Obiettivi aziendali e compiti della finanza 1 Obiettivi del capitolo E Introdurre E Illustrare il concetto di creazione di valore per l’azienda e per gli azionisti i principali modelli di sistema finanziario e le implicazioni per la finanza d’azienda E Esaminare i principi che ispirano il comportamento della funzione finanza 1.1. Creazione di valore come idea-guida Questo manuale di finanza aziendale parte dalla definizione che il fine principale dell’azienda è il durevole soddisfacimento dell’insieme di interessi economici dei soggetti a essa legati. Il punto di avvio è l’osservazione che la gestione dovrebbe essere orientata a soddisfare tutti (e per intero) i gruppi di soggetti con primarie aspettative di natura economica. Ne derivano i seguenti riflessi operativi. 1) Il gruppo dei soggetti apportatori di capitale azionario deve essere considerato nella sua interezza, ovvero tenendo conto dell’insieme complessivo degli azionisti, e non di una frazione di essi, non importa quanto ampia. La gestione aziendale va orientata alla soddisfazione della generalità degli azionisti e non solo di coloro i quali detengono la quota di controllo (di fatto o di diritto). Ciò a motivo che l’azienda è un organismo che sopravvive ai soggetti in essa temporaneamente coinvolti e proprio alla sopravvivenza stessa dell’impresa potrebbero derivare gravi pregiudizi qualora il management aziendale operasse nell’esclusivo interesse di specifiche classi d’azionisti. 2) Nelle imprese oggetto di specifica attenzione in questo manuale, le aziende for profit, gli interessi economici «primari» non fanno riferimento solo alle aspettative degli azionisti. Più in generale, è necessario che l’azienda operi anche nel rispetto delle attese di remunerazione dei creditori, finanziari e non. Un’enfasi eccessiva sulle esigenze di remunerazione degli azionisti, a danno dei creditori, o viceversa, potrebbe infatti compromettere nel lungo periodo la capacità di sopravvivenza dell’azienda. Riflessi operativi Organizzazione della funzione finanziaria 2 Obiettivi del capitolo E Definire l’organizzazione della funzione finanziaria, identificarne le aree di attività, i contenuti specifici e il linguaggio utilizzato E Descrivere le caratteristiche e le funzioni dei sistemi informativi e dei centri servizi E Evidenziare le dinamiche evolutive del management finanziario e le implicazioni per la funzione finanziaria 2.1. L’organizzazione della funzione finanziaria Le varie funzioni aziendali partecipano al processo di creazione di valore secondo la propria mission industriale, commerciale, progettuale, di ricerca, di acquisto, di supporto infrastrutturale. La funzione finanziaria è chiamata a generare valore attraverso operazioni di finanza ordinaria e straordinaria. Ne sono esempi la negoziazione del costo della raccolta di mezzi finanziari o la copertura dai rischi di cambio e di tasso. Il contributo alla creazione di valore di ciascuna funzione aziendale è qualificato, e allo stesso tempo definito, dalla missione della funzione stessa. Così, per esempio, la funzione industriale genera valore attraverso la produzione di beni e servizi della migliore qualità e ai costi più bassi, ottimizzando l’impiego delle risorse mediante processi produttivi orientati ai volumi o alla flessibilità. A tal fine, essa chiederà di poter effettuare investimenti che le consentano di perseguire tali obiettivi. Analogamente, la funzione commerciale tende a creare valore attraverso la massimizzazione, in condizioni di equilibrio, delle quote di mercato e dei volumi di vendita in condizioni di economicità. Chiederà pertanto di poter effettuare investimenti che promuovano le vendite, consentano di acquisire quote di mercato e di aprire nuovi canali. L’attenzione ai margini di profitto è un’esigenza ormai quasi generalmente accettata dai venditori, mentre l’attenzione anche alle condizioni legate al credito commerciale richiede uno sforzo maggiore. Ancora, la funzione ricerca e sviluppo crea valore attraverso l’innovazione; essa richiede investimenti che la sostengano e pazienza nelle attese di ritorno economico. Analisi finanziaria: riclassificazioni di bilancio 3 Obiettivi del capitolo E Comprendere le motivazioni sottostanti alla necessità di riclassificare i prospetti di bilancio E Esaminare le principali modalità di riclassificazione del conto economico e dello sta- to patrimoniale gli obiettivi della redazione del bilancio consolidato e descrivere le principali procedure di consolidamento E Illustrare 3.1. Conto economico e stato patrimoniale L’introduzione nel nostro ordinamento dei dispositivi previsti dalla IV direttiva comunitaria, recepita con il D.L. 126/91, ha consentito di armonizzare la redazione del conto economico e dello stato patrimoniale con la normativa in vigore in una parte considerevole delle nazioni europee. Nonostante ciò, la struttura dei bilanci non permette ancora una lettura e un’interpretazione agevole e completa. Infatti, se è vero che le modalità di aggregazione delle poste, l’introduzione di un importante documento chiarificatore come la nota integrativa e l’identificazione separata delle voci aventi rilevanza esclusivamente fiscale hanno apportato significativi miglioramenti alla normativa precedente, molti aspetti restano ancora di difficile comprensione e devono essere indagati attraverso appropriati modelli di analisi. Questa considerazione trova conferma nel fatto che le imprese redigono bilanci differenti in funzione delle esigenze conoscitive che gli stessi sono destinati a soddisfare. Vi sono così documenti che mirano ad attestare la posizione fiscale, congiuntamente a bilanci stesi per l’informativa destinata ai finanziatori, conti economici e stati patrimoniali predisposti in ossequio alle disposizioni del codice civile e redatti per specifiche finalità interne. Il bilancio redatto secondo la normativa vigente costituisce una ricca fonte informativa per procedere ad analisi volte all’apprezzamento della gestione aziendale e dei risultati da essa prodotti in termini reddituali e finanziari. Conto economico, stato patrimoniale e no- Necessità di riclassificare i dati contabili Analisi finanziaria: indici di bilancio 4 Obiettivi del capitolo E Comprendere i motivi dell’impiego degli indici di bilancio e le informazioni che con- sentono di ottenere i principali indici che evidenziano l’equilibrio finanziario di breve e lungo periodo e la redditività E Chiarire l’importanza e i limiti dell’impiego degli indici di bilancio E Illustrare 4.1. Utilizzo dei quozienti per le analisi finanziarie L’apprezzamento della situazione economico-finanziaria di un’impresa trova un potente strumento di supporto nel sistema degli indici e dei flussi. Ci pare fondamentale sottolineare che si tratta di un «sistema», in quanto un utilizzo non coordinato di indici e di flussi determinerebbe un’analisi parziale della gestione, con il pericolo di trascurare importanti aspetti dell’operatività e di cogliere in modo inadeguato le relazioni esistenti tra situazione reddituale e situazione patrimoniale e finanziaria. Nei successivi paragrafi tratteremo degli indici (o quozienti o ratio) di bilancio, rimandando al prossimo capitolo