THE FUTURE SOUND OF CLASSICAL RAI NUOVAMUSICA 2015 AUDITORIUM RAI “ARTURO TOSCANINI” DI TORINO THE FUTURE SOUND OF CLASSICAL 2 Indice Pag. 4 Presentazioni Pag. 8 Calendario Concerti Pag. 12 Note al 1° Concerto Pag. 19 Note al 2° Concerto Pag. 26 Note al 3° Concerto Pag. 32 Biografie dei compositori Pag. 44 Biografie degli interpreti Pag. 54 OSN Rai: biografia, riconoscimenti e discografia per la musica contemporanea Pag. 60 Informazioni e Biglietteria 3 L'edizione di quest’anno di Rai NuovaMusica è caratterizzata da una ricorrenza che verrà ricordata da molte istituzioni in Europa e negli Stati Uniti: sono i novant'anni anni di Pierre Boulez. Novant’anni di uno dei più importanti compositori in grado di plasmare la musica della seconda metà del secolo scorso influenzandola nelle scelte, nei modi, nella creazione di complessi specializzati e nelle tendenze culturali, come suol dirsi, a vasto raggio. E ancora si può dire uno dei compositori che ha lasciato il segno nella strategia direttoriale perché Boulez, oltre ad averci dato composizioni che resteranno a testimoniare il livello musicale della sua epoca, è stato un direttore d’orchestra capace di imporre metodi molto precisi di lettura e di interpretazione delle partiture. Basterebbe ricordare la sua direzione musicale alla New York Philharmonic, il suo “Ring” (con la regia di Patrice Chéreau) a Bayreuth, la sua discografia fitta di magistrali interpretazioni di Berg, Bartók, Messiaen e altri. Il secondo concerto, diretto dal giovane Francesco Lanzillotta, affermatosi più di una volta in produzioni con l’OSN Rai e che ha conquistato posizioni di rilievo in Italia, vede inoltre Tres piezas para orquesta di Luis de Pablo nella prima esecuzione integrale assoluta. Ancora una prima esecuzione assoluta quella di Vardzia di Gabriele Cosmi e infine, in prima italiana (dopo le prestigiose sale di Berlino e di Lucerna), l’accattivante titolo Le silence des sirènes di Unsuk Chin, giovane compositrice considerata tra le più interessanti del momento, interpretato dal soprano Donatienne Michel-Dansac. Direttore artistico dell’OSN Rai Sovrintendente dell’OSN Rai Cesare Mazzonis Michele dall’Ongaro Abbiamo voluto rendergli omaggio nel terzo concerto in questa doppia veste di compositore e direttore, proponendo uno dei suoi programmi più tipici, capace di includere brani suoi (quali Livre pour cordes, Notations I - IV e Notation VII) e brani di autori del ‘900 che amava dirigere (tra questi Olivier Messiaen e Anton Webern). Stefan Anton Reck, amico di Boulez e da lui stimato musicalmente, sarà alla guida dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai affrontando partiture di estrema complessità. Il primo concerto di Rai NuovaMusica è invece diretto da Tõnu Kaljuste, insieme sul palco al violinista Sergej Krylov (applauditissimo nelle scorse stagioni all’Auditorium Rai) che interpreta Offertorium di Sofija Gubajdulina, compositrice premiata e festeggiata da molte istituzioni musicali e in particolare dalla Biennale Musica di Venezia. La musica della Gubajdulina rappresenta qualcosa di molto particolare nel panorama musicale e, direi, di tipicamente russo: ha una forte capacità di coinvolgere ed emozionare, pur nell’uso di modi del tutto rigorosi e senza alcuna intenzione di “accattivare” l'ascoltatore. Inoltre, le appartiene un misticismo di fondo che la accomuna a molti grandi artisti del passato e del presente del suo paese. Completano il programma due brani di compositori scandinavi: Cantus Arcticus (Concerto per uccelli e orchestra) op. 61 di Einojuhani Rautavaara e la prima italiana di Swansong (Littlemore Tractus) di Arvo Pärt, compositore noto e apprezzato anche dalle giovani generazioni. A questi si aggiunge Claudio Ambrosini, le cui trascrizioni da Giovanni Gabrieli (Canzon XIII Canzon I Sonata XIX) si collegano idealmente a quelle di Salvatore Sciarrino del concerto successivo, in Storia di altre storie (musicali, ovviamente) con Davide Vendramin alla fisarmonica. 4 5 Nel 2015 si rinnova la collaborazione tra Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e Club To Club: per il sesto anno consecutivo, Rai NuovaMusica dedicherà spazio a una lineup di artisti avant-pop, curata dal festival internazionale di musica e arti, sotto il cappello The Italian New Wave, il format di Club To Club che attraverso showcase e iniziative mirate promuove la nuova creatività musicale nazionale in Italia e all’estero. Nel foyer dell’Auditorium Arturo Toscanini, i tre produttori presentano brani originali oltre a rielaborare una delle composizioni in programma per la serata. La rassegna si apre il 6 febbraio con Lorenzo Senni, forse l’artista elettronico italiano di maggior profilo all’estero, autore di quella che è stata definita pointillist trance; il 13 febbraio sarà la volta del musicista, produttore e co-fondatore dell’etichetta free jazz Floating Forest Alberto Ricca in arte Bienoise; protagonista della data di chiusura del 20 febbraio sarà Davide Salvati, produttore partenopeo conosciuto anche come Dave Saved, che nel 2014 ha raccolto i consensi unanimi di critica italiana ed estera. Tre appuntamenti a cavallo di avanguardie e musica leggera, con lo sguardo sempre rivolto a un futuro incerto ma luminoso. Direttore artistico Club To Club Festival Sergio Ricciardone 6 calendario concerti venerDÌ 6 FEBBRAIO 2015 venerDÌ 13 FEBBRAIO 2015 ore 20.30 e nell’intervallo - Foyer - Rai NuovaLounge Lorenzo Senni Rework e live set Club To Club Festival presenta The Italian New Wave ore 20.30 e nell’intervallo - Foyer - Rai NuovaLounge Bienoise Rework e live set Club To Club Festival presenta The Italian New Wave ore 21.00 Auditorium - Concerto ore 21.00 Auditorium - Concerto Tõnu Kaljuste direttore Sergej Krylov violino Francesco Lanzillotta direttore Donatienne Michel-Dansac soprano Davide Vendramin fisarmonica Claudio Ambrosini (1948) Canzon XIII Canzon I Sonata XIX (1998) (trascrizioni per orchestra, da Giovanni Gabrieli) Arvo Pärt (1935) Swansong (Littlemore Tractus) per orchestra (2013) (prima esecuzione italiana) Einojuhani Rautavaara (1928) Cantus Arcticus (Concerto per uccelli e orchestra) op. 61 (1972) Sofija Gubajdulina (1931) Offertorium. Concerto per violino e orchestra (1980/86) Salvatore Sciarrino (1947) Storia di altre storie per fisarmonica e orchestra (2004/05) Unsuk Chin (1961) Le silence des sirènes per soprano e orchestra su testi di Joyce (2014) (prima esecuzione italiana) Gabriele Cosmi (1988) Vardzia per orchestra (2014) (prima esecuzione assoluta) Luis de Pablo (1930) Tres piezas para orquesta 1 Eclair (1986/87) 2 Largo, en torno a una antigua canción popular (2011) 3 Co le tromme in bocca (2008) (prima esecuzione integrale assoluta) 8 9 venerDÌ 20 FEBBRAIO 2015 ore 20.30 e nell’intervallo - Foyer - Rai NuovaLounge Dave Saved Rework e live set Club To Club Festival presenta The Italian New Wave ore 21.00 Auditorium - Concerto Stefan Anton Reck direttore Pierre Boulez (1925) Livre pour cordes (1948/88) (Sezioni 1a e 1b da Livre pour quatuor) Olivier Messiaen (1908 - 1992) Et expecto resurrectionem mortuorum per orchestra di legni, ottoni e percussioni metalliche (1964) Anton Webern (1883 - 1945) Sei pezzi per grande orchestra op. 6 (1909) Pierre Boulez Notations I - IV e Notation VII per orchestra (1945/2004) Per i novant'anni di Pierre Boulez Tutti i concerti sono trasmessi da Radio3 10 Note ai concerti 1° concerto - venerdì 6 febbraio Le Sacrae Symphoniae stampate nel 1597 e la postuma raccolta di Canzoni e Sonate del 1615 sono le fonti dei tre pezzi di Giovanni Gabrieli (c. 1554/57-1612) scelti e riuniti da Claudio Ambrosini in queste trascrizioni del 1998. La Canzon per sonar septimi et octavi toni a 12 voci, tredicesima delle Sacrae Symphoniae, e la Sonata XIX a 15 voci (1615) sono a tre “cori”, tre gruppi strumentali la cui collocazione in diverse cantorie comporta una concezione dello spazio come parte del pensiero musicale: di per sé trascriverle per grande orchestra senza valersi delle condizioni spaziali originali è una “sfida”, come sottolinea Ambrosini, che non solo per questo compie una operazione più complessa della semplice trasposizione all’orchestra di oggi delle note (prive nell’originale di esplicita destinazione strumentale) del maggior compositore veneziano del tardo Cinquecento. Le note di Gabrieli ci sono tutte, in primo piano; ma si caricano di nuove suggestioni grazie al fatto che Ambrosini le immerge “in una sorta di fuga prospettica, insieme acustica e storica”, che consenta di rivivere la grandezza di queste pagine con la consapevolezza del tempo passato, accostando “nuovi suoni” a quelli della fine del secolo XVI. L’invenzione originale e personalissima del suono è uno degli aspetti più affascinanti della musica di Claudio Ambrosini, che inoltre a Venezia aveva compiuto anche studi di musica antica e imparato a suonare il cromorno. Non sorprende che abbia concepito queste trascrizioni con complessità e profondità prospettica, anche perché gli appartiene come compositore l’indagine su diversi piani sonori. Della grande orchestra da lui impiegata fanno parte molti strumenti a percussione, anche legati a tradizioni lontane come le campane giapponesi dobachi o i gongs thai. Nelle istruzioni premesse alla partitura si parla di tre tipi di suoni che si accostano a quelli in primo piano di Gabrieli, e nella partitura si leggono le indicazioni “colore”, “risonanza”, “ombra”. I “suoni-colore (come scrive Ambrosini nel suo testo di presentazione) “si sommano ai timbri della melodia originale proprio come i colori che il pittore impasta sulla tavolozza”; i “suonirisonanza immergono il suono principale, giuntoci dal Rinascimento, in un alone, quasi in un’aura luminosa”, e i “suoni-ombra sono invece sonorità, o anche intere linee melodiche, che vanno a disporsi discretamente ‘dietro’ a quelle originali, costituendone una sorta di alter ego a volte quasi impercettibile, subliminale”. Così accanto a momenti che rievocano il suono originale (pur con strumenti moderni) ce ne sono altri in cui i suoni ci giungono come “velati”, “come visti attraverso una nebbia o un vetro colorato”. Ambrosini propone un paragone con le tinte che in molti quadri di Warhol sottolineano diversità e distanza rispetto a un’immagine preesistente. Il paragone non deve però far pensare né alla pop art né al gelido sguardo dell’artista americano: il rapporto di Ambrosini con la Venezia di Giovanni Gabrieli mi sembra rivelare una partecipazione affettiva e suggestioni poetiche intense. Nella Canzon Septimi et octavi toni dalle Sacrae Symphoniae Ambrosini vede “una sorta di squarcio immaginario su una piazza San Marco festosa, animata dal suono delle campane e brulicante di vita, immersa nella luce di Canaletto o di Tiepolo, che a tratti può diventare quella indefinita di Turner”. Una battuta introduttiva aggiunta segna un rapido levar del sipario. Impossibile descrivere sinteticamente la minuziosa precisione delle indicazioni della partitura e la ricchezza degli interventi che creano suoni nuovi. Fondamentali in ciò sono i numerosi strumenti a percussione, le arpe e il pianoforte (preparato, e suonato anche in modi insoliti, ad esempio con una paletta metallica sulle corde). Da ricordare, fra l’altro, l’effetto “lontano” di campane tubolari e tam-tam in acqua. Un carattere più raccolto ha il secondo pezzo, l’unico che nell’originale comporta solo la presenza di cinque voci, la Canzon I dalla raccolta del 1615: qui si evoca il suono “antico”, anche con l’uso di strumenti come flauto in sol, corno inglese e fagotto , mentre agli archi si chiede di evocare le viole da gamba. Si inizia con il suono “pianissimo” del gong: “misterioso come una risonanza lontana, quasi un respiro o un vento”, si legge in partitura. Il gong è presente sempre: così sulla dimensione intima e raccolta di questo quadro, nota Ambrosini, “incombe [...] l’ombra oscura di un gong orientale. Grave, indecifrabile, ostinatamente, quasi minacciosamente vibrante”. Nel dialogare cameristico di archi e fiati, le percussioni e le arpe creano sonorità lievi e dolcissime, che si prolungano “come disperdendosi nel vento” alla fine. Dalla stessa raccolta del 1615 proviene la Sonata XIX a 15. All’inizio campane tubolari, thai gongs, arpe e pianoforti evocano un suono di “campane tristi e un poco lontane”, mentre le note di Gabrieli affiorano appena in pianissimo: è l’inizio di un percorso che il compositore paragona al restauro di un quadro annerito dal tempo, da suoni scuri allo splendore ritrovato della Venezia rinascimentale; ma senza mai rinunciare alla sottile, complessa definizione di diversi piani sonori. 