CAPITOLO I (di Antonio Bartolini) ORGANO ED UFFICIO SEZIONE I – ORGANO SOMMARIO: § 1. Soggettività, capacità giuridica, d’agire ed imputazione giuridica. – § 2. Le figure soggettive immateriali ed il problema della formazione ed esternazione della volontà. – § 3. [Segue] in particolare la persona giuridica. – § 4. Strumenti d’imputazione della persona giuridica: rappresentante ed organo. – § 5. [Segue] l’organo ed il c.d. rapporto d’immedesimazione organica. – § 6. [Segue] il problema del rapporto organico. – § 7. La rappresentanza legale. – § 8. L’organo con legittimazione separata.. – § 9. L’organo-ente. – § 10. Gli organi dello Stato. – § 11. L’organo indiretto: una locuzione impropria. 1. Soggettività, capacità giuridica, d’agire ed imputazione giuridica Gli interessi umani possono essere curati in differenti modi. L’individuo può innanzitutto limitarsi alla cura dei propri interessi con atti strutturalmente semplici, cioè quelli della quotidianità, quali il parlare, il mangiare, il dormire ecc. L’individuo, peraltro, non ha talvolta la forza ed i mezzi necessari per soddisfare i propri interessi e bisogni, per cui ha sentito e sente la necessità di operare anche all’interno di organizzazioni di gruppo. Nel corso della storia umana le organizzazioni di gruppo si sono giuridicizzate ed hanno dato luogo al diritto. Questo carattere organizzatorio venne ben colto dai giuristi romani, e sintetizzato nel noto brocardo ubi societas, ibi ius, ubi ius, ibi societas: non c’è diritto senza una organizzazione sociale, non c’è una società umana senza diritto. Quindi il fatto organizzativo e l’organizzazione sociale sono alla base dell’esperienza giuridica. Il diritto si fonda sull’organizzazione sociale. Con il diritto, dunque, nascono le organizzazioni giuridiche o secondo una terminologia più evoluta, propria della teoria generale, gli 2 I fondamenti dell’organizzazione amministrativa ordinamenti giuridici1, cioè dei gruppi organizzati per la cura di interessi comuni che conferiscono dei poteri ad un’autorità, alla quale è riconosciuta la potestà di dettare norme giuridiche cui è sottoposto il gruppo ed i suoi membri. L’ordinamento giuridico è caratterizzato da tre elementi, ovvero una plurisogettività, una normazione ed una organizzazione. Quello che per antonomasia viene definito come generale, è rappresentativo del gruppo territoriale più ampio e dotato del carattere dell’originarietà, sovranità ed assolutezza. Le specie storicamente succedutesi sono la polis, la repubblica, i regni e gli imperi, le signorie ed oggi gli stati2. L’ordinamento è originario quando trae la propria forza e vigenza da se stesso: l’originarietà è un carattere che nasce dalle vicende storiche più disparate quali il contratto sociale, le lotte dinastiche, le guerre di annessione e secessione, i tumulti popolari, le rivoluzioni ed oggi, più modernamente, i movimenti costituzionalistici. L’originarietà porta con sé, da un lato, la sovranità, ovvero il potere di far valere le proprie norme nei confronti degli appartenenti al medesimo ordinamento, anche con la coazione e, dall’altro, quello di non essere soggetto al potere di altri ordinamenti generali, se non su base volontaria. Infine l’ordinamento generale è assoluto, nel senso che è l’unico soggetto a cui è riconosciuto il potere di attribuire rilevanza giuridica a coloro che operano nel proprio seno. Per cui è solo l’ordinamento generale ad avere il potere di stabilire quali siano i soggetti che possano operare, ed in quali limiti, nel proprio ambito. Ad es. negli ordinamenti più o meno antichi gli schiavi e i servi non avevano diritti e, pertanto, non avevano una vera e propria soggettività giuridica. Nel diritto romano la capacità giuridica delle persone fisiche variava a seconda dello status giuridico che veniva riconosciuto ad ogni singolo individuo in base alla cittadinanza. Negli ordinamenti moderni la regola generale, stante il principio costituzionale di eguaglianza, è che tutti gli esseri umani, cioè le persone fisiche, hanno soggettività giuridica. Come tali alle medesime è riconosciuta la capacità giuridica, cioè la possibilità di essere centro di riferimento di tutte le fattispecie giuridicamente rilevanti, e, quindi, l’idoneità ad essere titolari di situazioni giuridiche soggettive attive e Naturalmente il riferimento è al magistrale insegnamento di SANTI ROMANO, L’ordinamento giuridico: studi sul concetto, le fonti e i caratteri del diritto, Pisa, 1917. 