ACCORDARE LA BATTERIA
Accordare la batteria é un problema che alcuni batteristi neanche si pongono. Quando comprai la
mia prima batteria e seppi che queste potevano essere accordate, la cosa effettivamente
sembrava anche a me abbastanza strana. In realtà, quando parliamo di "accordatura", non
indichiamo solo la regolazione dell'altezza del
suono, ma anche altre sue caratteristiche,
come il "decay" (cioè la sua lunghezza,
quanto vogliamo farlo durare), il timbro,
l'attacco e altro ancora. Tutti questi parametri
sono regolati da una combinazione di
tensione e qualità della pelle, e dimensioni e
fattura del fusto. Ecco perché potresti anche
possedere una batteria professionale, che
suona come cartoni da imballaggio: una
batteria scordata suona davvero male,
indipendentemente dalla sua qualità...
Quando un batterista capisce come
accordare la sua batteria in dipendenza dal
suo genere musicale, ha fatto gran parte del
lavoro. Non c'è molto da studiare; quasi tutto
deriva da pratica ed esperienza: più tenterai
di dare alla batteria il suono che vuoi, più ci
sarai vicino e imparerai tecniche e trucchi
che ti saranno sempre utili. Bisogna solo
provare.
Penso che tutti sappiano la regola base: quando si stringono le viti di tensione/tiranti, queste
schiacciano il cerchio (in genere metallico) che preme a sua volta la pelle contro il fusto. La
tensione sulla pelle, comunque, è concentrata soprattutto intorno alla zona del tirante in questione,
e diminuisce al crescere della distanza da esso (la differenza è chiara se suoniamo con la
bacchetta sul centro della pelle e vicino ai bordi). Più si stringono i tiranti, più acuto sarà il suono
del tamburo.
La seconda regola non è invece tanto ovvia: i tiranti devono essere avvitati in un ordine
specifico, che dipende dal numero dei tiranti stessi (da 4 - batterie economiche - fino a 10 grancasse di qualità -). Il principio di base è che bisogna stringere tiranti opposti, perché, come
già detto, la tensione non è uniforme su tutta la pelle ma è maggiore vicino al cerchio. Così, se si
stringono i tiranti nel loro ordine normale, il suono non sarà uniforme, perché, nonostante il suono
nel centro della pelle (dove si deve suonare) è buono e costante, se colpisci la pelle in altri punti,
tutti avranno suoni diversi.
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COME CAMBIARE LA PELLE
Molta gente butta la vecchia pelle, compra una qualsiasi pelle del diametro giusto, la mette sul
fusto e stringe i tiranti. Che brutto modo di cambiare una pelle! Seguimi in questi pochi passi per
fare una giusta sostituzione!
• Ricorda la posizione del cerchio prima di rimuoverlo: il cerchio nel tempo si sarà adattato
alla forma del fusto, ed è meglio rimetterlo nella sua posizione naturale.
• Passa della cartavetrata a grana fine sui bordi, se vedi schegge o irregolarità del legno
che possono danneggiare la pelle, o comunque comprometterne un buon posizionamento.
Attenzione però al tipo di cartavetrata: che sia a grana fine, e attenzione a non usarla con
troppa forza, altrimenti si rischia di danneggiare il legno. È meglio pulire e spolverare
l'interno del fusto a questo punto, prima di richiuderlo per chissà quanto tempo.
• Poggia la pelle sul cerchio, girandola per cercare la migliore posizione (non per mettere la
scritta della marca della pelle in alto, ma per fare in modo che la pelle non faccia gioco).
• Rimetti il cerchio nella posizione originale
• Rimetti i tiranti e stringili applicando una tensione media, seguendo l'ordine del disegno
precedente.
• Prima di andare avanti, poggia le mani, una sull'altra, sulla pelle (con il tamburo poggiato
sul pavimento) e schiaccia con forza finché senti un chiaro crack: tranquillo, la pelle non si
romperà, quel suono è una prova che la pelle si è assestata sul fusto e sarà più facile
accordarla. Il crack in particolare é prodotto dagli assestamenti del collante che attacca la
pelle al suo cerchietto di metallo. Questo trucco permetterà alla pelle di rimanere accordata
per più tempo, perché, quando la pelle è nuova (proprio come per le corde per chitarra),
tende molto facilmente ad allentarsi perdendo l'accordatura. Fare questo passaggio
all'inizio ci farà risparmiare tanto inutile lavoro di accordatura nei primi giorni di utilizzo.
