Andrea Audrito - Giuseppina Rinaudo Laboratorio di Fisica Moderna - Indirizzo FIM - a.a. 2005/06 1. Fisica Classica e Fisica Moderna Storicamente il passaggio dalla fisica classica alla fisica moderna ha comportato una revisione profonda dei concetti e dei modelli utilizzati per descrivere un sistema fisico e le sue interazioni. I fisici che all’inizio del novecento sono stati protagonisti di questa revisione hanno dovuto costruire dei modelli completamente nuovi per l’interpretazione dei fenomeni facendo i conti con i concetti che costituivano il loro solido bagaglio culturale e che sembravano in stridente contrasto con le nuove idee che si stavano rapidamente affermando. Le nuove idee non hanno portato, però, ad una modifica della fisica classica, che ha conservato intatta la sua validità ed è risultata perfettamente compatibile con le nuove teorie in quanto caso limite per c e per h 0 , cioè per oggetti relativamente lenti e di dimensioni relativamente grandi. L’insegnamento della fisica, di solito, fa ripercorrere ai nostri studenti questo stesso iter. Nei primi anni di studio lo studente si costruisce un bagaglio culturale sostanzialmente analogo a quello posseduto dagli studenti di fisica dei primi anni del novecento. Negli ultimi mesi del suo corso di studi di scuola media superiore, se viene a contatto con la fisica moderna, scopre di dover ristrutturare tutte le sue conoscenze; grandezze fisiche, concetti o processi fino a quel momento considerati marginali, diventano centrali, mentre altri elementi posti a fondamento della teoria classica diventano poco rilevanti oppure vanno completamente rivisti. In questo corso vogliamo innanzitutto ripensare con voi i contenuti dell’insegnamento della fisica classica alla luce dei concetti che risultano centrali nella fisica relativistica e/o quantistica, per fare in modo che l’insegnamento della fisica moderna si inserisca con continuità all’interno di un percorso didattico. Energia e quantità di moto L’insegnamento della meccanica del punto inizia di solito con lo studio della “cinematica”, con l’obiettivo di procedere alla descrizione dei principali moti di un punto materiale. Le grandezze fisiche utilizzate per questa descrizione sono : la posizione r , lo spostamento, lo spazio percorso, la velocità , l’accelerazione, la velocità angolare ecc. Invece la fisica moderna, per la descrizione degli oggetti, privilegia grandezze più specificamente dinamiche, quali ad esempio la quantità di moto p (o il momento angolare l ) e l’energia E che, nell’insegnamento tradizionale, vengono inserite solamente più tardi. In particolare la quantità di moto, spesso rimane un po’ ai margini, confinata in un capitolo dedicato in prevalenza allo studio degli urti. Rivedere la descrizione del comportamento di un sistema fisico spostando l’attenzione su queste grandezze sarà un aspetto del nostro modo di ripensare la meccanica classica. Un secondo aspetto consisterà nell’individuare alcuni nodi concettuali che attraversano tutto l’insegnamento della fisica (classica e moderna), Un nucleo concettuale fondamentale, può comparire inizialmente durante l’insegnamento della meccanica, ritornare in termodinamica, nell’elettromagnetismo, in ottica o nello studio della fisica moderna; può arricchirsi ogni volta di nuovi significati e di ulteriori applicazioni, ma può anche subire importanti trasformazioni e discostarsi sensibilmente dal significato iniziale. Seguire il percorso di evoluzione di un nucleo concettuale dal momento in cui viene introdotto fino allo studio fisica moderna, descrivendo le “novità” o i cambiamenti di prospettiva che man mano vengono introdotti può essere utile per far sì che la fisica moderna venga vista come punto di arrivo di un percorso che si è sviluppato con continuità. Elenchiamo di seguito alcuni di questi nodi concettuali: Sistema fisico Energia e quantità di moto “stato” di un sistema fisico interazione Evoluzione temporale Spazio, Tempo e Sistemi di riferimento Grandezze fisiche e loro misura …… La quantità di moto E’ una grandezza centrale nella fisica moderna: Per questo la nostra proposta didattica prevede che venga introdotta molto presto, se ne studino a fondo le proprietà, e la si utilizzi sistematicamente per l’analisi e la descrizione delle varie situazioni fisiche. Nella meccanica del punto la quantità di moto sembra essere una grandezza “derivata”, mediante la relazione p mv , dalla velocità e dalla massa del corpo in esame. Noi sappiamo però che questa relazione non può essere considerata una “definizione esaustiva” di questa grandezza , ma più propriamente una legge che consente di calcolarne il valore per un corpo puntiforme dotato di massa. Infatti questa relazione perde di validità per un’onda elettromagnetica (fotone), che, pur essendo priva di massa, possiede una E quantità di moto che si calcola con una legge del tutto diversa ( p ). Infine, nell’ambito della c meccanica quantistica, la quantità di moto avrà una definizione del tutto indipendente dalle precedenti grandezze. E’ un esempio del “percorso di evoluzione “ di un concetto cui si è accennato in precedenza. Per accompagnare gli studenti lungo questo percorso è bene