2 Le notazioni sui caratteri degli ordinamenti giuridici e sull’esistenza di ordinamenti generali sono tratte da GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1988, 2a ed., 96 ss. 1 (A CURA DI) G. MORBIDELLI 3 passive (diritti, interessi legittimi, interessi giuridicamente rilevanti, doveri, obblighi ecc.). Parimenti alle persone fisiche è riconosciuta la capacità d’agire, ovvero l’idoneità concreta del soggetto a costituire, estinguere e modificare le situazioni giuridiche soggettive: è, dunque, il potere concreto di generare fattispecie giuridiche. Come noto, non tutti i soggetti dell’ordinamento hanno capacità d’agire, poiché sotto questo profilo vi possono essere delle limitazioni previste dall’ordinamento generale: si pensi ai minorenni, agli interdetti, agli inabilitati, e ad altre categorie di persone fisiche soggette a limiti di ordine legale (il fallito, il destinatario di misure restrittive della propria capacità a seguito di condanna penale ecc.)3. La sfera di interessi della persona fisica non ha solo carattere individuale, poiché la propria personalità, come ricorda la Costituzione, si svolge anche nelle formazioni sociali, cioè in organizzazioni metaindividuali4. Non tutte le formazioni sociali, meglio gli ordinamenti giuridici particolari, sono giuridicamente rilevanti per l’ordinamento generale, ma solo quelli che, in forza del carattere dell’assolutezza, sono riconosciuti come meritevoli da quest’ultimo. Nel caso dell’ordinamento italiano gli ordinamenti particolari, di norma, assumono la veste della persona giuridica. Il giudizio di meritevolezza, che conferisce soggettività giuridica all’ordinamento particolare, può avvenire in due forme. Una prima consiste nella creazione da parte dell’ordinamento generale di un soggetto immateriale (cioè diverso dalla persona fisica) cui viene attribuita la cura doverosa di un interesse meta-individuale: si pensi, ad es., alla costituzione (che deve avvenire necessariamente) per legge di un ente pubblico. La seconda attraverso il riconoscimento dell’ordinamento particolare, per legge o con atti puntuali. Il riconoscimento della personalità giuridica avviene in vesti differenti a seconda che la medesima assuma la forma, da un lato, della fondazione o dell’associazione e, dall’altro, della società di capitali. Per le fondazioni e le associazioni con personalità giuridica la soggettività si acquista con l’iscrizione nell’apposito registro tenuto presso le prefetture o le regioni (artt. 1 e 7 D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361). 3 Sul problema della capacità giuridica e d’agire delle persone fisiche si è fatto riferimento al fondamentale contributo di FALZEA, Capacità II (teoria generale), in Enc. dir., VI, Milano, 1960, 8 ss. 4 L’art. 2 della Costituzione stabilisce che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità […]”. 4 I fondamenti dell’organizzazione amministrativa Le società di capitali (s.p.a., s.r.l. e quelle in accomandita) acquistano, invece, la soggettività giuridica mediante l’iscrizione nel registro delle imprese (art. 2231 c.c.). Va, peraltro, precisato che le figure soggettive immateriali non sono un numerus clausus limitato alle persone giuridiche, in quanto l’ordinamento ne conosce varie specie. In linea generale è soggetto dell’ordinamento qualsiasi centro di riferimento di interessi giuridicamente rilevanti, come tale riconosciuto dall’ordinamento generale. In altre parole qualsiasi centro d’imputazione di fattispecie e situazioni giuridicamente rilevanti è, per l’ordinamento generale, un soggetto giuridico5. A tal proposito la Corte suprema di cassazione ha, peraltro, specificato che per aversi soggettività giuridica occorre che il centro di riferimento di interessi sia dotato di una struttura organizzatoria minima6. Tra le figure soggettive diverse dagli enti con personalità giuridica, vi sono, innanzitutto gli enti di fatto, che nel nostro codice civile trovano una compiuta disciplina negli art. 36 c.c., volti a regolare le associazioni non riconosciute ed i comitati. E su questa falsariga vanno rammentate le disposizioni in materia di condominio degli edifici (artt. 1117 ss. c.c.) e sulle società di persone (artt. 2251 ss. c.c.). Sempre nel diritto privato si rinvengono figure soggettive proprie dell’esperienza della common law, come il trust. Non meno ricco di figure soggettive immateriali è il diritto pubblico, dove