• Continua ad accordare la pelle seguendo l'ordine. Ora dovrai accordare la pelle con se
stessa: colpisci la pelle a 2/3 cm dai tiranti, e stringili o allentali fino a che non senti lo
stesso suono provenire da tutti i diversi tiranti. Una volta che la pelle è accordata con se'
stessa,
si
può
procede
a
portarla
all'accordatura
che
si
vuole.
Ovviamente, procedendo con l'accordatura, bisogna accertarsi che la pelle rimanga
accordata con se stessa: é probabile che saranno necessari dei piccoli aggiustamenti su
qualche tirante.
Tieni conto che ogni fusto si adatterà meglio a certe particolari tensioni della pelle: il suono
prodotto da questa varia con la tensione; quando si trova il suono che é una frequenza di
risonanza del tamburo, il suono risultante sarà decisamente più pieno e corposo.
ACCORDARE LA PELLE RISONANTE (DI SOTTO)
All'inizio si diceva che con l'accordatura il batterista può ottenere il suono che vuole per quanto
riguarda durata, attacco, e timbro. La pelle di sotto (chiamata anche "risonante") è l'artefice di
questi diversi aspetti. Per esempio: se vuoi un suono forte, corposo, lungo e costante, le due pelli
dovranno avere la stessa accordatura.
Le tre possibilità generali sono, a grandi linee, le seguenti:
- UGUALE ACCORDATURA: Con questa accordatura avrete un suono regolare, forte e lungo.
- PELLE RISONANTE PIÙ GRAVE: Questa accordatura produce un suono abbastanza profondo e
corposo, con meno armonici che col metodo precedente.
- PELLE RISONANTE PIÙ ACUTA: Con questa accordatura il suono scenderà di altezza
velocemente. Provateci!
Fate sempre in modo che la differenza di accordatura fra le due pelli (se vi è una differenza) sia
sempre leggera.
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LA SCELTA DELLA PELLE
Sempre quando comprai la mia prima batteria (gloriosa Thunder...), rimasi sorpreso anche del fatto
che quella che tutti chiamano pelle non era fatto in pelle animale (per fortuna), ma in brutta
plasticaccia! In realtà le pelli sono fatte in plastica dal 1950, quando la REMO ebbe l'idea di
cambiare il materiale. La varietà di modelli e di marche di pelli (Remo, Acquarian, Evans, Attack...)
presenti sul commercio dovrebbero poter accontentare ogni esigenza. Molti abbinano un genere
musicale a un tipo di pelle. Ovviamente non è una scelta obbligata, ma, se vuoi suonare jazz,
dovresti volere un suono acuto e leggero, pieno di armonici; così sicuramente userai delle pelli
diverse da quelle di tuo cugino batterista brutal-death...
La regola generale è davvero ovvia: più la pelle è spessa, più il suono sarà cupo e tendente al
grave (come per le corde). Infatti una pelle spessa vibra lentamente e produce basse frequenze.
Ci sono anche altre cose da conoscere: le pelli a doppio strato producono un suono più caldo di
quelle monostrato, e diminuiscono gli armonici (come le Remo Pinstripe: quelle con la linea
circolare nera vicina al bordo). Ci sono poi pelli, sempre con due strati, separati però da un liquido
per enfatizzare questa caratteristica (infatti sono chiamate idrauliche). È per questo che i batteristi
metal, rock, punk, comprano in genere pelli idrauliche o comunque a doppio strato, appunto per
avere un suono ricco di basse frequenze e povero di armonici. Le pelli col cerchio (quasi sempre
nero) al centro hanno lo stesso compito, ma sono un po' più leggere.
Ma che sono questi armonici? Semplicemente parlando: quando colpisci un tom, un tamburo in
genere, il suono che viene prodotto è la somma di suoni di diversa frequenza, di solito multipli di
una frequenza fondamentale. Per saperne di più consultate la sezione sugli armonici.
Spesso questi suoni accessori non sono graditi ai batteristi, che vogliono dai loro tamburi un timbro
più puro. Vuoi sapere come eliminarli?? Seguimi nel prossimo paragrafo.
