Strumenti musicali africani - Galleria Fotografica IC Cologna Veneta

MUSICA e STRUMENTI AFRICANI
La musica africana, nel senso di musica originaria dell’Africa, è eterogenea, riflette la varietà
etnica, culturale e linguistica del continente. L'espressione "musica africana" viene talvolta usata
anche in modo più specifico per riferirsi alla musica dell'africa subsahariana, essendo la tradizione
musicale del Nordafrica essenzialmente sovrapponibile a quella mediorientale. Elementi
mediorientali si trovano anche nella musica dei popoli della costa est del continente, che risente
anche di influenze indiane, persiane e in generale degli effetti degli scambi commerciali e culturali
sull'Oceano Indiano. In ogni caso, anche all'interno di queste tre aree principali: Nordafrica, Africa
subsahariana, Africa orientale, esiste una grandissima diversificazione degli stili sia della musica
etnica tradizionale che della musica moderna. Quest'ultima risente praticamente ovunque (ma
soprattutto nei paesi con una forte eredità coloniale) dell'influenza della musica leggera europea e
statunitense. D'altra parte, la diaspora africana e il conseguente diffondersi in America ed Europa
della tradizione musicale africana ha influito in modo determinante sullo sviluppo della musica
leggera occidentale.
Nell'Africa subsahariana la musica e la danza sono quasi sempre elementi centrali e fondamentali
della cultura dei popoli, e sono dotati di grande valore sociale e religioso. Ogni etnia ha una propria
tradizione musicale così come ha una propria tradizione letteraria e un proprio insieme di regole e
credenze; ogni gruppo sociale possiede un repertorio musicale di riferimento e dei sottogeneri
appropriati a determinate celebrazioni (per esempio nascita, passaggio all'età adulta, matrimonio,
funerale) o anche semplicemente attività quotidiane come il raccolto nei campi e lo smistamento
delle riserve alimentari.
Ciò che ritroveremo sempre in ogni variante musicale, a prescindere dallo scopo per cui viene
prodotta, è la caratteristica poliritmia, la capacità cioè di sviluppare contemporaneamente diversi
ritmi e di mantenerli in modo costante ed uniforme, senza che uno prevarichi su di un altro. Una
particolare funzione sociale è rappresentata dalle percussioni e dalle campane che in molte zone
vengono utilizzati come strumenti di comunicazione. La musica è, ad esempio, una delle pratiche
più note e più impiegate per un griot ( o griotte) proprio perché in molti contesti le relazioni sono
spesso basate sull’impatto emozionale. Anche il canto è molto diffuso e riveste una funzione
sociale importantissima, durante i funerali, ad esempio, per ripercorrere le tappe dell’esistenza del
defunto, dunque mantenerne viva la memoria e per narrare le imprese degli antenati cui spetta il
compito di accogliere l’anima della persona mancata. Le epopee mitiche cantate dai griot, oltre a
mettere in evidenza il potere costituito, trasmettono gli avvenimenti particolari che fanno parte della
storia di una comunità e permettono una trasmissione facilitata proprio dal ritmo della melodia
sottostante. Il canto, la musica e la danza diventano da un lato veicoli di tipo simbolico e dall’altro
preziosi strumenti della memoria collettiva. La musica tradizionale si trasmette oralmente, dunque
non esistono spartiti o forme scritte in cui è possibile rinvenire delle melodie. Tutto viene creato e
comunicato direttamente ed è per questo che un aspetto importantissimo è dato
dall’improvvisazione.
