Cap. 3 MIller Sistemi Economici File

Barbara Miller
ANTROPOLOGIA CULTURALE
Edizione italiana a cura di Alessandra Broccolini
1
Antropologia culturale
Capitolo 3
I sistemi economici
2
Antropologia culturale
Capitolo 3 - I sistemi economici
I GRANDI interrogativi
3
•
Quali sono e come si distinguono i cinque principali sistemi di
sussistenza?
•
In che modo sono correlati al consumo e allo scambio?
•
Come stanno cambiando i sistemi di sussistenza, di scambio e
consumo nel mondo contemporaneo?
Antropologia culturale
Capitolo 3 - I sistemi economici
L'antropologia economica è un indirizzo di studio
dell'antropologia culturale che analizza i sistemi
economici vigenti presso le diverse culture
Capitolo 3 - I sistemi economici
Il sistema economico è composto da tre diversi elementi: il
sistema di sussistenza, ovvero la produzione o l'acquisizione di
risorse o denaro; il consumo, ossia il loro uso e lo scambio, cioè
la circolazione di beni o denaro tra individui o istituzioni.
Capitolo 3 - I sistemi economici
Sistema di sussistenza
Il modo prevalente di una data cultura per provvedere al
proprio sostentamento
Capitolo 3 - I sistemi economici (cont.)
CINQUE PRINCIPALI SISTEMI DI SUSSISTENZA
•
CACCIA E RACCOLTA (SISTEMA ACQUISITIVO)
ORTICULTURA
•
•
•
•
7
PASTORIZIA
AGRICOLTURA
INDUSTRIALIZZAZIONE E INFORMATIZZAZIONE
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Tabella 3.1 Sistemi di sussistenza.
8
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Capitolo 3 - I sistemi economici
•
9
La maggior parte dei cacciatori-raccoglitori (circa 250.000
persone) contemporanei vive in quelle che vengono
considerate aree marginali, come i deserti, le foreste pluviali
e le regioni circumpolari.
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Capitolo 3 - I sistemi economici
Caccia e raccolta
a)I sistemi acquisitivi o di caccia e raccolta si basano sull'acquisizione di
alimenti disponibili in natura attraverso la raccolta, la caccia, la pesca
b) Il successo di questo sistema di sussistenza dipende da una conoscenza
raffinata dell'ambiente naturale e dei suoi cambiamenti stagionali
c) Quella dei cacciatori-raccoglitori è una strategia estensiva, un sistema di
sussistenza che comporta lo sfruttamento temporaneo di ampi territori e
necessita di un alto grado di mobilità nello spazio
Tabella 3.2 Sistemi acquisitivi (caccia e raccolta) degli ambienti temperati e delle zone
circumpolari a confronto.
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Capitolo 3 - I sistemi economici
Sistema di sussistenza basato sulla caccia raccolta
Scopo della produzione: finalizzata all'uso
Divisione del lavoro: basata sulla divisione in base al genere secondo ruoli
sovrapponibili
Relazioni di proprietà: basati sul diritto d'uso e su rapporti ugualitari e
collettivi
Uso delle risorse: estensivo e provvisorio
Sostenibilità: alta
Le società di caccia e raccolta sono definite
“società dell'abbondanza”
Capitolo 3 - I sistemi economici
Economia e processi naturali
L’uomo vive del suo ambiente; trae dal suo ambiente di vita l’energia
e tutte le sostanze che gli sono necessarie per la sopravvivenza e la
riproduzione.
Ecologia ed economia sono termini strettamente interrelati.
Ecosistema: sistema vivente in cui convivono molte specie vegetali e
animali, in un determinato contesto geo-climatico.
Capitolo 3 - I sistemi economici
Ecosistemi
•
Gli ecosistemi si distinguono in:
1) ecosistemi generalizzati con numero elevato di specie presenti ma
con numero limitato di individui per ciascuna specie
2) ecosistemi specializzati con numero limitato di specie presenti ma
con numero elevato di individui per ciascuna specie
Capitolo 3 - I sistemi economici
La quantità di energia che gli uomini riescono a ricavare dal loro
ambiente di vita dipende da:
1) sistema economico
2) livello tecnologico
Capitolo 3 - I sistemi economici
•
L’orticoltura è un sistema di sussistenza basato sulla
coltivazione di piante domestiche attraverso l’uso di
attrezzatura manuale. La si può definire anche coltivazione
itinerante per la necessità della rotazione dei terreni.
•
Alla produzione orticola sono spesso affiancati la caccia e la
raccolta e lo scambio con i prodotti animali dei pastori.
•
L’orticoltura è ancora praticata da molte migliaia di persone in
tutto il mondo.
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Tabella 3.3 Cinque fasi dell’orticoltura.
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Capitolo 3 - I sistemi economici
Sistema di sussistenza basato sull'orticoltura
•
•
•
•
•
Scopo della produzione: finalizzata al sostentamento dei gruppi
familiari riuniti in piccoli villaggi semipermanenti
Divisione del lavoro: divisione netta dei ruoli per genere ed età
Relazioni di proprietà: diritti d'uso più formalizzati e rapporti
tendenzialmente ugualitari e collettivi
Uso delle risorse: estensivo e itinerante
Sostenibilità: alta
Capitolo 3 - I sistemi economici
•
La pastorizia è un sistema di sussistenza basato
sull’allevamento di bestiame e sull’uso dei loro prodotti, per
esempio carne e latte.
•
È praticata da molto tempo nel Medio Oriente, in Africa, in
Europa e nell’Asia Centrale.