USO DELLE SORDINE
Nell'estate del '98, quando sono andato in villeggiatura nella mia villetta a mare (Polignano, vicino
Bari, gran bella zona!), ho avuto vari problemi, perché ogni volta che iniziavo a suonare, tutta la
gente
nelle
case
vicine
cominciava
ad
urlare
e
maledirmi...
È stato in questa occasione che ho scoperto da solo ciò che tutti chiamano "sordine". Presi il mio
fazzoletto e lo poggiai sul timpano: notai che questo teneva basso il volume e addirittura migliorava
il suono del timpano (questo può succedere, con una batteria supereconomica di importazione
coreana...). Puoi rifare quello che ho fatto io attaccando alla pelle (vicino al cerchio), con del nastro
adesivo, qualsiasi cosa morbida: kleenex, pezzi di stoffa, ovatta... Per eliminare gli armonici avrai
bisogno di sordine piccole; queste saranno invece molto più grosse se ti trovi nella mia situazione
(vicini anziani...) e devi ridurre di parecchio il volume, o se magari devi suonare in casa per
allenarti (pazzo!!!).
Considera comunque che più materiale attacchi alla pelle, più il rimbalzo sarà smorzato. Questo
potrebbe non preoccuparti, se suoni musica pop o commerciale, o comunque cose lente e non
impegnative; ma se sei un "jazzista", un punkettaro o un batterista che comunque cerca di sfruttare
il rimbalzo a proprio vantaggio, questa è una conseguenza negativa.
Se hai abbastanza soldi da spendere, puoi comprare quei cerchi in plastica da poggiare sulle pelli,
che renderanno anche più caldo e gradevole il suono, o puoi ritagliarli da vecchie pelli (come fare
tagli circolari? con un compasso a doppia punta!! Eh eh, funziona...). Ho visto anche sordine
meccaniche in feltro, da applicare sui tom (come quella interna di alcuni rullanti), ma non le ho mai
provate.
Recentemente ho visto delle sordine in materiale sintetico (tipo gomma) che, poggiate alle pelli,
rimangono attaccate. Inoltre é possibile tagliarle a piacimento per ridurre l'effetto, e sono
riutilizzabili. Se non sbaglio la marca era RTom, se qualcuno le avesse provate aspetto i
commenti!
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ACCORDATURA E SORDINE DEI PEZZI SPECIFICI
•
•
I tom tom: per i tom valgono le tre regole generali di cui abbiamo parlato già molto nella
sezione: "accordare la pelle di sotto": la maggior parte dei batteristi accorda la pelle di sotto
leggermente più acuta di quella battente, ma consulta la sezione apposita.
Il rullante: la pelle battente dovrebbe essere sempre abbastanza tesa per sfruttarne il
rimbalzo, mentre quella risonante deve essere molto tesa per un buon utilizzo della
cordiera. È meglio non applicare sordine a questo pezzo, sempre per la questione del
rimbalzo.
Se senti friggere la cordiera quando colpisci i tom (specialmente il timpano), questo succede
perché le due pelli sono accordate in modo da condividere certe frequenze. Come la vibrazione
della pelle, colpita, trasmette le onde sonore all'aria interna al pezzo, cosí avviene il viceversa: le
onde sonore prodotte dal colpo di timpano entrano nel rullante, e in qualche modo si amplificano
mettendo in vibrazione le pelli e la cordiera. É lo stesso fenomeno per cui possiamo far suonare un
diapason, senza toccarlo, se gli avviciniamo un diapason identico già in vibrazione, ed é detto
risonanza. Per eliminare del tutto il fenomeno basterebbe, comunque, cambiare leggermente
l'accordatura del rullante e del pezzo "eccitatore", quando questo sia possibile. Se non si vuole
cambiare accordatura si può mettere dei piccoli strati di fazzoletti di carta fra la cordiera e la pelle
risonante, il più vicino possibile al cerchio. In ogni caso l'effetto dovrebbe essere molto poco udibile
quando si prova col gruppo, e quindi il più delle volte non serve prendere provvedimenti.
Ovviamente il discorso é diverso se si deve registrare.
