CONSERVATORIO DI MUSICA “G. VERDI” – COMO Corso di diploma accademico di primo livello in discipline musicali Musica elettronica e tecnologie del suono CONDUZIONE OSSEA: RIFERIMENTI STORICI, EVOLUZIONE TECNOLOGICA, APPLICAZIONI E LIMITI Relatore: Maestro Andrea VIGANI Tesi finale di: Elena Passarelli Matricola 3391 Anno accademico 2015/2016 1 2 “Si può fare!” 3 Abstract Questo elaborato presenta il lavoro di studio e ricerca svolto sul tema della conduzione ossea e delle possibilità di trasmissione sonora attraverso il corpo umano. L’obiettivo è di aprire nuovi possibili scenari nel campo della diffusione sonora ponendo una particolare attenzione alle differenze percettive rispetto ai sistemi di diffusione classici e conseguentemente evidenziare i possibili vantaggi e i rispettivi limiti. Successivamente, sono state studiate le possibili applicazioni di questa tecnologia sia in campo artistico che in ambiti di uso quotidiano, valutando sia le opzioni già esistenti che formulando nuove proposte. Nello specifico, come parte di questa tesi, è stata realizzata un’installazione artistica che sfrutta la conduzione ossea e le sue particolari caratteristiche. 4 Indice 1. Introduzione………………………………………….……………………………… 8 2. Funzionamento………………………………………………………………….….. 10 2.1 Struttura dell’orecchio umano…………….….……………………………. 10 2.2 Funzionamento dell’orecchio………………….………………………….. 11 2.3 Conduzione ossea: funzionamento…………………………………….….. 12 3. Introduzione storica…………………………………………………………….…... 14 3.1 Storia della conduzione ossea: Beethoven…….…………………………... 14 3.2 Hugo Gernsback e le sue invenzioni………….…………………………… 14 3.3 La conduzione ossea ai nostri giorni………….…………………………… 17 3.3.1 Ambito medico………………………………………………….. 18 3.3.2 Ambito commerciale………………….…………………………. 21 3.3.3 Bone conduction anti-pollution mask…..………………………... 23 3.3.4 Google Glass…………………………….………………………. 24 3.3.5 Buhel Soundglasses……………………………………………... 27 4. Progetto…………………………………………………………………………….. 29 4.1 Materiale utilizzato………………………………….…………………….. 29 4.2 Composizione e diagramma del circuito……………..……………………. 30 5 4.2.1 Trasduttore a conduzione ossea……………..…………………… 31 4.2.2 Scheda audio stereo………………………….…………………... 33 4.3 Difficoltà iniziali……………………………………….………………….. 34 5. Test……………………………………………………………….………………… 39 5.1 Tipologia di test svolto………………………………….…………………. 40 5.2 Risultati ottenuti…………………………………………………………... 42 5.3 Considerazioni…………………………………………….………………. 50 5.3.1 Considerazioni preliminari……………………………………… 50 5.3.2 Casi particolari…………………………………….…………….. 51 5.3.3 Risultati dei test…………………………………….……………. 52 6. Struttura e realizzazione pratica del progetto…………………………..…………… 54 6.0.1 Materiale utilizzato………………………………….…………... 54 6.1 Descrizione generale………………………………………….…………… 54 6.2 Realizzazione………………………………………………….…………... 55 6.2.1 Scelta dei brani………………………………………...………… 60 6.2.2 Interazione con il device………………………………..………... 62 6.2.3 Parallelismo con Imaginary Landscape n°5 di John Cage…..…… 65 6.3 Considerazioni……………………………………………………….……. 68 6 6.3.1 Considerazioni in fase di sviluppo…………………………..…… 68 6.3.2 Considerazioni finali……………………………………….……. 69 7. Proposte per sviluppi futuri……………………………………………………...….. 71 7.1 Proposte artistiche……………………………………………………….… 71 7.2 Proposte commerciali……………………………………………………... 72 8. Conclusioni………………………………………………………………………… 74 9. Ringraziamenti……………………………………………………………………... 76 10. Riferimenti………………………………………………………………………... 77 10.1 Bibliografia………………………………………………………………. 77 10.2 Sitografia………………………………………………………………… 78 7 1. Introduzione Il seguente elaborato di tesi nasce dalla personale curiosità di trovare sempre un’alternativa a quanto c’è di standard e canonizzato nella vita di tutti i giorni, partendo dalla base di questi tre anni di corso di studi mi sono soffermata su quello che è il punto chiave di tutto il lavoro che è stato fatto: il suono. Il suono, o meglio, la percezione che noi abbiamo di un evento sonoro è data dalla risposta che il nostro orecchio dà a un determinato stimolo. Nel corso degli studi abbiamo più volte approfondito il funzionamento dell’orecchio umano e come la sua conformazione determini inevitabilmente il modo in cui noi recepiamo i suoni e i rumori che ci circondano. L’alternativa che voglio presentare in questo lavoro è appunto la conduzione ossea, ovvero la possibilità di sentire i suoni senza la totale necessità di farlo tramite le orecchie. Per sviluppare un discorso completo che permetta di capire in pieno l’argomento e le sue implicazioni, ho ritenuto necessario approfondire in primo luogo la struttura fisica dell’orecchio umano e come questa permetta il funzionamento della conduzione ossea. È necessario, infatti, avere ben presente la struttura interna dell’orecchio, con le divisioni tra orecchio esterno, orecchio medio ed orecchio interno, per comprendere come e perché la conduzione ossea dipenda strettamente solo dall’orecchio interno e da parte dell’orecchio medio. Il passo successivo che ho ritenuto di dover fare prima di applicarmi nella ricerca di un possibile utilizzo in ambito musicale o artistico è stato un approfondimento di carattere storico. La conduzione ossea, infatti, nonostante stia vivendo un momento di particolare interesse proprio in questi ultimi anni è un fenomeno conosciuto all’uomo da molto tempo, ne è l’esempio maggiore l’uso che ne fece Beethoven nei primi dell’800 per superare gli ostacoli della sua sordità. Il terzo passaggio ha comportato uno studio statistico per valutare quanto il fenomeno percettivo vari a seconda dell’ascoltatore, dell’ambiente o di altri fattori esterni. Il campione analizzato vuole essere il più omogeneo possibile nonostante le dimensioni 8 ridotte, così da mantenere una valenza generica e garantire la significatività delle considerazioni derivate. Sulla base di quando appreso e analizzato ho poi applicato la conduzione ossea a un progetto di tipo installativo volto sia a mostrare la versatilità di questa tecnologia sia a presentare come possa essere utilizzata in ambito artistico sfruttando l’effetto d’impatto che ha sulle persone. 