esserne consapevoli e tenerlo presente fin dall’inizio. Si potrebbe anticipare che la luce può essere descritta come un fascio di “particelle” dette fotoni che possiedono una quantità di moto che, però, non è legata ad una massa , ma al “colore” della luce. In questo modo non si enfatizzerà al di là del dovuto la relazione p mv che rappresenterà comunque il primo contatto dello studente con questa grandezza e se ne chiarirà fin dall’inizio l’ambito di applicazione, Si sposterà invece l’accento sulle proprietà più generali di questa grandezza e precisamente sul fatto che: E’ una grandezza vettoriale E’ una grandezza estensiva ed additiva che si può attribuire al corpo E’ una grandezza conservata. La quantità di moto apparirà così agli studenti come una specie di “merce di scambio”, posseduta da un sistema fisico, che può variare solo grazie appunto ad uno scambio con l’ambiente circostante, ma con alcune peculiarità dovute alla sua natura vettoriale, per cui due corpi privi di quantità di moto possono ugualmente scambiarsene una certa dose, a patto che le quantità scambiate siano uguali ed opposte (in questo è molto diversa dalle “merci” con cui l’abbiamo paragonata). Lavorando bene su queste proprietà sarà più facile per lo studente, negli anni successivi, comprendere la necessità di attribuire all’onda elettromagnetica una quantità di moto per la semplice ragione che è in grado di trasferirne ad un corpo carico (ad es. un elettrone). Utile può essere anche, nell’ambito della meccanica, approfondire il confronto tra questa grandezza e la corrispondente grandezza intensiva: la velocità. Per introdurre precocemente questa grandezza, sarà sufficiente dare agli studenti come prerequisito il concetto di massa e di velocità, anche limitatamente al moto rettilineo uniforme. Trattandosi di una grandezza “dinamica”, anche alla luce di quanto prima esposto, la sua introduzione richiede un fenomeno di interazione, e potrà avvenire mediante i classici esperimenti di urto in particolare di urti anelatici. Ad es. l’urto anelastico tra un corpo in moto ed uno fermo permette ai ragazzi di scoprire facilmente che esiste una grandezza, la quantità di moto, che inizialmente era posseduta dal corpo in moto e successivamente si ridistribuisce tra i due corpi. Un lavoro accurato sugli urti permette di mettere bene in evidenza le tre proprietà cui si è accennato prima. Probabilmente questa grandezza viene poco (o per nulla) utilizzata nello studio delle prime interazioni, perché si tratta quasi sempre di fenomeni terrestri (ad es. caduta dei gravi), e bisogna fare i conti con la terra. Nei fenomeni terrestri, infatti, la quantità di moto sembra nascere dal nulla, e il principio di conservazione non è affatto evidente. Tuttavia, fare i conti con la terra è non solo utile, ma necessario e contribuisce a chiarire meglio molti processi. Si può partire dalla caduta dei gravi, chiedendo agli studenti da dove provenga la quantità di moto acquistata dal corpo durante la caduta. Appurato che lo scambio è avvenuto con la terra tramite il campo gravitazionale, si possono fare i dovuti calcoli sulla velocità acquistata dal nostro pianeta. La terra apparirà così come una specie di “termostato della quantità di moto”, che, grazie alla sua grande massa inerziale, può scambiare quantità di moto con i corpi terrestri senza che la corrispondente grandezza intensiva, la velocità, subisca variazioni apprezzabili. Diciamo che i corpi che si comportano come la terra, che quindi possono scambiare quantità di moto senza una apprezzabile variazione della loro velocità possiedono una grande “inerzia”. Sotto questo punto di vista si potranno esaminare altri processi, come la camminata. Si può cominciare studiando la camminata di una persona sopra una piattaforma di massa “m” poggiata su una serie di rulli ed aumentare progressivamente la massa della piattaforma. La terra apparirà così come una piattaforma di massa enorme, che, camminando, noi spingiamo indietro, scambiando con essa quantità di moto e variando sensibilmente la nostra velocità, ma non quella della terra. Con metodi analoghi si potrà esaminare il caso in cui la quantità di moto venga comunicata al corpo da una molla compressa (che, probabilmente, per funzionare, sarà fissata ad un muro. E’ evidente che la quantità di moto, una volta introdotta, potrà con profitto, essere chiamata in causa in tutti i fenomeni di interazione. Quantità di moto, energia ed interazione Sempre nell’ambito della meccanica, se abituiamo gli studenti a distinguere tra un “sistema fisico” e l’ambiente circostante, l’interazione potrà essere descritta (in maggiore armonia con la fisica moderna) come “scambio” di energia e quantità di moto tra il sistema e l’ambiente. Le cosiddette forze esterne esprimeranno il “tasso” di scambio di quantità di moto, intesa come la quantità di moto che il sistema scambia con l’ambiente nell’unità di tempo. Il secondo principio della dinamica, scritto nella forma: dp F dt esprime il fatto che la quantità di moto, essendo una grandezza conservata, non può essere né creata, né distrutta, quindi il bilancio della quantità di moto scambiata con l’ambiente coinciderà con la variazione