BOLOGNA, 4 - 7 GIUGNO 2010 Sezione Emilia Romagna In copertina: Robert-Henry Cheney (Badger Hall, 1801-1866), Il cortile di Palazzo Bevilacqua a Bologna, acquerello, 1838, Collezione Ippolito Bevilacqua Ariosti. ASSOCIAZIONE DIMORE STORICHE ITALIANE XXXIII Assemblea Nazionale Bologna, 4 - 7 Giugno 2010 Sezione Emilia Romagna Associazione Dimore Storiche Italiane Organi Centrali PRESIDENTI DALLA FONDAZIONE Gian Giacomo di Thiene 1977-1986 Niccolò Pasolini dall’Onda 1986-1992 Gaetano Barbiano di Belgiojoso 1992-1997 Aimone di Seyssel d’Aix 1997-2001 PRESIDENTE Aldo Pezzana Capranica del Grillo PRESIDENTE ONORARIO Niccolo Pasotini dall’Onda VICE PRESIDENTI Luciano Filippo Bracci Ippolito Calvi di Bergolo CONSIGLIO NAZIONALE Ippolito Bevilacqua Ariosti Prospero Colonna Sergio Gelmi di Caporiacco Giuliano Malvezzi Campeggi Carlo Marenco di Santarosa Nicola de Renzis Sonnino Emanuela Varano di Camerino CONSIGLIO DI PRESIDENZA Aldo Maria Arena Mario Lolli Ghetti Arturo Nullino Stefano Passigli PROBIVIRl Aimone di Seyssel d’Aix Novello Cavazza Francesco Marigliano Caracciolo Supplenti Carlo Patrizi Vieri Torrigiani Malaspina REVISORI DEI CONTI Ferdinando Cassinis Luciana Masetti Faina Maria Termini Supplenti Francesco Bucci Casari Francesco Schiavone Panni COORDINATORE DEI GRUPPI GIOVANlLI Valeria Bossi Fedrigotti von Lutterotti COMITATO DIRETTIVO DELLA SEZIONE EMILIA ROMAGNA PRESIDENTE Francesco Cavazza Isolani VICEPRESIDENTE Giovanni Facchinetti Pulazzini CONSIGLIERI Gian Luca Garagnani - Consigliere Segretario Paola Galletti Lindsten - Consigliere Tesoriere Francesco Bonora Gian Luigi Bragadin Marina Deserti Maria Teresa Ferniani Paolucci delle Roncole Luigi Malvezzi Campeggi Paolo Senni Guidotti Magnani SEZIONI REGIONALI ABRUZZO Massimo Lucà Dazio Palazzo Lucà Dazio 66038 San Vito Chietino (CH) [email protected] BASILICATA Annibale Berlingieri Palazzo Scardaccione Corso Umberto I, 42 85037 Santarcangelo (PZ) [email protected] CALABRIA Francesco Zerbi Rappresentanza a Roma: Via Paraguay. 5 00198 Roma Tel. 06.8541300 - fax 06.8549043 [email protected] CAMPANIA Cettina Lanzara Via N. Fornelli. 14 80132 Napoli Tel. 081.421375 [email protected] EMILIA ROMAGNA Francesco Cavazza Isolani Via Santa I 40125 Bologna Tel. 051.225928 [email protected] FRIULI VENEZIA GIULIA Sergio Gelmi di Caporiacco Rappresentanza a Roma: Via Santa Maria in Monticel1i, 67 00186 Roma [email protected] LAZIO Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini Largo dei Fiorentini 1 00186 Roma Tel. 06.6832774 [email protected] LIGURIA Giovanni Battista Gramatica di Bellagio Via Ceccardi, 4/15 16121 Genova Tel. 010.564497 - fax 010.593500 [email protected] LOMBARDIA Camillo Paveri Fontana Via San Paolo, 10 20121 Milano Tel. 02.76318634 - fax 02.76312266 [email protected] MARCHE Maddalena Trionfi Honorati Colle San Lazzaro 60035 Iesi (AN) Tel. 0731.207638 Segreteria: Via S. Stefano, 8 60122 Ancona Tel. 071.2071827 [email protected] MOLISE Nicoletta Pietravalle Rappresentanza a Roma: Via di Villa Ada, 4 00199 Roma [email protected] TOSCANA Niccolò Rosselli Del Turco Borgo SS. Apostoli, 17 50123 Firenze Tel. 055.212452 [email protected] PIEMONTE Filippo Bcraudo di Pralormo Via Umberto 1.26 10040 Pralormo (TO) Segreteria di sezione: Via Pomba, 17 10123 Torino Tel. 011.81129495 [email protected] TRENTINO ALTO ADIGE Antonia Marzani di Sasso e Canova Piazza G.B. Riolfatti, 16 38060 Villalagarina (TN) Tel. 0464.412068 [email protected] PUGLIA Giuseppe Seracca Guerrieri Via F. A. D’Amelio. I 73100 Lecce Tel. 0832.331151 [email protected] Segreteria di sezione: Carlo Fumarola Via Principi di Savoia, 67 73100 Lecce Tel. 0832309581 [email protected] SICILIA Bernardo Tortorici di Raffadali Piazzetta M.se Natale, 2 90147 Palermo Tel. 091534280 [email protected] UMBRIA Clara von Saucken Strada Marscianese, 30 06079 San Martino Delfieo (PG) Tel. 075.38137 [email protected] VENETO Giorgio Zuccolo Arrigoni Via Rolando Da Piazzola. 25 35139 Padova Tel. 049.660018 - fax 049.8753817 [email protected] La Sezione EMILIA ROMAGNA ha organizzato la visita delle dimore e ville bolognesi grazie all’impegno, disponibilità e collaborazione dei Consoci: Ippolito Bevilacqua Ariosti Morando Bevilacqua Ariosti Francesco Cavazza Isolani Gualtiero Cavazza Isolani Federico Enriques Giovanni Facchinetti Pulazzini Giovanna Furlanetto Alessandro Hercolani Antonio Hercolani Claudia Hercolani Francesco Malvezzi Campeggi Gherardo Malvezzi Campeggi Luigi Malvezzi Campeggi GianCarlo Meroni Bianca Maria Molinari Pradelli Ubaldo Monari Sardè PierLuigi Montebugnoli GianLuca Salina Amorini Bolognini Gerardo Veronesi La Sezione EMILIA ROMAGNA ringrazia per la collaborazione: Il Museo Civico Medioevale di Bologna Il Museo Internazionale della Musica di Bologna Padre Domenico Vittorini O.S .A. Stefania Biancani Giovan Battista Emaldi, Presidente Gruppo Giovani ADSI Emilia Romagna Il logo della XXXIII Assemblea Nazionale A.D.S.I è stato realizzato da Marina di Mottola Balestra Cavazza Isolani e Camilla Rusconi Rizzi. L’Assemblea Nazionale, che ogni anno riunisce i soci dell’Associazione, è sempre un momento di grande importanza. È la sede dove i soci delle varie regioni possono incontrarsi, scambiarsi le idee, chiedere chiarimenti ai dirigenti nazionali. Il sito dell’Associazione e le possibilità di interagire fra i vari soci sono uno strumento molto utile, ma l’incontro personale è insostituibile. L’Assemblea di quest’anno ha poi una particolare importanza perché è chiamata ad eleggere, in sede di rinnovazione del Consiglio Direttivo, i nove consiglieri, che insieme ai presidenti delle sezioni eleggeranno il nuovo presidente. Dopo aver ottenuto per ben tre volte la quasi unanime fiducia del Consiglio Direttivo, ha termine il mio terzo ed, in ossequio alla nuova norma statutaria, ultimo mandato; e contemporaneamente lascio ogni incarico negli organi direttivi dei quali ho fatto parte per oltre trent’anni. Lavorare per la difesa delle nostre dimore è stata un’esperienza entusiasmante. Le molte battaglie combattute ed in gran parte vinte sono per me un grande motivo di soddisfazione. La mia lunga esperienza negli organi direttivi mi ha insegnato che le cariche nell’Associazione non devono essere viste come degli incarichi onorifici e delle gratificazioni morali, ma devono essere considerate come un impegno di servizio per i soci e per la collettività nazionale alla quale moralmente appartiene il patrimonio storico culturale di cui noi siamo custodi e difensori. Sono sicuro che coloro che saranno eletti sia attraverso le votazioni per corrispondenza già terminate sia a seguito di quelle che si svolgeranno in Assemblea, sapranno gestire nel modo migliore l’Associazione e difendere le nostre dimore dal pericolo di interventi legislativi pregiudizievoli. Com’è poi di consuetudine la sezione Emilia Romagna ha organizzato, come piacevole contorno all’Assemblea, una serie di visite ai palazzi storici di Bologna ed alle ville della campagna bolognese. Al Consiglio Direttivo della sezione Emilia Romagna, al suo presidente ed agli sponsor il più vivo ringraziamento mio e della sede nazionale. A tutti i soci che interverranno il mio più cordiale saluto. Aldo Pezzana Capranica del Grillo Presidente dell’Associazione Dimore Storiche Italiane L’esperienza dell’attività dell’ADSI mi convince di quanto sia fondamentale una collaborazione fra pubblico e privato per generare nuovi stimoli e idee sull’utilizzo dell’immenso patrimonio storico e artistico italiano nell’ottica della vitalità e rivitalizzazione degli immobili storici privati. A questa riflessione si ispira il tema conduttore della XXXIII Assemblea ADSI che quest’anno si svolge a Bologna e che, come Presidente della Sezione Emilia Romagna, mi vede ispiratore, organizzatore e padrone di casa. La problematica del riutilizzo funzionale di una dimora storica, villa, castello o palazzo cittadino che sia, è sempre più nevralgica in un contesto socioeconomico che vede la destinazione unicamente residenziale di questi immobili sempre più ardua e costosa. Da qui il benvenuto concettuale che come Presidente Regionale ADSI do ad ogni sollecitazione che proponga soluzioni innovative di rivisitazione dell’uso e della funzione delle dimore storiche: nel corso dei lavori e delle giornate dell’Assemblea avremo modo di verificare alcuni interventi che si sono dimostrati a diverso titolo eccellenti: dalla riconversione in sede direzionale di una villa collabente alle porte di Bologna, alla riproposta come show room dei saloni affrescati di un prestigioso palazzo senatorio all’adattamento residenziale dei sottotetti dello stesso palazzo, in un’applicazione di restauro e arte contemporanea sorprendente nei suoi risultati decorativi e funzionali. Né dobbiamo dimenticare le possibilità offerte dal turismo culturale e dall’agriturismo: un percorso che collegasse fra loro solo dimore storiche private avrebbe sul mercato turistico internazionale, soprattutto d’Oltreoceano, un impatto che ci lascerebbe strabiliati, com’è dimostrato da tali iniziative che già avvengono in Gran Bretagna ed in Francia e che attirano turisti di fascia altissima e di altrettanto alta capacità di spesa. Quest’accenno all’impresa turistica mi permette di concludere rimarcando quella vocazione al turismo culturale d’alto livello che nei secoli è stata caratteristica di Bologna e che dall’Ottocento in poi si è andata sempre più appannando fino a scomparire per poi rinascere timidamente ma con costante progressione negli ultimi anni. Ormai è più che facile sentire sotto i portici voci che parlano inglese, spagnolo, tedesco, olandese, francese: non solo studenti attirati dal programma Erasmus o dal prestigio dell’università americana Johns Hopkins ma anche molti turisti. Bologna non è né sarà città da turismo di massa ma mi auguro possa, grazie anche alla riqualificazione delle sue dimore storiche, soprattutto le ville senatorie che la circondano sia verso i colli sia verso la pianura, riconquistare quello status di meta raffinata del turismo colto che fra Seicento ed Età Napoleonica la portò ad essere meta obbligatoria del Grand Tour che aristocratici ed intellettuali d’ogni paese europeo, perfino dalla Russia, compivano in Italia per educarsi alle arti e al gusto del vivere colto e civile. Le Goût des Bolonais fu un dogma artistico fra Seicento e Settecento e nello scenario allora cosmopolita della Bologna settecentesca si incrociavano le querelles d’arte e politica fra l’Algarotti cortigiano di Federico II di Prussia e il Bibiena di casa alla corte d’Asburgo e nei salotti e fra i portici si muovevano grandi architetti, artisti e collezionisti come Inigo Jones, Chambers, Clérisseau e Lord Burlington. Nel corso di questa XXXIII Assemblea dell’ADSI ripercorreremo forse anche i loro passi nell’impegno che il nostro operato di proprietari avveduti mantenga intatto e fiorente il patrimonio d’arte e civiltà che ci è affidato. Francesco Cavazza Isolani Presidente della Sezione Emilia Romagna dell’Associazione Dimore Storiche Italiane ASSOCIAZIONE DIMORE STORICHE ITALIANE XXXIII ASSEMBLEA NAZIONALE BOLOGNA, 4 - 7 GIUGNO 2010 SEZIONE EMILIA ROMAGNA DIMORE STORICHE BOLOGNESI TESTI CATERINA PASCALE GUIDOTTI MAGNANI DANIELE PASCALE GUIDOTTI MAGNANI COORDINAMENTO PAOLO SENNI GUIDOTTI MAGNANI XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna LE DIMORE STORICHE BOLOGNESI Alcuni cenni introduttivi Passeggiando per Bologna, è spesso inevitabile fermarsi un momento, interrompendo il cammino incuriositi per concentrarsi sul pregio delle architetture in cui ci si imbatte: la città è ricca di edifici maestosi e imponenti, strutture che stupiscono il turista e riempiono di orgoglio i bolognesi che quei palazzi conoscono ed amano. Le prime luci di una giornata primaverile sono quelle che permettono un pieno godimento delle piazze, dei monumenti e, soprattutto, dei palazzi. I raggi del sole si fermano con decisione sulle facciate, ne definiscono i contorni e permettono di distinguere modi e forme di modelli architettonici tanto diversi ma così compatti nel panorama della città. E in fondo, al di là delle differenze stilistiche - dal Rinascimento, al Barocco, al primo Neoclassico - è interessante notare ciò che accomuna questi palazzi, nati nel lungo periodo della dominazione papale su Bologna, dal 1513 al 1797, quando la città era governata dal “Cardinal Legato”, rappresentante del papa, affiancato da un Senato, composto dai rappresentanti delle famiglie nobili che ogni due mesi esprimevano un nuovo Gonfaloniere di Giustizia, la magistratura di vertice - almeno formalmente - del governo bolognese. Un gruppo di famiglie non certo compatto, quando si trattava di interessi economici e di privilegi di casta, ma sicuramente unito nel fronteggiare le tendenze accentratrici del governo romano. Ecco quindi che l’architettura non è soltanto il raffinato involucro di un abitare intimista, ma diventa momento di autoaffermazione delle casate senatorie. Infatti anche gli interni sono vissuti come spazio pubblico, perché nel giorno della nomina del nuovo Gonfaloniere gli spaziosi atri, i cortili a loggiati, i magniloquenti scaloni barocchi, i saloni d’onore diventano teatro di sfarzosi ricevimenti in cui le famiglie mettono in scena il loro potere. Quando poi l’aristocrazia parte per la villeggiatura, per trovare riparo dalla calura estiva e per controllare i raccolti, perché è dall’agricoltura che i nobili traggono i loro guadagni, trova alloggio in sontuose ville: a Bologna si ama definirle palazzi, a sottolineare la contiguità tra l’architettura cittadina e quella rurale, in un continuo tentativo di portare civiltà, la virtù del cittadino, in campagna. Un vezzo unico nell’Europa d’allora e dei secoli successivi, originale e volendo altezzoso, se si pensa che in soli altri due casi e in Gran Bretagna si parla di “Palazzo” per residenze di campagna o nate come tali: niente meno che Bleinheim Palace, residenza del duca di Marlborough, e Buckingham Palace, nato come residenza del duca di Buckingham and Normanby e acquistato nel 17 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna 1761 da Giorgio III e solo con l’avvento della regina Vittoria nel 1837 divenuto residenza reale. Le architetture rurali bolognesi del Quattrocento sono ancora residenze fortificate, simili ai castelli, ma dal Cinquecento iniziano a sorgere le prime ville concepite come luogo di svago e controllo del territorio. L’ambiente principale è sempre una loggia passante, un grande salone di ricevimento che attraversa l’edificio da parte a parte, permettendo di disimpegnare gli ambienti interni e di osservare con un colpo d’occhio l’intera tenuta, grazie ai lunghi viali di pioppi, che non fanno altro che proseguire all’esterno gli assi indicati dalle logge interne. Un sistema di organizzazione dello spazio abitativo e del terreno agricolo che si manterrà fino alla fine dell’Ancien Régime, pur con una significativa ricerca, nel tardo Barocco e nel Settecento, di risultati scenografici sempre maggiori quali il giardino-campagna di ispirazione inglese. Sia i palazzi di città sia i palazzi di campagna si distinguono per l’eleganza e la preziosità delle decorazioni degli interni e, spesso, le pareti e le volte di questi edifici sono testimoni dell’arte dei più grandi pittori bolognesi, impegnati a celebrare la gloria e la ricchezza delle famiglie committenti. Alla metà del Cinquecento assistiamo al “trionfo” del fregio narrativo: sulle pareti dei saloni d’onore prendono vita eroi mitici e divinità classiche, che tra metafore e allegorie portano in scena le aspirazioni e le passioni dei nobili che abitano quelle stanze. Le tipologie decorative si sviluppano rapidamente: nel XVII secolo le pitture intraprendono l’invasione della parete e quello successivo addirittura la sfondano, integrando l’architettura preesistente e arricchendola con stucchi e sculture. Gli artisti della grande stagione barocca illudono lo spettatore e ne guidano lo sguardo in uno spazio “altro”, che va oltre quello concreto della parete per aprirlo verso qualcosa di molto lontano: proprio a Bologna con Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli e i grandissimi Bibiena nasce quell’arte pittorica del tromp-l’œil, della creazione di false architetture pittoriche e prospettiche all’interno degli spazi dei palazzi, che si diffonderanno in tutt’Europa in un cammino spettacolare disseminato di invenzioni e di “architetture dell’inganno”. Conoscere Bologna è percorrerne le vie, osservarne i palazzi ed esplorarne le campagna. Possiamo soddisfare la curiosità e fermarci davanti ai palazzi, seguirne con sguardo attento le linee e le curve delle facciate. Possiamo entrare nelle dimore secolari e perderci nelle pareti, tra brillanti tinte rinascimentali, tra sfavillanti pitture seicentesche e tra illusionistiche decorazioni barocche. Caterina Pascale Guidotti Magnani e Daniele Pascale Guidotti Magnani 18 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna PALAZZO ISOLANI Via Santo Stefano 16, dai Conti Gualtiero e Francesco Cavazza Isolani Nel 1671 il ramo senatorio dei Lupari, famiglia di trecentesca origine lucchese, si estinse e le sue eredità pervennero agli Isolani, che ne assunsero il cognome e le insegne araldiche. Essi entrarono in possesso anche del rinascimentale palazzo di Piazza Santo Stefano, che nel 1701 fu collegato alla prima “Casa Isolani”. Venne creato un unico vasto palazzo senatorio esteso tra via Santo Stefano e Strada Maggiore. I lavori iniziarono nel 1708, quando il senatore Alamanno Isolani affidò a Giuseppe Antonio Torri la progettazione del complesso; il primo intervento consistette nella ricostruzione della facciata su Santo Stefano. Il nuovo edificio, impostato su un portico di cinque arcate a finto bugnato scandite da semplici finestre riquadrate da cornici, venne completato soltanto nel 1778, quando il piano nobile fu reso abitabile. Se ci fermiamo al centro della piazza e guardiamo verso il palazzo, la compostezza della fronte ci colpisce immediatamente. È evidente lo “stacco” rispetto al forte Rinascimento del contiguo Palazzo Bolognini, proprietà degli Isolani dal 1842, ma non ci turba, offrendo in un solo colpo d’occhio la sintesi esemplare dell’architettura bolognese. Il lato settentrionale di Piazza Santo Stefano mostra il marcato linearismo settecentesco e, al contempo, le delicate forme quattrocentesche. Entriamo nel palazzo. Passato l’ingresso, ci troviamo in un delizioso cortile con loggiato cinquecentesco, appartenente all’antico palazzo dei Lupari e testimone dei precedenti proprietari. Al piano terreno, le sale sono decorate con stucchi e pitture preziosissime; tra queste, si distingue per imponenza e splendore la volta del Salone del Settecento, sulla quale Giuseppe e Antonio Rolli dipinsero un Trionfo di Felsina e della famiglia Isolani. Oltre la loggia, al di là di una porta a vetri, si intravede la partenza di una straordinaria scala a forma elicoidale, frutto della geniale fantasia dell’architetto Torri, impegnato sia negli esterni, sia negli interni del palazzo. Lo scalone ha una partenza centrale e dopo due volute si allarga, risalendo per un ampio ambiente rettangolare. Lo spazio viene letteralmente stravolto e muta lentamente, da forte e luminoso si torce in una buia scala a chiocciola. Al piano nobile, lo sguardo si perde tra le finte architetture della sala dedicata alla dea dell’Amore. Qui, nel 1785 Giuseppe Valiani, fedele alle direttive di Apuleio, dipinse il Carro di Venere. La giovane divinità è nuda e tiene in mano la conchiglia da cui sorse dalle acque; il carro è trainato da colombe e condotto da Cupido. All’illusione prospettica della scena contribuì Fransesco Stagni, che 19 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna creò l’ampia quadratura, simulando un loggiato rettangolare affacciato sulla sala attraverso arcate rette da balaustre traforate. E la volta è aperta sul cielo, verso Venere che si allontana con il suo corteo celeste. CPGM CASA ISOLANI E PALAZZO BOLOGNINI ISOLANI Strada Maggiore 19 - Via Santo Stefano 18, dai Conti Gualtiero e Francesco Cavazza Isolani Il turista in passeggiata lungo Strada Maggiore non può non notare il portico di suggestiva bellezza del civico numero 19: altissimi pilastri in legno di quercia (nove metri) sorreggono, con la loro singolare struttura a “stilata lignea”, il terzo piano di uno dei più caratteristici esempi di abitazione bolognese di XIII secolo. Sorto sulle rovine dell’incendio che nel 1210 devastò la zona Sud-Est di Bologna, l’edificio fu la prima residenza senatoria della famiglia degli Isolani, che arrivati a Bologna da Cipro si distinsero nella vita pubblica bolognese sin dal XIV secolo. Se si volge lo sguardo verso l’alto, si possono cercare tre frecce fissate nel soffitto: la leggenda racconta che un marito tradito per vendicarsi della moglie assoldò tre arcieri perché la uccidessero. La donna, però, si presentò senza vesti e i tre, per lo stupore, sbagliando la mira conficcarono le frecce nel soffitto. Nel 1877, il palazzo subì un grosso restauro diretto da Raffaele Faccioli; questi aprì le porte ogivali al piano terra e ripristinò le finestre seguendo gli esempi antichi. In realtà, oggi solo il portone e una bifora sono originali, ma la percezione di pura architettura trecentesca è concreta e tangibile. L’antico ingresso della casa coincide con quello dell’attuale Corte Isolani, una successione di cortili e androni interni che collegavano la residenza degli Isolani al palazzo confinante, acquistato nel 1842 ai Bolognini. Gli uffici, i negozi e i locali che si affacciano sulla luminosa “galleria” non impediscono di respirare l’atmosfera della Bologna medievale, mantenuta viva dai colori e dalle architetture del restauro che hanno rispettato in pieno la tradizione e la storia del complesso immobiliare. Attraversando Corte Isolani si giunge a Piazza Santo Stefano; su questo lato, 20 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna il benvenuto a chi entra nella “galleria” lo dà la residenza senatoria dei Bolognini che gli Isolani acquistarono nell’Ottocento. Il palazzo, realizzato tra il 1451 e il 1455 da Pagno di Lapo Portigiani da Fiesole, è fiero testimone dell’ingresso del Rinascimento toscano nella cultura bolognese. La facciata, impostata su due ordini separati da un marcapiano, è caratterizzata dalle novità rinascimentali fuse alle tradizioni locali; il portico con archi a tutto sesto sostenuto da capitelli corinzi in marmo – toscanismo allora raro a Bologna - è sovrastato dalle finestre a sesto acuto dell’ordine superiore e dagli archetti che frangiano il cornicione. Una folla di teste sporge dai medaglioni inseriti nelle finestre e altre, alternate con vasi o urne, fanno capolino dagli archetti del cornicione. Curiose, le teste si affacciano sulla piazza, testimoni silenziose di quante e quali storie di vissuto quotidiano od eccezionale. CPGM 21 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna ORATORIO DI SAN FILIPPO NERI Via Manzoni 5, della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna La Congregazione dell’Oratorio, detta anche dei Filippini dal nome del loro fondatore, San Filippo Neri, ebbe la sua prima sede a Bologna il 4 gennaio 1621, nella piccola chiesa di Santa Barbara, situata all’inizio di via Montegrappa e oggi non più esistente. Proprio per la difficile praticabilità di questa chiesa, i Filippini si impegnarono a pregare perché l’Arcivescovo di Bologna, Alessandro Ludovisi, fosse eletto papa: in cambio, chiedevano che fosse concesso loro l’uso dell’antica chiesa della Madonna di Galliera, molto più ampia e dotata di una monumentale facciata quattrocentesca scolpita in pietra arenaria. Il 9 febbraio 1621, all’unanimità, dopo un conclave di soli due giorni, l’Arcivescovo fu eletto papa col nome di Gregorio XV. Evidentemente le preghiere dei Padri bolognesi erano state efficaci, così il nuovo papa si affrettò a concedere la chiesa della Madonna di Galliera, che divenne la sede fissa della congregazione a partire dall’8 giugno 1621. San Filippo Neri, che aveva improntato la sua vita alla letizia cristiana, aveva l’abitudine di incontrare i suoi fedeli e soprattutto i giovani durante gli “oratori”, riunioni in cui si ascoltavano testi sacri e predicazioni, ma anche composizioni musicali e drammi teatrali di argomento sacro. Questa invenzione di Filippo Neri permetteva a un gran numero di fedeli di avvicinarsi alle Scritture in modo coinvolgente e gioioso, e, una volta consolidatasi la sua congregazione, gli oratori iniziarono a tenersi in speciali aule, dette anch’esse oratori, affiancate alle chiese. Anche a Bologna si sentì ben presto il bisogno di un oratorio abbastanza ampio da contenere i numerosi fedeli, tuttavia ciò fu possibile solo a partire dal 1723, poiché qualche anno prima, nel 1705, i Filippini avevano ottenuto la generosa eredità del nobile bolognese Sebastiano Sighicelli. Fino ad allora gli oratori si erano tenuti in ambienti di fortuna, oppure, durante l’estate, sul colle di Sant’Onofrio, dove un grande prato rinfrescato dal torrente Aposa accoglieva i fedeli. Il nuovo oratorio fu progettato da Alfonso Torreggiani (1682-1764), uno fra i massimi esponenti dell’architettura bolognese del Settecento, che concepì un’ariosa sala scandita da semicolonne di ordine composito e coperta da volte a botte e a vela. Anche la decorazione in stucco, le cantorie (che ospitavano l’organo e i cantori) e i coretti furono disegnati da Torreggiani ed eseguiti da Carlo Nessi e sono una delle opere più delicate del barocchetto bolognese. Le statue in stucco sono opera del grande scultore bolognese Angelo Gabriello Piò (16901770), che apparteneva alla stessa famiglia del primo Oratoriano bolognese, 22 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna Licinio Piò. Le figure ai lati della pala d’altare rappresentano la Verginità e la Carità; mentre sotto la cantoria di destra si può vedere la statua di San Filippo Neri: la testa non è però originale, essendo stata rifatta in modo improprio nel 1905. Le opere pittoriche presenti nell’oratorio sono solo due: l’Ecce Homo di Ludovico Carracci sopra la porta d’ingresso - che proviene dal muro della casa che si trovava al posto dell’oratorio e che fu conservato per il suo carattere devozionale - e la pala d’altare del 1733. Quest’ultima è opera di Francesco Monti, pittore bolognese che lasciò qui il suo primo capolavoro e si trasferì poi in altre città dell’Italia Settentrionale e rappresenta, in un tripudio di panneggi, angeli in volo e colori squillanti, la Madonna e il Bambino in gloria con i Santi Barbara e Filippo Neri. L’aspetto attuale dell’oratorio risente di una serie di drammatici eventi: i Padri Filippini ne furono scacciati nel 1798 e ancora nel 1866. L’oratorio fu trasformato prima in sede della ricevitoria del lotto e poi in magazzino per l’avena destinata ai cavalli della piazza militare bolognese. Fu riscattato solo nel 1905, ma il 29 gennaio 1944 si abbatté su Bologna il più rovinoso dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. L’oratorio fu duramente colpito e dopo la guerra furono iniziati lavori di ripristino dal soprintendente Alfredo Barbacci che la mancanza di fondi interruppe con la conseguenza che fino al 1997 la sala fu adibita ad usi impropri. In quell’anno fu acquistata dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, che ne promosse un intelligente e meritorio restauro a cura dell’architetto Pier Luigi Cervellati. Si è deciso di mantenere a vista gli interventi di restauro di Barbacci - i muri in mattoni e le colonne in calcestruzzo armato - a testimonianza dei tragici eventi bellici, mentre le volte sono state ricostruite con una leggera struttura in legno lamellare. Finalmente, il 29 gennaio 2000, 56 anni dopo il bombardamento, l’oratorio è stato restituito alla città e da allora ospita conferenze, concerti, presentazioni di libri, inserendosi perfettamente nell’offerta culturale della città di Bologna. DPGM 23 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna I PALAZZI FAVA DI VIA MANZONI L’odierna via Manzoni fornisce al turista un’affascinante rassegna di storia di Bologna: snodo fondamentale dell’antica città Romana prima e di quella medievale poi, questo tratto stradale si fa specchio delle velleità architettoniche dell’aristocrazia rinascimentale. I tre palazzi Fava che schierano lungo la via, infatti, offrono uno degli esempi più alti delle esigenze di lussuosa eleganza sentite dalle famiglie senatorie; i palazzi, inoltre, consentono un esame attento delle tipologie strutturali e decorative adottate a Bologna tra il Trecento e il Cinquecento. Sul lato meridionale della strada, al civico numero 2, in angolo con via Indipendenza - oggi sede del Grand Hotel Baglioni, si erge Palazzo Fava Ghisileri proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, famoso per i cicli di affreschi dei Carracci, attualmente in fase di completamento di un’accurata opera di restauro e allestimento al pubblico - e accanto, al civico numero 4, si leva da un alto basamento Palazzo Ghisilardi Fava, proprietà del Comune di Bologna e sede del Museo Civico Medievale. Proseguendo su via Manzoni, al civico numero 6 si trovano le case Fava-Conoscenti, con l’omonima torre di aspetto medioevale. Tutti gli edifici propongono un’interessante antologia dell’architettura bolognese dal XIV al XVI secolo: Casa Fava-Conoscenti presenta un meraviglioso esempio di edilizia trecentesca; Palazzo Ghisilardi-Fava, è un paradigmatico modello di residenza signorile di fine Quattrocento; chiude la rassegna il vero e proprio Palazzo Fava, o Fava-Ghisileri, che quasi all’angolo con via Indipendenza si distingue per la sua cinquecentesca architettura limpida e lineare, affidata unicamente alla spaziosità dei portici e alla semplicità decorativa dell’esterno. CPGM Il Camerino d’Europa Il Grand Hotel Baglioni, che ingloba parte dell’adiacente Palazzo Fava Ghisileri, oggi della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, ospita al suo interno un gioiello poco conosciuto: Il camerino d’Europa già ricordato, impreziosito da un fregio dipinto dovuto alla collaborazione dei fratelli Agostino ed Annibale Carracci. Le vicende storiche l’hanno separato dal suo ‘fratello maggiore’ il salone con il fregio rappresentante le gesta di Giasone, ma in origine tutti e due gli ambienti facevano parte dell’appartamento di rappresentanza del palazzo Fava. Il fregio, a differenza di quello vicino degli Argonauti, risente ancora di un’impostazione tardo-manieristica, dominata da raffinate decorazioni a grottesche, forse dovute ad Agostino Carracci, capace di uno sfoggio di erudizione antiquaria 24 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna sconosciuta al fratello. Al centro di ogni parete, invece, spiccano quattro riquadri che rappresentano il mito d’Europa, giovane principessa fenicia rapita da Zeus, trasformatosi per l’occasione in toro e portata dal suo paese natale fino a Creta. In questi deliziosi episodi, il giovane Annibale Carracci mostra già il suo interesse per la cultura pittorica veneta: pennellate rapide tratteggiano uno spazio naturale dominato dai chiaroscuri e dal colore, che evoca ora delicati tramonti, ora terse giornate primaverili. La personalità dei due fratelli, dunque, è chiara fin da quest’opera, acerba forse, ma capace, nella sua intimità, di emozionare