Trasformatori - In un solenoide formano da N1 spire in cui scorre

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Trasformatori - In un solenoide formano da N1 spire in cui scorre una corrente
alternata con conseguente flusso del campo magnetico Φ1 alternato, per la legge di
Faraday-Neumann la tensione V1 indotta su le N1 spire del solenoide è:
V1 = − N 1
dΦ 1 ( t )
dt
1.5.53)a
Se si pone un secondo solenoide formato da N2 spire, concatenate con le linee di
forza del primo, in esso, per mutua induzione, si genera una tensione indotta:
V2 = − N 2
dΦ 2 ( t )
dt
1.5.53)b
dove ∆Φ2 è la variazione di flusso concatenata con il secondo solenoide.
Se i due solenoidi sono avvolti nelle stesso nucleo di ferro ed il circuito magnetico
è chiuso ad anello in modo tale che tutto il flusso prodotto dal primo solenoide sia
concatenato con il secondo, la variazione di flusso ∆Φ2 è praticamente uguale alla
variazione di flusso ∆Φ1 : fig.1.5.14).
In questo caso dal rapporto delle 1.5.53) si ricava:
V2 N 2
=
V1 N 1
1.5.54)
Una struttura di questo tipo viene chiamata trasformatore. Il primo solenoide è
definito avvolgimento primario, il secondo solenoide è definito avvolgimento
secondario del trasformatore.
Fig.1.5.14) a) - Un trasformatore per correnti alternate. In grigio il nucleo di materiale ferromagnetico
che convoglia tutte le linee del campo magnetico (in gialloverde).
b) -Schema di un rocchetto di Ruhmkorff. L'interruttore provoca variazioni molto rapide
della corrente nell'avvolgimento primario.
Il trasformatore è una macchina elettrica che attraverso il rapporto N2/N1 fra le
spire secondarie e le spire primarie dei due avvolgimenti, trasforma la tensione alternata
V1 applicata al primario in una tensione alternata di valore V2 maggiore o minore, che si
può prelevare ai capi del secondario.
Poiché anche il trasformatore deve ubbidire al principio di conservazione
dell'energia, la potenza elettrica disponibile nell'avvolgimento secondario non può
essere maggiore della potenza immessa nell'avvolgimento primario:
P1 ≥ P2
=>
V1eff ⋅ i1eff ≥ V2eff ⋅ i2 eff
1.5.55)
Questo comporta che il rapporto fra le correnti primaria e secondaria è uguale al
rapporto inverso delle rispettive tensioni e del rispettivo numero di spire:
i2 V1
=
i1 V2
=>
i2 N 1
=
i1 N 2
1.5.56)
Rocchetto di Ruhmkorff - Un particolare tipo di trasformatore è costituito dal
rocchetto di Ruhmkorff in cui i due avvolgimenti, primario e secondario, sono avvolti
in un semplice nucleo di materiale ferromagnetico di forma cilindrica.
Poiché per variazioni non troppo rapide del flusso magnetico, un nucleo di questo
tipo non realizza una buona mutua induzione fra il circuito primario ed il circuito
secondario, il rocchetto di Ruhmkorff funziona correttamente solo per variazioni di
flusso molto rapide.
Queste rapide variazioni si ottengono interrompendo ciclicamente, in modo
meccanico o elettromagnetico, una corrente continua che viene fatta scorrere
nell'avvolgimento primario: fig.1.5.14)b.
Nei rocchetti di Ruhmkorff il rapporto fra numero di spire secondarie e numero di
spire primarie è di solito molto alto, dell'ordine di 103 ÷ 104 , e questo, con tensioni
primarie dell'ordine di 12 volt , permette di ottenere tensioni dell'ordine di decine o
centinaia di migliaia di volt ai capi dell'avvolgimento secondario.
Trasporto dell'energia elettrica - L'uso del trasformatore elettrico è
particolarmente importante nel trasporto dell'energia elettrica dal luogo dove viene
generata, alle utenze diffuse nel territorio.
Infatti la generazione di energia elettrica su scala industriale, avviene in siti dove
sono disponibili le fonti di energia meccanica in grado di azionare i grandi alternatori,
come i bacini idrici artificiali o naturali, le grandi centrali termiche o le centrali
atomiche e questi siti sono generalmente molto distanti dai luoghi di utenza.
Poiché il trasporto dell'energia alle utenze civili ed industriali, avviene tramite
elettrodotti formati da conduttori sospesi che si estendono per centinaia di kilometri, in
questi si ha una dissipazione di energia per effetto Joule secondo la nota relazione:
E = P ⋅ ∆t = i 2 ⋅ r ⋅ ∆t
1.5.46)
con r resistenza totale dei conduttori che formano l'elettrodotto, i corrente trasportata
e ∆t il tempo di utilizzo.
A causa di ciò parte dell'energia prodotta nelle centrali viene dissipata lungo
l'elettrodotto e non raggiunge mai l'utenza.
Per minimizzare queste perdite, si può intervenire abbassando il termine r ,
tenendo però conto che non si possono aumentare a dismisura le sezioni dei cavi di
rame dell'elettrodotto per problemi economici e per questioni di peso dei cavi.
