Primo itinerario: la città di Siena e la torre del “Mangia”

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PASSEGGIANDO NELLA STORIA TRA ARTE E CULTURA:
PISA, SIENA E SAN GIMIGNANO
Viaggio di Istruzione 20-21-APRILE-2015
CLASSI 2ª A-B-C
I.C. di Balsorano a.s.2014-2015
COMPRENDERE E APPREZZARE LE OPERE D’ARTE
1.Possedere una conoscenza delle linee fondamentali della produzione artistica dei principali periodi storici
dell’arte del passato, dell’arte moderna e contemporanea (anche appartenendo a contesti culturali diversi);
2.Conoscere e apprezzare le tipologie del patrimonio ambientale storico- artistico e museale del proprio e
altrui territorio;
3. Conoscere e riconoscere nel contesto reale i monumenti e le opere artistiche del periodo gotico come
patrimonio artistico-culturale italiano.
COSA ANDREMO A VEDERE E A VISITARE?
Primo itinerario: la città di Siena e la torre del “Mangia”
La città è universalmente conosciuta per il suo ingente patrimonio storico, artistico, paesaggistico e per la sua
sostanziale unità stilistica dell'arredo urbano medievale, nonché per il celebre Palio. Per tali meriti, nel 1995 il
suo centro storico è stato insignito dall'UNESCO del titolo di Patrimonio dell'Umanità.
Siena si trova nella Toscana centrale al centro di un vasto paesaggio collinare, tra le valli dei fiumi Arbia a
sud, Merse a sud-ovest ed Elsa a nord, tra le colline del Chianti a nord-est, la Montagnola ad ovest e le Crete
senesi a sud-est.
In cima alla collina che sovrasta il borgo di Torri a Sovicille, si trova l'insediamento preistorico neolitico di
Sienavecchia. Il nome di Siena vecchia pare risalga effettivamente all'antica compagine multicentrica delle
Saenae etrusca.
Secondo la leggenda, Romolo mandò il suo capitano Camellio a vincere Senio, supposto figlio di Remo e
fondatore di un abitato delle Saenae; Camellio, da parte sua, fondò il nucleo di Cammollia. Invece, il vicino
villaggio di Brenna (Sovicille), secondo la tradizione, deve il nome al noto Brenno capo dei Galli Senoni, che
raggiunsero la regione dopo essere stati cacciati da Roma all'inizio del IV secolo a.C.. I documenti storici ci
descrivono invece della Siena fondata come colonia romana, al tempo dell'Imperatore Augusto, nota come
Saena Iulia.
All'interno del centro storico senese sono stati ritrovati dei siti di epoca etrusca, che possono far pensare alla
fondazione della città da parte degli etruschi.
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Siena si ritrova nel X secolo al centro di importanti vie commerciali che portavano a Roma e, grazie a ciò
divenne un'importante città medievale. Nel XII secolo la città si dota di ordinamenti comunali di tipo consolare,
comincia a espandere il proprio territorio e stringe le prime alleanze. Questa situazione di rilevanza sia politica
che economica, portano Siena a combattere per i domini settentrionali della Toscana, contro Firenze. Dalla
prima metà del XII secolo in poi Siena prospera e diventa un importante centro commerciale, tenendo buoni
rapporti con lo Stato della Chiesa; i banchieri senesi erano un punto di riferimento per le autorità di Roma, le
quali si rivolgevano a loro per prestiti o finanziamenti.
Alla fine del XII secolo Siena, sostenendo la causa ghibellina (anche se non mancavano, le famiglie senesi di
parte guelfa, in sintonia con Firenze), si ritrovò nuovamente contro Firenze di parte guelfa: celebre è la vittoria
sui toscani guelfi nella battaglia di Montaperti, del 1260, celebrata anche da Dante Alighieri. Ma dopo qualche
anno i senesi ebbero la peggio nella battaglia di Colle Val d'Elsa, del 1269, che portò in seguito, nel 1287,
all'ascesa del Governo dei Nove, di parte guelfa. Sotto questo nuovo governo, Siena raggiunse il suo massimo
splendore, sia economico che culturale.
Dopo la peste del 1348, cominciò la lenta decadenza della Repubblica di Siena, che comunque non
precluse la strada all'espansione territoriale senese, che fino al giorno della caduta della Repubblica
comprendeva un terzo della Toscana. La fine della Repubblica Senese, forse l'unico Stato occidentale
ad attuare una democrazia pura a favore del popolo, avvenne il 25 aprile 1555, quando la città, dopo
un assedio di oltre un anno, dovette arrendersi stremata dalla fame, all'impero di Carlo V, spalleggiato
dai fiorentini, che cedette in feudo il territorio della Repubblica ai Medici, Signori di Firenze, per
ripagarli delle spese sostenute durante la guerra. Per l'ennesima volta i cittadini senesi riuscirono a
tenere testa ad un imperatore, che solo grazie alle proprie smisurate risorse poté piegare la fiera
resistenza di questa piccola Repubblica e dei suoi cittadini.
Dopo la caduta della Repubblica pochi senesi guidati peraltro dall'esule fiorentino Piero Strozzi, non
volendo accettare la caduta della Repubblica, si rifugiarono in Montalcino, creando la Repubblica di
Siena riparata in Montalcino, mantenendo l'alleanza con la Francia, che continuò ad esercitare il
proprio potere sulla parte meridionale del territorio della Repubblica, creando notevoli problemi alle
truppe dei fiorentini. Essa visse fino al 31 maggio del 1559 quando fu tradita dagli alleati francesi,
che Siena aveva sempre sostenuto, che concludendo la pace di Cateau-Cambrésis con l'imperatore
Carlo V, cedettero di fatto la Repubblica ai fiorentini.
Lo stemma di Siena è detto "balzana". È uno scudo diviso in due porzioni orizzontali: quella
superiore è argento, quella inferiore nera. Secondo la leggenda, starebbe a simboleggiare il fumo nero
e bianco scaturito dalla pira augurale che i leggendari fondatori della città, Senio e Ascanio, figli di
Remo, avrebbero acceso per ringraziare gli dei dopo la fondazione della città di Siena. Un'altra
leggenda riporta che la balzana derivi dai colori dei cavalli, uno bianco ed uno nero, che i due fratelli
usarono nella fuga dallo zio Romolo che li voleva uccidere e con i quali giunsero a Siena.
