Benedettelli-Celeghin
Un duo molto particolare
L'idea è affascinante, unire uno strumento complesso e molteplice come l'organo liturgico, frutto
di successive elaborazioni nel tempo, tecnicamente complesso, all'Alphorn strumento
apparentemente semplice ed essenziale, nato 2000 anni fa quando le tribù celtiche si
stanziarono sulle pendici delle Alpi settentrionali. Esso veniva usato come mezzo di richiamo da
una valle all'altra.
Basti questo a far capire quali sono le emozioni, le immagini e i profumi che questi due
strumenti, suonati in sintonia, ma forse talvolta anche in simbiosi, possono generare.
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Alphorn o Alpenhorn o Corno delle alpi
È uno strumento a fiato che può raggiungere i quattro metri di lunghezza: viene ricavato da un
tronco d’abete o larice, tagliato per lungo in due metà, scavate e rincollate le due parti vengono
poi fasciate con strisce di corteccia (di solito di betulla, ma anche vimini o midollino). Munito di
bocchino, l’Alphorn si mostra generalmente dritto con il padiglione piegato a uncino. Questa
curvatura viene ottenuta in modo naturale sfruttando la forma a gomito degli alberi che
crescono lungo i pendii. Lo strumento è privo di fori, ritorte o pistoni e di conseguenza sfrutta
soltanto i suoni naturali (armonici) che vengono prodotti facendo vibrare la colonna d’aria
contenuta nel tubo per mezzo delle labbra. La lunghezza determina la tonalità di base. Il suono
prodotto è caldo e sonoro e ha una portata di sei o sette chilometri, sorprendente per chi lo
sente per la prima volta. Benché nato per eseguire brevi frasi di carattere pastorale, si presta
però anche a un repertorio virtuosistico.
La sua storia è molto antica, infatti, in base a ritrovamenti archeologici, si è potuto stabilire che
la sua origine data a partire almeno da duemila anni fa, quando le tribù celtiche si stanziarono
sulle pendici delle Alpi settentrionali. Fin dalle sue origini fece parte delle attività quotidiane dei
pastori di queste montagne anche se il suo areale di diffusione è molto più ampio (dai Balcani ai
Pirenei). Esso fu usato come strumento di richiamo da una valle all’altra (i famosi ‘ranz de
vaches’). Era usato per segnalare pericoli o per dire che tutto andava bene, oppure al tramonto
per segnalare al gregge di fermarsi per la notte, ma anche per calmare le mucche al momento
della mungitura o per radunare i pastori. Le semplici e rustiche melodie (i cosiddetti Betruf o
Alpsegen), che venivano usate, furono tramandate di padre in figlio per innumerevoli
generazioni di pastori. Erano canti di preghiera che affondavano le loro radici nel recitativo
gregoriano.
Anche lo storico latino Tacito ci parla di ‘cornum alpinum’ come strumento caratteristico nella
sua descrizione dei popoli germanici. I Romani usavano poi, oltre le buccine, anche il Lituus,
che era uno strumento in bronzo che, per la sua forma, potrebbe aver ispirato le genti delle Alpi
che venivano in contatto con i legionari romani.
Nel XVI secolo l’erudito zurighese Conrad Gesner descrive l’Alphorn dopo averlo suonato a un
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alpeggio sul monte Pilato, ma la prima menzione del corno in un documento elvetico risale al
1527 nel libro dei conti del Convento di Sant’Urbano nel cantone di Lucerna.
Nel 1619 Michael Pretorius, nel suo trattato Syntagma Musicum, attesta l’esistenza di uno
strumento simile a una tromba di legno diritta e ci dice che lo strumento veniva usato dai pastori
della Svizzera e dell’Alta Sassonia. I mandriani delle Alpi svizzere scendevano nelle città,
suonando il corno, per elemosinare, è dovuto probabilmente all’incontro con qualcuno di questi
mendicanti il concerto che Leopold Mozart scrisse per Alphorn e archi. Così pure i mercenari
svizzeri portavano con sé i corni mentre erano al servizio di molti signori europei, facendoli così
conoscere ovunque in Europa.
Nel suo Dictionnaire de musique Jean-Jacques Rousseau pubblica nel 1768 una Air Suisse
appelé Ranz de Vaches , un brano musicale per corno delle Alpi trascritto dal naturalista Moritz
Anton Cappeler nella sua descrizione del Monte Pilato. Cappeler pubblica anche un disegno in
cui lo strumento appare curvo.
Ma la fortuna dell’Alphorn inizia dai primi anni dell’Ottocento con la scoperta romantica delle
Alpi e la oro “apertura” avvenute con la prima scalata al Monte Bianco nel 1786.
Nel 1805 appare la prima raccolta di canti popolari dedicata al ranz de vaches e ha luogo la
prima festa dei pastori alpini, indetta dalla città di Berna, che tanto contribuirà alla
conservazione e alla diffusione del corno delle Alpi. In seguito al successo della manifestazione
il sindaco di Berna diede incarico a un giovane professore di musica di insegnare lo strumento: i
corsi furono tenuti a Grindelwald negli anni 1826-27 all’aria aperta nel pomeriggio della
domenica.
Nel nostro secolo le composizioni con Alphorn diventano abbastanza numerose. Tra i
compositori svizzeri ricordiamo Jean Daetwyler, André Besançon, Albert Benz, Étienne isoz,
Othmar Schoeck, Fernc Farkas Il compositore jugoslavo Vinko Globokar ha composto un
Concerto Grosso per corno delle Alpi.
Ma il musicista più famoso che presto la sua attenzione ed espresse il suo amore per il
fascinoso suono del corno delle Alpi fu Johannes Brahms che, durante un suo viaggio in
Svizzera, lo ebbe a sentire e nel 1868 compose per questo strumento una breve melodia che si
può sentire nel celebre assolo affidato al corno nel finale della sua prima sinfonia.
Alessio Benedettelli 3/5
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Proposta concertistica: Alphorn - Organo
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“Idyll” per Alphorn e campanacci
A.MARCELLO (1684-1750)
Concerto in Re minore (versione per organo di J.S.Bach BWV 974)
Allegro-Largo-Presto
B.MARCELLO (1686-1739)
Sonata in Fa maggiore per corno e organo
Adagio, Allegro, Largo, Vivace
J.S. BACH (1685-1750)
Fantasia e Fuga in La minore BWV 561
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Benedettelli-Celeghin
L. MOZART (1719-1787)
Sinfonia pastorale in Sol maggiore per corno pastoriccio e organo
Allegro moderato, Andante, Presto
F.J. HAYDN (1732-1809)
Otto pezzi per “Musical Clocks”
B. MARCELLO (1686-1739)
Sonata in Re minore per corno e organo
Adagio, Vivace, Largo, Allegro
5/5