•
La cassa: che lavoro infame accordare bene una cassa. Ho sentito un sacco di batteristi
che suonavano con casse che producevano troppo eco e troppi armonici, perché non
sapevano come applicare le sordine. Ho anche visto batteristi che riempivano la cassa di
bottiglie di Sprite, TV vecchie, fustini di Dixan, 50 numeri di Playboy, pezzi di sofà...
La virtù, come diceva Platone, sta nel mezzo: non bisogna mettere una quantità eccessiva
di materiale, ed è meglio che questo non copra la parte dove il battente va a colpire. La
pelle battente dovrà avere un'accordatura grave, mentre la pelle frontale deve essere quasi
completamente mollata: se le pelli sono tese, il suono sarà rimbombante; noi vogliamo
invece un suono pulito, secco, di quelli che si sentono nel petto ai concerti (che bisogna
rassegnarsi a non potere ascoltare mai dalla propria batteria... ). Se puoi, compra una pelle
con sordina interna incorporata (di quelle col cerchio di feltro interno): funzionano
benissimo anche sulle batterie economiche e anche con pochissime sordine aggiunte. La
Powerstroke 3 ne é un esempio. Comunque una pinstripe o un'altra pelle a doppio strato
andrà bene lo stesso.
ACCORDATURE "ALTERNATIVE"
Più le batterie sono economiche, meno durerà la loro accordatura (questo è dovuto alla bassa
qualità dei blocchetti tendipelle). Comunque, anche con batterie professionali, l'accordatura non
dura per sempre. Per evitare questo fastidioso problema ci sono batterie con blocchetti particolari,
che, una volta accordate, rimangono accordate più a lungo perché i tiranti restano fisicamente
bloccati nei blocchetti (le ottime batterie canadesi Ayotte...). Esistono anche batterie che vengono
accordate agendo su un singolo tirante, che funziona per tutta la pelle: con questa funzione non ci
sarà bisogno di controllare se la pelle è accordata con se' stessa... Hmm, tecnologia!!
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GLI ARMONICI
Abbiamo visto, nella sezione precedente, come analizzare un suono puro, ovvero quello di
un'onda sinusoidale. Abbiamo già detto che i suoni degli strumenti musicali non sono suoni puri,
ma una combinazione di un "suono base" e di suoni a questo correlati. Il primo viene chiamato
fondamentale, mentre gli altri sono detti armonici. Questi di
solito sono correlati in modo molto semplice al suono
fondamentale, in quanto sono multipli interi della sua frequenza.
Per esempio, quando sul piano si suona il la sopra al do
centrale, la cui frequenza é di 440 Hz, il suono che sentiremo
sarà composto proprio da questa frequenza fondamentale e dai
suoi multipli interi (880 Hz, 1320 Hz...).
Le differenze di intensità fra i vari armonici sono indispensabili,
musicalmente parlando. É grazie a queste che riusciamo ad
associare a ogni strumento il suo timbro. Proprio dal nome si
capisce che il timbro é una caratteristica intrinseca dello
strumento: un violino e una viola che suonano la stessa nota
sono riconoscibili solo dal timbro, appunto dalle diversità di
volume dei vari armonici; la nota fondamentale resta la stessa.
Ma perché é impossibile produrre un suono puro con uno
strumento musicale? Principalmente perché ogni suono é
prodotto da un oggetto (una pelle colpita da una bacchetta, un
piatto, o una corda) che, messo in vibrazione, non é attraversato da un unica onda, ma da un'onda
complessa, fatta da più onde elementari. Nell'immagine a sinistra si vedono quattro possibili modi
di vibrazione di una corda, ovvero quattro tipi di onde che si possono generare, che corrispondono
proprio alle prime quattro componenti armoniche del suono risultante. Infatti la corda non solo
seguirà l'onda fondamentale (prima armonica) ma vibrerà anche secondo le altre onde, in
sostanza secondo tutte le onde la cui lunghezza é sottomultiplo della lunghezza della corda.
Queste onde si chiamano onde stazionarie. Il timbro risulterà diverso a seconda del materiale,
della tensione e dello spessore, parametri che combinati in maniera diversa genereranno una
diversa combinazione di armoniche (ovvero di onde stazionarie nella corda). I chitarristi sanno
anche che il timbro (le armoniche generate, ovvero ancora le onde che si instaurano nella corda)
dipende anche dal punto dove si da' la plettrata: avremo un suono più squillante (alte frequenze)
vicino al ponte, più pieno invece verso metà corda.
