Uso del congiuntivo - Accademia della Crusca

Uso del congiuntivo
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Quesito:
Proponiamo questa breve trattazione per rispondere alle numerose richieste sull'uso del
congiuntivo, tra le quali quelle di Arnoldas Stackevicius, Giorgio Mercogliano, Gloria Bazzano.
Uso del congiuntivo
Nonostante le frequenti dichiarazioni sulla presunta morte del congiuntivo nelle frasi
dipendenti nell'italiano contemporaneo, esso è ancora vitale; in alcuni casi, però, per i parlanti
è poco economico (nel senso linguistico del termine, ovvero difficile da gestire) e quindi viene
sostituito con l'indicativo. Tale regresso si nota, sembrerebbe, soprattutto alla seconda
persona singolare del presente: non sono infrequenti frasi come "credo che hai capito", "non
voglio che fai storie" (sarebbe meglio dire, e soprattutto scrivere: che abbia capito, che faccia
storie) (cfr. LEONE 2002: 130). Si può dunque sottoscrivere la raccomandanzione di Altieri
Biagi: "se, [...] dopo aver studiato il congiuntivo, e sapendolo usare, voi deciderete di «farne a
meno», di sostituirlo con altri modi, questa sarà una scelta vostra. Ciò che importa, in lingua,
non è scegliere il modo più elegante, più raffinato, ma poter scegliere, adeguando le scelte
alle situazioni comunicative" (ALTIERI BIAGI 1987: 770).
Nella tradizione grammaticale latina il termine SUBIUNCTIVUS ('congiuntivo') era usato per
indicare il modo verbale usato nelle subordinate in genere, per questo dalle prime
grammatiche italiane (Fortunio del 1516 o Giambullari del 1552 ad esempio) fino all'Ottocento
i termini subienctivo, soggiuntivo si impiegarono per ogni forma verbale usata in una frase
dipendente da una principale. Soltanto alla fine del XIX secolo, con le grammatiche di
Fornaciari, Zambaldi e Morandi-Cappuccini, si cominciò a privilegiare nella definizione del
congiuntivo il valore semantico più di quello sintattico ed anche le grammatiche attuali più
tradizionali definiscono il congiuntivo come uno dei modi finiti del verbo (con indicativo,
condizionale, imperativo) che serve a presentare l'azione espressa dal verbo come incerta,
ipotizzabile, desiderata, dubbia o soggettiva. Può essere impiegato in proposizioni
indipendenti o - prevalentemente - in subordinate.
Nelle proposizioni indipendenti, il congiuntivo può avere valore:
- esortativo (al posto dell'imperativo): vada via di qua!;
- concessivo (segnalando un'adesione, anche forzata, a qualcosa): venga pure a spiegarmi le
sue ragioni;
- dubitativo: che abbia deciso di non venire? (analogamente si può usare l'indicativo futuro:
sarà vero?; l'infinito: che fare?; il condizionale: cosa gli sarebbe successo?);
- ottativo (per esprimere un augurio, una speranza, ma anche un timore): fosse vero!;
- esclamativo: sapessi quanto mi costa ammetterlo!.
Nelle proposizioni subordinate, occorre distinguere i casi in cui si richiederebbe il congiuntivo
da quelli in cui la scelta rispetto all'indicativo implica sfumature di significato (cfr. ALTIERI
BIAGI 1987: 770-71).
Il congiuntivo si usa:
1) con alcune congiunzioni subordinanti, quali affinché, benché, sebbene, quantunque, a
meno che, nel caso che, qualora, prima che, senza che;
2) con aggettivi o pronomi indefiniti (qualunque, chiunque, qualsiasi, ovunque, dovunque);
3) con espressioni impersonali, come è necessario che, è probabile che, è bene che;
4) in formule ormai fissate nell'uso (vada come vada; costi quel che costi).
In altri casi, si dovrà distinguere tra verbi che reggono il congiuntivo, l'indicativo o entrambi
con significato diverso (cfr. SERIANNI 1989: XIV 49-52).
