Le medical humanities nella formazione dei professionisti della cura

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Prof.ssa Patrizia de Mennato
PROGETTO DI RICERCA MULTIDISCIPLINARE E DI INNOVAZIONE DIDATTICA
NELLA FORMAZIONE INIZIALE E CONTINUA IN MEDICINA E NELLE
PROFESSIONI SANITARIE
Le medical humanities nella formazione dei professionisti della cura:
l’utilizzo del Cinema e dell’Antropologia visiva nella formazione di una competenza alla pratica
riflessiva nel sapere professionale.
Responsabile del progetto: prof. Patrizia de Mennato (SSD M-Ped.01)
Premessa
Il progetto proposto vuole essere un modo differente, e complesso, di impostare e di innovare la
formazione medica e sanitaria in rapporto al compito professionale, alla salute e alla malattia partendo dalla
riconfigurazione dell’identità dei professionisti della salute della cura come “professionisti riflessivi”. E’
necessario, perciò, attivare un percorso formativo che agisca come volano di un apprendimento virtuoso
riflessivo ed auto-regolativo che risponda ai bisogni di consapevolezza e corregibilità delle competenze
professionali, sia sul piano degli strumenti cognitivi (competenze diagnostiche, cliniche, tecnologiche) che
relazionali e degli stili di assistenza. Costruire, dunque, una cultura del ragionamento medico (razionalità
tecnica) come una cultura del ragionamento complesso (razionalità riflessiva).
Il progetto assume come punto-di-vista una diversa visione delle competenze professionali intendendo il
“sapere professionale” della salute come il prodotto dell’integrazione tra l’indispensabile expertise
costantemente aggiornato, le abilità comunicativo-relazionali attive nella cura (no technical skills) ed una
competenza riflessiva sul proprio agire professionale. L’ipotesi del progetto afferma la necessità di attivare,
dunque, un percorso formativo che costruisca forme abituali di contatto riflessivo con il proprio
pensiero. Che aiuti, cioè, a “meglio comprendere” modalità di azione, scelte e direzioni della propria
professionalità.
A questo proposito riteniamo si debba focalizzare l’attenzione sui diversi, e spesso contemporanei e
contraddittori, modelli di interpretazione del sapere medico e dei compiti che la società attribuisce
all’intervento di cura attraverso gli strumenti conoscitivi dell’antropologia medica (pluralità dei saperi e
delle pratiche della salute e della cura). Intendiamo quindi intraprendere un viaggio all’interno della
medicina, della malattia, del corpo grazie a strumentazioni proprie delle Medical Humanities.
Altro elemento di innovazione è dato dalla consapevolezza che la configurazione dei nostri
apprendimenti è sempre più prodotta anche in contesti a forte offerta tecnologica e audiovisuale con un
alto contenuto evocativo. Riteniamo, dunque, che la formazione debba potersi giovare di queste
strumentazioni e delle sollecitazioni cognitive che tali linguaggi propongono e che non possa ridursi solo alla
parola scritta, alle lezioni frontali, alle tecniche operative e laboratoriali. Se formare ad un “sapere
professionale” significa costruire una “personale visione” del proprio compito professionale è necessario
riconoscere al nostro vissuto visivo, uditivo, mnestico, emozionale un reale potenziale costruttivo e
cognitivo. Per questa ragione le Medical Humanities sfidano le certezze della medicina delle evidenze dando
valore alla conoscenza soggettiva radicata nell’esperienza umana ed emotiva (Zannini, 2008).
I termini del dibattito
Gli orientamenti epistemologici costruttivisti considerano che tutti i soggetti–individui–persone non
esercitano mai, neppure quando pensano di farlo, un puro utilizzo neutrale di conoscenze, ma, sono
sempre “produttori di conoscenze” la cui natura “personale” esprime marcati caratteri di singolarità. Si
tratta, dunque, di pensare ad una formazione dei professionisti della salute e della cura che riconosca il
valore singolarmente costruttivo ed interpretativo della pratica di cura pur se all’interno di contesti di
“pertinenza” prodotti dalle conoscenze consolidate del sapere medico (EBM). Tali conoscenze consolidate e tuttavia in trasformazione - agiscono in un clima culturale ed in un ethos scientifico inquieti, all’interno di
contesti di pratica differenziati, in rapporto a storie di vita e professionali singolari e specifiche (Barnard,
2006).
Da ciò prende forma una richiesta, sempre più incisiva, di una “cultura della manutenzione” cognitiva
come esercizio di consapevolezza riflessiva ed autocorrettiva non occasionale e necessaria alla
costruzione di competenze di cura che identificano la specificità della formazione alla professioni della cura.