la costruzione e l’interpretazione dei flussi rilevanti a partire dai dati contenuti nel bilancio. Ci preme sottolineare subito che non è nostra intenzione procedere alla presentazione degli innumerevoli quozienti che la dottrina aziendalistica ha messo a punto nel tempo, spesso supportata dall’esperienza delle analisi svolte ai fini delle valutazioni di affidabilità. Per questo scopo rimandiamo alla letteratura riportata alla fine del capitolo. Ciò che vorremmo chiarire in questa sede è che ogni analista ha la possibilità di costruire un proprio sistema di quozienti, in risposta alle sue esigenze conoscitive, o a quelle delle istituzioni che a lui si rivolgono. Fatti salvi pochi indicatori, la cui costruzione è quasi unanimemente condivisa dalla letteratura e dalla prassi internazionale, avviene assai di frequente che ci si riferisca con il medesimo appellativo a quozienti costruiti in modo diverso, piuttosto che al medesimo quoziente con terminologie difformi. Diversi poi, come vedremo, saranno gli approcci di analisi di un potenziale nuovo azionista rispetto a un istituto di credito o a un fornitore. Per queste ragio- Analisi finanziaria: dinamica dei flussi finanziari 5 Obiettivi del capitolo E Spiegare le motivazioni alla base dell’analisi dei flussi finanziari un modello di interpretazione dei flussi relativi alle quattro aree della gestione: gestione corrente; investimenti e disinvestimenti; gestione finanziaria; remunerazioni finanziarie e operazioni accessorie E Presentare le fasi di costruzione del rendiconto finanziario e il relativo prospetto E Illustrare 5.1. Analisi della dinamica finanziaria: le ragioni per uno studio dei flussi Se i dati economici e patrimoniali riclassificati, unitamente ai quozienti, consentono la costruzione di un quadro essenzialmente statico dello stato di salute aziendale, i flussi finanziari ne permettono uno studio dinamico. Attraverso l’analisi dei flussi è possibile identificare la provenienza e la destinazione delle risorse movimentate in un certo periodo di tempo, essenzialmente riconducendole alle quattro aree in cui è possibile scomporre, in prima approssimazione, la gestione aziendale. Si tratta di uno sforzo utile e opportuno. Il lettore comprenderà infatti immediatamente che altro è operare in condizioni tali per cui l’esercizio dell’attività corrente è autonomamente in grado di fornire le risorse monetarie necessarie a sostenere le politiche di investimento e la remunerazione del capitale investito, altro è ricorrere sistematicamente a nuovi apporti di capitale dall’esterno (area dei finanziamenti) per conseguire un equilibrio che non sarebbe altrimenti ottenibile. Ecco dunque sinteticamente illustrata la necessità di operare uno studio della dinamica finanziaria. Procedere in questo studio significherà fornire adeguate risposte a due quesiti: 1) qual è il quantitativo di risorse monetarie complessivamente movimentato nel corso del periodo di osservazione? 2) qual è la provenienza e quale la destinazione delle risorse monetarie? Logiche e strumenti della pianificazione finanziaria 6 Obiettivi del capitolo E Chiarire le motivazioni sottostanti la necessità di prevedere le dimensioni dei flussi E Definire il processo di costruzione del piano e del budget finanziario, illustrando di- verse modalità di aggregazione dei flussi E Presentare la logica di costruzione e d’interpretazione del budget di tesoreria (o budget di cassa) E Illustrare le modalità di elaborazione del conto economico e dello stato patrimoniale pro-forma 6.1. Perché è necessario prevedere le dimensioni dei flussi Nel capitolo precedente abbiamo cercato di interpretare la dinamica finanziaria attraverso uno studio essenzialmente ex post delle informazioni di bilancio. Ci siamo posti in sostanza nella prospettiva di un analista esterno che disponga unicamente dei dati pubblicati ufficialmente dalle imprese e depositati presso le cancellerie dei tribunali (almeno nella realtà italiana). Alternativamente possiamo pensare alla posizione di chi riceve un rapporto sulla gestione (annual report nella corrente terminologia anglosassone) e cerca di valutare le prestazioni aziendali alla luce di indicazioni riferite quasi esclusivamente al passato. Quando ci si pone in un’ottica interna, ma anche quando si desidera dialogare efficacemente con operatori esterni interessati a valutare su basi fondate l’attuale consistenza aziendale e le prospettive future, si impone la necessità di effettuare valutazioni previsionali, di costruire cioè previsioni attendibili sui flussi di cassa futuri. Effettuare una ricognizione completa di tutti gli strumenti proposti dalla dottrina e dalla prassi per scopi previsionali è praticamente impossibile. Per questo motivo concentreremo l’attenzione sulle metodologie più note e frequentemente adottate, utilizzando le terminologie ritenute più appropriate. Prima di procedere con la presentazione dei singoli strumenti, avvertiamo anzitutto l’esigenza di proporre una prima suddivisione degli stessi, che si basa essenzialmente sull’orizzonte temporale di riferimento. Distribuzione temporale dei flussi e valore finanziario del tempo 7 Obiettivi del capitolo E Illustrare il concetto di valore finanziario del tempo e le sue importanti implicazioni per la finanza aziendale E Spiegare i processi e le formule di attualizzazione dei flussi futuri e di capitalizzazione dei flussi attuali E Presentare alcune semplificazioni di calcolo nel caso delle rendite 7.1. Concetto di valore finanziario del tempo Può il tempo avere un «valore» dal punto di vista finanziario? E, ancora prima, cosa significa parlare di valore finanziario del tempo? La domanda sottintende un’intuizione semplice che si pone come cardine per l’intera teoria della finanza e la cui comprensione è il punto di partenza per la composizione del mosaico che sarà costruito nei capitoli successivi. La prima considerazione che possiamo fare per avvicinarci al concetto di valore finanziario del tempo è che alla domanda: «Preferiremmo ricevere un euro oggi oppure domani?», ciascun individuo risponderebbe senza indugio: «Oggi». Perché, infatti, rimandare a un momento futuro la disponibilità di una somma, per quanto piccola, di denaro, se a tale rinuncia non corrisponde alcun guadagno? Meglio allora ottenere la somma subito, così da poterla spendere immediatamente, oppure, se preferiamo rimandare la spesa odierna a domani, depositare in banca il denaro posseduto sperando di avere, domani, il nostro denaro più l’interesse, corrispostoci dalla banca, che l’attesa di un giorno avrà fruttato. Dunque, in finanza il concetto di valore finanziario del tempo si associa immediatamente al concetto di tasso di interesse, ovvero alla «ricompensa» per la rinuncia al consumo immediato. Tre sono le principali motivazioni che concorrono a spiegare il valore del tempo in ottica finanziaria. • Preferenza per il consumo presente piuttosto che futuro. Il valore finanziario del tempo è in primo luogo giustificato dal fatto che, generalmente, posti di fronte all’alternativa tra consumo oggi e consumo domani gli individui rinunciano a spendere oggi se Valore delle attività finanziarie: azioni e obbligazioni 8 Obiettivi