Corso di Laurea: Operatori pluridisciplinari e interculturali d'area mediterranea SCIENZA DELLE FINANZE Docente: Gatto Antonino Elaborazione: Dott.ssa Locantro Antonia Lucia L’oggetto di studio della scienza delle finanze La scienze delle finanze è quella disciplina che studia i principi fondamentali della finanza pubblica, cioè dell’attività attraverso la quale lo Stato e gli altri enti pubblici si procurano le risorse necessarie a soddisfare i bisogni della collettività. Lo stato svolge numerosi compiti e interviene in diversi modi nella vita economica e sociale. La presenza dell’attività pubblica è molto ampia Una vita... • Nasciamo in ospedale (spesso pubblico) e ci registrano all’anagrafe • Da giovani passiamo molti anni in scuole (pubbliche o sovvenzionate dallo Stato) • Lavoriamo: il nostro compenso è gravato in misura rilevante da oneri sociali (diritti pensionistici nell’ambito di istituzioni pubbliche)... • Costruiamo una famiglia, abbiamo figli e in molti casi ci sono sussidi dallo stato (assegni familiari, detrazioni fiscali) • Ci ammaliamo e siamo curati quasi sempre in istituzioni pubbliche • Cessiamo di lavorare e viviamo di una pensione, quasi sempre pubblica •Si muore e saremo sepolti in un cimitero costruito dal comune. Lo stato, per svolgere questi compiti e in particolare per fornire servizi pubblici ai cittadini, deve effettuare delle spese, dette spese pubbliche, e deve quindi procurarsi il denaro mediante delle entrate. La descrizione delle spese e delle entrate è condensata nel bilancio dello Stato, o più precisamente nei bilanci dei moltissimi enti pubblici che compongono ciò che chiamiamo “Stato”. L’intervento pubblico nell’economia, tuttavia, non si esaurisce nella sola produzione di beni e servizi destinati alla collettività ma si manifesta anche attraverso una serie di decisioni (le cd. scelte pubbliche) volte a regolamentare il funzionamento del settore privato e ad influire, direttamente o indirettamente, sul libero agire delle forze di mercato. Si tratta, in pratica, non solo di studiare le modalità con le quali lo Stato reperisce le risorse necessarie alla finanza pubblica, ma di porsi obiettivi più ambiziosi quali lo sviluppo equilibrato del sistema economico ed una maggiore eguaglianza sociale. Oggi si attribuiscono all’attività finanziaria i seguenti obiettivi: a) l’efficienza produttiva; b) la redistribuzione del reddito tra i cittadini; c) la stabilizzazione dell’economia nel breve periodo; d) lo sviluppo del reddito nazionale. Un po’ di storia……. Nel corso degli ultimi due secoli sono state elaborate diverse teorie sull'opportunità di un massiccio intervento dello Stato in economia; principalmente si sono contrapposte due diverse teorie, che prendono il nome di finanza neutrale e finanza funzionale. La finanza neutrale: è una teoria economica elaborata da alcuni economisti alla fine del 1800 secondo la quale lo Stato doveva limitare al massimo il proprio intervento nell'economia; infatti, sempre secondo questa teoria, l'intervento dello Stato sarebbe risultato dannoso, in quanto finiva per alternare gli equilibri che il sistema economico naturalmente raggiunge. Secondo l'economista Adam Smith è come se ci fosse una "mano invisibile" che guida il privato nelle sue attività finendo per arrecare beneficio a tutta l'economia dello Stato. Viceversa, se lo Stato fosse intervenuto in economia, volendo offrire una maggiore gamma di servizi pubblici, avrebbe finito per invadere il campo dell'iniziativa economica privata, ed inoltre avrebbe dovuto aumentare la pressione tributaria, sottraendo risorse economiche ai cittadini. Tutto questo crea delle condizioni di squilibrio che invece non esisterebbero se il mercato fosse lasciato " a se stesso ", in quanto quest'ultimo ha in se le forze per raggiungere l'equilibrio di piena occupazione. Per tutti questi motivi lo Stato deve rimanere neutrale cioè non deve intervenire nell'economia se non al limitato fine di offrire i servizi pubblici essenziali, con conseguente limitazione al minimo del prelievo tributario per finanziare questi servizi. La finanza funzionale: nel corso del xx secolo, in special modo a seguito della grave crisi economica avvenuta nel 1929, venne meno la fiducia riposta nella capacità dei sistemi economici, di aggiungere spontaneamente ed automaticamente un equilibrio di piena occupazione. Si affermarono così nuove concezioni economiche, legate principalmente al pensiero dell'economista inglese John M. Keynes, il quale teorizzò la necessità che lo Stato svolgesse un ruolo attivo nell'attività economica. L'attività finanziaria pubblica viene considerata uno strumento, un mezzo attraverso il quale lo Stato corregge gli squilibri esistenti nel sistema economico per favorire il pieno impiego dei fattori produttivi, l'aumento della produttività in genere, lo sviluppo e la stabilità del sistema economico, la redistribuzione del reddito nazionale. L'insieme degli strumenti impiegati dallo Stato per raggiungere tali scopi, viene denominato politica finanziaria Secondo Keyues, constatato il fallimento delle politiche suggerite dagli economisti classici, era indispensabile che lo Stato abbandonasse la sua neutralità in economia, intervenendo direttamente in funzione propulsiva. Il prelievo tributario che serve per finanziare le spese pubbliche, finisce per sottrarre risorse ai cittadini per i loro consumi; incide inoltre sulla loro capacità di risparmio. Per tanto in un periodo di crisi economica caratterizzata da bassi