9 2. Funzionamento 2.1 Struttura dell’orecchio umano L’orecchio umano può essere diviso in tre parti: orecchio esterno, orecchio medio e orecchio interno. L’orecchio esterno e l’orecchio medio svolgono la funzione uditiva, ovvero la ricezione vera e propria dei suoni e dei rumori che ci circondano, l’orecchio interno quella vestibolare, che comporta la trasmissione nervosa dello stimolo al cervello. L’orecchio esterno è composto da padiglione auricolare e condotto uditivo esterno fino al timpano. Le sue funzioni principali sono di protezione delle parti più interne e delicate, di amplificazione delle vibrazioni che raggiungono il nostro orecchio e di localizzazione della sorgente sonora. Il padiglione auricolare funziona come una sorta di parabola che, oltre a proteggere dagli urti, capta le onde sonore e le indirizza verso il condotto uditivo che le raccoglie e convoglia verso il timpano. L’orecchio medio è una cavità posta tra l’orecchio esterno e quello interno, prosegue dal timpano e comprende, oltre a quest’ultimo, la finestra ovale e l’insieme di tre ossicini: l’incudine, il martello e la staffa. Qui le vibrazioni trasmesse dalle onde sonore attraverso l’aria vengono trasformate dal timpano in vibrazioni meccaniche trasmesse poi, attraverso la catena degli ossicini, fino alla coclea. Il cavo del timpano, inoltre, è collegato attraverso la tromba di Eustachio alla faringe per garantire una pressione costante dell’aria e, conseguentemente, il corretto funzionamento della membrana timpanica. L’orecchio interno comprende i canali semicircolari, la coclea, il nervo acustico e la tromba di Eustachio. Arrivato a questo punto, il suono originale passa da vibrazione meccanica a impulso nervoso. Questa parte dell’orecchio ricopre quindi un ruolo di trasduzione e distribuzione oltre ad eseguire un altrettanto importante compito di filtraggio. 10 Figura 1 ORECCHIO UMANO anatomia e struttura. 2.2 Funzionamento dell’orecchio Una volta compresa questa divisione possiamo vedere nello specifico come funziona il nostro orecchio. Generalmente, quando sentiamo un suono, le onde sonore che lo costituiscono vengono captate dal nostro orecchio tramite il padiglione auricolare e convogliate verso il timpano. Una volta raggiunto la loro vibrazione mette in movimento la membrana timpanica che le trasforma in vibrazioni meccaniche. Il timpano è una membrana molto particolare, ha una forma a imbuto ellittico con una concavità laterale e una convessità mediale e relativamente all’anatomia umana ha spessore di circa 0,1 mm e occupa una superficie di circa 85 mm2. La sua funzione è importantissima in quanto svolge il ruolo di congiunzione tra l’orecchio esterno e la catena degli ossicini. 11 Il martello, l’incudine e la staffa sono quindi incaricati di trasmettere le vibrazioni dal timpano alla coclea, compito che svolgono come una vera e propria concatenazione di trasmettitori. Il collegamento tra la staffa e la coclea avviene attraverso la finestra ovale, un’altra membrana simile al timpano ma grande circa un ventesimo, che trasmette le vibrazioni ricevute al liquido presente all’interno dei labirinti. Questi liquidi sono incomprimibili e, pertanto, il loro movimento deve essere bilanciato per evitare lesioni o danneggiamenti della coclea stessa. Questo compito è svolto dalla finestra rotonda, una terza membrana che permette la circolazione dei liquidi all’interno della coclea. Un mancato o insufficiente sviluppo della finestra rotonda può comportare uno spostamento dei liquidi incomprimibili verso la coclea nei momenti di vibrazione della staffa, portando problemi di ipoacusia o, nei casi più gravi, alla totale perdita dell’udito. Per come è strutturato, il nostro apparato uditivo ci permette di fare molto di più che semplicemente sentire un suono. Infatti ne percepiamo l’intensità, la provenienza, se la sorgente è ferma o in movimento e tutta una serie di informazioni aggiuntive derivanti da secoli di evoluzione e necessità di sopravvivenza. Con la conduzione ossea questo non può avvenire in quanto il suono che sentiamo non compie il normale passaggio attraverso orecchio esterno e orecchio medio, evitando così il passaggio di localizzazione della sorgente e amplificazione compiuti dal padiglione auricolare. 2.3 Conduzione ossea: funzionamento Il discorso introduttivo fatto sulla struttura dell’orecchie permette di capire meglio e più facilmente in che modo funziona la conduzione ossea. Il principio di funzionamento si basa sulla capacità dell’orecchio interno di recepire le vibrazioni anche quando queste non gli giungono tramite il timpano. L’esempio più immediato che è possibile fare per dimostrare quanto questo fenomeno accada regolarmente è notare come la nostra voce ci appaia sempre diversa quando ci ascoltiamo tramite una registrazione. Questo accade perché mentre parliamo parte delle onde sonore vengono automaticamente trasmesse alle nostre orecchie tramite le ossa del 12 cranio che conducono le basse frequenze meglio di quanto non avvenga nell’aria con il risultato che la nostra voce ci risulta sempre più acuta quando è registrata. I dispositivi utilizzati per la diffusione a conduzione ossea sono dei semplici trasduttori che riproducono un segnale come vibrazione elettromeccanica, il contatto con le ossa del cranio è ciò che permette alle vibrazioni di giungere al nostro orecchio interno e, tramite il nervo acustico, di arrivare al cervello. Le vibrazioni così trasmesse si sostituiscono a quelle vibrazioni meccaniche prodotte dal timpano e trasferite dagli ossicini alla coclea, venendo recepite direttamente da quest’ultima. Il risultato ottenuto equivale, a livello sensoriale e di ricezione da parte del nostro cervello, ad un normale ascolto, come se il suono fosse veramente percepito dalle orecchie invece che trasmesso attraverso la struttura cranica, sfruttando così una sorta di inganno percettivo. Per il buon funzionamento della conduzione ossea è quindi ideale che la vibrazione venga trasmessa con un contatto diretto sulla struttura ossea. Applicare un conduttore a conduzione ossea a tessuti molli o parti cartilaginee, come guance o naso, ne vanificherebbe il funzionamento, mentre sono posizionamenti ideali quelli sull’osso temporale, su quello mascellare e in zona frontale. La zona occipitale e quella parietale, sebbene funzionali allo scopo, risultano scomode per via della presenza dei capelli, sono quindi adatte per persone con capelli molto corti o calve, ma sconsigliabili in caso di capelli lunghi. A livello percettivo, la conduzione ossea presenta come svantaggio il crosstalk tra i canali stereo, ovvero un’interferenza reciproca tra un canale e l’altro. Il crosstalk, è un effetto per il quale il segnale trasmesso su un determinato canale è disturbato da accoppiamenti indesiderati con altri canali. In questo caso il crosstalk avviene tra canali stereo, e quindi la sovrapposizione causa la perdita di parte delle differenze che sono proprie della stereofonia di un segnale. Questo effetto non è però considerato rilevante per la localizzazione delle sorgenti sonore. 