del capitolo E Illustrare le caratteristiche delle principali attività finanziarie a disposizione dei risparmiatori: obbligazioni e azioni E Esaminare le principali innovazioni introdotte dalla recente riforma del diritto societario E Illustrare le metodologie di valutazione dei due strumenti finanziari e le implicazioni derivanti dall’analisi della struttura a termine dei tassi d’interesse 8.1. Obbligazioni Nel capitolo precedente abbiamo introdotto il tema della distribuzione temporale dei flussi e illustrato la valenza del tempo in ottica finanziaria. Dedichiamo adesso questo capitolo alla descrizione e alla valutazione delle principali attività finanziarie che un risparmiatore/investitore può detenere in portafoglio, e che sono sostanzialmente raggruppabili in due categorie: obbligazioni (bonds) e azioni (shares). Acquistando obbligazioni, il risparmiatore fornisce alle aziende risorse a titolo di capitale di debito e assume la qualifica di creditore della società; investendo in azioni, fornisce capitale «di rischio» e assume la qualifica di azionista. Le obbligazioni sono uno strumento utilizzabile dalle società per azioni per raccogliere capitale di prestito presso il pubblico indistinto di risparmiatori e di investitori istituzionali. Si tratta di uno strumento di finanziamento tipicamente di lungo termine, con il quale raccogliere capitale stabile; da un punto di vista formale, le obbligazioni si configurano come titoli di credito nominativi o al portatore che rappresentano frazioni di un’operazione di finanziamento i cui possessori detengono tra loro pari diritti. Agli obbligazionisti spetta dunque il rimborso del valore nominale del titolo alla scadenza e, se l’obbligazione è con cedole, una remunerazione periodica fissa o variabile. L’emissione di prestiti obbligazionari è una forma di finanziamento interessante per l’azienda in quanto consente di reperire fondi su scadenze prolungate con costi ex ante in- Il prezzo delle attività finanziarie: mercati e intermediari 9 Obiettivi del capitolo E Illustrare le funzioni del sistema finanziario e presentare le principali chiavi di clas- sificazione dei mercati finanziari E Approfondire le cause delle differenze fra valore delle attività finanziarie e prezzo al quale vengono scambiate E Approfondire il ruolo della comunicazione finanziaria e dell’efficienza dei mercati E Presentare le principali autorità di controllo del sistema finanziario italiano 9.1. Sistema finanziario Questo capitolo approfondisce le cause per cui il valore delle attività finanziarie può talvolta differire dal prezzo cui sono oggetto di scambio. Le ragioni sono fondamentalmente dovute: 1) agli emittenti, e alla capacità di convogliare sul mercato e verso gli intermediari finanziari un flusso di informazioni adeguato relativo al profilo rischio-rendimento degli strumenti di finanziamento emessi; 2) ai mercati finanziari, e alla loro capacità di: • convogliare un adeguato livello di domanda e offerta su ciascuna attività finanziaria; • trasmettere nei prezzi il maggior numero di informazioni disponibili relative a ogni attività finanziaria scambiata sul mercato; 3) agli intermediari finanziari e ai processi di determinazione e formazione dei prezzi che ne caratterizzano l’attività. È necessario dunque illustrare alcuni concetti che facilitino una migliore analisi dell’articolazione del sistema finanziario e della connessione esistente tra sistema finanziario e «prezzo» delle attività finanziarie. ❝ Per sistema finanziario intendiamo l’insieme di mercati, intermediari e strumenti finanziari. ❞ Rendimento, rischio e costo opportunità del capitale 10 Obiettivi del capitolo E Illustrare i concetti e le misure di rendimento e rischio delle singole attività finanziarie e dei portafogli di attività finanziarie E Introdurre le modalità di interpretazione della frontiera efficiente e del portafoglio di mercato E Esaminare il rendimento atteso di un titolo e le indicazioni del capital asset pricing model (CAPM) 10.1. Analisi dei rendimenti delle principali attività finanziarie L’analisi svolta nei capitoli precedenti ha riguardato problemi di valutazione di strumenti finanziari e di investimenti aziendali in un contesto di flussi di cassa certi, attualizzati a un tasso di interesse che non include alcuna componente di rischio. In realtà, l’acquisto di un’attività finanziaria espone l’investitore a rischi di varia natura poiché i flussi attesi dall’investimento non sono noti con certezza. Questo capitolo e i prossimi due sono dedicati alla determinazione del tasso d’attualizzazione nella valutazione di progetti e attività finanziarie rischiose. L’aspetto centrale di questo capitolo è l’analisi del rischio e delle sue implicazioni per le scelte finanziarie effettuate da imprese e investitori. Data l’ampiezza e l’importanza dell’argomento, abbiamo scelto di articolare in tre capitoli la trattazione, iniziando da un’introduzione alla nozione di rendimento e rischio e dei legami esistenti tra rischio e costo del capitale (capitolo 10), per poi proseguire con la presentazione delle modalità di stima del tasso d’attualizzazione nelle sue componenti di equity (capitolo 11), di debito e di strumenti finanziari «ibridi» (capitolo 12), al fine di evidenziare separatamente i diversi aspetti del tema del rischio secondo una sequenza che consenta al lettore, al termine della sezione, la comprensione unitaria di un aspetto cruciale della finanza d’azienda. L’articolazione di questo capitolo è la seguente: il paragrafo iniziale presenta un’analisi dei rendimenti storici delle principali attività finanziarie italiane, discutendo le implicazioni derivanti dai principali risultati; nel paragrafo successivo, vengono illustrati il concetto e Stima del costo del capitale azionario 11 Obiettivi del capitolo E Illustrare i principi generali sottostanti la determinazione del costo del capitale aziendale E Presentare le principali metodologie di stima del costo del capitale proprio o azionario E Esaminare le più importanti evidenze empiriche relative alla stima del costo del capitale azionario 11.1. Costo del capitale: principi generali Le fonti di finanziamento aziendali hanno origine sia all’interno dell’azienda – dai flussi generati nelle attività in cui essa è coinvolta – sia all’esterno, in forma di capitale di debito o di nuovo capitale azionario. Qualunque sia la provenienza, la raccolta di capitale comporta il sostenimento di un costo, pari alla remunerazione attesa da ciascuna classe di finanziatori, di cui occorre chiarire la natura e le determinanti fondamentali. Quanto al primo punto, la natura del costo del capitale è ravvisabile nella remunerazione corrisposta ai finanziatori come compenso per l’indisponibilità dei mezzi approvvigionati all’azienda e per il rischio di una loro inadeguata remunerazione. Il costo del capitale è sempre un costo-opportunità per l’investitore, poiché egli stabilisce la remunerazione attesa dall’azienda in funzione del rendimento che potrebbe ottenere investendo in iniziative di pari rischio e durata. In altri termini, per attrarre capitali, l’azienda deve essere in grado di corrispondere un rendimento almeno pari a quello che il