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Capitolo 3 - I sistemi economici
Sistema di sussistenza basato sulla pastorizia
•
•
•
•
•
Scopo della produzione: finalizzata al sostentamento dell'unità
produttiva di base
Divisione del lavoro: basata sull'età e il genere
Relazioni di proprietà: il concetto di proprietà si applica agli
animali e di solito si eredita per linea di discendenza maschile; le
aree di pascolo e le vie di transumanza sono regolati da diritti d'uso
Uso delle risorse: estensivo
Sostenibilità: alta quando vi sono ampi spazi disponibili per le
migrazioni
Capitolo 3 - I sistemi economici
•
L’agricoltura è un sistema di sussistenza che prevede la
coltivazione di raccolti su appezzamenti di terreno permanenti e la
pratica dell’aratura, dell’irrigazione e della fertilizzazione.
•
Richiede una raffinata conoscenza dell'ambiente, delle piante e degli
animali, dei diversi tipi di suolo, dell'andamento delle precipitazioni
delle tecniche e dei materiali per difendere le piante dai parassiti.
•
Diversamente dalla caccia-raccolta, dall’orticoltura e dalla pastorizia,
l’agricoltura è un’attività intensiva poiché richiede l'uso
continuativo dello stesso suolo e delle stesse risorse.
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Capitolo 3 - I sistemi economici
•
Agricoltura a conduzione familiare → forma di produzione
agricola di misura ridotta, sufficiente al sostentamento di una
famiglia e a dotarla di alimenti da poter vendere.
• Agricoltura industriale capitalistica → sistema di produzione
agricola basato sull’impiego di ingenti capitali e, piuttosto che sulla
forza lavoro di animali ed esseri umani, sull’uso di macchinari e
fertilizzanti chimici (Barlett 1989).
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Capitolo 3 - I sistemi economici
Agricoltura a conduzione familiare
•
Divisione del lavoro: l'unità di base per la produzione è la famiglia
e il genere e l'età sono criteri importanti dell'organizzazione del
lavoro – sistemi agricoli a conduzione femminile
•
Rapporti di proprietà: chiara definizione della proprietà e del
trasferimento dei diritti di successione
Un esempio di agricoltura a conduzione familiare negli altopiani dell’Ecuador. Un uomo è intento ad
arare, mentre le donne della sua famiglia lo seguono, spargendo patate da semina.
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Tabella 3.4 Tre ipotesi che spiegano la predominanza degli uomini
nell’agricoltura a conduzione familiare.
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Capitolo 3 - I sistemi economici
Azienda agricola
•
Grande impresa agricola che produce esclusivamente raccolti
destinati alla vendita ed è posseduta e gestita da società che
si affidano esclusivamente a lavoratori salariati
Capitolo 3 - I sistemi economici
3 caratteristiche dell'agricoltura industriale
•
•
•
Impiego di tecnologie complesse
Maggiore impiego di capitale
Maggiore impiego di fonti di energia
L'agricoltura intensiva non è un sistema sostenibile
Tabella 3.5 Tre caratteristiche dell’agricoltura industriale
e corrispondenti ricadute sociali.
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Capitolo 3 - I sistemi economici
Mezzadria in Italia
•
•
•
Mezzadria: dal latino tardo “che divide a metà”
Sistema di conduzione e tipo di contratto agrario per cui il
concedente, cioè il proprietario di un fondo, e il mezzadro in proprio,
quale capo di una famiglia colonica, si associano per la coltivazione
di un podere e per l’esercizio delle attività connesse, al fine di
dividere a metà, o in quote leggermente diverse, i prodotti e gli utili
derivanti dal podere stesso.
Nel 1964 è stato introdotto in Italia il divieto di stipulare nuovi
contratti di mezzadria e l’obbligo, a determinate condizioni, di
trasformare in affitto i contratti di mezzadria precedentemente
stipulati.
Capitolo 3 - I sistemi economici
•
Il sistema caratterizzato da industrializzazione e
informatizzazione procura le risorse necessarie alla
sussistenza ricorrendo all’impiego di massa di forza lavoro in
operazioni d’affari e commerciali e attraverso la creazione,
manipolazione, gestione e trasferimento di informazioni per
mezzo di media elettronici.