13 3. Introduzione storica 3.1 Storia della conduzione ossea: Beethoven Oltre alla normale condizione in cui si verifica la conduzione ossea per cui noi ne facciamo inconsciamente uso dall’inizio dei secoli c’è un momento nella storia dell’uomo in cui questo particolare fenomeno, per quanto naturale sia, trova una risposta e comincia ad essere utilizzato come elemento aggiuntivo, un arricchimento, della vita di tutti i giorni. Il primo caso documentato in cui questo avvenne fu a cavallo tra la fine del ‘700 e i primi anni del 1800. Beethoven, uno dei più influenti compositori dell’epoca e non solo, cominciò ben prima dei trent’anni a soffrire di ipoacusia. Questa condizione, come si può ben immaginare, è fortemente limitante per un compositore ma egli continuò la sua produzione musicale per anni, anche dopo aver completamente perso l’udito. Questo fu possibile grazie, appunto, alla conduzione ossea. Beethoven, infatti, fu il primo a capire e sfruttare questo fenomeno. Il compositore era solito legare una bacchetta di legno al pianoforte e mordere l’altro capo con i denti. Questo permetteva alle vibrazioni di propagarsi dal pianoforte fino alle ossa del cranio e, di conseguenza, gli permettevano di sentire. 3.2 Hugo Gernsback e le sue invenzioni Dopo Beethoven bisogna aspettare il 1923 per avere il primo prototipo di prodotto commerciale che sfrutta la conduzione ossea. Si tratta dell’Osophone di Hugo Gernsback, un dispositivo che permetteva di riprodurre segnali acustici e trasmetterli all’ascoltatore attraverso i denti. L’oggetto era pensato come apparecchio acustico e veniva presentato dal suo inventore come un’innovazione utile nel campo degli apparati di ausilio per non udenti, tanto da lodarne in primo luogo le discrete dimensioni che evitavano attenzioni indesiderate. L’Osophone era composto da un microfono o da un oggetto alternativo fonosensibile che trasmetteva il segnale a un trasduttore elettromagnetico. A quest’ultimo erano collegati 14 due piccoli morsetti sporgenti, di materiale sufficientemente rigido da trasmettere al meglio le vibrazioni, che andavano posti tra l’arcata dentale superiore e quella inferiore. Figura 2 OSOPHONE schema tecnico dell'Osophone di Hugo Gernsback. Dopo l’Osophone, Gernsback ripropone nel 1934 un altro dispositivo chiamato questa volta “Phonosone” pensato per permettere a persone prossime alla sordità di ascoltare la radio. Nel numero di marzo del 1934 nella sua rivista “Radio-Craft” Gernsback spiega in modo dettagliato come creare, utilizzando una radio e un trasduttore corretto, un dispositivo indossabile per consentire a persone deboli di udito di godere dell’esperienza di quella che era la novità dell’epoca, la radio. Il Phonosone veniva introdotto come l’evoluzione dell’Osophone. Gernsback, infatti, aveva col tempo riconosciuto che, per quanto la sua prima invenzione fosse stata pioniere di tutta una gamma di prodotti per non udenti, presentava tuttavia molti limiti. Prima fra 15 tutti la scomodità, non era infatti pensabile che qualcuno potesse mordere il trasduttore per più di una decina di minuti senza stancarsi. Come seconda cosa per permettere un ascolto soddisfacente tutti gli apparecchi a conduzione ossea dell’epoca avevano bisogno di molta potenza per amplificare il segnale e l’aggiunta di una batteria portatile risolveva solo parzialmente il problema. Come terza cosa, come detto, Gernsback voleva permettere a tutti di sentire la radio, e la musica, occupando una fascia di frequenze molto più ampia del parlato, richiedeva conseguentemente ancora più energia. Nell’articolo in cui Gernsback spiega dettagliatamente come costruire il proprio Phonosone autonomamente partendo da un paio di cuffie, il primo punto che sottolinea è come questo oggetto possa funzionare solo per persone con danni all’orecchio esterno o medio ma che abbiano ancora intatta la capacità trasmissiva del nervo acustico. Figura 3 PHONOSONE diagramma del circuito da realizzare per la creazione di un Phonosone. La descrizione illustra passo-passo tutti i passaggi da compiere partendo da una coppia di cuffie Baldwin con diaframma in mica, specificando che la scelta di questo specifico prodotto era dovuta allo speciale ancoraggio del diaframma all’armatura che le rendeva ideali per la trasformazione. Solo la parte centrale del diaframma doveva entrare in contatto con la pelle, aumentare la superficie di appoggio all’intero diaframma avrebbe infatti comportato un’eccessiva perdita di potenza vanificando la vibrazione. Il trasduttore modificato veniva poi collegato direttamente a una radio e legato con una 16 fascia o in posizione frontale o dietro l’orecchio, con alcune differenze di ascolto per le quali l’ascoltatore poteva indipendentemente scegliere un metodo o l’altro secondo le proprie preferenze. Figura 4 COPERTINA della rivista RADIO-CRAFT del marzo del 1934. 3.3 La conduzione ossea ai nostri giorni Dopo le invenzioni e le proposte di Gernsback la conduzione ossea è stata studiata e implementata fino ai nostri giorni percorrendo due filoni paralleli: da un lato la 17 ritroviamo come tecnologia ampiamente utilizzata in ambito medico per migliorare le condizioni di vita di pazienti con problemi di udito parziali o sordità totale, dall’altro viene impiegata a livello commerciale nella produzione di cuffie e apparati per sportivi. Di questi due filoni il primo è decisamente quello più attivo e produttivo, probabilmente spinto dai risultati di una ricerca che ha come obiettivo quello di migliorare la quotidianità di chi affronta ogni giorno i limiti imposti da problemi uditivi di varia natura. Il secondo, invece, è un campo applicativo relativamente nuovo, con la comparsa delle prime cuffie in Italia nel 2014, e per questo motivo al momento meno sviluppato. È possibile considerare, in effetti, la diffusione commerciale di questa tecnologia come una diretta derivazione delle applicazioni in campo medico e delle protesi acustiche. La conduzione ossea è stata appunto studiata e sperimentata per superare i limiti clinici delle normali protesi uditive, riconoscendo nel suo funzionamento un’alternativa che coinvolge parti differenti dell’orecchio e, per questo motivo, permette di aggirare numerosi ostacoli. La derivazione commerciale si è sviluppata successivamente, in parte in oggetti che promettono avanguardia tecnologica e innovazione, in parte in seguito agli sviluppi in campo medico che hanno permesso la produzione di trasduttori a conduzione ossea sempre più piccoli e integrati che fossero facilmente assemblabili in oggetti di vario tipo e di forme differenti e spesso di uso comune. 3.3.1 Ambito medico Gli impianti a conduzione ossea sono ampiamente utilizzati per pazienti affetti da ipoacusia dovuta a perdita uditiva trasmissiva, sordità neurosensoriale monolaterale (sordità totale solo in un orecchio) o perdita uditiva mista1. Vengono preferiti anche da coloro che necessitano di mantenere libero il canale uditivo, per motivazioni mediche, come l’impossibilità di tollerare elementi estranei per via di infezioni croniche, o personali/professionali, fanno parte di questo gruppo ad esempio i musicisti o i medici e, in generale, tutti coloro che hanno necessità di ascoltare le armoniche libere e non distorte 1 PERDITA UDITIVA MISTA: Combinazione di perdita trasmissiva e neurosensoriale, comporta un danneggiamento di ogni parte dell’orecchio, interno, medio ed esterno. 