Tutto ciò accade anche sulle pelli delle nostre batterie: questa volta le onde saranno circolari e non
longitudinali, però. Anche qui la tensione, le dimensioni e il tipo di pelle influenzano il timbro finale,
e analogamente il suono sarà diversissimo a seconda del punto in cui colpiamo la pelle (molte
armoniche ad alta frequenza vicino al cerchio, un suono invece più secco e con più bassi al
centro).
Quanto detto é importantissimo perché ci permette di capire come funzionano le sordine: queste,
applicate sulla pelle, impediscono che questa si muova seguendo tutte le onde stazionarie la cui
lunghezza d'onda é comparabile o più piccola delle dimensioni delle sordine. Quindi permettono
alla pelle di muoversi secondo onde a bassa frequenza (la fondamentale), ma ostacolano in modo
via via maggiore le onde a frequenza più alta (lunghezza piccola). Sordine man mano più grandi
elimineranno frequenze man mano più basse, ovviamente (sino a soffocare completamente il
suono del tamburo). Ecco spiegato, fisicamente, come si eliminano gli armonici!
Cerchiamo ora di capire cosa succede quando diverse onde base si sommano per generare un
suono più complesso.
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Nell'immagine a sinistra abbiamo in rosso il suono fondamentale
(o prima armonica), mentre in blu é rappresentata la sua seconda
armonica, di frequenza doppia. Prima e seconda armonica sono
perfettamente in fase, ovvero gli zeri della frequenza
fondamentale cadono su zeri dell'armonica (per zeri si intende i
punti dove la funzione assume, appunto, valore zero, e quindi
taglia l'asse orizzontale). Il suono risultante (nero) avrà un suo
andamento
particolare,
come
evidenziato
in
figura.
Ora abbiamo semplicemente annullato l'allineamento fra i due suoni. Notate come il suono
risultante abbia un andamento molto diverso dal caso precedente: poiché abbiamo disposto la
fondamentale e la sua armonica in modo da allineare i massimi, e poiché, per ogni valore
orizzontale, il valore verticale del suono risultante é la somma dello stesso valore orizzontale dei
due armonici, i massimi del suono complesso sono perfettamente allineati a quelli dei suoi suoni
componenti.
Adesso abbiamo due armonici oltre la fondamentale. Nel primo caso sono perfettamente in fase
tra loro. Notate come il suono risultante, seppur differente, somigli a quello del primo esempio
(guardate dove cadono i massimi e i minimi, dove stanno gli zeri, e notate come l'andamento
generale -salite e discese- sia simile nei due casi).
Nel secondo caso invece abbiamo allineato i massimi di fondamentale e armonici, come già visto
in precedenza: anche qui il suono complesso, con le dovute differenze, é una naturale evoluzione
del secondo caso).
Potremmo portare la composizione a decine, centinaia di armoniche, e, perché no, all'infinito. C'é
una teoria matematica, l'analisi armonica di Fourier, che ci assicura che i suoni reali possono
ssere scomposti (e quindi ricomposti) facendo uso di un numero molto elevato di sinusoidi
semplici. Queste possono arrivare all'infinito, ma spesso un numero limitato (sull'ordine delle
decine) é più che sufficiente per molti scopi (come ad esempio veniva fatto nei primi sintetizzatori,
che, appunto, a partire da sinusoidi semplici -e spesso con algoritmi che vanno molto al di la' della
mia e della vostra comprensione! - riescono a produrre suoni dai timbri più vari).
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Abbiamo visto come differenze di fase delle onde elementari portino a suoni complessi differenti.
Tuttavia é stato dimostrato che la fase relativa fra le varie armoniche non é molto influente sul
suono finale: ciò che invece é molto rilevante é, come già detto più volte, l'intensità dei singoli
armonici. Guardate infatti queste due ultime immagini, differenti solo per l'intensità degli armonici.
Agendo solo sull'ampiezza delle armoniche, senza spostarle, abbiamo ottenuto due suoni
complessi molto differenti.
CHI HA PAURA DEGLI SPETTRI?