12 13 Claudio Ambrosini Canzon XIII Canzon I Sonata XIX (trascrizioni per orchestra, da Giovanni Gabrieli) Data di composizione: 1998 Prima esecuzione assoluta: 1 ottobre 1998 – Milano Durata: 15’ ca. Editore: Ricordi/Ricordi Arvo Pärt Swansong (Littlemore Tractus) per orchestra (prima esecuzione italiana) Data di composizione: 2013 Prima esecuzione assoluta: 29 gennaio 2014 – Salisburgo Durata: 6’ ca. Editore: Universal/Ricordi Il titolo Swansong. Littlemore Tractus ci avverte che Swansong è la trascrizione per orchestra, compiuta nel 2013 (ed eseguita per la prima volta al Festival di Salisburgo 2014, direttore Marc Minkowski, Wiener Philharmoniker) di un pezzo per coro e organo, Littlemore Tractus, composto nel 2000-2001 ed eseguito per la prima volta nel febbraio 2001 in occasione del centenario della nascita del teologo John Henry Newman (21 febbraio 1821- 1890). Sacerdote anglicano, nel 1845 divenne cattolico, con una scelta che suscitò polemiche. Prese i voti a Roma nel 1847, entrò nella congregazione dell’oratorio dei Filippini, divenne cardinale nel 1879. Come poeta è autore del Dream of Gerontius che fu musicato da Elgar. Pärt per rendergli omaggio scelse poche frasi da un sermone (intitolato Wisdom and Innocence) tenuto a Littlemore nel 1843, un villaggio presso Oxford dove Newman si era ritirato nel periodo di riflessione che lo portò alla conversione. Il testo del pezzo corale è premesso anche alla trascrizione per orchestra. Traduco letteralmente: “Che Egli ci sostenga per tutto il giorno, fino a che si allungano le ombre, e viene la sera, e il mondo operoso si placa, e la febbre della vita è passata, e il nostro lavoro è compiuto! Allora nella Sua misericordia ci dia un sicuro asilo, e santa quiete, e alla fine pace”. Nel flusso continuo della parte dell’organo le voci del coro si inseriscono con la consueta semplicità di Pärt, intonando con una lenta concatenazione di elementari accordi le parole di Newman, sempre facendo rigorosamente corrispondere a una sillaba una nota, e sempre lasciando una pausa tra un frammento di frase e l’altro. La trascrizione orchestrale lascia trasparire la disposizione dell’originale vocale, pur facendo assumere a strumenti di volta in volta diversi il fluire continuo della parte dell’organo e la parte del coro (prima i legni, poi gli ottoni in varie combinazioni, e così via). 14 Einojuhani Rautavaara Cantus Arcticus (Concerto per uccelli e orchestra) op. 61 I. Suo II. Melankolia III. Joutsenet muuttavat Data di composizione: 1972 Prima esecuzione assoluta: 18 ottobre 1972 – Oulu Durata: 17’ ca. Editore: Fennica Gehrman Einojuhani Rautavaara è uno dei compositori finlandesi più affermati, si è formato a Helsinki e negli Usa (con Persichetti, Sessions e Copland) ha insegnato a lungo alla Accademia Sibelius di Helsinki (tra i suoi allievi Magnus Lindberg e Esa-Pekka Salonen, in Italia più noti di lui). Un percorso di ricerca non lineare lo ha portato a far uso di linguaggi diversi, sperimentando negli anni ’60 anche tecniche seriali, per accogliere poi diversi aspetti della tradizione. Kimmo Korhonen lo definisce “al tempo stesso romantico e intellettuale, mistico e costruttivista”. La sua vasta produzione comprende fra l’altro 8 sinfonie e 8 opere teatrali. Cantus Arcticus, “concerto per uccelli e orchestra”, composto nel 1972 per l’Università di Oulu, è uno dei suoi lavori più noti e più spesso eseguiti. Ovviamente il canto dei solisti di questo concerto, gli uccelli, è registrato su nastro. Le registrazioni sono state un poco elaborate in funzione del rapporto con l’orchestra, dove anche ai legni è richiesto talvolta di imitare le voci dei volatili. Come osserva l’autore, “l’effetto e la magia del pezzo nascono dal fatto che la parte orchestrale, in sé semplice, è concepita come contrappunto al canto registrato di uccelli artici, così che si crea una costante interazione tra orchestra sinfonica e uccelli. Le voci degli uccelli furono registrate nel circolo polare artico e nelle paludi a nord di Liminka”. Come il titolo del concerto, Cantus Arcticus, anche i titoli dei tre tempi (in finlandese Suo - Melankolia - Joutsenet muuttavat) hanno un forte carattere evocativo, intendono suggerire atmosfere, paesaggi, luci fredde o misteriose. In orchestra solo i legni imitano talvolta, in modo stilizzato, il canto degli uccelli, o hanno comunque figurazioni più mosse: gli archi si attengono ad andamenti lenti e austeri, come di corale, con i quali contrasta la dimensione “anarchica” delle voci registrate degli uccelli. Suo (Palude, acquitrino) inizia con due flauti che si scambiano mobili arabeschi (ritroveremo disegni affini più ampiamente sviluppati nel terzo tempo). In partitura all’inizio si legge l’indicazione “pensare all’autunno e a Čajkovskij”. All’entrata della registrazione degli uccelli intervengono altri fiati; infine, osserva 15 l’autore, “gli archi iniziano una melodia di ampio respiro che è come la voce interiore di un viandante che va errando in luoghi deserti”. Mentre la melodia, che coinvolge anche i corni e altri strumenti, si sta spegnendo, il clarinetto riprende un frammento dell’arabesco iniziale. In Melankolia (Malinconia) si ascolta subito il canto dell’allodola, trasposto circa due ottave sotto (rallentando il nastro registrato) per suggerire un che di irreale, quasi spettrale. Il mesto canto degli archi dà vita a un crescendo (non oltre il “mezzo forte”), coinvolgendo i fiati, e si estingue in pianissimo. Il titolo del terzo tempo, che si può tradurre “cigni in migrazione” è esplicitamente descrittivo. L’orchestra è qui divisa in quattro gruppi ai quali non è richiesto un coordinamento rigido: la loro combinazione è indicata, ma ammette una certa flessibilità. Inizia con la registrazione del suono caotico dello stormo di cigni, che si combina poi con il tremolo di violini e viole (I gruppo) e con disegni dei legni affini a quelli dei flauti all’inizio di Suo: qui però flauti, clarinetti, oboi (II gruppo) danno vita a un fitto intreccio che sembra trasferire in ambito strumentale le voci dello stormo di cigni migranti. L’entrata del III gruppo (inizialmente corni, violoncelli e contrabbassi, mentre il IV è formato da arpa e celesta) ripropone un andamento quasi di corale affine a quello di Suo, ma diverso, e protagonista di una sezione più lunga, e di un ampio crescendo che coinvolge man mano l’intera orchestra e approda senza timore di retorica al fortissimo sottolineato da un colpo di piatti. Al crescendo partecipano le voci dei volatili migranti. Nota Rautavaara: “anche sul nastro sovrapponendo le registrazioni delle voci dei cigni si crea un grande crescendo. Si ha l’impressione che il numero dei cigni aumenti continuamente, finché tutti scompaiono in lontananza”. Composto nel 1980 (e riveduto nel 1982 e 1986), Offertorium è uno dei lavori più noti di Sofija Gubajdulina, e non soltanto grazie alla registrazione e alle numerose esecuzioni con solista Gidon Kremer, il violinista per cui fu composto. Alla prima esecuzione, a Vienna il 30 maggio 1981 (con Kremer, Leif Segerstam e l’ORF, l’Orchestra della Radio austriaca), l’autrice non poté assistere: “eravamo nel 1981, e per me non era nemmeno concepibile chiedere un visto per andare a Vienna”, raccontò a Enzo Restagno. La prima esecuzione in Unione Sovietica fu a Mosca nel 1982, solista Oleg Kagan, direttore Gennadij Roždestvenskij. Nel sottotitolo è definito “concerto per violino e orchestra”; ma il titolo è denso di molteplici significati. Offertorium è innanzi tutto il nome di una parte della messa. Due anni prima, nel 1978, era stato composto un concerto per pianoforte e orchestra intitolato Introitus: come spiegò Sofija Gubajdulina a Restagno nel 1991 (nell’intervista che apre il volume EdT pubblicato in occasione della monografia di MITO SettembreMusica), Introitus e Offertorium facevano parte di “un ciclo immaginario di messe musicali, messe strumentali, senza parole, senza canto. [...] Un ciclo di opere per strumenti solisti”. Nel titolo è implicita anche l’idea di “offerta”: non per caso le prime note citano il celebre “tema regio” dettato da Federico il Grande a Bach e protagonista dell’Offerta musicale. Gubajdulina lo traspone in re minore e omette il re conclusivo. L’omaggio a Bach è anche un omaggio a Webern, perché a lui fa pensare la frantumazione timbrica che caratterizza la prima enunciazione del tema: una nota al trombone, una al fagotto, una alla tromba, due al corno, due ai flauti, e ancora corno, tromba, fagotto, corno, trombone, tromba. La strumentazione di Webern del Ricercare a 6 dall’Offerta musicale è diversa, ma si vale anch’essa della frantumazione del tema tra diversi strumenti (seguendo un criterio analitico). La prima parte di Offertorium è incentrata sul tema dell’Offerta musicale, che non è propriamente oggetto di variazioni, se non in un senso molto libero, perché viene “sacrificato” eliminando ad ogni episodio una nota all’inizio e una alla fine. A questa prima parte segue una parte centrale del tutto diversa, priva di riferimenti al tema; infine nella terza parte il tema di Federico il Grande riappare, ma in forma retrograda, dall’ultima nota alla prima. All’interno di questo disegno formale generale è più complesso l’intenso percorso espressivo. Il violino è un personaggio che stabilisce con l’orchestra molteplici rapporti. Nella citata intervista con Restagno l’autrice dichiara di aver composto Offertorium tenendo conto delle qualità del violinista cui era destinato, Gidon Kremer, e della sua capacità di passare “dal divino al diabolico, dal diabolico al sarcastico, dalla nuda espressività al lirismo più puro e poi nuovamente alla follia giocosa”, osserva Valentina Cholopova. E a Restagno Sofija Gubajdulina disse di Kremer: “Quando tocca una corda dello strumento si ha la sensazione di una vibrazione totale, come se tutta la sua energia vitale si raccogliesse in quel punto. Il suono così prodotto sembra il risultato di una azione sacra. [...]Mi fu subito chiaro che avrei voluto esprimere quella specie di dedizione totale dell’interprete all’atto del suonare e che il componimento sarebbe stato in qualche modo un’azione sacrificale”. 16 17 Sofija Gubajdulina Offertorium. Concerto per violino e orchestra Data di composizione: 1980/86 Prima esecuzione assoluta: 30 maggio 1981 – Vienna Durata: 40’ ca. Editore: Boosey/Ricordi L’azione sacrificale comporta anche netti contrasti e una forte drammaticità, già nella prima sezione del pezzo, dove ogni apparizione del tema (via via “sacrificato” eliminandone alcune note, finché resta il solo MI) suscita un nuovo episodio, con grande varietà espressiva. Una cadenza del solista può essere considerata la reazione al concludersi dell’azione sacrificale. Alla fine della cadenza il solista indugia sul fa diesis, su cui i fiati con arpe e pianoforte presentano una sorta di corale funebre che funge da transizione alla seconda parte di Offertorium. Vi si possono riconoscere a grandi linee due sezioni, la prima prevalentemente lirico-meditativa, la seconda con carattere di “scherzo malvagio” (Cholopova). Alla prima dà l’avvio una nobile melodia di ampio respiro del primo violoncello, la seconda inizia con un tumultuoso “più mosso” aperto dalla voce pungente del clarinetto in mi bemolle (lo strumento cui nella Fantastique Berlioz affida la trasformazione diabolicamente oscena dell’idée fixe). Lo scatenarsi delle “forze del male” (Cholopova) culmina in una densissima pagina che coinvolge archi e fiati in fitti disegni cromatici; poco oltre un violento fortissimo si rompe bruscamente nel silenzio, e dopo una pausa generale il solista inizia la terza e ultima parte di Offertorium, ricollegandosi alla cadenza che aveva concluso la prima parte. Si riascolta in orchestra la nota MI (che era rimasta ultima del tema “sacrificato”); poco dopo il violino solista e gli archi intonano un solenne corale, un canto che nella sua prosecuzione, in un “legato” ininterrotto, si spinge con lenta gradualità verso il registro acuto; alla fine il violino solista ripropone il tema regio in forma retrograda. In pianissimo il solista approda a un re sovracuto (re, in altro registro, era la prima nota del tema). Rispondendo a una osservazione di Restagno, che sottolineava la presenza di disegni discendenti in conflitto con il procedere ascensionale del violino, Sofija Gubajdulina dichiarava: “Per me non corrispondeva mai all’idea di una vittoria completa. Quei suoni acuti nell’esecuzione di Oleg Kagan mi sembravano una follia, l’estremo limite dell’angoscia. Ho sempre pensato che quel punto più alto non fosse un culmine, ma solo il punto provvisoriamente più alto dove la vittoria non si sente quasi e può solo essere immaginata in un futuro molto lontano”. Paolo Petazzi 18 2° concerto - venerdì 13 febbraio Salvatore Sciarrino Storia di altre storie per fisarmonica e orchestra I (Come senza tempo) 1 W.A. Mozart, Adagio KV 356 (617a) 2 G. de Machault, Rose Liz 3 D. Scarlatti, Andante cantabile L. 203 (K. 105) II 4 D. Scarlatti, Allegro L. 204 (K. 474) III 5 D. Scarlatti, Vivo L. 446 (K. 262) Data di composizione: 2004/05 Prima esecuzione assoluta: 18 febbraio 2005 – Colonia Durata: 30’ ca. Editore: Rai Trade Nel Libro XI delle Confessioni, Sant’Agostino riflette sulla natura del Tempo. Un passo dell’appassionato monologo recita: “Cos’è dunque il tempo? se nessuno m’interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi m’interroga, non lo so. Questo però posso dire con fiducia di sapere: senza nulla che passi, non esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga, non esisterebbe un tempo futuro; senza nulla che esista, non esisterebbe un tempo presente. Due dunque di questi tempi, il passato e il futuro, come esistono, dal momento che il primo non è più, il secondo non è