18 dall’occlusione del canale uditivo. Più in generale, questo tipo di impianto è preferibile da chi fa affidamento su un sistema in grado di rendere possibile la percezione delle alte frequenze. Questo tipo di dispositivo è generalmente composto da un piccolo impianto in titanio, un pilastro di connessione e un processore del suono. La differenza tra gli impianti a conduzione ossea e i classici dispositivi acustici è che invece che amplificare il suono per renderlo udibile questi apparecchi captano i suoni e li trasformano in onde elettromeccaniche bypassando la parte di orecchio danneggiata. È evidente come questa soluzione offra notevoli vantaggi dal punto di vista della qualità dell’ascolto. Un suono amplificato spesso comporta fischi o ronzii e l’amplificazione non è selettiva, pertanto oltre al parlato vengono amplificati anche tutti i rumori di fondo e i disturbi. Sfruttare la conduzione ossea permette quindi di usufruire di un dispositivo in grado di rendere udibili i suoni in modo più pulito, distinto e definito, migliorando la quotidianità di chi soffre di ipoacusia, rendendo più tollerabili anche i luoghi affollati e rumorosi o evitando che i fastidiosi ronzii permanenti portino, come spesso accade, a cefalee o emicranie. Il limite di questi impianti, come facilmente intuibile, è che possono essere applicati solo a una selezione di pazienti con determinate caratteristiche e lesioni relative prevalentemente all’orecchio medio ed esterno. Vengono perciò spesso esclusi coloro che presentano sordità neurosensoriale bilaterale più o meno grave e assolutamente non comporta alcun vantaggio in caso di danni al nervo acustico. Anche per coloro che rientrano nelle categorie per le quali la conduzione ossea può essere applicata, in ogni caso, sono necessari dei test e delle prove di funzionamento per verificare la risposta soggettiva di ciascuno a questo tipo di impianto. Spesso vengono fatte delle prove con impianti esterni ad archetto in regime ambulatoriale per far sperimentare al paziente il funzionamento della protesi e compiere i dovuti accertamenti prima di ricorrere all’impianto mediante un intervento di chirurgia che, sebbene non sia particolarmente invasivo, non va mai sottovalutato. 19 Figura 5 BAHA rappresentazione di un sistema BAHA nel variante definita tecnica con pilastro. In quest’immagine vediamo, ad esempio, il sistema BAHA2, ovvero una delle più recenti e innovative tecnologie presenti in questo campo. Nello specifico vediamo la versione detta tecnica con pilastro3 dove una vite in titanio viene impiantata chirurgicamente direttamente nelle ossa del cranio dietro l’orecchio, e a questa viene poi collegato a pressione un dispositivo che svolge il ruolo di processore del suono vero e proprio. Questo processore è, infatti, la parte di dispositivo che capta le vibrazioni sonore presenti nell’ambiente circostante e le trasmette tramite la vite impiantata alle ossa del cranio. La diffusione delle onde sonore giunge quindi all’orecchio interno che, non essendo la parte lesionata, può ancora svolgere il suo compito naturale e le trasforma in impulsi nervosi che attraverso il nervo acustico giungono al cervello. Bisogna inoltre considerare, riguardo a questo tipo di impianto, che la conduzione ossea giunge attraverso la scatola cranica a entrambe le orecchie, non è quindi necessario 2 BAHA: Bone Anchored Hearing Aid, acronimo usato per indicare gli impianti a conduzione ossea fissati chirurgicamente alle ossa del cranio. 3 L’altra tecnica possibile è la tecnica magnetica. La differenza in questo caso è che le due parti del componente non sono fisicamente collegate tra loro tramite una vite che attraversa il tessuto cutaneo ma, al contrario, sfruttano una trasmissione transcutanea del suono su base magnetica. 20 portare una protesi per orecchio come nei sistemi tradizionali ma una sola che funziona per entrambe. Questa tecnologia per funzionare ha bisogno di una struttura ossea in buone condizioni, pertanto chi ha subito gravi infortuni a livello cranico o persone anziane possono essere inadatte all’impianto chirurgico della vite. In aggiunta, essendo il suono gestito dal processore, è possibile personalizzare le modalità di funzionamento in modo da renderle adatte alle singole necessità di ogni paziente. Sempre in ambito medico per il trattamento di casi di ipoacusia è disponibile anche un'altra soluzione meno invasiva che prevede l’uso di occhiali acustici. Questo dispositivo, che esteticamente equivale a un comune paio di occhiali, è dotato di un trasmettitore che ricopre il ruolo di protesi acustica. Le possibilità tecnologiche sono due, una prima opzione è dotata di auricolare da posizionare all’interno del condotto uditivo e collegato alla stanghetta dell’occhiale, mentre una seconda è provvista di tecnologia a conduzione ossea. In questo secondo caso il funzionamento richiede un piccolo ricevitore posizionato sull’osso mastoideo appena dietro l’orecchio. Il trasduttore viene quindi posizionato sull’asta dell’occhiale, in modo che la pressione esercitata dallo stesso una volta indossato permetta l’aderenza contro la scatola cranica e il funzionamento della protesi. Ovviamente, questo tipo di soluzione è indicata per chi porta già quotidianamente gli occhiali e può così incorporare il dispositivo in un oggetto che già utilizza, risolvendo due problemi con un unico dispositivo. 3.3.2 Ambito commerciale Negli ultimi anni la conduzione ossea è entrata a far parte del mercato globale come oggetto innovativo nel campo delle cuffie. Vengono spesso associate a sportivi e runner in quanto la loro caratteristica di lasciare libero l’orecchio permette a chi pratica attività sportiva all’aria aperta di ascoltare la propria musica preferita senza però isolarsi dall’esterno. 