). Nonostante ciò, gli eventi che si sono scatenati a partire dai casi “Blumberg” e “Cromanon” mi fecero rivedere quel punto di vista. La nascita di nuclei di protesta produce anche la nascita di interessati e gruppi ideologici che provano (e riescono) a manipolare le richieste dei gruppi, dimostrando che, alla fine, tutto l'attivismo era stato politico. La mancanza di coerenza ideologica (e anche logica) all'interno dei discorsi tumultuosi che cercano di chiedere in modo diretto ai funzionari di rendere conto delle loro responsabilità, permette di cogliere i rischi impliciti in tale classe di fenomeni. Nonostante ciò, credo che sia necessario che i frammenti sociali elaborino consensi parziali, partecipino ad attività di prevenzione comunitaria, di mediazione tra la parte che ha aggredito e quella aggredita e altri ponti di inter-comunicazione. Al tempo stesso, una politica culturale programmatica e consensuale sul tema della violenza e sulle possibilità di controllarla in situazioni quotidiane, appoggiata da parte dello Stato (o di quello che ne rimane) attraverso gli istituti d'insegnamento e tutti i mezzi di diffusione, potrebbero rappresentare validi cammini per ridurre la violenza sociale delittuosa. Logicamente, questi processi di ricostruzione culturale non possono essere repentini né magici, e dovrebbero conseguire da un lavoro coerente, con obiettivi chiari, accompagnato da politiche efficaci nella neutralizzazione dei fattori di rischio, come potrebbe essere, per esempio, esercitare un controllo severo sulla produzione e 11 sul traffico di armi, la de-penalizzazione del possesso di stupefacenti per consumo personale, (con una regolazione ufficiale del consumo alternativo di droghe previste da parte dello Stato), l'organizzazione di centri di riabilitazione per dipendenti di qualsiasi tipo, case sostitutive di rifugio provvisorio per i bambini che vivono in strada, lo smantellamento dei centri di vendita dei beni rubati, ecc., accompagnando queste misure, ovviamente, con una politica sociale che assicuri, almeno, l'alimentazione e un servizio sanitario ed esclusi. Nemmeno si misconosce che la realizzazione di molte di queste misure richiede molto denaro. Ad ogni modo, se si continua con le attuali improvvisazioni repressive, inflazionando quotidianamente il codice penale, ci troveremo ad avanzare verso società di atomizzazione irreconciliabile. Comprendere ciò, è un requisito per evitarlo. 6. Qualche conclusione. I programmi di politica criminale per l'Argentina di oggi si stanno allontanando in maniera sostenuta dall'ideale dell'Illuminismo e dalle evoluzioni teoriche del XX secolo, come minimalismo, garantismo, de-criminalizzazione, ecc. In questa relazione sono state analizzate alcune ragioni che spiegano questo fenomeno globale. È indubitabile che tali società dell'insicurezza e della paura verso l'altro richiedono modelli di controllo distinti. L'ingegneria della sicurezza degli Stati Uniti e il cosiddetto “diritto penale del nemico” provano a realizzare questa di differenza, mediante un diritto discriminatorio, applicabile in difesa di certi settori inclusi. Le idee basilari che ho suggerito in precedenza dovrebbero essere promosse con le riserve (anche queste esposte) su questa nuova logica sociale senza regole fisse e con l'enorme influenza dei mezzi di comunicazione nella formazione di questa coscienza sociale diffusa, combinando dati separati con emozioni che giustificano qualsiasi tipo di reazione. In precedenti interventi ho già sostenuto la necessità di 12 creare spazi pubblici alternativi che possono neutralizzare l'influenza dei mezzi più poderosi, nella costruzione sociale della realtà. Bisogna ammettere che le politiche di oggi non sono in grado di resistere a nessun bilancio che possa sancire la loro “efficacia”. Però, d'altra parte, la costruzione di più carceri e i nuovi aumenti di pena come rimedio, rappresentano un cammino esaurito e sterile. La sfida attuale consiste nel fare in modo che il controllo sociale “possa essere