APPUNTI DI GEOMETRIA EUCLIDEA AA 2014/15 Euclide

APPUNTI DI GEOMETRIA EUCLIDEA A.A. 2014/15
Euclide (Gela-?-323 a.C. 285 a.C.)
Molte conoscenze matematiche erano note dai tempi più antichi per fini pratici (misurazioni, ripartizioni di
stipendi, tasse..): era un approccio pragmatico, non si davano teoremi generali, ma venivano descritti molti
esempi di casi pratici. Ne abbiamo documentazione, ad esempio, da tavolette di argilla babilonesi e da pergamene
egizie. Furono i greci a cambiare modo di operare, distinguendo una matematica pratica da una teoria che era
conoscenza, capendo che era possibile ragionare in termini astratti, e procedendo con un metodo logico deduttivo
arrivare a conclusioni. I greci con i loro principi di democrazia e la loro logica aristotelica, introdussero il concetto
di dimostrazione, che garantiva che una conoscenza poteva essere accettata da chiunque, perché chiunque ne
poteva condividere i percorsi che la producevano, non perché imposta.
Dunque, per la prima volta negli Elementi di Euclide, la matematica viene impostata come teoria assiomatica,
introducendo cioè pochi enti fondamentali (punti, rette, angoli retti) e il numero minimo di regole del gioco,
ovvero gli assiomi. A partire da queste informazioni, si costruiscono le definizioni degli altri enti della teoria, e,
tramite ragionamento logico deduttivo, si indaga. La scelta iniziale di enti primitivi e assiomi non era del tutto
astratta, ma motivata dall ’osservazione del mondo tangibile. La geometria era infatti intesa come un modello
ideale della realtà della natura: di fatto i greci si riferivano a concetti astratti avendo in mente la geometria
che vedevano con gli occhi. Cosi gli assiomi sono la codifica formale di proprietà osservate e idealizzate. Questo
punto di vista impedisce di prendere in considerazione l ’esistenza di modelli geometrici del tutto svincolati dalla
realtà esperienziale, cosa che sarà superata solo sul finire dell ’ Ottocento, con il positivismo (cfr. assiomatica
di Hilbert). Dunque fino ad Hilbert il modello matematico della geometria Euclidea sarà l ’unica geometria
studiata.
1. Struttura degli Elementi
Sono divisi in 13 libri; i primi I-IV e il VI sono dedicati alla geometria piana, il libro V alla teoria delle
proporzioni, i libri VII, VIII e IX alla aritmetica, il libro X alla teoria degli irrazionali, i libri XI, XII e XIII
alla geometria solida.
Libro I. Dopo tre serie di princpi (definizioni, postulati, assiomi), che costituiscono una specie di introduzione
generale a tutta l ’opera, vengono esposte l ’uguaglianza dei triangoli, la teoria delle perpendicolari, la teoria
delle parallele, la teoria dell ’equivalenza dei poligoni. Nel libro I si notano: la prop. 32 (somma degli angoli
interni di un triangolo) e la prop. 47-48 (teorema di Pitagora e suo inverso) col quale si conclude.
Libro II. più breve del primo, vengono ripresi e condotti a termine alcuni procedimenti già iniziati nel libro
precedente, vi si trova il calcolo del medio proporzionale e la quadratura di un poligono qualunque, cioè alla
costruzione di un quadrato equivalente ad un poligono dato. Si tratta di una sorta di algebra geometrica, che
conduce, sotto forma di costruzione geometrica, alla soluzione delle più semplici equazioni di secondo grado: la
teoria di tali equazioni viene completata nel VI libro.
Libro III. E ’ dedicato alla teoria del cerchio.
Libro IV. Si danno le costruzioni dei poligoni regolari inscritti e circoscritti (triangolo, quadrato, esagono,
pentagono e pentadecagono).
Libro V. Contiene la teoria generale delle grandezze e delle proporzioni.
Libro VI. Contiene le applicazioni geometriche della teoria delle proporzioni: vengono cioè studiate le proprietà
dei poligoni simili (segmento terzo, quarto proporzionale, sezione aurea di un segmento). Termina con la
generalizzazione dei problemi di quadratura affrontati nel secondo libro: un poligono viene trasformato in un
altro equivalente di forma assegnata.
Libri VII, VIII, IX. Sono i libri aritmetici degli elementi, dove aritmetica è da intendersi nel senso della
teoria dei numeri: vengono trattati quasi esclusivamente i numeri interi e le loro proprietà (proporzione tra
numeri interi, massimo comun divisore e minimo comune multiplo, decomposizione dei numeri interi in fattori
primi, numeri notevoli, potenze, progressione geometrica). Le proprietà sono sempre studiate in generale, senza
dare un solo esempio numerico.
Libro X. Più lungo e complesso, studia in modo minuzioso e raffinato le cosiddette irrazionalità quadratiche,
ossia i numeri irrazionali che si ottengono mediante estrazioni di radici ripetute (retta mediale a b, binomiale
a + b, apòtome a - b, prima bimediale a b + c b, apòtome di bibediale a b - c b , ....) Alcune di queste linee si
ritrovano nello studio dei poliedri regolari nei libri seguenti.
Libri XI, XII, XIII. Vi sono svolti i principi della stereometria. Vi èapplicato il metodo di esaustione per
la determinazione di alcune aree pianee del volume della piramide. Termina con lo studio dei cinque poliedri
regolari (solidi platonici): tetraedro, cubo, ottaedro, icosaedro, dodecaedro.
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I libri non hanno commenti, sono strutturati tutti con una lista iniziale di definizioni, che sono una dichiarazione
degli enti primitivi, postulati e nozioni comuni, in apertura del primo libro. A seguire compaiono le definizioni
di enti costruiti a partire dai precedenti, assieme ai risultati. I libri sono strutturati come liste di proposizioni
numerate e rigorosamente ordinate dal punto di vista logico: ciascuna ha la sua dimostrazione basata su ciò
che è stato definito e dimostrato precedentemente. Questa cura è parte essenziale di ogni teoria matematica: il
metodo logico deduttivo esclude ogni cortocircuito logico, un errore che invece ricorre nella pratica scolastica.
Un cortocircuito si verifica quando si prova a dimostrare un teorema applicando un risultato la cui dimostrazione
utilizza lo stesso teorema che vogliamo dimostrare: ciò non è ammissibile. Per il testo completo vedere in rete,
ad esempio sul sito www.matematicamente.it/cultura/storiadellamatematica
2. I postulati di Euclide
Il libro I degli Elementi contiene:
23 Definizioni
5 Postulati, leggi specifiche della geometria,
5 Nozioni comuni, leggi applicabili a tutte le scienze, originariamente dette assiomi;
48 Proposizioni o Teoremi.
Nota Il linguaggio di oggi delle teorie assiomatiche non distingue tra nozioni comuni e postulati, intendendo
con la parola assioma ciascuna regola che fa parte del pacchetto iniziale da cui muove la teoria. Tradizionalmente,
quando ci si riferisce alla geometria Euclidea, i primi 5 assiomi di Euclide continuano ad essere chiamati postulati,
e gli altri nozioni comuni.
La distinzione tra nozioni comuni e postulati risale ad Aristotele: i postulati, applicabili solo alla geometria,
non necessitano di essere conosciuti come veri perché la loro verità è confermata dal fatto che i risultati da
questi dedotti concordino con la realtà; gli assiomi, invece, sono verità applicabili a tutte le scienze. In realtà,
nella successiva storia della matematica, anche le nozioni comuni furono accettate come verità che non potevano
essere messe in discussione, almeno fino alla nascita della geometria non euclidea.