consumi, il prelievo fiscale finisce per incidere negativamente sulla possibilità di ripresa economica. A questo punto secondo Keynes, era indispensabile che lo Stato accrescesse la spesa pubblica, al fine di mettere in movimento le risorse economiche inutilizzate. È necessario quindi creare nel sistema quelle condizioni, affinché vi sia un'adeguata propensione a consumare ed investire. Occorre quindi creare una domanda aggiuntiva, che si va ad aggiungere a quella esistente nel mercato. Per raggiungere tale scopo, lo Stato dovrà effettuare una spesa pubblica aggiuntiva, finanziata non con un aumento di tributi, ma con un deficit di bilancio. Teoria positiva e Teoria normativa TEORIA POSITIVA La teoria positiva spiega le cause di un fenomeno economico. Esempi: Perché • un chilo di mele costa meno di un’automobile? • esiste la disoccupazione? Altri esempi: Perché.. • la difesa è sempre gestita dallo stato e mai da imprese private? • la sanità è quasi sempre gestita dallo stato? • in autostrada si paga un pedaggio e nelle strade normali no? TEORIA NORMATIVA La teoria normativa individua gli obiettivi di politica economica e gli strumenti idonei per il loro raggiungimento. Esempi: quali sono le politiche migliori …. -per ridurre la disoccupazione o l’inflazione -per distribuire tra i cittadini il carico fiscale -per gestire il servizio di trasporto ferroviario? L’approccio normativo presuppone l’approccio positivo ………… nel senso che non è possibile proporre possibili soluzioni ad un problema se prima non si conoscono le dimensioni e le cause del problema stesso. L’Economia pubblica si occupa sia dei profili normativi sia di quelli positivi. Il contesto teorico più appropriato per discutere gli aspetti normativi è l’Economia del benessere: come configurare un sistema economico per raggiungere il massimo benessere collettivo? Economia del benessere e giustificazioni dell’intervento pubblico L’economia del benessere studia le ragioni e le regole di fenomeni sociali al fine di formulare soluzioni tali da tendere ad una soluzione di ottimo sociale. Tale disciplina si basa su due criteri: l’efficienza e l’equità. L’idea di fondo dell’Economia del benessere è basato sul Criterio di Pareto: Date 2 configurazioni A e B del sistema economico, si dirà che A è socialmente superiore a B se almeno un individuo preferisce A a B, e nessuno B ad A. Da cui discende il concetto di Ottimo Paretiano: Una configurazione del sistema economico è Pareto ottimale se non è possibile migliorare la situazione di qualcuno senza peggiorare quella di qualcun altro. I due teoremi dell’economia del benessere. Il Criterio di Pareto trova la sua applicazione più rilevante nei due Teoremi Fondamentali dell’Economia del Benessere. I due teoremi dell’economia del benessere definiscono le condizioni alle quali un sistema, coordinato esclusivamente da mercati concorrenziali, è in grado di assicurare l’efficienza e l’equità. Primo teorema. Se valgono certe assunzioni, un’allocazione di beni e fattori produttivi risultante da un equilibrio di concorrenza perfetta (sempreché esista) è efficiente in senso paretiano (cioè sono soddisfatte le condizioni di efficienza nello scambio, nella produzione e nell’economia nel suo complesso). Assunzioni: 1) Gli agenti economici sono price-taker (cioè incapaci di influenzare l’andamento del prezzo) 2) Non esistono esternalità 3) Non esistono beni pubblici (solo beni privati) 4) Non esistono asimmetrie informative (informazione perfetta) Nella realtà non sempre tutte le condizioni di efficienza si realizzano. Alcuni mercati non funzionano, o funzionano in modo imperfetto, e dalle carenze e imperfezioni del mercato si apre lo spazio per l’esistenza del settore pubblico. L’intervento dello Stato può essere giustificato dall’esigenza di correggere l’esito spontaneo del mercato per avvicinarlo alla condizione di concorrenza perfetta. La soluzione Pareto efficiente definita dal mercato concorrenziale in ogni caso dipende dalla distribuzione iniziale delle risorse. Dal punto di vista sociale, la concorrenza perfetta permette l’efficienza paretiana, ma può non risolvere il problema della distribuzione ottimale del benessere degli individui. Secondo teorema Il secondo teorema dell’economia del benessere afferma che, modificando opportunamente le dotazioni iniziali con strumenti di redistribuzione (imposte o trasferimenti in forma fissa lump sum) un’economia concorrenziale consente di raggiungere qualsiasi allocazione Pareto efficiente. In altre parole, il libero operare del mercato concorrenziale, unito all’equa distribuzione del reddito da parte dello Stato, fa sì che la collettività raggiunga allocazioni Pareto efficienti ed eque. CHE COSA E’ UNA LUMP SUM TAXES? E’ una forma di imposta/sussidio che serve a redistribuire le risorse senza influenzare i segnali (es. i prezzi) che consumatori e produttori hanno come punto di riferimento del mercato concorrenziale. Con le lump sum taxes si evitano distorsioni perché il contribuente (o beneficiario) non può influire modificando i propri comportamenti. Nella realtà non esistono imposte e trasferimenti lump sum in grado di svolgere i compiti redistributivi richiesti dal Secondo teorema dell’economia del benessere. Se l’esito del mercato concorrenziale, è socialmente inaccettabile dal punto di vista dell’equità i tentativi di correggere la distribuzione con strumenti diversi da lump sum taxes producono inefficienze Possono emergere situazioni di trade-off tra efficienza ed equità