I MONUMENTI E LE OPERE D’ARTE A SIENA
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Il centro storico di Siena
Piazza del Campo
Il Palazzo Pubblico e la torre del Mangia
Il Duomo di Siena
Antico ghetto ebraico
Fonte Gaia
Maestà di Duccio di Buoninsegna Museo
dell’opera del Duomo
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Nel Palazzo Pubblico vi sono delle opere importantissime e bellissime che raccontano la vita dei
senesi, del governo e dei santi.
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PALAZZO PUBBLICO DI SIENA
La storia del palazzo è fortemente legata a quella della sistemazione della prospiciente Piazza del Campo. Fino
al 1270, con il Governo dei Ventiquattro, il governo della città aveva sede nella curia della chiesa di San
Pellegrino. Il Consiglio della Campana, composto dai nobili e così chiamato perché si adunava al suono della
campana maggiore posta allora su una torre della famiglia dei Mignanelli (nell'attuale Banchi di Sopra, al
numero civico 15), aveva come luoghi di riunione principali tre specifiche chiese e aveva le proprie sedi nei
palazzi dei nobili. Nel 1284 si ha notizia di un primo nucleo di quello che sarà il Palazzo Comunale, ma esso
comprendeva essenzialmente gli edifici della Dogana e della Zecca, detta il "Bolgano".
Caduto questo governo degli aristocratici, con il Governo dei Nove saliti al potere nel 1287 si comincia a
pensare a una sede "neutra" per il governo della città e la costruzione del palazzo ha la spinta definitiva. Il
primo nucleo, ricavato da un adattamento del palazzo della Dogana, è riferibile al 1284, come farebbe supporre
l'insediamento del podestà Ghinolfo Guidi da Romena. Tra il 1293 e il 1297 il Governo dei Nove avviò
l'edificazione di un più ampio palazzo, fatto in pietra fino alle prime tre trifore e poi proseguito in laterizi entro
il 1310[1].
Mentre l'antico palazzo del Bolgano era rivolto verso l'attuale piazza del Mercato, il nuovo palazzo guarda
verso piazza del Campo. Ma le due costruzioni coesisterono a lungo. Entro il 1310 tutto il palazzo doveva
essere stato terminato perché il Governo dei Nove vi si trasferì in quell'anno. L'ingrandimento del lato destro,
con la zona delle carceri, risale al 1327, a cui seguì il salone del Gran Consiglio (1330-1342), che nel XVI
secolo divenne teatro. Solo il secondo (e ultimo) piano delle due ali laterali sarebbe stato costruito nel 1680,
mantenendo comunque lo stile originale e bilanciando la mole dei palazzi circostanti. L'unica incertezza
riguarda la tempistica di realizzazione del terzo e ultimo piano del corpo centrale del palazzo (con le bifore a
tutto sesto): non si sa se sia coevo alla sua prima costruzione o sia stato invece costruito nel 1326, come alcuni
storici affermano.
Discorso a parte deve essere fatto per la torre del palazzo (la cosiddetta Torre del Mangia), costruita
successivamente al palazzo, tra il 1325 e il 1348, così come la marmorea Cappella di Piazza, prospiciente
rispetto alla torre e alla facciata del Palazzo, fatta costruire nel 1352 per ringraziare la Vergine Maria dello
scampato pericolo della peste nera che aveva colpito la città nel 1348.
Il Palazzo comunale è ancora oggi la sede dell'amministrazione comunale moderna ed ospita gli uffici del
sindaco, alcuni uffici comunali e le sale di rappresentanza. Al primo piano si trova il Museo civico e il teatro
comunale dei Rinnovati. Al secondo piano vi è la sala del Consiglio comunale e la loggia che guarda verso il
lato posteriore del palazzo stesso, in direzione sud.
Architettura
La facciata è composta di quattro ordini nel corpo centrale e tre ordini nelle due ali laterali. Nell'ordine
inferiore si aprono una serie di arcate, alcune inquadrano i portali e le altre inquadrano grandi
finestroni. In corrispondenza all'ingresso della torre troviamo una struttura a edicola. L'ampia facciata
del palazzo riflette i vari periodi di costruzione: fino al primo ordine di trifore fu usata la pietra, poi
il laterizio. Le finestre, nel tipico stile senese (di derivazione orientale, filtrato dall'esempio pisano),
hanno tre archetti gotici affiancati appoggiati su colonnine, mentre al centro di ciascuna ghiera, tra
gli archetti e l'arco acuto principale di ciascuna finestra, è stata inserita la balzana bianca e nera,
simbolo di Siena.
Il corpo centrale è rialzato di un piano rispetto alle due ali laterali. Sulla sommità, retto da una cornice
di archetti pensili a pieno centro, si presenta un coronamento merlato di tipo guelfo, cioè senza
l'estremità a coda di rondine[1]. Le due cellette campanarie sommitali sono oggi vuote; quella di
sinistra venne aggiunta nel settecento per bilanciare la simmetria[1].
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Al centro della facciata un grande disco presenta il trigramma di Cristo (1425, dipinto da Battista di
Niccolò), ideato da san Bernardino da Siena, mentre più sotto è presente lo stemma dei Medici,
installato dopo il dominio della signoria fiorentina (dal 1560)[1]. Accanto allo stemma, tra le trifore,
si trovano altri due stemmi marmorei: uno è quello cittadino, l'altro è il leone del Popolo[1]. I fori che
costellano la facciata sono buche pontaie, usate dai costruttori medievali per alloggiare le travi in
legno delle impalcature necessarie al cantiere.
All'interno, le stanze furono usate da molteplici magistrature che hanno amministrato la città nei
secoli. Oggi ospita il Museo Civico e l'amministrazione comunale senese. Nel corpo di sinistra,
accanto alla Torre del Mangia, si trova il Cortile del podestà, decorato da antichi stemmi, che fa
anche da ingresso al palazzo e alla scalinata della torre.
L'interno del palazzo è oggetto di decorazione fin dal Trecento, quando non era ancora stata
completata l'architettura, quando il Governo dei Nove si assicurò l'opera dei maggiori artisti del
tempo per manifestare il proprio programma politico. Tale insieme di affreschi, opere di pittura e di
scultura rappresenta così una delle testimonianze fondamentali dell'arte medievale oltre che un
eccezionale documento della società civile del Trecento.
Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena
La sala più grande e più famosa è la Sala del Mappamondo, detta anche Sala del Consiglio, che
conserva due grandi affreschi: la Maestà di Simone Martini (1312-1315) e Guidoriccio da Fogliano
all'assedio di Montemassi, attribuito tradizionalmente sempre a Simone Martini (1330), ma molto
probabilmente un rifacimento quattrocentesco di un capolavoro perduto del maestro senese. Sotto di
essa si trova l'affresco della Presa di un castello (forse di Giuncarico), opera attribuita non
concordemente a Duccio di Buoninsegna, datata 1314, che ne fa la più antica decorazione sicura del
palazzo[7].
Sotto venne applicato successivamente da Ambrogio Lorenzetti il mappamondo girevole che diede
nome alla sala, ormai perduto, anche se le impronte del suo andamento girevole sono ancora visibili
sulla parete.
Maestà di Simone Martini (1312-1315)
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Sala dei Nove (o Sala della Pace)
Nella celebre e famosa Sala dei Nove (o Sala della Pace) si trovano gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti:
le celeberrime scene degli Effetti del Buono e del Cattivo Governo (1338-1339).Sebbene in parte danneggiati
(soprattutto nella parete del Cattivo governo), rappresentano uno straordinario esempio di allegoria politica, il
più vasto ciclo profano del medioevo, con un'estesa raffigurazione del paesaggio. La grande composizione, di
gusto allegorico-letterario, mostra le personificazioni di vari concetti astratti (coi nomi scritti in calce) e due
paesaggi che rivelano gli effetti su una città e sulle campagne dei buoni e cattivi governatori.
Ambrogio Lorenzetti “Allegoria del buono e Cattivo Governo – 1338-1339”
TORRE DEL MANGIA di Palazzo Pubblico
La Torre del Mangia si trova in piazza del Campo a Siena; è la torre civica del palazzo Comunale. È tra le
torri antiche italiane più alte (la terza, dopo il Torrazzo di Cremona alto 112 metri, e la Torre degli Asinelli di
Bologna alta 97,2 metri), arrivando a 88 metri all'altezza degli ultimi merli. Secondo quanto scritto da Ranuccio
Bianchi Bandinelli, la Torre del Mangia, pur partendo da una levatura del terreno più bassa, raggiunge la
stessa altezza del campanile del Duomo di Siena, questo per simboleggiare il raggiunto equilibrio tra il potere
celeste e quello terreno, senza che nessuno dei due superi e si imponga sull'altro.
“ Il MANGIA”
Da sempre il popolo senese è solito chiamare con soprannomi ed epiteti cose o persone (non a caso ogni fantino
che corre il Palio ha un personale soprannome datogli dalla contrada con cui esordisce); non fu escluso da tale
consuetudine uno dei primi campanari adibiti a scandire le ore, tale Giovanni di Balduccio, " mésso dei
Signori Nove", noto per i suoi sperperi e i suoi vizi legati soprattutto alla cucina. Tale fama gli valse il
soprannome di "Mangiaguadagni" o, più semplicemente, "Mangia".. Il lavoro di campanaro non gli durò a
lungo visto che nel 1360 venne subito installato il primo orologio meccanico. Quando poi nel 1400 Don
Gasparo di Simone degli Ubaldini (famoso al secolo per l'orologio del Rialto a Venezia, di Orvieto e di Città
di Castello) ne rifece i meccanismi, vi associò un automa per battere le ore sulla campana al posto del
Balduccio. Il popolo senese conservò il nomignolo di "Mangia" anche per l'automa meccanico che l'aveva
sostituito, anche in considerazione delle ingenti somme di denaro che venivano versato per i numerosi
interventi di manutenzione e restauro dell'orologio e dei suoi complicati meccanismi.
IL CENTRO STORICO DI SIENA E’STATO DICHIARATO PATRIMONIO DELL’UMANITA’,
DALL’UNESCO
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Secondo itinerario: San Gimignano e le torri
San Gimignano è situato in provincia di Siena in Toscana. Per la caratteristica architettura medievale del suo
centro storico è stato dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità.Il sito di San Gimignano, nonostante
alcuni ripristini otto-novecenteschi, è per lo più intatto nell'aspetto due-trecentesco ed è uno dei migliori esempi
in Europa di organizzazione urbana dell'età comunale.
San Gimignano sorse su un sito abitato sicuramente dagli etruschi, almeno dal III secolo a.C., come
testimoniano i numerosi ritrovamenti archeologici (soprattutto tombe) nel territorio circostante. Il colle era
stato scelto sicuramente per questioni strategiche, essendo dominante (324 m s.l.m.) sull'alta Val d'Elsa.
Sulle pendici del Poggio del Comune (624 m s.l.m.) sono presenti i ruderi di Castelvecchio, un villaggio di
epoca longobarda.
Nel Medioevo la città si trovava su una delle direttrici della via Francigena, che Sigerico, arcivescovo di
Canterbury, percorse tra il 990 e il 994 e che per lui rappresentò la XIX tappa (Mansio) del suo itinerario di
ritorno da Roma verso l'Inghilterra. Sigerico la nominò Sce Gemiane, segnalando il borgo anche come punto
di intersezione con la strada fra Pisa e Siena.
Secondo la tradizione il nome derivò dal santo vescovo di Modena, che avrebbe difeso il villaggio
dall'occupazione di Attila.
La prima cinta muraria risale al 998 e comprendeva il poggio di Montestaffoli, dove già esisteva una rocca
sede di mercato di proprietà del vescovo di Volterra, e il poggio della Torre con il castello vescovile.
Verso il 1150, nonostante l'apertura di un nuovo tracciato della Francigena, San Gimignano continuò ad essere
un centro emergente, con una politica di espansione territoriale e una significativa crescita delle attività
commerciali. Fu in questo periodo che si formarono due "borghi" al di fuori delle mura: quello di San Matteo,
verso Pisa, e quello di San Giovanni, verso Siena, entrambi lungo una nuova "via maestra", che vennero
inglobati nelle mura con il nuovo tracciato completato nel 1214.