conferente capitali potrebbe conseguire impiegando le proprie risorse in alternative d’investimento confrontabili. Per quanto riguarda invece le determinanti fondamentali del costo del capitale, l’elemento centrale è lo stretto legame tra la remunerazione attesa dai finanziatori e il rischio da essi sostenuto. Sostenere che l’azienda deve essere in grado di remunerare i propri finanziatori per il rischio da essi sostenuto significa che è necessario che sia capace di corrispondere un tasso di rendimento almeno pari a quello offerto da altre iniziative d’investimento caratterizzate da rischiosità equivalente. Questo principio permane valido qualunque sia lo Stima del costo delle altre forme di finanziamento 12 Obiettivi del capitolo E Illustrare il concetto di rischio operativo e finanziario e i riflessi sul costo del capitale E Presentare le principali metodologie di stima del costo del capitale aziendale E Esaminare gli ambiti di manovra del management nel governo del costo del capitale E Passare in rassegna le principali evidenze empiriche relative alla stima del costo del capitale 12.1. Rischio operativo e finanziario e costo del capitale Ci siamo già soffermati sul tasso di attualizzazione che compare nella valutazione economica delle attività finanziarie, vuoi come tasso di sconto, vuoi come elemento di confronto. Per riferirci a esso è possibile utilizzare espressioni come «costo delle forme di finanziamento», «costo della copertura», «costo della raccolta» o ancora, e più diffusamente, «costo del capitale». L’attenzione è invece adesso rivolta sulle modalità di determinazione del rendimento minimo dell’attività operativa e del costo complessivo delle fonti di finanziamento aziendali. ❝ Il costo del capitale (così d’ora in avanti denominiamo il costo complessivo delle risorse finanziarie) è il tasso di rendimento minimo che l’azienda deve essere in grado di ottenere dai propri investimenti per soddisfare le attese dei propri finanziatori, siano essi azionisti (costo del capitale azionario) oppure creditori finanziari (costo del debito). ❞ Per costo del capitale tout court intendiamo dunque la remunerazione minima dell’insieme delle fonti di finanziamento di una società. Essa riflette in primo luogo il rischio operativo (o di business) delle opportunità d’investimento aziendali. Il rischio operativo è, in prima approssimazione, funzione della volatilità dei risultati operativi attesi dall’azienda: maggiore è l’ampiezza dell’oscillazione del reddito operativo al variare dei ricavi aziendali tanto più elevato è il rischio operativo che grava sui finanziatori aziendali. Logiche e strumenti per la valutazione degli investimenti 13 Obiettivi del capitolo E Esaminare i diversi profili d’analisi delle decisioni d’investimento le caratteristiche e le modalità di utilizzo dei principali criteri per la valutazione degli investimenti E Illustrare i criteri di valutazione degli investimenti in condizioni di carenza di risorse finanziarie E Presentare 13.1. Definizioni e modalità di classificazione degli investimenti Uno dei compiti più importanti che la finanza è chiamata a svolgere nelle istituzioni concerne la valutazione economica dei progetti di investimento. Ciò perché sono proprio gli investimenti a garantire la prosecuzione delle attività aziendali, insieme al successo o all’insuccesso d’impresa. E perché non sempre i risvolti economici sono misurabili, o costituiscono l’unico elemento al quale fare riferimento per orientare una scelta. Quando si tratta di investimenti poi, non si deve pensare in modo esclusivo a progetti di natura industriale, dagli effetti misurabili in termini di unità prodotte e vendute, e dai risultati economici predeterminabili, pur se con gradi di difficoltà variabile. Sono decisioni d’investimento anche quelle attinenti alla costruzione di case per i dipendenti, così come quelle d’acquisizione di quote, azioni o titoli di diversa natura, solo per rimanere nell’ambito del tangibile. D’altra parte vanno pure annoverate nell’ambito degli investimenti le decisioni che hanno a che fare, per esempio, con la ricerca, con l’immagine e la pubblicità, con la tecnologia. In questi casi si entra nell’area dell’intangibile, o immateriale, senza che peraltro si riducano gli elementi di complessità comunemente insiti nelle valutazioni dei progetti che abbiamo definito tangibili. Non possiamo non sottolineare subito, tuttavia, che le analisi che condurremo saranno prioritariamente rivolte agli investimenti industriali (siano essi tangibili o intangibili), anche se i modelli che presenteremo saranno per larga parte applicabili a progetti di qualsiasi natura. Questo capitolo è dedicato ai processi e ai criteri indispensabili all’orientamento delle scelte d’investimento. Abbiamo parlato di orientamento delle scelte e non di assunzione di Analisi dei flussi rilevanti e incentivi alla creazione di valore 14 Obiettivi del capitolo E Esaminare le modalità di determinazione dei flussi rilevanti nelle decisioni d’investimento E Illustrare le circostanze attraverso cui è possibile generare valore attraverso i disinvestimenti E Presentare le alternative disponibili per legare la remunerazione alla performance: • i piani di partecipazione azionaria • i criteri contabili: EVA e CFROI 14.1. Condizioni per un sano sviluppo aziendale Il capitolo 13 ha evidenziato perché il valore attuale netto di un’iniziativa d’investimento è la misura più appropriata della capacità dell’azienda di creare nuova ricchezza nel tessuto imprenditoriale in cui è inserita. Concentriamo ora la nostra attenzione sulle scelte strategiche compiute dalle imprese e sul loro impatto in termini di creazione di valore. Analizziamo innanzitutto la più importante fonte di sviluppo da cui origina la ricchezza aziendale, vale a dire i flussi di cassa dei progetti d’investimento. L’obiettivo è individuare le caratteristiche e le modalità di determinazione dei flussi di cassa che nel capitolo precedente abbiamo attualizzato per giungere alla determinazione del valore attuale netto di un’iniziativa d’investimento. La nostra posizione è infatti chiara: l’azienda si sviluppa in maniera sana se e solo se dispone di buoni progetti d’investimento da cui è in grado di trarre cospicui flussi di reddito e di cassa. Il valore che la finanza può aggiungere a buone strategie competitive è solo complementare a quello apportato dalla capacità dell’azienda di selezionare progetti d’investimento profittevoli. La finanza è ancella dell’economia d’azienda; il suo ruolo è duplice: rendere possibile la realizzazione di iniziative d’investimento profittevoli e creare valore addizionale per gli azionisti attraverso la scelta di un’opportuna combinazione di fonti di finanziamento. Attenzione, però. La capacità dell’azienda di svilupparsi in maniera sana passa talvolta anche attraverso la decisione di cedere segmenti d’attività non più profittevoli. La creazio- Trattamento del rischio nella valutazione degli investimenti 15 Obiettivi del capitolo E Illustrare le determinanti del rischio nelle decisioni di capital budgeting E Esaminare i limiti del VAN nei contesti decisionali caratterizzati dalla presenza di incertezza E Presentare gli