Testi letti nel corso della Veglia della vigilia di Natale

PARROCCHIA SAN MARTINO VESCOVO
SARNICO
VEGLIA DI NATALE
CRISTO PANTOCRATORE
’uomo di tutti i tempi ha sempre cercato di
immaginarsi il volto di Dio, il Dio che nessuno ha
mai potuto vedere. Nel vangelo di Giovanni si legge
che Gesù dice a Filippo: «Chi ha visto me, ha visto il Padre»
(Gv14,9b).Gesù irrompe nella storia proprio per rivelarci
l’autentico volto del Padre.
Ecco allora che Previtali mostra Dio creatore dell’universo
(pantocratore) attraverso il volto di Cristo. La scultura
raffigura un uomo di mezza età, che già gode della
saggezza della maturità, con la barba, attributo del Cristo
storico, gli occhi chiusi e l’espressione seria di chi è
completamente assorbito e concentrato nell’attività
creativa.
Nel volto del Cristo Pantocratore riconosciamo il Dio del
racconto del libro di Genesi, di cui viene messa in risalto
non tanto la febbrile dinamicità dell’architetto che opera
nell’avvicendarsi dei giorni, quanto il momento
antecedente, il tempo senza tempo, in cui la creazione del
mondo è concepita attraverso l’attività pacata del
meraviglioso pensiero di Dio. Ogni creatura scaturisce
infatti prima che nella materia nella mente stessa del
Creatore.
L
“L’asciutto” (di Erri De Luca)
“E nel secondo giorno si ruppero le acque per fare posto al cielo. L’universo era liquido, fu diviso in due, un sopra e un sotto di acque, col firmamento in mezzo. L’ossigeno si sciolse dalla doppia mandata dell’idrogeno, nella nebbia si mischiò all’azoto e si dischiuse in gas dell’aria, in sostanza di cieli. 2
Le acque si ammassarono in recinti, venne a vista l’asciutto e fu chiamato terra. E su di essa l’albero s’abbevera, galleggia e brucia quanto un uomo. E sulla terra nuvole, ghiacci, nevi, arcobaleni, stagni, paludi, laghi, pozzi, cisterne, canali, vasche, invasi, fonti, torrenti ,terme, e preghiere a benedire l’acqua.” «Il tema dell’acqua è ampio in quanto abbraccia
l’esistenza umana ed è presente lungo la storia biblica. Esso
appare ai primordi dell’umanità (Gen 1,1), dove viene
presentato il Creatore che agisce attraverso il suo “Spirito”
(ruah) sulle acque cosmiche; ma si ritrova anche
ampiamente attestato nell’Apocalisse e nella visione finale
in riferimento alla “nuova creazione” (Ap 21,1: il mare;
22,2: il fiume e la fecondità). Ad uno sguardo complessivo si
può affermare che una considerevole parte della tradizione
extrabiblica e biblica fa riferimento all’acqua come elemento
fondamentale e presupposto costitutivo della struttura del
mondo (Gen 1,6: “divise poi in acque superiori ed inferiori”).
Essa è principio di vita e di morte a seconda della
situazione in cui si trova e in cui si usa, è semplice e chiara
nella sua costituzione fluida, ma può costituire nella sua
grande massa un senso di mistero, di penetrabilità di luce
solo parziale e di forza incontrollabile. Unitamente alla sua
notevole attestazione quantitativa (oltre 1500 riferimenti
biblici), la categoria dell’acqua porta in sé una consistente
valenza simbolica legata alle origini della creazione, alla
vita degli uomini e alla loro esperienza di fede, con
un’ampia gamma di significati». (Giuseppe De Virgilio)
In particolare, come nella poesia letta pocanzi,
l’associazione dell’acqua con gli estremi, trascendenza dei
cieli e profondità degli abissi fa di questa categoria una
3 delle più efficaci per esprimere la grandezza e l’onnipotenza
di Dio sull’uomo e sulla storia.
Preghiamo insieme il salmo 105
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, proclamate fra i popoli le sue opere. A lui cantate, a lui inneggiate, meditate tutte le sue meraviglie. Gloriatevi del suo santo nome: gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto. Ricordate le meraviglie che ha compiuto, i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca CRISTO PATIENS
he ci fa un Cristo crocifisso a Natale ? A Natale si
celebra l’incarnazione e l’incarnazione si manifesta
non solo nelle sembianze di un neonato tenero e
rassicurante, come quello che vedremo al termine della
nostra veglia, ma anche nel corpo scarno, amputato, e
dolente del Cristo adulto condotto a morte. È un altro volto
di Dio che si rivela in Cristo patiens, cioè sofferente. Il
volto di un Dio misericordioso, innamorato dell’uomo fino a
morirne pur di salvare tutti e ciascuno.