Abbiamo detto che gli armonici, con le loro differenti ampiezze, ci permettono di distinguere vari
strumenti che suonano la stessa nota, perché contribuiscono fortemente al timbro risultante. Ora
vedremo un esempio pratico di questo concetto, ma prima dobbiamo introdurre un ulteriore
nozione a ciò che abbiamo già appreso, ovvero lo spettro. Con questo termine si intende un
grafico in cui sono indicate le frequenze sull'asse orizzontale, in ordine crescente, mentre sull'asse
verticale viene riportata la densità di energia per la data frequenza, ovvero quanto, di quella
componente di frequenza, c'é nel suono. Quindi non si analizza l'andamento temporale del suono,
ma solo il suo "contenuto armonico". I prossimi due grafici rappresentano proprio lo spettro di due
suoni: in particolare la stessa nota (un LA) suonata da un pianoforte e da un violino.
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Cerchiamo di analizzare i due spettri. É evidente come gli armonici cadano alle stesse frequenze
per entrambi gli strumenti, ed é anche chiaro come lo spettro sia formato da righe verticali, o
comunque striscie molto strette e ben localizzate intorno ai vari armonici. Queste frequenze, e le
relative note ed ottave (tra parentesi), le trovate indicate sulle immagini. Confrontando poi i due
spettri é evidente come l'intensità degli armonici sia diversa nei due strumenti: per il piano abbiamo
un'intensità decrescente linearmente nei vari armonici, per il violino invece abbiamo un andamento
molto irregolare. In questa sede é bene specificare che, mentre le fondamentali di molti strumenti
non si estendano oltre i 4000 Hz, gli armonici possono spingersi ben oltre questa soglia.
Spostando maggiormente l'attenzione al nostro strumento, c'é da notare che, come sempre, le
cose diventano più complesse. Anche qui si avranno dei suoni ibridi, ovvero formati dalla
fondamentale più altre frequenze, tuttavie queste non saranno armonicamente collegate alla
fondamentale, ovvero non saranno multipli interi di questa. In questo caso é meglio chiamare
queste frequenze parziali, meglio ancora parziali non armoniche.
Non finisce qui. Ecco lo spettro del suono di un crash.
Salta subito all'occhio che non abbiamo più una
distribuzione discreta (ovvero a intervalli regolari) di
frequenze, ma queste si estendono su un'ampia fascia,
con la fondamentale a circa 4000 Hz, fino ad arrivare a
quasi 15000 Hz, con frequenze il cui valore e la cui
densità sembra essere quasi casuale. Questo é
evidente all'orecchio: il suono di piano e violino é infatti
(quasi) periodico, mantiene fissa una nota (la nota
suonata), il piatto invece ha un suono molto più irregolare. Riusciremmo sí a riconoscere la nota
fondamentale, ma é chiaro che c'é una serie di suoni accessori non collegati direttamente alla
fondamentale.
Inoltre é bene dire che lo spettro é tanto più esteso quanto più il suono é corto. In generale i suoni
percussivi (e i rumori) hanno infatti uno spettro molto esteso.
Riassumiamo un po' quello che abbiamo capito fino ad ora:
- le differenze di volume dei vari suoni derivano da differenze di ampiezza
- le differenze di tonalità dei vari suoni derivano da differenze di frequenza
- le differenze timbriche dei vari suoni derivano dal diverso contenuto armonico
Ovviamente non abbiamo ancora finito: tutti i suoni (e soprattutto quelli a percussione), infatti, non
durano in eterno, ma un tempo finito. Nella prossima sezione cercheremo di capire l'evoluzione nel
tempo di questi suoni: come "nascono", si sviluppano nel tempo, e finiscono
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L'INVILUPPO
Come sempre si usano brutte parole per descrivere cose abbastanza immediate e semplici. Con il
termine inviluppo ci si riferisce all'andamento del suono nel tempo. Stiamo lasciando
momentaneamente da parte l'analisi delle struttura del suono in varie frequenze (analisi armonica)
per soffermarci su quella temporale.
Tutti i suoni partono da un volume zero, arrivano al volume massimo, e poi, dopo un'evoluzione
variabile nel tempo, tornano a volume zero. Riprendiamo subito il confronto fra il suono di una nota
di violino e una di pianoforte.