approcci che è possibile utilizzare per «governare» l’incertezza ambientale e adottare decisioni in contesti «non lineari» 15.1. Incertezza nelle decisioni d’investimento L’analisi del processo d’allocazione delle risorse ha per oggetto la definizione degli strumenti per la valutazione degli investimenti in contesti di certezza. La corretta applicazione della logica del VAN implica, infatti, che la struttura del progetto da valutare sia nota, e in particolare che si disponga delle informazioni relative all’entità e alla distribuzione temporale dei flussi di cassa. A tale proposito occorre tuttavia precisare che il VAN non trascura del tutto la considerazione del fattore rischio; il denominatore della formula, infatti, esprime il premio per il rischio che si ritiene congruo riconoscere all’investitore. Tale premio, prescindendo dalle modalità di calcolo, è destinato a remunerare la maggiore incertezza che caratterizza gli investimenti rischiosi da quelli cosiddetti «privi di rischio». Tuttavia, come avremo modo di sottolineare più avanti, molto spesso la complessità ambientale e l’incertezza legata all’entità e alla manifestazione temporale dei flussi di cassa obbligano il decisore a formulare scelte basate su contesti variabili e difficilmente prevedibili a priori, essendo in tal caso l’incertezza riferita ai valori che il progetto può assumere in dipendenza del verificarsi di diversi scenari. In simili circostanze il ricorso al VAN come strumento di valutazione costringe a semplificare la struttura del progetto e ad assumerne i valori ritenuti più probabili, con ciò dimostrando una scarsa attitudine al trattamento del rischio. Il tema del rischio nella valutazione degli investimenti costituisce dunque uno dei problemi principali che le aziende orientate alla creazione di valore devono affrontare. La volatilità dei mercati finanziari e la competitività che si riscontra sia nei settori maturi sia in La teoria delle opzioni e le opzioni reali 16 Obiettivi del capitolo E Illustrare il concetto di opzione finanziaria i criteri di valutazione e le determinanti del valore e delle opzioni E Esaminare il concetto di opzione reale e le principali modalità di applicazione nella valutazione dei progetti d’investimento E Analizzare 16.1. Definizione e fondamenti teorici delle opzioni Un’opzione conferisce al suo possessore la facoltà di acquistare o vendere una speci❝ fica attività a un prezzo predeterminato durante un arco di tempo prestabilito.❞ Alcune definizioni fondamentali Le opzioni si distinguono in opzioni call (che concedono la facoltà di acquistare un’attività) e opzioni put (che concedono invece la facoltà di vendere). Oggetto di tale diritto è una specifica attività, definita attività sottostante (underlying asset), la quale può essere di tipo finanziario (azioni, obbligazioni, titoli di Stato, contratti a termine, valute, indici azionari ecc.) oppure di diversa natura (materie prime o metalli preziosi, per esempio). Il prezzo al quale l’attività sottostante può essere acquistata o venduta si definisce prezzo di esercizio (o strike price); il possessore di un’opzione può esercitarla – comprando l’attività sottostante se detiene un’opzione call oppure vendendola se possiede un’opzione put – a una determinata data (data di esercizio o exercise date) oppure durante un determinato periodo di tempo indicato come periodo di esercizio. Si è soliti inoltre distinguere le opzioni «europee», le quali possono essere esercitate soltanto in una data prestabilita (generalmente alla scadenza) dalle opzioni «americane», il cui esercizio può avvenire in ogni momento durante un arco di tempo predeterminato. Tecnicamente, le opzioni call sono una promessa di vendere fatta dal venditore dell’opzione call all’acquirente dell’opzione stessa. Dizione call Struttura finanziaria: principi fondamentali 17 Obiettivi del capitolo E Illustrare le diverse interpretazioni del concetto di politica finanziaria aziendale i vantaggi e gli svantaggi del ricorso al debito nel finanziamento aziendale e il modello del trade-off statico E Illustrare le proposizioni I e II di Modigliani e Miller E Esaminare l’influenza del ciclo di vita e delle dinamiche settoriali sulle scelte d’indebitamento aziendale E Esaminare 17.1. Politiche finanziarie aziendali: una definizione La nozione di politica finanziaria suona talvolta quasi sconosciuta al management aziendale. Le interpretazioni fornite sono diverse. Più che a una politica chiara e non di breve periodo, i responsabili finanziari possono intendere il proprio approccio alla finanza come ispirato a logiche esclusivamente tattiche, focalizzate sull’obiettivo di ottenere le migliori condizioni economiche nella provvista di mezzi finanziari (massima quantità di capitale al minor prezzo). Se il direttore finanziario limita il proprio ruolo all’acquisizione di capitali al minor prezzo possibile, rischia di adottare una politica finanziaria che può rilevarsi miope e dannosa. Con ciò non si vuol certo negare l’importanza di predisporre la raccolta di capitali in modo da contenerne il costo complessivo. Il capitolo 22, per esempio, illustra le determinanti dei costi «accessori» che caratterizzano le diverse modalità di raccolta del capitale. Il direttore finanziario, confrontando l’onerosità relativa di ciascuna delle fonti in termini di commissioni corrisposte agli intermediari e reazioni attese dal mercato finanziario, può così decidere di volta in volta la migliore tattica di raccolta. Questa visione può però indurre a intraprendere azioni aventi beneficio immediato per l’azienda ma penalizzanti da un punto di vista strategico (come già illustrato nel capitolo 1): • indebitarsi a breve termine per sfruttare un vantaggio temporaneo in termini di costo del debito a breve scadenza rispetto a quello a lunga scadenza, può esporre l’azienda Struttura finanziaria: design dei contratti finanziari 18 Obiettivi del capitolo E Esaminare le modalità alternative con cui pervenire al rapporto d’indebitamento ottimale E Illustrare i principi fondamentali che guidano la scelta delle caratteristiche contrattuali del debito: durata; modalità di determinazione del tasso di interesse; valuta di emissione E Analizzare le scelte di finanziamento alla luce della teoria delle opzioni E Presentare le principali evidenze empiriche relative al design della struttura finanziaria 18.1. Struttura finanziaria ottimale: fasi logiche e percorsi alternativi di convergenza L’analisi della struttura finanziaria ottimale si compone idealmente di tre passaggi logici: 1) Nel primo, il management è chiamato a decidere la percentuale di debito e di capitale azionario ottimale per la propria azienda. Questo passaggio è stato oggetto di analisi nel capitolo precedente. 