controllato” da qualche schema razionale, orientato da idee sociali più solidali, nel segno di una democrazia che concili le maggioranze con le minoranze, che fornisca ai cittadini accessi alle istituzioni, affinché queste ultime possono, in tal modo, recuperare credibilità. Per quanto riguarda la società attuale, è inevitabile intenderla come parte del processo di globalizzazione, considerando che non possiamo evitarlo, e per adesso, nemmeno limitarlo. L’Illuminismo, anche se ci costa ammetterlo, consacrò istituzioni per società che non esistono più. Dovremo domandarci, forse, se il processo di globalizzazione rappresenti un male assoluto. Sicuramente non lo è, però non è nemmeno un bene assoluto, come si vuole far credere. Ben presto il mondo periferico esploderà in conflitti orribili, che si sommeranno alla catastrofe ecologica in corso. New Orleans ha dimostrato che anche il concetto di sicurezza contro le catastrofi naturali si dimentica della protezione dei poveri. Il mondo che riesca a sopravvivere a questi avvenimenti non sarà ideale. È possibile, persino, che si riveli molto peggiore di quello già conosciuto dall'umanità. Il problema quindi si radica nello sviluppo di strategie di qualsiasi tipo tendenti a neutralizzare gli aspetti più distruttivi di un capitalismo cannibale che distrugge senza remora parte di umanità, identità e conoscenze morali. È difficile che l'uomo ritorni ad essere al centro dell'ordine giuridico, però il capitale dovrà comprendere, perlomeno, che l'umanità non è equiparabile a un insieme di merci di scarto. 13 Per il momento, ritengo che il compromesso delle scienze sociali debba concentrarsi in una moltitudine di analisi che aprono cammini di sperimentazione per le nuove istituzioni, prima che la violenza dei segni crociati diventi l'unico strumento disponibile per dirimere le differenze nelle nostre società, nel bel mezzo della crisi più profonda della storia umana. Buenos Aires, febbraio 2006 comunità globale capitalistica con caratteristiche inedite, che si espande con velocità ed efficacia fulminante. Le interazioni umane dirette si indeboliscono, mentre vengono rimpiazzate da contatti virtuali, che si estendono dalla sfera intellettuale fino a quella sessuale, con conseguenze dis-umanizzanti. Il processo in corso non si limita all'interscambio accelerato di informazioni destinate a singoli individui, bensì provoca anche profondi effetti sociali. Uno dei più distruttivi è la costituzione di sistemi di esclusione: in primo luogo nel lavoro, quindi nei servizi sociali e infine nella stessa società. Gli organismi finanziari continuano a imporre le proprie interpretazioni della realtà, specialmente a partire dalle grandi catene di mezzi di comunicazione a loro disposizione, stabilendo valori e priorità politiche, esercitando un'influenza che va dagli habitus culturali fino alle leggi; a quest'ultimo aspetto dedicheremo parte di questo lavoro. I valori e le istituzioni che avevano legittimato gran parte delle pratiche sociali del XX secolo stanno scomparendo, provocando effetti anomici e di frammentazione, le cui conseguenze in un paese come l'America Latina equivalgono a una catastrofe. In una maniera molto più fulminante che in Europa, nella nostra regione i “Mercati” si sostituirono allo Stato, e hanno dimostrato chiaramente l'incompatibilità delle loro motivazioni e obiettivi con quelli del sistema democratico. Senza dubbio, questi cambiamenti modificarono anche la comprensione del controllo sociale, delle sue tecniche, dei suoi fondamenti e dei suoi modelli operativi, 14 così come erano intesi nel modello precedente. Il Paradigma dell'Insicurezza denuncia oggi pericoli intollerabili, richiedendo l'adozione di decisionismi pragmatici. Queste “soluzioni pratiche” rimangono indifferenti alle garanzie, alle strutture sistematiche o alle finalità utilitaristiche in materia penale, e ciò produce una politica penale inedita, lontana dai sistemi precedenti. Come penalisti e come criminologi intendiamo percepire la natura e i possibili sviluppi di queste nuove politiche penali della post-modernità. 