il visitatore. DPGM PALAZZO GHISILARDI FAVA Via Manzoni 4, del Comune di Bologna, sede del Museo Civico Medievale Il palazzo fu dimora della famiglia senatoria dei Ghisilardi ed acquistato dai Fava nel 1810 e poi dal Comune di Bologna è sede del Museo Civico Medievale dal 1985. Il palazzo sorse in una zona della città interessata da una densa stratificazione di strutture edilizie, che testimoniano la lunga storia di Bologna, che fu città Romana, sede del potere imperiale, primo comune “emancipato” e, infine, residenza del legato pontificio. Infatti sulle macerie della Rocca Imperiale furono costruite verso la metà del XIII secolo le dimore della famiglia Conoscenti, alcune case e una torre unite. E, dopo le burrascose vicende del XIV secolo, nel 1400 il complesso dei Conoscenti passò in enfiteusi perpetua ai Ghisilardi. Bartolomeo Ghisilardi fece realizzare il proprio palazzo tra il 1483 e il 1491 nella parte settentrionale della proprietà e il progetto fu affidato a Egidio Montanari, detto Mastro Zilio, contemporaneamente impegnato nella prospiciente chiesa di Santa Maria della Galliera. Montanari si inserì con disinvoltura e magnificenza sul filone edilizio della Bologna bentivolesca, cioè un’architettura fondata sui valori del decoro e delle armoniche proporzioni del Rinascimento. Esclusa la torre dei Conoscenti, tutte le strutture preesistenti furono abbattute e Mastro Zilio creò un’unità edilizia isolata e organica, in cui i resti degli antichi edifici si compenetrano e in parte si confondono con la costruzione quattrocentesca. Lasciandosi alle spalle via dell’Indipendenza, la facciata di Palazzo Ghisilar25 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna di è visibile di scorcio sulla stretta via Manzoni. Le sei arcate della fronte sono rette da un alto basamento che testimonia la presenza delle vicende bolognesi che qui si sono stratificate. Il porticato è sorretto da slanciati pilastri compositi arricchiti da preziosi capitelli e mostra una facciata in laterizio a vista, impreziosita dalle paraste che affiancano le finestre, e sormontata da un ricco cornicione: elementi gotici e anticheggianti convivono in facciata, frutto della quattrocentesca fase di sperimentazione dell’architettura bolognese. Il risultato di tali “esperimenti” è una decorazione ricca ed esuberante che si riflette anche nella corte. Entrando nel cortile, infatti, l’attenzione del visitatore è subito catturata dai quattro mensoloni in arenaria che sostengono uno stretto ballatoio scoperto che collega la loggia superiore al salone di rappresentanza. Sul profilo triangolare dei mensoloni motivi araldici: leoni, leopardi, aquile e le iniziali di Bartolomeo Ghisilardi, e figure zoomorfe: ghiande, palme e melograni, si susseguono in un vorticoso crescendo verticalizzante. La corte, chiusa su due lati e porticata su quelli paralleli alla strada, lega le strutture quattrocentesche a quelle antiche; da ciò deriva un forte senso di unitarietà spaziale all’intero palazzo. Tale unitarietà, però, viene spezzata dagli affacci del piano nobile sul cortile, uno diverso per ogni lato. Nonostante le differenze tra gli esterni del primo piano e l’esuberanza della decorazione, che talvolta spezza la regolare fruizione di corte e facciata, il senso di unitarietà visivo e funzionale tanto cercato da Bartolomeo Ghisilardi e da Mastro Zilio è ancora forte. Il visitatore che oggi si aggira tra le sale del Museo Civico Medievale, infatti, non può rinunciare a una sosta nel cortile con il naso all’insù: cinque, dieci, venti minuti spesi a scoprire la ricchezza ornamentale del Rinascimento bolognese. CPGM 26 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna PALAZZO BEVILACQUA ARIOSTI Via Massimo d’Azeglio 33, dal Duca Morando e dal Marchese Ippolito Bevilacqua Ariosti Lungo l’antica Strada San Mamolo, nel tratto che oggi è Via d’Azeglio, una delle poche vie bolognesi prive di portico, si distingue Palazzo Bevilacqua, la più vistosa e concreta testimonianza dell’aristocrazia quattrocentesca. Un’aristocrazia che cede alle tentazioni di un’architettura fondata sul gusto tutto visivo del godere degli spazi architettonici sia all’esterno, sia all’interno, entro spazi di indefinibile equilibrio ed eleganza. Nicolò Sanuti avviò la costruzione del palazzo nel 1477; egli, però, morì cinque anni dopo e non lo poté vedere ultimato. La fabbrica venne completata dalla moglie Nicolosia, che ne curò l’ornamentazione e aggiunse al progetto originale quel meraviglioso cortile che ci accoglie all’ingresso. Un’aria di rinascimentale toscanità 1 si avverte al primo sguardo alla facciata: la fronte del palazzo è interamente in macigno porrettano, una pietra arenaria, materiale costoso ed emblematico del lusso che pervade l’intera fabbrica. Il macigno bugnato è lavorato con una maestria estrema ed effetti magici di ombra e luce si rincorrono tra le superfici incavate della pietra. La regolarità delle punte adamantine delle bugne è stemprata dalle ornamentazioni che incorniciano le finestre a bifora e il portone di ingresso. Appena sopra il portone, si distinguono un elegante balconcino chiuso da una ringhiera in ferro battuto e una nicchia, oggi vuota. Lassù si trovava il busto di Nicolò Sanuti, a guardia perpetua del proprio palazzo. Soli elementi geometrici il sedile continuo, lungo il basamento e il forte aggetto del cornicione. Nicolò Sanuti era grande sostenitore dei Bentivoglio, la famiglia che tra alterne fortune “governò” Bologna nel XVI secolo. Agli intrecci politici si legarono gli intrecci amorosi tra la giovane e bellissima moglie Nicolosia e Sante Bentivoglio, di fatto signore della città. Si trattò di amore fortissimo, durato solo otto anni e interrotto con il politico matrimonio di lui con la giovanissima Ginevra Sforza, nipote del potente duca di Milano Francesco, e un tentato suicidio di lei. Quando furono intrapresi i lavori sulla Strada San Mamolo, Sante era morto da quattordici anni, ma possiamo immaginare ancora vivissimo il sentimento di Nicolosia: nel cortile la nobildonna fece riprodurre gli elementi decorativi 1 Riccomini 27 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna del portico che affianca San Giacomo, la chiesa dei Bentivoglio, dove Sante era sepolto. Le colonne, i capitelli e i medaglioni sono tutti elementi desunti dal portico bentivolesco e inseriti nel nostro cortile a doppio loggiato. Negli interni, l’organizzazione del palazzo è fondata su elementi che diventeranno tipici dell’architettura bolognese. I due loggiati alla lombarda (con modulo del primo piano doppio di quello del piano terreno) rappresentano un tradizionale sistema di distribuzione degli ambienti; l’androne è tangente a un lato del cortile, percorso coperto principale e aperto sul giardino; di giorno il portone rimane aperto e il cancello lascia vedere l’interno; il loggiato è considerato proseguimento interno della strada pubblica. Ciò che oggi vediamo ha superato - quasi - indenne lo scorrere del tempo e i passaggi di proprietà. Già nel 1484 Nicolosia cedette in permuta il palazzo a Giovanni II Bentivoglio; gli eredi nel 1530 vi ospitarono Carlo V e l’anno seguente lo vendettero al Cardinale Lorenzo Campeggi. Il palazzo tra il 1547 e il 1549 fu sede del Concilio di Trento, fatto trasferire a Bologna dal pontefice Paolo III a causa della peste. Le sedute si tenevano nella sala da ballo, parzialmente modificata nel Seicento e, pertanto, oggi diversa da come la “vissero” i padri conciliari tridentini. L’intero palazzo è ancora pervaso del clima delle sue origini e questo è in gran parte dovuto ai restauri commissionati da Lamberto Bevilacqua, appartenente alla famiglia che dal Settecento possiede e abita il palazzo, ad Alfonso Rubbiani, Alfredo Tartarici e Achille Casanova. Rispettosi dei ricordi e delle emozioni che quelle mura tramandavano, essi sono riusciti a rendere perpetua la nobiltà architettonica impressa del primo proprietario. CPGM 28 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna SAN GIACOMO MAGGIORE Piazza Rossini, in custodia ai Padri Agostiniani L’imponente chiesa che sorge nel tratto iniziale di via Zamboni con la facciata in piazza Rossigni è dal 1276 la sede bolognese dei frati dell’Ordine di Sant’Agostino, ordine mendicante che prese origine nel 1256 dall’unione di diversi gruppi eremitici che si rifacevano alla regola di Sant’Agostino. La facciata a due spioventi è traforata da un’ampio occhio circolare, da due altissime bifore e da un portale con protiro sorretto da leoni stilofori. Inoltre, a fianco del portale si possono ancora vedere alcune arche sepolcrali a nicchia. Tutte le decorazioni scolpite sono opera di maestranze lombarde. Il vasto interno a una navata era in origine concluso da una semplice abside poligonale e coperto da capriate in legno a vista; ben presto però iniziarono i lavori di ingrandimento: l’abside originale fu sostituita da un presbiterio più ampio e da un deambulatorio con cappelle radiali. Il periodo di maggiore splendore fu il Quattrocento: in questo secolo la chiesa beneficia di numerose opere di abbellimento promosse da Giovanni II Bentivoglio, signore di Bologna, che abitava in un magnifico palazzo situato a poca distanza, nell’odierna piazza Verdi. Alla caduta del regime bentivolesco nel 1506, il palazzo fu abbattuto dalla folla inferocita, ma fortunatamente rimasero, a ricordo di quell’epoca d’oro per l’arte cittadina, gli interventi promossi in questa chiesa. Egli volle, in primo luogo, costruire una sfarzosa cappella sepolcrale per la sua famiglia, che si trova nel deambulatorio. Consacrata nel 1486, fu progettata dall’architetto toscano Pagno di Lapo Portigiani, allievo di Michelozzo, secondo modelli che si rifacevano a quelli del grande Filippo Brunelleschi e che furono ancora presi a ispirazione per numerose altre cappelle gentilizie bolognesi. Al suo interno si sviluppa un unico ciclo di affreschi opera di Lorenzo Costa (1460-1535) che comprende una Madonna in trono con la famiglia di Giovanni II, eccezionale documento che ci permette di conoscere le sembianze del signore della città e dei suoi numerosi figli, tra cui possiamo riconoscere Francesca, data in sposa a Galeotto Manfredi e che si macchiò nel 1488 del suo omicidio; Ermes, ancora bambino, che diventerà il più crudele persecutore degli oppositori dei Bentivoglio; Alessandro, descritto come di carattere mite e amante delle arti; Antongaleazzo, in abiti clericali, che per tutta la vita cercò di ottenere la porpora cardinalizia senza mai riuscirci e Annibale, che, dopo la morte del padre, fu signore della città per un brevissimo periodo (1511-12) e che trasferì definitivamente la famiglia a Ferrara. Oltre alla cappella privata, Giovanni II fece costruire un elegantissimo por29 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna ticato sul fianco della chiesa, sotto il quale si possono vedere arche medievali, scoperte nel corso dei restauri dell’inizio del Novecento. Sempre ai lavori bentivoleschi si devono le grandiose volte a vela che coprono la navata, e che danno alla copertura della chiesa un aspetto quasi orientale e la serie di cappelle che si susseguono a lato della navata. Al loro interno si possono ammirare numerosi capolavori dell’arte bolognese del Cinquecento e del Seicento. Per esempio, possiamo ricordare la grandiosa pala d’altare di Tommaso Laureti, il San Rocco di Ludovico Carracci nella cappella Guidalotti, decima a destra, oppure gli affreschi e la pala d’altare di Orazio Samacchini, nella nona cappella a sinistra, commissionati dal costruttore del vicino palazzo Magnani, il senatore Lorenzo Magnani. Un discorso a parte merita la cappella Poggi, dodicesima a sinistra, dalla perfetta coerenza stilistica e formale tra architettura e decorazione pittorica, costruita e decorata da Pellegrino Tibaldi nel 1556 mentre la pala d’altare fu compiuta da Prospero Fontana. La volle il cardinale Giovanni Poggi (14931556), tipico esempio di ecclesiastico mecenate, che, pur non provenendo da una famiglia particolarmente illustre e ricca, seppe farsi apprezzare per le sue doti di diplomatico da papi e anche dall’imperatore Carlo V. Lasciò a Bologna importanti tracce del suo eccellente gusto artistico, come il palazzo che si fece costruire in via Zamboni, che ospita affreschi cinquecenteschi di altissima qualità, opera anch’essi di Pellegrino Tibaldi e Prospero Fontana. La chiesa è tuttora officiata dai frati agostiniani, che portano avanti tradizioni molto apprezzate dai bolognesi: nel campo della cultura, memori del loro confratello, lo storico Cherubino Ghirardacci (1519-1598), che qui visse, e in campo devozionale, con il culto molto sentito dell’agostiniana Santa Rita. Grazie anche ai numerosi studenti della vicina zona universitaria, San Giacomo Maggiore è un perfetto esempio di chiesa che ha mantenuto salda la sua vocazione senza trasformarsi in freddo museo di sé stessa. DPGM 30 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna CASE BECCADELLI BOVI TACCONI MONTEBUGNOLI Via S. Stefano 19, da Pierluigi, Dario e Simone Montebugnoli Le case che fiancheggiano il lato meridionale della piazza Santo Stefano formano un complesso assai pittoresco: le differenze formali e stilistiche che le caratterizzano, anche in questo caso, ne fanno una vera e propria antologia dell’architettura bolognese tra Trecento e Quattrocento. Tuttavia è grande la sorpresa nello scoprire che esse formano l’eterogenea facciata di un unico grande palazzo senatorio, appartenuto ai marchesi Bovio, frutto dell’unione delle singole case, ognuna con un proprio sapore e una propria storia. Se oggi possiamo ammirare nella loro originalità queste facciate, il merito si deve anche agli interventi di restauro del “Comitato per Bologna Storica e Artistica”, che ha provveduto, agli inizi del Novecento, a riparare i guasti che il tempo aveva apportato alla loro raffinata eleganza. La casa al numero civico 21 si contraddistingue per un bel cornicione in cotto quattrocentesco. Fu abitata nel XVI secolo da un celebre dottore dello Studio bolognese, Antonio Maria Betti. Un suo discendente, Claudio Betti, anch’esso professore di filosofia dello Studio, rimase famoso nelle cronache per una bravata che lo vide protagonista: da una finestra di questa casa tirò un colpo di spingarda alla campana della vicina chiesa di Santo Stefano, perché infastidito dal suo suono cavandosela senza danni, grazie all’influente protezione del papa bolognese Gregorio XIII. La casa quattrocentesca al civico 19, di cui si conservano solo il portico e il cornicione, appartenne probabilmente ai Fantuzzi, come dimostra un piccolo stemma ritrovato sulla facciata. Segue la facciata che attira, più di tutte, l’attenzione dell’osservatore: il portico è sorretto da elegantissime colonne in cotto, tutte differenti, con scanalature elicoidali. Al piano superiore spiccano i grandi finestroni ogivali, contornati da formelle in terracotta finemente decorate con diversi motivi simbolici e il ricchissimo cornicione ad archetti. Per la sua eleganza, questa casa è stata attribuita a Fieravante Fieravanti, architetto autore di importanti opere come il cortile del Palazzo Comunale. I capitelli del portico portano scolpito lo stemma dei Beccadelli, la famiglia che probabilmente la costruì. Questa famiglia abitava qui già da molti secoli, tanto che la quercia che sorgeva in mezzo alla piazza serviva per dare ombra alle loro riunioni familiari ed era chiamata “Quercia dei Beccadelli”. La loro potenza era tale che nei secoli XIII e XIV furono spesso implicati in rivolte, lotte politiche, congiure. Per esempio Tarlato Beccatelli, a 31 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna cui fa riferimento la