Pratica riflessiva che renda capaci di “affrontare problemi caratterizzati da situazioni «sconcertanti, turbative,
complesse, incerte, caratterizzate da instabilità, unicità e conflitti di valore»” (Schön, 2006).
Il modello di formazione riflessiva pone a proprio fondamento l’idea che le competenze costruttive
consapevoli di un “sapere professionale” si sviluppano a partire dalla capacità di “osservarsi nella pratica
professionale personale” (Personal-Practical-Knowledge) (de Mennato, 2003). La pratica riflessiva
permette di accedere al sapere personale nelle professioni producendo occasioni di riflessione consapevole
e facendo leva sull’imparare a “disapprendere” (Freeman, 2000) e a riorganizzare la propria
conoscenza ed il proprio stile di apprendimento svelandone i meccanismi costruttivi, gli automatismi, gli
schemi cognitivi abituali, le “trappole della mente”. Imparando, cioè, a riconoscere gli aspetti taciti e le
dimensioni implicite della pratica clinica, imparando a tradurre il linguaggio medico da linguaggio proprio
della razionalità tecnica ad un linguaggio della “razionalità riflessiva”, ricco di connotazioni e coloriture
personali e culturali. Imparando a comprendere le condizioni profonde della sofferenza e della malattia.
La crisi profonda che sta attraversando la medicina contemporanea - sempre più specialistica, tecnologica,
commerciale - rende infatti necessaria una profonda svolta etica ed epistemologica della medicina stessa,
che ne affermi la dimensione antropologica, relazionale, umanistica, mettendo così al centro dell’atto
medico l’ascolto delle storie dei pazienti, la valorizzazione della relazione umana oltre che tecnica tra
medico e paziente, l’utilizzo di metodologie qualitativo/narrative anziché, unicamente, quantitativo/analitiche
(de Mennato, 2008).
L’indebolimento dell’impianto epistemologico medico dà valore alla prospettiva illness, ossia alla
costruzione personale dell’esperienza di malattia, piuttosto che a ciò che viene indicato come disease, ossia
al modello biomedico, naturalistico, della malattia stessa. Lo stesso etnologo Ernesto De Martino (1961),
oramai quasi mezzo secolo fa, propose la possibilità di un approccio alla malattia che non ne trascurasse
l’aspetto culturale, e che fosse disposto alla considerazione di altre realtà, di altri contesti, di altre
popolazioni in cui non esisteva (e non esiste) una dicotomia tra salute e malattia paragonabile a quella del
paradigma naturalistico e razionale proprio dell’occidente.
Inoltre, la modifica in chiave costruttivista e culturalista del paradigma della cura attribuisce al
professionista una personale responsabilità nel confronto della dimensione formativa, non solo delle proprie
competenze tecnico-professionali ma di quelle complesse in cui la dimensione della cura sovrasti quella
della guarigione. In tale prospettiva vogliamo intendere la cura come cura educativa che ponga in essere
un processo atto a sollecitare una dimensione emancipativa, che non ingeneri nuove dipendenze, ma che al
contrario determini autonomie, aiutando i soggetti ad attivare risorse in maniera pro-attiva anche grazie a
relazioni positive di supporto.
L’«impegno» ad un apprendimento riflessivo è, quindi, un habitus mentale che agisce “cognitivamente”
sul formarsi e tras-formarsi delle proprie conoscenze e degli aspetti personali che intervengono nella
definizione della nostra “epistemologia professionale”. L’apprendimento trasformativo, dunque, è chiamato
ad agire come un esercizio “soft” di consapevolezza nell’agire professionale. Non è semplicemente un
prendere coscienza di regole e procedure standardizzate, ma un imparare ad entrare in relazione con i
processi conoscitivi che sono presenti nella pratica reale e che agiscono nelle condizioni di
decisione e di scelta. Costruire questa “sensibilità” è riconoscere il potere di una “mente educata ad
imparare «mentre» mette in atto strategie di azione professionale” e che agisce sulla propria “biografia
professionale” e sull’ esperienza complessa e fluida della propria “pratica esperta” .
Sintesi dei criteri generali
- Una cultura del sapere professionale
-
Favorire nei futuri professionisti della salute e della cura la consuetudine all’esperienza di
autoriflessione come strumento di riconoscimento del sapere personale e del proprio compito.
Produrre dei cambiamenti agendo sui modi di pensare.
Partire dalla riflessione critica sulla propria identità e sulle proprie modalità di costruzione cognitiva.
Comprendere il proprio sapere ed i suoi impliciti e riformularli consapevolmente.