Nel 1199, nel pieno del suo splendore economico, il paese guadagnò la propria indipendenza comunale rispetto
ai vescovi di Volterra. Non mancarono le lotte intestine tra guelfi e ghibellini (rispettivamente capeggiati dagli
irriducibili Ardinghelli e Salvucci), ma al XIII secolo, sotto i ghibellini, risale il periodo di maggior splendore
economico, che si basava sul commercio dei pregiati prodotti agricoli locali, tra i quali il più ricercato era lo
zafferano, venduto in Italia (Pisa, Lucca, Genova) e all'estero (Francia e Paesi Bassi, fino anche alla Siria e
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all'Egitto[4]). Inoltre, al pari di altri centri toscani, si diffuse la speculazione finanziaria e l'usura. La solida
economia permise la creazione di un ceto aristocratico urbano, che espresse la propria supremazia politica e
sociale nella costruzione delle torri: nel Trecento si arrivò a contare 72 torri (oggi ne rimangono forse 14).
Gli ingenti capitali accumulati vennero investiti nel corso del Duecento in importanti opere pubbliche, che
diedero alla cittadina l'articolazione degli spazi urbani visibile ancora oggi.
Nel 1251 le mura inglobarono Montestaffoli, ma pochi anni dopo, nel 1255, la città venne presa dai guelfi di
Firenze che ordinarono la distruzione delle mura. Riacquistata l'indipendenza nel 1261 e tornata la supremazia
ghibellina dopo la battaglia di Montaperti, i sangimignanesi ricostruirono le mura comprendendo anche il
poggio della Torre. Da allora la conformazione cittadina venne suddivisa in quattro contrade, ciascuna
corrispondente ad una porta principale: quella di Piazza, di Castello, di San Matteo e di San Giovanni.
Gli ordini religiosi, appoggiati dal comune, si insediarono in città a partire dalla metà del Duecento: i
francescani fuori porta San Giovanni (1247), gli agostiniani alla porta San Matteo (1280), i domenicani a
Montestaffoli (1335) e le benedettine di San Girolamo presso la porta San Jacopo (1337).
Dall'8 maggio del 1300 il Comune ebbe l'onore di ospitare Dante Alighieri come ambasciatore della Lega
Guelfa in Toscana.
Il declino, l'epoca medicea e contemporanea
Il Trecento fu un secolo di crisi che non risparmiò San Gimignano: travagliata dalle lotte interne, essa
fu pesantemente colpita dalla peste nera e dalla carestia del 1348, che decimò la popolazione. Nel
1351 la città stremata si consegnò spontaneamente a Firenze, rinunciando alla propria autonomia ed
a un ruolo politico nello scacchiere toscano. Risale a quell'anno la Rocca di Montestaffoli, mentre nel
1358 vennero rinforzate le mura.
Nonostante il declino economico e politico, il XIV e XV secolo furono importanti dal punto di vista
artistico, grazie alla presenza in città di numerosi maestri, senesi o più spesso fiorentini, chiamati
soprattutto dagli ordini religiosi ad abbellire i propri possedimenti. Lavorarono a San Gimignano
Memmo di Filippuccio, Lippo e Federico Memmi, Taddeo di Bartolo, Benozzo Gozzoli, Domenico
Ghirlandaio, Sebastiano Mainardi (nativo di San Gimignano), Piero del Pollaiolo, ecc.
Il declino e la marginalità della città nei secoli successivi furono le condizioni che permisero la
straordinaria cristallizzazione del suo aspetto medievale.
Al plebiscito del 1860 per l'annessione della Toscana alla Sardegna i "si" non ottennero, anche se per
poco, la maggioranza degli aventi diritto (1122 su totale di 2275), sintomo dell'opposizione
all'annessione[5].
Alla fine del XIX secolo si cominciò a riscoprire la particolarità e la bellezza della cittadina, che
venne sottoposta integralmente a vincolo monumentale nel 1929. Nel 1990 è stata dichiarata
dall'UNESCO patrimonio culturale dell'Umanità.
Durante la seconda guerra mondiale, il paese fu bombardato per dieci giorni dagli Americani; sulla
Torre Grossa andò distrutta la campana (una nuova fu donata dopo la guerra dal popolo dell'Unione
Sovietica); crollò una casa in piazza e un pezzo di cattedrale; i bombardamenti cominciarono di
giovedì, giorno di mercato; questo causò qualche morto; una giovane madre fu colpita al piede da una
scheggia, ed ebbe la gamba amputata. Dopo una decina di giorni che i sangimignanesi passarono nei
rifugi, il prete riuscì a convincere gli americani che in paese c'erano non più di dieci tedeschi, e che
potevano assaltare la città senza correre rischi.
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Le torri
San Gimignano è soprattutto famosa per le torri medievali che ancora svettano sul suo panorama, che
le hanno valso il soprannome di Manhattan del medioevo. Delle 72 tra torri e case-torri, esistenti nel
periodo d'oro del Comune, ne restavano venticinque nel 1580 ed oggi ne restano sedici, con altre
scapitozzate intravedibili nel tessuto urbano. La più antica è la torre Rognosa, che è alta 51 metri,
mentre la più alta è la Torre del Podestà, detta anche Torre Grossa, di 54 metri. Un regolamento del
1255 vietò ai privati di erigere torri più alte della torre Rognosa (che all'epoca era la più alta), anche
se le due famiglie più importanti, Ardinghelli e Salvucci, fecero costruire due torri poco più basse di
quasi eguale grandezza, per dimostrare la propria potenza.
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Campanile della Collegiata
Torri degli Ardinghelli
Torre dei Becci
Torre Campatelli
Torre Chigi
Torre dei Cugnanesi
Torre del Diavolo
Torre Ficherelli o Ficarelli
Torre Grossa
Torre di Palazzo Pellari
Casa-torre Pesciolini
Torre Pettini
Torre Rognosa
Torri dei Salvucci
Torre Rognosa
La Torre Rognosa, detta anche torre dell'Orologio o torre del Podestà, è una delle più alte e
meglio conservate di San Gimignano.Si eleva in piazza del Duomo dal palazzo vecchio del Podestà.
Eretta verso il 1200, appartenne alla famiglia Gregori e agli Oti.