Reggono il congiuntivo i verbi che esprimono "una volizione (ordine, preghiera, permesso),
un'aspettativa (desiderio, timore, sospetto), un'opinione o una persuasione", tra cui:
accettare, amare, aspettare, assicurarsi, attendere, augurare, chiedere, credere, curarsi,
desiderare, disporre, domandare, dubitare (ma all'imperativo negativo può richiedere
l'indicativo: "non dubitare che faremo i nostri conti", C. Collodi, Le avventure di Pinocchio),
esigere, fingere, illudersi, immaginare, lasciare, negare, ordinare, permettere, preferire,
pregare, pretendere, raccomandare, rallegrarsi, ritenere, sospettare, sperare, supporre,
temere, volere. Alcuni esempi letterari: "né ella stessa poteva accettare che per cinque anni il
fratello l'avesse mantenuta" (De Roberto, I Viceré); "egli era padrone d'ordinare che non si
dessero affatto degli estratti dai suoi libri" (Svevo, La coscienza di Zeno); "avrebbe fatto
fingere che la ragazza avesse almeno una dote piccola" (Tozzi, Tre croci); "Non potete
supporre che io ignori l'oltraggio fatto da voi al mio amico" (Fogazzaro, Malombra).
Richiedono l'indicativo, solitamente, i verbi che esprimono giudizio o percezione, tra cui
accorgersi, affermare, confermare, constatare, dichiarare, dimostrare, dire, giurare, insegnare,
intuire, notare, percepire, promettere, ricordare, riflettere, rispondere, sapere, scoprire,
scrivere, sentire, sostenere, spiegare, udire, vedere. Ancora alcuni esempi: "possiamo
affermare che per imporsi all'adorazione è sempre lui che si rivela" (Zena, Confessione
postuma); "posso anche giurare che poche contesse hanno due spalle e due braccia più ben
fatte" (De Marchi, Demetrio Pianelli); "Niccolò seguitò, per un pezzo, a sostenere che aveva
torto" (Tozzi, Tre croci); "Non le faccia stupore di udire che una parola viene usata in varj
sensi" ("Il Conciliatore").
Infine, alcuni verbi possono avere l'indicativo o il congiuntivo, con sfumature diverse di
significato (su cui cfr. SERIANNI 1989: XIV 51).
ammettere, ind. 'riconoscere': ammisi davanti al professore che non avevo studiato bene;
cong. 'supporre, permettere': ammettendo che tu abbia ragione, cosa dovrei fare?;
badare, ind. 'osservare': cercò di non badare all'effetto che gli faceva quella strana voce;
cong. 'aver cura': mi consigliava di badare che non cadessi;
capire, comprendere, ind. 'rendersi conto': non vuole capire che io non sono un suo
dipendente; cong. 'trovare naturale': capisco che tu voglia andartene;
considerare, ind. 'tener conto': non considerava che nessuno voleva seguirlo; cong.
'supporre': arrivò a considerare che non ci fossero altre possibilità;
pensare, ind. 'essere convinto': penso anch'io che tu sei stanco; cong. 'supporre': penso che
tu sia stanco.
Alcune più recenti descrizioni grammaticali, anche in base a osservazioni su casi come quelli
appena descritti, propongono di abbandonare il riferimento al congiuntivo come modo
dell'irrealtà e di studiare più semplicemente la presenza di questo modo verbale in una
subordinata secondo due possibilità:
1) in una subordinata completiva se richiesto dal verbo reggente (come nei casi suddetti in cui
il verbo principale vuole necessariamente il congiuntivo);
2) in una subordinata non completiva in cui: (a) la spinta non venga dunque più dal verbo
reggente ma dalla congiunzione che introduce la subordinata; (b) il congiuntivo sia in libera
alternanza coll'indicativo (cfr. PRANDI 2002).
Per approfondimenti:
ALTIERI BIAGI 1987= MARIA LUISA A.B., La grammatica dal testo, Milano, Mursia;
LEONE 2002= ALFONSO L., Conversazioni sulla lingua italiana, presentazione di
Giovanni Nencioni, Firenze, Olschki;
PRANDI 2002= in Intorno al congiuntivo, a cura di Leo Schena, Michele Prandi, Marco
Mazzoleni, Bologna, CLUEB;
SERIANNI 1989= LUCA S., Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria,
Torino, UTET [si citano n. di capitolo e paragrafo].
A cura di Mara Marzullo
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
9 June 2003
Source URL: http://www.accademiadellacrusca.it/en/italian-language/language-consulting/questionsanswers/uso-congiuntivo