21 È infatti ritenuto pericoloso, in certe situazioni, ascoltare la musica con le classiche cuffie in-ear in quanto questo impedisce di sentire altri rumori che possono essere avvertimenti o segnali di pericolo come clacson, passaggi a livello o sirene dei mezzi di soccorso. La possibilità di non occupare il condotto uditivo con i normali auricolari è una soluzione vantaggiosa anche per chi, per conformazione o abitudine, non è a suo agio con questo tipo di dispositivo fornendo un’alternativa più che valida che permette di ascoltare la musica o fare telefonate. Figura 6 CUFFIA A CONDUZIONE OSSEA modello Bluez di marca Aftershokz. Sempre rimanendo nell’ambito sportivo, esistono in commercio anche cuffie basate sulla tecnologia a conduzione ossea pensate e ideate per l’uso in acqua, quindi indicate per chi pratica nuoto, surf o qualsiasi sport che prevede attività in piscina o al mare. Inoltre, in questo caso, la trasmissione del suono per via ossea permette di avere sempre una riproduzione sonora chiara e definita senza l’obbligo di cuffie in-ear che diventano fastidiose se un minimo d’acqua riesce a entrare nelle orecchie e, proprio per via dell’auricolare, non riesce più a uscire. In entrambi i casi questo tipo di cuffia offre quindi una soluzione all’avanguardia per superare alcuni dei limiti delle normali cuffie sportive, sfruttando una tecnologia con 22 caratteristiche diverse che se da un lato può avere una qualità sonora inferiore presenta dei vantaggi in termini di sicurezza, e non solo, che meritano di essere considerati. La continua evoluzione tecnologica e lo sviluppo incessante che coinvolge questo tipo di tecnologia ha anche portato la conduzione ossea a compiere passi in avanti notevoli dal punto di vista qualitativo. Sicuramente ancora non può competere con delle cuffie over-ear di tipo professionale, ma certamente non teme il confronto con le comuni auricolari indossate dalla grande maggioranza delle persone durante la pratica di attività sportive di vario genere. 3.3.3 Bone conduction anti-pollution mask Figura 7 MASCHERA anti smog di produzione Digicare con sistema di riproduzione audio a conduzione ossea integrato. 23 In questo caso, ad esempio, la Digicare per prima ha lanciato sul mercato una maschera anti smog con conduzione ossea integrata. Pensata appositamente per gli sportivi di grandi città spesso inquinate, questa maschera unisce un filtro per l’aria di derivazione industriale alla conduzione ossea per ascoltare la musica in sicurezza. Questo prodotto è quindi indirizzato agli sportivi che praticano sport all’aria aperta quotidianamente nella città in cui vivono e si propone come soluzione adatta che unisce un obiettivo principale di salvaguardia della salute alla possibilità di ascoltare la musica4, requisito spesso fondamentale per chi corre o va in bici, sempre guardando con un occhio di riguardo alla sicurezza e alla prevenzione dei rischi urbani. A livello commerciale, questa maschera, è stata pensata principalmente per le grandi città asiatiche, spesso molto affollate e trafficate e in cui l’inquinamento è in molti casi un fattore limitante per chi vuole praticare un’attività sportiva all’aria aperta. Per coloro che, invece, vivono in zone dove l’inquinamento non è così presente questo dispositivo perde gran parte del suo appeal, anche considerando che le cuffie a conduzione ossea incorporate sono parte integrante della maschera e non sono rimuovibili, per cui è indispensabile indossarla per poter ascoltare la musica, aspetto che quindi ne limita molto l’utilizzo alle sole occasioni di sport e con particolari condizioni. 3.3.4 Google Glass Il 5 aprile 2012 Google annuncia pubblicamente l’ultimo prototipo della sua più recente invenzione, i Google Glass. Il progetto, sulla quale il reparto Google X5 stava lavorando già da un anno, prevedeva la creazione di un dispositivo ottico indossabile a realtà aumentata. L’obiettivo era quello di permettere all’utente di controllare il proprio smartphone senza la necessità di usare le mani e, attraverso comandi vocali, era possibile 4 La maschera usa un normale protocollo di comunicazione Bluetooth 4.0 per connettersi a uno smartphone e riprodurre la musica caricata. Questo protocollo, ovviamente, supporta anche tutte le altre funzionalità supportate normalmente, come la gestione delle chiamate e la possibilità di utilizzare dei tasti posti direttamente sulla maschera per cambiare traccia audio, alzare o abbassare il volume o rispondere alle telefonate. 5 GOOGLE X, O GOOGLE X LAB è un laboratorio semi-segreto di Google con sede a Mountain View che si occupa di sviluppare nuove tecnologie. Oltre ai citati Google Glass un esempio prodotto in questo laboratorio è la Google car. 24 interagire con l’occhiale che poteva mostrare i risultati direttamente sulle lenti oppure dare un feedback audio. È proprio per questo motivo che Google ha utilizzato la conduzione ossea. La possibilità di incorporare un dispositivo audio nella montatura dell’occhiale che non occupasse l’orecchio dell’utente ma al contempo gli consentisse di sentire privatamente (l’output audio è udibile solo da chi indossa gli occhiali e non da chi gli sta intorno) era data solo dall’utilizzo della conduzione ossea. Sebbene il prodotto non sia mai arrivato alla vendita libera le sue destinazioni principali erano in campo medico, giornalistico e militare, e in questi stessi campi si sono svolte le maggiori sperimentazioni con forniture a gruppi militari o complessi ospedalieri. Nel 2013 un gruppo di Google I/O6 developers è stato scelto per testare, dietro il pagamento di un corrispettivo di 1500$, una versione prototipo dei Google Glass nella propria quotidianità e quindi con l’idea di valutarne il comportamento nella vita urbana di tutti i giorni. Da questi test sono emersi diversi problemi legati all’isolamento di chi indossava i Google Glass e all’interazione con le persone circostanti, con spesso questioni legate alla privacy di chi non era disponibile a essere potenzialmente ripreso dalla telecamera incorporata negli occhiali. Il progetto così come lo conosciamo è stato abbandonato nel 2015 sebbene Google abbia annunciato che ha comunque intenzione di continuare la ricerca in questo campo. I motivi del fallimento di questo primo sviluppo sono probabilmente da imputare al prezzo di vendita perché i 1500$, pur essendo un prodotto assolutamente avveniristico, erano comunque il prezzo da pagare per un prototipo, con tutti i rischi del caso annessi, in più considerando che la spesa era per un oggetto opzionale, che sfrutta le stesse funzioni fornite dallo smartphone che ogni utente deve possedere e, soprattutto, comprare a parte. In aggiunta, secondo quanto riportato dopo i primi test effettuati dagli utenti, in seguito a un utilizzo prolungato i Google Glass tendevano a causare mal di testa a chi li indossava. Questo aspetto è sotto indagine da parte degli sviluppatori ma è probabile sia dovuto alla vicinanza dello schermo all’occhio che quindi sarebbe costretto a uno sforzo notevole per focalizzare una sorgente visiva così ravvicinata. 