Si può intervenire molto invece diminuendo, a parità di potenza trasferita, la
corrente trasportata dall'elettrodotto.
A tale scopo la tensione prodotta dagli alternatori delle centrali viene inviata a dei
trasformatori ed elevata ad alta tensione prima di essere immessa negli elettrodotti. In
questo modo, a parità di potenza trasportata, la corrente che scorre negli elettrodotti si
riduce in accordo con la 1.5.56) diminuendo drasticamente le perdite.
In prossimità delle utenze, l'alta tensione alternata viene ritrasformata e ridotta ai
valori richiesti dai diversi utilizzatori.
La rete elettrica europea fornisce all'utenza civile dei vari stati membri una
tensione alternata di 220 Veff alla frequenza di 50 Hz. Negli elettrodotti, l'alta tensione
può variare da 60 kV a più di 300 kV.
Strumenti di misura - Le forze che si manifestano fra campi magnetici e correnti
elettriche sono alla base di una vasta classe di strumenti di misura che hanno avuto larga
diffusione nel secolo scorso e che sono derivati da un unico tipo di strumento:
l'amperometro a bobina mobile.
In tutti questi strumenti, la parte mobile è costituita da un alto numero di spire di
filo strettamente avvolte in un telaio (bobina) in cui viene fatta passare la corrente
elettrica. La bobina è in grado di ruotare su un asse posto ortogonalmente rispetto alle
linee di forza del campo magnetico prodotto da un magnete permanente: fig.1.4.6)a.
Le forze che agiscono su di una singola spira di sezione S , percorsa dalla corrente
i, immersa in un campo magnetico B sono state già descritte nel paragrafo precedente.
Nel caso in cui la singola spira è formata in da N spire strettamente avvolte a
formare una bobina, queste forze sono aumentate del fattore N ed il momento risultante
della bobina Mm diventa:
M m = iNS ⋅ B ⋅ sen α
1.4.1)a
dove α è l'angolo fra le linee di forza del campo B e la normale alla superficie S della
bobina. La dipendenza dal seno dell'angolo comporta che il momento torcente Mm è
una funzione non lineare dell'angolo α .
Questa caratteristica, è poco adatta per uno strumento di misura in cui la risposta
alla grandezza da misurare (la corrente i) dovrebbe essere preferibilmente lineare.
Questa linearità della risposta si ottiene con una struttura che generi un campo
magnetico indipendente dall'angolo di deviazione della bobina ed con un sistema
elastico di richiamo che sia una funzione lineare dello stesso angolo.
Fig.1.4.6) a) - Una bobina percorsa da corrente immersa in un campo magnetico uniforme è soggetta
ad un momento che è funzione dell'angolo formato dalla sua normale con le linee di
forza del campo .
b) - Con una opportuna geometria delle espansioni polari del magnete e l'ausilio di un
nucleo centrale di ferro (in ciano), il campo magnetico può essere reso radiale in modo
da ottenere per la bobina percorsa da corrente un momento indipendente dall'angolo .
Per generare un campo indipendente dall'angolo di deviazione i poli del magnete
vengono sagomati in modo da formare due semicirconferenze con al centro un nucleo
cilindrico di materiale ferromagnetico, dimensionato in modo da lasciare lo spazio per
la rotazione della bobina (traferro): fig.1.4.6)b.
L'induzione provocata dal magnete permanente sul nucleo cilindrico centrale,
costringe le linee di forza del campo magnetico ad una geometria radiale in modo da
restare ortogonali ai lati attivi della bobina per ampi angoli di rotazione eliminando la
dipendenza dall'angolo α .
Con questa struttura del magnete la relazione 1.4.1)a si riduce alla:
M m = iNS ⋅ B
1.4.1)b
Per realizzare un momento elastico di richiamo Me proporzionale e contrario
all'angolo di rotazione α , alla bobina si applica una molla spirale per la quale il
momento di richiamo vale:
Me = k ⋅a
(k = cos tan te
elastica del sistema )
1.4.2)
Al passaggio della corrente, l'equilibrio della bobina si realizza quando è
soddisfatta la relazione:
Mm = Me
=>
iNS ⋅ B = k ⋅ α
=> i = α ⋅ 
k


 N ⋅S ⋅B 
1.4.3)
Con questi accorgimenti costruttivi l'angolo di rotazione α diventa un indicatore
lineare della corrente i che scorre nella bobina, attraverso la proporzionalità di alcune
costanti strutturali dello strumento. In fig.1.4.7) è riportato uno strumento a bobina
mobile multifunzione con ottime caratteristiche, che è in commercio da più di 60 anni.
Fig.1.4.7) Un misuratore analogico di grandezze
elettriche multiuso (multimetro, tester).
Il nome della ditta costruttrice è stato
oscurato.
Da alcuni decenni gli strumenti come quello descritto, che vengono definiti
analogici, sono caduti lentamente in disuso in favore di misuratori digitali basati su
principi completamente diversi.
Tuttavia in alcuni casi specifici e molto professionali, gli strumenti analogici a
bobina mobile risultano più adatti di quelli digitali e sono ancora in uso.
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