Giacomo Balla Linee spaziali, 1920 Olio su carta applicata su tela

annuncio pubblicitario
Giacomo Balla
Linee spaziali, 1920
Olio su carta applicata su tela
50 x 64 cm
Giacomo Balla (Torino 1871 – Roma 1958)
Linee spaziali, 1920
Olio su carta applicata su tela
50 x 64 cm
Pubblicato in: G. Lista, Balla, Edizioni Galleria Fonte d’Abisso, Modena
1982, pag. 319, n. 684.
1920. Sono passati circa sette anni da quando Giacomo Balla ha iniziato
la sua personale ricerca sulla resa del movimento in pittura, mettendo in
discussione la realtà statica, il “vero”, come tradizionale referente dei segni
pittorici: “Arrivato a questo punto della mia arte pensai che del resto non
avevo pitturato che una semplice porta e che per lo spettatore sarebbe stato
molto meglio guardare una porta vera anziché vederla riprodotta sopra una
tela” (Lista 1982, p. 48). L’oggettività che Balla ricerca nelle sue opere non è
più legata alla mimesi, alla resa fedele e oggettiva del naturale ma piuttosto
a una scientifica analisi del movimento. Il fatto che la forma esca totalmente
frantumata, disgregata non costituisce un problema per il pittore. Il suo scopo è quello di raggiungere la perfezione con cui la macchina cinematografica dà testimonianza di una realtà dinamica e per raggiungerlo è disposto
a sacrificare il naturalismo. L’opera Linee spaziali va interpretata alla luce di
queste considerazioni. Sono passati, come già si è notato, circa sette anni da
quando Balla è entrato in contatto con le fotodinamiche dei fratelli Bragaglia; rispetto alle prime reazioni dell’artista a questo nuovo interesse per la
rappresentazione del movimento è possibile osservare come l’analisi abbia
lasciato il posto a una “sintesi plastica del dinamismo” (Lista 1982, p. 48): le
Linee spaziali non si fanno più segno del movimento di un oggetto ma vanno ricondotte direttamente alla “sensazione della velocità”. Questa sintesi
necessita, a livello formale, di un nuovo modo di guardare la tela, non più
come supporto bidimensionale ma come spazio su cui si sviluppano configurazioni sempre diverse. Per quanto riguarda i colori, Balla non utilizza
una paletta troppo ricca: si passa dal beige al marrone, dal violetto al celeste;
il modo in cui sono accostati, i toni più chiari vicino a quelli più scuri, contribuisce a suggerire la profondità e l’estendersi delle linee nello spazio.
Bibliografia:
G. Lista, Balla, Edizioni Galleria Fonte d’Abisso, Modena 1982, pag. 319, n.
684.
Scarica