La prima delle due immagini rappresenta l'inviluppo di una
nota di pianoforte (nuovamente potete ascoltarla clickando
sull'immagine). Notate come il suono raggiunga subito
l'intensità massima, per poi cominciare subito la discesa, in
maniera logaritmica (ovvero all'aumentare del tempo il suono
scende d'intensità, ma sempre meno velocemente). Questo
contraddistingue in modo caratteristico il suono del piano, e in
genere tutti i suoni di natura percussiva (dopotutto nel piano le
corde sono percosse da martelletti): é impossibile per l'esecutore prolungare la nota ulteriormente
(a meno di usare l'apposito pedale che solleva gli smorzatori delle corde, ma in ogni caso l'effetto
non é completamente controllabile dal pianista). É anche difficile stabilire esattamente quando il
suono cessa del tutto, in quanto all'inizio la decrescita é molto veloce (la pendenza é alta), mentre,
man mano che il tempo passa, la decrescita diviene meno rapida, e diremo che il suono cessa
quando il suo volume scende sotto il rumore di fondo dell'ambiente.
L'inviluppo della cassa, dei tom e del rullante, é pressocché identico a quello del piano: anche in
questo caso si raggiunge immediatamente l'ampiezza massima per poi scendere velocemente di
volume (parecchio più velocemente di quanto avviene nel piano).
Completamende diverso é l'inviluppo del violino (immagine a
sinistra, nuovamente potete ascoltare il suono clickandovi
sopra). Qui non c'é un punto che ha chiaramente un'ampiezza
maggiore degli altri, o meglio ce n'é più di uno, e comunque le
differenze sono piccole e non percepibili immediatamente da
parte dell'orecchio come volume maggiore. In questo caso
moltissimo dipende dall'esecuzione: la nota può avere un
picco iniziale, o può raggiungere il massimo nella parte finale,
o può mantenere un volume costante senza nessun picco in
particolare a seconda della volontà del musicista.
In ogni caso per tutti gli strumenti (e i suoni in genere) é possibile distinguere 4 fasi dell'inviluppo,
note come ciclo A-D-S-R:
- attack (attacco): la fase in cui il suono si genera e aumenta
di intensità. Nei suoni percussivi é rapidissimo.
- decay (decadimento): la fase dell'inviluppo in cui il suono
decresce di intensità portandosi dall'attacco iniziale alla fase
successiva. Questa fase può anche mancare del tutto, per
lasciare il posto alla fase di sustain.
- sustain (mantenimento): in questa fase l'intensità del suono
non subisce grandi sbalzi, resta grosso modo costante.
- release (rilascio): é la fase finale del suono, che passa
dall'intensità più o meno costante della fase di sustain, a
un'intensità inferiore al rumore di fondo.
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Tornando al nostro esempio, ecco di nuovo i due grafici dell'inviluppo, con indicate le varie fasi.
Dopo quanto abbiamo detto, possiamo certamente dire che sia l'inviluppo, quanto il contenuto
armonico, contribuiscono a caratterizzare in modo inequivocabile ogni strumento, a dargli il suo
caratteristico suono, tanto da renderlo riconoscibile in un gruppo e addirittura in un'orchestra.
In fase di registrazione si interviene in maniera più o meno drastica sull'inviluppo mediante i
processori di dinamica. Principalmente compressori e gate vengono usati per enfatizzare il
carattere percussivo della batteria, aumentando la differenza di volume fra l'attacco e le fasi
successive.
Abbiamo detto inoltre che per l'analisi armonica si studia lo spettro del suono, ovvero l'intensità in
funzione della frequenza. Per studiare l'andamento temporale ne studiamo invece l'inviluppo, cioé
l'ampiezza in funzione del tempo.
E se volessimo avere contemporaneamente entrambi i dati, ovvero l'analisi sia temporale sia delle
frequenze? In questo caso bisogna usare un grafico in tre dimensioni, in cui su un'asse siano
riportate le frequenze, su un altro il tempo e sull'ultimo l'ampiezza. Nell'immagine in basso vedete
lo spettro 3D dello stesso suono di violino che abbiamo usato in queste pagine. Chiedo scusa ai
metallari per i colori freakettoni, ma era l'unica modo per avere un grafico chiaro...
Confrontate questa immagine con lo spettro 2D della pagina precedente e noterete che le
frequenze coincidono, trattandosi ovviamente dello stesso suono. Lo spettro classico, in 2D, é
ottenuto facendo una media temporale sull'intero suono, o sulla porzione che ci interessa.
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