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Capitolo 3 - I sistemi economici
2 significati del termine consumo:
•
corrisponde all'input: utilizzo dei beni in senso stretto
•
corrisponde all'output: investimento o uso di risorse per ottenere
determinati beni
Capitolo 3 - I sistemi economici
Domanda e offerta
•
Le diverse tipologie di consumo si distinguono sulla base delle
diverse relazioni tra:
•
Domanda: quello di cui si ha bisogno o si desidera
•
Offerta: le risorse disponibili per soddisfare la domanda
Capitolo 3 - I sistemi economici
MODELLI DI CONSUMO
Minimalismo: modello di consumo che valorizza la semplicità; è
caratterizzato dalla presenza di una domanda di beni di consumo
scarsa e limitata e dalla possibilità di ottenerli in modo semplice e
sostenibile
Consumismo: modello di consumo nel quale la domanda è
abbondante e illimitata e non ci sono sufficienti mezzi per
soddisfarla. Le risorse vengono dilapidate per soddisfare la
domanda. Caratterizza le culture industrializzate-informatizzate
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Capitolo 3 - I sistemi economici
Modelli di consumo: caccia e raccolta
Modello di consumo: minimalismo, esigenze limitate
Organizzazione sociale del consumo: egualitarismo, condivisione;
consumo di prodotti personalizzati
Principali voci di spesa: esigenze primarie
Capitolo 3 - I sistemi economici
Modelli di consumo: industrializzazione/informatizzazione
Modello di consumo: consumismo, esigenze illimitate
Organizzazione sociale del consumo: disuguaglianza di classe,
consumo di prodotti spersonalizzati
Principali voci di spesa: affitto, tasse, beni di lusso
Capitolo 3 - I sistemi economici
Sistemi di scambio
Scambio: trasferimento di qualcosa (beni o servizi) tra persone,
gruppi o istituzioni. Gli oggetti dello scambio, le occasioni e i
significati attribuiti a tali attività dai diversi gruppi umani possono
essere di volta in volta diversi
Capitolo 3 - I sistemi economici
2 principali sistemi di scambio
Scambio equilibrato: sistema di scambio il cui obiettivo è giungere,
immediatamente o in futuro, al loro bilanciamento fra i partner
coinvolti
Scambio squilibrato: sistema di scambio in cui una delle parti
coinvolte ha l'obiettivo di trarre profitto
Capitolo 3 - I sistemi economici
Modelli di scambio: caccia e raccolta
Sistema di scambio: scambio equilibrato
Organizzazione sociale dello scambio: in piccoli gruppi, face-toface
Catagoria primaria dello scambio: il dono
Capitolo 3 - I sistemi economici
Modelli di scambio: industrializzazione/informatizzazione
Sistema di scambio: scambio di mercato
Organizzazione sociale dello scambio: transazioni commerciali
anonime
Categoria primaria dello scambio: vendita
Capitolo 3 - I sistemi economici
Scambio equilibrato
Reciprocità generalizzata: forma di scambio i cui partecipanti si
preoccupano meno, a livello cosciente, di ottenere un guadagno in termini
materiali o di ricevere qualcosa in cambio
Dono disinteressato: bene elargito in assenza di qualsiasi aspettativa di
ottenere una ricompensa
Reciprocità attesa: scambio di beni o servizi che si ritiene abbiano lo stesso
valore tra persone dotate di un simile status sociale (es. il kula delle isole
Trobriand)
Ridistribuzione: forma di scambio in cui un individuo raccoglie donazioni in
beni o denaro dai membri di un dato gruppo e in futuro li ricompenserà
organizzando eventi pubblici in cui sono previste ulteriori donazioni (es. il
moka di Papua Nuova Guinea)
Capitolo 3 - I sistemi economici
Scambio squilibrato
Scambio di mercato: compravendita di beni in condizioni di
competitività. Il valore dei beni è determinato dalle forze della
domanda e dell'offerta
Mercato: luogo in cui avviene la compravendita
Commercio: scambio formalizzato di un bene con un altro in base a
parametri di valore prefissati
Capitolo 3 - I sistemi economici
Altre forme di scambio squilibrato:
Il gioco d'azzardo: tentativo di ricavare un profitto sfidando la fortuna
in un gioco
Il furto: è l'opposto logico del dono disinteressato
Lo sfruttamento: si basa sull'ottenimento di qualcosa di maggiore
valore rispetto a quanto si ottiene in cambio
Tabella 3.6 Sistemi di sussistenza, consumo e scambio.
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Tabella 3.7 Lo scambio in sintesi.
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Capitolo 3 - I sistemi economici
•
Nel capitalismo industriale la maggior parte dei beni non è
prodotta per soddisfare bisogni primari, ma per venire
incontro alla domanda di beni non essenziali da parte dei
consumatori.
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IL paradigma del dono
Parlare di dono oggi nel mondo occidentale potrebbe apparire come
qualcosa di anacronistico.
Nella società capitalistica l’uomo si è abituato a comprare quasi tutto e il
dono ha un ruolo marginale nella sua vita.
I regali, nelle società ricche trovano posto in occasioni ben precise: il
compleanno, Natale, un matrimonio, e cosi via; ed anche in quelle
occasioni il regalo sembra rappresentare un problema più che un piacere.
Cosa compro? Il mio regalo sarà adeguato? Piacerà?
Ma il valore del dono va al di là di quello che comunemente la gente pensa.
Ha una funzione sociale importantissima che è quella di creare
legami.
La circolazione della ricchezza attraverso scambi
rituali di doni
Malinowski e il Kula delle Trobriand
Boas e il potlatch presso i Kwakiutl della costa occidentale del
Canada
Il dono presso i Kwakiutl
Il gruppo dei Kwakiutl dell’isola di Vancouver, nell’America Nord-occidentale
è stato studiato dagli antropologi fin dal XIX° secolo. L’economia di questo
popolo si basava sulla pesca e la lavorazione del pesce, in particolare
merluzzo, salmone e balena. L’immensa disponibilità di pesce nel loro
territorio ha reso questo popolo molto ricco. A differenza delle culture
occidentali dove la ricchezza tende ad essere accumulata e conservata, tra
i Kwakiutl la ricchezza si dimostra regalando. Il prestigio, dunque, sta nel
potere di donare in maniera dispendiosa. Questa forma di dono è stata
studiata da Mauss ed è denominata potlatch. Mauss definisce il potlàc la
forma arcaica dello scambio rigettando l’opinione comune che sia il baratto
la forma primitiva di scambio.
Chi è più ricco, quindi, più dona. Ma cosa significa donare presso i Kwakiutl?
Significa sostanzialmente dimostrare la propria superiorità umiliando chi
riceve il regalo, significa sfidare:
“Esso (il potlàc) esclude ogni mercanteggiamento e, in generale, è costituito
daun considerevole dono di ricchezze ostensibilmente offerte con il fine di
umiliare, di sfidare o di obbligare un rivale. Il valore di scambio del dono
risulta dal fatto che il donatario, per cancellare l’umiliazione e raccogliere la
sfida, deve soddisfare all’obbligo da lui contratto in occasione
dell’accettazione, di rispondere ulteriormente con un dono più importante,
cioè di restituire ad usura” (G. Bataille, Il dispendio, 1997, p.65).