ancora?” La risposta di Sant’Agostino tocca un tema cruciale anche del nostro rapporto con il mondo contemporaneo: “Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente e presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell’animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l’attesa.” La vera essenza del tempo dunque non consiste nella misura del moto dei corpi celesti, come sosteneva Aristotele, ma nella percezione del flusso della vita attraverso i vari fenomeni della coscienza indicati da Agostino, l’esperienza, la memoria e l’attesa. L’idea della relatività del tempo ha avuto un’influenza enorme sulla cultura del Novecento e in particolare sulla musica, arte che si sviluppa nel tempo per antonomasia. Sciarrino ha incrociato più volte la prospettiva esistenzialista del tempo nel corso della sua produzione, toccando uno dei momenti più lucidi di questa sua riflessione in una partitura per fisarmonica e orchestra sbocciata dieci anni fa da un antico amore per la musica di Domenico Scarlatti. Storie di altre storie cerca di scardinare, 19 com’è abitudine dell’arte di Sciarrino, la rigida visione cronologica del tempo, che il conformismo e la sete di profitto dei produttori di orologi inculcano nella mente dell’uomo moderno. L’artista ha il dovere di interrompere il cortocircuito della banalità quotidiana e in questo caso particolare lo fa raccontando delle storie che portano con sé, secondo le parole dell’autore, “digressioni lontanissime eppure l’una trasparente all’altra. Il futuro, a ben guardare, ci era apparso venato di passato. E nel passato saranno venature di futuro.” Il punto di partenza sono musiche che appartengono alla memoria, ma vivono nel suono del presente. Esse si mescolano a volte in maniera rapsodica e disomogenea, come avviene nel primo movimento, che accosta tre lavori diversissimi tra loro come l’Adagio in do maggiore per glasharmonika KV 356 di Mozart, un rondeau di Guillaume de Machaut intitolato ‘Rose, liz, printemps’ e infine la Sonata in mi bemolle maggiore K.474 di Domenico Scarlatti. Attraverso il filtro del suono, Sciarrino riesce tuttavia a conferire un legame organico a musiche così eterogenee, che formano una sorta di fantasia notturna dell’inconscio. La predisposizione all’ascolto viene infatti assicurata da quelle parti di scrittura originale che avvolgono questo materiale antico, in cui Sciarrino indaga in maniera magistrale i confini del suono. Nelle istruzioni agli esecutori, l’autore raccomanda in particolare di interpretare i segni della dinamica in base alle caratteristiche di ciascun strumento. “In questa musica - aggiunge Sciarrino - la dinamica non è un’opzione secondaria, anzi ne costituisce il rilievo e la fascinazione spaziale”. Dinamica infatti che lambisce spesso il silenzio, come per ritrovare in seguito la freschezza di ascolto di linguaggi musicali perduti nel passato, il tempo che non è più e che rivive soltanto nella memoria. Gli altri due pannelli nascono invece da singoli lavori di Domenico Scarlatti, l’Allegro dalla Sonata in sol maggiore K.105 e il Vivo dalla Sonata in si maggiore K.262. Qui invece, a differenza del primo movimento, il gioco si sposta sul terreno della memoria storica, in un passato sociale per così dire anziché individuale. Adorno aveva bollato la fase neoclassica di Stravinskij come “musica al quadrato”, riprendendo una battuta del cognato di Schönberg, il violinista Rudolf Kolisch, per indicare una musica fatta con altra musica. Sciarrino tenta un salto mortale ancora più spericolato, immergendo la musica di Scarlatti in un involucro orchestrale memore del Novecento di Stravinskij, e forse arricchito anche di altri influssi. Non sembra estraneo infatti all’Allegro di Scarlatti rielaborato da Sciarrino anche un eco della predica di Sant’Antonio ai pesci di Mahler, così come al Vivo la musica latino-americana di Aaron Copland e le variopinte cartoline musicali spagnole del secolo scorso. Musica al cubo, se è lecito proseguire con il gioco di parole, ovvero musica fatta non solo con la musica, ma anche con la storia della musica. 20 La fisarmonica, strumento connaturato nella musica popolare, ha il compito di rievocare le musiche originali, come se fosse un cantastorie. Il suo ruolo infatti sembra più quello di un narratore che di un solista concertante. In questo modo Sciarrino riesce a ottenere una sorta di Verfremdungseffekt brechtiano, il cosiddetto straniamento, conferendo al lavoro una distanza critica che lo metta al riparo dal rischio di cadere nella tentazione della maschera neoclassica. Le trascrizioni in questo caso non sono né un esercizio di stile, né uno sguardo nostalgico sul passato, bensì uno strumento di analisi sulla musica di altri autori, il commento di un artista al lavoro di un altro artista. André Malraux sosteneva che ogni creazione è la lotta di una forma in potenza contro una forma imitata. Sciarrino cerca appunto di estrarre dal bozzolo delle forme storiche, sia che si tratti delle Sonate di Scarlatti o di altre forme musicali, le fattezze postume in cui quella sostanza musicale avebbe potuto incarnarsi. In fondo, cercare di salvare i linguaggi musicali del passato dalla banalità dell’ascolto quotidiano rappresenta solo una maniera diversa di perseguire un obiettivo che è sempre stato il fine principale della musica di Sciarrino, indurre il pubblico ad ascoltare i suoni con orecchie nuove e senza pregiudizi. Unsuk Chin Le silence des sirènes per soprano e orchestra, su testi di Joyce (prima esecuzione italiana) Data di composizione: 2014 Prima esecuzione assoluta: 23 agosto 2014 – Lucerna Durata: 16’ ca. Editore: Boosey/Ricordi Il recente lavoro della compositrice coreana Unsuk Chin Le silence des sirènes, voluto dai Roche Commissions per il Festival di Lucerna 2014, sviluppa in maniera diversa il tema della circolarità del tempo. James Joyce è stato uno dei maggiori scrittori del Novecento a indagare il fenomeno della percezione interiore del tempo e proprio un testo di Joyce ha ispirato la stesura del lavoro. Il capitolo XI di Ulysses, quello che si riferisce al modello omerico delle Sirene, ha una struttura profondamente musicale e ruota attorno al fascino esercitato sulla clientela maschile dalle due cameriere del Concert Room Saloon dell’Ormond Hotel, dove il protagonista del romanzo Leopold Bloom entra per scrivere una lettera alla sua amante. Lydia Douce e Mina Kennedy, rossa di capelli la prima e bionda la seconda (Bronze by gold, recita la prima riga del capitolo), rappresentano non solo la versione contemporanea dell’archetipo delle sirene, ma anche una sorta di metafora del rapporto tra musica e letteratura. Mina 21 canta infatti, mentre Lidya legge in silenzio una lettera. In maniera analoga, come un ulteriore sviluppo del tema musica e letteratura, il desiderio di Bloom di scrivere a Martha avviene in un contesto dominato dalla musica e caratterizzato dal suono. Bronze by gold heard the hoofirons, steelyringing. Imperthnthn thnthnthn. Fin dalle prime parole dell’episodio Joyce sviluppa una preziosissima scrittura sonora, laddove il neologismo hoofirons allude al rumore metallico (steelyringing) del ferro degli zoccoli sul selciato, mentre imperthnthn anticipa la successiva risposta di Lydia alle sfacciate avance del garzone dell’hotel, che la prende in giro ripetendo le sue parole con un suono stridulo e nasale, come pronunciate nel bocchino di una tromba. Sono solo alcuni brevi esempi della ricchezza linguistica del capolavoro di Joyce, che nutriva un amore smisurato per la musica. Unsuk Chin inserisce il testo di Joyce, che corrisponde alla prima parte del capitolo fino alle parole Where bronze from anear? Where gold from afar? Where hoofs?, ovvero alla ripresa dei temi iniziali (le due cameriere e il rumore degli zoccoli), in una sorta di vulva racchiusa nel testo greco del Libro XII dell’Odissea. Il passo corrisponde al canto vero e proprio delle Sirene, così come viene raccontato da Omero. L’invocazione iniziale a Ulisse viene cantata dietro le quinte dalla voce del soprano, che irrompe sulla scena nel momento in cui inizia il testo di Joyce. Il resto dei versi delle Sirene invece forma una coda di eccezionale vistuosismo, dove la voce umana mette in mostra ogni sorta di artificiale bravura belcantistica per sedurre l’ascoltatore. Il lavoro infatti è stato scritto su misura per un’arci-sirena contemporanea come Barbara Hannigan, che ne è stata la prima interprete a Lucerna insieme alla Luzern Festival Academy diretta da Sir Simon Rattle. Una volta lasciato l’ultimo suono filato nel registro acuto, un sol diesis, la protagonista deve rimanere, secondo le istruzioni della partitura, “bloccata, come se volesse continuare a cantare”, mentre l’orchestra sprofonda poco a poco nel silenzio. La solida struttura formale del lavoro è arricchita da una scrittura estremamente scaltra, pronta a seguire le molteplici sfumature del testo di Joyce con una vivida immaginazione sonora. Il titolo, in totale contrasto con l’apparenza del lavoro, viene invece da un breve scritto di Kafka, che offre una visione paradossale del mito. In questa versione infatti Ulisse si riempie le orecchie di cera per scampare al mortale richiamo delle Sirene, le quali viceversa affrontano l’eroe con un mezzo ancora più micidiale del canto, il silenzio. Il paradosso è che Ulisse, con le orecchie tappate dalla cera, non si accorge del loro silenzio e le ammira immaginando che esse siano tese nell’esecuzione del loro canto. Unsuk Chin insomma sembra suggerire con questo titolo che l’ascoltatore si trova nella stessa situazione dell’Ulisse di Kafka, che ricrea nella propria mente un fenomeno che forse non esiste. Le sirene dunque sono il frutto della nostra coscienza, delle nostre paure e dei nostri desideri, proprio come le cameriere “bronze by gold” di Leopold Bloom. 22 Gabriele Cosmi Vardzia per orchestra (prima esecuzione assoluta) Data di composizione: 2014 Prima esecuzione assoluta: 13 febbraio 2015 – Torino Durata: 12’ ca. Editore: Suvini Zerboni/SugarMusic Varzdia è un’antica città rupestre della Georgia, un tempo sede di un ricco e fiorente monastero ortodosso. Le oltre seimila celle scavate nella roccia del monte Erusheli costituiscono un reticolo di stanze, camminamenti, scale e spazi di vario genere che rappresenta una forma di architettura unica nel suo genere. Il nuovo lavoro di Gabriele Cosmi, in prima esecuzione assoluta a Rai NuovaMusica, prende spunto proprio dalla singolare articolazione nello spazio della materia rocciosa lavorata dall’uomo e dall’originale rapporto tra architettura e misticismo generato da questo luogo. L’esplorazione dello spazio sonoro, ovvero l’ambiente fisico e mentale nel quale si sviluppa il fenomeno del suono, rappresenta il tema centrale della ricerca di questo giovane autore, classe 1988, allievo di Alessandro Solbiati. La partitura si snoda attraverso una serie di stanze collegate, nelle quali si manifesta un semplice evento sonoro. In ciascuna di esse il fenomeno assume forme e risonanze differenti, come se cambiando il nostro punto d’osservazione trasformassimo anche la percezione della sua complessità. All’inizio infatti siamo posti di fronte a un breve e secco impulso sonoro, un sol acuto battuto dal pianoforte. Questa sorta di radiazione luminosa, a contatto con la materia orchestrale, rilascia un’energia sonora che si converte in grumi di timbro esplosivi e lunghe risonanze filanti, conferendo allo spazio compositivo una forma a spirale. Passando di stanza in stanza la radiazione germinale genera effetti diversi sull’orchestra, ma si ha come la sensazione di non essersi mai spostati dal punto di partenza. Il tempo infatti sembra svilupparsi non in maniera lineare, ma circolare. «Il tempo musicale - afferma l’autore - non è concepito dunque con lo scopo di svelare una "narrazione" bensì un percorso, uno dei tanti percorsi possibili, di scoperta del monastero». Un grande crescendo di tutta l’orchestra su una delle proiezioni armoniche del suono iniziale segna la catarsi di questo viaggio mistico all’interno di Varzdia, con un ultimo e lontano segnale di luce emesso dal sol iniziale del pianoforte, dopo che l’ultima risonanza dell’accordo si è spenta nel vuoto dell’orchestra. 