È alta quasi 52 metri ed è la seconda torre più alta della cittadina,
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dopo la Torre Grossa (54 ).
Il nome di Rognosa deriva dal fatto che, dopo il trasloco del podestà, fece da carcere, per questo era
visitata da chi aveva "rogne".
La torre è a base pressoché quadrata ed è costruita in pietra con bozze abbastanza regolari. Poco sopra
i merli del vecchio palazzo del Podestà si trova una stretta apertura architravata che porta a un
terrazzino coperto da tettoia. La torre ha solo una finestrella su piazza della Cisterna ed all'ultimo
piano dispone di un'altana che funzionava da cella campanaria laica (per richiamare la cittadinanza
in caso, per esempio, di pericolo e per altre ragioni non legate alla vita religiosa). In seguito divenne
la campana che segnava le ore con i suoi rintocchi. Con quattro archi poggianti su solidi pilastri, la
cella è coperta da una piccola piramide con tegoli rossi.
Secondo uno statuto del 1255 era vietato a chiunque, privato cittadino, di innalzare torri più alte della
Rognosa. La disposizione venne però ignorata dalla potente famiglia guelfa dei Salvucci, che a pochi
passi da qui fece costruire due torri gemelle presto bissate da quelle della famiglia rivale degli
Ardinghelli. Entrambe le coppie di torri furono poi scapitozzate ed oggi sono più basse della Rognosa.
San Gimignano, Piazza del Duomo con (da sinistra a destra) Torri dei Salvucci, Torre Pettini, Torre
Chigi e Torre Rognosa
La base della Torre Rognosa
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Torre Grossa
La Torre Grossa è la torre più alta di San Gimignano (da cui il
nome) e si trova in piazza del Duomo, accanto al palazzo nuovo
del Podestà.
Fu iniziata esattamente il 21 agosto del 1300, quattro mesi dopo
che la città aveva ospitato Dante Alighieri, e venne terminata
nel 1311. È alta 54 metri ed l'unica, insieme alle due torri
gemelle della piazza delle erbe sulla quale sia consentito
l'accesso al pubblico.
La torre poggia su un passaggio voltato ed ha, come tutte le
altre torri sangimignanesi, base quadrata. Il parmento a vista è
in pietra, tagliata in bozze ben regolari.
Sulla sommità, dalla quale si gode una stupenda vista sulla cittadina e sulla campagna circostante, è
presente una cella campanaria, circondata da un camminamento protetto da parapetto poggiante su
archetti pensili. La copertura della cella è piramidale e ricorda quella della vicina torre Rognosa.
La torre è visitabile con lo stesso biglietto del Museo Civico.
Scorcio della Torre Grossa
Duomo di San Gimignano: Collegiata di Santa Maria Assunta
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La Collegiata di Santa Maria Assunta, conosciuta anche come il Duomo di San Gimignano è la
chiesa principale di San Gimignano.
Situata in piazza del Duomo è alla sommità di un'ampia scalinata dalla quale domina il lato
occidentale della piazza. Eretta forse nel 1056 e sicuramente consacrata nel 1148 venne prima
ristrutturata nel 1239 e poi ingrandita nel 1460 su progetto di Giuliano da Maiano.
La spoglia facciata è il frutto della sistemazione duecentesca per poi essere più volte trasformata nel
corso dei secoli con l'apertura delle due porte laterali e delle finestre circolari. L'interno a tre navate
divise da colonne richiama lo stile delle pievi casentinesi; le navate furono coperte da volte nel XIV
secolo, nel XV secolo Giuliano da Maiano progettò l'allungamento della crociera e del presbiterio e
costruì le cappelle della Concezione e di Santa Fina. Tutte le pareti e le volte sono ricoperte di
affreschi realizzati da vari artisti e principalmente da Lippo Memmi e da Bartolo di Fredi. Nel corso
della seconda guerra mondiale la chiesa ed i suoi affreschi subirono notevoli danni, riparati da ripetute
campagne di restauri.
Nel dicembre del 1932 papa Pio XI la elevò alla dignità di basilica minore.
La facciata che domina la piazza è di epoca romanica, risalente alla sistemazione duecentesca. La facciata a
salienti sorge al posto della primitiva abside appartenente all'edificio del 1148[33] ; è preceduta da una scalinata
ed è aperta da un doppio portale con arco e lunetta monolitica a tutto sesto e con la ghiera decorata a cordone,
interessante è la presenza, nell'archivolto, di conci di gabbro, caso estremamente raro da trovarsi[33]. Tutto il
paramento della facciata è in travertino e poco sotto il rosone centrale è aperto da una feritoia obliterata,
generalmente riconosciuta come unico elemento rimasto dell'antica abside[36][37], anche se non mancano voci
discordi[33]. La facciata è il frutto del cambio di orientamento della chiesa, avvenuto nella seconda metà del
XII secolo; è facilmente notabile come tale intervento sia posteriore alla fase primitiva dell'edificio come si
può vedere nel raccordo con i fianchi della chiesa ma precedente al rialzamento in cotto della navata centrale
e perciò non è possibile datare al 1239 la realizzazione della facciata.
L'interno è a tre navate, scandite da colonne che ricordano le pievi del Casentino, con volte a vela affrescate e
con intonaco dipinto alle pareti. La chiesa è decorata da importanti cicli pittorici che coprono tutte le pareti,
uno ciclo risalente a più secoli ma molto raro nella sua completezza.
Le navate sono scandite da una serie di archi che formano le sette campate e sono sorrette da colonne in pietra
sovrastate da capitelli romanici. Le colonne sono realizzate con rocchi di travertino, presentano basi di stile
pisano (due tori separati da una scozia) e terminano con un collarino. I capitelli sono coronati o da pulvini
modanati o da semplici abachi e, alcuni presentano una forma ungulata con una decorazione simile a quella
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riscontrabile sui capitelli della pieve di Céllole mentre altri presentano un'evoluzione del capitello ungulato e
sono decorati con un motivo a fogliami con festoni e vortici, rosette sovrapposte e teste umane; presentano una
fortissima somiglianza con quelli realizzati da Johannes Bundi[42], artista volterrano autore dei capitelli della
Pieve di Santa Maria a Chianni tra la fine del XII secolo e i primi del XII. Se la datazione è corretta i capitelli
sono stati realizzati in un secondo tempo rispetto ai fusti delle colonne, soprattutto se confrontati con quelli
visibili nella pieve di Montignoso e quelli, dalle forme più arcaiche presenti nella pieve di Mensano e nella
pieve di Casole d'Elsa.