6 GOOGLE I/O è una conferenza di sviluppatori Google che si tiene annualmente a San Francisco, California 25 Al di là di questi inconvenienti progettuali che ne hanno limitato il mercato prima ancora che arrivasse alla vendita di massa, il progetto verrà comunque continuato da Google e la conduzione ossea rimane, tra le tecnologie attuali, quella più indicata a svolgere le funzioni di riproduzione audio e più facilmente incorporabile in un dispositivo di questo tipo. Con ogni probabilità subirà anch’essa delle modifiche, dal momento che le voci che circolano tra gli addetti ai lavori insistono su un restyling dell’occhiale, in quanto pare che l’estetica sia stato un tallone d’Achille del prodotto, e ridurre le dimensioni e l’ingombro sarà uno dei primi obiettivi, ma non è possibile pensare di ottenere li stessi risultati per resa sonora con gli stessi vantaggi di libertà di ascolto con tecnologie alternative. Figura 8 GOOGLE GLASS hardware e componenti. 26 3.3.5 Buhel Soundglasses Concettualmente molto simili ai Google Glass sono i Soundglasses ideati da Buhel. Questo prodotto è nato come unione tra un paio di occhiali da sole e un dispositivo di riproduzione sonora, il nome stesso, infatti, gioca sull’unione tra la parola inglese sunglasses, occhiali da sole appunto, e sound, suono. Il prodotto è stato pensato e ideato nel 2013, quindi un anno dopo l’annuncio pubblico dei Google Glass, ed è stato lanciato su Kickstarter7 nel novembre dell’anno successivo con la consegna della prima unità acquistata nel maggio 2015. Da considerarsi alla pari dei dispositivi wearable che sono l’ultima moda del momento, unisce a un oggetto non certo innovativo come gli occhiali da sole la possibilità di ascoltare musica, telefonare tramite connessione Bluetooth attraverso il proprio smartphone e interagire con applicazioni a comando vocale. Le somiglianze con i Google Glass non sono poche, anche se resta comunque un prodotto con aspirazioni inferiori, la mancanza di fotocamera e display lo rendono, infatti, molto più semplice ma al contempo riducono anche notevolmente i rischi di un flop come quello occorso agli occhiali Google. Tuttavia il punto di forza di questo prodotto è ancora la conduzione ossea che, unita a un microfono bidirezionale a condensatore posizionato nel ponte, fornisce a un prodotto di uso comune una nuova dimensione in un campo differente ampliandone gli orizzonti di mercato. 7 KICKSTARTER è una piattaforma di finanziamento per progetti creativi. Basato su una raccolta fondi di tipo croudfunding permette a inventori o produttori di lanciare sul mercato un nuovo prodotto raccogliendo il denaro di chi decide di supportare l’iniziativa. I creatori di un progetto indicano una data di scadenza per la raccolta fondi e un minimo da raggiungere, se l’obiettivo non viene raggiunto entro tale data i fondi non vengono raccolti. 27 Figura 9 BUHEL SOUNDGLASSES. Due trasduttori a conduzione ossea sono posizionati in entrambe le aste in modo da fornire una riproduzione sonora adatta anche alla riproduzione musicale. Il prodotto ha avuto un notevole successo durante la sua campagna di raccolta fondi su Kickstarter a dimostrazione che questa tecnologia è apprezzata e ottiene un ottimo riscontro da parte del pubblico incrementando sempre di più la propria diffusione. Anche i Soundglasess, però, presentano dei limiti commerciali più o meno influenti, come ad esempio il dover indossare un paio di occhiali anche nei casi in cui si vuole solamente sentire la musica e, sebbene vengano fornite anche delle lenti trasparenti per permettere l’utilizzo in condizioni di scarsa luminosità o una cornice che permette di adattare l’occhiale a delle lenti correttive, vanno comunque considerati un prodotto in più, che può essere utilizzato in particolari condizioni in cui si utilizzerebbero contemporaneamente occhiali da sole e auricolari. 28 4. Progetto 4.1 Materiale utilizzato Il materiale che ho scelto di usare per questo progetto comprende principalmente un trasduttore a conduzione ossea di produzione Adafuit Industries8, una scheda audio con amplificatore di classe D e una batteria al polimero di litio9 per alimentare il dispositivo in modo che sia portatile. È stata presa in considerazione la possibilità di utilizzare delle cuffie a conduzione ossea disponibili in commercio, ma questa ipotesi è stata scartata in quanto queste cuffie permettevano una scarsa personalizzazione e in fase di realizzazione ho preferito mantenere la possibilità di realizzare un dispositivo che potesse prestarsi a qualsiasi situazione senza perdere la sua funzionalità. Mi era infatti impossibile prevedere in fase di progetto quanta elasticità avrei poi richiesto al dispositivo in fase di montaggio, pertanto mi sono basata sull’idea più complessa che comportava la somma di diversi trasduttori con la conseguente necessità che tutti fossero indossabili anche contemporaneamente. Tutti i test e le indagini statistiche svolte successivamente, pertanto, sono stati effettuati usando questo dispositivo. 8 Adafruit Industries è una società di hardware open source con sede a New York. La società produce una vasta gamma di dispositivi, componenti elettronici, accessori o attrezzi che distribuisce online in kit completi o singolarmente. Fornisce anche guide, tutorial e articoli di approfondimento per neofiti e utenti esperti. È stata fondata nel 2005 da Limor Fried presso l’MIT. 9 ACCUMULATORE LITIO-POLIMERO: tipo di batteria ricaricabile basata sulla tecnologia litio-ionepolimero, ovvero un’evoluzione della batteria litio-ione. Questo tipo di batteria presenta numerosi vantaggi tra cui il fatto che il polimero utilizzato, di stato solido, non è infiammabile a differenza del liquido organico utilizzato nelle precedenti battere agli Li-Ion, rendendole, di fatto, più sicure e affidabili. Vengono generalmente indicate con l’abbreviazione Li-Po o Li-Poly. 29 4.2 Composizione e diagramma del circuito Figura 10 SCHEMATICO del circuito fornito da Adafruit per la realizzazione del dispositivo con trasduttore a conduzione ossea utilizzato per questo progetto. 1. Trasduttore a conduzione ossea 2. Scheda audio stereo – Class D, 2.1W TPA2016 3. Batteria Li-Po da 150mAh a 3.7V 4. Stereo jack 5. Interruttore di tipo slide switch Il dispositivo realizzato si basa su una scheda audio stereo di classe D (modello TPA2016) alla quale vengono collegati il trasduttore a conduzione ossea, la batteria di alimentazione, un ingresso stereo jack da 3,5 mm e un interruttore di tipo slide switch. Come si può notare dal grafico del circuito una sola uscita della scheda audio viene effettivamente utilizzata, vanificando di fatto la caratteristica stereo e ottenendo un risultato monofonico, tuttavia, sebbene possa sembrare uno spreco in termini di componenti, risulta in effetti assai difficile trovare una scheda audio mono di classe D che abbia tutte le caratteristiche necessarie per sostituire quella utilizzata in questo circuito. La batteria che alimenta il circuito ha una capacità di 150mAh e una tensione di 3,7V. 30 Oltre ai componenti di cui si è già parlato sono poi parte del circuito anche il connettore jack e l’interruttore di tipo switch a due posizioni. 