23 Luis de Pablo Tres piezas para orquesta 1 Eclair 2 Largo, en torno a una antigua canción popular 3 Co le tromme in bocca (prima esecuzione integrale assoluta) Data di composizione: 1 Eclair (1986/87); 2 Largo, en torno a una antigua canción popular (2011); 3 Co le tromme in bocca (2008) Prima esecuzione integrale assoluta: 13 febbraio 2015 – Torino Durata: 15’ ca. Editore: Suvini Zerboni/SugarMusic I Tre pezzi per orchestra di Luis de Pablo formano un polittico eterogeneo, che rispecchia in maniera eloquente la variegata personalità musicale dell’artista spagnolo. La partitura accosta infatti tre lavori di Pablo scritti in epoche diverse e con stili differenti, ma accomunati dalla stessa finezza di rapporti con lo sterminato bagaglio culturale che nutre la musica di questo autore. Luis de Pablo infatti cerca da sempre di stabilire delle connessioni tra la sua musica e le più svariate forme di espressione artistica in maniera discreta, quasi obliqua, con uno stile spesso in bilico tra ironia e understatement. Anche in questi tre lavori occorre avventurarsi nel labirinto di significati che conduce, o meglio illude di condurre, alla loro comprensione, secondo il motto scelto dall’autore per firmare le sue partiture, arcta via est, arduo è il cammino, parole tratte dal capitolo 7 del Vangelo secondo San Matteo, il passo che riguarda le due vie, quella larga e facile che porta alla perdizione e quella stretta e angusta che porta alla vita, ossia all’arte. Eclair è il più lontano nel tempo e risale al 1987. Luis de Pablo intendeva rendere omaggio a Maurice Ravel, un musicista che come lui aveva origini basche, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua scomparsa. Il titolo forse viene da un verso delle Chansons madécasses, le plaisir passe comme un éclair, il piacere passa come un lampo. L’immagine della bella Nohandove abbandonata come morta nel languore dopo i trasporti amorosi potrebbe aver suggerito a Pablo la preziosa scrittura di questa breve pagina, nella quale un’orchestra dal timbro screziato si divide in mille gocce di suono, combinate in maniera quasi cameristica. L’arpa e il nutrito gruppo di percussioni metallofone conferiscono un suono esotico e agile all’orchestra, che si muove sempre con estrema souplesse ritmica. Completamente diverso invece è il secondo pannello, Largo, un lavoro del 2011 imperniato su un’antica canzone popolare della provincia di Zamora, nella Spagna profonda. I musicisti spagnoli sembrano destinati a un legame intrinseco con il loro folklore, mentre invece Luis de Pablo si è sempre battuto per far uscire la musica 24 del suo Paese dalla visione angusta di una prospettiva nazionale conferendole un respiro più universale. L’autore dunque non intende avvicinarsi alla musica popolare attraverso una forma di trascrizione, ma cerca di mantenere intatta tutta la distanza tra sé e il mondo espresso dalla antica canzone zamorana. L’orchestra all’inizio dipinge lunghe fasce di suono di colore cangiante, dalle quali sboccia un delicato campo armonico, come un’oasi verdeggiante in un paesaggio arido e petroso. A quel punto l’antica melodia, esposta nella sua nuda essenza prima da una viola sola e poi da altri strumenti, appare all’improvviso come un fossile vivente, il resto di un’epoca arcaica, che porta con sé il brivido antico della musica gitana evocato dal fremito degli archi, pianissimo e con il suono acidulo dei crini sfregati al ponticello. Co le tromme in bocca, del 2008, mostra infine un altro lato ancora della personalità artistica di Pablo. Il titolo è tratto dal verso iniziale di un sonetto del Belli intitolato Er giorno der giudizzio (1831). Conforme alla fonte d’ispirazione, il lavoro comincia con uno strepitoso concerto degli ottoni, corni e tromboni, che intonano una sorta di hoquetus con le due cellule germinali dell’intera partitura. L’idea cromatica viene sfruttata dall’intera orchestra per dar vita a una densa scrittura contrappuntistica, che lascia spazio poco a poco agli sviluppi dell’altra figurazione ritmica. Il sonetto del Belli interpreta il Giudizio universale in maniera umoristica e ironica, raffigurando la resurrezione dei morti come una fila di “purcini attorno de la biocca”. Difficile credere che Luis de Pablo non abbia avuto in mente questa immagine un po’ blasfema di Dio come una chioccia attorniata dai pulcini quando flauti e clarinetti si mettono a pigolare delle rapide quartine di sedicesimi a terze parallele, un perfetto esempio di giocosa pittura musicale. La scena del giudizio vero e proprio, con i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, viene rappresentata con una solenne preghiera polifonica degli archi e con un episodio ritmico e dissonante connotato dalla percussiva presenza di xilofono e marimba. Alla fine tuttavia prevale l’ironia del Belli, che smorza i toni drammatici della scena mandando tutti a letto con un bel “bona sera”, in maniera analoga al finale della partitura. Gli angioloni, che all’inizio del lavoro soffiavano con impeto, finite le fatiche della giornata, si placano e si addormentano poco a poco, “co le tromme in bocca”, emettendo debolmente gli ultimi bicordi suonati con sordina. Oreste Bossini 25 3° concerto - venerdì 20 febbraio Che il programma di un concerto dedicato ai 90 anni di Pierre Boulez contenga anche musica di Anton Webern e Olivier Messiaen è molto significativo. Le opere di Webern, nello specifico quelle dodecafoniche, hanno rappresentato forse il più importante punto di partenza dell’esperienza compositiva del giovane Boulez, che aveva studiato con Messiaen al Conservatorio di Parigi ottenendovi un Prix d’harmonie (1945) e poi privatamente; nella seconda metà degli anni Quaranta maestro e allievo si influenzeranno a vicenda nel quadro di un clima informale contrapposto a quello rigidamente accademico del Conservatorio (se Boulez apprese i metodi di composizione di Messiaen, formulati nel trattato Technique de mon langage musical del 1944, quest’ultimo incominciò a utilizzare procedimenti seriali). Quindi nei decenni a venire Webern e poi - placatisi i furori iconoclasti della gioventù - anche Messiaen diverranno autori spesso frequentati da Boulez nella sua attività di direttore d’orchestra. compiuta, dunque, ma una raccolta di “fogli” indipendenti, che si possono di volta in volta scegliere per l’esecuzione. C’è poi un terzo aspetto per cui il Livre pour quatuor preannuncia il prosieguo del pensiero musicale di Boulez ed è la propensione al ritorno sul già composto per rielaborarlo e ripensarlo sotto forma di commentario, proliferazione o, per prendere in prestito un titolo dell’autore stesso, dérive: propensione che s’imporrà col passare del tempo come autentico tratto caratterizzante della sua produzione. Nel 1968 Boulez decide di sospendere la composizione del Livre pour quatuor a causa delle eccessive difficoltà di esecuzione e di trarne una versione per orchestra d’archi, sostanzialmente ricomposta, delle parti 1a (Variation) e 1b (Mouvement). Nasce così il Livre pour cordes, a sua volta opera aperta. La tessitura tagliente e virtuosistica del quartetto si trasforma in una polifonia ricca e finemente articolata (a dodici o anche a sedici parti) e acquista nuova pienezza e colorazione sonora. Le prime esecuzioni dei due pannelli 1a e 1b ebbero luogo rispettivamente a Londra l’1 dicembre e a Brighton l’8 dicembre 1968 con la New Philharmonia Orchestra diretta dall’autore. Olivier Messiaen Et expecto resurrectionem mortuorum per orchestra di legni, ottoni e percussioni metalliche Pierre Boulez Livre pour cordes (Sezioni 1a e 1b da Livre pour quatuor) Data di composizione: 1948/88 Prima esecuzione assoluta: Sezione 1a, 1 dicembre 1968– Londra; Sezione 1b, 8 dicembre 1968 – Brighton Durata: 11’ ca. Editore: Heugel/Sonzogno Data di composizione: 1964 Prima esecuzione assoluta: 7 maggio 1965 – Parigi Durata: 35’ ca. Editore: Leduc/Sonzogno Il Livre pour quatuor è uno dei works in progress di Boulez. L’origine di quest’opera per quartetto d’archi in sei movimenti risale al 1948-1949, quando furono composti i primi quattro (I, II, III e V); nel 1959 ne fu scritto un quinto (VI), mentre il sesto (IV) non è stato mai completato. Dal 1955 ebbero inizio le esecuzioni, dal 1958 le edizioni a stampa: le une e le altre, giocoforza, parziali. Per diversi aspetti il Livre pour quatuor prefigura le successive linee di tendenza del pensiero musicale di Boulez. Innanzi tutto, a partire dalle ultime composizioni di Webern e dal lavoro poi confluito nelle Quatre études de rythme (1949-1950) di Messiaen, l’autore incomincia qui a sviluppare, come nella contemporanea Deuxième Sonate per pianoforte (1948), una tecnica compositiva in cui i principi del serialismo organizzano non soltanto le altezze ma anche il ritmo, il timbro e le dinamiche. D’altro canto, a poco a poco il Livre pour quatur tende appunto a configurarsi come un utopico work in progress, sulla suggestione del Livre di Mallarmé: non un’opera Nel 1964 il Ministro della Cultura francese André Malraux commissionò a Messiaen un pezzo per commemorare i morti delle due Guerre Mondiali; l’incarico governativo rifletteva il prestigio ormai acquisito dal compositore in patria. Messiaen scelse tuttavia di comporre non un Requiem come sarebbe stato forse più prevedibile (per fare un esempio illustre, il War Requiem di Britten è del 1962) bensì una meditazione più astratta sulla trascendenza della morte incentrata intorno al significato della risurrezione, tema cui l’autore si era già rivolto in diversi lavori tra cui L’Ascension (1933-34) e Les Corps glorieux (1939), entrambi per organo. Il titolo della composizione per orchestra di legni, ottoni e percussioni metalliche, Et exspecto resurrectionem mortuorum, è tratto da un versetto del Credo di Nicea-Costantinopoli e ciascuno dei cinque movimenti reca in testa una citazione da passi delle Sacre Scritture: 26 27 1. Des profondeurs de l’abîme, je cris vers toi, Seigneur: Seigneur, écoute ma voix! 2. Le Christ, ressuscité des morts, ne meurt plus; la mort n’a plus sur lui d’empire. 3. L’heure vient où les morts entendront la voix du fils de Dieu... 4. Il ressusciteront, glorieux, avec un nom nouveau - dans le concert joyeux des étoiles et les acclamations des fils du ciel. 5. Et j’entendis la voix d’une foule immense... Anton Webern Sei pezzi per grande orchestra op. 6 Data di composizione: 1909 Prima esecuzione assoluta: 31 marzo 1913 – Vienna Durata: 12’ ca. Editore: Universal/Ricordi Come si legge nella prefazione alla partitura, il pezzo fu concepito per essere eseguito in ampi spazi come grandi chiese o anche all’aperto e tra le fonti d’ispirazione che ne furono all’origine Messiaen ricorda i paesaggi montani delle Hautes Alpes, le cattedrali, i monumenti antichi del Messico e dell’Egitto, Tommaso d’Aquino. Sostanziato da una ricca simbologia teologica come accade il più delle volte in Messiaen, Et exspecto resurrectionem mortuorum può ricordare per il formato e il tipo di organico ma non per il tono, che è liturgico-rituale e antidrammatico, la Grande Symphonie funèbre et triomphale op. 15 (1840) di Berlioz. I cinque movimenti sono disposti in sequenza secondo uno schema di simmetria e ripetizione (evidenti innanzi tutto le corrispondenze tra il primo e il terzo, il secondo e il quarto movimento con il terzo a fungere da perno centrale) come gli immani monoliti di pietra di un complesso monumentale preistorico; del resto, Messiaen consiglia di lasciare nell’esecuzione almeno un minuto di silenzio tra un movimento e l’altro proprio per evidenziarne la stentorea separatezza. L’idea della risurrezione e dunque la prospettiva della vita eterna che trascende la morte si ripercuote in una musica di solidità e fissità imponenti. Assente qualsiasi dinamica o tensione interna, il pezzo si caratterizza per la scrittura squadrata e massiccia in cui assumono particolare rilevanza i timbri strumentali (se le percussioni metalliche, tanto amate dall’autore, apportano una tinta inconfondibile e i legni ricevono spesso parti solistiche, gli ottoni hanno il ruolo predominante), le lunghe melodie sia monodiche sia armonizzate in corali, gli effetti di riverbero e la dilatazione delle pause (funzionali all’esecuzione in vasti ambienti), la scansione cerimoniale del tempo (incessante nell’ultimo movimento). In tale scrittura sono elaborati e fusi in un unico stampo gli elementi costitutivi del linguaggio di Messiaen: i modi a trasposizione limitata, i ritmi indiani di Sarngadeva (simhavikrama e vijaya nel secondo movimento), il canto gregoriano (specialmente nel quarto movimento), il canto degli uccelli (l’uirapuru dell’Amazzonia nel terzo movimento, la calandra nel quarto). La prima esecuzione avvenne il 7 maggio 1965 alla Sainte-Chapelle di Parigi con l’orchestra del Domaine Musical diretta da Serge Baudo. Modello ideale dei Sei Pezzi per orchestra op. 6 (1909) di Webern, così come poi dei Tre Pezzi per orchestra op. 6 (1913-15) di Berg, sono i Cinque Pezzi per orchestra op. 16 (1909) di Schoenberg. In altre parole gli allievi riprendono, interpretandolo ciascuno secondo la propria personalità, il lavoro del maestro sulla musica orchestrale nella fase della cosiddetta sospensione della tonalità, quando la concisione e l’intensità espressiva sentite come esigenze correlate al disintegrarsi dell’armonia funzionale - minano alle fondamenta la categoria ottocentesca del ‘sinfonico’; non a caso tanto l’op. 6 di Webern quanto l’op. 6 di Berg recano una calorosa dedica a Schoenberg. Caratterizzano questa nuova idea di pezzo per orchestra la messa in discussione delle forme tradizionali e del tematismo (per lo più ridotto ai minimi termini), la frammentazione e la valorizzazione dei contrasti grazie alle risorse coloristiche di una grande orchestra, la ricerca di relazioni tra elementi apparentemente inconciliabili (come l’impiego del timbro in funzione melodica della Klangfarbenmelodie). Webern concepì l’op. 6 come un ciclo di sei pezzi in breve forma di Lied (cioè ternaria) ma senza alcuna esplicita connessione di tipo tematico; l’articolazione e la coesione della struttura sono infatti affidate piuttosto all’elaborazione di microfigure o semplici intervalli, successioni timbriche, giustapposizioni o sovrapposizioni di elementi. In un’arte sottilissima dell’illuminazione e della rivelazione poetica in cui alla quintessenza espressiva e al minimo formato fa riscontro un’orchestra gigantesca (nel 1928 Webern appronterà una versione dei Sei Pezzi per organico più contenuto) ogni dettaglio assume la massima importanza, come l’evento inaudito e necessario di un quadro compiuto ma costituito di frammenti: gesti melodici che s’accendono e subito si spengono, incisivi profili ritmici, colori strumentali sia di impasti sia di timbri puri e solistici, superfici e ondate dinamiche (si pensi al veemente crescendo alla fine del secondo pezzo, mentre il quinto e il sesto lievitano appena sulle soglie del silenzio). Intitolato inizialmente Marcia funebre, il quarto pezzo è il più esteso: lo percorre un fremito soffocato, sino all’esplosione di una cupa, minacciosa fanfara. Fu Schoenberg a dirigere la prima esecuzione dei Sei Pezzi, a Vienna, nel famoso “Skandalkonzert” del 31 marzo 1913, nella Sala Grande del Musikverein; il concerto non arrivò alla fine (dopo i Sei Pezzi, la Kammersymphonie op. 9 di Schoenberg, i Quattro Lieder di Zemlinsky e gli Altenberg-Lieder op. 4 di Berg non ci fu modo di eseguire i Kindertotenlieder di Mahler): la serata si concluse in un parapiglia generale con strascichi anche in sede giudiziaria. 