Nella parete della controfacciata, al di sopra della porta destra vi sono le più antiche pitture realizzate
in questa chiesa. Vi si trovano i pochi resti della gigantesca figura di San Cristoforo posta sotto le
figure dipinte da Bartolo di Fredi. Ma soprattutto qui sono le pitture realizzate verso il 1305 da
Memmo di Filippuccio. Le scene di Memmo sono disposte su tre ordini; nel registro più in alto si
trova la scena raffigurante il Miracolo di San Nicola ripreso mentre dona a tre zitelle tre borse d'oro
e altri resti di affreschi che raffigurano due donne addormentate o forse morte e il Martirio di un
Santo dentro un calderone; la scena mediana non è identificabile; quella posta sopra la porta raffigura
la Madonna col Bambino, due santi e due angeli adoranti.
I golosi del Giudizio universale di Taddeo di Bartolo.
La parte più alta della controfacciata è decorata da un Giudizio Universale
di Taddeo di Bartolo, opera firmata e datata 1393; in questa opera
l'artista senese raffigurò Cristo giudice fra Profeti e Angeli, la Madonna e
San Giovanni. Più in basso vi sono le figure dei Dodici apostoli, dello
stesso autore, e questa scena va raccordata con altre due scene, sempre
di Taddeo, collocate all'inizio delle pareti laterali della navata mediana e
dove vi sono raffigurati in quella di sinistra i Beati e in quella di destra
i Dannati.
Terzo itinerario: Pisa e Campo dei Miracoli
Le origini del toponimo Pisa sono del tutto incerte. Senza alcun fondamento storico [8] è la storia della
fondazione di Pisa da parte di guerrieri achei, come riportato da alcuni storici antichi: per questo il nome veniva
fatto risalire all'omonima città greca dell'Elide, nel Peloponneso, i cui abitanti, guidati da Pelope, avrebbero
fondato la Pisa toscana dopo la Guerra di Troia. Per questa ragione Pisa è soprannominata la città alfea (dal
fiume Alfeo in Elide).
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Pisa nel 1540, mappa di Jacopo Filippo Foresti
La storia reale della fondazione di Pisa è comunque avvolta nel mistero: c'è chi pensa a un'origine etrusca
(molto dubbia secondo Giovan Battista Pellegrini[9]) e chi a un'origine ligure[8]. Quel che è certo è che la città
prende forma in epoca romana con il nome latino (plūrālia tantum) di Pīsae passando per una forma locativa
ad pīsas. Nell'89 a.C. ricevette la cittadinanza romana[8]. Riguardo al toponimo, sono state fatte due ipotesi che
godono maggior considerazione, seppur senza evidenze schiaccianti: la prima si rifà a una voce che significa
"estuario" in riferimento alla foce dell'Arno, e l'altra a una base prelatina (un idronimo), forse imparentata alla
lontana col greco πῖσος pîsos, "luogo irrigato”.
La città sorge a pochi chilometri dalla foce del fiume Arno, in un'area pianeggiante denominata Valdarno
inferiore, chiusa a nord dai Monti Pisani.
Cosa vedremo a Pisa:
1.Il Duomo
2.La torre-campanile
3.Il Battistero
4.Il Cimitero Monumentale
Ricostruzione ipotetica della città nel V°sec. d.C.
Il Duomo:
Fu iniziata nel 1063 (1064 secondo il calendario pisano all'epoca vigente) dall'architetto Buscheto, con la
decima parte del bottino dell'impresa pisana in Sicilia nel porto di Palermo contro i Musulmani (1063). Vi si
fondono elementi stilistici diversi: classici, lombardo-emiliani, bizantini ed in particolare islamici, a riprova
della presenza internazionale dei mercanti pisani a quei tempi. In quello stesso anno veniva iniziata anche la
ricostruzione della basilica di San Marco a Venezia, per cui può anche darsi che vi fosse stata all'epoca una
rivalità tra le due Repubbliche marinare a creare il luogo di culto più bello e sontuoso.
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La chiesa fu eretta in un'area esterna alla cinta muraria altomedioevale, a simboleggiare proprio il potere di
Pisa che non necessitava protezioni. La zona scelta era già utilizzata in epoca longobarda come necropoli e,
già nei primi anni dell'XI secolo, fu eretta una chiesa mai terminata che doveva essere intitolata a Santa Maria.
La nuova grande chiesa di Buscheto, infatti, viene inizialmente chiamata Santa Maria Maggiore fino a quando
non viene definitivamente intitolata a Santa Maria Assunta.
Nel 1092 la chiesa, da semplice cattedrale, passa ad essere primaziale, essendo stato conferito il titolo di
primate all'arcivescovo Daiberto da papa Urbano II, onorificenza oggi soltanto formale.
La cattedrale fu consacrata nel 1118 dal papa Gelasio II, appartenente al ramo pisano dei Gaetani (o Caetani),
conti di Terriccio e d'Oriseo, ma già nella prima metà del XII secolo fu ampliato sotto la direzione
dell'architetto Rainaldo cui spetta il progetto dell'attuale facciata, conclusa dalle maestranze guidate dagli
scultori Guglielmo e Biduino.
