Ricerca e divulgazione sull’impatto dell’ozono su sintomatologia, ecofisiologia e crescita in specie forestali Elena Paoletti Istituto per la Protezione delle Piante – Consiglio Nazionale delle Ricerche (IPP-CNR) Via Madonna del Piano 10, Sesto Fiorentino [email protected] L’attività svolta dall’IPP-CNR nel progetto Interreg Medocc IIIB Vegetpollozone ha riguardato 3 working packages ed è stata realizzata attraverso 6 esperimenti rivolti a 4 obiettivi principali (1. caratterizzazione microscopica dei sintomi tipo-ozono in specie arboree ancora non validate; 2. definizione delle risposte ecofisiologiche in foglie sintomatiche sia in condizioni naturali che artificiali; 3. studio degli effetti dell’ozono sulla crescita di specie arboree forestali; e 4. comunicazioni al mondo scientifico e ai soggetti pubblici) secondo lo schema sottostante: ESPERIMENTI OBIETTIVI Fumigazioni artificiali WORK PACKAGE OB1 ORNIELLO WP3 In campo OB2 FRASSINO MAGGIORE Fumigazioni artificiali WP4 EDU nel tronco OB3 In campo WP6 EDU al terreno PIOPPO In OTC OB4 I principali risultati raggiunti sono: - Sono stati descritti e validati i sintomi macro e microscopici di danno da ozono in Fraxinus ornus (Orniello), una specie finora non caratterizzata. - I danni visibili da ozono in F. ornus consistono in arrossamenti fogliari diffusi, assai diversi da quelli che si manifestano nella specie affine Fraxinus excelsior (Frassino maggiore) che mostra punteggiature cuoiose. - La precoce comparsa e la maggiore estensione dei danni fogliari suggeriscono che F. excelsior è più sensibile all’ozono di F. ornus, a causa di un minor potenziale di detossificazione e riparazione del danno (minore fotosintesi) e nonostante la minore conduttanza stomatica (minore assorbimento di ozono). - I sintomi visibili sono semplici da individuare e utili per determinare la capacità fitotossica dell’ozono ambiente, ma presentano bassa specificità e ridotto potenziale diagnostico. - Le sottostanti punteggiature e la loro distribuzione sono più specifiche dell’effetto dell’ozono. - L’esposizione all’ozono in condizioni controllate (camere di crescita) non è in grado di riprodurre esattamente i sintomi da stress ossidativo (ozone-like) osservati in natura. Le analisi microscopiche forniscono un aiuto determinante per validare i danni fogliari da ozono osservati in campo attraverso esperimenti in condizioni controllate. - Nelle camere di crescita, ridotte intensità luminose si associano ad elevata disponibilità idrica e alti livelli di ozono, generando danni acuti (punteggiature necrotiche, dovute a reazioni di tipo ipersensibile - HR), favoriti dall’elevata capacità di scambi gassosi dei semenzali. In campo, l’alta illuminazione si associa a livelli moderati di disponibilità idrica e di ozono e alla moderata 1 capacità di scambi gassosi degli alberi adulti, generando danni cronici (accumulo di prodotti del metabolismo secondario, legato a fenomeni di senescenza cellulare accelerata - ACS). - L’ozono promuove l’ispessimento della parete cellulare attraverso l’apposizione di sostanze polifenoliche tipo-lignina. - L’ipotesi che l’ozono influenzi gli stomi attraverso la delignificazione delle pareti delle cellule di guardia (Maier-Maercker, 1989) è stata respinta. - E’ consigliabile non usare i semenzali come surrogati per capire come gli alberi maturi rispondono all’ozono. - Stabilire le soglie di danno tramite esperimenti su semenzali in camere di crescita sovrastima l’insorgenza del danno negli alberi maturi (per l’Orniello: 16,7 ppm h AOT40 in campo vs 33,4 ppm h AOT40 nelle camere), e la sensibilità della fotosintesi. Il maggiore impatto dell’ozono sulla fotosintesi dei semenzali che delle piante adulte ha motivazioni fisiologiche (scambi gassosi, luce, disponibilità idrica) e anatomiche in quanto i semenzali mostravano gravi sintomi tipo-HR (morte cellulare programmata), mentre la sintomatologia delle piante adulte era legata a fenomeni di senescenza anticipata. - I danni visibili sono indicatori degli effetti dell’ozono sulla capacità di assimilazione del carbonio. La fotosintesi nelle foglie danneggiate è limitata dall’enzima della carbossilazione (Rubisco) piuttosto che dal substrato della carbossilazione (RuBP). - L’ozono rallenta la risposta degli stomi al deficit idrico, ma questo effetto non si traduce in una variazione della conduttanza idraulica fogliare. - Anche l’invecchiamento rallenta la chiusura stomatica in presenza di stress idrico. Perciò, questo effetto dell’ozono può essere considerato un sintomo di senescenza fogliare anticipata. - La delignificazione delle pareti delle cellule di guardia degli stomi non è uno dei meccanismi che rallenta la risposta stomatica allo stress idrico. - Maggiori limitazioni stomatiche alla fotosintesi e minore conduttanza stomatica in condizioni controllate rispetto a quelle di campo confermano l’ipotesi che l’apertura stomatica limita l’assorbimento di ozono più negli alberi adulti che nei semenzali. Viceversa, le risposte dinamiche degli stomi durante lo stress idrico suggeriscono un maggiore assorbimento di ozono negli alberi maturi. - Le risposte fisiologiche ai danni visibili da ozono sembrano principalmente da ascriversi al rapporto tra capacità di detossificazione (sintetizzata dalla fotosintesi) e capacità di assorbimento dell’ozono (sintetizzata dalla conduttanza stomatica). - Le relazioni tra