Previtali questa volta ci conduce idealmente sul Golgota,
detto monte del cranio, simboleggiato dal teschio ai piedi
del Cristo. La scena è essenziale: di tutto il racconto
evangelico della crocifissione rimane lui solo, l’uomo -Dio
crocifisso, privato di tutti e di tutto, persino del legno della
croce, a cui rimandano però inequivocabilmente i due
C
4
grandi chiodi che trafiggono i piedi. Sono quei due grandi
chiodi il segno violento dell’iniquità degli uomini e la
sintesi del dolore di Dio. Non vi sono altri chiodi, né
sangue, né corone di spine, né lance… Tutta la tragedia si
consuma nei piedi trafitti, in quegli stessi piedi che furono
lavati di lacrime, asciugati da capelli di donna e cosparsi di
oli profumati.
Se si ripercorre dal basso verso l’alto la figura longilinea di
Cristo, dallo stesso angolo di visuale in cui la videro i
testimoni della crocifissione, si nota immediatamente la
mancanza degli arti superiori; delle braccia rimane solo un
abbozzo, quasi fossero ali. Lungo la verticale che porta
verso il cielo il corpo si libera di qualsiasi vincolo, nulla più
lo trattiene immobilizzato a terra. Forse è solo una
suggestione, ma dalla cintola in su il Cristo di Previtali,
sebbene manifesti nel capo chino e negli occhi chiusi la sua
umanità dolente, anticipa nella postura e nella libertà del
corpo quello che sarà lo slancio del Risorto. A conferma di
questa interpretazione, il frutto del melograno aperto ai
suoi piedi, simbolo della vita donata. Tutto torna: dalla
nascita del Bambinello in quel di Betlemme nell’anno zero,
alla rinascita del Salvatore, vivo e presente tra noi in
questa notte santa.
“L’intruso” (di Erri De Luca)
“Camminava sull’acqua, riempiva le reti, i pescatori lasciavano il mestiere per seguirlo. A una festa di nozze mancò il vino e provvide, litri a centinaia , un colpo da maestro di vendemmie, acqua in vasi di pietra si girava in vino. E’ migliore dissero i commensali, sì è migliore Il vino che non costa premitura, il pane fatto senza grano e forno il pesce che da solo salta in barca: scatenava il gratis 5 che appartiene alla grazia , passionale e guappa. Veniva da un battesimo in acque di Giordano, morì poco lontano sopra una trave a T e quando un ferro gli trafisse il fianco spillò acqua con sangue, come breccia di parto, morì come sorgente. Ecco l’intruso del mondo, intriso dal grasso di tutte le colpe, messo a sbiadire pallido di freddo in un aprile o addirittura un marzo, oltre ottocento metri sul livello del mare mai toccato. Un gargarismo d’acque in fondo a un pozzo asciutto, uno scatarro nella tubatura delle arterie: così scroscia la resurrezione.” Lo Spirito e l'acqua sono le più antiche presenze della
Bibbia, entrano in scena già dal secondo versetto della
Genesi: la terra era informe e deserta, ma «lo Spirito di Dio
aleggiava sulle acque».
Il primo movimento della vita nella Bibbia è una danza
dello Spirito sulle acque. Come una colomba che cerca il suo
nido, che cova la vita che sta per nascere. Da allora sempre
lo Spirito e l'acqua sono legati al sorgere della vita. Per
questo sono presenti nel Battesimo di Gesù e nel nostro
Battesimo: come vita sorgente. Di quale vita si tratta? Lo
spiega la Voce dal cielo: Questi è il Figlio mio, l'amato: in
lui ho posto il mio compiacimento. «Figlio» è la prima
parola. Ogni figlio vive della vita del padre, non ha in se
stesso la propria sorgente, viene da un altro. Quella stessa
voce è scesa sul nostro Battesimo e ci ha dichiarati figli, i
quali non da carne né da volere d'uomo ma da Dio sono
stati generati ( Gv 1,13). Battesimo significa immersione:
siamo stati immersi dentro la Sorgente, ma non come due
cose separate ed in fondo estranee, come il vestito e il corpo,
ma per diventare un'unica cosa, come l'acqua e la Sorgente,
6
come il tralcio e la Vite: la nostra carne in Dio in risposta a
Dio nella nostra carne, il farsi uomo di Dio che genera
'l'indiarsi' (Dante) dell'uomo. Il nostro abitare in Dio dopo
che Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14), il mio
Natale dopo il suo Natale.