della quantità di moto del sistema. In quest’ottica anche il primo ed il terzo principio risultano un’ovvia conseguenza della conservazione della quantità di moto. Sempre nell’ambito della meccanica, un sistema che non scambia quantità di moto con l’ambiente, sarà detto isolato. Per quanti guarda l’energia, sappiamo che vi è scambio di energia meccanica tra il sistema e l’ambiente se viene eseguito del lavoro; il lavoro eseguito, infatti, è una misura “dell’energia trasferita”. dE dL F dr Non può quindi esserci un trasferimento di energia meccanica senza una forza esterna che esegua un lavoro. La presenza della forza esterna comporta lo scambio di quantità di moto tra il sistema e l’ambiente. L’interazione meccanica si può quindi presentare come “scambio” di energia e quantità di moto; le due grandezze sono accoppiate nell’interazione meccanica nel senso che non può esserci scambio di energia senza che vi sia parallelamente uno scambio di quantità di moto. Il “tasso” con cui viene scambiata l’energia meccanica, cioè l’energia scambiata nell’unità di tempo è detta “Potenza meccanica”: dE dr P F F v dt dt Il centro di massa dp Abbiamo scritto il 2° principio nella forma F . Se il sistema è un corpo “puntiforme”, oppure dt se tutti i punti del sistema si muovono con la stessa velocità v (moto traslatorio), si ottiene agevolmente la più nota formulazione del F ma del 2° principio. In caso contrario è d’uso ricorrere al “centro di massa” del sistema. Il centro di massa è un punto dello spazio le cui coordinate si ottengono facendo una “media ponderata” delle coordinate dei “punti materiali” che costituiscono il sistema: n r dm mi ri oppure rG 1 rG V M M Se il sistema è composto da più parti di cui si conoscono i centri di massa le coordinate del centro di massa complessivo si possono ottenere da relazioni analoghe alle precedenti attribuendo al centro di massa di ogni sotto-sistema la massa del sotto-sistema stesso. A titolo di esercizio potete calcolare il centro di massa di un sistema costituito da tre masse uguali poste nei vertici di un triangolo equilatero in 2 modi differenti, applicando la relazione vettoriale ai tre corpi che compongono il sistema oppure pensando il sistema composto da due sottosistemi (due corpi da una parte e uno dall’altra). La velocità del centro di massa può facilmente essere calcolata: n mi vi n vG 1 MvG mi vi p M 1 Si vede così che il centro di massa può essere pensato come un punto in cui è concentrata tutta la massa e la quantità di moto del sistema. Ogni scambio di quantità di moto tra il sistema e l’ambiente determina una variazione della velocità del centro di massa che può essere calcolata in base alla n precedente relazione: MdvG mi dvi dp . Il comportamento del centro di massa ignora invece 1 tutti gli scambi di quantità di moto che avvengono tra le varie parti che compongono il sistema perché non alterano la quantità di moto totale del sistema stesso. In conclusione il centro di massa si muove come se fosse un punto materiale di massa M sottoposto all’azione delle sole forze esterne che agiscono sul sistema. Se il sistema è isolato esso conserverà il proprio stato di moto. In questo caso il 2° principio si potrà scrivere anche nella forma: F maG essendo F la risultante delle forze esterne e aG l’accelerazione del centro di massa. Nei corpi rigidi il centro di massa coincide con il baricentro del sistema, in cui si può pensare applicata la forza di gravità che agisce sul corpo. Il baricentro gioca un ruolo particolare nello studio delle posizioni di equilibrio del corpo rigido. Ad esempio se il corpo è libero di ruotare intorno ad un punto fisso (fulcro) assumerà una posizione di equilibrio quando il suo centro di massa e il fulcro si trovano sulla stessa retta verticale. L’equilibrio sarà stabile se il centro di massa si trova al di sotto del fulcro, instabile se si trova al di sopra. Se il baricentro coincide con il fulcro, l’equilibrio è indifferente. Abbiamo così un metodo per determinare operativamente il centro di massa di un corpo rigido. Esperimenti con il carrello Avete a disposizione un apparato sperimentale che vi consente di esplorare le proprietà della quantità di moto, dell’energia e del centro di massa di un sistema. Sganciate la molla tagliando la corda, osservate il comportamento del sistema e analizzatelo da un punto di vista della quantità di moto, dell’energia e del centro di massa del sistema. Consultandovi con i docenti organizzate degli esperimenti che consentano di verificare le proprietà in questione. Il carrello ideale Immaginate di sostituire idealmente la boccia da biliardo con un fotone e di avere un carrello ideale leggerissimo alle cui estremità si trovano 2 atomi, il primo emette un fotone che viene assorbito dal secondo. Descrivete il comportamento del sistema e analizzatelo dal punto di vesta della quantità di moto, dell’energia e del centro di messa. Vi accorgerete che andate incontro ad una contraddizione che si può risolvere solo tenendo conto del principio relativistico di equivalenza tra massa ed energia. Questo modello può quindi essere utilizzato per introdurre didatticamente la relazione E mc 2 nell’insegnamento della fisica.