2) Nel secondo passaggio, se il mix corrente debito/capitale azionario non è posizionato al livello ottimale, il management è chiamato a decidere il percorso di convergenza verso di esso. 3) Nel terzo e ultimo passaggio, è necessario approfondire le caratteristiche che il debito aziendale dovrebbe possedere in termini di: durata, modalità di determinazione del tasso di interesse, valuta di emissione. Il lettore non dovrebbe interpretare la logica proposta come una lista di controllo in cui gli elementi d’approfondimento della struttura finanziaria sono analizzabili sequenzialmente e in via del tutto separata dagli altri. Lo schema per passaggi successivi è legato esclusivamente a una necessità di chiarezza espositiva. Nella realtà delle decisioni aziendali, invece, gli elementi d’analisi sono considerati congiuntamente in un processo che via via affina e rivede le conclusioni iniziali per giungere progressivamente a un assetto soddisfacente della struttura finanziaria. Riserva di elasticità 19 Obiettivi del capitolo E Illustrare il rischio di variabilità dei flussi e il concetto di riserva di elasticità le componenti della riserva di elasticità E Analizzare il rischio collegato a eventi inattesi E Esaminare 19.1. Rischio di variabilità dei flussi e riserva di elasticità Le metodologie comunemente adottate per valutare i progetti d’investimento racchiudono spesso importanti semplificazioni, dovute all’assenza di accorgimenti che consentano di trattare correttamente il rischio che inevitabilmente accompagna qualsiasi progetto. La variabilità delle dimensioni e della dinamica temporale dei flussi è spesso tale da porre in condizioni di precarietà e conseguentemente di tensione finanziaria quelle aziende che si trovano impreparate ad affrontare le conseguenze della variabilità imprevista. Se ciò è vero per il singolo progetto d’investimento, ancora di più lo è per i flussi aziendali complessivi. Questi ultimi infatti sono in genere l’aggregazione dei risultati monetari di più iniziative di investimento, di finanziamento e di gestione caratteristica. Va da sé che variazioni all’unisono e di dimensioni apprezzabili dei flussi provenienti dalle diverse aree possono produrre effetti ancora più pesanti di quelli generabili dai singoli progetti di investimento. Proprio per tenere in debito conto le variazioni impreviste, la finanza ha sviluppato modelli e concetti quali: • la riserva di liquidità (Guatri 1982); • l’elasticità finanziaria (Brugger 1986); • la mobilità finanziaria (Donaldson 1986). Gli studiosi che li hanno proposti condividono una convinzione: la finanza d’impresa deve essere in grado di creare le condizioni affinché le modificazioni attese dei flussi di cassa previsti per un certo periodo (di segno positivo, così come negativo) possano non arrecare danno, ma eventualmente generare opportunità. Politica dei dividendi 20 Obiettivi del capitolo E Esaminare le modalità tecniche con cui le aziende distribuiscono gli utili agli azionisti E Illustrare i fattori che possono influire sulle politiche dei dividendi E Esaminare l’effetto prodotto dalle imperfezioni dei mercati finanziari sulle politiche di distribuzione dei dividendi E Presentare alcune evidenze relative alle politiche dei dividendi delle società e al riacquisto di azioni proprie 20.1. Politica dei dividendi e mercati finanziari perfetti Nel capitolo precedente abbiamo esaminato in dettaglio il concetto di riserva di elasticità, definita come l’insieme delle risorse effettivamente e potenzialmente disponibili per assorbire variazioni impreviste negli impieghi e nelle fonti. Abbiamo visto che la sua funzione è quella di fronteggiare l’incertezza e il rischio non quantificabile nel suo impatto sull’equilibrio finanziario. La riserva di elasticità dovrebbe essere tanto maggiore quanto più elevata è l’incertezza circa la previsione degli addendi che concorrono a definire l’equilibrio finanziario, quanto maggiore è la variabilità rilevata nel tempo di tali valori, quanto maggiore è il rischio percepito e quanto minore è quello che si intende correre. Una componente importante della riserva di elasticità è data dagli utili trattenuti in azienda e dalle risorse liquide disponibili. Adesso poniamoci una nuova domanda: dopo aver determinato il livello adeguato della riserva di elasticità, quali sono le modalità con cui un’azienda può distribuire la cassa in eccesso? E ancora più a monte: ha senso parlare di una politica ottimale dei dividendi? Questo capitolo cerca di rispondere a entrambe le domande, esaminando cosa si intende per «politica dei dividendi» e quali possono essere le scelte delle aziende in proposito. ❝ La politica dei dividendi è l’insieme delle scelte effettuate dall’impresa in tema di modalità di remunerazione dei propri azionisti. ❞ Riserva di elasticità e politiche dei dividendi Strumenti di finanziamento a medio e lungo termine 21 Obiettivi del capitolo E Esaminare le principali caratteristiche degli strumenti di finanziamento a medio e lun- go termine E Introdurre la categoria di capitale intermedio e presentare i più importanti strumenti che rientrano in questa categoria E Illustrare il concetto di rating e il processo di valutazione del rischio di credito di un emittente E Presentare i principi fondamentali che guidano le operazioni di project financing 21.1. Alternative di finanziamento a lungo termine nel panorama italiano: una classificazione Le decisioni di investimento, unitamente alle operazioni di gestione caratteristica, possono liberare liquidità, così come assorbirla. In queste pagine vogliamo affrontare il tema della copertura dei saldi negativi con strumenti di finanziamento di durata non breve. Posta dinanzi a un fabbisogno finanziario, qualsiasi azienda dovrebbe porsi tre importanti quesiti: 1) come coprire il fabbisogno? 2) quali sono gli effetti sul profilo di rischio indotti dalla scelta di copertura? 3) qual è l’impatto sul valore? Va subito chiarito che, in relazione al primo quesito, non cercheremo di fornire al lettore un quadro dettagliato delle molteplici forme di finanziamento cui le imprese possono avere accesso. Per evitare una trattazione dettagliata, che si rivelerebbe necessariamente molto articolata ed estesa, abbiamo scelto di fornire alcune esemplificazioni, sia in relazione alle forme di finanziamento comunemente presenti sul mercato domestico, sia circa le opportunità offerte dal mercato internazionale. La prospettiva non sarà dunque completa, ma aiuterà il lettore ad acquisire quella sensibilità sull’argomento che Tecniche di emissione e collocamento del capitale azionario e del debito 22 Obiettivi del capitolo E Illustrare le modalità di effettuazione dei collocamenti privati di capitale azionario E Esaminare le motivazioni e la struttura dell’offerta per la quotazione alla borsa valori E Passare in rassegna le principali evidenze empiriche relative alla reazione del mercato alle offerte pubbliche iniziali e agli aumenti di capitale secondari E Esaminare le tecniche di emissione delle obbligazioni e dei prestiti sindacati 22.1. Modalità di finanziamento tramite capitale azionario Il valore del capitale economico di una società è principalmente funzione delle scelte industriali, della capacità di innovazione, del posizionamento strategico della società, dell’efficienza della catena del valore: in sintesi, del vantaggio competitivo aziendale. Alla determinazione del valore della società contribuiscono, però, anche le scelte relative alla struttura finanziaria e all’ottimizzazione della raccolta delle fonti finanziarie, le quali determinano la riduzione dei vincoli alla disponibilità dei capitali e il costo complessivo del capitale (vedi i capitoli 11 e 12). La decisione di ricorrere al canale di finanziamento azionario è legata a due tipologie di fattori. 