sigla T.B. presente in alcune formelle, fu protagonista nel 1385 di una battaglia contro i milanesi: purtroppo però i comandanti bolognesi si segnalarono per la loro vigliaccheria e “non ebbero migliore arma che gli speroni”, come ricorda il cronista Matteo Griffoni. Questa casa fu anche testimone di alcuni fatti violenti: Belda, figlia di Bennolo Beccadelli, fu uccisa qui dalla sua fantesca Giovanna, e, in altra occasione, il popolo bolognese la incendiò in una delle lotte tra fazioni che esasperavano il clima sociale delle città medievali, tanto che un Vannino Beccadelli decise di lasciare la città e si trasferì in Sicilia, dando origine ad un ramo che fu investito di numerosi feudi, come il principato di Camporeale e si estinse nel secolo scorso. La casa successiva ha un portico costituito da un solo grande arco a tutto sesto; qui è chiaro l’influsso dell’arte rinascimentale sugli elementi architettonici tardomedievali tipici dell’architettura bolognese: le forme classiche del grande arco e degli occhi circolari sono definite da ricche cornici in terracotta, materiale peculiare bolognese. Anche il piano superiore, con i finestroni sormontati da timpani triangolari, persevera nell’uso di forme classiche declinate con il materiale e il “dialetto” stilistico bolognese. La casa d’angolo con vicolo Pepoli mostra invece numerosi avanzi romanici, e forse ospitava una delle più antiche sinagoghe della comunità ebraica di Bologna. A partire dal 1548, le case furono progressivamente acquistate dai Bovio o Bovi, famiglia che ottenne la dignità sanatoria nel 1621. Proprio per adeguarsi a questo nuovo status, essi promossero una serie di importanti lavori all’interno del complesso: le sale interne furono sfarzosamente decorate da affreschi, fu creato un grande cortile e aggiunto un’imponente scalone. Al piano terra si possono ancora ammirare le decorazioni settecentesche di Vittorio Bigari (16921776) e Stefano Orlandi (1681-1760), mentre al piano superiore si segnalano gli affreschi di Ubaldo Gandolfi (1728-1781). Per via ereditaria, il palazzo passò ai Bovio-Silvestri, ai Tacconi e ai Montebugnoli, che tuttora lo possiedono e ne curano la conservazione. DPGM 32 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna CASA MENTASTI FABBRI Via Oberdan 21/Via Marsala 24 - Piazza San Martino, dal Conte Facchinetti Pulazzini Dove le bolognesi via Oberdan e via Marsala si incontrano, nella piazza antistante la Basilica di San Martino, si erge solitario un palazzo di fiera eleganza. Si tratta di una costruzione che stupisce più per la posizione, che per la struttura semplice e lineare: è uno dei pochi edifici bolognesi, se non l’unico, a poter vantare l’assenza di “vicini”. Casa Bertalotti Buratti poi Mentasti Fabbri, infatti, non condivide muri con nessun altro palazzo e da sola costituisce un’Isola, come la si sente chiamare dal XVIII secolo. L’edificio sorse nell’antica via Cavaliera, oggi via Oberdan, su un complesso di case acquistate, unite e rimaneggiate dal Procuratore Antonio Bertalotti dopo la metà del Seicento. Il procuratore creò una dimora di una sontuosità discreta e misurata, caratterizzata da un portico di sei arcate e da interni ornati da affreschi e stucchi di altissima qualità. Tra le sale del palazzo, degno di nota per la preziosità degli ornamenti e per la sontuosità dell’ambiente è il salone; per decorarlo furono chiamati i figuristi Giovanni Battista Caccioli e Fulgenzio Mondini e il quadraturista Giacomo Alboresi, che tra il 1661 e il 1663 con le loro pitture sfondarono abilmente la parete e crearono un arioso soffitto. Le finte architetture e le illusioni che ampliano il già abbondante spazio della sala guidano lo sguardo dell’ospite verso l’alto, a spiare l’ingresso di Venere nell’Olimpo, al cospetto di Giove. I corpi dei personaggi si lasciano modellare dalla luce, inserendovi con delicatezza e grandiosità nel soffitto “infinito”. Al 1725 vanno riferiti gli interventi di Vittorio Maria Bigari e di Giuseppe Marchesi detto il Sansone, artisti di indole diversa, ma accomunati da una pittura di straordinaria eleganza e di incredibile poesia cromatica. In una parete del grande salone Giove e Semele di Bigari e in quella di fronte il Ratto di Elena del Sansone consentono un confronto diretto tra i due pittori: il primo tenta la ricerca di un’ideale bellezza formale, trattenuta dal retaggio accademico di forte studio anatomico. Il Sansone, invece, nonostante dipinga seguendo il medesimo tono patetico di Bigari, si concentra su un’ambientazione ampia e affollata, che sembra più una partenza per “la luna di miele”, che un rapimento! Nello stesso salone, Sansone lavora all’alzata del camino, dipingendo Didone sul rogo: il pittore completa la decorazione di un ambiente teso alla celebrazione dell’Amore, cui alludono la presenza di Venere sul soffitto e le vicende delle eroine antiche Didone, Semele ed Elena. 33 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna Nella stanza attigua, Bigari interviene sul camino, dipingendo il Sacrificio di Gedeone. Una diagonale taglia la scena, distribuendo lo spazio tra il mondo concreto di Gedeone e l’apparizione celestiale dell’Angelo. Il commerciante veneziano Antonio Buratti, trasferendo la propria attività a Bologna, acquistò nel 1764 il palazzo dei Bertalotti e alcune abitazioni adiacenti, costituendo un insieme di edifici che prese il nome di Isola dei Buratti. Il veneziano, fine intenditore di arte e appassionato collezionista, continuò l’opera di abbellimento del predecessore e si affidò all’ “emergente” Gaetano Gandolfi. Questi realizzò alcune tele e affrescò una monumentale Minerva, in cui il disegno insistito del panneggio definisce con forza la corporeità della dea. CPGM 34 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna PALAZZO ALDINI SANGUINETTI Strada Maggiore 34, del Comune di Bologna, Museo Internazionale della Musica Il portico che sostiene la facciata di Palazzo Aldini Sanguinetti si impone grandioso su Strada Maggiore; lo superiamo ed entriamo nell’antica residenza senatoria. La settecentesca prospettiva dipinta nel cortile cattura immediatamente il nostro sguardo: una luminosa “architettura dell’inganno” si prende gioco dei nostri sensi, guidandoci entro un mondo di classica serenità arcadica. Il nucleo originario del palazzo costituì la prima residenza della famiglia senatoria del Loiani, che nel 1569 lo cedettero ai fratelli Ercole e Giulio Riario. Questi, acquistati terreni ed edifici confinanti, fecero ricostruire ed ampliare l’edificio. Il vecchio portico fu abbattuto e la facciata fu rifatta ex-novo e arricchita da un fregio in cotto plasmato sul modello di quello del Tempio di Antonino e Faustina nel Foro Romano. Nel 1796, il palazzo passò al conte Antonio Aldini, personaggio di spicco dell’amministrazione napoleonica; questi incaricò l’architetto Giovanni Battista Martinetti di rinnovare l’edificio in facciata, nella loggia, nel cortile e nello scalone, inglobando inoltre antiche strutture confinanti. Con la fine del dominio napoleonico, finì anche la fortuna degli Aldini e l’edificio venne venduto al cubano Diego Pignalverd per poi passare nel 1832 al tenore Domenico Donzelli. Nel 1870 il palazzo fu acquistato dalla famiglia Sanguinetti e nel 1986 l’ultima erede, Eleonora Sanguinetti, in memoria del padre Guido, ha donato al Comune di Bologna gran parte dell’edificio per farne museo musicale e biblioteca. Ai lavori fatti dal conte Aldini si devono gran parte degli affreschi e delle decorazioni: furono chiamati a collaborare all’impresa i più grandi artisti del momento. Gran parte delle loro opere sono visibili ancora oggi, tra le sale del Museo internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna. Il tromp-l’oeil del cortile, dipinto da Luigi Buratti e Francesco Santini nel 1798, è l’ affascinante illusione prospettica che ci accoglie e ci introduce in un ambiente che possiamo considerare privilegiata sede bolognese per il trionfo della pittura neoclassica. Le pitture e gli stucchi che arricchiscono le sale del palazzo concorrono a offrirci un’entusiasmante antologia dell’arte tra Settecento e Ottocento. Il gioco illusionistico delle pareti del cortile viene ripreso da Santini e Barozzi nello scalone, le cui architetture dipinte si perdono negli inganni spaziali delle pareti. Al piano nobile, seguendo il percorso museale, entriamo nella ovale stanza da pranzo, la cosiddetta “Sala del Convito”, decorata con arcate di verzura aperte su paesaggi o giardini illusori. Segue la “Sala di Enea”, cioè 35 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna la sala dedicata alla gloria delle armi; qui Pelagio Palagi abbandona la volontà illusionistico-spaziale in favore di una decorazione organizzata per scene incorniciate nella parete. Nella sala accanto o “Sala dello Zodiaco”, gli apparati decorativi di Domenico Corsini fanno da cornice alle figura sul soffitto con Aurora e i segni zodiacali attribuite a Palagi. I due ambienti che conducono al settore occidentale del palazzo sono decorati “all’orientale” da Barozzi e dalla sua bottega; la grazia e la raffinatezza delle figurine che percorrono le pareti sono emblematiche dell’arte barozziana al limitare del XVIII secolo. Infine, al termine della visita al museo, si entra nelle due sale di rappresentanza del conte Aldini, cioè il grande vestibolo e la “Sala delle Feste”. La decorazione del primo è opera di Fancelli e Basoli, che lo definisce in stile “quasi semigotico”; nella sala da ballo, invece, Serafino Barozzi inventa un’architettura e dei motivi decorativi che con entusiasmo celebrano le arti. I quattro ambienti del piano terra, di destinazione squisitamente privata, furono testimoni del debutto di Felice Giani come decoratore a Bologna. Affiancato da Gaetano Bertolani, l’artista realizzò un’incredibile varietà di temi e di pitture. Qui gli ornamenti hanno quasi il sopravvento sulle scene figurate e le decorazioni, alle quali corrispondono esigenze di carattere personale, sono fortemente legate alla destinazione intima e privata degli ambienti. Oggi noi, fruitori del ventunesimo secolo, non possiamo fare altro che perdere il nostro sguardo in quelle illusioni prospettiche e rimanere in rispettoso silenzio. CPGM 36 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna PALAZZO FANTUZZI Via San Vitale 23, dal signor Giancarlo Meroni e dai signori Federico Enriques e Giovanna Pesci Chiunque percorra via San Vitale è costretto a fermarsi e a osservare la facciata di Palazzo Fantuzzi, il cui interno appare come un non frequente esempio di “riuso” moderno di una dimora storica, del pianterreno e del piano nobile, adibiti a uffici e locali di rappresentanza per importanti ditte, dei granai e dell’altana che fa da sfondato allo scalone per un’abitazione. Possente e bizzarro, l’edificio si impone sulla strada e rompe il ritmo regolare dei portici. Ancora oggi si sente forte ed energica la determinazione di Francesco Fantuzzi il senatore che volle eternare in un’architettura maestosa la potenza e la ricchezza della sua famiglia. I Fantuzzi, originari di Treviso e sistematisi con il nome di Fabbri presso Minerbio, nella località che prese il nome di Cà de’ Fabbri, ebbero il loro capostipite in Fantuzzo di Guido de’ Fabbri, dottore in legge, morto a Bologna nel 1328. Ricchi mercanti e senatori fin dal 1467, comprarono case tra via del Giusto, ora via Guido Reni, e via San Vitale nel 1498. Nel 1517 il Senato cittadino concesse al collega senatore l’occupazione del suolo pubblico e nel 1525 gli autorizzò l’eliminazione del portico, per costruire una dimora grandiosa e imponente che diventasse ornamento e vanto per Bologna. Per realizzarla i Fantuzzi si impegnarono per diciassette anni, dal 1521 al 1538. L’idea fu quella di costruire un edificio grandioso, paragonabile alla domus bentivolesca distrutta da non molti anni, ma dalla concezione più moderna. Nel 1538, quando gli eredi subentrarono al senatore Francesco, morto nel 1533 e procedettero alla divisione dell’immobile, i cortili non erano ancora realizzati. Dello stesso anno è una convenzione con l’architetto Bartolomeo Triachini per la prosecuzione della fabbrica dell’edificio. Non è chiaro però se l’atto può essere interpretato nel senso di una continuazione di un rapporto già in essere. È comunque ignoto l’autore della mirabile facciata dell’edificio, quasi completamente rivestito di un bugnato di macigno che si ispira alle opere di Giulio Romano, filtrate a Bologna da Sebastiano Serlio. Se pure non sono documentati rapporti diretti o intese con i Fantuzzi, tuttavia non è improbabile che un affermato architetto abbia ispirato direttamente il promotore Francesco Fantuzzi nell’idea di quel prospetto così inedito, anche duro, violento nei suoi chiaroscuri taglienti in mezzo ai quali campeggiano - ritmati dalle colonne doriche inferiormente e ioniche di sopra - timpani e lunette ornati di mascheroni e conchiglie e alle estremità due edicole sormontate dagli elefanti con il castello turrito sul dorso, simbolo araldico della famiglia che riteneva il suo nome derivato da quello di “Elefantuzzi”. 37 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna Gli animali rappresentano l’esotica impresa della famiglia, che preferì collegare le proprie origini a “elefantuzzi” di natura militare e dimenticare l’antenato Fantuzzo Papailmatto o Scappailmatto, il cui nome derivava dal diminutivo “fantazino”, un bambino piccolo. Tra il “dentro” e il “fuori” esiste una forte discontinuità di tono; se il rustico bugnato della fronte ci lascia un po’ sorpresi, gli equilibri degli interni ci portano ad apprezzarne enormemente la compostezza classica. L’uno maggio 1680 in occasione della sua seconda elezione al gonfalonierato, il senatore Carlo Ridolfo Fantuzzi inaugurò lo scalone d’onore. Paolo Canali, sfruttando effetti scenografici e teatrali, concepì una mole enorme e perfettamente coerente all’esistente. Non si trattava di una semplice via d’accesso, ma di un palcoscenico che introduceva il pubblico in uno spazio prezioso e vibrante, secondo il fasto tipico delle dimore dei senatori bolognesi. Si trattava di una novità architettonica che vide a Palazzo Fantuzzi l’inaugurazione della propria stagione. Presto, infatti, il modello di Canali fu riproposto in numerosi palazzi della aristocrazia bolognese. Lo scalone è l’unico accesso possibile al piano nobile e conduce direttamente alla sala senatoria, decorata tra il 1678 e il 1684 dagli artisti più popolari del momento. Francesco Galli Bibbiena sfondò le pareti con le sue architetture dipinte e Giovan Battista Bolognini (detto Giambologna) creò il maestoso camino. Le decorazioni che Giambologna gli affianca riassumono la grandezza, la ricchezza e la maestosità dell’intero palazzo: due telamoni sostengono un tronco di piramide su cui siede Atena, fiera e potente, affiancate da trofei. La struttura emana la stessa potenza e la stessa ricchezza di quelle che pervadono l’intero palazzo. Nel 2009 dopo un anno di lavori sono terminati i restauri di palazzo Fantuzzi, molto importanti per il lavoro attuato sull’arenaria col recupero del suo colore rosso vivace e i dettagli delle formelle e dello stemma dell’elefante che sostiene la città. CPGM Il restauro della facciata di Palazzo Fantuzzi (2008 - 2010) Il restauro della facciata di Palazzo Fantuzzi curato dall’architetto Giuseppe M. Costantini e recentemente concluso, presenta due consistenti e significative novità sia per il Palazzo stesso sia per l’intera città. La prima è nei risultati del lavoro compiuto. La facciata era già stata restaurata infinite volte, ripetutamente anche nel secolo scorso fino all’ultimo restauro totale del 1980, ma solo oggi le