28 29 Pierre Boulez Notations I - IV e Notation VII per orchestra Data di composizione: 1945/2004 Prima esecuzione assoluta: Notations I-IV, 18 giugno 1980 – Parigi; Notations VII, 14 gennaio 1997 – Chicago Durata: 18’ ca. Editore: Universal/Ricordi Come il Livre pour cordes, anche le Notations per orchestra sono uno dei works in progress di Boulez che ritornano sul già composto per rielaborarlo e ripensarlo in modo nuovo. Alla fonte c’è, ancora un volta, una composizione della gioventù: le dodici Notations per pianoforte (1945), brevissimi e folgoranti pezzi di 12 battute ciascuno, costruiti su un’unica serie dodecafonica (dunque di 12 note) trattata con un procedimento di permutazione circolare (il primo brano incomincia con la prima nota della serie, il secondo con la seconda e così via). Nel 1946 l’autore iniziò quindi a orchestrare undici delle dodici miniature ma abbandonò il lavoro dopo qualche tempo (salvo riutilizzare il materiale di una di esse in Pli selon pli del 1958). Soltanto nel 1980, a seguito di un’ormai consolidata esperienza di direttore, Boulez ritornerà sul progetto, realizzando quattro orchestrazioni, Notations I-IV: I (Fantasque et modéré); II (Très vif, strident); III (Très modéré); IV (Rythmique); nel 1997 vede la luce Notations VII (Hiératique - Lent). A partire dai dodici originali pianistici, esistono perciò a tutt’oggi cinque versioni per orchestra. I pezzi sono indipendenti e possono essere eseguiti isolatamente oppure insieme in un certo ordine (quello raccomandato dall’autore per Notations I-IV è I-IVIII-II perché consente l’alternanza di tempi mossi e lenti). Non si tratta, in ogni caso, di trascrizioni, per lo meno nel senso tradizionale del termine, ma di ricomposizioni a tutti gli effetti, di estensioni ottenute attraverso processi di germinazione ed elaborazione cui è sottoposto il materiale di base secondo una serrata logica strutturalista. Che le versioni per orchestra siano estensioni e amplificazioni degli originali utilizzati come punto di partenza si coglie sin da aspetti esteriori come le durate dei pezzi (che di fatto raddoppiano) e naturalmente l’enorme organico orchestrale; a ciò s’aggiunge, nel confronto con le miniature pianistiche del 1945, un senso della scoperta, il gusto per l’acquisizione di nuovi, ignoti spazi linguistici ed espressivi partendo da ciò che è già conosciuto. In fondo le Notations per orchestra sono un po’ come delle avventure virtuosistiche, sotto il profilo del pensiero e della tecnica musicale come dell’impegno richiesto agli esecutori (particolarmente difficile la resa di Notations II). La prima esecuzione di Notations I-IV ebbe luogo a Parigi, il 18 giugno 1980, con l’Orchestre de Paris diretta da Daniel Barenboim; quella di Notations VII a Chicago, il 14 gennaio 1997, con la Chicago Symphony diretta ancora da Barenboim. Cesare Fertonani 30 Biografie: compositori CLAUDIO AMBROSINI (1948) ARVO PÄRT (1935) Nasce a Venezia e si diploma in Composizione presso il Conservatorio “B. Marcello”. Incontri importanti sono stati quelli con Maderna e Nono. Ha partecipato alle principali rassegne internazionali come il Festival di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia, di Strasburgo, Bruxelles, Helsinki, Huddersfield, Lione, Stoccolma, Vancouver, Montréal, Avignone, Stanford, New York, Chicago, Los Angeles, Sidney, Ludwigsburg e Viitasaari. Ha ricevuto commissioni da istituzioni come la Rai, la Biennale di Venezia, la WDR di Colonia, il Ministero della Cultura francese, l’Orchestra Scarlatti di Napoli, il Festival delle Nazioni, Milano Musica, Grame. Le sue musiche sono state dirette da Muti, Masson, Reck, Spanjaard, Störgards e Valade nei programmi dell'IRCAM di Parigi, della Scala di Milano, delle Fondazioni Gulbenkian di Lisbona e Gaudeamus di Amsterdam, del Mozarteum di Salisburgo, della Akademie der Künste di Berlino; della Stagione dei Münchener Philharmoniker, di "Perspectives du XX siècle" di Radio France, all'Autunno Musicale di Varsavia e al Maggio Musicale Fiorentino. Dal 1976 si occupa di computer music al Centro di Sonologia Computazionale dell'Università di Padova. Dal 1979 dirige l'Ex novo Ensemble e dal 1983 il CIRS, Centro Internazionale per la Ricerca Strumentale, che ha fondato a Venezia. Nel 1985 è stato il primo musicista non francese ad essere insignito del "Prix de Rome" ed è stato scelto a rappresentare l’Italia alle celebrazioni dell’Anno Europeo della Musica e nel 1986 alla Tribuna Internazionale dei Compositori dell’UNESCO. Nel 2007 ha vinto il "Leone d’Oro" per la Musica della Biennale di Venezia. Tra le sue composizioni: PLURIMO (per Emilio Vedova, 2007) premiato con il "Leone d’Oro"; Tocar (commissione dell’OSN Rai, 2006); Il killer di parole (2008-2010), ludodramma in due atti su soggetto di Pennac e Ambrosini (Premio “Abbiati” 2011); la trilogia operistica BIG BANG CIRCUS (2001), Il canto della pelle (SEX Unlimited) (2005, insignito del premio "Music Theatre Now" nel 2008) e Il giudizio universale (1996). E ancora La Passione secondo Marco (1999-2000), Pandora librante (1997) balletto lirico-sinfonico ispirato all’opera di Calvino; Frammenti d’acque (1996), drammaturgia sonora in sette stazioni commissionata in memoria delle alluvioni di Venezia e Firenze del 1966; Orfeo, l’ennesimo (1984); Le cahier perdu de Casanova (1998); Proverbs of hell (19901991), commissione della Rai e l'oratorio Susanna (1995/96). Nato a Paide in Estonia, dopo gli studi nella classe di composizione di Heino Eller a Tallinn ha lavorato da 1958 al 1967 come ingegnere del suono per la Radio Estone. Nel 1980 si è trasferito con la famiglia a Vienna e un anno dopo ha ottenuto una borsa di studio dalla “DAAD” a Berlino. Riconosciuto come uno dei massimi esponenti dell' “Avanguardia Sovietica”, il suo lavoro passa attraverso un processo di profonda evoluzione. Il suo primo periodo creativo inizia con la musica neoclassica per pianoforte; seguono dieci anni in cui utilizza in modo molto individuale le tecniche compositive dell'avanguardia: dodecafonia, composizioni con masse sonore, aleatorietà, tecnica del collage. Nekrolog (1960), il primo brano di musica dodecafonica scritto in Estonia, e Perpetuum mobile (1963), portarono al compositore il primo riconoscimento del mondo occidentale. Nei suoi lavori di collage, l'avanguardia e la musica “antica” si confrontano l'un l'altra in modo ardito e inconciliabile, un confronto che raggiunge la sua espressione estrema nell'ultimo mezzo di collage Credo (1968). Dopo alcuni anni, i mezzi di composizione che aveva utilizzato avevano perso il loro fascino e avevano iniziato a diventare privi di senso. La ricerca di una sua voce lo portò a un ritiro dal lavoro creativo per alcuni anni, durante i quali si dedicò allo studio del Canto Gregoriano, della Scuola di Notre Dame e della polifonia vocale classica. Nel 1976 la musica che ruppe il suo silenzio fu il piccolo pezzo pianistico Für Alina. Con questo lavoro Pärt ha scoperto il suo sentiero. Il nuovo principio compositivo usato qui per la prima volta, che chiama “tintinnabuli” (piccole campane), ha definito il suo lavoro. Questo principio non deve sforzarsi verso un incrementare della complessità, ma verso un'estrema riduzione del materiale sonoro e limitarsi all'essenziale. 32 33 Einojuhani Rautavaara (1928) Sofija Gubajdulina (1931) Tra i più rinomati direttori d'orchestra finlandesi, a sette anni iniziò a studiare pianoforte e in seguito frequentò musicologia all'Università di Helsinki e composizione all'Accademia Sibelius. È stato allievo di Aarre Merikanto e si è diplomato nel 1957. Nel 1955 ha ricevuto da Jean Sibelius la borsa di studio messa a disposizione dalla Fondazione Koussewitzky e si è recato negli Stati Uniti per studiare con Vincent Persichetti alla Juilliard School of Music di New York e ai corsi estivi di Tanglewood con Roger Sessions e Aaron Copland. Altri suoi maestri furono Wladimir Vogel e Rudolf Petzold. Rautavaara ha insegnato all'Accademia Sibelius e dal 1988 vive a Helsinki. Dopo i primi lavori più legati alla tradizione, emerse la fase del costruttivismo e dell'avanguardia (come nella Quarta Sinfonia “Arabescata”, 1962) dopo la quale tornò a un iper-romanticismo e misticismo. Dagli anni '80 adottò un linguaggio musicale post-moderno in cui sono combinati elementi di modernità e tradizione. Tra le sue composizioni: 8 sinfonie (la più eseguita è la settima “Angelo di Luce") di cui l'ottava “Il viaggio” è stata eseguita nel 2000 dalla Philadelphia Orchestra con Wolfgang Sawallisch; concerti per strumento solista tra cui il celebre Concerto per violino (1977), Concerto per arpa (2000) e Concerto per clarinetto (2001-02); musica da camera corale e vocale come All-Night Vigil per coro a cappella. Tra i suoi ultimi lavori orchestrali troviamo A Tapestry of Life, Incantations (Concerto per percussioni e orchestra) e "Verso l'orizzonte" (Concerto No. 2 per violoncello e orchestra). Tra le opere composte si citano Vincent (1985-87) e La casa del Sole, opera da camera (1990), che ottennero grande succcesso. Aleksis Kivi è stata eseguita per la prima volta all'Opera Festival di Savonlinna nel 1997 e in seguito in Italia e negli Stati Uniti. Il suo più vasto lavoro scenico è Rasputin (2001-2003), opera sulla vita del predicatore mistico Grigorij Rasputin. Nata a Čistopol, in Tatarstan nell'ex Unione Sovietica, si trasferì con la famiglia a Kazan dove si diplomò al Conservatorio nel 1954, prima di trasfersi al Conservatorio di Mosca dove concluse gli studi nel 1961 con Vissarion Šebalin. Nel periodo sovietico scrisse musica per film e fu attratta dall'entusiasmo verso i contemporanei Schnittke and Denisov. Compose Concordanza (1970) e si diede agli esperimenti acustici e di improvvisazione da cui nacquero il Concerto per fagotto e strumenti bassi (1975, per il fagottista Valery Popov), L'ora dell'anima (1976, rev.1988, per il percussionista Mark Pekarsky) e brani per il fisarmonicista Friedrich Lips come De Profundis (1978). Dagli anni '70 il suo temperamento religioso si affermò maggiormente nei suoi lavori, nonostante l'espressione religiosa fosse repressa nel periodo Sovietico, e scrisse lavori come Introitus (1978), il concerto per violino per Gidon Kremer, Offertorium (1980, rev.1986), e Seven Words (1982, pubblicato in USSR sotto il titolo non religioso di ‘Partita’). Si ricordano ancora il concerto per violoncello ispirato a un poema sul giudizio universale (And: The feast is in full progress, 1993), Alleluia (1990), un concerto per violoncello e orchestra per Mstislav Rostropovich e la colossale Johannes-Passion (2000), commissione tedesca per celebrare il Millennio, con solisti, coro e orchestra dell'Opera di Kirov diretta da Valery Gergiev. Alcuni dei suoi lavori più recenti riflettono il suo fascino per gli antichi principi di proporzione della Sezione Aurea. Questo si nota nelle cantate da camera, Perception (1983) e Jetzt immer Schnee (1993) come nei brani Stimmen... verstummen... (1986), Pro et Contra (1989) e Zeitgestalten (1994),quest'ultimo scritto per Simon Rattle e la City of Birmingham Symphony Orchestra. Dal crollo dell'Unione Sovietica, Sofija Gubajdulina ha vissuto in una città vicino ad Amburgo, in Germania. Per gentile concessione di Gerard McBurney/Boosey & Hawkes 34 35 Salvatore Sciarrino (1947) Unsuk Chin (1961) Palermitano, si vanta di essere nato libero e non in una scuola di musica. Ha cominciato a comporre dodicenne, da autodidatta; il primo concerto pubblico è nel 1962. Ma Sciarrino considera apprendistato acerbo i lavori anteriori al 1966, perché è allora che si rivela il suo stile personale. C’è qualcosa di veramente particolare che caratterizza questa musica: induce un diverso modo di ascoltare, un’emozionante presa di coscienza della realtà e di sé. E dopo quarant’anni il