magnitudine

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Luminosità e magnitudine relativa dei corpi celesti
Nell'antichità la luminosità delle stelle, non potendo essere misurata con precisione, veniva
semplicemente classificata in sei classi di grandezza, secondo un sistema ideato da Ipparco per il
suo catalogo stellare.
Le stelle più luminose erano classificate come stelle di prima grandezza, seguivano quelle di
seconda grandezza ecc. fino alla sesta grandezza che è quella delle stelle appena percepibili a
occhio nudo. Già con questa tradizione, che è stata mantenuta, più alta è la categoria di
appartenenza più debole è la luce delle stelle.
Nell'Ottocento al sistema di classificazione degli antichi si è sostituito un sistema di misurazione
fotometrico della luminosità. Per mantenere un minimo di compatibilità con l'antico concetto di
grandezza, si è definita anche una magnitudine apparente delle stelle m che ammette anche valori
decimali.
Ad esempio:
Stella
m
Sirio
-1.46
Canopo
-0,72
Betelgeuse
0,50
Aldebaran
0,85
Fra le quattro stelle indicate, la più luminosa ( vista della Terra) è Sirio e la
più debole è Aldebaran.
C’è una precisa relazione fra la magnitudine (m) percepita e l’intensità
luminosa (l) che esprime l’energia dei raggi luminosi inviati dalla stella.
Precisamente: un salto di categoria nella magnitudine corrisponde ad
un’energia 2,5 volte più intensa. Quindi:
una stella di magnitudine 1 invia una luminosità 2,5 volte maggiore
rispetto ad una stella di magnitudine 2
una stella di magnitudine 3 invia una luminosità 2,5 volte minore rispetto
ad una stella di magnitudine 2.
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Cerchiamo il legame matematico fra le due grandezze. Per fissare le idee
prendiamo due stelle di diversa magnitudine
Stella
magnitudine luminosità
1
m1
l1
2
m2
l2
m1  m2
Per quanto detto, sarà
l1  l2
Nel caso in cui le due magnitudini differiscono di un grado:
m2  m1  1  l1  l2  2,5
Nel caso in cui le due magnitudini differiscono di due gradi:
m2  m1  2  l1  l2  2,52
In generale dunque si avrà:
m2  m1  k  l1  l2  2,5k
Sostituendo nell’ultima relazione il valore di k con
relazione:
m2 m1
che equivale a
1
2
m2  m1 si ottiene la
l  l  2,5
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l1
m2  m1
 2,5
l2
Data la differenza fra le magnitudini, essa fornisce il rapporto fra le
intensità.
Alcuni esempi numerici:
1) m1  0,3 m2  1,4 
2) m1  1,4 m2  5,5 
l1
 2,51, 7  4,7
l2
l1
 2,5 4,1  42,8
l2
Nel primo caso, la prima stella invia un’energia 4,7 volte più intensa della
stella 2. Nell’altro caso invia un’energia oltre 40 volte quella della seconda
stella che è molto debole (magnitudine 5,5).
Cerchiamo adesso la relazione inversa, nella quale partendo dal rapporto
tra le intensità vogliamo determinare la differenza fra le magnitudini.
Riprendiamo la relazione diretta e passiamo ai logaritmi per “portare giù”
gli esponenti, che sono la nostra incognita.
log10
l1
l
 log10 2,5m2  m1  log10 1  m2  m1  log10 2,5
l2
l2
Dato che il logaritmo di 2,5 vale circa 0,4, si ha
log10
l1
 0,4  m2  m1  
l2
1
l1
m2  m1    log10
0,4
l2
E quindi
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l1
m2  m1  2,5  log10
l2
Magnitudine assoluta
Ovviamente sia la magnitudine relativa m sia la luminosità l dipendono,
oltre che dalle caratteristiche della stella, anche dalla sua distanza dalla
Terra, per cui non è detto che una stella che a noi appare più brillante abbia
necessariamente una luminosità propria maggiore di un’altra.
Per confrontare la magnitudine propria delle stelle si introduce la
magnitudine assoluta (M)che pone tutte le stelle virtualmente alla stessa
distanza dalla Terra (convenzionalmente 10 parsec, pari a circa 32 anni
luce). Ci interessa qui la relazione fra le due magnitudini per una stessa
stella. Riprendiamo l’ultima relazione che abbiamo ricavato, che adattiamo
al nuovo problema. Supponiamo che:
1 = stella alla distanza reale dalla Terra (d)
2= la stessa stella portata alla distanza convenzionale (10).
Avremo allora:
l1
M  m  2,5  log10
l2
D’altra parte la luminosità è proporzionale all’inverso del quadrato (come
ad esempio per la legge di gravitazione universale), per cui:
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2
l1  10 
  
l2  d 
 10 
M  m  2,5  log10  
d
2
 10 
M  m  2,5  2  log10  
d
 10 
M  m  5  log10  
d
M  m  5  log10 10  log10 d 
M  m  5  1  log10 d 
M  m  5  5  log10 d
In definitiva:
M  m  5  5 log10 d
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