- La tradizione dell’antropologia culturale e dell’antropologia visiva per interpretare
modelli della cura
-
e riconoscere i
Costruire - attraverso modelli di ricerca antropologica - ipotesi interpretative e strumenti conoscitivi
necessari alla messa in luce dei molti e culturalmente riconoscibili modelli della salute e del compito
adottati dai professionisti della cura.
- L’uso del Cinema e delle Medical Humanities nella formazione
L’ipotesi complessiva del progetto nasce dalla scelta di attivare un percorso alla formazione riflessiva
capace di costruire un contatto con le diverse forme del proprio pensiero, soprattutto se implicite. Che ci
aiuti, cioè, a “meglio comprendere” il progetto professionale personale ed a passare da un esercizio
irriflessivo di un’abitudine, di un expertise meccanico - un know how - ad una capacità metacognitiva - il
know that -.
1. A tale scopo è necessario Identificare, costruire e tarare materiali didattici opportunamente pensati
per favorire un apprendimento trasformativo
2. La nostra conoscenza si costruisce a partire da suggestioni cognitive (ad es. quelle date dai film).
Tuttavia, queste suggestioni diventano una conoscenza posseduta e governata autonomamente se
entra in rapporto con i concetti chiave in contesti di sapere (conoscenze scientifiche, expertise,
competenze tecniche; ecc.) e con esperienze professionali in contesti di pratica esperta.
3. La visione di film integralmente proiettati attiva processi evocativi ed inquietudini personali connessi
agli aspetti impliciti della propria esperienza professionale posti in relazione con “la storia” narrata dal
film stesso.
4. I laboratori di discussione successivi rispondono alla funzione formativa di attivare un esercizio
autoriflessivo.
5. L’uso dei film attiva il confronto dialogico tra le esperienze personali veicolate dalla “pressione” delle
immagini e la “pressione” dell’esperienza della pratica professionale (Zannini, 2008).
Obiettivi didattici
1. Offrire ai docenti ed alle strutture didattiche della Facoltà di Medicina materiali e strumenti per
l’innovazione nei percorsi di formazione.
2. Offrire un tutorato competente nell’implementazione di interventi formativi innovativi.
Fasi del progetto
Il progetto intende dunque muoversi su due livelli integrati:
Ricerca esplorativa - Laboratorio di Antropologia medica visuale
I° anno
-
Studio teorico (approfondimento e analisi della letteratura esistente, ecc.) per costruire un’ipotesi di
lavoro e la contemporanea creazione di una filmografia ragionata iniziale e di un catalogo per
immagini (Archivio) documentali e fotografiche che classifichi i materiali concentrandosi sui alcuni
nuclei tematici (la figura del medico e delle diverse funzioni nella
contemporaneità; le
rappresentazioni sociali ed i modelli individuali della medicina; l’immagine del malato e della malattia
nelle culture e nella storia occidentale; l’immagine degli spazi e dei luoghi della cura; l’evoluzione
architettonica e suoi significati; le relazioni di cura: modelli, stereotipi e innovazioni; ecc.)
Ricerca/intervento per la formazione iniziale e continua di medici e professionisti della salute
Anni successivi
Questa fase del progetto si propone di:
1. Realizzare un percorso formativo mirato alla costruzione e manutenzione di un sapere
professionale sul piano cognitivo ed al miglioramento dello stile di assistenza in ambito medicosanitario, fondato sull’esercizio di pratiche riflessive e meta-cognitive che valorizzino le “esperienze
di pratica riflessiva”.
2. Definire delle strategie innovative di formazione che individuino nell’analisi critica dell’epistemologia
delle professioni della cura lo strumento per la gestione riflessiva del sapere e dell’agire
professionale.
3. Mettere in discussione l’epistemologia professionale consolidata del medico e degli operatori della
professioni sanitarie, traducendo questa sfida in un percorso di “verifica sul campo” (in Italia e
all’estero) delle teorie e degli strumenti precedentemente individuati.
4. Mettere in discussione l’epistemologia professionale consolidata del medico e degli operatori della
professioni sanitarie, traducendo questa sfida in un percorso formativo e didattico innovativo
capace di aprire alla dimensione soggettiva e intersoggettiva della malattia e della cura.
5. Innovare le strumentazioni didattiche - concentrate sulla pratica riflessiva e sul tutorato alla
pratica riflessiva - attivando interventi di formazione (corsi, corsi per laurea specialistica, Master,
Percorsi di formazione post-laurea, ecc.) concentrati sulla dimensione visiva, permettendo così di
creare un contesto culturale e formativo globale nel quale la visione di un film o di una foto (come la
lettura di un romanzo o la contemplazione di un’opera d’arte) appaiono attività irrinunciabili per:
• costruire
setting
formativi
che
“espongano”
alla
mente
dei
soggetti
temi/criticità/contraddizioni delle professioni mediche e sanitarie mediate dalla produzione
filmica.