superfici piane in laterizi rossi sono tornate a leggersi come base ritmica continua su cui apprezzare l’armonia delle decorazioni 38 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna scolpite ed emerge la policromia, prima assolutamente impercettibile, dovuta alle differenze nella composizione delle arenarie selezionate dai costruttori: la “bianca”, la “gialla”, la “grigia”. La seconda novità, origine e ragione della prima, è rappresentata da come è stato progettato, condotto e documentato questo restauro, realizzato con la collaborazione del “Dipartimento per la Conservazione dei Beni Culturali” dell’Università, sede ravennate dell’Ateneo di Bologna, e con ogni autorizzazione e alta sorveglianza del MiBAC, in base ad uno studio approfondito sulla natura e sullo stato dell’opera, comprese ricerche documentarie, per giungere alla redazione di un progetto che non si fondasse sui luoghi comuni della prassi consolidata, ormai evidentemente inadeguata come risultava esplicitamente proprio dal gravissimo ammaloramento materiale ed estetico del Palazzo, emblematico oggetto e “vittima” di ripetuti interventi contemporanei. Le decorazioni dei granai di David Tremlett L’intervento di David Tremlett è stato realizzato nel 2001 in una privata abitazione ricavata dai granai all’ultimo piano di Palazzo Fantuzzi. Il progetto di pavimento in legno è stato eseguito nell’estate del 2000 preceduto da un accurato sopralluogo dell’artista nell’appartamento. Il disegno del parquet rappresenta simbolicamente – secondo i desideri della committenza – un esperimento di fisica, gli “Emisferi di Magdeburgo”, così come fu fatto e rappresentato nel XVII secolo. I due semicerchi raffigurano gli emisferi, le quattro linee curve le pariglie di cavalli che cercano di staccarli l’uno dall’altro. Il colore del fondo è stato realizzato a listoni di acero canadese così come l’intero pavimento della casa. Solo dopo l’esecuzione del pavimento, David Tremlett ha proposto un wall drawing sulle pareti delle due grandi sale. Le pareti non sono uniformi perché corrispondono al cornicione aggettante della facciata cinquecentesca del palazzo: nella parte superiore, verticale, lo spazio è disegnato con una regolare scansione di archi, intervallati dal bianco delle capriate del soffitto su una base a doppie fasce orizzontali inclinata verso l’esterno, che la divide dalla parte inferiore. In questa, inscritti negli spazi sottostanti gli archi, si susseguono cerchi colorati, come grandi occhi nei muri dei portici. Nella seconda sala, poi adibita a biblioteca, i cerchi sono soltanto definiti a carboncino. 39 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna PALAZZO BOLOGNINI AMORINI SALINA Via Santo Stefano 9-11, dal Marchese Salina Amorini Bolognini Dove via Santo Stefano si allarga per accogliere il bolognese gruppo delle “Sette Chiese”, ci si imbatte nel Palazzo Bolognini Amorini Salina omogeneo, imponente e scenografico, l’edificio si mostra fiero testimone delle ricchezze accumulate del ramo senatorio dei Bolognini. La prima fase dei lavori tra il 1517 e il 1525 portò alla costruzione delle prime sei arcate verso sinistra; i lavori proseguirono negli anni successivi e si conclusero nel 1551, con l’erezione dei cortili e della scala e l’avvio della decorazione interna. Ai primi anni del XVII secolo, infine, risale la costruzione del lato destro e del compimento del palazzo. Una vicenda costruttiva un po’ lunga, ma dagli esiti eccezionali, che propongono un’ampia facciata, impostata su un portico di dodici archi sostenuti da colonne con capitelli compositi di macigno e ravvivata da singolari decorazioni. Autore del disegno dell’edificio è tradizionalmente ritenuto Andrea Marchesi da Formigine, intervenuto anche nella parte ornamentale dei capitelli nelle prime sei arcate. Qui fu assistito dall’allieva Properzia de’Rossi e da Giacomo della Nave, con i quali creò una bizzarra varietà di figure, dove si alternano animali reali e immaginari. Sopra la cornice in terracotta del porticato, la facciata si alza per due piani. Le finestre del piano nobile, trabeate, si impostano su paraste in terracotta; quelle del piano superiore, più piccole e di forma quadrangolare, sono contornate da un semplice profilo aggettante e sormontate da un cornicione in cotto. Numerosissime teste in terracotta, sull’esempio del precedente palazzo dei Bolognini (oggi Isolani-Bolognini, si veda la relativa descrizione) si affacciano sulla piazza. Quelle cinquecentesche, nate con la prima porzione dell’edificio, sono opera di Alfonso Lombardi e di Nicolò da Volterra, mentre quelle seicentesche sono riconducibili alla mano di Giulio Cesare Conventi. Sono ben centotrenta le teste che sporgono dal cornicione: tredici sbirciano i passanti dai pennacchi dell’arco del portico; tredici e tredici si protendono al primo e al secondo piano, tra finestra e finestra. Alcune le troviamo perfino sotto il portico. È una schiera eterogenea di visi che anima di atteggiamenti ed espressioni tutta la fronte del palazzo. Si tratta di una folla brulicante che quasi raffigura un’ossessiva smania di controllo dei Bolognini su Piazza Santo Stefano. Tale “controllo” i Bolognini lo mantennero fino al 1800, quando il ramo senatorio si estinse e il palazzo passò agli Amorini Bolognini e, successivamente ai Salina. Un piccolo accenno, in fase conclusiva, va dedicato alla grande sala del piano nobile, al quale si accede per lo scalone che parte dalla loggia cinquecentesca: qui è ancora forte la fastosa atmosfera dei ricevimenti e dei balli che distrae40 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna vano le famiglie senatorie della città. Nel 1823, il primo piano fu ceduto alla Società del Casino Nobile, un circolo che raccoglieva l’aristocrazia e l’intellettualità cittadina. Il grande salone d’onore di Palazzo Bolognini Amorini Salina divenne la sede privilegiata di balli, concerti, spettacoli di prosa, grandi feste private, accademie letterarie e poetiche che videro partecipare filosofi e poeti di grande levatura. Due nomi per tutti: Stendhal e Giacomo Leopardi. CPGM 41 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna PALAZZO SAMPIERI TALON Strada Maggiore 24, dal Signor Gerardo Veronesi Lasciamoci le Due Torri alle spalle e infiliamoci in Strada Maggiore, il percorso orientale della via Emilia che conduce fino a Rimini e da lì, attraverso la via Flaminia, a Roma. Una strada, la Maior, che si caratterizza per l’eleganza discreta e le architetture poco squillanti. Lasciamoci, dunque, la Torre degli Asinelli e la Garisenda alle spalle e teniamo la sinistra della strada. A un certo punto il portico si interrompe, sostituito da una fila di colonnette che definiscono uno stretto piazzale. Su questo si erge la semplice facciata dell’antica Casa Sampieri, oggi Palazzo Sampieri Talon: tre piani su cui si aprono grandi finestre. Entriamo e troviamo due interessanti cortili; il primo, in particolare, attira la nostra attenzione sui pilastri ottagonali che sorreggono due splendidi archi trecenteschi. L’aspetto interessante del palazzo, però, lo offrono gli affreschi. Negli anni tra il 1593 e il 1595 Ludovico, Agostino e Annibale Carracci vengono chiamati dall’abate e conte Sampieri a dipingere tre sale al piano terra, una per ciascuno: l’ultima in cui i tre, ormai i più celebri e applauditi pittori della città, salgono sugli stessi ponteggi. In Casa Sampieri la copertura delle stanza non è piana, ma è costituita da una volta appena ribassata; i Carracci non possono ricorrere alla “tradizionale” decorazione a fregio e occupano l’intero della volta con un sottinsù, grazie al quale si può ammirare la scena da ogni punto della stanza. Il tema affrontato dai Carracci in questo ambiente è quello delle Storie di Ercole, cioè della forza usata per trattenere e fermare una bestialità selvaggia. Tale argomento viene ripreso anche nelle fughe di due camini. Sull’alzata del camino della terza sala, invece, Ludovico dipinge la tela di Cerere in cerca di Proserpina rapita da Plutone: il soggetto cambia, ma il messaggio legato alla forza usata con saggezza è il medesimo. Le scene sono impostate su corpi dai muscoli guizzanti e dalle forme dilatate, irrobustite dagli scorci accentuati. Di eccezionale eleganza sono, infine, le ricche cornici delle pitture, opera di Gabriele Fiorini, lo stuccatore di fiducia dei Carracci. Le vicende di Ercole ritornano nella sala contigua a quella dipinta da Agostino, dove nel 1631 Guercino affresca la volta con Ercole e Anteo. Sotto i soffitti delle Storie di Ercole, le pareti ospitavano circa centoventi quadri: una galleria che era tappa obbligata per i viaggiatori di passaggio a Bologna. La raccolta giunse intatta tra le mani dell’ultimo membro della famiglia, morto nel 1787. Questi, nel proprio testamento, dichiarava la volontà che la collezione fosse da considerarsi parte integrante delle sale e che non dovesse 42 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna essere smembrata. Le condizioni, però, non furono rispettate e tutti i dipinti passarono in proprietà all’Istituto delle Scienze di Bologna e, dopo una serie di vicissitudini, l’intera collezione fu portata a Milano e parte confluì alla neonata Pinacoteca di Brera. CPGM 43 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna PALAZZO MAGNANI Via Zamboni 20, di Unicredit Banca Il raccolto sagrato della chiesa di San Giacomo Maggiore, l’attuale Piazza Rossini, è circondato da alcuni edifici di massimo interesse per la storia dell’architettura bolognese. Tra questi spicca, sul lato orientale di via Zamboni, la cinquecentesca facciata del Palazzo Magnani. Le origini della famiglia Magnani sono molto antiche: i suoi membri occupano cariche pubbliche fin dal XIII secolo. Nel corso del XV secolo furono ferventi seguaci dei Bentivoglio, e per questo, dopo il definitivo ritorno di Bologna sotto il dominio papale, i Magnani persero importanza; fu solo grazie a Lorenzo (1533-1604) che poterono recuperare il grado senatorio. La personalità di Lorenzo Magnani è un esempio piuttosto interessante della rampante aristocrazia bolognese del Cinquecento: seppe risollevare le fortune della famiglia grazie a uno spiccato senso imprenditoriale e a una accorta politica matrimoniale che lo portò a sposarsi con donne di famiglie ben più illustri, quali erano i Fantuzzi e i Campeggi. Si scelse inoltre gli alleati giusti: il favore del cardinale legato Giovanni Battista Castagna, futuro papa Urbano VII, gli procacciò infatti il seggio senatorio nel 1590. Sicuramente funzionale all’elevazione al senatorato fu la costruzione del palazzo, che si impone su quelli contemporanei bolognesi per la qualità formale, il perfetto bilanciamento delle parti e per l’aderenza ai modelli più aggiornati dell’edilizia residenziale romana. Il cantiere prese inizio nel 1577 e il progetto si deve all’architetto Domenico Tibaldi (1541-1583). La facciata si fonda su un basamento che rielabora le forme del portico bolognese secondo un gusto più vigoroso, con pilastri quadrilateri a bugnato. Al di sopra sei classiche lesene di ordine composito scandiscono l’ampia superficie muraria, intervallate da finestre con timpani curvilinei. All’interno, il cortile ripete le forme architettoniche della facciata e la loggia posteriore ospita una statua di Ercole, forse una rappresentazione dello stesso committente del palazzo. Lo scalone che conduce al piano nobile, oggi suddiviso in due rampe, in origine doveva avere una terza rampa che saliva dal loggiato posteriore al pianerottolo intermedio. Al piano nobile si trova il grandioso salone senatorio, ornato dal celebre fregio dei Carracci che raffigura le Storie di Romolo e Remo, eseguito tra il 1587 e il 1592 e considerato il risultato migliore della collaborazione carraccesca a Bologna. Molti si sono interrogati sul significato che potevano rivestire le storie della fondazione di Roma per Lorenzo Magnani: gli studi più recenti tendono a leggerlo come espressione di gratitudine nei confronti del potere romano e del 44 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna papa che lo aveva nominato senatore. Le singole scene, soprattutto se confrontate con il fregio di palazzo Fava, si caratterizzano per la ricerca di una solenne monumentalità delle figure, ispirata dal classicismo romano, senza che per questo perdano in naturalezza e morbidezza nell’uso dei colori, peculiarità della pittura correggesca e veneta. La struttura che le racchiude è di grande forza illusionistica, come si può notare dalle potenti figure dei telamoni, nonché da una serie di putti e dalle figure che simulano statue bronzee. Anche la decorazione del soffitto ligneo procede in questa direzione, abbandonando il motivo manierista delle grottesche a favore di un monocromo più plastico e monumentale. Completa l’apparato della sala un ricco camino di marmi pregiati sovrastato dalla scena dei Lupercalia, festività romana di tipo pastorale, probabilmente di Annibale Carracci, e dalle statue di Minerva e Marte dello scultore lombardo Ruggero Bascapè. Il salone, all’epoca in cui fu costruito doveva rappresentare uno degli ambienti più raffinati di Bologna, ed ospitò numerose feste rimaste nelle cronache, come quella, assai bizzarra, indetta da un ormai anziano Lorenzo Magnani nel 1594, a cui furono invitate solo sessanta gentildonne e pochissimi cavalieri. La festa si concluse con l’irruzione di un gelosissimo Piriteo Malvezzi, non invitato, al contrario della moglie, e nel tumulto si contarono due feriti. Le altre sale del palazzo sono ornate da camini cinquecenteschi con affreschi di scuola bolognese del tardo Cinquecento. All’estinzione della famiglia Magnani, il palazzo fu assegnato nel 1797 ai Guidotti, grazie a una clausola testamentaria dello stesso Lorenzo Magnani che prescriveva l’estrazione a sorte di un fanciullo di famiglia senatoria. Fu poi venduto ai Malvezzi Campeggi - loro è lo stemma in facciata - e passò in seguito ai Salem e al Credito Romagnolo oggi Unicredit Banca, che ne ha fatto la propria sede di rappresentanza, oltre a conservarvi una preziosa collezione d’arte. In questa veste, il palazzo continua ad essere urbi ornamentum, ornamento per la città, come l’aveva voluto Lorenzo Magnani. DPGM 45 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna VILLA BELPOGGIO Via Mulinelli 22, dai Principi Hercolani La villa Belpoggio, nonostante l’imponente facciata in stile neoclassico, nasconde una storia che affonda direttamente nei secoli del dominio bentivolesco. Costruita tra il 1479 e il 1483 da un certo Carlo Monti, fu ben presto acquistata nel 1484 da Giovanni II Bentivoglio, signore di Bologna. Egli la ricostruì con notevole dispendio di risorse, dotandola di due eleganti logge sovrapposte in facciata, racchiuse da due torrette. Nel 1498 cominciò anche la costruzione di una torre, ancora visibile, benché mozzata, sul retro dell’edificio. Secondo la testimonianza del poeta Giovanni Sabadino degli Arienti, nella sua opera Gynevera de le clare donne, la villa era una residenza molto apprezzata da Ginevra Sforza, moglie di Giovanni II, protagonista di una vera e propria “leggenda nera”volta a screditarne l’immagine dopo la morte. La vox populi bolognese le attribuì infatti la responsabilità della decadenza della signoria bentivolesca: fu lei ad ispirare la crudele repressione della famiglia rivale dei Marescotti nel 1501 e inoltre non le si perdonava il fatto che, poco dopo la morte del primo marito Sante Bentivoglio, signore della città dal 1445 al 1463, subito si risposasse per mantenere il potere con l’erede della signora, il più giovane cugino Giovanni II, alimentando le dicerie circa l’esistenza di una relazione tra i due. In