“Queste tribù, molto ricche, [...] trascorrono l’inverno in una festa continua:
banchetti, fiere e mercati che costituiscono al tempo stesso l’assemblea
solenne della tribù. [...] Ma ciò che è notevole nelle tribù di cui ci
occupiamo è il principio della rivalità e dell’antagonismo che domina su
tutte queste usanze. Si arriva fino alla battaglia, fino alla messa a morte
dei capi e dei nobili che così si affrontano. Si giunge, d’altra parte, fino alla
distruzione puramente suntuaria delle ricchezze accumulate, per oscurare il
capo rivale e, nello stesso tempo, associato (d’ordinario, nonno, suocero o
genero). C’è prestazione totale nel senso che è tutto il clan che contratta
per tutti, per tutto ciò che possiede e per tutto ciò che fa, tramite il suo
capo. Ma tale prestazione assume, per parte del capo, un andamento
agonistico molto spiccato. Essa essenzialmente usuraria e suntuaria; si
assiste,prima di ogni altra cosa, a una lotta dei nobili per assicurarsi una
gerarchia da cui trae un ulteriore vantaggio il loro clan” (M. Mauss, Saggio
sul dono, 2002, p. 10).
Nel potlatch è possibile sfidare un altro capo attraverso spettacolari
distruzioni di ricchezza. Si tratta di rituali nei quali le distruzioni
rappresentano un sacrificio religioso offerto agli antenati:
“Tutto il sistema economico della costa nord-occidentale era al servizio
di questa ossessione. Un capo aveva due modi per ottenere la
vittoria a cui ambiva. L’uno consisteva nel gettare vergogna sul
rivale donandogli molto di più di quanto lui potesse restituire con
l’interesse richiesto. L’altro consisteva nella distruzione di beni.
[...]” (R. Benedict, Modelli di cultura, 1970, p. 195).
Nella cultura Kwakiutl donare è un obbligo. Il capo perde la sua autorità se non
dimostra, sperperando ricchezza, di essere protetto dagli spiriti della fortuna. Nella
tribù Kwuakiutl, così come in altre tribù del nord-ovest americano, perdere il
prestigio equivale a perdere l’anima.
Tuttavia anche ricevere comporta un obbligo. Non si ha il diritto di rifiutare un dono,
sarebbe come dire in pubblico che si ha paura di ricambiare e perdere il proprio
posto nella società. Oppure, al contrario, potrebbe simboleggiare la presunzione di
chi si ritiene già invincibile. Bisogna accettare la sfida.
Se donare e ricevere sono un obbligo, ricambiare lo è ancora di più. Nella restituzione
c’è l’essenza del potlàc. Se non si ricambia ciò che si è ricevuto o non si distrugge
un valore equivalente si perde la propria dignità davanti a tutta la tribù e per
sempre. Si perde il proprio rango e persino la propria libertà. La pena è la schiavitù
per debiti. Normalmente, però, non basta restituire l’equivalente di quanto ricevuto.
Presso queste società l’obbligo di restituzione è ad usura, ed il tasso di interesse
parte dal 30% fino ad arrivare al 100% l’anno. Quindi, se ricevo quest’anno una
coperta per il matrimonio di una figlia vuol dire che devo restituirne due l’anno
prossimo.
Il kula delle isole Trobriand
Il circuito del Kula
Il kula è uno scambio simbolico di doni effettuato nelle isole Trobriand
(nell'Oceano Pacifico) tra le popolazioni di queste isole ed è basato
su un rapporto di fiducia.
I partecipanti compivano viaggi anche di centinaia di chilometri in
canoa per scambiarsi doni che consistono in collane di conchiglie
rosse (soulava), scambiate in direzione nord (il viaggio è in cerchio
e segue il movimento delle lancette dell'orologio) e braccialetti di
conchiglia bianca (mwali), scambiati in direzione sud. Dunque lo
scambio può avvenire solo tra oggetti diversi: braccialetti per
collane e viceversa.
La funzione dello scambio rituale
Gli oggetti dovevano circolare in continuazione, restando nelle mani
del possessore solo per un periodo limitato di tempo e venivano poi
barattati nel corso di visite che gli abitanti delle isole si
scambiavano periodicamente. I preparativi per la partenza e gli
scambi erano fortemente e rigidamente ritualizzati ma durante il
viaggio per gli scambi di tipo kula avveniva anche un commercio
meno simbolico con il quale venivano scambiati oggetti ed alimenti
di uso comune. Lo scambio rituale infatti ha il compito di
instaurare un rapporto di fiducia, base necessaria dello scambio
materiale.
HOMO OECONOMICUS
L’età moderna è stata caratterizzata dal modello dell’homo oeconomicus che, a
partire da Locke, vede l’interesse come l’impulso dominante di un individuo
autonomo e autoaffermativo, il legame sociale come prodotto di rapporti contrattuali
e l’ordine come effetto di scelte razionali.
L’economia classica e alcune correnti della filosofia concordano nell’affermare che,
affinché la società funzioni bene, ciascuno deve perseguire il proprio interesse
egoistico.
Tra queste correnti filosofiche la più incisiva è stata la dottrina filosofica
dell’utilitarismo, concepita da Jeremy Bentham, il quale definì l'utilità come ciò che
produce vantaggio e che rende minimo il dolore e massimo il piacere. La teoria di
Bentham fu ripresa dal suo allievo John Stuart Mill che relativizzò la quantità di
piacere al grado di raffinatezza dell'individuo: una persona, posta di fronte ad una
scelta fra n alternative sarà portata a scegliere quella che ne massimizza la felicità.
Finalità della giustizia è la massimizzazione del benessere sociale, quindi la
massimizzazione della somma delle utilità dei singoli, secondo il noto motto
benthamiano: “Il massimo della felicità per il massimo numero di persone.”