1) Fattori di natura esogena. Fanno riferimento alla necessità di predisporre un’adeguata segmentazione del profilo di rischio/rendimento dei potenziali investitori in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze di aziende appartenenti a settori e a stadi di sviluppo diversi, al sistema fiscale di riferimento e al sistema di norme a tutela dell’azionariato diffuso. 2) Fattori di natura endogena. Si tratta di tutte le variabili firm specific e delle attitudini manageriali alla pianificazione finanziaria. Per esigenze di brevità, si farà qui prevalente riferimento alla raccolta di capitale azionario di società quotate su mercati regolamentati o «quotande». La finanza agevolata 23 Obiettivi del capitolo E Inquadrare le forme tecniche della finanza agevolata nel quadro complessivo delle fonti di finanziamento dell’impresa E Fornire un’immagine esaustiva degli strumenti finanziari di sostegno alle imprese E Sviluppare principi guida e strumenti per una gestione strategica delle forme di finanza agevolata 23.1. La finanza agevolata nel sistema delle fonti di finanziamento dell’impresa ❝ Il termine finanza agevolata rimanda a un insieme di strumenti molto differenziati tra di loro che si sostanziano sempre in contributi finanziari erogati da un soggetto pubblico a sostegno dell’attività di impresa. ❞ Si tratta di risorse finanziarie destinabili al supporto della nascita, del funzionamento e dello sviluppo dell’impresa che assumono un rilievo crescente a causa: • dell’impatto dei processi di globalizzazione dei mercati (sia reali sia finanziari) in termini di maggiore competitività richiesta al sistema delle imprese; • della necessità di modificare gli assetti finanziari prevalenti tra le aziende italiane, le quali sono caratterizzate da sottocapitalizzazione e da un generale squilibrio dell’incidenza degli investimenti fissi e dell’indebitamento a breve. Alle agevolazioni finanziarie previste dalle fonti comunitarie, nazionali, regionali e locali si può guardare da due prospettive complementari: • la finanza agevolata può essere considerata come una fonte di finanziamento integrativa rispetto alle normali fonti di finanziamento aziendale (prospettiva della complementarità); • la finanza agevolata può rappresentare una modalità per «moltiplicare» le risorse finanziarie disponibili all’interno dell’azienda e finalizzate a determinati scopi (prospettiva dell’effetto moltiplicatore). Approcci alla finanza agevolata Capitale circolante e politiche del credito commerciale 24 Obiettivi del capitolo E Illustrare la centralità e il rilievo assunto dal capitale circolante nel processo di allocazione e gestione delle risorse E Esaminare il profilo economico-finanziario e di rischio del credito commerciale e i fattori che ne determinano le dimensioni E Illustrare il ruolo del credit manager nella funzione finanziaria e le componenti fondamentali della politica del credito commerciale E Presentare le principali metodologie di valutazione economica e finanziaria delle politiche di credito commerciale 24.1. Rilevanza del capitale circolante nel processo di allocazione delle risorse La dinamica del capitale circolante va considerata a tutti gli effetti come una delle determinanti essenziali dell’autofinanziamento. Una contrazione del capitale circolante produce una generazione di liquidità, mentre a una sua dilatazione consegue sempre un assorbimento di risorse monetarie. È opportuno soffermarci per un istante su quest’aspetto. Se è vero che a una crescita dimensionale del circolante fa seguito un assorbimento di liquidità, la conseguenza immediata è che lo stesso deve a tutti gli effetti essere considerato come qualsiasi altro investimento. D’altra parte le aspettative nei suoi confronti non sono per nulla dissimili da quelle relative a un impiego in attività di altra natura: al flusso negativo iniziale ci si attende facciano seguito entrate monetarie incrementali. E infatti non vi sarebbe nessuna ragione per detenere scorte, o per concedere credito ai clienti (solo per citare due delle poste del circolante), se a questi due investimenti non fosse legata l’attesa di risultati concreti, apprezzabili in termini di vendite (e dunque profitti e flussi di cassa) incrementali. Stiamo dunque parlando di un investimento che è sì imputabile alla gestione caratteristica, ma che non ha nulla di realmente differenziale rispetto a qualsiasi altra forma di im- Strumenti di finanziamento a breve termine 25 Obiettivi del capitolo E Fornire uno schema d’analisi degli strumenti di finanziamento a breve scadenza le principali caratteristiche dei più diffusi strumenti di finanziamento a breve termine E Esaminare 25.1. Una chiave di lettura degli strumenti di finanziamento a breve La gestione della tesoreria è un’attività delicata della gestione finanziaria d’impresa. Riuscire a governare gli equilibri di cassa che si manifestano nel breve periodo è utile per evitare costose tensioni finanziarie e assicurare all’azienda la disponibilità di risorse liquide commisurate alle esigenze che si presentano. D’altra parte, prevedere con precisione le dinamiche dei flussi in entrata e in uscita che si alterneranno nel futuro, in particolare quando le stime sono articolate su un orizzonte temporale frammentato, è particolarmente complesso. Se è necessario assicurare il soddisfacimento delle esigenze nel breve termine, è però importante tentare di elaborare stime rappresentative del reale ammontare di risorse di cui dovrà approvvigionarsi l’impresa, poiché non sempre assicurare un’ampia riserva di risorse attivabili in caso di bisogno è la strategia più conveniente; la bontà della gestione deriva dall’attenta ponderazione tra necessità di cassa e costi, come vedremo non trascurabili, legati alla disponibilità di credito. Numerosi sono gli strumenti di debito caratterizzati da elasticità e flessibilità d’impiego, destinati a coprire i fabbisogni finanziari di breve periodo e temporanee esigenze di liquidità. Data la loro numerosità e il ritmo notevole con cui le innovazioni finanziarie confezionano nuovi strumenti di finanziamento, diviene utile cercare di delineare in primo luogo uno schema di analisi che consenta di interpretare la principale finalità che i diversi strumenti di finanziamento a breve sono chiamati a soddisfare. La chiave di lettura fondamentale ripartisce gli strumenti di finanziamento a breve in: • finalizzati (commercial financing). Questa categoria include tutti gli strumenti di finanziamento finalizzati al sostegno della politica delle vendite di una società; Logica e strumenti di gestione dei rischi finanziari 26 Obiettivi del capitolo E Introdurre la distinzione tra rischi imprenditoriali e non imprenditoriali i contenuti del rischio di liquidità, di cambio, di tasso d’interesse, di controparte e sulle materie prime E Esaminare le principali tecniche di copertura dei rischi finanziari E Illustrare 26.1. Corporate financial risk management e tesoreria L’attività aziendale è permeata di rischi. Benché le tipologie di rischio con cui l’azienda convive quotidianamente siano numerose e molto eterogenee tra loro, è possibile classificarle in prima battuta in due gruppi principali (Figura 26.1). 