gigantesco catalogo delle sue composizioni è tuttora in una fase di sorprendente sviluppo creativo. Compiuti gli studi classici e qualche anno di università nella sua città, nel 1969 il compositore siciliano si è trasferito a Roma e nel 1977 a Milano. Dal 1983 risiede in Umbria. Vastissima la sua discografia, che conta circa cento CD, editi dalle migliori etichette in ambito internazionale, più volte segnalati e premiati. Oltre che della maggior parte dei libretti delle proprie opere teatrali, è autore di una ricca produzione di articoli, saggi e testi di vario genere; alcuni sono stati scelti e raccolti in Carte da suono (Cidim - Novecento, 2001). Di rilievo il suo libro interdisciplinare sulla forma musicale: Le figure della musica, da Beethoven a oggi (Ricordi, 1998). Ha insegnato in conservatorio a Milano (1974-1983), a Perugia (1983-1987) e a Firenze (1987-1996). Parallelamente ha tenuto corsi di perfezionamento e masterclass; da segnalare quelli di Città di Castello dal 1979 al 2000. Fra il 1978 e il 1980 è stato direttore artistico del Teatro Comunale di Bologna. È stato accademico di Santa Cecilia (Roma), delle Belle Arti della Baviera e delle Arti (Berlino). Sciarrino ha vinto numerosi premi tra cui: Prince Pierre de Monaco (2003), il Premio Internazionale Feltrinelli (2003), il Musikpreis Salzburg (2006), il Premio Frontiere della Conoscenza per la musica (2011) della BBVA Fondation e il premio Una vita per la musica del Teatro La Fenice - Associazione Rubinstein di Venezia. Il prossimo marzo 2015 è prevista a Roma la prima esecuzione assoluta della cantata drammatica La nuova Euridice secondo Rilke con l'orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia e il soprano Barbara Hannigan diretti da Antonio Pappano. Nata a Seoul, ha vissuto a Berlino dal 1988. Ha ricevuto molti riconoscimenti tra cui nel 2004 il premio Grawemeyer per la composizione del Concerto per violino, nel 2005 l'Arnold Schoenberg, nel 2010 il premio della Fondazione Musicale Prince Pierre per Gougalon - Scenes from a Street Theatre e nel 2012 lo Ho-Am. Ha ricevuto commissioni da importanti istituzioni e da compagini quali Berlin Philharmonic, BBC Symphony, Chicago Symphony, London Philharmonic, Philharmonia, Boston Symphony, City of Birmingham Symphony, Orchestre Philharmonique de Radio France, Los Angeles Philharmonic, London Sinfonietta, Ensemble Intercontemporain, Ensemble Modern, Kronos Quartet e Arditti Quartet. Inoltre è stata attiva nel campo della musica elettronica, ricevendo commissioni dall' IRCAM e altri. Dal 2006 ha diretto il ciclo di musica contemporanea dell'Orchestra Filarmonica di Seoul da lei fondato. Nel 2007 Alice in Wonderland è stata rappresentata alla Bayerische Staatsoper all'apertura del Festival di Monaco. Nel 2009 è stata compositrice in residenza alla Philharmonie di Essen e ha creato un Concerto per violoncello, commissionato dalla BBC e scritto per Alban Gerhardt che ha ricevuto il British Composer Award nel 2010; Šu per sheng, commissionato da Suntory Hall di Tokyo, Zaterdagmatinee, Los Angeles Philharmonic e Philharmonie di Essen, scritto per Wu Wei. Il Concerto per violoncello venne eseguito dalla Boston Symphony nel 2011 diretta da Susanna Mälkki e Šu fu eseguito dalla Los Angeles Philharmonic diretta da Gustavo Dudamel. Nel 2009 un CD include Rocaná e il Concerto per violino, con Viviane Hagner, Kent Nagano e l'Orchestra di Montréal (Analekta). La Filarmonica di Seoul e Myung-Whun Chung hanno eseguito il Concerto e Šu durante la tournée europea del 2010 e inciso i concerti per pianoforte e violoncello e Šu per Deutsche Grammophon nel 2014. Nel 2010 Unsuk Chin è diventata il nuovo Direttore Artistico del ciclo “Musica d'oggi” della Philharmonia a Londra. Tra i lavori recenti: Graffiti, Concerto per clarinetto per Kari Kriikku e Le Silènce des Sirènes commissionato da Roche per il soprano Barbara Hannigan e l'Orchestra dell'Accademia del Festival di Lucerna diretta da Rattle. La sua seconda opera Alice Through the Looking Glass è stata commissionata dal Covent Garden di Londra per la stagione 2018/19. La sua musica è edita in esclusiva da Boosey & Hawkes dal 1994. Per gentile concessione di Boosey & Hawkes 36 37 Gabriele Cosmi (1988) LUIS DE PABLO (1930) Inizia i suoi studi al Conservatorio Cagliari per poi proseguire al Conservatorio G.Verdi di Milano con Alessandro Solbiati. Di fondamentale importanza per il suo percorso artistico l'incontro con Ivan Fedele, con il quale si perfeziona all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma. Per il 2015-2016 viene selezionato dall'Ircam di Parigi per partecipare al Cursus 1. La sua composizione Cipressi per bajan ha ricevuto la menzione d'onore al Concorso Internazionale di Composizione indetto dalla Galleria d'arte moderna di Milano (2012). Geghard II per flauto solista ed ensemble, arriva finalista al Concour International de Geneve (2013). Risulta vincitore del concorso internazionale "Biennale College" (Biennale di Venezia). È ancora tra i vincitori del concorso internazionale di composizione Feeding Music International (Expo Milano 2015) e risulta finalista al Concorso Internazionale "A. Rendano" di Cosenza (finale a febbraio 2015). La sua musica è presente in festival di rilevanza internazionale: Geghard II viene eseguito dall'Ensemble Contrechamps diretto da Gregory Charette con Felix Renggli al flauto solista in diretta su RTS. Nell'ottobre 2014 è stato messo in scena, durante la 59° Biennale di Venezia, Magen Zeit Opera, lavoro di teatro musicale per 3 voci ensemble ed elettronica eseguito dall'Ex Novo ensemble diretto da Filippo Perrocco. Nel Maggio 2015 al Padiglione Italia (Expo) verrà eseguito dal Divertimento Ensemble un suo nuovo lavoro. Nel Novembre 2015 gli verrà dedicato un concerto monografico per il Festival Musica Realtà di Milano. Suoi lavori sono stati commissionati ed eseguiti in festival e teatri quali Muza Plus (Tel Aviv), Festival Spaziomusica, Biennale di Venezia, Torrance Art Museum (Los Angeles), International Videoart Festival Quito (Peru), Studio Ernest-Ansermet (Ginevra), Rai NuovaMusica (Torino), Damen und Herren (Düsseldorf), Auditorium Parco della Musica (Roma), Padiglione Italia Expo (Milano), Institut für Alles Mögliche (Berlino). Ha collaborato con ensemble, solisti e direttori quali Gregory Charette, Sandro Gorli, Filippo Perrocco, London Sinfonietta, Divertimento Ensemble, Ensemble Contrechamps, Orchestra di Trento, OSN Rai, Felix Renggli, Anna Maria Morini e Alfonso Alberti. La sua musica è edita da Edizioni Suvini Zerboni di Milano. Suoi lavori sono stati trasmessi su Radio3 Rai, Euro Classic, Radio Suisse Romande e RTS Svizzera. Nasce a Bilbao, in Spagna, e inizia gli studi musicali a partire dai 7 anni di età a Fuenterrabía. Li prosegue privatamente a Madrid, con Max Deutsch a Parigi e nei corsi di Darmstadt. Fonda a Madrid «Tiempo y Música» e «Alea» (19591972), gruppi che hanno dato modo al pubblico spagnolo di conoscere la musica contemporanea e diverse culture musicali non occidentali. Fonda anche il primo laboratorio elettroacustico spagnolo. È stato docente al Conservatorio di Madrid, presso le Università di Buffalo, Ottawa e Montréal e ha tenuto corsi in Francia, Italia, Belgio, USA, Giappone, Argentina e Messico. È Direttore di «Encuentros» (Pamplona), Biennale Musicale (Madrid), Festival di Lille. Ha ottenuto la Laurea «honoris causa» presso l’Università Complutense (Madrid) e il titolo di Accademico di Belle Arti (Madrid, Granata, Belgio). Ha conseguito numerosi premi, spagnoli e internazionali (Premio Guerrero, Medaglia d’Oro del Re di Spagna per le Belle Arti, Medaglia d'Oro del Círculo de Bellas Artes di Madrid, «Officier des Arts et des Lettres» su nomina del Ministero della Cultura francese, Premio della Fondation Prince Pierre di Monaco, Premio Honegger). La sua produzione musicale comprende oltre cento titoli: quattro opere, tre quartetti per archi, vari concerti solistici (tre concerti per pianoforte, concerti per violino, violoncello, chitarra, flauto, clarinetto, sax), musica da camera, orchestrale e vocale. Nel 1968 Claude Rostand ha scritto di lui nel "Dizionario della Musica Contemporanea" (Ed. Larousse): «Luis de Pablo è oggi non soltanto la personalità dominante della scuola spagnola nonché uno dei primi compositori ad avere percorso la strada per farla uscire dal suo stretto nazionalismo e conferirle un'intonazione universale, ma anche una delle personalità più prominenti dell'attuale panorama musicale internazionale, grazie all'impulso che egli ha saputo conferire alle tecniche innovative e alle soluzioni personali e originali che ha trovato, per esprimere un temperamento inventivo e poetico eccezionale. Perché in tutta questa ricerca, è l'uomo a restare sempre dietro alla propria musica: è una presenza che gli è naturale e alla quale lui tiene». 38 39 PIERRE BOULEZ (1925) Olivier Messiaen (1908-1992) Nato a Montbrison/Loire, è un compositore, direttore d’orchestra, pensatore, motore della vita internazionale musicale, figura emblematica del dopo-guerra europeo e della cultura mondiale: un classico vivente. Dagli anni ’50 molti compositori in tutto il mondo hanno seguito con curiosità che cosa stava scrivendo, per vedere se potevano adattare le sue idee alla loro musica o rifiutarle per andare alla ricerca di uno stile personale. Nel 1957 György Kurtág arrivò a Parigi con l’obiettivo di comporre qualcosa da mostrare a Boulez (alla fine se ne andò senza un lavoro degno di essere presentato). La musica che il compositore francese scrisse alla fine degli anni ’40 era un atto consapevole di ribellione contro la tradizione rappresentata da Schönberg o Stravinskij, ma anche dal suo maestro Messiaen. Nelle sue composizioni, ma anche nei suoi scritti, Boulez era inizialmente un giovane arrabbiato e ribelle (vedi il suo feroce necrologio Schönberg est mort). Con il passare del tempo è diventato una figura di riferimento: con l’invito dalla Francia a fondare l’IRCAM e l’Ensemble Intercontemporain, e il decollare della sua carriera come direttore d’orchestra, si concentrò maggiormente sullo studio di un vasto repertorio che include Bruckner e Mahler. È stato, inoltre, un influente insegnante, cominciando a Darmstadt negli anni ’50 e continuando fino ad oggi a Lucerna, dove ha messo la sua immensa conoscenza ed esperienza a disposizione dei giovani direttori d’orchestra del Festival Academy. Le nuove composizioni, che sorgono una dopo l’altra in modo incessante, diventano parte integrante del suo repertorio, eseguito da orchestre e ensemble in tutto il mondo. È considerato un pioniere della musica seriale ed è uno dei compositori più importanti del XX secolo. Veniva da una famiglia colta (suo padre era un professore di inglese e specialista shakespeariano) e la madre poetessa. Ha iniziato all'età di undici anni la sua formazione musicale al Conservatorio di Parigi e ha vinto primi premi in quasi tutte le materie affrontate. Studiò organo con Marcel Dupré, teoria con Maurice Emmanuel, composizione con Paul Dukas al conservatorio di Parigi. Organista nella chiesa della Trinità e professore di composizione al conservatorio di Parigi, costituì nel 1936 con Baudrier, Jolivet e Lesur il gruppo di avanguardia "La jeune France". Compose musiche orchestrali, corali, organistiche, da camera, nelle quali un'intonazione mistica convive con un linguaggio moderno e personale, di cui Messiaen espose i principi in vari scritti teorici. Il sistema musicale di Olivier Messiaen è basato anche sullo studio intensivo delle opere di Debussy, Stravinskij, Mussorgskij, Berg e sul canto gregoriano . Fra i suoi lavori: La nativité du Seigneur (1935), Poèmes pour Mi (1937), Quatuor pour la fin du temps (1941), Trois petites liturgies de la présence divine (1944), Vingt regards sur l'Enfant Jésus (1944), Turangalîla-symphonie (1948), Cinq rechants (1949), Oiseaux exotiques (1954), Chronochromie (1960), Transfiguration de notre Seigneur Jésus Christ (1969), Des canyons aux étoiles (1970-74) e l'opera Saint François d'Assise (1983). Ebbe tra i suoi allievi Pierre Boulez e Karlheinz Stockhausen. 