L'Economia Classica: Adam Smith
In campo economico, determinante è stato il contributo di Adam Smith, fondatore
della scuola classica. Per Smith un sistema di libera iniziativa economica, nel quale
ciascuno è libero di promuovere i propri interessi, era il più adatto a procurare il
maggior beneficio possibile sia per l’individuo sia per la società. Lo sforzo
dell’individuo di perseguire esclusivamente il proprio interesse egoistico determina,
secondo Smith, il massimo benessere per lui e per gli altri
L’uomo ha un’innata tendenza alla socialità e al perseguimento dei propri bisogni
attraverso lo scambio con gli altri. E’ l’interesse egoistico e non la benevolenza ad
essere produttivo di benessere.
Secondo questa impostazione, non solo il comportamento economico è guidato dal
self interest ma si ipotizza anche che l'individuo, in quanto razionale, sia sempre in
grado di riconoscere e perseguire il proprio interesse, cioè sia capace di individuare i
mezzi più appropriati per raggiungere il suo fine. In questo senso la razionalità è
strumentale
La genesi del legame sociale
Nelle scienze sociali esistono due paradigmi fondamentali: il primo, definito
utilitarista o individualismo metodologico, concepisce l’uomo come
teso a conseguire il proprio interesse personale. Questa caratteristica
umana sarebbe preesistente alla volontà dell’individuo. Il secondo
paradigma è quello definito da Durkheim come paradigma collettivista o
olistico. Esso vede l’individuo assoggettato alle regole della sua cultura e
società, delle quali è il prodotto. Cultura e società preesistono all’individuo.
Ma cultura e società non sono forse generate dagli individui?
Il paradigma del dono: Alain Caillé
Alain Caillé si inserisce in questo dibattito affermando che entrambi i
paradigmi non forniscono una spiegazione plausibile alla questione della
genesi del legame sociale e propone l’assunzione di un terzo paradigma,
il paradigma del dono. Il dono, dice Caillé, istituisce rapporti di
obbligazione reciproca e costituisce le basi della società.
Secondo questa prospettiva, beni e servizi non avrebbero più soltanto
valore di scambio, cioè un valore commerciale e neppure più solo un valore
d’uso, determinato dai bisogni che si riescono a soddisfare. Beni e servizi
assumono sotto questa luce un nuovo valore, il valore di legame. Il
valore del bene/servizio va oltre a quello finora identificato, diventando,
attraverso il dono, promotore di relazioni sociali. Il legame creato diventa
più importante del bene/servizio scambiato.
Il dispendio: Georges Bataille
Georges Bataille, seppure con argomenti diversi, si oppone fermamente al principio classico
dell’utilità. La vita umana per Bataille non può accontentarsi di una logica dell’utile, ma ha a suo
fondamento un bisogno di perdita e di dono, rimosso dall’odierna società borghese. L’utilitarismo
riduce l’esistenza umana alla logica quantitativa della produzione, acquisizione e consumo di beni
causando un radicale impoverimento, in quanto l’esistenza stessa viene privata del suo senso più
profondo.
A fondamento della vita dell’uomo non esiste solo la mera legge della necessità ma anche l’Eros,
l'energia che preme per trovare spazi di espressione. Altrimenti non si spiegherebbero tutti i
fenomeni accomunati dal principio della perdita legati dall’idea di consumo improduttivo e di
perdita senza contropartita quali il lusso, i culti, la poesia o l’erotismo.
Tutte queste attività richiedono sacrificio, che etimologicamente significa, dice Bataille, produzione
di cose sacre. Bataille, quindi oppone il dispendio all’utile, la produzione al consumo e infine il
sacro al profano. Sono tutti fattori che tengono unita la società, attività creatrici di unità e
coesione sociale. Divieto e trasgressione, come sacro e profano sono, per Bataille, non solo
complementari ma anche indispensabili ai fini del mantenimento dell’equilibrio sociale e
individuale. Bataille individua nel potlatch la forma primitiva della dépense e del sacro.
Definizione di dono
Gli esseri umani non agiscono sempre seguendo ragioni
utilitaristiche. Ma neppure in maniera completamente gratuita. Il
dono non è mai gratuito. Chi dona si aspetta qualcosa in cambio.
“Definiamo dono ogni prestazione di beni o servizi effettuata, senza
garanzia di restituzione, al fine di creare, alimentare o ricreare il
legame sociale tra le persone” (J. T. Godbout, Lo spirito del dono,
1993, p. 30).
Dono e scambio mercantile: differenze
Cosa differenzia il dono dallo scambio mercantile?
Gli aspetti discriminanti rispetto allo scambio mercantile sono almeno tre:
1) Il primo concerne la libertà. Il dono è libero, non vi è nessun vincolo e nessun contratto che ci spinga a
donare o a ricambiare. E’ vero che un obbligo di ricambiare esiste, ma mai questo obbligo può essere
paragonato a quello contrattuale dello scambio commerciale. Mentre la violazione di quest’ultimo è
perseguibile legalmente e penalmente il primo obbligo si configura come dovere squisitamente morale,
pertanto non sanzionabile legalmente. L’assenza di coercizione e di costrizione a sì che il dono sia una
scelta.
2) La seconda differenza riguarda la valutazione che facciamo dell’altro. A differenza dello scambio
mercantile nel dono non esistono garanzie. Questo presuppone ed alimenta fiducia in chi dà e in chi
riceve. Ad esempio per ciò che concerne il valore del bene/servizio donato. Infatti, al contrario dello
scambio mercantile, che si basa sull’equivalenza dei beni scambiati, non esistono garanzie di
equivalenza nel dono o di restituzione dello stesso.