L'edificio che in origine era a croce greca con all'incrocio dei bracci una grossa cupola, oggi è a croce
latina a cinque navate con abside e transetto a tre navate, all'interno suggerisce un effetto spaziale simile
a quello delle grandi moschee islamiche, grazie all'uso di archi a sesto rialzato, all'alternanza di fasce in
marmo bianco e nero e all'insolita cupola ellittica, di ispirazione moresca. La presenza dei due matronei
rialzati nelle navate, con le solide colonne monolitiche di granito, è un chiaro segno di influenza
bizantina. L'architetto Buscheto aveva accolto stimoli dal Levante islamico e dall'Armenia.[1]
La ricchissima decorazione comprende marmi multicolori, mosaici e numerosi oggetti di bronzo provenienti
dal bottino di guerra, fra cui il Grifo utilizzato come est del tetto, preso a Palermo nel 1061. Gli archi a profilo
acuto fanno riferimento ad influenze musulmane e del meridione d'Italia. Le arcate cieche con losanghe
richiamano le analoghe strutture delle chiese dell'Armenia. La facciata di marmo grigio e bianco, decorata con
inserti di marmo colorato, fu edificata da mastro Rainaldo. I tre portali sottostanno a quattro ordini di loggette
divise da cornici con tarsie marmoree, dietro i quali si aprono monofore, bifore e trifore. Le porte della facciata
in bronzo massiccio furono realizzate da diversi artisti fiorentini nel XVII secolo. Contrariamente a quanto si
potrebbe pensare, fin dai tempi antichi i fedeli entravano nel Duomo attraverso la porta di San Ranieri, posta
sul retro nell'omonimo transetto, di fronte al campanile. Questo perché i nobili della città si recavano alla
cattedrale venendo da via Santa Maria che conduce proprio a quel transetto. Tale porta fu fusa intorno al 1180
da Bonanno Pisano, e unica porta scampata all'incendio del 1595 che semidistrusse la chiesa. La porta di San
Ranieri è decorata con 24 formelle raffiguranti storie del Nuovo Testamento. Questa porta è una delle prime
prodotte in Italia nel Medioevo, dopo l'importazione di numerosi esempi da Costantinopoli, (ad Amalfi, a
Salerno, a Roma, a Montecassino, a Venezia...) e vi si ammira una sensibilità tutta occidentale, che si stacca
dalla tradizione bizantina. Sopra le porte ci sono quattro file di gallerie aperte, con, in cima, la Madonna con
Bambino e, negli angoli, i quattro evangelisti. La tomba di Buscheto si trova a sinistra della porta nord della
facciata
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L'interno è rivestito di marmi bianchi e neri, con colonne monolitiche di marmo grigio e capitelli di ordine
corinzio. Ha un soffitto a cassettoni dorati seicenteschi, in legno dorato e dipinto, dei fiorentini Domenico e
Bartolomeo Atticciati; reca dorato lo stemma dei Medici. Presumibilmente l'antico soffitto presentava una
struttura con capriate lignee a vista. Le colonne granitiche in stile corinzio fra la navata e l'abside provengono
dalla moschea di Palermo, bottino della battaglia nella Cala dai Pisani nel 1063.
Il grande mosaico absidale del Cristo in trono tra la Vergine e san Giovanni è reso famoso dal volto di San
Giovanni, di Cimabue nel 1302 e sopravvisse miracolosamente all'incendio del 1595. Proprio quel San
Giovanni Evangelista fu l'ultima opera realizzata da Cimabue prima della morte e l'unica di cui esista una
documentazione certificata. Evoca i mosaici delle chiese bizantine e anche quelle normanne, come Cefalù e
Monreale, in Sicilia. Il mosaico, in buona parte realizzato da Francesco da Pisa fu terminato da Vincino da
Pistoia con la raffigurazione della Madonna sulla parte sinistra (1320).
Tra le opere medievali scampate all'incendio figurano l'affresco con Madonna con Bambino del pisano
Maestro di San Torpè nell'arco trionfale, e sotto di esso il pavimento cosmatesco, vera rarità fuori dai confini
del Lazio. Fu realizzato in tarsie marmoree con motivi geometrici ad "opus alexandrinum" (metà del XII
secolo). Altri frammenti di affreschi tardo medioevali sono sopravvissuti, tra i quali San Girolamo su uno dei
quattro piloni centrali e San Giovanni Battista, un Crocifisso e San Cosimo e Damiano sul pilone vicino alla
porta di ingresso, parzialmente nascosto dalla bussola.
Il Pulpito di Giovanni Pisano
Il pergamo (pulpito) capolavoro di Giovanni Pisano (1302-1310), sopravvissuto all'incendio, fu però
smontato durante i lavori di restauro e non fu rimontato fino al 1926. Con la sua articolata struttura
architettonica e la complessa decorazione scultorea, l'opera è una delle più vaste narrazioni per
immagini trecentesche che riflette il rinnovamento ed il fervore religioso dell'epoca. Nelle formelle,
leggermente ricurve, sono scolpiti con un linguaggio espressivo gli episodi della Vita di Cristo. La
struttura poligonale, come gli analoghi esempi precedenti, nel battistero di Pisa, nel duomo di Siena
ed nella chiesa di Sant'Andrea di Pistoia, ma per la prima volta i pannelli sono leggermente incurvati,
dando un'idea di circolarità nuova nel suo genere. Altrettanto originali sono:
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


la presenza di cariatidi, figure scolpite al posto delle semplici colonne, che simboleggiano le
Virtù;
l'adozione di mensole a volute in luogo degli archetti per sostenere il piano rialzato;
il senso di movimento, dato dalle numerosissime figure che riempiono ogni spazio vuoto.
Per queste qualità unite alla sapiente arte narrativa delle nove scene è generalmente considerato il
capolavoro di Giovanni e più in generale della scultura gotica italiana.
Il pergamo commissionato a Giovanni sostituì uno precedente, realizzato da Guglielmo (1157-1162),
che fu inviato nel duomo di Cagliari.
Non essendoci documentazione di come fosse il pergamo prima dello smantellamento, esso è stato
ricostruito in una posizione diversa da quella originaria e, sicuramente, con le parti non nello stesso
ordine e orientamento di come era stato pensato. Non si sa se possedesse o meno una scala sempre in
marmo.
La chiesa conserva inoltre le reliquie di San Ranieri, patrono di Pisa, e la frammentaria tomba di
Arrigo VII di Lussemburgo, imperatore del Sacro Romano Impero, morto a Buonconvento mentre
assediava invano Firenze. La tomba, anche questa smontata e ricomposta, fu scolpita da Tino da
Camaino nel 1313-1315) ed è ora collocata nel transetto destro, mentre in origine era posta al centro
dell'abside, come segno della fede ghibellina della città. Successivamente spostata più volte per
questioni politiche, venne anche separata in più parti (alcune dentro la chiesa, alcune sulla facciata,
alcune nel Campo Santo, adesso nel Museo dell'Opera).