2. Le politiche penali, oggi Tutto cospira nell'indicare che il controllo assume la forma che pretendono gli inclusi e coloro che riescono, con grande difficoltà, a rimanere dentro il modello. In tale schema gli esclusi contano solo per essere criminalizzati. Quando un emarginato attacca un membro di una “famiglia tipo” o invade la privacy di un quartiere chiuso di classi benestanti, si liberano isterie politico criminali che lottano per la difesa urgente della legge e dell'ordine, proponendo numerose modifiche legali, guardando con favore alle invenzioni dell'ingegneria politico criminale statunitense (“tolleranza zero”, stigmatizzazione pubblica, carcerazioni sproporzionate o pene fisse della durata di cento anni, esecuzioni itineranti, ecc.). Da parte sua, l'indignazione dei meno favoriti si esprime con stati di assenza di auto-controllo, che possono arrivare fino ai linciaggi nelle strade, dal momento che non sperano più in una giustizia dalla quale si sentono alieni e ignorati. Il limite dei loro diritti non è più segnato da una Costituzione o da leggi certe, bensì dall'intensità della sofferenza che patiscono coloro che reclamano e dalla loro capacità di esprimerlo come pressione, in occasioni concrete. La giustizia rivendicata dai ricchi e dai dimenticati è centrata sempre più nella satisfattività retributiva, mediante la presunzione di colpevolezza e la pretesa di una pena certa per gli autori. 15 3. La percezione del controllo sociale, in due casi di sicurezza pubblica in Argentina: “Blumberg” e “Cromanon” All'inizio del 2004, dopo un sequestro seguito da morte, il padre della vittima, un ingegnere di nome Blumberg, promosse grandi riunioni pubblici a Buenos Aires, (più di 100.000 persone nella prima) richiedendo maggiore sicurezza alle autorità. Il governo, temendo che quest'iniziativa potesse procurargli conseguenze politiche negative (così indicavano le inchieste), aprì le porte al signor Blumberg, come interlocutore sociale legittimo, con un'ampiezza mai concessa prima ai familiari delle vittime. Il Potere Esecutivo si dimostrò ricettivo a tal punto che, includendo molte proposte di Blumberg, proclamò un piano di politica criminale clamorosa ed eterogeneo, riproponendo formule note e già fallite, progettando riforme legali che, in molti casi, erano difficili da conciliare con la Costituzione nazionale. Ovviamente, si cercò di farlo senza studi adeguati, senza un progetto realista e senza preventivi consensi tra lo Stato e le Province, con legislatori costretti a votare qualsiasi cosa, contemplati severamente dal signor Blumberg, il quale, cronometro alla mano, criticava quelli lenti e quelli titubanti, come se i deputati fossero suoi mandatari privati, assunti a ore. Quella “mandria impazzita” [del 2004], svanì poco dopo, con la rimozione del ministro della giustizia, non senza essere riusciti a provocare numerosi disastri nella legislazione penale e processuale. Il risultato di questa tappa di rafforzamento penale fu la saturazione delle carceri, che si riempirono fino a livelli estremi difficili da controllare. Blumberg costruì il suo discorso secondo la visione ideale di una società composta da cittadini onesti, lavoratori e disciplinati, ai quali non sarebbe permesso vivere in pace dagli “altri”, ossia, da elementi senza valore, (nemici della società) ingiustamente favoriti da una qualità di “cittadini” che non meritano. 