3) L’ultimo aspetto riguarda ancora il rapporto di reciprocità che si instaura attraverso il dono. Lo
scambio mercantile è incentrato sull’abolizione del debito: al termine della transazione le parti risultano
rispettivamente proprietarie del bene scambiato e prive di obblighi nei confronti dell’altra parte. Il dono,
al contrario, induce all’indebitamento. Infatti, la dimensione prolungata nel tempo nella restituzione del
dono crea un debito che mantiene attivo il legame tra le due o più parti.
I tre aspetti del dono
L’atto del donare non è un momento unico, ma è costituito da
almeno tre parti:
donare, ricevere e ricambiare
il dono.
DONARE
Nella lingua italiana, i termini “dono” e “regalo” siamo soliti associarli a un atto gratuito, mentre il dono
è tutt’altro che gratuito. La parola “regalo” in verità contiene il “rovescio della medaglia” del donare,
ovvero la creazione del debito. Anche quest’ultimo termine, debito, in italiano sembra essere relegato
quasi esclusivamente alla sfera economica o, se riferito a rapporti privati, ha spesso una connotazione
negativa. Sembra quasi che si voglia inconsciamente negare la possibilità di potersi trovare in quello
stato che invece è normale nei rapporti comuni tra persone, anche se non viene percepito come tale. Lo
stato di debitore, appunto.
Tra genitori e figli, tra amici, nella coppia si dona a volte di più di quanto si riceva, ma non per questo ci
si sente creditori o debitori. Il dono è uno strumento indispensabile nella creazione e nel
mantenimento dei rapporti: la situazione di squilibrio che si viene a creare permette che la relazione
rimanga “in tensione”, viva. Anzi, è proprio la situazione contraria, quella di equilibrio, che sancisce la
rottura del rapporto. Basti pensare alla restituzione dei regali alla fine di un rapporto sentimentale: il
debito viene annullato e si ritorna alla parità.
L’idea del dono gratuito, del dare senza cercare nulla in cambio sono entrate nella nostra cultura
probabilmente attraverso la religione cristiana e la predicazione del Vangelo, dove il dare viene esaltato
e il ricevere scoraggiato. Nelle società arcaiche e tradizionali il dono era locale e rivolto sempre a
persone concrete e conosciute. La religione, invece, ha creato una vasta comunità universale e
impersonale dove occorre donare a tutti. Il dono cristiano “ritorna”, come il dono nelle società arcaiche e
tradizionali, solo che non ritorna nella maniera orizzontale delle società arcaiche, dove lo scambio
avveniva tra pari, ma ritorna in maniera verticale, da Dio all’uomo.
RICEVERE
Quando si riceve un dono si prova quasi sempre una duplice emozione: un senso di
gioia legato alla gratitudine per l’autore del dono ed un certo imbarazzo causato dal
fatto di essere automaticamente passati nella condizione di debitori.
Tuttavia, ricevere un dono è sempre piacevole e bisogna riconoscere anche che a
volte, in queste circostanze ricorriamo a frasi fatte come “Non ti dovevi disturbare!”
o “E’ solo un pensiero!” allo scopo di minimizzare il “peso” dell'atto del donare dalle
importanti conseguenze relazionali e morali.
Accettare un dono significa accettare la relazione con l’altra persona. Spesso
l’inizio di un nuovo rapporto è proprio segnato da un regalo. Se il regalo si accetta si
crea immediatamente una situazione di squilibrio che innesca la relazione, se
invece si rifiuta è il segnale che non ci si vuole sbilanciare, non si vuole creare una
situazione di debito – e quindi di relazione – con l’altro. Ma rifiutare un dono può
rivelarsi molto offensivo in certe situazioni o in certe culture. Tra i Kwakiutl, per
esempio, equivale a dichiarare guerra.
RICAMBIARE
Perché ci sentiamo obbligati a restituire?
Secondo Mauss l’oggetto donato porta con sé un’anima che
costituisce l’identità del donatore, per cui il destinatario non riceve
soltanto un oggetto ma anche l’associazione di quell’oggetto con l’identità
del donatore. Mauss porta come esempio lo “hau” maori. “Hau” significa
“spirito del dono”. Lo “hau” viene trasferito dal donatore al destinatario
attraverso il dono e può, anzi deve ritornare al suo proprietario originale
attraverso lo stesso dono o un equivalente. Per i Maori lo spirito
dell’oggetto è dotato di una forza propria che lo spinge a tornare nel luogo
di origine. Nelle isole oceaniche, invece, non ricambiare significa perdere il
“mana”, ovvero la fonte spirituale di autorità e ricchezza.
L'atto di ricambiare:
le critiche di C. Lévi-Strauss
L’interpretazione di Mauss è stata attaccata da Claude Lévi-Strauss in quanto connotata di
“animismo”. Egli propone a sua volta un’altra interpretazione che si basa sul primato del
simbolo e sull’origine simbolica della società che nasce proprio dallo scambio. L’errore di
Mauss, per Lévi-Strauss, è stato quello di studiare il dono come fenomeno a sé stante
piuttosto che inserirlo nel sistema più vasto della reciprocità integrata nella società. Per
Lévi-Strauss la realtà dello scambio degli oggetti va ricercata in quelle “strutture inconsce”
che sono la componente profonda della cultura sociale e che sono indipendenti dalle
soggettività individuali. Così, per Lévi-Strauss, attraverso gli scambi si crea il mondo
della reciprocità, in cui gli oggetti comunicano valori simbolici, in quanto
simboleggiano sentimenti, uniscono persone e gruppi.
Tuttavia, la tesi di Mauss, potrebbe rivelarsi tutt’al più incompleta piuttosto che sbagliata.
Un’altra interpretazione è infatti possibile: lo “hau” o il “mana” non sono un valore già
prestabilito come proprio dal donatore, ma piuttosto il valore prodotto dalla
reciprocità, valore etico condiviso dai protagonisti dello scambio.