presenza/assenza di sintomi visibili a livello di pianta (sensibilità dell’albero) e risposte ecofisiologiche e di crescita sono state studiate somministrando un antiossidante (EDU) per limitare l’insorgere dei sintomi. In questo modo, è stato possibile anche elucidare alcuni dei meccanismi di protezione dell’EDU e metterne a punto l’applicazione su piante legnose. - L’EDU non agisce come un fertilizzante fogliare di azoto, non influisce sui processi fotosintetici, ma è efficace nel mantenimento dei sistemi antiossidanti presenti nelle cellule durante lo stress da O3 (aumento dell’attività dell’ascorbato perossidasi, della monodeidroascorbato reduttasi e del contenuto di acido ascorbico, diminuzione del contenuto di perossido di idrogeno). I sistemi antiossidanti conferiscono capacità di protezione rispetto ai danni da ROS (radicali prodotti dall’ozono all’interno dei tessuti vegetali) e quindi contribuiscono a limitare la produzione di perossido di idrogeno e lo sviluppo di sintomi visibili. - Poiché l’acido ascorbico aumentava solo negli alberi asintomatici, il suo ruolo nel regolare l’azione protettiva dell’EDU rimane da stabilire. - Nel caso dei Frassini adulti, l’EDU sembra agire riducendo la conduttanza stomatica e quindi l’assorbimento di ozono. Tuttavia, questo effetto non è stato osservato nelle talee di Pioppo. E’ possibile che l’effetto dell’EDU sulla conduttanza sia stato mediato dall’effetto dell’EDU sui sintomi visibili, ridotti nei Frassini e non manifestatisi nei Pioppi. - Nel caso di studio (Frassini adulti nel parco IPLA), la sensibilità dell’albero all’O3 è prevalentemente da ascriversi alla disponibilità di acqua per le radici, dato che il lieve stress idrico 2 sperimentato dalle piante asintomatiche è in grado di ridurre gli scambi gassosi, e quindi l’assorbimento di ozono, e di attivare i sistemi antiossidanti potenzialmente capaci anche di detossificare l’ozono, così contribuendo a limitare la produzione di perossido di idrogeno e lo sviluppo di danni fogliari. - L’EDU stimola lunghezza e diametro dei getti, e numero e area delle foglie ritardandone l’abscissione, mentre non sono stati individuati effetti significativi a livello di radici fini (lunghezza, biomassa e numero di apici) e di pianta intera (altezza e diametro), forse a causa del tempo limitato dell’esperimento (una stagione di crescita) non in grado di influenzare sensibilmente la biomassa di alberi già adulti (16-31 anni), come quelli da noi trattati. - Nelle piante sotto ozono, parte dei fotosintati è convogliata verso la detossificazione e la riparazione dei danni e non può essere usata per la crescita. Per questo l’EDU, riducendo i danni da ozono, stimola la crescita senza influenzare l’assimilazione del carbonio - E’ stato suggerito un metodo per calcolare la dose di EDU in funzione della superficie fogliare da trattare. Nel caso dell’infiltrazione gravitazionale, la dose efficace nel ridurre i sintomi fogliari è risultata essere 13-26 mg m-2 di foglia. - L’esposizione di piante all’ozono in condizioni controllate (camere a cielo aperto) altera le risposte fisiologiche vegetali indipendentemente dall’ozono (soprattutto per le elevate ventilazione e temperatura interne) e produce risultati aberranti (maggiore crescita delle piante esposte all’ozono in aria ambiente rispetto a quelle mantenute in camere con aria deprivata di ozono). - L’applicazione di EDU è risultata il metodo migliore, rispetto all’uso di camere chiuse o a cielo aperto, per studiare gli effetti dell’ozono sulla crescita forestale in esperimenti a lungo termine. - L’infiltrazione gravitazione di EDU nel tronco si è dimostrata capace di proteggere alberi adulti dagli effetti deleteri dell’ozono. Una applicazione ogni 3 settimane nel corso della stagione vegetativa ha permesso di ridurre il numero di foglie danneggiate del 91% e l’estensione superficiale dei danni sulle foglie sintomatiche del 50%, ma ha richiesto almeno 12 fori nel fusto. Altri fori sono stati realizzati in caso di assorbimento inefficiente, il che sconsiglia questa tecnica in esperimenti di lungo termine. - L’applicazione di EDU al terreno sembra promettente, anche se l’effetto protettivo ottenuto per questa via non è stato statisticamente significativo. - La presenza di sintomi visibili fogliari indotti dall’ozono ambiente riduce la crescita in lunghezza e diametro dei getti, riduce la dimensione delle foglie e ne accelera la caduta. Gli effetti sulla crescita complessiva degli alberi devono però essere valutati in esperimenti di lungo termine. - Sono stati organizzati 2 convegni internazionali e 1 nazionale per discutere le tematiche legate alla protezione delle foreste dagli effetti dell’ozono. - Sono state diffuse 14 notizie sul tema ozono e foreste tramite un’apposita e-mailing list, comprendente circa 700 indirizzi internazionali e 100 italiani. - Sono stati preparati per la pubblicazione 23 lavori scientifici basati sulle esperienze maturate dall’IPP-CNR nel progetto Vegetpollozone. In conclusione, oltre a caratterizzare i danni fogliari da ozono (dal punto di vista microscopico ed ecofisiologico) ed i loro effetti sulla crescita forestale, l’attività svolta ha fatto crescere l’attenzione degli operatori nei confronti del tema ozono-foreste ed è solo grazie al rafforzamento della sensibilità sociale che potranno essere mitigati gli impatti causati dall’inquinamento da ozono. 3