16 Sarebbe ora, pertanto, che lo Stato si schierasse dalla parte di quelli buoni, perseguendo i “nemici” senza considerazione alcuna. Gran parte dei mezzi di comunicazione esasperarono l'illusione che la società degli integrati è quella vera, che si trovava in estremo pericolo, e che la sua preservazione dovesse esigere metodi convincenti, al di là della retorica razionalista delle istituzioni e delle leggi. I reclami furono presentati, semplicemente, come una incarnazione del “senso comune”. Senza dubbio questa linea di pensiero conduce fluidamente verso quello che alcuni autori chiamano il “diritto penale del nemico”. È noto che gli Stati Uniti lo stanno applicando ai sospettati di terrorismo, violando qualsiasi tipo di legge e trattati, e negando persino i diritti più essenziali ai suoi detenuti che arrivano alle carceri segrete dopo essere stati sequestrati in diversi Paesi. L’irruzione del fenomeno Blumberg costituì, in Argentina (in particolare a Buenos Aires) l'apoteosi di un processo che ha snaturato il sistema penale, processo che si stava attuando, con diversa intensità, negli ultimi quindici anni. Nell'anno 2005, si verificò, a Buenos Aires, un altro tragico fenomeno, che aggravò il quadro della situazione precedente, perché generò non più solo un attacco alla legge, bensì, ora, direttamente ai giudici e ai poteri politici. Si tratta del cosiddetto “Caso Cromanon”, nome di una discoteca di Buenos Aires, che si incendiò alla fine del 2004, causando la morte di quasi 200 giovani e ferite gravi ad altri 100. I familiari e i mezzi di comunicazione parlarono di “assassinati” e in alcune licenze interpretative, affermarono che gli autori dei crimini furono il padrone della discoteca, i musicisti che davano il concerto, i giudici che li scarcerarono o il capo del governo della città di Buenos Aires, individualmente o congiuntamente, senza escludere altri vari responsabili ipotetici. Queste sovrapposizioni concettuali contaminarono costantemente le loro opinioni, durante le loro dimostrazioni pubbliche. Alcuni familiari delle vittime di “Cromanon” manifestarono reazioni violente contro la polizia e la giustizia, quando un tribunale mise in libertà il proprietario della discoteca. Senza dubbio, le proteste di Blumberg avevano già criticato “i giudici 17 permissivi” e i loro criteri (in realtà, i giudici di questo tipo risultano essere minoritari nella composizione complessiva della giustizia argentina). A partire dal caso Cromanon, la protesta anti-giudiziale assunse caratteristiche esplicite. I casi descritti mostrano l'incompatibilità tra alcune domande “popolari” di giustizia e i principi basilari di garanzia del sistema penale. Le proteste possono orientarsi, in modo crescente, verso forme di attivismo violento, estorsivo e intollerante, che esercita una pressione politica sulle autorità al fine di imporre loro le decisioni che rivendica. Senza dubbio, questo stato di cose risulta predisposto per l'indebolimento della fiducia sociale nei confronti degli apparati della giustizia. A tutt'oggi esiste un vero abisso tra ciò che la maggioranza della popolazione interpreta come “atto di giustizia” e i procedimenti e le forme che la legge prescrive ai giudici per risolvere i casi. Numerose associazioni di vittime offrono al governo “programmi”, che includono la “messa in commissione” di tutto il potere giudiziario, la nomina per elezione diretta dei giudici, dei pubblici ministeri e delle autorità di polizia, e alcuni poteri di destituzione permanenti. Includono anche una proposta di “giurati” che in realtà sarebbero giudici “laici”, ma con capacità di decisione extragiudiziale. 4. Una prima interpretazione Le proteste di Blumberg e quelle per Cromanon dimostrano, ciascuna con le proprie distinte sfumature, di essere state ideate e affrontate secondo logiche differenti da parte dei funzionari e da parte dei cittadini. Desidero sottolineare che nonostante questi fatti si siano verificati in Argentina, possono rappresentare un buon esempio per analizzare fenomeni simili in Europa o in altre parti del mondo. Sembra che queste situazioni si stiano generalizzando, conformemente ai modelli delle “società del rischio”. 