Dono e relazioni sociali: Godelier e Hochschild
Di parere ancora diverso è Maurice Godelier, il quale rifiuta l’idea del primato del simbolo di
Lévi-Strauss e propone una teoria sociologica. Sarebbero meccanismi sociologici infatti,
secondo Godelier, a indurre gli individui a donare. Godelier è convinto che ad aprire la
strada al dono è la volontà degli uomini di creare dei rapporti sociali (M. Godelier,
L'enigma del dono, 2013).
Infine, interessante appare la teoria illustrata da Arlie Russell Hochschild nel suo saggio
“Economia della gratitudine” (1989) in cui si occupa in particolare della coppia e di come le
peculiarità di genere incidano nel rapporto. Nella coppia si dona spesso per il piacere di
vedere felice il proprio compagno. Sono proprio questi gesti che creano “uno stato di
debito reciproco che, nutrito da surplus e da sorprese […] fa sì che ciascuno
possa dire dell’altro: «gli devo tanto». Tale sistema è tutt’altro che altruistico: appare
tale solo se letto con una lente utilitaristica. Il «guadagno», il ritorno esiste, ma va cercato
in un appagamento che non è oggettivamente quantificabile. Occorre infatti tenere conto
delle diverse percezioni degli attori”. E’ cosa abbastanza frequente sentir dire da persone
di cui raccogliamo sfoghi o confidenze frasi come “gli ho dato tanto” oppure “bisogna
anche dare, non solo prendere!”
L'obbligo della restituzione
L'obbligo della restituzione costituisce l’atto fondamentale del dono.
Si tratta piuttosto di un obbligo morale che di altro tipo, ed è proprio la
mancanza di garanzie sulla restituzione, la scommessa del dono, che crea il
legame sociale. Caratteristica distintiva del dono rispetto allo scambio
mercantile è la libertà. La libertà di restituire quando e come si vuole. Pur
nel rispetto di questa libertà esistono però delle regole e dei limiti
al quando ed al come deve avvenire la restituzione. Ad es. il regalo
dato in cambio deve essere di pari o di maggior valore, non “basta il
pensiero” come si è soliti dire. La data della restituzione è dilazionata nel
tempo, è vero, ma un ritardo eccessivo, così come un dono di valore molto
inferiore a quello elargito possono creare tensioni in un rapporto, in quanto
creano asimmetria. Il dono in quel caso può rivelarsi un’arma. E’ quello che
succede nelle tribù del Nord America, dove il dono non ricambiato rende
inferiore colui che lo ha accettato.
Le forme del dono
Il dono: «non concerne soltanto momenti isolati e discontinui dell’esistenza sociale, ma la sua stessa
totalità. Ancor oggi non è possibile avviare o intraprendere alcunché, niente può crescere e funzionare se
non nutrito dal dono» (J. T. Godbout, Lo spirito del dono, 1993).
Il dono è assolutamente presente nelle società contemporanee: c’è il dono in famiglia, nel gesto
della madre verso il bambino, o negli innumerevoli servizi, aiuti e gesti quotidiani compiuti da membri
della rete familiare verso altri membri.
C’è il dono in amore: donarsi tempo, emozioni, felicità; il dono in amicizia, gli aiuti e il sostegno, le cose
e gli oggetti che circolano fra amici; il dono in occasione di eventi: nascita, compleanni, esami,
fidanzamenti, matrimoni, ecc.; il dono in occasione di festività come il Natale, la Befana, la Pasqua, e
le varie feste della donna, degli innamorati; il dono agli ospiti e agli stranieri, il
dovere
dell'accoglienza, dell’offrire cibo, vino, ospitalità che in molti posti è ancora molto forte.
C’è il dono nella forma del volontariato sociale, volontariato con anziani, bambini, immigrati, poveri,
persone vittime di violenza; il dono in gruppi di aiuto reciproco, i gruppi di mutuo-aiuto, gli alcolisti
anonimi, basati sul principio che non si può riuscire da soli, che c'è bisogno dell'aiuto degli altri e di una
forza superiore che si riceve e si trasmette ad altri. C’è il dono nello spazio del lavoro, nel tempo e nel
sostegno che si rivolge ai colleghi, alla ditta o all'impresa. Dunque, il dono è estremamente diffuso anche
da noi, seppure non trova spesso un adeguato riconoscimento simbolico. Il dono è alla base della
nostra società moderna, molto più di quanto non pensiamo
IL “DONO GENERALIZZATO”
Il dono è un atto personale. Quando facciamo un regalo scegliamo sì
qualcosa che piace a noi ma allo stesso tempo calibriamo la scelta anche
sui gusti del destinatario. Nel dono, quindi c’è una componente che
caratterizza chi dona e allo stesso tempo chi riceve.
Tuttavia, nella società moderna si è venuto a creare un nuovo tipo di dono,
il dono agli sconosciuti, detto anche dono generalizzato che si differenzia
radicalmente da quello fin qui descritto. E’ quello che si ritrova per esempio
nel dono del sangue, degli organi, nella beneficenza, nelle sottoscrizioni.
“Il dono della carità non è più il dono al prossimo, al vicino, a qualcuno che
conosciamo, ma diventa un dono finalizzato a lenire tutte le sofferenze in
generale. Al soggetto singolo del destinatario si sostituisce una categoria
(poveri, affamati, affetti da determinate malattie, colpiti da catastrofi) più o
meno vasta e quanto mai anonima” (J.T. Godbout, Lo spirito del dono,
1993).