40 41 Anton Webern (1883-1945) Inizialmente influenzato dai romantici tedeschi, come Schumann, Brahms, Wagner, Wolf, oltre che da Mahler e Strauss, fu poi attratto dalla personalità e dalla concezione musicale di Schönberg, applicando con rigore alla propria musica i principi della tecnica dodecafonica. Sotto la diretta influenza di Schönberg nacquero i Lieder op. 3 (1907), poi nel 1908 la Passacaglia op. 1, in cui rivelò la tendenza a sottolineare certi valori sonori caratterizzati da una particolare struttura contrappuntistica che sarà poi tipica della sua maturità. Allievo di Adler a Vienna, dove nel 1906 si laureò in musicologia, dal 1908 studiò composizione con Arnold Schönberg, collaborando con lui dal 1918 per l'organizzazione dei concerti della Verein für musikalische Privataufführungen. Fu a contatto con i più autorevoli esponenti del movimento espressionista e tra il 1908 e il 1920 fu maestro sostituto a Vienna, Teplitz, Danzica, Stettino e Praga, poi dal 1927 direttore stabile dell'orchestra di Radio Vienna. Legato al partito socialdemocratico austriaco, dopo l'Anschluss del 1938 visse in un isolamento quasi totale e durante l'occupazione nazista dell'Austria la sua musica fu proibita come "arte degenerata". Rifugiatosi a Mittersill negli ultimi mesi del secondo conflitto mondiale, fu ucciso per errore da un soldato americano. La sua produzione comprende composizioni sia corali sia orchestrali e da camera tra cui: Quattro pezzi per violino e pianoforte op. 7 (1910); Tre piccoli pezzi op. 11 per violoncello e pianoforte (1914); Cinque canoni op. 16 (1924); numerose raccolte di Lieder per voce e pianoforte op. 12, per voce e strumenti op. 13, 14 e 15 composte tra il 1915 e il 1922; Trio per archi op. 20 (1927); Sinfonia op. 21 (1928); Quartetto op. 22 (1930); Concerto, op. 24 per nove strumenti (1934); Das Augenlicht per coro misto e orchestra op. 26 (1935); Variazioni op. 27 per pianoforte (1936); Quartetto op. 28 (1938); I Cantata per soprano, coro misto e orchestra op. 29 (1939); II Cantata per soli, coro e orchestra op. 31 (1941-43). Realizzò numerose trascrizioni di composizioni di Bach, Schubert, Schönberg e Wolf. 42 Biografie: interpreti TÕNU KALJUSTE Sergej Krylov Il direttore d'orchestra estone ha fondato l'Estonian Philharmonic Chamber Choir nel 1981 e la Tallinn Chamber Orchestra nel 1993. È stato Direttore Principale del Coro della Radio Svedese e del Coro da Camera Olandese. È un membro dell'Accademia Reale di Musica della Svezia e ha ricevuto i premi musicali “Japanese ABC” e “Robert Edler”. Dal 2004 è stato Direttore Artistico del Festival d'Opera di Nargen. Ha collaborato con cori quali RIAS Kammerchor, Rundfunkchor di Berlino, Coro della Radio Lettone, BBC Symphony Choir e orchestre quali London Philharmonic, BBC Symphony, Orchestra della Radio Svedese, Filarmonica di Oslo, Sinfonica della Radio Danese, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra del Festival di Budapest, Rundfunk Sinfonieorchester di Berlino, NDR Radiophilharmonie di Hannover, Deutsche Radio Philharmonie di Saarbrücken, Bremer Philharmoniker, Tonkünstlerorchester, BBC National Orchestra of Wales, Japan Century Symphony Orchestra, Mahler Chamber Orchestra, Camerata Salzburg, Ensemble Resonanz, Akademie für Alte Musik di Berlino. Ha debuttato all'Opera di Amburgo nel 2007 con The Little Mermaid di Lera Auerbach; lo stesso hanno ha diretto il Fidelio di Beethoven con la Tallinn Chamber Orchestra e l'Estonian Philharmonic Chamber Choir, a cui è seguito Il mondo della luna di Haydn nel 2008. Dal 1978 al 1985 ha diretto l'Estonian National Opera, dirigendo Let’s Make an Opera - The Little Sweep di Britten, Bastien und Bastienne e Der Schauspieldirektor di Mozart, Der Freischütz di Weber e Estonian Ballads di Veljo Tormis. Tõnu Kaljuste ha un'estesa discografia realizzata con le etichette ECM, Virgin Classics e Caprice. Molte delle sue incisioni sono state premiate con riconoscimenti come Diapason d'Or, Cannes Classical, Edison, Classic BRIT e l'album Adam’s Lament (ECM) di Arvo Pärt con l'Estonian Philharmonic Chamber Choir, la Sinfonietta Rīga, la Tallinn Chamber Orchestra e il Coro della Radio Lettone ha vinto il Grammy Award 2014. Tra i prossimi impegni figurano concerti con la Scottish Chamber Orchestra, l'Orchestra dell'Opera di Malmö, l'Orquesta y Coro Nacionales de España, l'Orquestra Sinfônica do Estado de São Paulo, il Coro della Radio Svedese e tournée con l'Estonian Philharmonic Chamber Choir. È molto acclamato per l'interpretazione delle musiche di György Kurtag, Krzysztof Penderecki, Giya Kancheli e Alfred Schnittke e dei compositori suoi connazionali come Arvo Pärt, Erkki-Sven Tüür, Veljo Tormis, Heino Eller e Tõnu Korvits. Nato a Mosca in una famiglia di musicisti, ha iniziato lo studio del violino a cinque anni e ha completato gli studi alla Scuola Centrale di Musica. Giovanissimo ha vinto tre primi premi ai concorsi internazionali Lipizer, Stradivari e F. Kreisler di Vienna. Ha collaborato con orchestre quali Staatskapelle di Dresda, Filarmonica di San Pietroburgo, Royal Philharmonic, Filarmonica della Scala, DSO di Berlino, Orchestra Nazionale Russa, Accademia di Santa Cecilia, English Chamber Orchestra, Hessischer Rundfunkdi Francoforte, Budapest Festival Orchestra, NHK di Tokyo, Atlanta Symphony Orchestra, Filarmonica Toscanini e Filarmonica di Copenhagen. Tra le personalità artistiche che hanno maggiormente influenzato la sua formazione artistica spicca Mstislav Rostropovič oltre a Mikhail Pletnev, Andrey Boreyko, Dmitrij Kitajenko, Omer Meir Wellber, Valery Gergiev, Yuri Temirkanov, Vladimir Ashkenazy, Nicola Luisotti, Vladimir Jurowski, Julian Kovatchev, Rafael Frühbeck de Burgos, Saulius Sondeckis, Zoltán Kocsis e Yuri Bashmet. Fra i principali impegni della stagione 2013/14 il suo debutto con la London Philharmonic con Tõnu Kaljuste, concerti con Dmitrij Kitajenko a Budapest, Colonia e Bonn, con Andrey Boreyko a Mosca, con Mikhail Pletnev a Bregenz, con Vasily Petrenko a Parigi, con Marc Minkowski a Torino e un tour in Sud America con la English Chamber Orchestra nel doppio ruolo di direttore e solista. Tra i recenti successi si ricorda il suo debutto alla Philharmonie di Berlino con la DSO diretta da Wellber e il ritorno al Teatro alla Scala con James Conlon e la Filarmonica della Scala. Krylov dedica molto spazio alla musica da camera, collaborando con Denis Matsuev, Yuri Bashmet, Bruno Canino, Itamar Golan, Lilya Zilberstein, Aleksandar Madzar, Stefania Mormone, Maxim Rysanov, Nobuko Imai, il Belcea Quartet ed Elina Garanča. Nel 2009 è stato nominato Direttore Musicale dell’Orchestra da Camera Lituana con la quale ha una intensa attività nel doppio ruolo di direttore e solista. La sua discografia include registrazioni per EMI e Melodya. Dal 2012 è titolare della cattedra di violino al Conservatorio di Lugano. Sergej Krylov suona uno Stradivari “Scotland University” (1734) della Collezione Sau-Wing Lam su concessione della Fondazione A. Stradivari di Cremona. 44 45 LORENZO SENNI FRANCESCO LANZILLOTTA Instancabile ricercatore dei meccanismi della musica dance e dei suoi elementi, oltre che a capo della rispettata etichetta sperimentale Presto!?, nel 2012 Lorenzo Senni ha prodotto un album unico intitolato “Quantum Jelly” (per l’etichetta Editions Mego). Due anni dopo viene pubblicato “Superimpositions”, il suo iper-colorato seguito: un lavoro che consolida ulteriormente, accelera ed evolve la sua idea di “Pointillistic Trance” - un approccio estremo all’essenza estetica della trance anni ’90 - con una più ampia gamma di strutture di canzoni, effetti moiré minimalisti, e arrangiamenti tantrici da dancefloor, il tutto eseguito con un impatto viscerale ed effetti provocatori ed esilaranti. Autore di quello che è considerato uno dei migliori album del 2014 da numerose testate specializzate, fra cui il prestigioso magazine britannico FACT, Senni può vantare fra i suoi fan artisti del calibro di Thom Yorke dei Radiohead, che lo ha recentemente incluso fra i suoi ascolti in studio. Considerato uno dei più promettenti giovani direttori nel panorama musicale italiano, a partire dalla stagione 2014/15 sarà il nuovo Direttore Principale della Filarmonica Toscanini di Parma. Nato a Roma, si è diplomato in direzione d’orchestra con Bruno Aprea e in composizione con Luciano Pelosi con il massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio di Santa Cecilia. Ha studiato pianoforte con Velia de Vita e si è perferzionato in direzione d’orchestra a New York presso il Bard College con Harold Farberman e con George Phelivanian a Madrid. È regolarmente ospite di importanti compagini orchestrali fra cui OSN Rai di Torino, Orchestra della Svizzera Italiana, Orchestra “I Pomeriggi Musicali” di Milano, Filarmonica Toscanini di Parma, Orchestra Regionale Toscana, Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, Orchest Gyeonggi Philharmonic Orchestra di Suwon (Korea) e Sofia Philharmonic Orchestra. Dal 2010 è Direttore Principale Ospite del Teatro dell’Opera di Varna in Bulgaria, dove ha diretto Cavalleria Rusticana, Pagliacci, Le nozze di Figaro e La bohème. Ha diretto inoltre numerose produzioni presso il Teatro La Fenice di Venezia, San Carlo di Napoli, Verdi di Trieste, Filarmonico di Verona, Lirico di Cagliari e Macerata Opera Festival. Ha inaugurato la stagione 2013/14 dirigendo La bohème al Teatro Comunale di Treviso, in seguito è tornato sul podio dell’OSN Rai, su quello della Filarmonica Toscanini di Parma e ha debuttato sul podio dell’Orchestra del Comunale di Bologna. Sul versante operistico ha diretto inoltre La traviata al Teatro Verdi di Sassari, L’Italiana in Algeri al Teatro Filarmonico di Verona, La bohème al Teatro Comunale di Ferrara e la prima rappresentazione in assoluto della nuova opera di Battistelli, Il medico dei pazzi, all’Opéra de Nancy. Ha inaugurato la stagione 2014/15 dirigendo Don Checco sul podio dell’Orchestra del San Carlo di Napoli. Fra i suoi prossimi impegni operistici annovera la direzione di Rigoletto allo Sferisterio di Macerata, La Voix humaine alla Fenice di Venezia e Nabucco all’Opera di Mahon. Tornerà inoltre a dirigere concerti sinfonici sul podio dell’Orchestra della Svizzera Italiana, della Toscanini di Parma, dell’Orchestra della Toscana in tour in Germania. Debutterà inoltre sul podio dell’Orchestra Haydn di Bolzano e dell’Orchestra Verdi di Milano (Expo 2015).Ha diretto molta musica contemporanea di autori quali D’Amico, Panni, Morricone, Gentile, Pelosi, Galante, dall’Ongaro, Pennisi, Bacalov e Mosca. 46 47 Donatienne Michel-Dansac Davide Vendramin Ha iniziato gli studi musicali di violino e pianoforte al Conservatoire Régional de Nantes prima di entrare all’Opera all’età di dieci anni. Ha ricevuto un Premio di canto al Conservatoire National Supérieur de Musique di Parigi. A ventun’anni ha eseguito Laboryntus 2 di Luciano Berio sotto la direzione di Pierre Boulez. Questo memorabile incontro ha determinato la sua passione per il repertorio contemporaneo. La stretta collaborazione con l’IRCAM dal 1993 le ha dato la possibilità di creare svariate prime mondiali. L’incontro con Georges Aperghis ne fa per vent'anni la principale interpete della sua musica. Donatienne Michel-Dansac esegue sia musica barocca sia musica classica, e si esibisce nei recitali da 25 anni con Vincent Leterme in un vasto repertorio. Di Unsuk Chin ha già cantato Akrostichon Wortspiel. Ha fatto parte di film e documentari, è stata membro della giuria di Villa Medici nel 2013 ed è stata inviatata da numerosi Musei per lezioni e da Fondazioni per progetti d’Arte contemporanea. Sotto la direzione di François Xavier Roth ha cantato Knoxville di Samuel Barber e canterà Le Marteau Sans Maître di Pierre Boulez nel 2015. Le sue registrazioni hanno vinto numerosi premi internazionali. Insegna in Francia e all’estero. Il Governo Francese le ha assegnato il titolo di “Cavaliere delle Arti e Letteratura”. Ha compiuto gli studi musicali al Conservatorio di Pesaro, all’Università di Torino e all’ Hochschule der Künste di Berna (Svizzera). Si è esibito nell’ambito di importanti festival e in collaborazione con istituzioni musicali quali Stadttheater di Berna, Internationale Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt, Ferrara Musica, Festival di Lucerna, Auditorium di Milano, Staatstheater am Gärtnerplatz di Monaco di Baviera, Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, MiTo/Settembre Musica di Torino, Biennale Musica di Venezia, Wettinger Kammerkonzerte, FBW di Vienna, Accademia di Musica e Teatro di Vilnius. Come solista ha suonato con l’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma eseguendo, in prima nazionale, lavori per fisarmonica e orchestra di Salvatore Sciarrino (Storie di altre storie) e Sofija Gubajdulina (Sotto il segno dello scorpione). Ha eseguito in prima assoluta opere a lui dedicate dai compositori Giorgio Colombo Taccani (L’enigma dell’ora) e Pierangelo Valtinoni (Concerto per fisarmonica, archi e timpani). Con il bandoneon, sempre accompagnato dall’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano, ha suonato i Tres Tangos e il Doble Concierto “Hommage à Liége” di Astor Piazzolla; ha registrato, in prima assoluta, Tango del compositore lettone Artur Maskats. Ha collaborato con l’OSN Rai di Torino, l’Orchestra della Fenice di Venezia, l’Orchestra Sinfonica “I Pomeriggi Musicali” di Milano, l’Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini di Parma, l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, la Berner Symphonie Orchestre, la Mahler Chamber Orchestra e celebri direttori tra i quali Claudio Abbado, Riccardo Chailly, Daniele Gatti, Wayne Marshall e Ingo Metzmacher. Ha registrato per Radio3 Rai e la Terza Rete Televisiva, per la Radio della Svizzera Italiana di Lugano, per la Télévision Suisse Romande di Ginevra e per la Bayrischer Rundfunk di Monaco di Baviera. Con l’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano diretta da Giuseppe Grazioli ha partecipato all’incisione dell’integrale delle opere per orchestra di Nino Rota per DECCA. Esperto per il Conservatorio della Svizzera italiana di Lugano, insegna fisarmonica al Conservatorio di Vicenza e di Bolzano. 