DEFINIZIONI (TERMINI) I. Punto è ciò che non ha parti.
II. Linea è lunghezza senza larghezza.
III. Estremi di una linea sono punti.
IV. Linea retta è quella che giace ugualmente rispetto ai punti su essa (cioè, ai suoi punti).
V. Superficie e ciò che ha soltanto lunghezza e larghezza.
VI. Estremi di una superficie sono linee.
VII. Superficie piana è quella che giace ugualmente rispetto alle rette su essa (cioè, alle sue rette).
VIII. Angolo piano è l ’inclinazione reciproca di due linee su un piano, le quali si incontrino fra loro e non
giacciano in linea retta.
IX. Quando le linee che comprendono l’angolo sono rette l ’angolo si chiama rettilineo.
X. Quando una, retta innalzata su una [altra] retta forma gli angoli adiacenti uguali fra loro, ciascuno dei due
angoli uguali è retto, e la retta innalzata si chiama perpendicolare a quella su cui e innalzata.
XI. Angolo ottuso è quello maggiore di un retto.
XII. Angolo acuto è quello minore di un retto.
XIII. Termine è ciò che è estremo di qualche cosa.
XIV. Figura è ciò che è compreso da uno o più termini.
XV. Cerchio è una figura piana compresa da un’unica linea [che si chiama circonferenza] tale che tutte le rette,
le quali cadano sulla [stessa] linea, [cioè sulla circonferenza del cerchio,] a partire da un punto fra quelli che
giacciono internamente a1la figura, sono uguali fra loro.
XVI. Quel punto si chiama centro del cerchio.
XVII. Diametro del cerchio è una retta condotta per il centro e terminata da ambedue le parti dalla circonferenza del cerchio, la quale retta taglia anche il cerchio per metà.
XVIII. Semicerchio è la figura compresa dal diametro e dalla circonferenza da essotagliata. E centro del semicerchio è quello stesso che è anche centro del cerchio.
XIX. Figure rettilinee sono quelle comprese da rette, vale a dire: figure trilatere quelle comprese da tre rette,
quadrilatere quelle comprese da quattro, e multilatere quelle comprese da più di quattro rette.
XX. Delle figure tri1atere, è triangolo equilatero quello che ha i tre lati uguali, isoscele quello che ha soltanto
due lati uguali, e scaleno quello che ha i tre lati disuguali.
XXI. Infine, delle figure trilatere, è triangolo rettangolo quello che ha un angolo retto, ottusangolo quello che
ha un angolo ottuso, ed acutangolo quello che ha i tre angoli acuti.
XXII. Delle figure quadrilatere, è quadrato quella che è insieme equilatera ed ha gli angoli retti, rettangolo
quella che ha gli angoli retti, ma non è equilatera, rombo quella che è equilatera, ma non ha gli angoli retti,
romboide quella che ha i lati e gli angoli opposti uguali fra loro, ma non è equilatera né ha gli angoli retti. E
le figure quadrilatere oltre a queste si chiamino trapezi.
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XXIII. Parallele sono quelle rette che, essendo nello stesso piano e venendo prolungate illimitatamente dall’una
e dall’altra parte, non si incontrano fra loro da nessuna delle due parti.
POSTULATI
I. Risulti postulato: che si possa condurre una linea retta da un qua1siasi punto ad ogni altro punto.
II. E che una retta terminata (= finita) si possa prolungare continuamente in linea retta.
III. E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro ed ogni distanza (= raggio).
IV. E che tutti gli angoli retti siano uguali fra loro.
V. E che, se una retta venendo a cadere su due rette forma gli angoli interni e da1la stessa parte minori di due
retti (= tali che la loro somma sia minore di due retti), le due rette prolungate illimitatamente verranno ad
incontrarsi da quella parte in cui sono gli angoli minori di due retti (= la cui somma è minore di due retti).
NOZIONI COMUNI
I. Cose che sono uguali ad una stessa sono uguali anche fra loro.
II. E se cose uguali sono addizionate a cose uguali, le totalità sono uguali.
III. E se da cose uguali sono sottratte cose uguali, i resti sono uguali.
VII. E cose che coincidono fra loro sono fra loro uguali.
VIII. Ed il tutto è maggiore della parte.
—————IV. E se cose uguali sono addizionate a cose disuguali, le totalità sono disuguali.
V. E doppi di una stessa cosa sono uguali fra loro.
VI. E metà di una stessa cosa sono uguali fra loro.
Dagli assiomi si possono dedurre delle relazioni di incidenza fra punti, rette e piani. Ad esempio:
Per un punto passano infinite rette;
Per due punti distinti passa una ed una sola retta;
Data una retta nel piano ed un punto fuori da essa, per esso passa una ed una sola retta parallela alla data.
(Questa affermazione è equivalente al V postulato).
Nota La retta è quello che noi chiamiamo segmento, la definizioni primitive sono gli enti, rappresentati dalle
parole in corsivo, la spiegazione che segue non è una definizione, ma una spiegazione intuitiva delle parole: gli
enti primitivi infatti, in quanto tali, non possono essere definiti. Rette e circonferenze hanno ruolo privilegiato,
perché esse sono i modelli matematici delle linee tracciabili con riga e compasso (ideali, ovvero non graduati).
La geometria euclidea nasce esplicitamente come la teoria scientifica dei disegni eseguibili con riga e compasso.
La differenza tra i primi tre postulati, che affermano la costruibilità di rette e circonferenze, e i successivi due,
di natura più teorica si riflette nelle proposizioni. Euclide non usa, infatti, mai una figura geometrica se non
dopo averne descritto (e dimostrato) la costruzione.
Nel seguito del primo libro Euclide dimostra attraverso la loro costruzione l ’esistenza delle altre entità, ad
eccezione del piano. Il V postulato è originale di Euclide ed è prova del suo genio il fatto che egli lo abbia
ritenuto necessario.
Cosa non c’è negli Elementi di Euclide:
- il baricentro,
- i numeri negativi,
- lo zero,
- il volume della sfera,
- la formula di Eulero per i poliedri,
- le isometrie: in Euclide la geometria è statica.
3. Il quinto postulato
Per evidenziare il ruolo del quinto postulato viene oggi definita geometria assoluta quella basata sui primi 4
postulati, ad esempio, le proprietà dalla 1 alla 28 del primo libro sono proposizioni dimostrabili solo coi primi
4 postulati. Euclide era dunque consapevole della criticità del quinto postulato: dimostra prima di tutto ogni
risultato che può, prima di utilizzarlo effettivamente.
Nel corso dei secoli la consapevolezza della necessità della riflessione sui fondamenti della geometria, e quindi
della necessità di definire enti primitivi e postulati, cosi chiara agli antichi greci, fu sempre più attenuata, anche
se dell ’insegnamento greco rimaneva saldo il metodo assiomatico deduttivo, ovvero, in linguaggio filosofico il
sillogismo aristotelico. La geometria era un modello che descriveva la realtà, gli assiomi erano considerati veri
perché corrispondevano a una realtà vera, e questo garantiva loro anche la non contraddittorietà: se fossero
stati in contraddizione tra loro, la realtà che li rispecchiava non avrebbe potuto esistere.
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A seguito dello studio, che risaliva al Rinascimento, della geometria proiettiva (la teoria del disegno in prospettiva), intorno al XVIII secolo cominciò a porsi la questione della necessità del quinto postulato. Ci si domandava
se esso poteva essere dedotto dagli altri 4 come teorema. Indagando questa questione i matematici avevano
trovato diverse formulazioni equivalenti al quinto postulato.
La critica a questo postulato è dovuta al fatto che esso non era chiaramente evidente non rispondeva ad una
geometria osservata e mancava quindi della forza di convinzione, degli altri. Ma Euclide aveva ragione: senza
questo postulato non si possono dimostrare tutti i teoremi della geometria euclidea, inoltre è possibile sostituire
questo postulato con altri e ottenere teorie geometriche coerenti, e diverse da quella euclidea, che sono dette
appunto, geometrie non euclidee. Ad esempio, la geometria sulla superficie sferica (che non è infinita come il
piano) è diversa dalla geometria euclidea del piano: qui le rette sono le circonferenze di raggio massimo (si possono trovare tagliando la sfera con un piano che passa per il suo centro) e sono dunque linee chiuse, e pertanto
di lunghezza finita. Per convincersi che queste linee sono le rette della sfera basta pensare un loro arco come
il percorso piu breve tra due punti. Se però si prendono due punti diametralmente opposti sulla sfera, allora
si vede che essi sono congiunti da infinite semicirconferenze di raggio massimo (pensare ai due poli nord e sud,
e ai meridiani del mappamondo). Sopra una sfera non vale l’assioma dell’ordinamento, non citato da Euclide,
ma evidenziato come necessario da Hilbert (vedi oltre), per il quale dati tre punti su una retta, uno dei tre è
posto tra gli altri due. Si trova anche che in un triangolo sferico la somma degli angoli interi non è 180 gradi
ma è maggiore. Ci vorranno circa 2000 anni perché l’esistenza di geometrie non euclidee venisse compresa.
Due proposizioni si dicono equivalenti quando dall’una si può dimostrare l’altra e viceversa, a partire dello
stesso sistema assiomatico.
Si può dimostrare, assumendo i primi 4 postulati che vale il seguente
Theorem 3.1. Sono equivalenti al quinto postulato le seguenti proposizioni:
(i) UP (unicità della parallela): dati in un piano una retta r ed un punto P non appartenente ad r, la retta
passante per P e parallela ad r è unica;
(ii) Proprietà transitiva del parallelismo: se una retta è parallela ad un ’altra e questa ad una terza, allor ala
prima retta è parallela alla terza;
(iii) PO (postulato dell ’obliqua): Una perpendicolare e una obliqua ad una stessa retta si incontrano dalla
parte in cui l ’obliqua forma con la retta un angolo acuto;
(iv) (angoli interni di un triangolo): la somma degli angoli interni di un triangolo è costante;
(v) la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a due angoli retti;
(vi) esistono triangoli simili non uguali;
(vii) per tre punti non allineati passa una circonferenza (circonferenza circoscritta a un triangolo, esistenza del
circocentro);
(viii) il luogo dei punti equidistanti da una retta è una retta;
(ix) tre rette in un piano a due a due parallele hanno sempre una trasversale comune.
Congruenza Euclide evita di usare la congruenza quando riesce a dimostrare un enunciato per altra via,
se pure questa risulta più difficile. In effetti la congruenza (sovrapposizione, nozione comune n. 4 Le cose che
coincidono fra loro sono fra loro uguali) si basa sul concetto di moto, che non ha nessuna base logica: si assume
che durante lo spostamento una figura mantenga le sue proprietà questa è una forte assunzione relativamente
allo spazio fisico.
4. Geometria euclidea secondo Hilbert
Sebbene l’opera di Euclide sia stata considerata dai matematici un modello di rigore fino al XX secolo, essa
presenta alcuni difetti. Oltre all ’uso della sovrapposizione, ci sono molte assunzioni più o meno inconsce, che
non vengono dichiarate esplicitamente. Ad esempio, venivano usati fatti evidenti dalle figure o cosi intuitivamente evidenti da non rendersi conto che li si stava usando. Solo in alcuni casi questi fatti possono essere
dimostrati esplicitamente a seguire dalla teoria, ma non tutto. Ad esempio, si assume la continuità della retta e
del cerchio, ovvero che intersecando due rette, un cerchio e una retta, o due cerchi si trovi un punto in comune:
ciò non segue dagli assiomi di Euclide, ma richiede un assioma di continuità (corrispondente all’assioma di
Archimede sui numeri reali).
Euclide non dice mai espressamente ”esiste almeno un punto esterno alla retta”, o ”dati tre punti non allineati,
esiste un solo piano che li contiene”, eppure li utilizza implicitamente in molte dimostrazioni. E’ possibile
dimostrare dagli assiomi di Euclide che tutti i triangoli sono isosceli, questo perché non è stabilita la posizione
reciproca di punti (ovvero l’ordinamento sulla retta).
La completa sistemazione dei fondamenti della geometria euclidea si è avuta con il positivismo di fine Ottocento, e quindi con Hilbert, che, nel suo libro Fondamenti di Matematica, del 1899 esplicita tutti gli assiomi
non dichiarati da Euclide, ma necessari alla teoria, e evidenzia come la teoria possa essere costruita indipendentemente dalla ”verità” degli assiomi, ovvero dal fatto che essi descrivano la realtà che ci circonda. La questione
della rispondenza col mondo reale perde di senso: si possono costruire diversi modelli geometrici, diverse teorie
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indipendenti tra loro, anzi infinite teorie. Non c’è nessuna pretesa di descrizione del mondo tangibile. Infatti,
nella costruzione di una teoria astratta, basata su assiomi, quello di cui bisogna assicurarsi sono i seguenti punti:
1. gli assiomi devono essere tra loro indipendenti, ovvero nessuno deve essere dedotto dagli altri con ragionamenti logico-deduttivi. Se cosi fosse allora l ’assioma dipendente è un teorema, e può essere eliminato dalla
lista degli assiomi.
2. Gli assiomi devono essere in non contraddizione tra loro: ovvero non deve essere possibile nella teoria dimostrare a partire dagli assiomi due enunciati in conflitto tra loro. 3. Il sistema di assiomi deve essere completo,
ovvero ogni teorema della teoria deve poter essere dimostrato a partire dagli assiomi.
Questo terzo punto è in effetti il più difficile a stabilirsi a priori, si entra nel campo della Logica.
Illustriamo i punti fondamentali di Hilbert.
Concetti primitivi secondo Hilbert
Iconcetti primitivisono il punto , la retta, e il piano .
Ci sono anche tre relazioni binarie primitive :
Contiene : un punto può essere contenuto in una retta o in un piano, ed una retta può essere contenuta in un
piano;
Stare in mezzo : un punto può stare in mezzo ad altri due;
Congruenza , indicata con il simbolo ”=”: angoli e segmenti possono essere congruenti.
Il segmento tra due punti A e B è definito come la porzione di retta compresa tra i punti A e B (inclusi A e
B).
Diciamo che dei punti sono allineati se sono contenuti in una retta, complanari se sono contenuti in un piano
(queste definizioni sono di carattere puramente linguistico, non fanno parte del sistema di assiomi).
Seguono cinque gruppi di assiomi: di connessione, di ordinamento, tra cui l’assioma di Pash, di congruenza,
l’assioma delle parallele, gli assiomi di continuità.
I assiomi di connessione : sono 7, ad esempio:
1. Due punti distinti dello spazio individuano una retta (esistenza),
2. Ogni coppia di punti di una retta individua tale retta (unicità),
7. Ogni retta contiene almeno due punti,
II Assiomi di ordinamento : sono 4, questo gruppo supplisce la più grave omissione di Euclide, relativa
all’ordine reciproco di punti e rette:
1. Se un puntoAsta traBeC,A sta anche traCe B, ed i tre punti sono allineati.
2. Dati due punti distintiAeB, esistono un terzo e un quarto puntoCe Dsulla retta passante per A e B tali
cheAsta traC e B eBsta traA eD.
3. Dati tre punti distinti e allineati, ce n’è esattamente uno che giace tra gli altri due.
Dal 2) e dal 3) segue che la retta è infinita.
4. ( Assioma di Pasch ) siano dati tre punti A, B eCnon allineati, contenuti in un pianop, ed una rettadcontenuta
in p non contenente nessuno dei tre punti A, B, C: sedcontiene un punto del segmento AB, allora contiene anche
un punto di uno dei due segmentiACeBC.
(Intuitivamente: ”se una retta entra in un triangolo attraverso un lato, allora deve uscirne da uno degli altri
due”)
III Assiomi di congruenza: sono 6, ad esempio:
2. La relazione di congruenza tra segmenti è transitiva, cioè seCD e EF sono congruenti adAB, alloraCD e EF
sono congruenti.
La relazione di congruenza tra angoli è transitiva.
IV. Assioma delle parallele (Postulato di Playfair): Dati una rettar, un puntoAnon inr, ed un pianopcontenente
entrambi, esiste al più una retta inpcontenenteAe non contenente nessun punto dir.
Si noti che l’esistenza di almeno una retta perAche non intersecarpuò essere dimostrata e quindi non è necessaria in questo sistema assiomatico.
V. Assiomi di continuità
1. (Assioma di Archimede). SeABeCDsono due segmenti qualsiasi, allora esiste sulla retta contenenteABuna
famiglia di puntiA1 , A2 , , An tali che i segmentiAA1 , A1 A2 , A2 A3 , , An−1 An , sono congruenti aCDe tali che B
giace tra A e An .
Questo assioma permette la corrispondenza biunivoca tra i punti della retta e i numeri reali.
2. (Assioma di completezza lineare). Ad un sistema di punti, rette e piani è impossibile aggiungere altri elementi
geometrici in modo che il sistema cos generalizzato formi una nuova geometria obbediente a tutti i venti assiomi
precedenti. In altre parole gli elementi della geometria formano un sistema che non è suscettibile di estensione,
ammesso che si considerino validi i venti assiomi del sistema assiomatico di Hilbert.
Non è possibile dimostrare che gli assiomi sono tutti indipendenti tra loro, perché il significato di alcuni
dipende dai precedenti, ma Hilbert dimostrò che tutti gli assiomi di un certo gruppo non possono essere dedotti
da quelli degli altri quattro gruppi, esibendo un modello diverso per ogni quaterna di gruppi di assiomi. (due
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modelli sono diversi se si può dimostrare almeno un teorema per uno che risulta falso per l’altro). Per quanto
riguarda la coerenza/non contraddizione, visto che la dipendenza dalla realtà fisica era stata cancellata dalla
assunzione di arbitrarietà degli assiomi, Hilbert, come abbiamo detto, si basò sull’interpretazione aritmetica
della sua geometriaq.
Per quanto riguarda la completezza, ovvero la certezza di poter decidere, tramite argomentazioni logicodeduttive, della verità o falsità di qualunque enunciato formulabile nel linguaggio della teoria, è ormai noto che
questa non può essere dedotta a partire dagli assiomi della stessa teoria in questione (cfr. Godel).
5. il libro I degli Elementi di Euclide: le proposizioni
Oltre alle definizioni e agli assiomi precedentemente citati, abbiamo nel libro primo le seguenti proposizioni.
Geometria assoluta
1. (esistenza triangolo equilatero) E’ possibile costruire un triangolo equilatero su un dato segmento (letteralmente Euclide usa linea retta (finita), per segmento; per indicare una retta nel nostro senso Euclide usa linea
retta infinita).
2. E’ possibile applicare ad un punto dato una retta (leggi segmento) uguale ad una retta data.
3. E’ possibile tagliare dalla più grande di due linee rette disuguali una linea retta uguale alla più piccola (v.
animazione costruzioni con riga e compasso).
Le 1), 2), 3) ci permettono quindi di applicare cioè di riportare un segmento su un altro. 4. (primo criterio
di congruenza dei triangoli) Se due triangoli hanno due lati uguali rispettivamente a due lati, e hanno uguali
gli angoli contenuti tra le due linee rette uguali, allora hanno anche la base uguale alla base, il primo triangolo
uguaglia l’altro triangolo, e gli angoli rimanenti, cioè quelli opposti ai lati uguali, sono rispettivamente uguali.
Nota: la dimostrazione di questa proposizione è per sovrapposizione pertanto, per Hilbert è insoddisfacente,
con la assiomatica di Hilbert essa è diretta applicazione degli assiomi di congruenza. Dimostrazione di Euclide
(per sovrapposizione delle figure cioè per congruenza):
Siano due triangoli ABC, DEF che hanno i due lati AB, AC rispettivamente uguali ai due lati DE, DF, cioè
AB uguale a DE e AC uguale a DF, e un angolo BAC uguale a un angolo EDF: dico che anche la base BC è
uguale alla base EF e il triangolo ABC è uguale al triangolo DEF, e i restanti angoli, sotto cui si tendono i lati
uguali, sono rispettivamente uguali ai restanti angoli, ABC a DEF e ACB a DFE.
Se il triangolo ABC è sovrapposto al triangolo DEF, e se il punto A è posto sul punto D e la retta AB su DE,
allora il punto B coincide con E, poiché AB è uguale a DE. Ancora, coincidendo AB con DE, anche la retta
AC coincide con DF, poiché l’angolo BAC è uguale all’angolo EDF. Pertanto anche il punto C coincide con il
punto F, poiché anche AC è uguale a DF.
Ma anche B coincide con E, la base BC coincide quindi con la base EF ed è uguale ad essa (nozione comune
4). L’intero triangolo ABC coincide quindi con l’intero triangolo DEF ed è uguale ad esso (n.c.4). E gli angoli
restanti coincidono pure con gli angoli restanti e sono uguali ad essi, l’angolo ABC è uguale all’angolo DEF, e
l’angolo ACB è uguale all’angolo DFE.
Se quindi due triangoli hanno i due lati rispettivamente uguali ai due lati, e hanno anche l’angolo tra essi compreso, uguale all’angolo, hanno anche la base uguale alla base, e il triangolo è uguale al triangolo, e i restanti
angoli, sotto cui si tendono i lati uguali, sono rispettivamente uguali ai restanti angoli.
5. (pons asinorum o angoli alla base di un triangolo isoscele)
In un triangolo isoscele gli angoli alla base sono uguali tra loro e se le linee rette uguali sono ulteriormente
prolungate, allora gli angoli sotto la base sono uguali. (Nota: si dimostra come conseguenza del 1 crit di congruenza triangoli, prop 4, e precede, dal punto di vista logico, l ’esistenza della bisettrice e il terzo criterio, che
dunque NON possono essere utilizzati per dimostrare questo enunciato).
6. Date due linee rette costruite a partire dagli estremi di una linea retta e che si incontrino in un punto, non
è possibile costruire dagli stessi estremi della stessa linea retta, e dalla stessa parte, altre due linee rette che si
incontrino in un diverso punto e che siano uguali alle due precedenti, più precisamente ciascuna uguale a quella
tracciata dallo stesso estremo.
7. Se in triangolo due angoli sono tra di loro uguali, allora i lati opposti agli angoli uguali sono anche tra di
loro uguali (vice versa del pons asinorum, ovvero: un triangolo con due angoli uguali è isoscele).
8. (terzo criterio di congruenza dei triangoli ) Se due triangoli hanno due lati uguali a due lati rispettivamente,
e hanno anche la base uguale alla base, allora hanno uguali anche gli angoli che sono compresi tra le linee rette
uguali.
9. (esistenza della bisettrice, viene come conseguenza di 8!) E’ possibile bisecare un dato angolo rettilineo. 10.
(esistenza della mediana) E’ possibile bisecare una data linea retta finita.
11. (esistenza della perpendicolare, i) E’ possibile costruire una linea retta formante angoli retti con una data
linea retta, a partire da un punto di questa.
12. (esistenza della perpendicolare, ii) E’ possibile costruire una linea retta perpendicolare ad una data linea
retta infinita, a partire da un punto dato non su di essa.
13. (angoli adiacenti supplementari o addizione di angoli) Se una linea retta è condotta a partire da una data
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linea retta, allora fa o due angoli retti, o due angoli la cui somma è due angoli retti.
14. (angoli adiacenti) Se una retta che sta su una retta forma angoli, farà o due angoli retti oppure uguali a
due retti.
15. (inversa della precedente) Se, su una certa e su un punto su di essa, due rette che sono poste non dalla
stessa parte formano gli angoli consecutivi uguali a due retti, le rette saranno in linea retta tra loro.
Corollario (angoli opposti al vertice): Se due linee rette si tagliano una con l’altra, allora formano angoli al
vertice uguali a quattro angoli retti.
16. In qualsiasi triangolo, se uno dei lati è prolungato, allora l’angolo esterno è più grande degli angoli interni
ed opposti.
17. In ogni triangolo la somma di due angoli qualsiasi è minore di due angoli retti.
18. In ogni triangolo l’angolo opposto a lato maggiore è maggiore.
19. (inversa della precedente) In ogni triangolo il lato opposto ad angolo maggiore è maggiore.
20. (diseguaglianza triangolare) In ogni triangolo la somma di due lati qualunque è maggiore del rimanente.
21. Se dagli estremi di uno dei lati di un triangolo si costruiscono due linee rette che si incontrano dentro il
triangolo, allora la somma delle due linee rette costruite è minore della somma degli altri due lati del triangolo,
ma le linee costruite racchiudono un angolo che è più grande dell’angolo racchiuso dai due lati rimanenti.
22. Per costruire un triangolo su tre linee rette uguali a tre linee rette date è necessario che la somma di due
qualunque delle linee rette sia più grande della linea rimanente.
23. (trasporto dell’angolo - non necessariamente nello stesso piano di quello dato) E’ possibile costruire un
angolo rettilineo, uguale ad un dato angolo rettilineo, su una data linea retta e con vertice su di essa.
24. Se due triangoli hanno due lati uguali a due lati rispettivamente, ma hanno uno degli angoli contenuti dalle
linee rette uguali più grande dell’altro, hanno anche la base più grande della base.
25. Se due triangoli hanno due lati uguali a due lati rispettivamente, ma hanno la base più grande della base,
hanno anche uno degli angoli racchiusi dalle due linee rette uguali più grande dell’altro.
26. (secondo criterio di congruenza dei triangoli, e più altro teorema) Se due triangoli hanno due angoli uguali
a due angoli rispettivamente, e un lato uguale a un lato, precisamente o il lato che congiunge gli angoli uguali,
o quello opposto a uno degli angoli uguali, allora i rimanenti lati e il rimanente lato sono uguali.
27. Se una linea retta che interseca due linee rette individua angoli alterni uguali, allora le linee rette sono
parallele tra di loro (ovvero: la costruzione di angoli alterni uguali consente quindi di avere rette parallele;
questa proposizione non richiede l’assunzione del quinto postulato).
28. Se una linea retta che interseca due linee rette individua l’angolo esterno uguale all’angolo interno ed
opposto sullo stesso lato, o la somma degli angoli interni sullo stesso lato uguale a due angoli retti, allora le
linee rette sono tra di loro parallele (variante della precedente).
Geometria propriamente euclidea (a seguito del V postulato)
Suggerimento: per visualizzare la differenza tra geometria piana euclidea e geometrie non euclidee, si provi a
esprimere sopra una sfera enunciati analoghi a quelli che seguono.
29. Una linea retta che interseca due linee rette parallele individua angoli alterni uguali tra di loro, l’angolo
esterno uguale all’angolo interno ed opposto, e la somma degli angoli interni sullo stesso lato uguale a due angoli
retti (inversa delle due precedenti, usa il V postulato).
30. (prop. transitiva del parallelismo) Linee rette parallele alla stessa linea retta sono anche parallele tra di
loro E’ possibile costruire una linea retta per un dato punto e parallela ad una data linea retta.
31. In ogni triangolo, se uno dei lati è prolungato, allora l’angolo esterno uguaglia la somma dei due angoli
interni ed opposti, e la somma dei tre angoli interni del triangolo è uguale a due angoli retti.
32. Linee rette che congiungono gli estremi di linee rette uguali e parallele, sono anch’esse uguali e parallele.
33. (diagonali e angoli di un parallelogramma) Nei parallelogrammi i lati e gli angoli opposti sono uguali tra di
loro, e la diagonale li seca a metà.
Dimostrazione:
Sia dato un parallelogrammo ABCD e una sua diagonale BC: dico che sia i lati sia gli angoli opposti del parallelogrammo ABCD sono uguali tra loro e che la diagonale BC lo seca a metà. Poiché AB è parallelo a CD,
e la retta BC incide su di esse, allora gli angoli alterni ABC e BCD sono uguali tra loro (prop 29). Di nuovo,
poiché AC è parallelo a BD, e BC incide su di esse, allora gli angoli alterni ACB e CBD sono uguali tra loro
(prop 29). Pertanto ABC e DCB sono due triangoli che hanno i due angoli ABC e BCA rispettivamente uguali
ai due angoli DCB e CBD, e un lato uguale a un lato, cioè quello agli angoli uguali e in comune tra loro, BC.
Pertanto essi hanno i lati restanti uguali rispettivamente ai lati restanti, e l’angolo restante uguale all’angolo
restante (prop 26). Il lato AB è quindi uguale al lato CD, e AC uguale a BD, e inoltre l’angolo BAC uguale
all’angolo CDB.
Poiché l’angolo ABC è uguale all’angolo BCD, e l’angolo CBD è uguale all’angolo ACB, allora l’angolo totale
ABD è uguale all’angolo totale ACD.
E l’angolo BAC è stato dimostrato uguale all’angolo CDB. Pertanto nei parallelogrammi sia i lati che gli angoli
opposti sono uguali tra loro.
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Dico ora anche che la diagonale li seca a metà.
Poiché AB è uguale a CD, e BC è in comune, i due lati AB e BC sono rispettivamente uguali ai due lati DC e
CB, e l’angolo ABC è uguale all’angolo BCD ( prop 4) . Pertanto anche la base AC è uguale a DB, e il triangolo
ABC è uguale al triangolo DCB. La diagonale BC biseca quindi il parallelogramma ACDB.
Pertanto nei parallelogrammi i lati e gli angoli opposti sono uguali tra loro, e la bisettrice lo biseca. [cvd]
34. Parallelogrammi che hanno la stessa base e si trovano tra le stesse parallele sono tra di loro uguali.
35. Parallelogrammi che hanno basi uguali e si trovano tra le stesse parallele sono uguali tra di loro.
36. Triangoli che hanno la stessa base e si trovano fra le stesse parallele sono uguali tra di loro.
37. Triangoli che hanno basi uguali e si trovano fra le stesse parallele sono uguali tra di loro.
38. Triangoli uguali che hanno la stessa base e si trovano dalla stessa parte si trovano anche fra le stesse
parallele.
39. Triangoli uguali che hanno basi uguali e si trovano dalla stessa parte si trovano anche fra le stesse parallele.
40. Se un parallelogramma ha la stessa base di un triangolo e si trova fra le stesse parallele, allora il parallelogramma è doppio del triangolo.
41. E’ possibile costruire un parallelogramma uguale ad un dato triangolo in un dato angolo rettilineo.
42. In un parallelogramma i complementi dei parallelogrammi sul diametro sono uguali tra di loro.
(si tratta di trovare un parallelogramma equivalente di forma diversa, ovvero: Dato un parallelogramma ABCD
e considerato sulla diagonale AC un punto K, si tirino per esso le parallele ai lati, che incontrano AB in E, BC
in G, CD in F, AD in H. Allora i parallelogrammi EBGK e HKFD sono uguali. Questi parallelogrammi sono i
complementi dei parallelogrammi di diagonali AK e KC rispettivamente).
43. E’ possibile costruire un parallelogramma uguale (equivalente) ad un dato triangolo, con una data linea
retta e un dato angolo rettilineo.
44. E’ possibile costruire un parallelogramma uguale ad una data figura rettilinea, con un dato angolo rettilineo. (Con questa costruzione ogni figura rettilinea può essere applicata ad una retta in un angolo, cioè, si può
trasformare in un parallelogrammo con qualunque angolo e con qualunque lato)
45. E’ possibile costruire un quadrato su una data linea retta.
46. (Teor di Pitagora) In triangoli rettangoli il quadrato sul lato opposto all’angolo retto uguaglia la somma
dei quadrati sui lati contenenti l’angolo retto.
47. (Teor di Pitagora inverso) Se in triangolo il quadrato di uno dei lati uguaglia la somma dei quadrati degli
altri due lati del triangolo, allora l’angolo compreso tra gli altri due lati è retto.
6. il libro II degli Elementi di Euclide
La parte centrale del secondo libro è costituita dai contributi all ’algebra geometrica; tutte le quantità sono
rappresentate geometricamente pertanto il problema di assegnare loro valori numerici viene in tal modo evitato.
I greci infatti non riconoscevano l ’esistenza dei numeri irrazionali e non potevano perciò trattare numericamente
ogni lunghezza, ogni angolo, ogni volume. Con Euclide i numeri vengono in questo modo rappresentati come
segmenti di retta. Prodotto di due numeri è pertanto l ’area del rettangolo avente come lati i segmenti la cui
lunghezza è uguale ai due numeri; prodotto di tre numeri è un volume; l ’addizione di due numeri è ottenuta
prolungando la prima retta di un segmento lungo quanto il secondo numero; la divisione tra due numeri viene
semplicemente indicata mediante il rapporto tra due rette; e cos via.
Le prime dieci proposizioni del libro II trattano geometricamente proposizioni algebriche.
Come esempio riportiamo gli enunciati nella notazione algebrica attuale:
1)
x(m1 + m2 + .. + mn ) = xm1 + xm2 + ... + xmn .
(proprietàdistributivadella moltiplicazione sull’addizione)
2)
(y + z)2 = (y + z)y + (y + z)z,
3)
(y + z)y = yz + y 2
,
4)
(x + y)2 = x2 + y 2 + 2xy
(quadrato di binomio)
Nota:
Negli Elementi sono oggetto di studio sia i numeri interi sia le grandezze, cioè le quantità continue. Le grandezze
non vengono definite, Euclide introduce i rapporti tra grandezze specificando che esse debbano essere omogenee,
dunque di fatto non le intende come numeri, né tanto meno definisce somme o prodotti di rapporti di grandezze,
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pertanto non possiamo concludere che egli volesse fare una trattazione sui numeri (irrazionali). E’ per questo
che il contenuto del V libro, riguarda la teoria delle proporzioni, ossia dell ’uguaglianza tra rapporti, è il più
discusso ed il più dibattuto. Il passo avanti di Euclide rispetto ai pitagorici, che, si ritiene, già conoscevano
tale teoria, è che fino ad allora i rapporti si intendevano solo relativamente a grandezze il cui rapporto poteva
essere espresso da numeri interi. Euclide estende tale teoria a grandezze incommensurabili. Alcune definizioni
(assiomatiche) che egli fornisce sono le seguenti:
1) Una grandezza è parte di una grandezza, la minore della maggiore, quando essa misura la maggiore. Qui
parte viene usata in senso di sottomultiplo.
2) Si dice che hanno un rapporto fra loro quelle grandezze capaci, se moltiplicate, di superarsi a vicenda. Questa
definizione non ammette un rapporto fra due grandezze se una di esse è cos piccola che nessun suo multiplo
superi l ’altra.
Ad un certo punto ci si si chiese se questa teoria fornisse una base logica per una teoria dei numeri reali, e
quindi dei numeri irrazionali. I matematici dopo di Euclide consideravano la teoria euclidea delle grandezze solo
applicabile alla geometria, perciò quando nel Rinascimento e in seguito vennero reintrodotti i numeri irrazionali,
molti matematici ritenevano che questi non avessero un fondamento logico. In effetti Euclide non dà mai una
definizione di grandezza in quanto tale, né di uguaglianza , né di equivalenza di grandezze. Un prodotto di due
grandezze a e b compare solo quando a e b sono lunghezze, considerando cioè ab come un ’area. Analogamente,
il prodotto di due rapporti di grandezze omogenee, intese come lunghezze, è il rapporto di due aree.
Nei libri successivi al V si tratta di figure simili, delle proprietà dei numeri interi e dei rapporti tra di essi.
Rappresenta i numeri mediante segmenti ed i prodotti mediante aree, ma gli argomenti usati non dipendono
dalla geometria. Inoltre, classifica i tipi di numeri irrazionali e negli ultimi tre libri tratta la geometria solida.
Come esempio di teorema riguardante i numeri interi ricordiamo:
proposizione 20, libro IX :
Vi sono più numeri primi che in ogni quantità (finita) assegnata di numeri primi. Ovvero : i numeri primi sono
infiniti.
Nota: nell ’antichità non si usava in matematica il concetto di infinito, M. Kline ha scritto: nella scienza greca il
concetto di infinità è poco capito e apertamente evitato. Il concetto di un processo senza fine li atterriva i Greci
ed essi si ritraevano dinnanzi al silenzio degli spazi infiniti. Euclide, conoscendo molto bene la delicatezze del
concetto di infinito, che era chiara almeno dal tempo di Zenone, riesce ad ottenere una dimostrazione rigorosa
senza trattare mai direttamente gli infiniti, ma riducendo il problema lo studio di quantità finite. Il termine
infinito non è comunque una novità introdotta dai matematici moderni, ma la traduzione letterale del termine
greco apeiros che, dopo una lunga e complessa storia, fu infine usato nel significato attuale di infinito matematico.
7. il libro VI : le figure simili e le proporzioni
Richiami dal libro VI di Euclide:
Definizione I del libro VI: due figure poligonali si dicono simili se hanno angoli uguali e lati che li definiscono
corrispondentemente in proporzione.
Proposizione 2 del VI libro: (teorema di Talete, vedi oltre)
Proposizione 3 del VI libro: (teorema della bisettrice dell ’angolo interno), in un triangolo la bisettrice di un
angolo divide il lato su cui cade in parti proporzionali agli altri due lati; questa proposizione può anche essere
invertita.
Proposizione 6 libro VI: criterio di similitudine tra triangoli
Proposizione 8 libro VI: Primo e secondo teorema di Euclide
Proposizione 10 VI libro (è una costruzione geometrica): è possibile dividere un segmento in un numero
qualunque di parti uguali, usando solo riga e compasso. Si noti che questa proposizione generalizza la proposizione 10, libro I: bisecare un segmento, mentre la proposizione 9, libro I - bisecare un angolo, non può essere
generalizzata: non si può trisecare un angolo con il solo uso di riga e compasso. La dimostrazione di questa
impossibilità fa uso della teoria di Galois (secolo XIX).
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Proposizione 28 VI libro: è data la soluzione dell’equazione di secondo grado, sotto la condizione che il discriminante sia non negativo.
Proposizione 31 VI libro: generalizzazione del teorema di Pitagora a figure nei triangoli rettangoli, la figura
costruita sul lato che sottende l’angolo retto è uguale alle figure simili e similmente costruite sui lati che contengono l’angolo retto.
Teorema di Talete Un fascio di rette parallele tagliate da due trasversali genera coppie di segmenti direttamente proporzionali.
Ovvero, date tre parallele a, b, c tagliate da due rette trasversali r e r0 rispettivamente nei punti A, B, C ed
A0 , B 0 , C 0 , si ha che il rapporto tra i segmenti omologhi dell’ una e dell’altra retta è costante:
AB : A0 B 0 = BC : B 0 C 0
Inoltre , per le leggi della proporzionalità tra grandezze, possiamo scrivere anche:
Il teorema di Talete compare negli Elementi nella seguente forma:
(proposizione 2, libroVI):
Se una linea retta è disegnata parallela ad uno dei lati di un triangolo, allora taglia proporzionalmente i lati del
triangolo.
Dimostrazione (di Euclide):(mediante le proporzionalità fra le aree dei triangoli): Sia dato un triangolo ABC,
tagliato da un segmento DE parallelo a uno dei suoi lati (in questo caso BC). Vogliamo dimostrare che:
BD : AD = CE : AE
I due triangoli BDE e CDE sono equiestesi, hanno cioè la stessa area, perché hanno stessa base e stessa altezza.
Consideriamo ora l ’area del triangolo ADE, si ha:
A(BDE) : A(ADE) = A(CDE) : A(ADE)
Poiché i triangoli BDE e ADE hanno la stessa altezza uscente dal vertice D, sulle basi BE e AE rispettivamente
si ha anche:
A(BDE) : A(ADE) = BD : DA
Analogamente
A(CDE) : A(ADE) = CE : EA
Pertanto:
BD : AD = CE : AE
.
Nota: L ’enunciato moderno segue da quello di Euclide, nel caso in cui le due trasversali r e s si incontrino in
un punto (che corrisponde al vertice A del triangolo ACB). E’ sufficiente infatti che il triangolo venga tagliato
da più rette parallele al lato opposto ad A. Se r e s sono parallele tra loro allora la prop VI,2 non si può
applicare, ma si usano i risultati già noti sui parallelogrammi, e la tesi è comunque dimostrata.
Triangoli simili
Come applicazione del teorema di Talete si trovano i criteri di similitudine dei triangoli (la definizione di
similitudine di Euclide è riportata sopra).
primo criterio di similitudine dei triangoli :
Due triangoli, aventi ordinatamente angoli congruenti, sono simili.
secondo criterio di similitudine dei triangoli :
Due triangoli, aventi coppie di lati proporzionali e l ’angolo loro compreso congruente, sono simili.
terzo criterio di similitudine dei triangoli:
Due triangoli, aventi ordinatamente lati in proporzione, sono simili.
Primo teorema di Euclide:
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In un triangolo rettangolo il cateto è medio proporzionale tra l’ipotenusa e la proiezione del cateto stesso
sull’ipotenusa.
AC : BC = BC : CH
2
Ovvero: BC = AC.CH
Dimo:
Basta osservare che i triangoli ABC e BCH hanno tutti gli angoli congruenti, quindi sono simili .
Secondo teorema di Euclide:
In un triangolo rettangolo, l’altezza relativa all’ipotenusa è media proporzionale tra le proiezioni dei cateti
sull’ipotenusa.
CH : BH = BH : HA Ovvero: BH 2 = CH.HA Dimo:
Basta osservare che i triangoli BCH e ABH sono simili, perché gli angoli HCB e ABH sono congruenti, in quanto
BAH è complementare di BCA.
Nota: negli Elementi il teorema di Pitagora precede i teoremi di Euclide, ed entrambi dipendono dal quinto
postulato (si tratta di usare rette parallele, univocamente definite). Ci sono dimostrazioni dei teoremi di Euclide
che usano il teorema di Pitagora, ed è lecito, e ci sono dimostrazioni del teorema di Pitagora che usano i teoremi
di Euclide, in questo caso dovremmo assicurarci che il teorema di Pitagora non viene utilizzato a sua volta per
dimostrare i teoremi di Euclide, né i criteri di similitudine, ovvero il teorema di Talete, altrimenti si produce
un cortocircuito logico.
Riassumendo:
Conseguenze del teorema di Talete sulle rette parallele tagliate da coppie di trasversali:
similitudine dei triangoli
teoremi di Euclide
teorema di Pitagora generalizzato
soluzione geometrica di x2 = a (altezza relativa all’ipotenusa di triangolo rett. iscritto in cerchio).
algebra dei segmenti: segmento prodotto e segmento divisione di due segmenti dati, divisione di un segmento
in n parti uguali
ometetie.
8. Il teorema di Pitagora, a meno di una costante moltiplicativa
Il teorema di Pitagora ci dice che, in un triangolo rettangolo, con cateti a e b, e ipotenusa c vale la relazione
a2 + b2 = c2 . Negli Elementi di Euclide il teorema è dimostrato alla fine del primo libro, ma nel libro 6 , sulle
similitudini e le proporzioni in geometria, proposizione 31, Euclide mostra che il teorema si generalizza a una
qualsiasi forma piana (Euclide parla di figure poligonali).
Si può infatti scegliere una qualsiasi forma piana e fare 3 copie simili (ovvero esiste una trasformazione del
piano che altera le lunghezze ma non gli angoli e che porta una di queste forme nell’altra) in modo che si
giustappongano sui lati di un triangolo rettangolo, nella figura: l’area della forma rossa sull’ipotenusa del
triangolo rettangolo è equivalente alla somma delle aree delle due forme verdi, costruite sui cateti. Infatti,
basta riscalare l’identità di Pitagora per un fattore moltiplicativo k: la verità della relazione tra i numeri
a2 + b2 = c2 implica la verità della relazione ka2 + kb2 = kc2 , qualunque sia il numero moltiplicatore k > 0.
8.1. rettangoli. Ad esempio, costruiamo sui lati del triangolo rettangolo dei rettangoli simili. Per essere simili
dei rettangoli devono avere uguale rapporto tra base e altezza, dunque, se costruisco tre rettangoli R1 , R2 , R3
le cui basi stiano rispettivamente sopra i lati di un triangolo rettangolo a, b, c, ove l’ipotenusa è c, e indichiamo
con h1 , h2 , h3 le rispettive altezze, affinchè siano simili deve essere
h1 : a = h2 : b = h3 : c = k
dove k è la costante di proporzionalità della similitudine, ovvero: h1 = ak; h2 = bk;
rettangoli si ha area: A(R1 ) = ah1 = a2 k; A(R2 ) = bh2 = b2 k; A(R3 ) = ch3 = c2 k.
Pertanto, se vale
a2 + b2 = c2
h3 = ck. Per i tre
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APPUNTI DI GEOMETRIA EUCLIDEA A.A. 2014/15
(cioè se i rettangoli si possono disegnare sopra un triangolo rettangolo) allora
A(R1 ) = A(R2 ) + A(R3 ).
8.2. triangoli equilateri. Se costruiamo sui lati del triangolo rettangolo dei triangoli equilateri, quanto vale
k? L’area del triangolo è (base x altezza )/2, se il triangolo è equilatero e la base vale l, l’altezza h è tale
2
che h2 + (l/2)2 = lp
(per il teorema
√ di Pitagora applicato al triangolo che è metà del triangolo equilatero
2 /4) = l 3/2 quindi, l’area del triangolo equilatero, vale, rispetto al lato A(T ) =
dato), dunque h = l2 −
(l
√
√
(basexaltezza)/2 = (lxl 3/2)/2 = l2 3/4 I triangoli equilateri sono tutti simili, se costruisco tre triangoli
T1 , T2 , T3 equilateri i cui lati stiano sopra i lati di un triangolo rettangolo a, b, c, con T3 sull’ipotenusa C, allora
le loro aree staranno come
kc2 = ka2 + kb2
√
ove k = 3/4, ovvero
√
√
√
l 3/4c2 = l 3/4a2 + l 3/4b2 .
Quindi A(T3 ) = A(T1 )+A(T2 ). Vice versa, poiché una triangolo equilatero, il cui lato sia un multiplo (intero) di
una grandezza u, può essere ricoperto, senza sovrapposizione, da un numero finito di triangoli equilateri, dunque
a lui simili, di lato pari alla grandezza u, cos come un quadrato di lato multiplo (intero) di una grandezza u, può
essere ricoperto, senza sovrapposizione, da un numero finito di quadrati, a lui simili, di lato pari alla grandezza
u, si trova che prendendo tre triangoli equilateri appoggiati sui lati di un triangolo rettangolo, le quantità dei
tasselli triangolari (equilateri) con cui essi sono ricoperti stanno tra loro come una terna pitagorica. Nel caso
in figura, i triangoli sono costruiti da biscotti crackers triangolari (equilateri) per una terna pitagorica 3-4-5
(misure dei lati di un triangolo rettangolo) trovo crackers pari a:
9 + 16 = 25.
Attenzione: posso ricostruire questa figura con rettangoli, quadrati, parallelogrammi, ma non tutte le forme
si prestano a tassellazioni con figure a loro stesse simili!
(una tassellazione di una figura piana con poligoni è un ricoprimento senza sovrapposizioni in modo che i vertici
dei poligoni coincidano con i vertici dei poligoni adiacenti, e il bordo della figura coincida con lati di poligoni
consecutivi)
9. altra generalizzazione di Pitagora: il teorema di Pappo
Il teorema di Pitagora é un caso particolare del seguente teorema di Pappo, un matematico greco del V
secolo d. C.
Dato un triangolo, non necessariamente rettangolo, ABC non rettangolo, su due lati AB e BC costruiamo due
parallelogrammi BCDE e ABFG, i cui lati DE e FG, prolungati, si incontrino nel punto H. Tiriamo la retta
HB, e preso il segmento IL uguale ad HB, costruiamo il parallelogramma ACMN, con i lati AM e CN paralleli
a IL. Questo parallelogramma uguale alla somma di BCDE e AFGB. Per dimostrarlo, prolunghiamo i lati CN
e AM. Il parallelogramma BCDE uguale a BCOH, dato che hanno la stessa base BC e stanno tra le parallele
BC e HD. Per lo stesso motivo BCOH uguale a ICNL, dato che la base HB uguale a IL per costruzione, e
stanno tra le parallele HL e OC. Di conseguenza, i parallelogrammi BCDE e ICNL sono uguali. Analogamente,
sono uguali AFGB e AILM, e dunque la somma di BCDE e AFGB uguale a ACML.
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10. soluzione grafica di x2 = a
In questa figura l’altezza relativa all’ipotenusa del triangolo rettangolo inscritto in un cerchio taglia triangoli
simili (verificare), e dunque é media proporzionale
tra le parti dell’ipotenusa individuate. se la circonferenza
√
ha raggio (a + 1)1/2 tlae segmento vale a (verificare).
11. segmenti somma e prodotto
In Euclide il prodotto di due segmenti é una area (del rettangolo o del paralellogramma definito dai due
segmenti). In realtá, oltre alla somma e alla differenza di segmenti, nota ad Euclide, si puó definire prodotto e
divisione di segmenti usando fasci di rette parallele e la proporzionalitá dedotta col teorema di Talete. Occorre
fissare un segmento come unit di misura, che denoteremo con OU = 1.
11.1. Moltiplicazione. Consideriamo ora due segmenti, di lunghezza a e b rispettivamente. Vogliamo, con
riga e compasso, costruire un segmento la cui lunghezza sia ab. Introduciamo una retta ausiliaria r Disegniamo
un segmento di lunghezza a con primo estremo O e lo chiamiamo OA. Prolunghiamo OU con un segmento UB
tale che la lunghezza di UB sia b. Tracciamo per B la parallela a UA e chiamiamo C la sua intersezione con il
prolungamento di OA. Mostriamo che il segmento AC ha lunghezza ab: infatti, per il teorema di Talete,
OA : OU = AC : U B
e dunque a : 1 = AC : b.
11.2. Divisione di due segmenti. Come sopra, dati a e b, otteniamo b/a disegnando a = OA, prolunghiamo
OA con un segmento AD tale che la lunghezza di AB sia b. Tracciamo per D la parallela a UA e chiamiamo
E la sua intersezione con il prolungamento di OU. UE ha lunghezza b/a, infatti, per il teorema di Talete,
OA : OU = AD : U E.
11.3. Divisione di un segmento in n parti uguali. Dato un segmento AB, vogliamo dividerlo in n parti
uguali, usando solo riga e compasso (n numero naturale fissato ¿ 0).
Su una retta ausiliaria r uscente da A, tracciamo (col compasso) n segmenti uguali all’unitá (giá fissata),
indicato con K lultimo estremo di tali segmenti, tracciamo la retta per K e B e poi rette parallele a KB passanti
per ipunti disegnati su r. Il Teorema di Talete garantisce che il segmento AB stato in questo modo suddiviso
in n parti uguali.