si possono rinvenire soggetti diversificati quali il munus, l’organo con legittimazione separata, gli organi con personalità giuridica ecc. Non è questa la sede per approfondire le diverse fenomenologie della soggettività giuridica, in quanto nel prosieguo del lavoro verranno meglio approfondite. Quello che, invece, si vuole da subito evidenziare è il sistema che presiede la formazione della volontà dei soggetti immateriali, essendo privi della componente psichica. In altri termini, sorge il problema di capire quali siano le regole ed i meccanismi che attengono all’attribuzione di diritti, interessi, obblighi ecc. E’di tutta evidenza che la riferibilità delle situazioni soggettive attive e passive a questi soggetti non può avere la medesima latitudine di quella relativa alla persona fisica: difatti ai soggetti immateriali non possono essere riferite tutte quelle fattispecie che attengono alla fisicità dell’uomo ed alle sue relazioni di carattere fisio-psichico, quali i diritti della personalità, i rapporti familiari ecc. 5 Su tali aspetti si v. la ricostruzione di ORESTANO, Il «problema delle persone giuridiche» in diritto romano, vol. I, Torino, 1968, 60 ss. 6 Cass., 15 luglio 2010, n. 16605, in www.cortedicassazione.it. (A CURA DI) G. MORBIDELLI 5 Nel passato si è parlato di una quasi capacità delle persone giuridiche, non potendo queste ultime essere centro di riferimento di tutte le fattispecie giuridiche. Tuttavia, in uno stadio più maturo di riflessione si è chiarito come sia errato discorrere se le figure soggettive immateriali abbiano o meno capacità giuridica e d’agire, in quanto le medesime in realtà hanno un’attitudine all’imputazione di fattispecie giuridiche7, cioè la possibilità di diventare centro di riferimento di fattispecie giuridiche e, quindi, titolari in via autonoma di situazioni soggettive attive e passive. Per comprendere meglio il concetto di attitudine all’imputazione di fattispecie, basterà ricordare che in taluni ordinamenti, a tal proposito, si parla di schermo (o velo) della personalità giuridica. Con questa locuzione metaforica si intende indicare il carattere fondamentale dei soggetti immateriali (con particolare riferimento alle persone giuridiche), consistente nel fatto che una volta attribuita la soggettività giuridica, il substrato materiale e sociale della figura immateriale, cioè le persone fisiche, si dissolvono o per meglio dire, vengono schermate, nascoste, dalla persona giuridica medesima8. Per cui, anche se all’interno della persona giuridica operano persone fisiche (operai, impiegati, dirigenti, soci e associati) queste, in linea generale, non si vedono imputare alcuna fattispecie giuridica, in quanto l’imputazione opera nei confronti del soggetto immateriale, al quale, così, appartengono le situazioni soggettive prodotte. L’imputazione di fattispecie, peraltro, non avviene sempre in maniera omogenea, poiché il diritto positivo, tramite varie norme di raccordo, frammenta la fattispecie imputando frazioni della medesima ad una pluralità di figure soggettive. Al fi ne di comprendere meglio questo fenomeno, che verrà partitamente analizzato nei prossimi paragrafi, occorre procedere ad alcune notazioni preliminari in ordine al concetto di fattispecie giuridica. Secondo la ricostruzione più accreditata9 non tutti i fatti sono riconosciuti ed entrano a far parte dell’ordinamento generale, poiché in molte evenienze il mondo giuridico se ne disinteressa. 7 Sulla scorta degli insegnamenti della scuola normativistica viennese è stato Angelo Falzea a chiarire che le figure soggettive immateriali non hanno capacità d’agire ma attitudine all’imputazione: v. FALZEA, Capacità, cit., 31 ss. 8 Il merito di aver evidenziato i problemi derivanti dallo schermo della personalità giuridica va sicuramente attribuito agli studi degli anni Sessanta di Francesco Galgano: il risultato più maturo e recente di queste riflessioni è in GALGANO, Delle persone giuridiche. Art. 11-35, in Commentario del Codice civile Scialoja e Branca, (a cura di) Galgano, Bologna-Roma, 2006, 2a ed., 1 ss. 9 V. per tutti FALZEA, Efficacia giuridica, in Enc. dir., XIV, Milano, 1965, 457 ss. 6 I fondamenti dell’organizzazione amministrativa Tanto per esemplificare, per l’ordinamento generale il pianto di un bambino è giuridicamente irrilevante, essendo un fatto del tutto naturale e neutro per il diritto (si pensi al pianto per capriccio). Però, quando il pianto del