4.2.1 Trasduttore a conduzione ossea Scheda tecnica: Dimensioni: 14mm x 21.5mm Peso: 9.6g Potenza: 1 watt RMS/2 Watt max Induttanza: 1.26 mH Impedenza: 8 ohm Resistenza: 5.8 ohm Risposta in frequenza: 300-19000 Hz (varia a seconda della superficie su cui viene appoggiato il trasduttore) Frequenza di risonanza: 1600 Hz SPL: 90.1 dB 1W/1m (varia a seconda della superficie su cui viene appoggiato il trasduttore) Figura 11 SCHEDA TECNICA del trasduttore a conduzione ossea. 31 Da questi dati tecnici, forniti direttamente da Adafruit, possiamo ricavare alcune interessanti considerazioni a priori. In primo luogo possiamo notare che questo specifico trasduttore è più indicato per riprodurre le alte frequenze rispetto alle basse. Naturalmente, le dimensioni estremamente ridotte del componente influenzano in maniera determinante questo aspetto. Il secondo aspetto rilevante è la frequenza di risonanza. Questo aspetto rispecchia quando evidenziato precedentemente dalla risposta in frequenza, la frequenza di risonanza a 1600 Hz fa rientrare questo trasduttore nella gamma dei tweeter, ovvero il tipo di altoparlante dedicato alle alte frequenze. Figura 12 DETTAGLIO delle dimensioni del componente confrontato con una moneta da un quarto di dollaro. 32 4.2.2 Scheda audio stereo Specifiche tecniche: Potenza in output: 2.8W a 4Ω, 10% THD10, 1.7W a 8Ω, 10% THD, con alimentazione a 5V PSRR11: 80 dB, 5ms di tempo di avvio Gain impostabile da -28dB a 30dB Eccellente soppressione dei click Thermal shutdown protection Modalità di spegnimento pin per risparmio energetico. Basso assorbimento di corrente: 3.5mA corrente di polarizzazione e 0.2uA a dispositivo spento. Questo amplificatore è di classe D, ovvero un amplificatore digitale a commutazione12 molto efficiente. Questo tipo di amplificatori, infatti, hanno un’efficienza teorica del 100% che diventa del 94% a livello reale. Ciò vuol dire che il 94% dell’energia elettrica utilizzata dalla scheda viene effettivamente tradotta in potenza erogata, minimizzandone di fatto la dissipazione. Proprio per la loro efficienza, quindi, questo tipo di amplificatori sono utilizzati molto frequentemente come amplificatori audio. THD: Dall’inglese total harmonic distortion è un parametro che indica la distorsione che un dispositivo introduce nei segnali elettrici che lo attraversano. 11 PSRR: Power supply rejection ratio termine usato nell’elettronica degli amplificatori, generalmente espresso in dB, che indica la quantità di rumore proveniente dalla tensione di alimentazione che un dispositivo può rigettare. 12 AMPLIFICATORE A COMMUTAZIONE: Questo tipo di amplificatore è prodotto generalmente utilizzando una coppia di MOSFET che funzionano come switch elettronici. Viene detto a commutazione perché passa dallo stato attivo a quello non attivo ad una determinata frequenza. Per le qualità proprie dei transistori MOSFET questi amplificatori sono o completamente aperti o completamente chiusi, fattore che determina la bassa potenza dissipata a dispositivo spento. 10 33 La minima potenza assorbita da questa classe di amplificatori rende possibile le loro dimensioni notevolmente ridotte, specialmente se confrontate a quelle di amplificatori di classe precedente, e quindi li rende adatti a dispositivi mobili. Figura 13 SCHEDA AUDIO TPA2016 usata per questo progetto 4.3 Difficoltà iniziali La parte pratica del progetto ha presentato inizialmente alcune difficoltà. L’assemblaggio del circuito, come si vede dallo schema, è di per sé semplice ed essenziale, tuttavia la saldatura non lo è altrettanto. Proprio la parte del trasduttore, infatti, è composta da cavi di collegamento estremamente fini che sono sì necessari per via delle ridotte dimensioni del componente, ma al tempo stesso sono molto delicati. Le saldature, perciò, tendono a rompersi facilmente, soprattutto nei punti di congiunzione con la scheda audio. Dopo aver constatato la scarsa tenuta dei cavi originali un secondo tentativo è stato fatto sostituendoli con altri lievemente più resistenti ma allo stesso tempo sufficientemente 34 flessibili. Questo accorgimento ha permesso di migliorare la resistenza delle saldature dal lato del trasduttore ma poco ha potuto per migliorare la tenuta dei punti di saldatura sulla scheda audio. Inevitabilmente è stato necessario trovare una soluzione per garantire la protezione dei componenti assemblati, la scelta è ricaduta su un inscatolamento in materiale plastico apribile per consentire l’accesso ai singoli componenti e la loro estrazione per evidenti necessità, come la ricarica della batteria. Tuttavia la lavorazione della plastica è difficile a causa della sua resistenza e rigidità, che portano spesso a crepe e rotture. Inizialmente, quindi, ho preso in considerazione altre opzioni come una normale scatola in cartone e un involucro in gommapiuma e con questi materiali ho fatto le prime prove realizzative. Entrambe le opzioni però non hanno dato i risultati sperati. Il cartone, più facilmente lavorabile della plastica, aveva come effetto collaterale quello di funzionare da scatola di risonanza del trasduttore. Il contatto con le pareti del contenitore, infatti, metteva in vibrazione il cartoncino, e questo effetto, unito alla struttura cava della scatola, generava una dispersione di suono udibile a orecchio nudo. La gommapiuma, al contrario, è notoriamente un materiale acusticamente isolante, motivo per il quale è stata presa in considerazione. Il problema in questo caso è sorto in fase di lavorazione, la struttura estremamente elastica della gommapiuma la rende difficile da trattare e da formare secondo le necessità e si è dimostrata anche inadatta in quanto non garantiva sufficiente stabilità al dispositivo assemblato. Questi due tentativi mi hanno ricondotto al punto di partenza, ovvero alla plastica. Per superare i problemi iniziali è stato fatto un altro tentativo usufruendo, però, questa volta di una stampante 3D. La stampa 3D permette di sfruttare tutte le caratteristiche favorevoli della plastica e di formarla su misura secondo le necessità. Non possedendo però personalmente una stampante 3D, mi sono servita di un hub di stampa 3D, del gruppo 3D Hubs, di Seregno che ha stampato un case in PLA 13 con spessore 200µm utilizzando una stampante FlashForge Dreamer. PLA: acido polilattico o politattato è il polimero dell’acido lattico. È il materiale più usato per la realizzazione di prodotti tramite macchine di prototipazione rapida che funzionano per FDM (Fused Deposition Modeling). 