La selfieterapia: il selfie usato per curare i disagi psicologici

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Lunedì 13 ottobre 2014
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La selfieterapia: il selfie usato per curare i
disagi psicologici
Secondo gli esperti il selfie aiuterebbe a riscontrare e curare disturbi
psicologici.
In principio era il selfie, una foto nata quasi per caso girando verso se stessi
l'obiettivo posto sul cellulare, e postata distrattamente sui diversi social
network.
In breve è diventata mania, utile per comunicare con gli amici, per ritrarsi in
posti nuovi senza necessariamente chiedere "scusi, che mi fa una foto?", per
raccontare situazioni insolite o divertenti.
Il selfie poi è cresciuto, diventando un must tra le celeb di ogni settore ed età,
dall'Italia agli Stati Uniti non esiste infatti vip che non abbia selfato se stesso in
vacanza, a lavoro, per strada, in bagno.
Oggi l'autoscatto più amato al mondo non solo è protagonista di un corso di
studi presso la facoltà di Scienze della Comunicazione dell'Università di
Teramo, ma viene anche utilizzato come terapia alternativa per lenire i
disagi psichici in alcuni pazienti.
La chiamano selfieterapia, è nata negli Usa e si basa sulla concezione
cheautofotografarsi aiuti a ritrovare se stessi e a guardare la propria
immagine in modo positivo, rafforzando fiducia nel proprio io e autostima.
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Lunedì 13 ottobre 2014
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In Italia la selfieterapia è ancora poco praticata, ma chi la inserisce tra i suoi
metodi è saldamente convinto che i suoi effetti terapeutici possano davvero
funzionare su pazienti affetti da disturbi psichici legati all'insicurezza e
all'alimentazione.
«Fotografarsi aiuta a recuperare l’immagine di sé: questo può essere davvero
utile, in particolare in tutti i disturbi che comportano un errore nella percezione
del proprio corpo, come quelli del comportamento alimentare o sessuale»
spiega lo psicanalista Fabio Piccini, docente presso l’Università di Ancona e
sperimentatore del metodo che ha inoltre aggiunto: «La fotografia aiuta anche
chi vive, per esempio, una esclusione sociale, e può essere uno strumento
efficace per lavorare con gli adolescenti» Come spiega Judy Weiser, tra i
principali esperti di fototerapia, il selfie consente di avere il quadro di una
persona quando questa sa di non essere vista da nessun altro.
Inoltre, proprio creando e guardando il proprio autoritratto, i pazienti possono
stabilire una sorta di dialogo con se stessi e con le proprie emozioni più
intime e profonde.
In Italia, oltre a Piccinini, altri studiosi si stanno accostando al metodo della
selfieterapia, anche per curare forme più gravi di psicosi come nuovo
strumento di riconoscimento di se stessi attraverso l'uso dell'immagine.
«Moda dei selfie a parte - spiega un altro dei suoi sperimentatori, il dottor
Carmine Parrella, della Asl di Lucca -, l’immagine esteriore, se analizzata e
compresa, diventa immagine interiore. E questo stimola e spinge a ritrovare
l’equilibrio perduto».
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