bambino è frutto di percosse da parte di un genitore, questo fatto può diventare giuridicamente rilevante, essendo oggetto di un giudizio di disvalore giuridico (di rilevanza penale) da parte dell’ordinamento generale. Nel concetto di fattispecie giuridica non rientrano, pertanto, tutti i fatti, ma solo quelli oggetto di un giudizio di qualificazione da parte dell’ordinamento giuridico. Nel prosieguo della presente trattazione vedremo che questi fatti assumono diverse colorazioni ed intonazioni, per cui avremo fatti naturali, indipendenti dal comportamento o dalla volontà dell’uomo; all’interno dei fatti vi sono quelli posti in essere dai soggetti appartenenti all’ordinamento generale. In questo caso la distinzione fondamentale poggia sulla volontà. Troviamo, tra questi ultimi, dei fatti che non sono manifestazione di volontà, quali i comportamenti (l’impossessamento di un bene) ed i fatti illeciti materiali (incidente d’auto). Vi sono, poi, i veri e propri atti giuridici, frutto di una manifestazione di volontà del soggetto: la legge, i negozi giuridici, le sentenze, i provvedimenti amministrativi ecc. Talvolta l’atto umano diviene componente di un fatto illecito: si pensi al danno derivante da provvedimento amministrativo. Le fattispecie giuridiche, in quanto giuridicamente rilevanti, producono degli effetti giuridici, che innovano l’ordinamento generale. Volendo continuare nell’esempio precedente, a seguito del giudizio di disvalore sulle percosse, il genitore subirà come effetto giuridico le sanzioni penali previste all’uopo. La fattispecie consta, dunque, di due elementi: il fatto, oggetto del giudizio di rilevanza giuridica, e l’effetto giuridico conseguente a detto giudizio10. Nella scienza amministrativistica si è, poi, notato che una fattispecie giuridicamente rilevante può produrre, oltre agli effetti giuridici, anche i risultati (da intendersi come effetto pratico dell’agire umano, oggetto, tuttavia, di una valutazione giuridica). La figura dell’imputazione dei risultati è particolarmente importante negli studi sull’organizzazione, in quanto i fatti organizzatori tendono spesso ad essere confinati nel mondo dell’irrilevanza giuridica. 10 Anche in questo caso di è fatto riferimento alle osservazioni fondamentali di FALZEA, Efficacia giuridica, cit., 457 ss. e da ultimo, il breve ma “efficace” lavoro di Id., Rilevanza giuridica, ivi, XL, Milano, 1989, 900 ss. (A CURA DI) G. MORBIDELLI 7 Spetta a Massimo Severo Giannini il merito di aver messo in luce l’imputazione dei risultati, sentendo la necessità, con tale categoria, di spiegare alcuni fenomeni, che, altrimenti, seguendo i tradizionali insegnamenti, avrebbero dovuto essere collocati nella sfera del pregiuridico e, quindi, posti al di fuori dal diritto. Il Maestro ebbe modo di notare (in uno studio dei primi anni Sessanta11) che molti accadimenti presenti nella realtà giuridica non potrebbero essere compresi prescindendo dall’analisi delle conseguenze pratiche prodotte dall’attività umana. Tale convinzione nacque dallo studio degli istituti di patronato, i quali hanno una struttura amministrativa peculiare. I predetti apparati si distinguono in organi centrali e periferici: in questo ambito gli organi centrali svolgono solo una funzione di direzione nei confronti di quelli periferici, senza adottare alcun atto avente forza giuridica all’esterno; sono, invece, gli uffici periferici a produrre, mediante l’attività di assistenza, le vere e proprie fattispecie giuridiche12. Per cui, a seguire strettamente i teorici della fattispecie, gli organi centrali non avrebbero rilevanza giuridica, non producendo degli effetti propriamente giuridici. Invece, Giannini nota che la rilevanza giuridica degli organi centrali va colta nel fatto che i medesimi producono dei risultati. “L’ente di patronato – apparato centrale rimane, infatti, responsabile amministrativo dell’attività, che globalmente pongono in essere gli organi organicamente non da lui dipendenti: se l’attività va bene o male, è esso che riceve le lodi o le censure; è ad esso che si rivolge il ministero di vigilanza per quanto gli compete, nonché l’associazione sindacale rispetto alla quale è ente di patronato”13. In questo caso si producono, dunque, non degli effetti, ma dei risultati, i quali, tuttavia, sono giuridicamente valutabili e come tali spiegano l’esistenza (giuridica) di alcune organizzazioni. Per cui, ed in conclusione, l’imputazione di