48 49 BIENOISE Stefan Anton Reck Nato nell’ottobre nucleare del 1985 in un quieto paese sul lago Maggiore, Alberto vive ancora lì. Nel 2014, dopo la laurea in Linguaggi dei Media e il master in composizione per il grande schermo al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, si diploma in Musica Elettronica e Tecnologie del Suono presso il Conservatorio di Como, con la tesi Nuove Forme Musicali: Il Remix, estetica, tecniche e strumenti, relatore Andrea Vigani. Segue anche i corsi di programmazione in MaxMSP con TOBOR EXPERIMENT, e di pianoforte e composizione con Roberto Olzer ed Alberto Magagni. Come Bienoise, pubblica per Bitcrusher Records, MagmatiQ, White Forest. Dal 2012 è uno dei membri di PiemonteGroove, scelto da Martyn come vincitore del remix contest della sua Ghost People. La sua musica viene descritta come techno a forma libera, glitch house, folktronica: lui ama raccontare storie giocando coi generi, con i limiti dei propri strumenti e con la narrativa del suono. È uno dei fondatori dell'etichetta di musica improvvisata e di confine Floating Forest Records, con la quale ha pubblicato Davide Merlino, Achille Succi, Pasquale Mirra, Sabir Mateen e molti altri. Per questa ed altre etichette si occupa anche di registrazione, mix e mastering, oltre ad esibirsi con il collettivo e con il progetto acusmatico Alberi assieme ad Alberto Barberis. Nel 2014 viene scelto da RedBull per rappresentare l'Italia alla Academy di Tokyo. Non è un dj. È stato direttore musicale dell'Orchestra Sinfonica di Sanremo dal 1990 al 1994, direttore principale dell'Orchestra Regionale del Lazio dal 1994 al 1998 e direttore musicale del Teatro Massimo di Palermo dal 1999 al 2003. Ha ricevuto una borsa di studio dal Tanglewood Music Center per gli anni 1987 e 1990, per il suo lavoro con Seiji Ozawa e Leonard Bernstein. Dal 1997 al 2000 è stato l’assistente di Claudio Abbado. Numerosi i concerti da lui eseguiti alla guida della Gustav Mahler Jugendorchester e della Mahler Chamber Orchestra. Direttore d’orchestra molto richiesto, è stato invitato a dirigere importanti nuove produzioni operistiche in tutto il mondo, quali Die Meistersinger von Nürnberg di Wagner e Lulu al New National Theatre di Tokyo, Le Nozze di Figaro di Mozart alla Los Angeles Opera, Dead Man Walking di Jake Heggie alla Semperoper di Dresda, Der Freischütz di Weber all’Opera di Lipsia, Salomè al Carlo Felice di Genova, Tristan und Isolde al Regio di Torino, Daphne di Richard Strauss alla Fenice di Venezia, nuovi allestimenti della Tetralogia di Wagner al Teatro Verdi di Trieste e al Teatro Petruzzelli di Bari, Der fliegende Holländer al Comunale di Bologna e al San Carlo di Napoli, Gianni Schicchi e Eine florentinische Tragödie al Teatro Regio di Torino. Nel campo della musica sinfonica ha collaborato con numerose orchestre, tra cui l’Orchestre National de France di Parigi, l’OSN Rai di Torino, la Tokyo Symphony Orchestra, l’Orchestra di Santa Cecilia a Roma e le Orchestre del Teatro Comunale di Bologna e del Maggio Musicale Fiorentino. Stefan Anton Reck è riconosciuto a livello internazionale come profondo conoscitore della musica di Gustav Mahler e della Seconda scuola di Vienna (Berg, Schönberg, Webern). 50 51 DAVE SAVED Dave Saved, noto anche come Davide Salvati, è un produttore residente a Napoli. Ha debuttato nel 2013 per l’etichetta londinese Astro:Dynamics con la cassetta ‘Prisoner Of Gravity’. Salvati ha recentemente prestato il suo talento alla Gang Of Ducks con l’EP ’Power and Silence: Deindustrialization’, quattro brani originali che proseguono nella sua ricerca musicale nelle trame più psichedeliche e intricate. Un tuffo nelle acque più scure per l’etichetta emergente, a cogliere il flusso sonoro Kosmische e rielaborarlo, mostrando il talento del produttore nella creazione di strutture melodiche sfuocate e lo-fi con occasionali fioriture ritmiche. 52 osn rai: biografia, riconoscimenti e discografia per la musica contemporanea Riconoscimenti per la musica contemporanea Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai L’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai nacque nel 1994 dall’unificazione delle orchestre dell’ente radiofonico pubblico di Torino, Roma, Milano e Napoli, divenendo una delle compagini più prestigiose d’Italia. I primi concerti furono diretti da Georges Prêtre e Giuseppe Sinopoli, seguiti da Jeffrey Tate, Rafael Frühbeck de Burgos, Eliahu Inbal e Gianandrea Noseda. Dal novembre 2009 Juraj Valčuha è il Direttore principale. Tra le altre presenze significative sul podio: Carlo Maria Giulini, Wolfgang Sawallisch, Mstislav Rostropovič, Myung-Whun Chung, Riccardo Chailly, Lorin Maazel, Zubin Mehta, Yuri Ahronovitch, Marek Janowski, Semyon Bychkov, Dmitrij Kitaenko, Aleksandr Lazarev, Valery Gergiev, Gerd Albrecht, Yutaka Sado, Mikko Franck, James Conlon, Roberto Abbado e Kirill Petrenko. Grazie alla presenza dei suoi concerti nei palinsesti radiofonici (Radio3) e televisivi (Rai1, Rai3 e Rai5), l’OSN Rai ha contribuito alla diffusione del grande repertorio sinfonico e delle pagine dell’avanguardia storica e contemporanea, con commissioni e prime esecuzioni che hanno ottenuto riconoscimenti artistici, editoriali e discografici. Esemplare dal 2004 la rassegna di musica contemporanea Rai NuovaMusica. L’Orchestra tiene a Torino regolari stagioni concertistiche e cicli speciali, ed è spesso ospite di importanti festival quali MITO SettembreMusica, Biennale di Venezia, Ravenna Festival e Sagra Malatestiana di Rimini. Tra gli impegni istituzionali si annoverano i concerti di Natale ad Assisi trasmessi in mondovisione e le celebrazioni per la Festa della Repubblica. Nel 2006 è stata invitata al Festival di Salisburgo e alla Philharmonie di Berlino per celebrare l’ottantesimo compleanno di Hans Werner Henze. Tra i recenti impegni: Abu Dhabi Classics, una tournée in Germania, Austria e Slovacchia, il debutto in concerto al Festival RadiRO di Bucarest nel 2012 e nel 2013 al Festival Enescu e una tournée in Germania e Svizzera nel 2014. Importante il debutto, con il suo Direttore principale Juraj Valčuha, al Musikverein di Vienna e il ritorno alla Philharmonie di Berlino. L’OSN Rai ha partecipato ai film-opera Rigoletto a Mantova, con la direzione di Mehta e la regia di Bellocchio, e Cenerentola, una favola in diretta, trasmessi in mondovisione su Rai1. L’orchestra si occupa, inoltre, delle registrazioni di sigle e colonne sonore dei programmi televisivi Rai. Dai suoi concerti dal vivo sono spesso ricavati cd e dvd. 54 2004 XXIV edizione del “Premio Abbiati” Premio per la «Miglior iniziativa musicale» al progetto Rai NuovaMusica dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino, per la coraggiosa ideazione di un cartellone di musica contemporanea basata su prime assolute e italiane, e la pregevole realizzazione musicale che ha integrato l’impegno della programmazione concertistica ordinaria a documentare la creativita di oggi, assolto con rilevanti commissioni tra cui Sembianti di Giacomo Manzoni e Rest di Luca Francesconi. 2007 XXVI edizione del “Premio Abbiati” Novita assoluta: Ausklang per pianoforte e orchestra (Torino, Rai NuovaMusica) e Concertini (Venezia, Biennale Musica) di Helmut Lachenmann, due momenti di grande rilievo della ricerca del compositore tedesco. 2008 “Diapason D’Or” della rivista «Diapason» Al triplo cd Orchestral Works prodotto da Kairos con Rai Trade, e dedicato a Salvatore Sciarrino, con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Tito Ceccherini. 2009 Premio nazionale della rivista «Classic Voice» categoria “Contemporanea” Al triplo cd Orchestral Works prodotto da Kairos con Rai Trade, e dedicato a Salvatore Sciarrino, con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Tito Ceccherini. 55 Discografia per la musica contemporanea Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Pascal Rophé direttore - Giampaolo Pretto flauto Jean Guihen Queyras violoncello Fedele, Scena-Ruah per flauto e orchestra Fedele, Concerto per violoncello e orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Roberto Abbado direttore - Anssi Karttunen violoncello Francesconi, Cobalt Scarlet Francesconi, Rest Amadeus - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Tito Ceccherini direttore - Francesco D’Orazio violino Daugherty, Fire and Blood Nyman, Concerto per violino e orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Peter Rundel direttore - Donatienne Michel-Dansac soprano Romitelli, Dead City Radio Romitelli, EnTrance Romitelli, Flowing down too slow Romitelli, The Nameless City Neos - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, Ensemble Modern, Ars Nova Ensemble Nürnberg, Ensemble Spectral Tito Ceccherini direttore - Peter Sadlo percussioni Borboudakis, Archégonon Orfeo - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Gerd Albrecht direttore - Mari Midorikawa, Jun Takahashi, Tsuyoschi Mihara, Teruhiko Komori, Zvi Emanuel-Marial, Kwang-Il Kim, Yasushi Hirano voci Henze, Gogo no Eiko Incisione effettuata dal vivo presso la Großes Festspielhaus di Salisburgo il 26/08/2006 56 Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Tito Ceccherini direttore - Francesco Dillon violoncello Scelsi, Aiôn Scelsi, Hymnos Scelsi, Quattro pezzi per orchestra Scelsi, Ballata Sony Classical - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Corrado Rovaris direttore - Silvia Chiesa violoncello Casella, Concerto per violoncello e orchestra op. 58 Respighi, Adagio e variazioni per violoncello e orchestra Pizzetti, Concerto in do minore per violoncello e orchestra Sony Classical - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Corrado Rovaris direttore - Silvia Chiesa violoncello Rota, composizioni per violoncello e orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Pascal Rophé direttore - Jean-Guihen Queyras violoncello Dallapiccola, Due pezzi per orchestra Dallapiccola, Variazioni per orchestra Dallapiccola, Dialoghi per violoncello e orchestra Dallapiccola, Three Questions with two Answers VideoRadio - Percussionisti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Maurizio Bianchini, Claudio Romano, Carmelo Gullotto, Riccardo Balbinutti, Claudio Cavallini, Matteo Moretti Luigi Arciuli flautista Ravel, Ma mère l’oye Bianchini, Tribalis Jolivet, Suite en concert Peck, Lift-Off Bianchini, 5 frammenti sospesi Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Daniel Kawka direttore Solbiati, Sinfonia seconda Solbiati, Sinfonia Solbiati, Die Sterne des Leidlands 57 Ricordi Oggi - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Pierre-André Valade direttore Battistelli, Aftertought Battistelli, Begleitmusik zu einer Dichtspielszene Battistelli, Anarca Kairos - Rai Trade - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Tito Ceccherini direttore - Daniele Pollini, Moni Ovadia, Mario Caroli, Francesco Dillon, Marco Rogliano solisti Sciarrino, composizioni per orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Marco Angius direttore - Francesco D’Orazio violino Corinna Mologni soprano Fedele, composizioni per orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Pierre-André Valade direttore Verrando, composizioni per orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Daniel Kawka direttore - Giampaolo Nuti pianoforte Barber, composizioni per orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Lothar Koenigs direttore Gervasoni, composizioni per orchestra Manzoni, composizioni per orchestra Webern, composizioni per orchestra Stradivarius - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Arturo Tamayo direttore - Alfonso Alberti pianoforte Petrassi, composizioni per orchestra Anemos - Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Juanjo Mena direttore Gianandrea Noseda direttore Georg Nigl baritono - Roberto Balconi controtenore De Pablo, Casi un espejo De Pablo, Passio 58 THE FUTURE SOUND OF CLASSICAL Biglietteria e Informazioni Biglietto intero adulti con assegnazione del posto in ogni ordine di settore: 5 euro Biglietto ridotto giovani (dal 1985) con assegnazione del posto in ogni ordine di settore: 3 euro BIGLIETTERIA Auditorium Rai “A. Toscanini” – piazza Rossaro – 10124 Torino Tel. 011/8104653 – 8104961 Fax 011/8170861 e-mail: [email protected] DATE E ORARI DI APERTURA Prevendita biglietti dal 20 gennaio 2015 La biglietteria è aperta: martedì e mercoledì: dalle 10 alle 14 giovedì e venerdì: dalle 15 alle 19 sabato, domenica e lunedì: chiusa La biglietteria è sempre aperta un’ora prima dei concerti VENDITA ON LINE Su www.osn.rai.it è possibile acquistare i biglietti a partire dal 20 gennaio 2015 www.facebook.com/osnrai @OrchestraRai instagram.com/orchestrasinfonicarai CONVENZIONE OSN RAI - VITTORIO PARK Tutti gli Abbonati, i possessori di Carnet e gli acquirenti dei singoli Concerti per la Stagione Sinfonica OSN Rai 2014/15 che utilizzeranno il VITTORIO PARK DI PIAZZA VITTORIO VENETO nelle serate previste dal cartellone, vidimando il biglietto di sosta nell’apposita macchinetta installata nel foyer dell’Auditorium Toscanini, avranno diritto allo sconto del 25% sulla tariffa oraria ordinaria. PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI AL PERSONALE DI SALA O IN BIGLIETTERIA. Redazione a cura di Irene Sala 60 www.osn.rai.it Tutti i concerti sono trasmessi da: In collaborazione con: