Bambini e adulti in fila davanti al telescopio in una delle serate organizzate dalla nostra Associazione.
Il cielo stellato, per una sera, diventa protagonista e motivo di discussione ed emozione
anche per chi non è astrofilo... ma potrebbe diventarlo...
IN QUESTO NUMERO
Editoriale
di Claudio Pra pag. 2
Polveri lucenti
di Claudio Pra pag. 3
Il fenomeno delle maree
di Tomaso Avoscan pag. 4
Un astronoma made in Agordino
Intervista di Claudio Pra pag. 6
Cieli Dolomitici su Coelum pag. 8
Hale-Bopp: che nostalgia!
di Giuseppe De Donà pag. 9
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Claudio Pra:
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Telefono: 0437/523186
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Rocca Pietore (Bl)
IN QUESTO NUMERO
La Luna: tra credenze popolari ed influssi reali
di Tomaso Avoscan pag. 11
Attività dell’Associazione pag. 12
I libri del mestiere pag. 13
Astrotest pag. 14
Lo spazio... Del sorriso pag. 14
Gobba a levante Venere...crescente
di Claudio Pra pag. 15
Gli astrofili di “Cieli Dolomitici” pag. 18
Sito internet dell’Associazione:
www.cielidolomitici.it
e-mail
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WEBMASTER Andrea Cibien
N°11 GIORNALINO DELL’ ASSOCIAZIONE ASTROFILI AGORDINI “CIELI DOLOMITICI” N°11
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EDITORIALE
di Claudio Pra
Tra le tante negatività che la grande crisi globale che stiamo vivendo distribuisce generosamente un po’ a tutti,
qualcosa di positivo, a ben guardare, c’è. Ci siamo accorti che stavamo vivendo al di sopra delle nostre
possibilità (chiaramente parliamo dei paesi così detti “ricchi”). Non che prima non si capisse, ma di questi
tempi lo si comprende molto meglio. Paesi ricchi, già. Anche di sprechi, che ora, come i nodi, vengono al
pettine. Essendo questo un giornalino che tratta cose del cielo, parliamo dunque di ciò che ci compete e che si
collega benissimo a quanto detto sopra. Parliamo dunque per l’ennesima volta della luce eccessiva e mal
direzionata che l’uomo moderno produce e che ci costa soldi (molti) e la cancellazione del cielo stellato. Se ne
sono accorti anche gli amministratori (guardando con più attenzione le bollette della luce, non certo
accorgendosi che un patrimonio dell’umanità se ne sta andando, figurarsi!) e non è stato infrequente sentire
sindaci annunciare lo spegnimento o comunque la riduzione dell’illuminazione pubblica. Hanno scoperto
l’acqua calda! Le cose che gli astrofili predicano da anni a supporto della difesa del cielo stellato vengono ora,
per necessità, capite e prese a riferimento. Per restare nel nostro territorio, si è letto che il BIM parla di nuovi
impianti meno spreconi e impattanti e della sostituzione di lampadine. Il Presidente della Provincia, Sergio
Reolon, da noi incalzato nel corso di una trasmissione radiofonica, ha ammesso che abbiamo trasformato i
nostri paesini in delle piccole New York senza badare a spese. L’esempio è calzante direi. Punti luce fuori
norma disseminati ovunque senza logica, monumenti e chiese illuminati a giorno, così come strade secondarie.
Fari disseminati qua e là con pretese di sicurezza ma orientati nella peggiore delle maniere (in questo caso
entrano in scena anche i normali cittadini). Gli esempi di cattiva illuminazione si sprecano e potremmo
continuare. E le leggi? Perché ci sono anche quelle in mancanza di logica e raziocino. Le leggi, restano dei bei
intenti. Danno indicazioni e pongono restrizioni solo sulla carta. Nessuno le rispetta e nessuno le fa rispettare
(e probabilmente le conosce).
Credo che questo sia il momento giusto, forse irripetibile, per riproporre con forza le nostre argomentazioni,
mettendo davanti a tutto (purtroppo) lo sperpero di denaro. Serve illuminare meno e illuminare meglio
utilizzando tutto quel che le moderne tecnologie ci mettono a disposizione. Perché ad esempio non predisporre
dei timer tarati per spegnere luci che non hanno senso di rimanere accese tutta la notte? Un bel monumento che
resta sotto i riflettori alle quattro di notte che senso ha? Così come si potrebbe prevedere lo spegnimento di
parte dell’illuminazione pubblica in piena notte.
In questo contesto l’argomento della preservazione del cielo stellato entra dalla porta di servizio purtroppo.
Diciamocelo amaramente: la massa è sensibile quando gli si tocca il portafoglio e argomentazioni che vertono
sulla qualità del cielo scaduta a livelli indecenti non provocano reazioni. Vorrà dire che casomai ci
accontenteremo che le stelle tornino visibili “involontariamente”, non per una volontà precisa di recuperare un
firmamento all’altezza, ma “solo” per una questione di denaro da risparmiare (che pure è un argomentazione
valida).
Tecnologie nuove, meno inquinamento luminoso, meno sprechi, un cielo decente... Sarà proprio così o finita la
bufera tutto andrà nel dimenticatoio? Intanto proviamo a rilanciare le nostre argomentazioni, ne abbiamo il
diritto-dovere. L’anno di una reale inversione di tendenza sì che sarebbe da ricordare, più dell’anno
PUNTI TESSERAMENTO ALL’ASSOCIAZIONE
PAKY COMPUTERS VIA ROMA 4 CENCENIGHE
TIPOGRAFIA “PANFILO CASTALDI” VIA GARIBALDI 28 AGORDO
COOPERATIVA CONSUMO DI FALCADE PIAZZA DEL MERCATO 9/A FALCADE
MARKET DA TOTA CORSO VENETO 33/A CAPRILE
MUNICIPIO S. TOMASO
QUOTE 2009
SOCIO ORDINARIO 20,00 €
SOCIO SOSTENITORE DA 30,00 €
SOCIO STUDENTE FINO A 16 ANNI 10,00 €
SOCIO STUDENTE OLTRE I 16 ANNI 15,00 €
PER TOCCARE IL CIELO
CON UN DITO
LA BIBLIOTECA DELL’ASSOCIAZIONE
Tra le opportunità offerte agli Associati c’è quella di poter accedere alla biblioteca dell’Associazione.
La biblioteca è ben fornita (oltre a molti libri e riviste ci sono anche videocassette e DVD) ed è
auspicabile che in futuro un buon numero di persone se ne servano. Ricordiamo che per accedere alla
biblioteca bisogna contattare Rosanna al 3481119595 per fissare un appuntamento.
2
POLVERI LUCENTI
di Claudio Pra
E’ dura affermare che la polvere sia gradevole da vedere. Cercherò quindi di non farmi sentire dalla casalinga
modello, sua nemica implacabile, perché rischierei grosso, senza magari avere il tempo di spiegare che non
parlo della classica e fastidiosa polvere che si deposita su pavimenti e mobili e neppure di quella sollevata dal
vento, ma di polvere celeste, nel senso di qualcosa al di fuori del nostro pianeta. La possiamo osservare negli
splendidi anelli di Saturno, così come in quelle nuvolette delicate in cui si originano le stelle, chiamate
nebulose. Oppure ancora nella chioma e nella coda di una cometa.
Ma voglio qui parlare di una polvere particolare, polvere interplanetaria, che occupa gli spazi tra i pianeti.
Questo materiale (polveri e materiale interplanetario) è concentrato soprattutto nella parte interna del sistema
solare e orbita attorno al Sole sul piano dell’eclittica (il percorso apparente della nostra stella durante l’anno,
percorso che si snoda attraverso le costellazioni zodiacali). Polvere e materiale interplanetario riflettono e
diffondono la luce solare che per noi, osservatori terrestri, si manifesta come una debolissima luminescenza che
prende il nome di luce zodiacale. Il perché è facilmente intuibile e si collega alla sua visibilità lungo lo
zodiaco.
La luce zodiacale fu scoperta dal grande astronomo G.D. Cassini nel 1683 (quando sicuramente l’inquinamento
luminoso era ben lungi dall’essere conosciuto e la debole luminescenza poteva essere notata senza grandi
problemi).
Le microparticelle finirebbero per esaurirsi, attirate dal Sole, se non fossero incrementate dal passaggio delle
comete, grandi serbatoi di polveri, che ne perdono molta durante gli avvicinamenti al nostro astro.
Ma si può oggi osservare la luce zodiacale? Certo, a patto di trovare un sito osservativo eccezionalmente buio,
(cosa non facilissima) dall’orizzonte ampissimo e un cielo terso. Non trascurerei anche una certa
dimestichezza con l’osservazione e le sue sfumature perché la luce zodiacale non è evidente.
Essa ha una forma triangolare. Parte larga all’orizzonte e si restringe man mano. Può arrivare fin sui 30-40° in
lunghezza. Compare dopo il tramonto o prima del sorgere del Sole per tre ore circa. Le condizioni migliori per
osservarla si hanno intorno agli equinozi per la favorevole inclinazione dell’eclittica. Quindi a marzo bisognerà
cercarla verso ovest dopo che il Sole avrà tolto il disturbo, mentre a settembre la osserveremo dalla parte
opposta, a est, prima che l’astro diurno la cancelli. Ovviamente si dovrà tenere conto anche della Luna che non
deve essere assolutamente presente sulla scena e naturalmente l’osservazione va compiuta esclusivamente a
occhio nudo vista l’ampissima area interessata dal fenomeno.
Una sfida ancora più difficile (molto) è identificare il gegenschein, vocabolo tedesco che significa luce opposta
al Sole. La sua natura è la stessa della luce zodiacale ma è molto meno facile da vedere e meno esteso (6°x10°
circa). Si trova a 180° dal Sole sempre lungo l’eclittica e le migliori condizioni per coglierlo alle nostre
latitudini si hanno a gennaio, verso mezzanotte, quando si trova alto in cielo nella costellazione dei Gemelli. Se
lo cerchiamo in un periodo differente (da scartare comunque i momenti in cui è troppo basso), prestiamo
attenzione che la sua posizione non coincida con la Via Lattea che renderebbe impossibile distinguerlo da essa.
In ogni caso staccarlo dal fondo cielo è un autentica impresa. Il gegenschein fu scoperto dal naturalista
berlinese F.W.H. Humboldt all’inizio del diciottesimo secolo.
Un tenue ponte di luce collega la luce zodiacale al gegenschein e si può tentare di identificarne almeno una
parte.
Concludo con un esperienza diretta del sottoscritto riguardante l’osservazione della la luce zodiacale risalente
al 29/9/2008. Per il gegenschein i miei tentativi non hanno avuto altrettanto successo e pur non arrendendomi la
vedo dura davvero.
-Sono le 3.00 e mi trovo al Bivacco Bontadini, sul monte Mesola, proprio di fronte alla regina delle Dolomiti,
la Marmolada. Sono salito dal passo Fedaia in meno di un ora aprendomi il cammino con la pila frontale per
cercare di osservare un fenomeno particolare chiamato luce zodiacale. Non fa troppo freddo ma a 2550 metri a
fine settembre non si suda. Spenta la pila frontale comincio l’adattamento dell’occhio al buio cercando nel
frattempo verso est il Leone, costellazione che mi farà da riferimento perché è da lì che in questo periodo si ha
origine la luce zodiacale. Non è ancora sorto completamente. Il cielo è spettacolare allo zenith mentre in basso
una leggera foschia disturba leggermente. Una volta acquisita la “vista notturna” comincio la ricerca. Senza
averla mai vista ci vuole un po’ per notarla ma poi non può passare inosservata e man mano diviene evidente
(almeno all’occhio di un astrofilo). Sembra il fascio tenue di un faro posto dietro le montagne, molto allargato
all’ orizzonte e più stretto man mano che aumenta in altezza. Si estende per una quarantina di gradi, forse più,
da sotto la principale stella del Leone, Regolo, fino almeno al famoso e facile ammasso aperto del Cancro M
44, il Presepe. Non distante, a destra, la Via Lattea invernale è ben rilevabile nonostante non spicchi come
quella estiva. Ecco, la luce zodiacale è molto diversa se confrontata ad essa. Più tenue eppure visibile,
assolutamente di nessun disturbo per la brillantezza di stelle o oggetti diffusi. Infatti M 44, affogato dentro, è
rilevabile in tutto il suo splendore . Ogni tanto entro nel bivacco per un corroborante bicchiere di thè caldo
versato dal thermos. Le prime luci dell’alba non cancellano la luce zodiacale che ora investe Saturno sorto da 3
contrasto man mano diminuisce. Fine dello spettacolo celeste. Anzi no! Ora colpiscono i colori dell’alba che
contrastano con le montagne scure laggiù all’orizzonte. Poi il chiarore si fa più intenso. E’ ora di andare!-
IL FENOMENO DELLE MAREE
di Tomaso Avoscan
La marea è un moto periodico di ampie masse d'acqua (oceani, mari e grandissimi
laghi) che si innalzano (flusso, alta marea) e abbassano (riflusso, bassa marea) anche di
10-15 metri con frequenza giornaliera o frazione di giorno (solitamente circa ogni sei
ore, un quarto di giorno terrestre) dovuto alla combinazione di due fattori:
-l'attrazione gravitazionale esercitata sulla Terra dagli altri corpi celesti del sistema
solare: tra questi è nettamente predominante l'attrazione della Luna (a causa della sua
distanza dalla Terra molto minore di quella di tutti gli altri corpi), secondaria quella del
Sole, trascurabile quella degli altri pianeti.
-la forza centrifuga dovuta alla rotazione del sistema Terra-Luna intorno al proprio
centro di massa.
Considerando per semplicità soltanto la Luna e trascurando per ora gli altri corpi del
sistema solare, la forza che provoca le maree risulta dalla non completa cancellazione di
due forze opposte tra loro: l'attrazione gravitazionale esercitata dalla Luna sulla Terra, e
la forza centrifuga dovuta alla rotazione della Terra intorno al centro di massa del
sistema Terra-Luna (che si trova a circa 4700 km dal centro della Terra, e circa 1700
km sotto la superficie terrestre).
Al centro della Terra queste due forze si cancellano esattamente. Sulla faccia rivolta
verso la Luna, invece, l'attrazione lunare è lievemente maggiore (in quanto la distanza
dalla Luna è minore), mentre la forza centrifuga è minore (in quanto la distanza dal
centro di rotazione è minore): questa differenza origina una forza risultante diretta
verso la Luna. Sull'altra faccia accade il contrario: l'attrazione lunare è minore mentre la
forza centrifuga è maggiore, quindi la forza risultante punta nel verso opposto. Ne
consegue un sollevamento del mare sia sul lato della Terra rivolto verso la Luna, sia sul
lato opposto (la cosiddetta "seconda gobba" della marea). Ecco perché l'alta e la bassa
marea si alternano all'incirca due volte al giorno, e non una come potrebbe suggerire
un'analisi superficiale.
Risultando dalla cancellazione di due forze quasi uguali tra loro, l'intensità della forza di
marea è alquanto minore di quella di ciascuna delle due forze prese singolarmente.
Sulla superficie della Terra essa vale circa un decimilionesimo della forza di gravità. Tale
forza, apparentemente piccolissima, è però sufficiente a produrre effetti giganteschi a
causa dell'enorme massa d'acqua su cui agisce.
Il Sole esercita sulla Terra una forza di marea analoga a quella esercitata dalla Luna;
poiché però la distanza Terra-Sole è molto maggiore (mediamente circa 390 volte) della
distanza Terra-Luna, sebbene il Sole abbia una massa molto maggiore della Luna, la
forza di marea del Sole risulta pari solo al 46% circa di quella della Luna. Anche gli altri
pianeti del sistema solare esercitano una forza di marea, ma avendo una massa molto
inferiore a quella del Sole, l'entità di tali forze è del tutto trascurabile (meno di un
decimillesimo della forza di marea della Luna).
A seconda della posizione relativa di Terra, Sole e Luna, la forza di marea del Sole può
agire nello stesso verso di quella della Luna oppure nel verso opposto: ne risulta un
rafforzamento della marea quando i due astri si trovano in congiunzione (Luna nuova) o
in opposizione (Luna piena), e un suo indebolimento quando la Luna si trova in
quadratura
4
(primo o ultimo quarto). L'ampiezza delle maree perciò aumenta e diminuisce
ciclicamente, con un periodo di circa quindici giorni.
Ampiezza (detta altezza dell'onda di marea, eguale al dislivello tra bassa e alta marea),
frequenza e orario delle maree sono legati ai suddetti fenomeni astronomici e da
numerosi aspetti morfologici (superficie della massa d'acqua, forma della costa,
differenza di profondità dei fondali). Le maree hanno effetto anche sul livello dei fiumi
che sfociano nel mare. Le stesse forze e gli stessi principi che regolano le maree dei
corpi liquidi, agiscono pure sui corpi solidi, in particolare è stata documentata la
deformazione della crosta terrestre.
Diversi motivi fanno sì che alcuni litorali dello stesso mare o oceano non conoscono
maree di rilievo mentre su altri litorali anche prossimi le maree possono avere ampiezza
di molto superiore a dieci metri.
L'ampiezza effettiva del livello del mare dipende inoltre da fenomeni meteorologici per
nulla legati alle maree, ma che ne esaltano gli effetti. In particolare si tratta degli effetti
del vento (soffiando verso la costa innalza il livello del mare sui litorali, soffiando verso il
largo abbassa il livello presso i litorali) nonché di differenziali di pressione atmosferica
tra il mare aperto e la zona costiera.
CURIOSITA’: MAREE E BATTAGLIE
Le strategie delle battaglie, per la difesa e per l’attacco, hanno posto molta attenzione
alle notti di Luna nuova o di Luna piena, per questioni di visibilità e di maree favorevoli.
L’assenza di luna favorisce l’attacco, sia aereo che da terra, l’alta marea facilita gli
sbarchi, poiché si riduce lo spazio di spiaggia che i mezzi anfibi devono percorrere fino a
terra, sotto il fuoco nemico.
Moltissime e famose battaglie storiche hanno tenuto in debita considerazione le maree
legate ai fattori astronomici descritti.
A titolo di esempio ci limitiamo a ricordare di seguito un paio di famosi accadimenti di
epoca moderna.
6 giugno 1944 - sbarco in Normandia
L’invasione della Normandia fu studiata in dettaglio e chiamata Overlord. Secondo il
Presidente Eisenhower, nel maggio 1944 non si era ancora pronti, ma dal 5 al 7 giugno
si poteva approfittare della fase lunare, della marea e dell’ora del levar del Sole.
Anche Winston Churchill, in seguito scrisse che, se si fosse posposta l’operazione, si
sarebbe perso un mese per avere nuove condizioni lunari propizie. Lo sbarco americano
fu calcolato per un luogo detto in codice Omaha Beach vicino al porto di Le Havre.
Fu Luna piena il 6 e perigea il 12, quindi ci furono condizioni di alta marea. La Luna
piena avvantaggiò i soliti bombardamenti precedenti gli attacchi oltre al lancio di 27.000
paracadutisti, che avvenne verso le 23 del giorno 5, quando la Luna era in meridiano.
La difesa costiera tedesca era stata studiata in modo che opportuni tralicci con mine ed
altri esplosivi ancorati sul fondo, impedissero l’approdo di mezzi anfibi, quindi era
necessario distruggere, anche in parte, queste difese prima dell’alba. Uno sbarco con
marea bassa sarebbe stato ostacolato dai mezzi difensivi che sarebbero esplosi sotto i
mezzi di sbarco, invece, con marea alta, le truppe si sarebbero trovate esposte al fuoco
tedesco, mentre raggiungevano la riva.
La marea cresceva all’incirca di 30 cm ogni 15 minuti; era necessario che le difese
ancorate sul fondo (alte 60 cm) fossero eliminate entro 30 minuti e ogni ritardo poteva
compromettere l’operazione.
Perciò, le considerazioni astronomiche furono di primaria importanza nella scelta del
cosiddetto D-day e della H-hour.
Tuttavia, ci furono ritardi ed errori che provocarono confusione per lungo tempo. Anche
Ernest Hemingway partecipò alla battaglia come corrispondente di guerra e criticò le
5
promesse di eliminare gli ostacoli in 30 minuti, rivelatisi inadeguati.
16 gennaio 1991 – Prima guerra del Golfo
La strategia della guerra fu decisa studiando le fasi lunari, le maree, la temperatura ed il
periodo del Ramadam.
Furono studiati tempi da gennaio ad aprile, in particolare le notti di Luna nuova ed i
giorni di marea favorevole.
Argomento psicologico: durante il mese islamico di Rajab, il combattimento è peccato
per gli islamici. Il Ramadam iniziava venerdi 15 marzo. In aprile sono probabili tempeste
di sabbia e la temperatura sale troppo per le battaglie sul campo.
L’inizio delle operazioni fu la notte del 16 gennaio (Luna nuova il 15), con attacchi aerei
in Kuwait, al principio del mese di Rajab. Il 24 febbraio le truppe americane passarono
la frontiera del Kuwait, il 28 l’Iraq si arrese.
UN ASTRONOMA MADE IN AGORDINO
intervista di Claudio
Arcipelago delle Canarie, isola di La Palma: a oltre 2400 metri di quota, al Roque de Los Muchachos, è
situato assieme ad altri telescopi di diverse nazioni il TNG o più semplicemente il Telescopio Nazionale
Galileo, il più grande telescopio ottico interamente italiano e uno dei più grandi al mondo nell’ emisfero
nord con i suoi 3,58 metri di diametro obiettivo. Al suo controllo, per diverse nottate all’anno, possiamo
trovare un astronoma agordina, Vania Lorenzi di Cencenighe, trentacinque anni, molti dei quali passati
sui libri di astronomia. L’abbiamo incontrata in uno dei rari momenti in cui rientra in Italia per passare
qualche giorno con la famiglia, per farci raccontare qualcosa di lei e della sua professione.
Che studi hai sostenuto per poter arrivare ad occupare il tuo importante ruolo?
Presso l’Università di Padova ho conseguito la laurea in astronomia. Successivamente ho continuato lo studio
cominciato in tesi per un anno, facendo la classica gavetta che mi è naturalmente servita per fare esperienza, in
attesa di una borsa di studio o qualche occasione di lavoro. Sto ancora studiando per il dottorato all’ Università
di Tenerife nel poco tempo che riesco a ritagliarmi.
Come è scaturita la possibilità di lavorare addirittura per il più grande telescopio ottico italiano?
Dopo la laurea mi sono data da fare, cercando una collocazione tramite l’invio del mio curriculum a vari istituti
di ricerca tra i quali l’INAF (Istituto
Nazionale Astro Fisica) a cui fa capo il
Telescopio Nazionale Galileo. Proprio
dal TNG mi ha contattato per uno stage
di un mese a La Palma. Dopodichè,
rientrata a Cencenighe, sono stata quasi
subito ricontattata e quindici giorni dopo
ero nuovamente nell’isola per altri sei
mesi, prorogati in seguito a un anno.
Infine sono stata inserita definitivamente
in organico. Per me è stato trovare lo
sbocco sognato, l’ habitat ideale, che
credo non lascerò fin tanto sarà
possibile. Purtroppo i fondi per la ricerca
sono sempre più scarsi e si fanno i salti
mortali per mantenere un ottimo
standard vista la complessità del
telescopio.
Una suggestiva immagine del TNG visto dall’esterno
In che cosa consiste il tuo lavoro?
Quante ore sei impegnata?
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ore non basterebbero certo a garantire un adeguato standard. Svolgiamo infatti dei turni che cominciano con
l’ascesa in macchina da Breña Baja, dove sono ubicati gli uffici, all’ osservatorio. In una quarantina di
chilometri passiamo dal livello del mare a oltre 2400 metri, su per una stradina zeppa di tornanti. La
preparazione degli strumenti inizia verso le 15.00 e la sessione osservativa invece termina poco prima dell’alba
del giorno successivo. Questo per quattro o cinque notti al mese. Abbiamo naturalmente dei giorni per
recuperare e per il resto molto tempo lo passiamo lavorando in ufficio. Il nostro lavoro consiste nel dare un
servizio alla comunità scientifica italiana e internazionale. Una commissione italiana valuta i programmi
presentati da astronomi e i più validi ricevono del tempo per essere portati avanti tramite il telescopio Galileo.
Molto spesso addirittura non c’è la presenza in osservatorio del o dei titolare/i della ricerca, ma ci vengono
mandate semplicemente delle istruzioni per condurre osservazioni, il cui esito è inviato poi agli interessati. In
altri casi il tipo di ricerca obbliga il ricercatore a essere presente in “tempo reale”.
Al di fuori del lavoro come trascorri il tuo tempo a La Palma?
L’isola è molto piccola e tranquilla. Nulla a che fare con rinomate località turistiche delle Canarie. Bisogna
quindi “accontentarsi” di apprezzare la incredibile bellezza del posto che offre spettacolari scenari e appunto la
tranquillità. Io mi adatto benissimo andando anche spesso in spiaggia a prendere il Sole.
Ogni quanto tempo rientri in Italia?
Torno a casa solitamente una o due volte all’anno per quindici giorni.
Il tuo è più un lavoro o una passione?
E’ un lavoro da fare se si ha molta passione. Non dà grosse gratificazioni personali perché in pratica si lavora
su “commissione”, quindi per qualcun altro. I dati li acquisiamo noi ma la ricerca è altrui.
Quale è stata la maggior soddisfazione o emozione provata nel tuo lavoro al TNG?
Il momento, dopo la fase di apprendimento, quando mi sono ritrovata responsabile alla guida di un telescopio
di tre metri e mezzo non è stato male sotto l’ aspetto della soddisfazione e dell’emozione. Anche vedere
riconosciuto il mio contributo, che spesso passa in sordina, con una citazione su riviste importanti al
momento della pubblicazione di qualche ricerca. In generale sono contenta quando vedo che le esigenze
degli astronomi vengono soddisfatte e producono risultati concreti.
Sei stata astrofila? Ti prendi il tempo di osservare il cielo per diletto ogni tanto?
Devo rispondere no a entrambe le domande. Non sono mai stata astrofila anche perché l’università mal si
concilia con l’aspetto romantico e ormai antico, seppur pieno di fascino, dell’osservare con i propri occhi e
comporta ben altro. Devo riconoscere che in questo campo voi astrofili ne sapete molto di più. Ora poi, non ho
proprio il tempo per uscire ad ammirare il cielo visto il mio impegno. Quando mi trovo lassù in osservatorio,
metto fuori la testa solo per controllare se ci sono nubi o meno e nel tempo libero, comunque passato tra le luci
della cittadina che ci ospita, preferisco “staccare”.
Cosa hai pensato quando hai sentito della costituzione di un associazione di astrofili in Agordino?
Conosci “Cieli Dolomitici”?
Conosco l’ Associazione avendone sentito parlare. Mi manca però una visita al planetario che conto di fare al
più presto. L’iniziativa è bella e valida e spero abbia un seguito. Spero anche che la popolazione agordina
risponda bene, pur rendendomi conto che la materia trattata forse spaventa molti. Frequentemente però bisogna
parlare di pigrizia. Da parte mia sprono spesso i miei a partecipare alle vostre iniziative.
Puoi fare un saluto agli Associati?
Saluto tutti e spero di poter dare in futuro un contributo di qualche tipo.
Il Telescopio Nazionale Galileo
Il Telescopio Nazionale Galileo (o TNG) è il più grande telescopio ottico interamente italiano e uno dei
più grandi al mondo nell’ emisfero nord. Situato nell’isola spagnola di La Palma (arcipelago delle
Canarie), forma parte del complesso astronomico del Roque de Los Muchachos, assieme ai telescopi di
7
nazioni europee . Con oltre 2350 metri di altezza e una posizione a picco sul mare, questo sito
astronomico è ideale per garantire molte notti limpide e terse, ideali per l’osservazione del cielo. Da un
progetto partito nel 1982 che aveva come fine portare l’astronomia italiana a livelli di punta dal lato
strumentale e tecnologico tramite un telescopio di nuova generazione, il TNG è costato l’equivalente di
25 milioni di euro ed è il frutto della collaborazione di tutti gli istituti nazionali di astrofisica e di una
ventina di ditte italiane di alta tecnologia, che hanno costruito la maggior parte del telescopio e dei suoi
annessi. Inaugurato nel giugno 1996, dal 2002 è sotto il controllo dell’ Istituto Nazionale di Astrofisica
(INAF) con uno staff tecnico-scientifico di circa 30 persone nella sede di La Palma. Il sistema ottico del
TNG (configurazione ottica Ritchey-Chretien), con un diametro dell’obiettivo principale di 3,58 metri e
una focale di 38,5 metri (f 11), rappresenta a tutt’oggi una delle soluzioni più avanzate fra i grandi
telescopi che operano a terra. Le speciali ottiche “attive” e “adattive” permettono infatti di correggere in
tempo reale tutte le aberrazioni ottiche e la turbolenza atmosferica. Costruito principalmente per
osservare gli oggetti più deboli e distanti dell’universo, dal maggio 2000 è equipaggiato con tre
spettrometri di moderna concezione (SARG, DOLORES e NICS) con cui è possibile analizzare nelle
diverse lunghezze d’onda, dall’ultravioletto all’infrarosso, la luce che proviene da stelle della nostra
galassia e dagli oggetti più remoti dell’universo come i quasar o le poderose sorgenti di raggi gamma
nelle galassie primordiali. Le osservazioni tramite il TNG stanno permettendo lo studio dettagliato delle
composizioni chimiche e dei movimenti degli oggetti locali (stelle e perfino pianeti extrasolari), ed
extragalattici, attraverso l’effetto doppler nella loro emissione di luce. Questi risultati stanno aiutando gli
astronomi a comprendere più approfonditamente i meccanismi che regolano l’evoluzione chimica
dell’universo e la dinamica della espansione cosmica. Concepito come strumento principale di servizio
per la ricerca astronomica nazionale, (tre quarti delle notti sono offerte a progetti scientifici di astronomi
italiani) il TNG rimane comunque uno strumento di avanguardia aperto anche alla comunità
internazionale. Questo, nello spirito più ampio della collaborazione scientifica e dello scambio di
esperienze fra scienziati di tutti i paesi del mondo. Il sito del TNG www.tng.iac.es
CIELI DOLOMITICI SU COELUM
E’ con grandissima soddisfazione che possiamo comunicare la notizia della
pubblicazione di un articolo a firma di Tomaso Avoscan sul numero di marzo
della rivista astronomica Coelum.
Ricorderete la vicenda della meteorite di Barcis, rispolverata dal nostro
Presidente negli ultimi due numeri del giornalino dell’Associazione. Ebbene,
Coelum si è interessato all’articolo domandando di poterlo pubblicare ampliato
di fotografie, curiosità e un intervista a Umberto Brancaleone, protagonista di
quella vecchia storia. Il lavoro, durato qualche mese, è stato portato avanti da
Tomaso Avoscan e da Claudio Pra e infine consegnato al mensile. Quattro le
pagine che narrano quella vicenda.
Facendo un passo indietro, ricorderete sul giornalino numero 10 un articolo
dedicato all’osservazione di una cometa dal Nuvolau firmato da Claudio Pra.
Ebbene, anche questa testimonianza ha avuto l’onore di finire su Coelum di
dicembre, addirittura come editoriale.
Non male no?
Scrive per noi in questo undicesimo numero del giornalino Giuseppe De Donà. Giuseppe, “Bepi” per gli amici,
classe 1954, vive a Sospirolo e si interessa di fotografia astronomica , comete, meridiane, storia del calendario
e meccanica celeste. Su questi e altri temi ha scritto articoli divulgativi su riviste nazionali e tenuto diverse
conferenze. Dal 1997 è membro del Consiglio direttivo dell’UAI (Unione Astrofili Italiani) e dal 2002 cura
l’edizione del suo almanacco.
L’articolo che ci regala “Bepi” è quanto di più bello un astrofilo possa leggere. Tornando indietro di dodici
anni egli rievoca infatti lo strepitoso show della cometa Hale-Bopp, facendo palpitare, ne sono sicuro, i cuori di
chi quell’incredibile astro lo osservò e anche di chi se lo è invece perso o lo ha visto di sfuggita, non
intuendone magari l’ importanza. Il racconto di “Bepi”è straordinario per intensità, suggestione e chiarezza,
scritto da un astrofilo che quell’astro lo ha inseguito per mesi dedicandogli ore e ore. Un ringraziamento a
“Bepi” con la speranza che una nuova Hale-Bopp arrivi presto, facendo impazzire astrofili e non come dodici
anni fa. E ora girate pagina e cominciate a sognare...
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HALE BOPP: CHE NOSTALGIA!
di Giuseppe De Donà
Quando fu scoperta, il 22 luglio 1995, la cometa Hale Bopp distava dalla Terra sette UA, cioè più di un
miliardo di km, una distanza enorme, a metà strada tra quelle medie di Giove e Saturno dal Sole. Malgrado ciò
essa appariva già di magnitudine visuale intorno alla 10, una luminosità che la stragrande maggioranza delle
comete non mostra neanche quando si trovano nelle loro condizioni ottimali di vicinanza a Sole e Terra. Per
esempio, la famosa cometa di Halley alla stessa distanza appare circa di magnitudine 20, cioè 10000 volte
meno luminosa di Hale Bopp alla scoperta. Questo dato fece intendere subito che Alan Hale e Thomas Bopp,
separatamente e in due luoghi diversi, quella sera del mese di luglio di 14 anni fa, avevano avuto la bravura e la
fortuna di osservare, per
primi,
un
astro
assolutamente straordinario.
Quando viene scoperta una
cometa, bastano poche
osservazioni per calcolare
in modo preciso gli
elementi orbitali, cioè i dati
che per met to no di
det erminar ne l’orbit a,
quindi la posizione in cielo.
Meno semplice è fissare i
parametri fisici, cioè gli
elementi che identificano
struttura intrinseca e attività
della cometa, in quanto
variabili durante la sua
corsa verso il Sole. Queste
mutazioni possono risultare
a volte estremamente
La favolosa Hale-Bopp fotografata da Giuseppe De Donà dal Passo Giau
anomale, specie quando in
esse si manifestano i cosiddetti “outburst”, cioè degli aumenti improvvisi e temporanei di luminosità, simili ad
esempio a quello avvenuto nell’autunno del 2007 sulla Holmes, una cometa periodica a breve periodo che, in
poche ore, elevò la propria luminosità addirittura di un milione di volte. Ma questo, di solito, succede a distanze
minori (la Holmes si trovava a 2.4 UA dal Sole), quindi non poteva essere il caso di Hale Bopp. Infatti, fin
dalle settimane successive alla scoperta, la curva di luce della cometa mostrò un andamento regolare, senza
alcuna flessione. Hale Bopp era quindi una grande cometa, con dimensioni intrinseche imponenti (poi stimate
in circa 40 km di diametro) ed attività superiore alla norma. A fronte di tutti questi elementi molto promettenti
c’erano altri aspetti meno positivi. La cometa sarebbe passata al perielio assai distante dal Sole (137 milioni di
km) e, soprattutto, la distanza minima dalla Terra sarebbe stata di 197 milioni di km, decisamente alta. Infine,
anche prospetticamente, le cose non erano ottimali in quanto l’angolo di fase, quello determinato dai vettori
Sole-Cometa e Cometa-Terra, non sarebbe mai salito sopra i 50°, buono ma non buonissimo per poter
osservare una lunga coda che, come è noto, è sempre orientata in direzione opposta al Sole. Non rimaneva
comunque che attendere e prepararsi al grande evento. Bisognava però aspettare quasi due anni in quanto il
passaggio al perielio sarebbe avvenuto il primo aprile del 1997. Un noto proverbio dice: ”una ciliegia tira
l’altra”. Mentre tutti aspettavano Hale Bopp, esattamente un anno prima, nella primavera del 1996,
improvvisamente fece la sua apparizione Hyakutake, un’altra spettacolare cometa scoperta il 30 gennaio di
quell’anno dal giapponese Yuji Hyakutake con un binocolo 25x150. Al contrario di Hale Bopp, Hyakutake era
dotata di un nucleo molto piccolo, ma divenne luminosissima mostrando una strepitosa coda di ioni di
ampiezza superiore ai 50° in occasione del suo passaggio ravvicinato con la Terra che avvenne il 25 marzo a
una distanza di appena 15 milioni di km dal nostro pianeta. Hyakutake rimase visibile a occhio nudo fino a
metà aprile 1996, mentre il suo passaggio al perielio avvenne il primo maggio a soli 34 milioni di km di
distanza dal Sole. Insomma, le due “ciliegie” erano nettamente diverse tra loro: una, imponente, che prometteva
grande bellezza nonostante l’enorme distanza, l’altra decisamente più minuta, che divenne lucente e con coda
lunghissima per merito del suo passaggio vicinissimo alla Terra. Hyakutake, velocissima, si spostava tra le
stelle di 15° in 24 ore. Hale Bopp, molto più lenta, nei giorni di massima vicinanza alla Terra, si sarebbe
spostata di “soli” uno/due gradi tra una notte e l’altra. Per questi motivi, Hyakutake fu bellissima ma visibile
per pochi giorni, mentre Hale Bopp, proprio perché distante e lenta, se avesse mantenuto le promesse si sarebbe
vista per molti mesi. Fu proprio questa peculiarità di Hyakutake ad impedirmi di osservarla nei giorni migliori.
La notizia della scoperta, pur essendo trapelata nell’ambiente degli astrofili, non era ancora stata annunciata
dalle riviste astronomiche. Internet era ai primordi, solo pochissimi ne erano in possesso e soprattutto non
esisteva niente di paragonabile all’attuale “mailing list” comete UAI, dove ogni scoperta è praticamente
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associazione astronomica feltrina Rheticus, intuendo che
forse si trattava di un evento eccezionale, assieme ad altri
astrofili veneti, organizzarono un’escursione al Passo
Falzarego per tentare l’osservazione della Hyakutake.
Chiamarono anche me, ma il mio cellulare era spento.
Possedevo un telefonino di prima generazione con batterie
fiacche che si esaurivano nel breve dialogo tra due
“morosi”. Gabriele Vanin, nel suo recentissimo libro
“Principi della Notte”, descrive l’evento soffermandosi con
frequenza sulle ripetute chiamate inviate verso il mio
cellulare perennemente spento. Nel libro, i Principi siamo
tutti noi astrofili, ma in quel capitolo Bepi De Donà, più che
un Principe, diventa un personaggio dal sapore fantozziano.
Ancora un immagine della Hale-Bopp.
Rividi la cometa dopo, a metà aprile, quando, seppur meno
(Foto Giuseppe De Donà)
luminosa per essersi allontanata dalla Terra, s’era posta in
prospettiva migliore, raddoppiando l’angolo di fase con conseguente allungamento dell’ampiezza della coda
che la sera del 15 aprile si estendeva ancora 25°.
Intanto Hale Bopp continuava la sua corsa verso il Sole. Nell’estate del 1996 scese sotto la magnitudine 6 e
divenne facilmente osservabile anche con un piccolo binocolo. La sera del 7 settembre 1996 salii al Passo
Valles e scattai la prima delle oltre mille foto fatte a Hale Bopp. Oggi, con le macchine digitali, fare cento,
mille scatti è normale. C’è, soprattutto, il controllo immediato della qualità dello scatto e la possibilità di rifarlo
immediatamente. Allora, con la pellicola chimica, bisognava scattare “al buio”. Occorreva scegliere con cura
pellicola, obiettivo, tempo e diaframma adatti, scattare ed attendere lo sviluppo…a rullino finito. Sotto un cielo
magnifico, feci quella prima foto usando la famosa pellicola positiva Scotchchrome 3200. Sulla vecchia Pentax
KM fissata in parallelo al Meade da 20 cm, misi l’obiettivo 300 mm f/4 ed esposi l’immagine per 5 minuti.
Conservo quel primo scatto con amore quasi morboso. Non è una foto bella come quelle fatte qualche mese
dopo, ma ricordo lo stupore per quell’oggetto che già primeggiava in bellezza sostenendo il confronto con
M31, M33, il Doppio Ammasso ed altri oggetti fotografati quella sera. Qualche giorno dopo, poche ore prima
che si verificasse un’eclisse totale di Luna, fui operato alla schiena, cosa assolutamente sconsigliata dai cultori
dell’uso della Luna nella vita quotidiana. “Niente interventi chirurgici vicino alla Luna Piena”…figurarsi con
l’aggravante di un’Eclisse! Per fortuna tutto andò bene e, dopo una lunga e adeguata convalescenza, riuscii a
rimettermi in piedi prima dell’inizio del 1997. Dopo la congiunzione con il Sole avvenuta a dicembre, nel mese
di gennaio Hale Bopp si rese visibile nel cielo mattutino. Era ancora bassa sull’orizzonte, ma pur tra i chiarori
del crepuscolo era ormai ben visibile anche a occhio nudo. Per me, ma credo anche per tutti gli altri astrofili, il
vero show cominciò il 7 febbraio in concomitanza con la Luna Nuova. Quel mattino mi alzai alle 3 e, assieme a
due amici, salii a Passo Coe sopra Folgaria, una località al confine tra le provincie di Trento e Vicenza, in
tempo utile per piazzare il telescopio prima che finisse la notte astronomica. In una radura tra i pini vidi, per la
prima volta, le due code di Hale Bopp divenute poi l’icona indelebile che tutti conoscono. La coda di gas era
bellissima, di poco inferiore ai 10°, la coda di polvere, seppur ancora piccola, dava già segni di un florido
sviluppo. Quella notte del 7 febbraio 1997 cominciò un vero e proprio “tour de force” che terminò al Passo
Giau la sera del 3 maggio. In quei due mesi e mezzo ho osservato la cometa 47 notti da 39 località diverse. Ho
privilegiato ovviamente i luoghi più scuri. Oltre ai già citati passi Valles, Coe e Giau, sono salito su Bondone,
San Pellegrino, Duran, Forcella Staulanza, Pordoi, Sella, Campolongo, Monte Avena, Fai della Paganella e
Cima Panarotta. Quando non andavo in quota, mi recavo con frequenza nella deserta e buia Valle del Mis,
all’interno del Parco delle Dolomiti, a pochi minuti d’auto da casa mia. Nei periodi privi del disturbo lunare
sono uscito ad osservare praticamente ogni notte, perché ogni notte la cometa cambiava e non era mai uguale
alla notte precedente. Dal 10 marzo la cometa s’è resa disponibile alla sera, poi, divenendo circumpolare,
addirittura per tutta la notte. Un crescendo incredibile, con una coda di ioni ramificata di aspetto sempre
diverso e una coda di polvere in continua crescita e, anch’essa, con striature in continuo cambiamento. Nella
sua meravigliosa cavalcata, Hale Bopp si immerse a febbraio nelle sterminate distese di stelle e nebulose del
Cigno, a marzo passò vicino alla Grande Galassia di Andromeda, in aprile brillò fulgida in Perseo finendo nel
Toro negli ultimi giorni utili per osservarla. La lunghezza intrinseca della coda arrivò fino a 150 milioni di km,
l’ampiezza visuale fino a 20°. Il suo nucleo, nei giorni in prossimità del passaggio al perielio, ha emesso fino a
1000 tonnellate di polvere al minuto. La cometa fu un fenomeno popolare anche per il clamore di giornali e TV
che, a un certo punto, divenne incessante, quasi ossessivo. I fotografi esaurirono in breve tempo le scorte di
pellicole a alta sensibilità creando per noi astrofili gravi problemi di reperibilità. La fotografavano tutti perché
tutti, ogni sera, potevano vederla comodamente senza difficoltà là, nel cielo di nord-ovest, talmente luminosa
da esser visibile anche col disturbo della Luna. Noi astrofili fummo martellati dalle richieste più assurde.
Richiesta di interviste continue prima mai immaginate, conferenze con sale stracolme tanto da doverle trasferite
in piazza con presenze superiori al migliaio. Tutto ciò in un periodo in cui il cielo si mantenne sempre
incredibilmente limpido e sereno: la piovosità registrata in quei primi quattro mesi del 1997 fu praticamente
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per l’addio alla Grande Cometa fu organizzata la sera del 30 aprile sul Campon d’Avena, sopra Feltre e Croce
d’Aune. Hale Bopp era ormai bassissima e, quella sera, tramontò poco dopo l’inizio della notte astronomica.
Una bella serata, ancora una volta con la presenza di tantissima gente. Fine? No, io non ero ancora sazio! Il
primo maggio andai a Forcella Staulanza dove, nel tempo record di 24 minuti, montai il telescopio giusto in
tempo per riprendere “La Magnifica” mentre varcava un superbo crinale di larici. Due sere dopo, sabato 3
maggio, salii al passo Giau dove, nel buio precario del crepuscolo la cometa mi regalò l’ultima posa. La coda
gassosa era ormai pressoché invisibile, quella di polvere, immensa, quasi un lenzuolo sopra il Col di Lana. Nel
silenzio assoluto di quella sera, smontai senza fretta il telescopio e, tutto solo, osservai con un “groppo” in gola,
l’ultimo tramonto di Hale Bopp.
LA LUNA: TRA CREDENZE POPOLARI ED INFLUSSI REALI
di Tomaso Avoscan
La Luna, bella e misteriosa, affascina l'uomo fin dall'inizio dei tempi. Nella regolarità del suo crescere e del suo
calare l'uomo ha cercato di trovare influssi, significati e divinità. Considerata immagine femminile - non a caso
in molte civiltà le attività sessuali e il ciclo mestruale erano considerati degli influssi diretti della Luna sulla
donna. Molte credenze popolari, descrivono tuttora gli influssi della Luna sull'agricoltura, sulla crescita dei
funghi, sulle gravidanze, sulle precipitazioni, sul taglio della legna, sulla crescita dei capelli,
sull'imbottigliamento del vino e sul comportamento umano.
Sono superstizioni o vi sono fondamenti scientifici?
L'unico influsso fisico diretto e accertato è quello delle maree (vedi approfondimento in altro articolo). Le
forze gravitazionali della Luna e del Sole esercitano la loro azione su mari ed oceani determinando un
movimento ciclico delle acque. È forse proprio su questo fatto naturale che si basano molte credenze popolari.
Se la Luna riesce a smuovere decine di milioni di tonnellate di acqua, perché non potrebbe avere un'influenza
sulla nostra vita quotidiana? Una delle credenze più radicate è la relazione tra fasi lunari e data del parto.
Questa credenza, è così diffusa nel mondo che ha indotto gli scienziati a confrontare le date di nascita di
milioni di persone con le fasi lunari. I risultati mostrano chiaramente che si tratta solo di una leggenda o
superstizione.
Le credenze popolari, nascono spesso da un substrato reale e difficilmente riescono sopravvivere a lungo se
non hanno un motivo di essere. Nel caso della relazione tra gravidanza e cicli lunari è evidente che la Luna è il
solo corpo celeste che vediamo mutare ciclicamente. Inoltre la Luna nasce, cresce e muore, caratteristiche
molto più vicine ad un organismo vivente che ad un corpo celeste. Non dimentichiamo infine che per una
coincidenza casuale la durata del ciclo mestruale medio di una donna corrisponde esattamente ad un ciclo
lunare. Questi elementi sono stati sufficienti per alimentare il nesso tra fertilità e cicli lunari, non solo
alimentando le credenze popolari ma addirittura espandendole a tutto ciò che spunta, cresce, nasce o si sviluppa
(capelli, piante, unghie, fiori, funghi,..).
La regola generale è la seguente: tutto ciò che cresce e si sviluppa deve essere fatto a Luna crescente, invece
tutto ciò che muore o deve essere rallentato si realizza meglio a Luna decrescente. Già l'imperatore Tiberio
temeva le calvizie e si faceva accorciare i capelli subito dopo la nuova Luna. Per gli stessi motivi gli Indiani
d'America seminavano il mais solo durante la Luna crescente e i medici del Medioevo consigliavano di
eseguire dei salassi a Luna crescente, il sangue poteva così rinnovarsi con maggior vigore.
Semplici indagini scientifiche hanno dimostrato l'inconsistenza di queste e di altre credenze, infatti la forza
gravitazionale della Luna riesce a manifestarsi sugli oceani unicamente perché interviene su punti molto lontani
fra loro. Nel lago di Alleghe l'effetto della Luna è trascurabile, in un bicchiere d'acqua inesistente. Nessun
effetto si manifesta quindi nemmeno sul liquido amniotico, sui follicoli piliferi e sulla crescita delle unghie.
Leopardi si domandava "Che fai tu, Luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa Luna?" Ci guarda indifferente dal
cielo, anzi ad essere onesti, non ci degna nemmeno di uno sguardo.
Anche l'influsso dei cicli lunari sulle pratiche agricole e orticole è una tra le credenze più diffuse. Possiamo
trovare manuali per orticoltori che indicano quando seminare, potare, trapiantare, ma anche imbottigliare il
vino, tagliare la legna, prestando le dovute attenzione ai cicli lunari. Una buona parte di queste convinzioni
sono state analizzate, dimostrando che l'effetto della Luna sulla crescita delle piante è inesistente. Non
sorprende quindi che alcuni detti popolari provenienti da regioni diverse diano indicazioni addirittura opposte
per la stessa pratica agricola. Per le piante l'attrazione gravitazionale della Luna è un fattore trascurabile, ma
neppure la luce lunare interviene come importante fattore per la crescita della pianta. Sono necessari infatti ben
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denze contadine insegnano inoltre che la prima Luna piena dopo Pasqua è responsabile dell’appassimento di
germogli. Ma il responsabile di questo effetto è il gelo e non la Luna, ma visto che nelle notti fredde e limpide
la Luna è ben visibile, le ire dei contadini convergono su di lei.
È stato appurato che la forza gravitazionale della Luna è capace di imprimere delle deformazioni alla crosta
terrestre. Anche se questo influsso è minimo e controbilanciato dall' elasticità della Terra, gli scienziati hanno
studiato l'influsso della Luna nella genesi di eventi sismici. I ricercatori concordano sul fatto che l'influsso della
Luna è sicuramente minimo e in ogni caso secondario ad altri fattori. Sono stati finora analizzate quasi 48.000
scosse telluriche scoprendo delle concentrazioni di terremoti leggermente maggiori quando la Luna si trova al
perigeo cioè più vicina alla Terra, tuttavia questi dati non sono stati confermati da altri studiosi.
Un altro effetto attribuito alla Luna, e ben presente nelle tradizioni contadine, è l'influsso sulle condizioni
meteorologiche. Un effetto gravitazionale della Luna sulla pressione atmosferica terrestre è effettivamente
misurabile, la Luna genera piccole maree atmosferiche con delle oscillazioni massime di 0,007 millimetri di
mercurio all'equatore. Variazioni di questa entità non hanno evidentemente nessuna influenza sulla
meteorologia.
Aver la Luna storta
Alcuni ricercatori hanno utilizzato gli archivi degli ospedali, dei consultori, dei commissariati di polizia
ricercando eventuali legami tra eventi precisi e fasi lunari, senza mai ritrovare nessuna chiara correlazione.
Questi studi retrospettivi hanno dimostrato per esempio che gli incidenti stradali, i suicidi, le nascite, gli
omicidi, le overdose, le aggressioni, i ricoveri ospedalieri, le consultazioni psichiatriche, l'assenteismo al lavoro
- solo per citarne alcuni - non sono influenzati dal nostro satellite. Puntualmente qualche ricerca basata su un
campionario particolare, ha invece pubblicato l'esistenza di una correlazione tra i cicli lunari e alcuni eventi
precisi, ma questi nessi non solo mai stati confermati da altri scienziati. È il caso di uno studio che ha
dimostrato una relazione tra i parti e i cicli lunari. In questa ricerca si era dimostrato l'esistenza di due momenti
precisi in cui le nascite avvenivano con una lunazione particolare. In verità questi parti sopraggiungevano
esattamente 9 mesi dopo le vacanze invernali ed estive. Insomma, la Luna splendeva senza colpa in cielo,
mentre gli amanti utilizzavano al meglio le loro vacanze. In alcuni casi può esistere una corrispondenza casuale
di eventi terrestri con i cicli lunari ma esiste sempre una spiegazione ragionevole. Possiamo per esempio
immaginare che nelle notti di Luna piena ci siamo meno incidenti stradali, la notte è infatti più chiara e la luce
lunare offre una maggior visibilità agli automobilisti. Oppure possiamo anche immaginare che i ladri
ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE
Sabato 13 dicembre 2008, nella Sala consiliare del municipio di Canale d’Agordo, abbiamo parlato di comete
con una conferenza con proiezioni dedicata agli astri più spettacolari del cielo intitolata “Sulla scia delle
comete”. Discreta anche se non esaltante la partecipazione, avversata anche dalle nevicate abbondanti di quel
periodo.
Venerdì 13 febbraio abbiamo proposto in Sala Luciani ad Agordo, una suggestiva proiezione nel corso di
Econcerto 4, musica e scienze nella giornata del risparmio energetico, iniziativa legata a “M’ illumino di
meno”. Naturalmente il nostro contributo ha riguardato l’aspetto del cielo stellato rovinato dall’inquinamento
luminoso. La proiezione, fatta di immagini impattanti, ha sicuramente colpito i numerosi presenti che alla fine
ci hanno tributato un caloroso applauso.
Venerdì 27 febbraio ad Alleghe, abbiamo organizzato una serata osservativa incentrata sulla luminosa cometa
Lulin (La cometa Lulin ed altre meraviglie celesti). Finalmente il meteo ci è stato favorevole e la limpidezza
del cielo ha permesso di far ammirare al pubblico intervenuto anche molti altri famosi oggetti celesti. Riuscita
la manifestazione che ha visto la presenza di un centinaio di persone.
Venerdì 20 marzo al Planetario di S. Tomaso, dopo che in giornata avevano partecipato ad Alleghe al
campionato italiano di sci loro dedicato, ci hanno fatto visita un gruppo di ingegneri che hanno assistito a una
lezione sotto la cupola e in seguito hanno potuto osservare alcuni oggetti del cielo al telescopio.
Martedì 24 marzo presso la Sala Don Ferdinando Tamis di Agordo, abbiamo tenuto una conferenza per l’
università degli Anziani-Adulti di Agordo. Tanti gli intervenuti e grande la nostra soddisfazione per
l’entusiasmo e l’interesse suscitato.
Mercoledì 6 maggio siamo scesi a Belluno, invitati da un istituto scolastico, per proporre una serata
osservativa dedicata a due oggetti luminosi e facili quali Luna e Saturno. Chiaramente il cielo di Belluno, dato
l’inquinamento luminoso presente, non permette di osservare molti altri oggetti. Buona, anche se non eclatante,
la partecipazione, probabilmente anche per la concomitanza con un concerto nel capoluogo della nota e datata
band della Premiata Forneria Marconi. Si è interessata all’evento anche Telebelluno che ha girato alcune
riprese e ha intervistato due responsabili di Cieli Dolomitici.
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14
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L’esperto di effemeridi legge:
I QUOTIDIANI DEGLI ASTRONOMI ITALIANI
LO SPAZIO… DEL SORRISO
1) Vero. Il vento solare e la pressione di radiazione provocate dal Sole “trascinano” in direzione opposta a
dove provengono il materiale espulso dalla cometa.
2) Falso. Nel corso della sua orbita intorno alla Terra, la Luna mostra al nostro pianeta sempre la stessa faccia
ma espone al Sole entrambi gli emisferi. Ad esempio nella fase di Luna nuova, è illuminato l’emisfero che noi
non vediamo mai, mentre quello rivolto a noi è al buio.
3) Vero. La Terra descrive intorno al Sole un elisse che la porta ad “avvicinarsi” alla nostra stella fino a poco
meno di148 milioni di chilometri e ad allontanarsene fino a poco più di 152 milioni di chilometri.
4) Falso. Non ci potrà mai essere una congiunzione della Luna piena con Venere. Venere, pianeta più vicino al
Sole della nostra Terra, per la nostra prospettiva non si allontanerà mai più di 47° dall’astro diurno e gli
avvicinamenti con la Luna riguarderanno quindi i giorni immediatamente dopo la Luna nuova quando il nostro
satellite ha la forma di una falce.
5) Falso. La Lira raraffigura uno strumento musicale antico.
6) Falso. Quando due lune piene cadono nello stesso mese, il secondo plenilunio viene anche chiamato Luna
blu. L’origine del termine è controversa e comunque non ha niente a che fare con un diverso colore della Luna.
6) La Luna blu è un raro fenomeno astronomico vero
falso
5) La costellazione della Lira rappresenta un antica moneta vero
falso
4) La Luna piena in congiunzione con Venere è uno spettacolo molto suggestivo
vero
falso
3) La Terra, nel corso del suo orbitare intorno al Sole, varia la sua distanza dalla nostra stella vero
2) Una faccia della Luna rimane perennemente al buio vero
falso
falso
1) Le code delle comete sono orientate sempre in direzione opposta al Sole vero
falso
ASTROTEST
GOBBA A LEVANTE VENERE...CRESCENTE
di Claudio Pra
Una stella luminosissima, la più brillante in cielo, visibile persino in un chiarore ancora molto intenso appena
dopo il tramonto del Sole o poco prima del suo sorgere. Figurarsi quando fa buio! Allora quella stella diventa
un autentico faro che non può passare inosservato anche alla vista dei più distratti. Sapendola rintracciare,
possiamo addirittura osservarla anche a mezzogiorno senza usare strumenti. Abbiamo parlato impropriamente
di stella ma in realtà il protagonista del nostro articolo è un pianeta, Venere, anticamente la dea della bellezza e
non a caso così appariscente. Dopo il Sole e la Luna è Venere l’oggetto di gran lunga più brillante del cielo e
ciò è dovuto alla sua non eccessiva distanza dalla Terra ma soprattutto dalla grande riflettività ai raggi solari
della sua densa atmosfera che nasconde in maniera perenne il suolo del pianeta. Venere è un mondo infernale
dove l’atmosfera è composta quasi totalmente da anidride carbonica e le temperature arrivano a sfiorare anche i
cinquecento gradi centigradi a causa di un effetto serra spaventoso. Secondo pianeta per distanza dal Sole,
orbita a una distanza media di circa 108 milioni di chilometri dalla nostra stella contro i 150 milioni della Terra
e per dimensioni assomiglia molto proprio alla Terra, essendo appena un po’ più piccolo (diametro equatoriale
di 12.103,6 km. contro 12.756,28). Non ci somiglia invece per la durata del giorno: devono passare ben 243
giorni terrestri perché Venere compia una rotazione completa intorno al proprio asse contro le sole 24 ore circa
della Terra e tra l’altro la rotazione avviene in maniera retrograda, cioè in senso orario, al contrario di quel
che succede su quasi tutti gli altri pianeti, compreso il nostro. 225 giorni terrestri è invece il periodo impiegato
da Venere per fare un giro intorno al Sole e di conseguenza la durata dell’anno venusiano. Ergo, su Venere
dura di più un giorno di un anno, paradosso di un mondo lontano e diverso dal nostro. Ma, a parte queste
curiosità, è Venere come oggetto di osservazione che voglio trattare, limitatamente alle sue fasi. Cercare di
osservare altro è esercizio particolarmente difficile che richiede allenamento ed esperienza. Invece
l’osservazione delle fasi è ampiamente alla portata anche di astrofili non particolarmente esperti (quando la fase
è piuttosto ridotta, diciamo dal 50% in giù). Basta essere in possesso di un piccolo telescopio. Quando Venere
si presenta come una falcetta sottile invece, basta un piccolo binocolo.
Venere, in quanto pianeta più interno della Terra rispetto al Sole, presenta per noi terrestri il fenomeno delle
fasi come Mercurio. E la Luna naturalmente, che non è pianeta interno ma che, girando attorno alla Terra,
mostra a sua volta le fasi, fenomeno puramente prospettico. Non emettendo luce propria ma riflettendo quella
del Sole infatti, dal nostro osservatorio-Terra possiamo vedere questi tre corpi esporre al Sole porzioni più o
meno grandi dell’emisfero a noi rivolto , a seconda della nostra e della loro posizione.
La distanza tra la Terra e Venere muta ovviamente di continuo visto che i due pianeti si muovono lungo le
rispettive orbite a distanze e velocità diverse. Così possiamo “avvicinare” Venere fino a una distanza minima
di una quarantina di milioni di chilometri, o ritrovarcelo alla massima distanza di quasi 260 milioni di
chilometri. Il momento del maggior avvicinamento si ha quando Venere passa tra noi e il Sole ed è chiamato
congiunzione inferiore. Per contro la massima distanza viene raggiunta quando Venere si trova dalla parte
opposta del Sole rispetto a noi e la configurazione viene chiamata congiunzione superiore. In mezzo ci stanno
naturalmente distanze comprese fra questi due estremi e comunque altri due momenti importanti si hanno
quando il pianeta raggiunge la massima distanza angolare dal Sole per la nostra prospettiva (47° nelle
circostanze più favorevoli). In quel caso si parla di massima elongazione est quando Venere è lungamente
osservabile dopo il tramonto e massima elongazione ovest quando il pianeta è visibile per parecchio tempo
prima del sorgere della nostra stella (vedi figura 1). Se le elongazioni sono i momenti in cui Venere rimane
visibile per più tempo in cielo, le congiunzioni
son invece i momenti in cui il pianeta non si
dovrebbe vedere da Terra perché vicinissimo per
prospettiva al Sole che ce lo nasconde.
Addirittura potrebbe esserci un transito sul disco
solare durante la congiunzione inferiore, evento
molto raro che si è verificato l’ultima volta nel
giugno 2004 e si ripeterà nel 2012 prima di una
lunghissima pausa di oltre cento anni. In caso di
transito comunque, è molto facile osservare il
nerissimo dischetto di Venere che passa sul
Sole. Basta un filtro adeguato a proteggere la
Figura 1
vista e si può persino vederlo a occhio nudo.
Cs= congiunzione superiore—Ci=congiunzione inferiore
Certo con un binocolo o un telescopio (sempre
Ee=massima elongazione est—Eo=massima elogazione
protetti da filtri solari) l’osservazione è migliore.
Quasi sempre però Venere sfiora il Sole, ma anche in quel caso, se la distanza angolare non è troppo ridotta, la
grande luminosità del pianeta farà si che esso emerga dall’abbagliante luce solare e del fondo cielo. In questo
caso ci vuole un telescopio per poterlo osservare e una tecnica di ricerca appropriata visto che i punti di
riferimento mancano. Riprenderemo comunque questo argomento più avanti.
Con la distanza che ci separa da Venere variano naturalmente le dimensioni angolari del pianeta che lontano da
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noi apparirà piccolo mentre vicino arriverà a mostrarsi molto più grande, addirittura cinque volte più grande.
Nessun altro pianeta visto da Terra può vantare le dimensioni di Venere nel momento della congiunzione
inferiore, dimensioni che si attestano sul primo d’arco cioè un sessantesimo di grado. Giove non raggiunge
nemmeno i 50 secondi d’arco e Marte nelle sue famose grandi opposizioni arriva circa alla metà delle
dimensioni di Giove.
Quando Venere è in avvicinamento o in allontanamento rispetto alla Terra è interessante osservarlo intorno alla
discotomia, quando si mostra cioè illuminato esattamente per metà dell’ emisfero rivolto alla Terra. Si può
parlare in questo caso, come per la Luna, di primo o di ultimo quarto , a seconda della posizione. Specialmente
in questi due istanti è piuttosto facile, se si ha un po’ di esperienza, notare il difetto di fase o effetto
Schrother, che consiste in una discrepanza tra la fase osservata e quella calcolata. Mettendo occhio al
telescopio e confrontando quel che si vede con i calcoli pubblicati su un almanacco o comunque una fonte che
riporti le fasi di Venere si noterà che il momento in cui il pianeta dovrebbe mostrarsi illuminato esattamente
per metà del suo emisfero visibile non coincide praticamente mai ma è sempre anticipato quando Venere è in
fase calante e in ritardo quando è in fase crescente. Il fenomeno non ha ancora spiegazioni certe ma potrebbe
essere collegato alla sua atmosfera. Mi è capitato più volte di notare questo curioso fenomeno. L’effetto
comunque è riscontrabile anche in altri momenti, anche se le cose sono meno facilitate dalla diversa fase.
Nelle fasi superiori al quarto Venere si fa meno interessante. Si mostra infatti piccolino e la è fase meno
immediata da percepire, anche se per un osservatore esperto non ci sono grossi problemi a notarla fin quando
non arriva ad avvicinare il 100%.
Il momento clou, il più spettacolare per l’osservazione delle fasi, è senza dubbio quello della congiunzione
inferiore che capita ogni 548 giorni. Abbiamo detto che in quel momento il pianeta non si dovrebbe vedere
perché sta transitando tra noi e il Sole rivolgendo a noi la parte non illuminata (al pari della Luna quando è
nuova). Inoltre è prospetticamente vicinissimo al Sole. Quando però lo separa dalla nostra stella qualche grado,
grazie alla sua atmosfera che fa capolino ai bordi, rimane visibile un esilissima falce incredibilmente brillante
che a volte può assumere la forma di un semicerchio se non proprio di un cerchio completo (vedi figura 2).
Come si fa però a rintracciare Venere durante il giorno vicinissimo al
Sole? Non si può certo vedere a occhio nudo e nemmeno si può cercarlo
a caso con il telescopio perché se per sbaglio puntiamo il Sole
rischieremmo la cecità. Se siamo in possesso di una montatura
debitamente “tarata” che ci permette il puntamento automatico, ci
basterà trovare il pianeta sull’elenco del display della tastiera e
schiacciare go, ritrovandoci Venere nell’oculare. Sarà sicuramente meno
avventuroso e darà meno soddisfazione che puntarselo a mano con la
tecnica che spiegherò di seguito, ma certamente arriveremo
all’obbiettivo senza fatica e complicazioni. Non disponendo del
puntamento automatico invece, ce la faremo lo stesso anche se
l’operazione è inevitabilmente abbastanza facile per un esperto ma
Figura 2
piuttosto complicata per un neofita. Agiremo comunque così: bisognerà
L’allungamento delle cuspidi di munirsi di un filtro solare da applicare al telescopio e puntare il Sole.
Venere è solitamente rilevabile Aiutandoci con i cerchi graduati della montatura, imposteremo poi le
quando il pianeta si trova in differenze di declinazione e ascensione retta dei due corpi ricavabili su
congiunzione inferiore a meno di 8° riviste, almanacchi o da un software astronomico. Una volta compiuta
di distanza dal Sole.
l’operazione toglieremo il filtro solare al telescopio e guarderemo nell’
oculare (a lunga focale, mi raccomando, per coprire un area maggiore di
cielo). Il focheggiamento probabilmente non sarà perfetto se abbiamo focheggiato precedentemente sul Sole
con il filtro davanti, perché richiede un fuoco diverso, e questo è un problema. Probabilmente sarebbe
preferibile focheggiare su un soggetto lontano (casa, albero o cima) prima di centrare il Sole e osservare
quest’ultimo sfocato, tanto non ci interessa averlo a fuoco. Avremmo però a fuoco Venere successivamente
senza dover penare per una messa a fuoco diurna complicata. Se Venere non è nel campo dovremo spostarci
con piccoli movimenti fino a trovarlo o tornare al Sole ripetendo il puntamento tramite i cerchi graduati.