La complessità ritmica delle musiche africane si è di fatto trasferita a molte espressioni musicali dei
paesi dell’America Latina; l’aspetto più affascinante di questa poliritmia è costituito dalla possibilità
di distinguere chiaramente i diversi ritmi pur percependoli unitariamente in modo coerente. Per
quanto riguarda la voce, è interessante notare che generalmente si utilizzano timbri canori
tendenti al rauco e al gutturale. Molte lingue locali, in Africa, sono di tipo tonale ed è per questo
che esiste un collegamento molto stretto tra la musica e la lingua. Conoscendo molto
approfonditamente queste lingue, è possibile riconoscere dei testi anche nelle melodie degli
strumenti ed è quest’effetto che ha dato fama al cosiddetto “tamburo parlante” (talking drum)
La complessità ritmica e la trasmissione del sapere musicale
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La musica dell'Africa sub-sahariana ha come caratteristica che la distingue, una complessità
ritmica che ha installato nelle musiche delle Americhe. La musica tradizionale si trasmette in
genere oralmente, dunque non esistono molti spartiti o forme scritte in cui è possibile rinvenire
delle melodie. Tutto viene creato e comunicato direttamente ed è per questo che un aspetto
importantissimo è dato dall’improvvisazione. La complessità ritmica delle musiche africane si è di
fatto trasferita a molte espressioni musicali dei paesi dell’America Latina; l’aspetto più affascinante
di questa poliritmia è costituito dalla possibilità di distinguere chiaramente i diversi ritmi pur
percependoli unitariamente in modo coerente.
Scale e Polifonia
Sistemi di scala variano tra le regioni; ci sono scale diatoniche ma le scale pentatoniche sono
anche molto diffuse. Gli intervalli sono spesso diversi da quelli usati nella musica europea. I
sistemi delle scale variano da zona a zona ma generalmente il più diffuso è quello di tipo
pentatonico (5 note), tipico dei Boscimani, dei Bantù e degli Ottentotti, mentre gli intervalli sono
spesso paralleli (di solito, terzo, quarto e quinto).
Strumenti musicali africani
In Africa, la musica tradizionale è caratterizzata proprio dall’utilizzo di particolari strumenti musicali,
spesso prodotti con materiali naturali come zucche, corna, pelli, conchiglie anche se attualmente è
in uso una vasta tipologia di materiali artificiali, perlopiù in alluminio o in metallo come lattine,
stringhe, tappi di bottiglia, bidoni.
Oltre agli strumenti in senso proprio, troviamo una serie di oggetti che pur non essendo
classificabili come strumenti, vengono di fatto suonati e definiti da queste stesse popolazioni come
"strumenti ritmici", vale a dire: sonagli, pendagli, fischietti, bracciali, conchiglie etc. Fra di essi uno
dei più antichi fu l'arco, che oltre alla funzione di arma, nel caso dei Boscimani, grazie alla corda
pizzicata o toccata, amplificata da vasi di legno o zucche vuote posti all'estremità, assunse anche il
ruolo di strumento.
In etnomusicologia, generalmente si suddividono gli strumenti musicali in quattro grandi
categorie:
IDIOFONI
Il suono è prodotto dallo strumento stesso senza particolari ausili o supporti
MEMBRANOFONI
Il suono è prodotto da una o più membrane che vengono battute con le mani o con bastoni
affusolati
CORDOFONI
Il suono è prodotto da corde, in cuoio o in nylon, che vengono pizzicate
AEROFONI
Il suono è prodotto dal fiato del musicista e canalizzato dallo strumento stesso
Anche il canto, spesso affidato alle donne durante le varie celebrazioni, riveste una particolare
importanza nell’ambito della musica africana, tradizionale e non.
Fra gli strumenti musicali africani si ricordano il tamburo, il gong e la campana duplice, mentre
fra gli strumenti melodici si annoverano gli archi, diversi tipi di arpa, il kora, il violino, molti tipi di
xilofono come il balafon, i lamellafoni come la m'bira o sanza e diversi tipi di strumento a fiato
come il flauto e la tromba.
Il grande numero di tamburi usato nella musica tradizionale africana include il tama (tamburi
parlanti), il bougarabou e il djembe nell'Africa occidentale, tamburi ad acqua nell'Africa centrale e
tipi diversi di tamburi spesso chiamati engoma o ngoma nell'Africa meridionale.
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Durante l'epoca coloniale, strumenti europei come il sassofono, le trombe e la chitarra furono
adottati da molti musicisti africani; i loro suoni furono integrati nei modelli tradizionali e sono usati
in maniera estesa nella musica popolare africana.
Relazione con la danza
Il trattamento di musica e danza come forme di arte separate è un'idea europea. In molte lingue
africane non c'è nessun concetto che corrisponde precisamente a questi termini. Per esempio, in
molte lingue di tipo Bantù vi è un concetto che può essere tradotto come canzone ed un altro che
copre ambo i campi semantici dei concetti europei di musica e danza. Così c'è una parola per
musica e danza (il significato esatto dei concetti può differire fra cultura e cultura).
Per esempio, in Kiswahili la parola ngoma può essere tradotta come "tamburo", "danza", "danza
religiosa", "danza celebrativa" o "musica", in funzione del contesto della frase. Comunque ogni
traduzione di un concetto singolo risulta essere incompleta.
Perciò, da un punto di vista interculturale, la musica africana e la danza devono essere viste in
collegamento molto stretto. La classificazione del fenomeno di questa area della cultura, in
"musica" e "danza", è estraneo a molte culture africane.
C'è un collegamento molto stretto tra la struttura poliritmica della musica africana e la struttura
policentrica di molte danze africane nelle quali parti diverse del corpo si muovono secondo
componenti ritmiche diverse.
La musica è ancora oggi estremamente funzionale nella vita africana, accompagnando sempre i
momenti più importanti della vita come la nascita, il matrimonio, la caccia e anche le attività
politiche. Molta musica esiste solamente per divertimento, variando da canzoni narrative a teatro
musicale estremamente stilizzato. Somiglianze con altre culture, particolarmente l'indiana e la
medio-orientale, possono essere attribuite principalmente alle invasioni islamiche.
L'Africa subsahariana viene talvolta indicata anche come Africa nera
DJEMBE
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Il djembe (trascritto anche come djembè, djembé, djambè, djambé, jenbe, jembe, djimbe e secondo altre
varianti) è un tamburo a calice originario dell'Africa Occidentale, in particolare della Guinea Conakry, Mali,
Burkina Faso, Senegal e Costa d'Avorio e oggi diffuso in tutto il mondo. Il djembè è composto da un calice in
legno ricoperto di pelle di capra o più raramente di mucca e da un sistema di tiraggio della pelle stessa,
formato da corde e da cerchi metallici. Viene suonato a mani piene e ha tre colpi principali, lo slap (suono
acuto), il tone (suono medio) ed il base (suono basso). Si tratta di uno strumento che viene raramente
utilizzato in solo ma che si suona insieme ad altri tamburi e ad altri strumenti, che vanno a costituire la
poliritmia, stabilendo attraverso le composizioni ritmiche, dei momenti di assolo per ogni tamburo.
DJUN DJUN
Triade di tamburi bipelle di forma cilindrica appartenenti alla tradizione malinké. A seconda delle etnie
vengono chiamati Dundun, DjunDjun o Dunun. I tre tamburi presi singolarmente hanno poi tre nomi specifici,
Dundunbà (il più grande, il basso), Sangban (il medio, il contralto) e Kenkenì (il più piccolo, il soprano).
Ogni tamburo ha poi la sua campana abbinata (cloche) Sempre a seconda delle etnie questi tamburi
vengono suonati in maniere diverse. In Guinea, per esempio, ogni tamburo con la sua campana viene
suonato singolarmente in posizione orizzontale da un musicista, mentre in Senegal, spesso vengono suonati
contemporaneamente da un solo musicista in posizione verticale (tipo batteria) e le campane vengono
eliminate o ridotte ad una sola e suonate da un'altro musicista.
La maggior parte dei ritmi si differenziano gli uni dagli altri dalle figure ritmiche dei dundun, mentre in genere,
le figure ritmiche dei djembè si rassomigliano tra loro.
I dundun montano pelle bovina ed il sistema utilizzato
x il montaggio ed il tiraggio è uguale. Esiste anche un altro sistema di montaggio, più naturale, che non
prevede l'utilizzo di cerchi di ferro. Essendo la pelle di bovino più spessa di quella di capra è consigliabile
tirare e accordare i tamburi usando la pelle ancora umida; il legno può essere di tutte le essenze già citate x
il djembè.
I colpi su questi tamburi sono essenzialmente due, uno aperto e uno pressato, e per suonarlo
vengono utilizzate delle mazze che, sempre a seconda dell'etnia, possono avere spessori e forme diverse.
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