Preghiamo insieme il salmo 62
Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia salvezza. Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: mai potrò vacillare. Fino a quando vi scaglierete contro un uomo, per abbatterlo tutti insieme come un muro cadente, come un recinto che crolla? Tramano solo di precipitarlo dall’alto, godono della menzogna. Con la bocca benedicono, nel loro intimo maledicono. Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia speranza. Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: non potrò vacillare. In Dio è la mia salvezza e la mia gioia; il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio. PURIFICAZIONE
ltro volto, senza segni di riconoscimento. Senza
un’identità definita, se non quella propria dell’uomo.
Di ogni uomo. Un solo particolare balza
immediatamente all’occhio: sopra il capo si erge una strana
forma che non è acconciatura alla moda , ma piuttosto resa
A
7 scultorea di uno scroscio d’acqua ( a guidarci
nell’interpretazione sono il titolo, purificazione, e il
bozzetto preparatorio, in cui le tracce dell’acqua che cade
sul capo sono marcatamente evidenti).
C’è in questa scultura un rimando all’opera precedente del
Cristo Patiens. Sulla pelle del Cristo crocifisso, infatti, - ad
un occhio attento al dettaglio - non sfuggono i solchi che
segnano in verticale l’intera sua figura. Paiono fenditure di
materia scavata dall’acqua. Come se dall’alto fossero scesi
persistenti rivoli a dilavare le impurità, i peccati degli
uomini. Il corpo del crocifisso rivela nella carne segnata il
lento e incisivo processo di purificazione dell’umanità. La
purificazione cosi ottenuta da Cristo a caro prezzo
restituisce dignità all’uomo: ecco il volto purificato!
Dal “Magnificat” (di Alda Merini)
...Germogliava in lei luce come se in lei in piena notte venisse improvvisamente il giorno. Ed era così piena della voce di Lui che Maria a tratti diventava grande come una montagna, e aveva davanti a sé il Sinai e il Calvario, ed era ancora più grande di loro, di queste montagne ardenti oltre le quali lei poneva il grande messaggio d’amore che si chiamava Vita. E intanto si lavava nelle fonti più pure e le sue abluzioni erano caste perché Maria era fatta 8
di sola acqua. Un altro aspetto relativo all’impiego della categoria
dell’acqua è collegato alla sua valenza rituale e
purificativa, come esprimono efficacemente sia la scultura
di Previtali ,sia i versi di Merini.
Nella pratica
dell’ospitalità l’acqua viene offerta ai forestieri per la
lavanda dei piedi (Gn 18,4; 19,2; 2Sam 11,8). Insieme
all’olio, al sangue e al fuoco, l’acqua diviene per la
comunità ebraica un elemento necessario per le
purificazioni rituali, prescritte e tramandate nella
tradizione levitica (cf Lv 11-15). Secondo le leggi di
purificazione, ogni persona che era contaminata doveva
lavare il suo corpo con l’acqua corrente (Lv 14,5-6; Nm 19,922), così come i riti di purificazione vengono svolti mediante
aspersioni su persone e oggetti (Lv 14,7.51; Nm 8,7; 19,1819). Ma la vera purificazione è quella operata in noi da Dio
stesso.
Preghiamo insieme il brano del profeta Ezechiele (cap. 36): Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio. [ ... ] 9 Così dice il Signore Dio: Quando vi avrò purificati da tutte le vostre iniquità, vi farò riabitare le vostre città e le vostre rovine saranno ricostruite. Quella terra desolata, che agli occhi di ogni viandante appariva un deserto, sarà di nuovo coltivata e si dirà: «La terra, che era desolata, è diventata ora come il giardino dell'Eden, le città rovinate, desolate e sconvolte, ora sono fortificate e abitate. IL SOGNO DI GESÙ BAMBINO.
finalmente… l’atteso protagonista: Gesù bambino.
Un bambino sereno che dorme e sogna. Deposta
accanto a lui la melagrana, simbolo della nuova vita
donata da Cristo all’umanità. Il frutto, che nella scultura
del Cristo Patiens si offriva a noi maturo e spaccato, come
il corpo di Lui, qui si presenta quasi integro. Piccolo,
inerme, tenero - questo bambin Gesù che non necessita
ancora di parole: è lui stesso il Verbo! - arriva dritto al
cuore di ogni uomo, credente e non. Come dimostra lo
splendido testo del filosofo ateo Jean Paul Sartre.