Soffitto a cassettoni del Duomo
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Veduta Posteriore del Duomo
Torre pendente – Campanile del Duomo
La cosiddetta torre pendente di Pisa (chiamata
semplicemente torre pendente o torre di Pisa, a Pisa la
Torre) è il campanile della cattedrale di Santa Maria
Assunta, nella celeberrima piazza del Duomo di cui è il
monumento più famoso per via della caratteristica pendenza,
simbolo della città e uno dei simboli d'Italia.
Si tratta di un campanile a sé stante alto circa 56 metri fuori
terra (58,36 metri considerando il piano di fondazione),
costruito nell'arco di due secoli, tra il dodicesimo e il
quattordicesimo secolo. Pesante 14.453 tonnellate, vi
predomina la linea curva, con giri di arcate cieche e sei piani
di loggette. La sua pendenza è dovuta a un cedimento del
terreno sottostante verificatosi già nelle prime fasi della
costruzione.
L'inclinazione dell'edificio attualmente misura 3,97° rispetto
all'asse verticale. La torre è gestita dall'Opera della
Primaziale Pisana,[4] ente che gestisce tutti i monumenti
della piazza del Duomo di Pisa. È stata proposta come una
delle sette meraviglie del mondo moderno.
I lavori iniziarono il 9 agosto 1173 (anno 1174, secondo il calendario pisano, in cui l'anno iniziava il 25 marzo).
Come era solito fare con i fari e con le costruzioni adiacenti al mare in genere, le fondamenta vennero lasciate
a riposare per un anno intero. Alcuni studi tra i più recenti attribuiscono la paternità del progetto a Diotisalvi,
che nello stesso periodo stava costruendo il battistero.
Le analogie tra i due edifici sono infatti molte, a partire dal tipo di fondazioni. Altri suggeriscono invece
Gherardi, mentre secondo il Vasari i lavori furono iniziati da Bonanno Pisano. La tesi del Vasari, oggi ritenuta
priva di fondamento, fu invece ritenuta valida soprattutto dopo il ritrovamento nelle vicinanze del campanile
di una pietra tombale col nome del Bonanno, murata nell'atrio dell'edificio; inoltre nell'Ottocento fu rinvenuto
sempre nei dintorni un frammento epigrafico di materiale rosa, probabilmente un calco su cui venne fusa una
lastra metallica, che attualmente trova collocazione sullo stipite della porta di ingresso dell'edificio. Su tale
frammento si legge, ovviamente rovesciato: "cittadino pisano di nome Bonanno".
Tale calco con tutta probabilità era relativo alla porta regia del Duomo, distrutta durante l'incendio del 1595.
La prima fase dei lavori fu interrotta a metà del terzo piano, a causa del cedimento del terreno su cui sorge la
base del campanile. La cedevolezza del terreno, costituito da argilla molle normalconsolidata, è la causa della
pendenza della torre e, sebbene in misura minore, di tutti gli edifici nella piazza.
I lavori ripresero nel 1275 sotto la guida di Giovanni di Simone e Giovanni Pisano, aggiungendo alla
costruzione precedente altri tre piani. Nel tentativo di raddrizzare la torre, i tre piani aggiunti tendono ad
incurvarsi in senso opposto alla pendenza. Il campanile fu completato alla metà del secolo successivo,
aggiungendo la cella campanaria.
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Dalla sua costruzione lo strapiombo è sostanzialmente aumentato, ma nel corso dei secoli ci sono stati anche
lunghi periodi di stabilità o addirittura di riduzione della pendenza. Nel corso dell'Ottocento il campanile fu
interessato da importanti restauri, che portarono, ad esempio, all'isolamento del basamento della torre. I
lavori, effettuati sotto la direzione di Alessandro Gherardesca, contribuirono a sfatare definitivamente la
teoria, sostenuta da alcuni studiosi dell'epoca, secondo la quale il campanile sarebbe stato pensato pendente
sin dalla sua origine.[5]
Difatti, i saggi del terreno effettuati durante i restauri portarono alla luce la presenza di una notevole quantità
di acqua sotterranea che rendeva cedevole il terreno. Per far fronte a questo problema, fu aspirata acqua del
sottosuolo con l'ausilio di pompe, ma ciò favorì il fenomeno della subsidenza e il conseguente aumento della
pendenza della torre.[6] Negli ultimi decenni del XX secolo l'inclinazione aveva subito un deciso incremento,
tanto che il pericolo del crollo si era fatto concreto.
Nel 1993 lo spostamento dalla sommità dell'asse alla base era stato valutato in circa 4,47 metri, ovvero circa
4,5 gradi.
Durante i lavori di consolidamento, iniziati nel 1990 e terminati alla fine del 2001, la pendenza del
campanile è stata ridotta tramite cerchiatura di alcuni piani, applicazione temporanea di tiranti di
acciaio e contrappesi di piombo (fino a 900 tonnellate) e sottoescavazione, riportandola a quella che
presumibilmente doveva avere 200 anni prima. La base è stata inoltre consolidata e secondo gli esperti
questo consentirà di mantenere in sicurezza la torre per almeno altri tre secoli, permettendo così
l'accesso ai visitatori. Dal marzo 2008 la torre ha raggiunto il livello definitivo di consolidamento
sotto il profilo dell'inclinazione, tornato a essere di 3,97°, con uno spostamento alla cima del
campanile di quasi mezzo metro e tale valore dovrebbe rimanere inalterato per almeno altri 300 anni.
La struttura del campanile incorpora due stanze. Una alla base della torre, nota come sala del Pesce, per via di
un bassorilievo raffigurante un pesce. Tale sala non ha soffitto, essendo di fatto il cavo della torre. L'altra
invece è la cella campanaria, al settimo anello. Delimitata dalle mura del camminamento superiore, è anch'essa
a cielo aperto e al centro, tramite un'apertura, è possibile vedere il pian terreno della torre. Sono inoltre presenti
tre rampe di scale: una ininterrotta dalla base fino al sesto anello, dove si esce all'esterno; una, a chiocciola più
piccola che porta dal sesto anello al settimo; infine una ancor più piccola, sempre a chiocciola, che porta dal
settimo anello alla sommità.
Il Camposanto monumentale è un cimitero storico monumentale di Pisa, che chiude il lato nord di piazza del
Duomo.
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