Ambiguità del dono generalizzato
Il dono generalizzato non presuppone, e spesso non crea, nessun tipo di legame tra
chi dona e chi riceve. E’ un sistema di delega che ha come elemento positivo il
diffondere nella comunità lo spirito di solidarietà tra chi ha ricevuto di più e chi
ha ricevuto di meno.
Ciò che differenzia principalmente il dono generalizzato dal dono vero e proprio è che
nel primo il donatore non sceglie un oggetto o un servizio che in qualche modo
rappresenti il suo rapporto con il destinatario. Anche perché il donatore non conosce
il destinatario. Viene a mancare il rapporto di fiducia verso il ricevente che
invece è tipico del legame interpersonale forte che si crea con il dono.
Questo perché il dono agli sconosciuti non prevede contro-dono, l’unica forma di
beneficio che il donatore può ricavare dal suo gesto è, se c’è, di tipo interiore. “Il
dono generalizzato è una ruota che gira. Si dà non a qualcuno ma alla società e si sa
che si riceverà” (J.T. Godbout, Lo spirito del dono, 1993).
Ma la carità, avverte Mauss, “ferisce chi la riceve”, è umiliante perché non si
può restituire, ricambiare il dono. Nel dono generalizzato chi riceve non
entra nella spirale del dare, ricevere, ricambiare, l’atto dell’aiutare si
conclude nel momento della ricezione. Viene a crearsi una falla nel
triangolo donare-ricevere-ricambiare che dà vita a gerarchie sociali ed
economiche che si trasformano inevitabilmente in rapporti di forza e
trasforma il ricevente in debitore impotente
Quello che potrebbe sembrare un atto puramente gratuito, proprio perché
non chiede niente in cambio, si rivela invece un gesto ambiguo e forse
anche rischioso, perché, come dice Mauss, nulla è meno gratuito del dono.
Fare dono significa marcare simbolicamente la necessità sociale
dello scambio. Il dono costruisce legami e pertanto getta le basi della
società. La carità non ha niente di tutto ciò, essa gratifica chi la fa e gli
mette il cuore in pace. E’ un medicamento per l’anima, un aiuto alla società
ma non un dono.
Socialità primaria e socialità secondaria
Nella società moderna si è soliti separare due ambiti della vita
umana, quello della socialità primaria e quello della socialità
secondaria.
Socialità primaria: i rapporti tra le persone sono più importanti del
ruolo funzionale che le stesse svolgono all'interno della società (è
l'ambito della famiglia, della socialità, dell'amicizia)
Socialità secondaria: dà più importanza alla funzionalità degli attori
sociali e vige la legge dell'impersonalità (è l'ambito del mercato,
delle istituzioni pubbliche)
Il dono nella socialità secondaria: il ruolo delle
associazioni
Associazione: non opera né nell'ambito dell'economia privata o
pubblica, né nella sfera politico-amministrativa. La caratteristica
propria dell'associazione è quella di assolvere compiti funzionali
all'interno della società mantenendo un forte legame personale tra
gli individui e ricorrendo a modalità tipiche della socialità primaria
(pensiamo all'AIDO per i donatori di organi e AVIS per i donatori di
sangue).
L'associazione è in grado di creare legami e alleanze su grande
scala. Opera in uno spazio pubblico-privato: privato sociale/terzo
settore.
Il dono nella socialità secondaria: il ruolo delle
associazioni
Associazione: non opera né nell'ambito dell'economia privata o
pubblica, né nella sfera politico-amministrativa. La caratteristica
propria dell'associazione è quella di assolvere compiti funzionali
all'interno della società mantenendo un forte legame personale tra
gli individui e ricorrendo a modalità tipiche della socialità primaria
(pensiamo all'AIDO per i donatori di organi e AVIS per i donatori di
sangue).
L'associazione è in grado di creare legami e alleanze su grande
scala. Opera in uno spazio pubblico-privato: privato sociale/terzo
settore.
ECONOMIE DEL DONO
Tutta l'economia solidale e l'economia cosiddetta plurale si
inseriscono in questa riscoperta dello spirito del dono: i sistemi di
scambio locale sono un esempio di attività associative in cui i
membri scambiano al di fuori del mercato beni e servizi di
ogni genere (es. LETS – Local Exchange Trade System; BdT –
Banche del Tempo; SEL – Systémes d'Échanges Locaux).
Si potrebbe obiettare che si tratta di un semplice baratto: la
differenza sta nell'attivazione del circuito e al contrario del
baratto, che è un semplice scambio tra due soggetti senza l'utilizzo
del denaro, tra gli individui che si scambiano i servizi si
consolida sempre di più il legame di solidarietà che rafforza
il circuito stesso.
Questa economia informale che Latouche chiama “neoclanica” utilizza una logica
che si avvicina a quella del dono maussiano: all'interno di essa si tessono reti di
relazioni che portano gli individui che vi aderiscono a conoscersi e a instaurare
catene di debiti che li lega tra loro.
Il dono appartiene dunque alla nostra realtà sociale e ancora oggi continua a
strutturare le relazioni fra le persone ed è un fenomeno niente affatto residuale né
quantitativamente né qualitativamente.
Un gruppo di studiosi francesi, riuniti sotto la sigla MAUSS (Mouvement Antiutilitariste dans le Sciences Sociales), si sono impegnati in un programma di ricerca
volto a verificare non solo la persistenza e l'efficacia delle forme arcaiche, ma la
possibilità di un'inversione di tendenze, vale a dire di una riduzione progressiva degli
ambiti governati secondo i principi dell'economia del mercato e del profitto, a
vantaggio di un rinnovato sviluppo dell'economia del dono.
La lezione di Mauss ritorna ad essere attuale a più di novant'anni di distanza dalla
pubblicazione dell'Essai sur le don.
Capitolo 3 - I sistemi economici
PAROLE CHIAVE
80 Antropologia culturale