realtà, le parole di Sabadino degli Arienti descrivono una dama colta e raffinata, oltre a informarci dello sfarzo che caratterizzava la villa: giardini curatissimi, fontane, marmi pregiati, affreschi. Questa lussuosa residenza fu incendiata nel 1512 dalle truppe spagnole che assediavano la città e fu restaurata solo dopo il 1537, quando Alessandro Manzoli la affittò dai Bentivoglio, esuli a Ferrara. Costui era figlio di Giacomo Sforza, della stessa famiglia dei Duchi di Milano, ma era stato adottato dall’avo materno Filippo Manzoli, senatore; inoltre era marito di Lucia, figlia naturale di Giovanni II Bentivoglio. Si distinse per notevoli doti intellettuali, facendo parte, insieme al Vignola e a Marcello Cervini, futuro papa Marcello II, dell’Accademia della Virtù, dedita all’interpretazione del trattato architettonico romano di Vitruvio. All’estinzione della sua discendenza maschile, la villa fu ereditata dai Colonna di Carbognano e dai Guidi di Bagno. Nel 1680 fu acquistata dal senatore Francesco Azzolini, personaggio ricchissimo ma di recente nobiltà, che vi compì lavori di sistemazione, fra cui forse il tamponamento delle logge. Fu poi comprata dai Pepoli e trasmessa in eredità ai Coccapani di Modena, che la affittarono: nel 1730 vi abitava il Duca di Modena Rinaldo I d’Este, che vi fece costruire un teatrino, oggi scomparso, in cui si rappresentò l’Alzira di Voltaire 46 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna nel 1737. La villa era piuttosto ambita, se si pensa che nel 1728 pensò di trasferirvisi anche l’esule Re d’Inghilterra Giacomo III Stuart. Passò infine alla contessa Lucrezia Orsi, che nel 1764 la donò al nipote Filippo Hercolani, senatore e Principe del Sacro Romano Impero, i cui discendenti tuttora la possiedono. Gli Hercolani si impegnarono in un radicale rinnovo della villa: la nuova facciata fu cominciata nel 1784, probabilmente su disegno di Carlo Bianconi (1732-1802) e non di Angelo Venturoli (1741-1821), come spesso è stato scritto, presente in cantiere solo dal 1785. Si caratterizza per le lesene doriche di ordine gigante, che inglobano i due piani dell’edificio per ottenere una concezione più maestosa e unitaria dell’architettura. Alle estremità della facciata sono ancora presenti le torrette bentivolesche, ridisegnate secondo il gusto neoclassico. Al centro si trova poi un monumentale fastigio, disegnato forse dall’architetto Giuseppe Jarmorini (1732-1816) e ornato da due colossali statue di Ercole, eroe eponimo della famiglia committente, che reggono lo stemma Hercolani. Nel 1785 Angelo Venturoli progettò la cancellata che racchiude i giardini, mentre nei due anni seguenti si può collocare la sistemazione delle scalinate con le quali fu dato l’assetto definitivo agli spazi esterni. Gli spazi interni mostrano chiaramente, in pianta, la lunga storia costruttiva del palazzo: per esempio, sono ancora visibili gli spessi muri perimentrali della torre bentivolesca. Lo scalone fu ornato nel 1787 da una cariatide doppia, forse raffigurante Ercole in età giovanile e in età matura, opera di Luigi Acquisti (1745-1823). Le decorazioni del piano terra, due gruppi scultorei nell’antico atrio e due statue nella sala adiacente, furono eseguite nel 1788 e sono opera dello scultore Giacomo Rossi (1751-1817). La villa è stata oggetto, tra il 2002 e il 2006, di un prezioso intervento di restauro, attuato dai proprietari, che ha permesso di riportare a nuova vita un’architettura tra le più importanti del periodo neoclassico a Bologna. DPGM In occasione della XXXIII Assemblea Nazionale ADSI a Bologna la proprietà ha organizzato nel parco di Belpoggio una mostra di sculture dell’artista neozelandese ma residente a Bologna Guy Lydster, amico personale di Alessandro Hercolani. Si tratta di teste di grandi dimensioni in cui si riflette il paesaggio osservato, raffigurazione in marmo della memoria che il parco può lasciare nei suoi visitatori. 47 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna VILLA MONDANI ORA SEDE FURLA SPA Via Bellaria 3/5 San Lazzaro, dal Cavaliere del Lavoro Giovanna Furlanetto Le prime notizie certe sulla villa risalgono al 1576 e sappiamo che faceva parte del fidecommesso istituito nel suo testamento da Cornelio Malvasia. Costui apparteneva ad una antica famiglia, detta in origine Della Serra, perché, secondo Pompeo Scipione Dolfi, era stata scacciata dal castello della Serra presso Gubbio e si era trapiantata a Bologna al seguito di Francesco di Brunamonte della Serra, podestà di Bologna tra il 1334 e il 1335. Secondo altri autori la famiglia era di origine locale e aveva mutato il proprio cognome a causa di alcuni suoi membri che commerciavano uva malvasia e il vino che se ne traeva. Tale nome deriverebbe invece, secondo Giuseppe Guidicini, dal fatto che esercitavano l’attività bancaria nei pressi del Trebbo della Malvasia, il punto in cui via Pescherie Vecchie entra in Piazza Maggiore. La famiglia, giunta a una notevole solidità economica, fu più volte preposta alla tesoreria apostolica, fonte di ulteriori lauti guadagni. Cornelio Malvasia, primo proprietario certo della villa, ottenne la dignità senatoria da papa Giulio III nel 1554. Inoltre svolse, nel 1566 e nel 1576, l’incarico di ambasciatore bolognese presso il papa, estremamente prestigioso in quanto Bologna era l’unica città degli Stati Pontifici che godeva di un’ampia autonomia e dunque poteva esprimere un ambasciatore, dello stesso rango - almeno nella forma - di quelli delle altre potenze europee. Alla sua morte la villa passò ai discendenti, tra cui si ricorda un altro Cornelio (1603-1664), appassionato di astronomia che ospitò nel 1652 il celebre astronomo Gian Domenico Cassini nell’osservatorio che aveva fatto costruire nel suo castello a Panzano nel Modenese per studiare l’orbita di una cometa. Lo stesso Cornelio era però anche noto, in giovane età, per un temperamento piuttosto turbolento; insieme al fratello si segnalò per numerose risse, come quella con un certo Pietro Savignani, a causa di un punto d’onore tipico di quel secolo: il Malvasia sosteneva che fosse più onorevole l’ordine cavalleresco di Malta, mentre il Savignani propendeva per quello di Santo Stefano. Sempre nel Seicento, la famiglia fu resa celebre dal canonico Carlo Cesare Malvasia (1616-1693), autore del celebre volume Felsina Pittrice, fonte di primaria importanza per la conoscenza della pittura bolognese seicentesca. La villa fu venduta nel 1645 ai Pepoli e a metà del Settecento ai marchesi Boschi. In tempi più recenti è stata di proprietà dei Mondani. Nel corso del ventesimo secolo ha subito numerosi danneggiamenti: nel 1927 metà del viale di ingresso fu espropriato per consentire l’accesso all’Ospedale Bellaria, appe48 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna na costruito. Furono però gli anni dell’ultima guerra che causarono i maggiori danni allo storico edificio, così come a gran parte del patrimonio storico rurale della campagna bolognese. Dapprima fu requisita dalla Prefettura di Bologna e adibita a redazione del giornale «L’Avvenire d’Italia», storico quotidiano di ispirazione cattolica, che cessò volontariamente le pubblicazioni il 25 settembre 1944 per non sottostare ai voleri degli occupanti tedeschi. Fu quindi occupata da questi ultimi, che l’abbandonarono però poco dopo per l’avvicinarsi del fronte anglo-americano. Nel corso del rigidissimo inverno tra il 1944 e il 1945 la villa fu privata del tetto per ottenere legna da ardere dalle travature; stessa sorte subirono gli alberi del viale e del parco. Le murature furono poi colpite da alcune cannonate che ne misero a dura prova la statica, già precaria per la perdita della copertura. Al termine della guerra fu posto riparo ai danni a cura dei proprietari, mentre gran parte del terreno agricolo che circondava la villa fu trasformato dall’amministrazione comunale di San Lazzaro di Savena in parco pubblico. L’antica portineria è stata invece adibita a sede del museo archeologico “Luigi Donini”, che racchiude prevalentemente reperti di età preistorica. La villa ha un aspetto esteriore estremamente semplice, caratterizzato dall’altezza quasi sproporzionata rispetto alla base dell’edificio, ed è affiancata da un edificio fattorale porticato. L’interno si organizza intorno a una loggia passate e a una contro-loggia perpendicolare, ornate da numerose tempere, ora perdute, con paesaggi racchiuse entro cornici in stucco. Alcune di esse erano settecentesche, altre furono dipinte nel secolo successivo dal pittore Giuseppe Viscardi (1816-92). In una delle sale del piano terra si conserva anche un interessante camino cinquecentesco con sculture, che originariamente era collocato in una vicina casa colonica. Recentemente la villa è stata sottoposta a un più completo restauro dai nuovi proprietari, la famiglia Furlanetto, che ne ha fatto la sede di rappresentanza dell’azienda di moda “Furla” attuando un pregevole esempio di “riutilizzo funzionale” di un bene architettonico storico. In questa nuova veste la villa può continuare a vivere e a testimoniare la permanenza attraverso i secoli dei valori storici e culturali che ne hanno accompagnato le trasformazioni. DPGM 49 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna IL FLORIANO Via Bagnarola 27, Budrio, dai Marchesi Gherardo, Luigi e Francesco Malvezzi Campeggi La campagna di Budrio, tra i segni delle antiche centurie romane, accoglie grandi proprietà fondiarie di alcune importanti famiglie bolognesi. A Bagnarola, la costruzione di tre fabbriche gentilizie vede svilupparsi un’interessante forma a “L”, che individua il proprio perno a ovest, nel Castello Bentivoglio poi Odorici e le estremità a nord, nella Villa Ranuzzi Cospi, e a est nel Casino dell’Aurelio, antica palazzina da caccia dei Malvezzi. Queste vengono a costituire rapidamente una precisa trama urbanistica definita da grandi viali alberati e definiscono le componenti caratteristiche del giardino-campagna. È questo un elemento paesistico tipico dei latifondi bolognesi, dove le ville senatorie sono al tempo stesso centro degli interessi e dell’economie delle imprese agricole, sia luogo di villeggiatura dell’aristocrazia. Tale fatto, pertanto, si manifesta nella profonda compenetrazione tra il giardino della villa e la campagna circostante Nel corso dei secoli, gli edifici sono stati trasformati e si è persa l’armonica unità urbanistica che legava le tre dimore; le terre dei Malvezzi, però, hanno vissuto una storia che permette di individuare in un unico sito i forti valori paesaggistici che tra il Cinquecento e il Settecento hanno caratterizzato la zona. Nel 1623, Aurelio Malvezzi acquistò un casino di caccia che fece ingrandire, aggiungendovi i corpi laterali e facendo decorare gli interni con pitture intrise del neonato gusto barocco. Nei decenni successivi, i figli Floriano e Matteo attuarono una riqualificazione dell’intera area, arricchendo il giardino nei pressi del casino ed erigendo costruzioni atte ad accogliere la frenetica vita degli abitanti; essi avviarono la costruzione di un complesso in cui gli ambienti privati della famiglia Malvezzi e gli ambienti della vita pubblica convivevano e si completavano reciprocamente. I fratelli affidarono a Gregorio Monari la costruzione del «Borgo Nuovo di Bagnarola», denominato così per distinguerlo dall’Abbazia, l’originale nucleo abitativo del luogo. Secondo il gusto scenografico dell’epoca, sul lato meridionale del borgo nel 1711 fu terminato il Palazzo Nuovo, detto Il Floriano, un edificio nato per accogliere l’annuale fiera di merci e bestiame. Monari creò un corpo centrale affiancato da due ali laterali, la Cavallerizza e l’Appartamento doppio, che ancora oggi disegnano la peculiare forma a ferro di cavallo della costruzione; intriso di fascino è il porticato della fronte Nord, destinato alle botteghe rimaste in uso fino al ventesimo secolo. Ieri come oggi, prima di infilarsi tra le arcate del portico, il visitatore veniva accolto dai due grandi torrioni gemelli dell’ingresso, adibito a osteria e macelleria uno 50 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna e a forno l’altro. Per la fiera arrivava gente da ogni dove e venivano organizzati spettacoli teatrali, funzioni religiose e processioni. I primi erano rappresentati sul palcoscenico del Teatro del Bibiena, costruito tra il 1697 e il 1723 e ricordato per le ingannevoli scene a tromp-l’œil realizzate da Ferdinando Bibiena nel 1719. Tali scenografie, però, oggi possiamo solo immaginarle: andarono perdute agli inizi del Novecento, quando un incendio colpì l’edificio. Nei pressi del Teatro, fu costruito negli anni tra il 1686 e il 1691 il complesso del “Santuario”, che vedeva nella cappella centrale dedicata a Santa Anna il fulcro della religiosità locale e meta privilegiata per i pellegrini. Qui, pregando le preziose reliquie della Santa, i fedeli potevano ottenere l’indulgenza plenaria. Di questa struttura, purtroppo, oggi è fruibile la sola Cappellina di Santa Croce: la chiesa ha subito i danni della Seconda Guerra Mondiale. Gli ambienti privati dei Malvezzi e quelli pubblici destinati agli abitanti del luogo si affiancano e compenetrano, in una fusione di spazi che ancora oggi abbraccia l’intero complesso. Per volontà di Antonio Malvezzi Campeggi nel 1818 il fronte meridionale del Floriano fu ristrutturato: l’architetto Antonio Venturoli fornì alla facciata verso il parco un’immagine più solenne e grandiosa, creando una scenografica facciata neoclassica con paraste giganti e finestre finte; per accrescere l’imponenza dell’edificio. Inoltre innalzò oltre il tetto un grande frontone venendo a creare un monumentale fondale teatrale, dominando e componendo grandi superfici, ma senza intervenire sulla qualità dello spazio architettonico. Infatti non intervenne sulle corrispondenze tra l’esterno e l’interno del complesso. La pianta, infatti, rimase immutata nella sua semplice infilata di stanze comunicanti qualificate dall’arredo, nato per quegli ambienti con i quali costituisce un tutt’uno. Anche all’esterno è possibile notare una fusione tra spazi privati e spazi pubblici e nella peculiare continuità del giardino-campagna del Borgo Nuovo di Bagnarola. Si tratta dell’armonia della forte atmosfera settecentesca che ancora si respira a pieni polmoni. CPGM 51 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna ROCCA ISOLANI Via Garibaldi, Minerbio, dai Conti Gualtiero e Francesco Cavazza Isolani La storia di Minerbio è strettamente legata a quella degli Isolani: già dal 1303 vi sono documentate alcune proprietà di questa famiglia, giunta a Bologna nel Trecento, secondo la tradizione, dall’isola di Cipro - da cui il cognome e la parentela coi Lusingano confermata nella seconda metà del Quattrocento in una lettera autografa del re Giano III di Cipro conservata negli archivi della famiglia Isolani – ma forse già presente a Bologna nei secoli precedenti. Nel 1403 il cardinale Giacomo Isolani ricevette in feudo la rocca (di origini trecentesche) dal Duca di Milano, allora signore di Bologna. Le vicende successive furono movimentate: la rocca fu saccheggiata nel 1438 dai Visconti e rimase probabilmente abbandonata fino al 1503. Nel 1527 fu danneggiata dalle truppe imperiali di Carlo di Borbone. Infine, nel 1524 il senatore Giovanni Francesco Isolani fu confermato conte di Minerbio da papa Leone X e nel 1535 riconfermato da papa Paolo III (1535). Negli anni seguenti, probabilmente in considerazione di queste nuove investiture, gli Isolani provvidero a restaurare la rocca. All’interno la rocca presenta un cortile con un elegante loggiato, forse risalente al restauro del 1503. Su una parete della corte è visibile lo stemma del cardinale Giacomo