• costruire un percorso metacognitivo su materiali di conoscenza che esprimono un
“paradigma narrativo” (es. letteratura, storie di malattie, cinema, fiction, autobiografie).
• agire come stimolatore del pensiero riflessivo in una condizione di setting protetto e di
scambio cognitivo, sollecitando ad apprendere competenze e forme di ragionamento che
delineino un’identità professionale riflessiva da recuperare in condizioni cliniche “reali”.
• offrire occasioni di riflessione consapevole sulla specificità della epistemologia delle
professioni della salute e della cura, facendo leva sull’imparare a riorganizzare la propria
conoscenza e competenza.
• utilizzare il potenziale formativo delle medical humanities e dei loro meccanismi
costruttivi ;
• utilizzare il cinema per migliorare le capacità autoriflessive sulle proprie strategie di
pensiero, comunicativo-relazionali ed empatiche degli operatori sanitari, in quanto, come
strumento formativo potentissimo, esso:
a) permette di fare ricorso a forme di pensiero e registri (come quello notturno,
affettivo, emozionale, simbolico) spesso misconosciuti nei processi di
costruzione della conoscenza (anche e soprattutto nei contesti sanitari);
b) aiuta i professionisti della salute ad individuare e cogliere altre prospettive (per
esempio quella del malato o dei suoi familiari) che costruiscono la realtà in cui
sono immersi;
c) agisce come esercizio di distanziamento, in quanto strumento “fatto” da persone
in una determinata società e cultura, nei confronti delle diverse visioni della realtà
(“vedere con gli occhi del malato”, “capire come una società rappresenta un
medico”, ecc.);
d) costruisce la capacità di comprendere il punto di vista
del medico e
dell’operatore in rapporto all’esperienza professionale;
e) costruisce la capacità di comprendere il punto di vista
del medico e
dell’operatore in rapporto all’esperienza del paziente;
f)
sviluppa una sensibilità agli aspetti umani della diagnosi e della terapia;
g) aiuta ad integrare il progetto terapeutico nello stile di vita nel rispetto dei valori del
paziente.
6. Verifica in itinere e finale per ogni anno di progetto
7. Cura della costruzione di una archivio di buone pratiche riflessive attraverso un archivio dei
laboratori e degli elaborati (anche visuali) dei partecipanti ai diversi progetti di didattica
innovativa (dell’«aver cura»; della relazione multiprofessionale di presa in carico e di aiuto;
dell’«ascolto attivo» nell’agire professionale, inteso come elemento di conoscenza e di
riformulazione cognitiva).
Contestualmente:
8. Utilizzare e incrementare l’Archivio ragionato e materiali documentali del Laboratorio di Antropologia
medica visiva selezionati al fine di costruire forme (corsi, corsi per laurea specialistica, Master,
Percorsi di formazione post-laurea) di didattica centrata sull'apprendimento trasformativo in
base ai seguenti criteri interpretativi
a. pertinenza (scelta e selezione consapevole di tematiche, competenze e conoscenze poste
in relazione con i materiali selezionati);
b. pensiero riflessivo (attività cognitiva che consente un costante monitoraggio dei propri
processi cognitivi sollecitati dalle esperienze visive dei materiali selezionati);
c. medical humanities (costruzione di capacità cliniche e di cura che tengano conto non solo
della costruzione di una solida competenza professionale ma delle diverse componenti
etiche, filosofiche, epistemologiche e relazionali ai quali i compiti e le funzioni del
professionista attribuiscono valore).
9. Collaborazione alla gestione e realizzazione di Cin@med, percorso di formazione ad un sapere
riflessivo nella professione medica attraverso l’uso dei film (rivolto agli studenti di Medicina del
II° anno ed aperto ai CL sanitari), al fine di costruire setting formativi che espongano alla mente degli
studenti temi/criticità/contraddizioni delle professioni mediche e sanitarie (mediate dalla produzione
filmica).
10. Curare l’aggiornamento costante della filmografia e dei materiali del Laboratorio di Antropologia
medica visiva.
Personale a contratto da destinare a questo specifico progetto
nº 1
Tipologia di contratto
Ricercatore a tempo determinato
Costo
Disponibilità temporale
n. 1 anno
rinnovabile
Prof. Patrizia de Mennato
Professore ordinario di Pedagogia generale e sociale
Facoltà di Medicina - Università di Firenze
Presidente del CL Interfacoltà in EDUCAZIONE PROFESSIONALE snt2
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