Quando compare, Venere è davvero impressionante: un filino sottile di luce intensa spicca nonostante la luce
del giorno e la vicinanza al Sole. Solitamente in quelle condizioni prospettiche, quando la distanza dal Sole è
inferiore agli otto gradi, le cuspidi sono allungate e più che di una falce si può parlare di semicerchio o
addirittura, a volte, di cerchio intero. Per una visione più appagante, se la turbolenza atmosferica non è
eccessiva, cambiamo oculare e osserviamolo preferibilmente almeno a medio ingrandimento (80-100x) e
magari aiutiamoci con un filtro, se lo possediamo, giallo, arancio o quello per l’osservazione della Luna di
colore verdognolo, che attenuerà la luminosità del fondo cielo e “staccherà” meglio il pianeta. Questi filtri sono
utili sempre, quando si osserva Venere, anche se non indispensabili.
Ecco comunque uno dei miei report osservando Venere in congiunzione inferiore con un telescopio rifrattore
da da 12 cm.:
-1/11/2002 Venere, passato alla congiunzione inferiore da 16 ore, si presenta finissimo, con le cuspidi appena
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la cosa. A momenti paiono addirittura più allungate ancora.Una volta che l’esperienza di tante osservazioni ha allenato l’occhio per bene potremo tentare di stimare la
fase, ogni volta che osserviamo il pianeta, senza bisogno di leggerla su un almanacco. La leggeremo in seguito
per verificare la bontà o meno della stima. Esistono dei profili che riproducono le varie fasi e che si usano per
le stime. Personalmente devo dire di essere abbastanza soddisfatto della precisione raggiunta. Per fare un bel
lavoro bisognerà ingrandire il pianeta di almeno 80-100 volte, di più quando le sue dimensioni sono ridotte o il
seeing lo permette..
Ultime cose, ma non meno importanti delle precedenti: preferibilmente Venere va osservato, come tutti gli
oggetti, quando è alto in cielo. Il seeing sarà quasi sicuramente migliore e l’osservazione ne guadagnerà. Il
problema è che possiamo trovarlo alto solo durante il giorno, immerso nel cielo chiarissimo e trovarlo non è da
tutti. Abbiamo però già detto che il brillante pianeta è visibile in pieno giorno addirittura a occhio nudo. Certo
non spicca. Bisognerà anche in questo caso fare pratica e conoscere bene il posto da dove si osserva in modo da
avere dei riferimenti astronomici anche di giorno (ad esempio sapere i punti cardinali e dove corre il meridiano,
la linea immaginaria che va da nord a sud passandoci sopra la testa che segna il punto di culminazione degli
oggetti in cielo per la nostra postazione). Così la ricerca sarà facilitata. Quando è lontano dal Sole cerchiamolo
con un piccolo binocolo scandagliando la zona dove sappiamo che dovrebbe trovarsi. Una volta individuato
prendiamoci dei punti di riferimento se ce ne sono (montagne, fili della luce) e passiamo al cercatore del
telescopio e poi all’oculare. Se non è troppo distante dal Sole possiamo usare la tecnica dei cerchi graduati
spiegata prima, probabilmente non troppo precisa se la distanza è rilevante e la montatura non professionale.
Osserviamo comunque Venere, se non di giorno, almeno in cielo ancora non troppo buio. Identificarlo sarà
facile già appena dopo il tramonto. Nel buio la sua grande luminosità impasterebbe l’immagine.
Concludo con un ultimissima cosa: cosa centra il titolo di questo articolo? Beh! Fateci caso. Venere è calante
ad est (levante) del Sole mentre cresce ad ovest (ponente). Esattamente il contrario della Luna. Altro fenomeno
prettamente prospettico perché entrambe rivolgono, come è naturale, la gobba al Sole, ma orbitando l’uno
intorno al Sole e l’altra intorno alla Terra mostrano per noi movimenti e momenti del loro ciclo non coincidenti
(vedi figure 3 e 4).
Figura 3
La figura a sinistra chiarisce perché il detto “gobba a levante Luna
calante, gobba a ponente Luna crescente” non vale per Venere. La
Luna gira attorno alla Terra mentre Venere attorno al Sole, entrambi
in senso antiorario. Però, ad esempio, nel momento in cui passano
tra noi e il Sole (posizioni della figura a lato) vanno in direzioni
contrarie. La Luna si allontana verso est rispetto al Sole mentre
Venere verso ovest. Entrambi i corpi cominciano a crescere di fase
mostrando però ovviamente delle gobbe contrarie.
Figura 4
Se osserviamo Venere (la falce più piccola) e la Luna
illuminate come nelle figure a destra, entrambe si
troveranno a est del Sole ma mentre Venere è in
avvicinamento prospettico all’astro diurno e in fase
calante, la Luna si sta allontanando da esso (sempre
prospetticamente) ed è in crescita.
CIELI DOLOMITICI A RADIO PIU’
Il 14 maggio, sulla nota emittente agordina Radio Più, ha preso il via una serie di trasmissioni dedicate al cielo
stellato curata da Claudio Pra. Titolo: Per tetto un cielo di stelle, l’astrofilo, il suo mondo, l’universo da
esplorare. La trasmissione è trasmessa tutti i venerdì alle 15.05 con replica alle 21.00 ed è costruita in modo
tale da essere alla portata anche dei non addetti ai lavori. L’intento è quello di far conoscere al pubblico la
nostra splendida passione e cosa ci attira irresistibilmente a guardare lassù. E’ anche l’occasione per far
conoscere meglio l’Associazione e il Planetario di S. Tomaso.
La radio è un mezzo molto diffuso e a differenza di altri (giornali, riviste, internet) meno impegnativo e più
immediato. Un occasione da sfruttare quindi.
La trasmissione si può ascoltare anche via internet collegandosi al sito www.radiopiu.it
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GLI ASTROFILI DI “CIELI DOLOMITICI”
In questo numero conosciamo meglio Alvise Tomaselli, uno degli astrofili più esperti della nostra
Associazione, che ricopre da poco più di un anno la carica di Vicepresidente. Alvise, oltre che Socio Fondatore
di “Cieli Dolomitici” è attivo osservatore del cielo e divulgatore al Planetario di S. Tomaso. Nelle varie serate
pubbliche o dedicate agli Associati non fa mai mancare la sua presenza e il suo importante contributo.
Dove nasce la tua passione per l’astronomia e per il cielo stellato?
Penso che come per tutte le passioni il "germe" alberghi nell'inconscio di ognuno di noi. Poi per una serie
di fattori, anche casuali, viene a galla e diventa parte integrante delle nostre attività quotidiane. La testa rivolta
verso il cielo mi ricordo di averla sempre avuta. La lettura di libri tematici (una volta rarissimi) ha fatto il resto.
Quali oggetti preferisci osservare una volta sotto le stelle?
Mi appagano un po' tutti gli oggetti anche se ho delle preferenze per i sistemi stellari multipli (stelle doppie,
triple etc.). Questi sono sempre una sorpresa per caratteristiche e contrasto cromatico.
In tanti anni di frequentazione della volta celeste cosa ti è rimasto più impresso?
Molti anni fa un turista di Ferrara mi invitò a casa sua e dopo aver armeggiato con un tubone (telescopio
rifrattore) mi disse:"Guarda qui". Accostai l'occhio all'oculare e vidi per la prima volta Saturno. Fu un momento
indimenticabile, rimasi fulminato. Non immaginavo neppure lontanamente che si potesse vedere il "Signore
degli Anelli" con uno strumento amatoriale.
Facendo un tuffo nel passato se potessi incontrare con un astronomo o un personaggio legato al cielo chi
sceglieresti?
Sarebbe un bel giochetto poter tornare indietro nel tempo con le conoscenze che abbiamo ora ed incontrare
quel "toscanaccio" di Galilei. Poterlo vedere in azione dalla Specola di Padova mentre fa le sue osservazioni e
poter udire le "esclamazioni" nel rendersi conto che sta compiendo scoperte che stravolgeranno i concetti
astronomici che resistevano da quasi due millenni.
Sei divulgatore al Planetario di S. Tomaso: qual è il livello medio delle conoscenze astronomiche del
pubblico che partecipa alle serate?
Purtroppo è piuttosto scarso. Tutti comunque hanno conoscenze assai approfondite circa gli oroscopi e i tempi
di imbottigliamento del vino in relazione alle fasi lunari! C'è ancora molto da fare, ma debbo dire che già nelle
scuole si sta facendo un buon lavoro. Di fatto, in genere i più preparati sono i giovani studenti.
Per concludere, perché vale la pena alzare gli occhi al cielo?
In genere rispondo : "Perché è una delle poche attività non ancora tassate dai nostri governanti!". In verità
l'osservazione del cielo, fra le altre cose, è un momento di riflessione e di dialogo interiore con l'Universo ma
soprattutto ci fa capire l'insignificante “pochezza” del pianeta Terra e dei suoi abitanti...
PLANETARIO DI S. TOMASO
Ho visto cose che voi umani
nemmeno immaginate...
Le serate si tengono ogni venerdì con inizio alle 20.30. Per
partecipare occorre prenotarsi telefonando al Comune di S.
Tomaso in mattinata allo 0437/598004 oppure passare
direttamente in Comune. Il costo delle lezioni è fissato per
tutti in 5 euro. Al raggiungimento del tetto massimo di
prenotazioni per una serata, si sarà dirottati alla successiva
o alla prima dove ci sia posto (se d' accordo).
Per le scolaresche sono due le giornate di apertura
settimanale, il mercoledì e il giovedì con lezioni alle 9.00 e
alle 10.30. La prenotazione va effettuata sempre ai numeri
del municipio e il pagamento (anticipato) è possibile
tramite bollettino di c/c Il costo va dai 2,50 euro a
persona per le scuole dell' obbligo ai 3,50 euro per le
superiori. Il numero massimo di studenti per lezione non
può superare i 25 per le scuole dell' obbligo e i 20 per le
superiori (nel numero rientrano gli accompagnatori).
Per gli Associati a “Cieli Dolomitici” l’ingresso è
gratuito.
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