Isolani, morto nel 1429, primo signore di Minerbio. L’elemento più caratteristico della rocca sono comunque le sale affrescate da Amico Aspertini (1474-1552): la Sala di Marte, con la figura della divinità dipinta sulla volta, attorniata da altre figure maschile e femminili e da una ricca decorazione “a grottesche”; le figure a monocromo sulle pareti (scene di banchetto) sono state riscoperte nel corso di recenti restauri (2008). Le altre salette affrescate, collegate da una scaletta a chiocciola, si trovano nella torre nord-occidentale. Al piano terra, la Sala dell’Astronomia è decorata dalle figure di Apollo e delle Muse che reggono sfere armillari e stellate, rappresentazioni ispirate ai Tarocchi di Andrea Mantegna. Segue la Stanza di Ercole, decorata con nove episodi della vita dell’eroe. All’ultimo piano, purtroppo quasi completamente distrutta, la Stanza della Moglie Adultera. I temi rappresentati, di derivazione umanistica, ma interpretabili anche secondo una chiave di lettura moralizzante, fanno pensare che questi ambienti fossero adibiti a studioli. In questo ciclo si notano diverse influenze di artisti dell’Italia padana – Dossi, Garofalo, Giulio Romano –tuttavia rielaborate secondo lo stile estremamente fantasioso e bizzarro e a tratti anche grottesco, tipico di Aspertini. Nel corso del Cinquecento alla rocca fu affiancato il Palazzo Nuovo, costruito 52 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna in due fasi: nel corso della prima fu edificata la costruzione, a pianta quadrata, costituita da 49 volte a crociera posate su 36 pilastri in mattoni. La seconda fase riguardò invece il piano nobile, accessibile in origine solo dall’ampio scalone esterno a due rampe, che mostra una certa incoerenza progettuale: una serie di sale, una loggia a tre archi e una corte, probabilmente corrispondente a un salone centrale, mai costruito o forse distrutto, che avrebbe costituito il fulcro degli ambienti abitativi. La differenza tra la perfetta organizzazione spaziale della costruzione e la confusione planimetrica del piano nobile ha fatto recentemente pensare che la prima fase dei lavori possa essere attribuita a Jacopo Barozzi da Vignola (1507-1573), forse alla sua prima commissione importante, mentre la seconda fase debba essere riferita all’architetto bolognese Bartolomeo Triachini, come documenta un contratto del 1557. Il Cinquecento ha lasciato a Minerbio anche un piccolo capolavoro architettonico: la Colombaia, eretta nel 1536 ed anch’essa attribuita al Vignola. Si tratta di un’elegante torre ottagonale, organizzata su tre livelli, ritmati con leggerezza da lesene tuscaniche. All’interno una scala elicoidale con struttura lignea permetteva di accedere ai ripari per i colombi. La Colombaia di Minerbio è l’unica, tra quelle della campagna bolognese, che presenti un tale grado di ricercatezza formale: si può pensare che, oltre ad avere un carattere funzionale (l’allevamento dei colombi), costituisse anche un elemento ornamentale a conclusione del giardino del palazzo. La brillante soluzione architettonica e stilistica ha fatto pensare ancora una volta al Vignola, benché al di là di evidenti connessioni stilistiche non sussistano prove documentali a chiarire definitivamente questa attribuzione. L’ultimo elemento del complesso Isolani di Minerbio è costituito dal borgo: la Torre dell’Orologio segna l’inizio di una strada porticata, fiancheggiata da case di modesta dimensione e da un oratorio. La potestà feudale su Minerbio fu revocata dal papa Clemente XII nel 1734, a conclusione di lunghi contenziosi che avevano opposto gli Isolani al Senato Bolognese, poco incline a tollerare la presenza nel territorio di altri poteri indipendenti. Tuttavia il complesso monumentale è rimasto alla famiglia Isolani e ai suoi discendenti, i Cavazza Isolani, che tuttora la possiedono. DPGM 53 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna LA PALEOTTA Via Sammarina, San Marino di Bentivoglio, dal Signor Ubaldo Monari Sardè La villa costruita dai Paleotti a San Marino di Bentivoglio costituisce un unicum nel panorama delle ville bolognesi: la perfetta complementarità di architettura, decorazione pittorica e arredi ne fanno un piccolo capolavoro della “civiltà di villa” tardo-rinascimentale e barocca. I Paleotti sono noti a Bologna fin dal Duecento e anticamente esercitarono il mestiere di drappieri, producendo coperte dette paliotte, da cui derivò il loro cognome. Accumularono poi un notevole patrimonio con l’attività di banchieri e ricoprirono la carica di anziani per la prima volta nel 1320. Annibale di Vincenzo fu nominato senatore nel 1514 da papa Leone X, carica che si mantenne nella famiglia fino alla morte del marchese Giuseppe, nel 1690. I Paleotti sono noti nella storia di Bologna soprattutto per il Cardinale Gabriele, che fu vescovo e, in seguito all’elevazione della diocesi in arcidiocesi avvenuta nel 1582, arcivescovo di Bologna dal 1566 al 1597, personaggio di spicco nell’età della Controriforma. Dopo di lui, fu arcivescovo di Bologna dal 1597 al 1619 il nipote Alfonso. Ridolfo di Enea fu invece vescovo di Imola dal 1612 al 1619. Di tutt’altro tipo la fama di Diana Paleotti, amante ufficiale del Connestabile del Regno di Napoli Lorenzo Onofrio Colonna e al contempo migliore amica della di lui moglie, la celebre Maria Mancini, nipote del cardinale Mazzarino. La villa fu costruita da Annibale Paleotti, nipote del Cardinale Gabriele verso la fine del ‘500. Una lapide riporta la data 1619, tuttavia doveva già essere abitabile da alcuni anni se nel 1592 vi fu ospitato il Cardinale Legato Paolo Sfondrati. All’estinzione del ramo senatorio della famiglia, la villa passò per eredità ad altre famiglie nobili bolognesi: i Bentivoglio, i Casali, gli Isolani, per arrivare poi agli attuali proprietari. La villa si caratterizza per un’attenzione prevalente agli spazi interni: l’esterno è infatti estremamente sobrio, con una loggia a tre archi sulla facciata occidentale, un portale bugnato su quella orientale e un semplicissimo cornicione a guscio. Gli ambienti padronali si trovano al piano rialzato, ed è qui che si rivela la cura posta dall’ignoto progettista nella sistemazione degli spazi interni: all’interno del rettangolo di pianta trovano posto una serie di ambienti di dimensioni e altezza diverse, in rapporto alla funzione di ognuno di essi. Così, il salone centrale si affaccia sulla loggia esterna ed è lo spazio più ampio della villa, coperto da una volta ampia ed elegante poggiata su peducci. La comunicazione tra il salone e la facciata orientale è filtrata da un vestibolo e da una controloggia, affacciata sul giardino. Su questo sistema di ambienti centrali 54 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna di rappresentanza si innestano cinque stanze per lato ancora una volta ben differenziate l’una dall’altra per dimensioni e altezza dei soffitti in legno. La variabilità degli ambienti e la lontananza da ogni rigido schema accademico potrebbero far pensare all’intervento di un architetto piuttosto valente: il Cardinale Paleotti si servì spesso di Domenico Tibaldi, attivo a Bologna tra il 1541 e il 1583; tuttavia, mancando documenti a conferma di quest’ipotesi, il problema dell’attribuzione rimane aperto. La dimensione umana che hanno questi spazi è esaltata dall’arredo e dalla decorazione pittorica. I mobili sono fatti per “abitare” gli spazi in modo semplice e senza frivolezza: caratteristiche tipiche dei mobili bolognesi del Cinquecento e del Seicento. Le decorazioni affrescate mostrano il convivere del grande fregio cinquecentesco con un gusto nuovo, seicentesco, che porta a decorare interamente i soffitti a volta. I fregi affrescati che ornano le quattro camere da letto e due piccoli camerini raffigurano diversi tipi di scene di caccia al cinghiale, al cervo, uccellagione, e di pesca. Sono attribuiti a Cesare Baglione, per la maniera fantasiosa e dinamica e per la tavolozza di colori squillanti e lontani da quelli carracceschi che caratterizza le opere di questo artista e che si ritrovano anche nelle brillanti scene della Paleotta. Al Dentone, allievo del Baglione, sono invece attribuite le decorazioni ‘a quadratura’ della loggia e della controloggia, che rappresentano illusivamente architetture classiche a loggiati, mentre le figure degli stessi ambienti sono forse dovute a Menghin del Brizio, a cui si possono attribuire dubitativamente anche i paesaggi nello studiolo e alcune figure allegoriche nelle stanze con i camini. I camini recavano in origine dipinti di Guido Reni e di Menghin del Brizio, ma ridipinture settecentesche li hanno deteriorati. I lavori settecenteschi dotarono la villa delle decorazioni a stucco sopra le porte. A questo secolo risalgono anche alcuni quadri ancora conservati in loco, come un Mosè salvato dalle acque, forse di Antonio Gionima (1697-1732). Completano la villa, radicandola nel territorio agrario, un bel parco e un esteso giardino-campagna, in stile inglese, purtroppo ridotto in seguito alla costruzione dell’autostrada Bologna-Padova. DPGM 55 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna VILLA MARANA COLLEZIONE FRANCESCO MOLINARI PRADELLI Via Marano 10, Marano di Castenaso, dai Signori Molinari Pradelli Tra le ville della campagna bolognese sono poche quelle che possono vantare una ricca quadreria; tra queste bisogna annoverare ai primi posti la villa Marana, sede della ricca collezione d’arte raccolta nel corso di decenni da Francesco Molinari Pradelli (1911-1996), direttore d’orchestra che collaborò con i maggiori teatri operistici del mondo, dalla Staatsoper di Vienna al Metropolitan di New York, dalla Scala di Milano al Covent Garden di Londra, e con alcuni tra i più grandi cantanti del Novecento, come Luciano Pavarotti, Renata Tebaldi, Joan Sutherland. La villa, immersa in un bel parco, fu costruita probabilmente nei primi anni del Seicento. All’interno conserva alcuni interessanti fregi dipinti, di alta qualità pittorica e assegnabili a mani differenti, forse eseguiti nel terzo decennio del XVII secolo. Al piano terra, in una saletta si trovano scene a monocromo che rappresentano, con tratto molto rapido e vivace, episodi della Gerusalemme Liberata. Una sala più grande mostra invece un fregio con paesaggi, vasi di fiori e statue, di tipo molto simile a quelli dipinti alla Paleotta. Al piano superiore, le sale sono articolate intorno a una loggia passante decorata con un fregio a paesaggi. Le travi di legno sono illusionisticamente sorrette da putti affiancati da tondi con profili di teste all’antica. I paesaggi, probabile opera di Menghin del Brizio, sono inseriti in cartigli con sirene di gusto seicentesco e mostrano una notevole freschezza e fantasia, ancora impregnata di un tono arcaico, lontano dal naturalismo carraccesco. Gli ampi spazi della villa fanno da cornice alla collezione di dipinti, che conta circa 200 quadri, acquistati sul mercato antiquario dal maestro Molinari Pradelli nel corso delle sue tournées. I suoi primi interessi collezionistici si rivolsero alla pittura italiana dell’Ottocento, per poi ampliarsi all’arte del periodo barocco, all’epoca sostanzialmente inesplorata e largamente sconosciuta anche dai critici professionisti. E proprio grazie alle raccolte di Molinari Pradelli che numerosi storici dell’arte, per esempio Carlo Volpe (1926-1984), poterono giungere a una conoscenza più approfondita delle diverse scuole locali italiane del Seicento e del Settecento e in particolare del vasto campo della pittura “di genere” e delle nature morte. Tra i quadri della collezione si ammirano un buon numero di opere di artisti minori ma anche piccoli capolavori dei grandi nomi del barocco italiano, come il Paesaggio con frati del genovese Alessandro Magnasco (1667-1749), il Filo56 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna sofo nello studio e l’Annunciazione del napoletano Luca Giordano (1634-1705), il Ritratto di Carlo Tinti del bergamasco Fra’ Galgario (1655-1743), la Sacra Famiglia del veneto Sebastiano Ricci (1659-1734), il San Giovannino del romano Domenico Fetti (1589-1623). Tra le opere cinquecentesche ricordiamo Il Paralitico della piscina del veneziano Jacopo Palma il Giovane (1544-1628). Va sottolineato che Molinari Pradelli riconobbe il valore di alcuni di questi artisti prima ancora degli storici, dal momento che la fama di alcuni di loro è successiva all’acquisto da parte del maestro. E infatti non acquistava per seguire mode collezionistiche passeggere, o per ricercare i grandi nomi: era interessato dalla bellezza e dalla freschezza della pittura, dall’interesse critico che poteva destare. Affermava: «il mio collezionismo l’ho vissuto essenzialmente come fatto interiore e mi sono tenuto lontano da ogni commistione di esso con la mondanità», e anche: «la prima spinta [a collezionare] nasce apparentemente per caso: un improvviso amore per un oggetto, l’entusiasmo di una visita ad un museo, la lettura di un libro o di un catalogo... Ma, in realtà, la spinta vera a raccogliere, a fare una collezione, è più profonda, ed in essa si esprime l’inesausto bisogno di creatività che è in ogni uomo». Nella collezione non mancano naturalmente i quadri della scuola bolognese, tra cui spiccano un’importante nucleo di opere dei Gandolfi, prolifica famiglia di pittori del XVIII secolo, un San Francesco di Paola di Giuseppe Maria Crespi (1665-1747), La Missione di Aureliano Milani (1675-1749). Quando si chiedeva a Molinari Pradelli quale fosse l’opera preferita della sua grande collezione, egli rispondeva: “ho già detto che, fra i miei dipinti, forse quello più amato è la Sacra Famiglia di Sebastiano Ricci, per la nobiltà dell’impaginazione unita alla morbidezza del ductus pittorico ed all’invenzione cromatica assieme sobria e intensissima. Ma devo aggiungere che, come il padre di una numerosa prole ama egualmente tutti i suoi figli, così il collezionista ama possessivamente tutte le sue ‘cose”. Ed è grazie all’amore per l’arte di questo grande musicista che una dimora della campagna bolognese ha potuto ritrovare nuovo splendore. DPGM 57 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna BIBLIOGRAFIA a cura di Caterina Pascale Guidotti Magnani e Daniele Pascale Guidotti Magnani Beseghi Umberto, Palazzi di Bologna, Tamari Editori, Bologna 1956 Bettini Sergio (a cura di), Palazzo Magnani in Bologna, Federico Motta Editore, Milano 2009 Bettini Sergio (a cura di), Palazzo Ghisilardi. Il sogno rinascimentale di un notaio bolognese, Edisai edizioni, Ferrara 2004 Biagi Maino Donatella, Gaetano Gandolfi, Allemandi, Torino 1995 Casali Pedrielli Cristina, Vittorio Maria Bigari. Affreschi dipinti disegni, Nuova Alfa Editoriale, Bologna 1991 Castenaso. La storia i luoghi le immagini, Edizioni Luigi Parma, Bologna 1984. Costa Tiziano, Le grandi famiglie di Bologna, Costa Editore, Bologna 2007 Cuppini Giampiero, Matteucci Anna Maria, Ville del Bolognese, Zanichelli, Bologna 1969 Cuppini Giampiero, I Palazzi Senatorii a Bologna. Architettura come immagine del potere, Zanichelli, Bologna 1974 Cuppini Giampiero, L’architettura senatoria. 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I risultati degli ultimi studi, in «Strenna storica bolognese», LVII, Bologna 2007, pp.261-279 Matteucci Anna Maria, Ceccarelli Francesco, Nel segno di Palladio: Angelo Venturoli e l’architettura di villa nel Bolognese tra Sette e Ottocento, Bononia University Press, Bologna 2008 Matteucci Anna Maria, I decoratori di formazione bolognese tra Settecento e Ottocento. Da Mauro Tesi ad Antonio Basoli, Electa, Milano 2002 Matteucci Anna Maria (a cura di), Architetture dell’Inganno, ADSI-Emilia Romagna e Arts&co., Bologna, 1991 Pesci Enriques, Giovanna, Scheda in David Tremlett al Castello di Formigine, Catalogo della mostra 2008 a cura di Vincenzo Randelli, Silvana Editoriale, Milano 2008 Poli Marco, Urbini Silvia, L’Oratorio di San Filippo Neri a Bologna, Costa editore, Bologna 2000 Ricci Corrado, Zucchini Guido, Guida di Bologna, Minerva, Bologna 2002 (con aggiornamenti di Andrea Emiliani e Marco Poli, nuova ed. illustrata) La Raccolta Molinari Pradelli. Dipinti del Sei e Settecento, catalogo della mostra, Bologna, Palazzo del Podestà, 26 maggio – 29 agosto 1984, Centro Di, Firenze 1984. Riccòmini Eugenio, L’Ercole trionfante. I tre Carracci a Casa Sampieri, Minerva Edizione, Bologna 2006 Rivani Giuseppe, Rossi Carlo Giuseppe, Le case Tacconi, in «Strenna Storica Bolognese», XI, Bologna 1961, pp. Roli Renato, Per la pittura del Settecento a Bologna: Giuseppe Marchesi, in «Paragone Arte», 261, Firenze 1971, pp.15-30 Roli Renato, Pittura bolognese, 1650-1800: dal Cignani ai Gandolfi, Alfa Editoriale 1977 Roversi Giancarlo, Palazzi e case nobili del ‘500. La storia, le famiglie, le opere d’arte, Grafis Edizioni, Bologna 1986 Stanzani Anna, Annibale frescante a Bologna, nei palazzi Fava, Magnani e Sampieri, in Annibale Carracci catalogo della Mostra, Bologna 2007-2007, Electa, Milano 2006, pp.430-447 Tuttle Richard, Note su Vignola architetto di ville, in S. Frommel, Villa Lante a Bagnani, Electa, Milano 2005 59 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna ASSOCIAZIONE DIMORE STORICHE ITALIANE SEZIONE EMILIA-ROMAGNA XXXIII ASSEMBLEA NAZIONALE Bologna, 4 - 7 Giugno 2010 PROGRAMMA DELLE ATTIVITÀ Venerdì 4 giugno Arrivo nel pomeriggio e sistemazione negli alberghi. Ore 20.00 Palazzo Isolani, via Santo Stefano n.16, dei Conti Gualtiero e Francesco Cavazza Isolani: visita del palazzo e successivo pranzo. Sabato 5 giugno Ore 9.30 - 17.00 Assemblea Nazionale nell’Oratorio di San Filippo Neri, Via Manzoni n. 5, della Fondazione del Monte di Bologna e di Ravenna. Ore 10.00 - 13.00 Per gli Accompagnatori dei Soci: dall’Oratorio di San Filippo Neri inizio della passeggiata nel centro di storico di Bologna con guide che accompagneranno gli ospiti alla scoperta di alcuni dei tesori meno noti dell’arte e dell’architettura bolognese. Ore 13.00 - 15.00 Per tutti i partecipanti e accompagnatori registrati, colazione a Palazzo Fava, via Manzoni n.4, della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna. Le Dimore Storiche 5 Supplemento Notizie Ore 15.00 Ripresa dei lavori assembleari. Pomeriggio libero per gli Accompagnatori. Ore 20.30 Pranzo di gala a Palazzo Bevilacqua Ariosti, via Massimo d’Azeglio n.33, del Duca Morando e del Marchese Ippolito Bevilacqua Ariosti. 60 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna Domenica 6 giugno Ore 9.45 Santa Messa nella Chiesa di San Giacomo, Piazza Rossini, officiata dal Priore del Convento di San Giacomo Maggiore P. Domenico Vittorini. Al termine visita della Cappella Bentivoglio. Ore 11.00 - 13.00 e 15.00 - 18.00 I partecipanti saranno divisi in gruppi e saranno ospitati per una visita guidata, sia nella mattinata sia nel pomeriggio, nei seguenti Palazzi del centro storico: • Casa Beccadelli Bovi Tacconi, dai Signori Pierluigi, Dario e Simone Montebugnoli • Casa Mentasti, dal Conte Facchinetti Pulazzini • Palazzo Aldini Sanguinetti, ora Museo della Musica • Palazzo Fantuzzi, dal Signor Giancarlo Meroni e dal Dottor Federico Enriques • Palazzo Salina Bolognini, dal Marchese Salina Amorini Bolognini • Palazzo Sampieri, dal Signor Gerardo Veronesi Ore 13.00 - 15.00 Colazione in Palazzo Magnani, Via Zamboni n.20, di UniCredit Banca. Al termine proseguono le visite. Ore 19.30 - 23.45 Villa “Belpoggio”, via Molinelli n.22, dei Principi Hercolani: visita e successivo pranzo. Sarà in funzione un servizio di navetta per Villa “Belpoggio” Hercolani a partire dalle ore 19.30 con rientro agli alberghi a partire dalle ore 22.45. Lunedì 7 giugno Ore 9.00 Partenza in pullman per la visita ad alcune Ville nella campagna bolognese. In mattinata, visita a: • Villa Mondani ora sede Furla spa, ricevuti dal Cavaliere del Lavoro Giovanna Furlanetto • “Il Floriano” a Bagnarola di Budrio, dei Marchesi Gherardo, Luigi e Francesco Malvezzi Campeggi • Rocca Isolani di Minerbio, dei Conti Gualtiero e Francesco Cavazza Isolani, dove si terrà la colazione. Nel pomeriggio, visita a: • Villa “La Paleotta” a San Marino di Bentivoglio, del Signor Ubaldo Monari Sardè • In alternativa a Villa “La Paleotta”, visita guidata alla Collezione Francesco Molinari Pradelli, conservata dalla famiglia nella Villa di Marano (pittura barocca italiana e in particolare bolognese ed emiliana del XVII e XVIII secolo ). Rientro a Bologna previsto entro le ore 17.30. 61 62 3 1 19 2 15 14 13 11 A 4 12 7 17 9 21 8 6 20 5 18 10 16 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna A. Oratorio di San Filippo Neri e Palazzo Ghisilardi - Museo Civico Medievale, via Manzoni 5 Dimore storiche: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. PALAZZO ISOLANI, via Santo Stefano 16 PALAZZO BEVILACQUA ARIOSTI, via Massimo d’Azeglio 33 CASA BECCADELLI BOVI TACCONI, via Santo Stefano 19 CASA MENTASTI, via Marsala 24 PALAZZO ALDINI SANGUINETTI - MUSEO DELLA MUSICA, Strada Maggiore 24 PALAZZO FANTUZZI, via San Vitale 23 PALAZZO SALINA BOLOGNINI, via Santo Stefano 9/11 PALAZZO SAMPIERI, strada Maggiore 24 PALAZZO MAGNANI, via Zamboni, 20 BELPOGGIO HERCOLANI, via Molinelli 22 Alberghi: 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. Grand Hotel Baglioni, via Indipendenza 8 Art Hotel Corona D’Oro, Via Oberdan 12 Art Hotel Commercianti, via De’ Pignattai 11 Hotel Roma, via d’ Azeglio 9 Hotel Al Cappello Rosso, via de’ Fusari 9 Hotel AEmilia, via Zuccherini Alvisi 16 Best Western Hotel San Donato, via Zamboni 16 Hotel il Convento dei Fiori di Seta, via Orfeo 34 Hotel Porta San Mamolo, vicolo del Falcone 6/8 Residenze d’Epoca: 20. Antica Casa Zucchini, via Santo Stefano 36 Chiesa: 21. Chiesa di San Giacomo - Convento di San Giacomo Maggiore, via Zamboni 63 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna Elenco dei Soci partecipanti all’Assemblea Nazionale 2010 e dei relativi accompagnatori Iscrizioni pervenute al 25 maggio 2010 SEZIONE ABRUZZO Anita Boccuccia Manuelita de Filippis Massimo Lucà Dazio Alberto Massignani SEZIONE CALABRIA Marco Solima Francesco Zerbi SEZIONE CAMPANIA Bianca Iadicicco de Notaristefani Francesco Marigliano Caracciolo Antonio Mottola di Amato Michelangelo Pisani Massamormile Maria Teresa Rocco di Torrepadula Nicola Tartaglione SEZIONE EMILIA ROMAGNA Antonio Archi Maria Paola Bellei Gioia Bertocchi Giovanni Bertolani Ippolito Bevilacqua Ariosti Francesco Bonora Gianni Luigi Bragadin PierVittorio Capucci Francesco Cavazza Isolani Gualtiero Cavazza Isolani Ginevra Cavina Boari Paolo Conforti Elvira Dal Pane M. Loredana degli Uberti Pinotti Marina Deserti Daniela Di Francia Giovanni Facchinetti Pulazzini Giuliana de’ Faveri-Tron Lorenzo Ferretti Garsi Francesco Saverio Moschetta Rossana Falconi Anna Maria Iannucci e Rosanna Monzini Antonio de Notaristefani di Vastogirardi Rosellina Postiglione Maria Rosaria Liguori Stefania Como Maurizio Stocchetti Laura Malvezzi Cesare Brizzi Maria Sole Vismara Currò Maddalena Arone di Bertolino Marina di Mottola Balestra Michele Conforti Renato Petrachi Ugo Socini Trinidad di Collalto e San Salvatore 64 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna Ludovica Florenzi Serafini GianFranco Fontaine Panciatichi Paola Galletti Lindsten GianLuca Garagnani Vincenzo Garagnani Manfredi Landi di Chiavenna Giancarlo Lenzi Paolo Lenzi Alessandra Leonesi Ricciardelli Dialta Malvezzi Campeggi Rosa Malvezzi Campeggi Franco Manaresi Carlo Emanuele Manfredi Giuliano Manfredi Ludovica Mazzetti d’Albertis Maria Luisa Merighi Bianca Maria Molinari Pradelli Ubaldo Monari Sardè Laila Negrini Maria Teresa Paolucci delle Roncole Ferniani Anna Pasquale Jean-Jacques Prati Lucca Federico Rossi Federico Rossi di Medelana Gian Luca Salina Amorini Bolognini Marco Sassoli de’ Bianchi Paolo Senni Guidotti Magnani Pietro Sinz Filippo Tibertelli de Pisis Gerardo Veronesi Giovanni Zanasi Ilaria Zucchini Luciano Canetti Philip Lindsten Maria Luisa Montecuccoli degli Erri Michela Garagnani Renata Rapalli Giuseppe Colombi Francesco Paresce Maria Rita Malfatti Manaresi Clara Manfredi Monti Katia Ronzani Molinari Pradelli e Natalina Melegari Valentini Paola Conti Donzelli Silvana Ricchi Pia Piovesena Claudia Tonelli Elisabeth Salina Amorini Bolognini Gabriella Aggazzotti Simona Zucchini SEZIONE FRIULI VENEZIA GIULIA Carla Andreoli Giordano Flaminia Stringher Rubini Sergio Gelmi di Caporiacco SEZIONE LAZIO Piero Adorno Adorni Braccesi Enzo Ancarani Riccardo Andreozzi Marco Belgiorno Zegna Maria Ester Semprini Angela Varano di Camerino 65 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna Novello Cavazza Paola Cavazza Filippo Cingolani Alessandra Corsini Capaccioli Vittoria Datti de Marsanich Cristina del Gallo di Roccagiovine Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini Francesco Giusso del Galdo Luciana Lanzara Giuliano Malvezzi Campeggi Marco Fabio Marenghi Vaselli AnnaMaria Marieni Saredo Cavazza Mauro Mossa Aldo Pezzana Capranica del Grillo Stefano Pisa di Monterosa Luigi Solari Maria Termini Anna Maria Vandoni Corlanego Antonio Varano delle Vergiliana Emanuela Varano di Camerino SEZIONE LIGURIA Clara Angella Giuseppe Biancheri Chiappori Giovanni Gramatica di Bellagio Cristina Jommi Isabella Lagomarsino Viviana Viviani SEZIONE LOMBARDIA Luigi Abbate Irene Bisiachi Valperga di Masino Filippo Borromeo Barbara Borromeo d’Adda Giacomo de Vito Piscicelli Taeggi Alda Faravelli Marchetti Piero Fenaroli Valotti Giovanni L. Lalatta Elena Lanzavecchia Nicola Lozio Matilde Marazzi Maria Pia Marioni Meda Adriana Paladini Maria Assunta de Altamer Federico Stacchini Margherita Montefusco Adelaide Biandrà di Reaglie Donatella Cagiano de Azevedo Maria Luisa Orlando Castellano Maria Adelaide Capranica del Grillo Danielle Pisa di Monterosa Patricia Ricci del Riccio Roberto Pinzari Andrea Mastagni Anna de Corné Angioletta Beccaria Isabella Triboldi Anna Borromeo Enrica de Vito Piscicelli Taeggi Concetta Ascanio Valentina Bargnani Giovanna Biancardi Alessandro Arrigoni Rosa Tommasi 66 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna Stefano Paveri Fontana Francesca Pizzini delle Porte Donato Sagramoso M. Giuseppina Sordi Alberto Uva Angela Paveri Fontana Marina Canal Floriana Sordi Patrizia Trobia SEZIONE MARCHE Federica Battaglia Sogaro Luciano Filippo Bracci Cecilia Honorati Rovelli Maria Elena Pallotta della Torre del Parco Teresa Romani Adami Emiliani Cecilia Romani Adami Carlo Sabatucci Frisciotti Stendardi Maddalena Trionfi Honorati Anna Volpini Costa Ferdinando Zucconi Galli Fonseca SEZIONE MOLISE Nicoletta Pietravalle Elena Sciarretta Pace Ester Tamasso Alessandro Tana SEZIONE PIEMONTE Filippo Beraudo di Pralormo Anna Tecla Besostri Grimaldi Folonari Maria Bonadè Bottino Giorgio Brinatti M. Teresa Cordero di Montezemolo Ugo Fumagalli Romario Roberto Gabey Franca Giacosa Maria Golzio Maria Stefania Martini Facchini Alessandro Menichini Carla Morozzo della Rocca Leonardo de Nardis di Prata Carlo Piozzo di Rosignano Gregorio de Siebert Maria Pia Solaroli di Briona Gorla M. Antonietta Zagnoli Tarò Nicola Pace Silvana Sciarretta Consolata Soleri Erasmo Bestostri Grimaldi di Bellino Roswith-Malvina von Stepski-Doliwa Micaela Gasparri BiancaMaria Blasi e Micol Gabey Elisa Ines de Paulis Eugenia Levaggi Elisabetta de Nardis di Prata Gori Mazzoleni Teresa Rossi di Medelana Nicoletta Tassoni Estense Giuseppe Tarò 67 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna SEZIONE PUGLIA Pietro Consiglio Rossella Galante Arditi PierNicola Leone de Castris Angela Mongiò Raffaele de Pinto Giuseppe Seracca Guerrieri Antonio Tanza Biagio Tatò SEZIONE SICILIA Gualberto Carducci Artenisio Giuseppina C.S. Cipolla Antonino Pecoraro SEZIONE TOSCANA Federico Barbolani di Montauto Lucia Bovalini Ugo Bruni Orietta Carpi Carla Maria Casanova Massimo M. da Cepparello Giovanna Ciampi Giovanni Coda Nunziante Gil Cohen Fabio Colonna di Stigliano Massimo Conti Donzelli Giorgiana Corsini Marcella Fontana Mario Giani Bernardo Gondi Gerardo Gondi Niccolò Malaspina Gian Luca Mandorli Aloisia Marzotto Caotorta Giuseppe Maurigi di CastelMaurigi Leopoldo Mazzetti Pietro Ermanno Meschi Giovanna Morozzo della Rocca Spinola Lorenzo Niccolini Sirigatti di Camugliano Benedetta Origo Gabriele Pagni Maurizia Rosaria Rossi Giovanni Arditi di Castelvetere Alessandra della Tommasa Maria Alessandra Spagnoletti Zeuli Maria Lucia Portaluri Raffaella Bardoscia e Olga Tanza Lilia Fortunato Alfonsa de Gregorio Paolo Baldelli Liliana Mirabella Carla Natali Bruni Maria Chiara Montini Casanova Sestini Cristiana Marina Rességuier de Miremont Diana Coda Nunziante Moya del Pino Paul Gervais de Bédoé Vittoria Colonna di Stigliano Vittoria Citernesi Gondi Lucia Romani Adami Beatrice Papi Marina Fittipaldi Maria Pia d’Albertis Alessandra Niccolini Sirigatti di Camugliano Monica Attanasio 68 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna Pauline Rathbone Traxler Niccolò Rosselli del Turco Alessandro Torrigiani Malaspina Alessandra Torrigiani Malaspina Bovio Giulia Maria Tucci Carrassi del Villar Gabriella Lalatta Marini Clarelli SEZIONE TRENTINO ALTO ADIGE Andrea Cesarini-Sforza Marina Cesarini-Sforza Maria Chiara Conci Parenti Wolfgang von Klebelsberg Antonia Marzani di Sasso e Canova Francesco Pompeati Marchetti Maria Luisa Leonardi SEZIONE UMBRIA Clara Lucattelli Caucci von Saucken Franca Persichetti Ugolini Pucci della Genga Lorenzo Pucci Boncambi della Genga Annalisa Tomaiuolo SEZIONE VENETO Zeno Cicogna Maria Berenice Scrinzi Rosa Alessan. Corazza Sagramoso GianFilippo dalla Francesca Cappello Elisabetta Hellmann e Antonia della Francesca Cappello Giovanni Batt. Lanfranchi Ines Thomas e Bianca Luisa Lanfranchi Fernanda Merlin De Romedi Cristina Luxardo Nogarin Nicolò Noto Francesca Maria Sarzana e Lavinia Noto Pia Maria Tolomei Frigerio Paolo Bruno SEGRETERIA NAZIONALE Maria Stella Bellini Francesca Bigonzi Manuela Bigonzi Lucia Calabrese SEGRETERIA SEZIONE EMILIA ROMAGNA Giovanni Pellinghelli del Monticello 69 XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna INDICE p. 2 ASSOCIAZIONE DIMORE STORICHE ITALIANE - ORGANI CENTRALI p. 4 COMITATO DIRETTIVO p. 5 SEZIONI p. 7 R INGRAZIAMENTI AI p. 9 R INGRAZIAMENTI AI COLLABORATORI p. 11 INTRODUZIONE DI A LDO PEZZANA CAPRANICA p. 13 INTRODUZIONE DI FRANCESCO CAVAZZA ISOLANI p. 15 DIMORE STORICHE BOLOGNESI p. 17 Le Dimore Storiche Bolognesi p. 19 Palazzo Isolani p. 20 Casa Isolani e Palazzo Bolognini Isolani p. 22 Oratorio di San Filippo Neri p. 24 I Palazzi Fava di via Manzoni p. 24 Il camerino d’Europa p. 25 Palazzo Ghisilardi Fava p. 27 Palazzo Bevilacqua Ariosti p. 29 San Giacomo Maggiore p. 31 Case Beccadelli Bovi Tacconi Montebugnoli p. 33 Casa Mentasti Fabbri p. 35 Palazzo Aldini Sanguinetti p. 37 Palazzo Fantuzzi p. 38 Il restauro della facciata di Palazzo Fantuzzi p. 39 Le decorazioni dei granai di David Tremlett DELLA SEZIONE EMILIA ROMAGNA REGIONALI CONSOCI 70 DEL GRILLO XXXIII Assemblea ADSI 2010 - Bologna p. 40 Palazzo Bolognini Amorini Salina p. 42 Palazzo Sampieri Talon p. 44 Palazzo Magnani p. 46 Villa Belpoggio p. 48 Villa Mondani ora sede Furla spa p. 50 Il Floriano p. 52 Rocca Isolani p. 54 La Paleotta p. 56 Villa Marana p. 58 Bibliografia p. 60 Programma p. 62 Cartina di Bologna p. 64 Elenco dei Soci partecipanti 71 Progetto grafi co e stampa Sogari Artigrafiche srl - San Felice sul Panaro (MO) Tel. 0535.85425 - [email protected] Per i vini si ringraziano: GAGGIOLI VINI D.O.C. DEI COLLI BOLOGNESI