fattispecie è una complessa fenomenologia che consta, di un fatto, oggetto di un giudizio giuridico, il quale può produrre effetti giuridici e risultati. Nel prosieguo si avrà modo di apprezzare che nell’ambito dei rapporti organizzativi detta imputazione non è mai omogenea, in quanto si può assistere anche ad evenienze di imputazione disomogenea, in cui il fatto (o 11 In particolare ci si riferisce al fondamentale saggio di GIANNINI, Organi di mera erogazione ed organizzazione impropria, in Studi in memoria di L. Mossa, vol. II, Padova, 1961, 395 ss. 12 Sempre GIANNINI, Organi di mera erogazione ed organizzazione impropria, cit., 404 ss., dove, per l’appunto, l’illustre Maestro notava che gli I.n.c.a., quali enti di patronato, “sono gli uffici provinciali che curano le pratiche amministrative dei lavoratori presso i vari pubblici poteri, e che quindi realizzano le funzioni dell’ente nel senso pieno del termine. Gli organi centrali hanno azione di direzione e controllo”. 13 GIANNINI, Organi di mera erogazione ed organizzazione impropria, cit., 405. 8 I fondamenti dell’organizzazione amministrativa l’atto) viene imputato ad una figura soggettiva, l’effetto ad un’altra ed il risultato ad un ulteriore soggetto. 2. Le figure soggettive immateriali ed il problema della formazione ed esternazione della volontà La disomogeneità dell’ordine di imputazione risulta essere una fenomenologia evidente in relazione alle figure soggettive immateriali. Difatti, i soggetti giuridici differenti dalle persone fisiche hanno il problema di come manifestare la volontà, non potendo beneficiare, naturaliter, del processo di formazione psichica proprio della persona fisica. Sin dall’alba del medioevo del diritto si sentì l’esigenza di affiancare alle figure soggettive immateriali, prive di capacità d’agire, degli amministratori diretti a sopperire ai loro bisogni ed interessi. Il Papa ed il vescovo nella Chiesa, il Priore nei Comuni. E più tardi l’amministratore delegato della società di capitali od il consiglio di amministrazione di una fondazione. Il Sovrano ed il Capo dello Stato negli ordinamenti generali moderni ecc. La figura dell’amministratore è alla base delle organizzazioni soggettive immateriali, in quanto denota quella figura chiamata a servire e curare gli interessi di altro soggetto14. Alla base dell’amministrare vi è, dunque, sempre un munus, cioè l’incarico che si dà ad un soggetto (di solito una persona fisica) di curare un interesse altrui. Il munus, inteso come ufficio in senso soggettivo, consente, in particolare, di amministrare interessi di soggetti che non ne hanno la capacità. Si pensi al tutore, al curatore, all’amministratore di sostegno che agiscono (per) ed amministrano gli interessi dell’interdetto e dell’incapace. Negli ordinamenti più antichi ricorrevano alla figura del munus anche le collettività organizzate in diritto romano affidando munera pubblici al console od al praetor15. L’evoluzione delle organizzazioni ha portato, tuttavia, a creare, intorno agli amministratori, degli apparati amministrativi serventi formati da persone ed uffici. Sul significato etimologico di minister v. CAVALLO, Teoria e prassi della pubblica organizzazione, Milano, 2005, 7 ss., in cui si mette in evidenza come il ministro, melius l’amministratore, indica un soggetto che svolge l’attività del ministrare, cioè servire la cena. L’amministratore è, dunque, un soggetto servente posto al servizio di qualcun altro. Cura, quindi, interessi altrui. 15 Si è in tal modo fatto riferimento alle fondamentali partizioni di GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 1950, 124 ss. 14 (A CURA DI) G. MORBIDELLI 9 Questi tipi di organizzazioni, più complesse, hanno trovato il proprio primo strato evolutivo nell’officium, quale sviluppo del munus, con uno stabile apparato organizzativo (munus stabiliter constitutum: can 145, Codex iuris canonici) e strumento dell’agire giuridico degli enti non personificati16. Si pensi all’amministratore di un condominio o ad un’associazione non riconosciuta, od ancora all’amministratore di un trust (trustee) od ancora al segretario di un partito politico o di un sindacato. Lo stadio finale di questa evoluzione è l’organo della persona giuridica, in cui l’amministratore (melius: il titolare dell’organo) scompare e si dissolve nella figura soggettiva immateriale in forza della c.d. immedesimazione organica. Il tratto comune a queste varie figure di