E
da “Bariona e il figlio del tuono” (di Jean Paul Sartre)
«Non avete che da chiudere gli occhi per sentirmi “ ‐ dice Sartre ai prigionieri che con lui condividono la baracca nel Natale del 1942 ‐ e vi dirò come vedo i personaggi che popolano il presepe, come li vedo dentro di me […] La montagna brulica di uomini in festa e il vento porta l’eco della loro gioia fino alla sommità delle cime. Approfitterò di questa tregua per mostrarvi il Cristo nella stalla, poiché non lo vedete in 10
altro modo: non appare in questa stanza Giuseppe né la Vergine Maria. Ma siccome oggi è Natale, avete il diritto di esigere che vi mostri il presepe. Eccolo. Ecco la Vergine ed ecco Giuseppe ed ecco il bambino Gesù […] La Vergine è pallida e guarda il bambino. Ciò che bisognerebbe dipingere sul suo viso è uno stupore ansioso che non è apparso che una volta su un viso umano. Poiché il Cristo è il suo bambino, la carne della sua carne, e il frutto del suo ventre. L’ha portato nove mesi e gli darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio. E in certi momenti la tentazione è così forte che dimentica che è Dio. Lo stringe tra le sue braccia e dice: piccolo mio! Ma in altri momenti, rimane interdetta e pensa: Dio è là e si sente presa da un orrore religioso per questo Dio muto, per questo bambino terrificante. Poiché tutte le madri sono così attratte a momenti davanti a questo frammento ribelle della loro carne che è il loro bambino e si sentono in esilio davanti a questa nuova vita che è stata fatta con la loro vita e che popolano di pensieri estranei. Ma nessun bambino è stato più crudelmente e più rapidamente strappato a sua madre poiché egli è Dio ed è oltre tutto ciò che lei può immaginare. Ed è una dura prova per una madre aver vergogna di sé e della sua condizione umana davanti a suo figlio. Ma penso che ci sono anche altri momenti, rapidi e difficili, in cui sente nello stesso tempo che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che è Dio. Lo guarda e pensa: «Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. È Dio e mi assomiglia». E nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive. Ed è in quei momenti che dipingerei Maria, se fossi pittore, e cercherei di rendere l’espressione di tenera audacia e di timidezza con cui protende il dito per toccare la dolce piccola pelle di questo bambino‐Dio di cui sente sulle ginocchia il peso tiepido e che le sorride. Questo è tutto 11 su Gesù e sulla Vergine Maria. E Giuseppe? Giuseppe, non lo dipingerei. Non mostrerei che un’ombra in fondo al pagliaio e due occhi brillanti. Poiché non so cosa dire di Giuseppe e Giuseppe non sa che dire di se stesso. Adora ed è felice di adorare e si sente un po’ in esilio. Credo che soffra senza confessarselo. Soffre perché vede quanto la donna che ama assomigli a Dio, quanto già sia vicino a Dio. Poiché Dio è scoppiato come una bomba nell’intimità di questa famiglia. Giuseppe e Maria sono separati per sempre da questo incendio di luce. E tutta la vita di Giuseppe, immagino, sarà per imparare ad accettare. Miei buoni signori, questa è la Sacra Famiglia. Ci introduciamo alla S. Messa con il canto del Gloria...
Questa Veglia di Natale è stata resa possibile dalla generosa collaborazione dello
scultore CARLO PREVITALI (Bergamo 1947...) che ha messo a disposizione alcune
sue opere, e ha contribuito ad elaborare i concetti portanti dei testi. La sua attività
d’insegnamento si è concentrata tra Bergamo come docente di discipline plastiche
presso l’Istituto d’Arte Andrea Fantoni, l’Accademia di Belle Arti Carrara e il liceo
artistico di Bergamo e di Lovere. Tra i riconoscimenti più recenti si segnalano il
primo premio per la scultura conferitogli alla II Rassegna d’Arte Sacra ‘Pulchra
Ecclesia’ di Montichiari (2002) e il ‘Premio Ulisse’ alla carriera consegnato dalla
Provincia di Bergamo agli scultori del territorio (2006). Le sue opere sono presenti
in numerosi spazi museali tra cui la Fondazione Museo Interreligioso di Bertinoro
(Fc), il museo della Fondazione Stauros di San Gabriele - Isola del Gran Sasso (Te),
la Raccolta d’Arte Contemporanea dei musei del Duomo di Ravello, il Museo
Diocesano di Mantova, la Collezione Civica d’Arte di Palazzo Vittone di Pinerolo,
Museo d’Arte e Cultura Sacra di Romano di Lombardia. Vive e lavora a Grumello
del Monte (Bg).
12