18 Le proteste di Blumberg e Cromanon contengono molti elementi per un'analisi. In uno studio interdisciplinare su tali proteste, si sostiene che esse esprimono fenomeni psico-sociali che generano manipolazioni, che Susana Murillo denomina “La colonizzazione della sofferenza”. Secondo questa studiosa, ogni espressione di dolore legittimo viene sfruttata prontamente dai gruppi di potere, al fine di ottenere vantaggi estranei alle necessità reali di coloro che hanno sofferto le disgrazie, ottenendo in forza di questa intermediazione obiettivi che difficilmente avrebbero potuto raggiungere in altro modo. Il “successo” dei gruppi di protesta consiste nell'ottenere da parte dei poteri pubblici risposte estremamente repressive contro certe persone o certi gruppi di persone. Le rivendicazioni dei settori coinvolti non si incentrano, quasi mai, nella richiesta di misure reali per contenere la sofferenza delle vittime; orientano invece la propria lotta nel senso del “neopunitivismo”. A questo processo si sono aggiunti anche organismi per i diritti umani, che hanno appoggiato acriticamente le richieste delle vittime, considerando che “il modo per riparare violazioni ai diritti umani si ottiene in primo luogo con il castigo penale e che quest'ultimo è qualcosa di tanto lodevole e vantaggioso che deve essere conseguito senza controlli e senza limiti, con disprezzo per i diritti fondamentali”. Secondo questi movimenti, va rifiutata ogni decisione giuridica che non comporti l'incarcerazione o la restrizione della libertà di personaggi odiosi per loro, in nome di una specie di “giustizia sociale”. Occorre segnalare che se Blumberg costrinse i funzionari politici ad associarsi con lui, i familiari di Cromanon uscirono a farsi giustizia da sé, attaccando gli edifici, i giudici e le autorità politiche del governo della città di Buenos Aires (tentativi di incendio doloso, minacce di morte anonime, danni, stigmatizzazione, denunce formali, diffamazione e minacce dai mezzi di comunicazione, pressione sui Tribunali dei procedimenti politici, ecc.). Cercarono anche di “rendere la vita impossibile” all'imputato Chaban, in qualsiasi luogo nel quale cercasse di disporre della sua libertà. Di certo, bisogna ammettere che questo insieme eterogeneo di reclamanti, 19 raggiunse il risultato giudiziario di revoca della libertà dell'odiato imputato Chaban, la sottoposizione a giudizio dei giudici che l'avevano scarcerato e la sospensione e la successiva rimozione dal suo incarico del Presidente del Governo della città di Buenos Aires, dopo un giudizio politico di dubbia legittimità. In sintesi, questi casi provano che l'azione diretta risulta vittoriosa, che raggiunge rapidi e drastici effetti istituzionali, forzando le autorità a promulgare le leggi, ad adottare modelli di politica penale, a dettare sentenze giudiziarie “su misura”, e a destituire funzionari politici eletti dal voto popolare. Quasi una piccola rivoluzione. Occorre inoltre sottolineare che durante lo sviluppo di questi eventi, i massmedia mantennero un protagonismo decisivo, contribuendo, in grande misura, a generare quel caos discorsivo che rese impossibile qualsiasi analisi logica minimamente oggettiva dei problemi. Qualsiasi funzionario che non avesse ceduto alle pressioni sarebbe stato denunciato pubblicamente come “corrotto”, “complice” o “indifferente”. Da parte sua, il potere esecutivo convalidò le reazioni di fatto dei familiari, delegittimando i giudici che “non avevano tenuto in conto il dolore delle vittime” o che “non avevano risposto con il senso comune a eventi tanto drammatici”. Il presidente della Repubblica e i suoi ministri agirono proponendo che l’“abilità politica” si sostituisse ai principi giuridici quando il problema consisteva nel “consolare coloro che soffrono”. Tali fatti costituiscono, intenzionalmente, un requiem per il diritto penale liberale, e provano che si è instaurata la nozione interpretativa di “senso comune” (di per sé, di complessa definizione) identificandola con i “sentimenti legittimi del popolo” per risolvere temi di sicurezza pubblica. In questo stato di cose ci sono elementi di politica demagogica, ma possono anche esistere fenomeni più gravi sotto la superficie. Il mio intento sarà di scoprire tali fenomeni, analizzando tre aspetti della situazione all'interno della quale si produssero i fatti: 20 d) le nuove circostanze sociali e) le conseguenze dei cambiamenti, nelle teorie sociali f) l'individuo senza cultura né contratto sociale a) La nuova realtà sociale Credo che gli effetti della nuova realtà globale giungono in tutti gli angoli del pianeta, però queste conseguenze risultano distinte a seconda della rete sociale e delle strutture di ciascuna regione, prima e dopo il processo di privatizzazione. In poche parole: tutti i paesi dell'America Latina vengono colpiti dalla povertà e dalla disuguaglianza, come parte di un processo aumentato vertiginosamente negli ultimi 20 anni, però partendo da antiche radici strutturali, che risalgono fino all’epoca della Conquista. A tutt'oggi, la massa degli esclusi non ha possibilità di ritornare a inserirsi in uno schema produttivo come quello di 20 anni fa. Le nostre statistiche sulla disoccupazione, sull'analfabetismo e sulla salute riportano indicatori degli ami 50 o anche anteriori. b) Gli effetti del cambiamento sulle teorie sociali I gruppi di protesta affermano di “non avere un’ideologia”, di “essere apolitici” e la loro filosofia sembrerebbe esigere il magico recupero di certi beni andati perduti, o una vittoria immediata della “virtù” sulla corruzione. Di certo, questi gruppi si considerano l'incarnazione delle virtù carenti, mentre attribuiscono i vizi ai funzionari dello Stato, democraticamente eletti. Le dicotomie che vengono impostate sono di tipo binario (bianco – nero) e totalmente inconciliabili con le mezze misure o con discorsi che contemplino tutti gli aspetti di uno stesso problema. L'espressione abituale “vogliamo giustizia” andrebbe tradotta come “esigiamo che ci diano ragione 21 immediatamente”, con una fanatica convinzione di possederla. Sono soliti dire: “solo noi siamo in grado di comprendere questo problema, perché lo stiamo patendo in prima persona; pertanto, rifiutiamo qualsiasi argomento che non coincida con il nostro”. L'individuo senza cultura né contratto sociale Sebbene sia importante promuovere iniziative per una maggiore partecipazione dei cittadini, che generino nuovi interlocutori per la gestione della politica criminale, se ci si presentano problemi diversi, causati da fattori che meritano un'analisi accurata. È così riconoscibile, in primo luogo, il deterioramento culturale che colpisce la maggior parte della società, e la gestazione di un immaginario attraversato da fattori irrazionali, che stravolgono la memoria storica, mescolano dati differenti, e gli combinano in un discorso erratico, contraddittorio e perfino anti-democratico. Per quale ragione sta accadendo tutto ciò? Accade che ci troviamo di fronte all'uomo globale, che ha cessato di essere cittadino e che ora ha rilevanza solo mediante il proprio potere acquisitivo, mediante la sua capacità di consumo e, eventualmente, mediante il suo protagonismo pubblico. Il contesto che circonda l'uomo globale ha, necessariamente, un divenire caotico, senza valori generali, senza cultura né risorse affettive che lo orientino. I suoi precedenti saperi gli risultano obsoleti o inapplicabili per pensare alla crisi. Ciò indica che la nostra logica razionalista non serve per rispondere alle esigenze di questa realtà. Come segnalano alcuni autori, un dato chiave è rappresentato dallo svuotamento dello Stato come istituzione “che dona senso” ai fatti sociali, alle soggettività che quelle istituzioni stabilivano. Detto il linguaggio giuridico, gli individui non si sentono più parte delle operazioni istituzionali che prima li contenevano e li relazionavano. 22 La crisi sociale che stiamo attraversando è di un nuovo tipo, perché non consiste nel passaggio da un modello esaurito a un altro che lo supera. Al contrario, la crisi globale offre un divenire erratico, senza regole fisse né modelli sostitutivi; troviamo una totalità scomposta, ma non si ricerca nessuna forma di ricomposizione. Il mercato non opera come operava lo Stato, per mezzo di una sistematica e con piani prevedibili. Non c'è più un argine capace di donare un senso generale, e il mercato è tanto poco controllabile come sono controllabili le tempeste tropicali. Il primo problema che abbiamo davanti consiste nientemeno che nell'inventare una logica capace di attribuire senso a queste manifestazioni sociali. L'idea del contratto sociale, va sostituita da qualcosa molto più flessibile e amorfo, o se si vuole “liquido”, in grado di contenerci nella diversità di oggi. 5. Le dualità sociali nel paradigma dell'insicurezza. Può affermarsi che la dovuta descrizione della società del controllo dovrebbe essere intesa nella sua dualità di inclusi ed esclusi, programmando politiche per ciascun settore, così come spazi di dialogo globale o multiplo, che permettano di accettare l'esistenza di ciò che è differente e facilitino la negoziazione reciproca. Occorre sforzarsi affinché nella società si torni a tollerare “l’altro” accettandolo con le sue differenze. Fino ad ora, come studiosi di criminologia di formazione giuridica e come penalisti, abbiamo cercato di sistemare il mondo attraverso la manipolazione dei testi legali. Oggi, è noto che anche la più bella delle legislazioni senza condizioni reali di effettività risulta una soluzione simbolica, alla cui adorazione si consacrano poi nuove burocrazie, che si sommano a quelle precedenti. In qualche momento sostenni che era giunto il momento di trasferire le aspettative di elaborazione democratica del controllo ai suoi protagonisti, vittime e carnefici, in un senso simile alle gestioni del terzo settore (ong). 23 Nonostante ciò, gli eventi che si sono scatenati a partire dai casi “Blumberg” e “Cromanon” mi fecero rivedere quel punto di vista. La nascita di nuclei di protesta produce anche la nascita di interessati e gruppi ideologici che provano (e riescono) a manipolare le richieste dei gruppi, dimostrando che, alla fine, tutto l'attivismo era stato politico. La mancanza di coerenza ideologica (e anche logica) all'interno dei discorsi tumultuosi che cercano di chiedere in modo diretto ai funzionari di rendere conto delle loro responsabilità, permette di cogliere i rischi impliciti in tale classe di fenomeni. Nonostante ciò, credo che sia necessario che i frammenti sociali elaborino consensi parziali, partecipino ad attività di prevenzione comunitaria, di mediazione tra la parte che ha aggredito e quella aggredita e altri ponti di inter-comunicazione. Al tempo stesso, una politica culturale programmatica e consensuale sul tema della violenza e sulle possibilità di controllarla in situazioni quotidiane, appoggiata da parte dello Stato (o di quello che ne rimane) attraverso gli istituti d'insegnamento e tutti i mezzi di diffusione, potrebbero rappresentare validi cammini per ridurre la violenza sociale delittuosa. Logicamente, questi processi di ricostruzione culturale non possono essere repentini né magici, e dovrebbero conseguire da un lavoro coerente, con obiettivi chiari, accompagnato da politiche efficaci nella neutralizzazione dei fattori di rischio, come potrebbe essere, per esempio, esercitare un controllo severo sulla produzione e sul traffico di armi, la de-penalizzazione del possesso di stupefacenti per consumo personale, (con una regolazione ufficiale del consumo alternativo di droghe previste da parte dello Stato), l'organizzazione di centri di riabilitazione per dipendenti di qualsiasi tipo, case sostitutive di rifugio provvisorio per i bambini che vivono in strada, lo smantellamento dei centri di vendita dei beni rubati, ecc., accompagnando queste misure, ovviamente, con una politica sociale che assicuri, almeno, l'alimentazione e un servizio sanitario ed esclusi. Nemmeno si misconosce che la realizzazione di molte di queste misure richiede molto denaro. Ad ogni modo, se si continua con le attuali improvvisazioni repressive, inflazionando quotidianamente il 24 codice penale, ci troveremo ad avanzare verso società di atomizzazione irreconciliabile. Comprendere ciò, è un requisito per evitarlo. 6. Qualche conclusione. I programmi di politica criminale per l'Argentina di oggi si stanno allontanando in maniera sostenuta dall'ideale dell'Illuminismo e dalle evoluzioni teoriche del XX secolo, come minimalismo, garantismo, de-criminalizzazione, ecc. In questa relazione sono state analizzate alcune ragioni che spiegano questo fenomeno globale. È indubitabile che tali società dell'insicurezza e della paura verso l'altro richiedono modelli di controllo distinti. L'ingegneria della sicurezza degli Stati Uniti e il cosiddetto “diritto penale del nemico” provano a realizzare questa di differenza, mediante un diritto discriminatorio, applicabile in difesa di certi settori inclusi. Le idee basilari che ho suggerito in precedenza dovrebbero essere promosse con le riserve (anche queste esposte) su questa nuova logica sociale senza regole fisse e con l'enorme influenza dei mezzi di comunicazione nella formazione di questa coscienza sociale diffusa, combinando dati separati con emozioni che giustificano qualsiasi tipo di reazione. In precedenti interventi ho già sostenuto la necessità di creare spazi pubblici alternativi che possono neutralizzare l'influenza dei mezzi più poderosi, nella costruzione sociale della realtà. Bisogna ammettere che le politiche di oggi non sono in grado di resistere a nessun bilancio che possa sancire la loro “efficacia”. Però, d'altra parte, la costruzione di più carceri e i nuovi aumenti di pena come rimedio, rappresentano un cammino esaurito e sterile. La sfida attuale consiste nel fare in modo che il controllo sociale “possa essere controllato” da qualche schema razionale, orientato da idee sociali più solidali, nel segno di una democrazia che concili le maggioranze con le minoranze, che fornisca ai 25 cittadini accessi alle istituzioni, affinché queste ultime possono, in tal modo, recuperare credibilità. Per quanto riguarda la società attuale, è inevitabile intenderla come parte del processo di globalizzazione, considerando che non possiamo evitarlo, e per adesso, nemmeno limitarlo. L’Illuminismo, anche se ci costa ammetterlo, consacrò istituzioni per società che non esistono più. Dovremo domandarci, forse, se il processo di globalizzazione rappresenti un male assoluto. Sicuramente non lo è, però non è nemmeno un bene assoluto, come si vuole far credere. Ben presto il mondo periferico esploderà in conflitti orribili, che si sommeranno alla catastrofe ecologica in corso. New Orleans ha dimostrato che anche il concetto di sicurezza contro le catastrofi naturali si dimentica della protezione dei poveri. Il mondo che riesca a sopravvivere a questi avvenimenti non sarà ideale. È possibile, persino, che si riveli molto peggiore di quello già conosciuto dall'umanità. Il problema quindi si radica nello sviluppo di strategie di qualsiasi tipo tendenti a neutralizzare gli aspetti più distruttivi di un capitalismo cannibale che distrugge senza remora parte di umanità, identità e conoscenze morali. È difficile che l'uomo ritorni ad essere al centro dell'ordine giuridico, però il capitale dovrà comprendere, perlomeno, che l'umanità non è equiparabile a un insieme di merci di scarto. Per il momento, ritengo che il compromesso delle scienze sociali debba concentrarsi in una moltitudine di analisi che aprono cammini di sperimentazione per le nuove istituzioni, prima che la violenza dei segni crociati diventi l'unico strumento disponibile per dirimere le differenze nelle nostre società, nel bel mezzo della crisi più profonda della storia umana. Buenos Aires, febbraio 2006 26 27 Bibliografia: AA. VV., Las reglas del juego: America Latina, globalizacion y regionalismo, ed. Corregidord, Buenos Aires, 1994. AA. VV. (Grupo Doce), Del fragmento a la situacion (Notas sobre la subjectividad contemporanea), Grafica Mexico, Buenos Aires, 2001. Arocena R., Ciencia, tecnologia y sociedad, cambio tecnologico y desarrollo, Centro Editor de America Latina, Buenos Aires, 1993. Baratta A., Criminologia critica e critica del diritto penale, il Mulino, Bologna, 1982. Bauman Z., Dentro la globalizzazione: le conseguenze sulle persone, Laterza, Roma, 2006. 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