amministratore ed amministrazione (titolare di munus, officium ed organo) è quello che una persona fisica presta la propria volontà ad un soggetto immateriale che ne è privo. Questa mutuazione avviene attraverso vari schemi di imputazione giuridica, corrispondenti alle varie figure di amministratore sopra delineate. Difatti, le figure soggettive immateriali, al fine di sopperire, alla loro fisiologica mancanza di volontà psichica, potranno ricorrere alle seguenti figure organizzatorie: la rappresentanza, la sostituzione e l’imputazione organica17. Nel caso del munus si ricorrerà alla figura del rappresentante; l’officium impiegherà la figura del sostituto; l’organo della persona giuridica si avvarrà dell’imputazione organica. Nella rappresentanza la fattispecie prodotta e voluta dal rappresentante in nome e per conto del rappresentato viene così imputata: la componente attizia (l’atto) viene riferito al rappresentante, mentre gli effetti al rappresentato. Per cui il padre e la madre, laddove acquistino, nell’esercizio munus della patria potestà, un immobile in nome e per conto del proprio figlio, imputeranno a sé stessi (in quanto rappresentanti) l’atto di compravendita, mentre gli effetti (l’acquisto della proprietà) saranno imputati al figlio (rappresentato)18. 16 Per tali notazioni si è preso a riferimento sempre GIANNINI, Diritto amministrativo, cit., 131 ss. 17 In tal modo si è fatto ricorso all’impostazione proposta da MIELE, Principi di diritto amministrativo, vol. I, Padova, 1966, 2a ed., 70 ss. 18 Sull’imputazione dell’atto al rappresentante: “nei casi in cui è rilevante lo stato di buona o malafede, di scienza o d’ignoranza di determinate circostanze si ha riguardo alla persona del rappresentante” (art. 1391 c.c.); sull’imputazione degli effetti al rappresentato: “il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato [...] 10 I fondamenti dell’organizzazione amministrativa Nella sostituzione, atti ed effetti vengono imputati al sostituto, mentre i risultati al sostituito. Volendo riprendere l’esempio precedente, poniamo che i genitori anziché gestire direttamente il patrimonio del figlio minore, decidano di affidarne l’amministrazione ad un trust, che, quindi sostituisce i genitori. In questo caso l’attività di compravendita verrà imputata direttamente (sia atti che effetti) in capo al sostituto, ovvero all’amministratore del trust (trustee); i risultati di tale attività verranno attribuiti, di solito in forma di rendita finanziaria, ai beneficiari del trust, ovvero ai genitori ed, in ultima analisi, al figlio. La figura del trust sta, tra l’altro, trovando impiego anche nel diritto amministrativo, tramite la costituzione di trust diretti a gestire proprietà immobiliari pubbliche o lavori pubblici19. Va, peraltro, evidenziato che nel diritto positivo la distinzione tra amministratori che operano secondo lo schema della rappresentanza o quello della sostituzione non è rigido, come dimostrato dalla disciplina delle associazioni non riconosciute. Queste ultime, non avendo personalità giuridica, comportano un duplice ordine d’imputazioni: difatti, il codice civile stabilisce che le obbligazioni assunte dagli amministratori ed in genere da coloro che agiscono in nome e per conto dell’associazione impegnano tanto coloro che hanno speso il nome dell’ente di fatto, quanto quest’ultimo20. Quindi l’amministratore agisce sia in veste di sostituto che di organo. Spetta al creditore dell’ente di fatto scegliere su chi far valere la propria pretesa, che può essere soddisfatta sia direttamente da chi ha speso il nome dell’associazione, sia verso il fondo patrimoniale di quest’ultima (o da entrambi). Tale regola trova, peraltro, un’eccezione nella disciplina dei partiti politici (che sono enti di fatto) in cui i propri amministratori non rispondono delle obbligazioni assunte, a meno che non abbiano agito con dolo o colpa grave (art. 6-bis, Legge 23 febbraio 2006, n. 51). 3. [Segue] in particolare la persona giuridica Da quanto premesso discende che l’amministratore, laddove agisca in veste di rappresentante o sostituto, è centro di riferimento al pari Produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato” (art. 1388 c.c.). 19 Sull’impiego del trust nel diritto pubblico v., da ultimo, MERCATI, Pubblico e privato nella valorizzazione del patrimonio immobiliare, Torino, 2009, 263 ss. 20 V. art. 38 c.c.: “Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.