1) Rischi operativi (business risk), ai quali l’azienda è esposta per il solo fatto di operare nel proprio segmento di attività. Qualsiasi azienda è esposta al rischio di obsolescenza tecnologica dei suoi prodotti o al rischio che qualche concorrente introduca sul mercato nuovi prodotti di maggior qualità e/o minor costo. 2) Rischi non operativi, che è possibile classificare in: – rischio di mercato: rischio liquidità, rischio di cambio, rischio di tasso, rischio materie prime (commodities); – rischio di credito: rischio controparte; – rischio-paese; – operational risks: rischi collegati ad accadimenti relativi allo svolgimento delle attività operative. I rischi non operativi possono essere affrontati dall’azienda in chiave d’immunizzazione (hedging), giacché non rientranti nella sua attività caratteristica. Mentre infatti l’azienda non può sottrarsi al business risk per conseguire la propria missione, le altre tipologie di rischio devono essere affrontate in modo tale da evitare di esporre l’azienda a fluttuazioni nei risultati prodotte da eventi poco connessi con la gestione caratteristica. La valutazione delle aziende 27 Obiettivi del capitolo E Fornire uno schema di sintesi dei principali approcci e metodi di valutazione del ca- pitale economico le caratteristiche fondamentali di tre approcci alla valutazione: approccio patrimoniale, approccio basato sui flussi di risultato, approccio basato sul concetto di economic profit E Illustrare 27.1. Metodologie di stima del valore del capitale economico: uno schema di analisi Numerose sono pertanto le analogie tra i criteri di valutazione degli investimenti e le metodologie di valutazione del capitale delle imprese. La stima del valore di un’impresa, però, presenta alcune caratteristiche di complessità che ne giustificano una trattazione separata. Oggetto specifico di analisi in questo capitolo sono le metodologie di determinazione del capitale economico aziendale, ovvero del «valore economico attribuibile al capitale proprio di una data azienda, tenuto conto dei frutti che in quest’azienda può trovare» (Onida 1979, p. 643). La stima del capitale economico è certamente necessaria quando l’azienda è oggetto di trasferimento, fusione, conferimento e così via. È però anche realizzabile – ed è auspicabile che ciò accada con una certa periodicità – indipendentemente da operazioni di trasferimento dell’azienda. Ciò al fine prevalente di determinare se l’azienda è in grado di generare valore per i propri azionisti oppure no. La stima del capitale economico dovrebbe ispirarsi a un fondamentale principio di neutralità ovvero a criteri che superino il carattere soggettivo dei giudizi sulle prospettive dell’azienda e sulle caratteristiche di rischiosità che la caratterizzano. La scuola economico-aziendale è tal fine concorde. Così, per esempio, si esprime Guatri: «La valutazione di un’azienda si ispira a concetti, criteri e metodi ai quali si chiede di esprimere una misura dotata nel più altro grado possibile delle seguenti caratteristiche: Fusioni e acquisizioni 28 Obiettivi del capitolo E Illustrare le principali modalità di realizzazione delle operazioni di acquisizione i concetti di valore soggettivo, oggettivo e valore prezzo E Illustrare le fonti di creazione di valore nelle operazioni di acquisizione e le loro modalità di stima E Illustrare i fattori che influenzano la formazione del prezzo E Presentare alcune evidenze empiriche relative al mercato italiano E Esaminare 28.1. Fusioni e acquisizioni: modalità di realizzazione, di Antonio Salvi Attraverso le operazioni di acquisizione le aziende intraprendono un percorso di crescita realizzato per via esterna. Si tratta di una modalità veloce di crescita, non di rado traumatica per l’assetto aziendale post-operazione e che trova spesso ampia eco sui mezzi d’informazione per i numerosi soggetti coinvolti a vario titolo nell’operazione, soprattutto quando le società sono quotate sui mercati azionari. In quest’ultimo caso, infatti, in aggiunta alla società acquirente e alla società acquisita, altri attori vengono coinvolti nell’operazione: banche d’investimento, advisor, azionisti di minoranza, autorità di controllo del mercato azionario e della concorrenza, eventuali società terze interessate a impedire l’operazione e così via. Al contrario della crescita esterna, la crescita per via interna avviene invece quando il percorso di espansione aziendale viene realizzato attraverso il continuo impiego degli utili – e delle fonti di finanziamento esterne – nelle attività in essere. Oltre alla elevata velocità di realizzazione, la crescita per via esterna e dunque attraverso operazioni di finanza straordinaria può risultare preferita perché elevata è la prevedibilità dei risultati futuri e spesso meno incerti i risultati dell’operazione, rispetto a quanto si realizza con le operazioni interne. Il vantaggio dell’espansione esterna è ancora più La finanza dei gruppi aziendali 29 Obiettivi del capitolo E Comprendere l’importanza e le tecniche di misurazione della leva azionaria i principali aspetti di gestione della tesoreria nei gruppi aziendali E Esaminare le modalità con cui i gruppi aziendali creano o distruggono valore E Analizzare 29.1. Gruppi e governo delle risorse finanziarie I gruppi sono ampiamente diffusi nella realtà imprenditoriale di tutto il mondo, ove è ormai la norma incontrare società persone giuridiche tra loro legate da partecipazioni nel capitale sociale tali da consentire a una società (capogruppo) di esercitare il controllo su tutte le altre. Le giustificazioni all’origine di tale fenomeno sono di norma ricondotte a due fattispecie: diversificazione dell’attività svolta e deverticalizzazione dei cicli produttivi. Nel primo caso, la capogruppo accoglie all’interno del proprio attivo patrimoniale quote di controllo di società attive in settori tra loro anche assai lontani, dando luogo a un cosiddetto «gruppo conglomerato» o «gruppo finanziario». La capogruppo svolge l’attività di holding pura, occupandosi dunque esclusivamente della gestione finanziaria delle partecipazioni detenute in portafoglio. L’obiettivo perseguito è di diversificare il rischio complessivo del portafoglio di attività controllate favorendo nel contempo lo sviluppo delle stesse, in una logica vicina a quella del merchant banker. Nel secondo caso, la capogruppo detiene invece le partecipazioni di controllo in società tra loro avvinte da profondi legami di natura tecnico-economica, dando luogo a un «gruppo corporate» o «gruppo economico». La capogruppo svolge l’attività di holding industriale, curando anche il coordinamento operativo delle controllate e definendone le scelte d’indirizzo strategico, se non addirittura svolgendo direttamente una parte del ciclo produttivo. La conseguente frammentazione del ciclo stesso su più unità giuridiche consente con maggior facilità sia di dismettere in tutto o in parte le fasi non ritenute strategiche o non direttamente gestibili in economicità, sia di raggiungere la dimensione ottima minima del-