13 35 Dimensioni: 3,2x2,5x0,7 cm Aperture: una da 1,2x0,4 cm per lo switch e una da 1,2x0,7 cm dotata di clip per ingresso jack da 3,5. Figura 14 COPERCHIO DEL CASE Dimensioni:3,5x3,4x2,5 cm Interno cavo per permettere l’alloggiamento dei componenti e dei fili di collegamento. Figura 15 CORPO DEL CASE Dimensioni: 3,2x2,5x0,1 cm Aperture: una sola da 1,5x2,2 cm dotata di clip per il posizionamento del trasduttore. Figura 16 FONDO DEL CASE 36 Il progetto di questo case è fornito da Adafruit specificamente per il trasduttore e i componenti usati in questo progetto, pertanto la progettazione ad hoc garantisce una discreta precisione nelle misure e nelle dimensioni. Come si può vedere dalle immagini questo tipo di contenitore è composto da tre pezzi distinti da assemblare dotati di scanalature per un incastro a pressione. Sui due lati piccoli del parallelepipedo ci sono delle aperture, da un lato una sola, più grande, della misura del trasduttore, dall’altro due, più piccole e affiancate, che sono delle dimensioni dello switch e dell’ingresso per il jack audio. La parte centrale, come facilmente intuibile, ospita la scheda audio, la batteria e i fili di collegamento. L’uso di un materiale plastico rigido garantisce un grado di resistenza sufficiente da proteggere i componenti ed evitare che subiscano danni, soprattutto nei punti più delicati come le saldature e le piccole parti. Una volta ricevuta la stampa del case, il passo successivo è stato quello di adattare il circuito così come era stato assemblato alle ridotte dimensioni del contenitore e, sebbene quest’ultimo fosse appositamente pensato per questo scopo, si sono presentate alcune criticità. In primo luogo si è ripresentato il problema legato alla fragilità delle saldature e ai fili molto sottili che ha reso complicato l’incastro dei componenti nei loro specifici siti. L’uso di clip incorporate nel case permette di mantenere i componenti fissi e in posizione, ma al contempo richiede una certa pressione per incastrarli e questo passaggio è stato molto delicato, in quanto movimenti bruschi o una forza eccessiva causavano facilmente la rottura delle giunzioni. Come secondo aspetto è stato necessario ristrutturare l’assemblaggio dei componenti in modo che rispecchiassero le necessità del contenitore. In un primo momento, infatti, il circuito era stato assemblato con struttura planare, ovvero con tutti i fili saldati sulla faccia superiore della scheda, aspetto però che si è rivelato limitante in fase di montaggio del case. La struttura è creata per avere la sezione trasversale delle stesse dimensioni della scheda e quest’ultima, una volta posizionata all’interno del parallelepipedo ne occupava precisamente la sezione, non lasciando in questo modo un eventuale margine 37 di spazio per far passare lateralmente i fili in modo che il trasduttore e la coppia switchjack giungessero alle due facce opposte. Per risolvere questo problema è stato quindi dissaldato e risaldato il trasduttore in modo che fosse collegato direttamente alla faccia inferiore della scheda. Un’ulteriore modifica che si è resa necessaria è stata la riduzione della lunghezza dei fili. I cavi di collegamento, infatti, vanno ritorti e riposti all’interno del case, ma ovviamente, più i cavi sono lunghi più spazio occupano e quando sono troppo lunghi impediscono poi che il contenitore si chiuda. Sempre riguardo ai fili bisogna anche constatare che l’uso di fili più spessi, come quelli scelti per collegare il connettore jack alla scheda, garantiscono sì una maggiore durata dei collegamenti, ma sono meno facilmente piegabili e oppongono più resistenza quando devono essere risposti nel contenitore. Per questo, quindi, è bene prestare molta attenzione e creare collegamenti appena sufficienti a giungere dalla scheda alle aperture evitando il più possibile di eccedere con la lunghezza. 38 5.Test Un comune esame audiometrico tonale, di quelli che generalmente vengono effettuati da un otorinolaringoiatra per verificare le condizioni uditive di un paziente, serve per verificare l’eventuale perdita uditiva in dB per ciascun orecchio e alle diverse frequenze. Il test si svolge facendo sentire al paziente ad un volume adeguato un suono a una determinata frequenza per poi diminuire l’intensità finché questo suono resta udibile e verificare così la soglia minima di udibilità per le diverse frequenze. Generalmente le frequenze più utilizzate sono 125 – 250 – 500 – 1000 – 2000 – 3000 – 4000 – 8000 Hz. I risultati dell’esame vengono poi segnati su una tabella dove viene indicata per ogni frequenza la soglia minima di intensità percepita, con lo 0 dB che corrisponde alla perfezione acustica. Il test viene eseguito per entrambe le orecchie e il risultato si traduce in due linee che uniscono le minime soglie di intensità per ogni orecchio, una di colore rosso per l’orecchio destro e una blu, o nera, per l’orecchio sinistro. Figura 17 ESEMPIO DI TABELLA dei risultati di un test audiometrico tonale. 39 Questo tipo di esame è uno dei più utilizzati in quanto si concentra sulle frequenze più comuni, ovvero quelle del parlato, che sono quelle di maggior importanza per il paziente medio. Come è possibile vedere dall’immagine, infatti, le frequenze dai 125 ai 3000 Hz vengono contrassegnate come importanti per la comprensione delle conversazioni, questa fascia di frequenze è detta, appunto, udito sociale. La zona di destra del grafico, quella superiore ai 3000 Hz, comprende un range di frequenze ben percepibili dall’orecchio umano ma che non riguardano la comunicazione verbale e la conversazione bensì comprendono i suoni degli strumenti musicali, dei segnali acustici e degli allarmi. Una valutazione dell’udito in questa fascia di frequenze è essenziale per verificare la corretta percezione in ogni campo, riuscire a distinguere chiaramente il parlato o sostenere senza problemi una conversazione non è sempre necessariamente indicativo di un buon udito. Questo esame viene svolto, inoltre, sia per via aerea che per via ossea con simboli diversi utilizzati per segnare i risultati ottenuti sul grafico. Questo perché i due tipi di trasmissione generano risultati diversi a seconda del tipo di ipoacusia e le differenze tra i due contribuiscono a raggiungere la diagnosi clinica. 5.1 Tipologia di test svolto Una volta assemblato il dispositivo è stato necessario testarne la funzionalità e, per raggiungere questo scopo, mi sono servita di un semplice test audiometrico ispirato agli esami audiometrici tonali che prevede una serie di frequenze dai 50 ai 16000 Hz per valutare la banda di frequenze udibili. Ogni persona ha ascoltato le frequenze, in crescendo, di 50 Hz, 100 Hz, 1000 Hz, 10000 Hz, 14000 Hz, 15000 Hz e 16000 Hz prima con il trasduttore posizionato in prossimità dell’orecchio e successivamente sulla fronte. Il motivo per cui ho scelto queste frequenze è che le zone limite dell’area di percezione sono più problematiche e necessitano di un’indagine più approfondita per verificare l’effettiva risposta in frequenza del trasduttore. In particolar modo le ridotte dimensioni del componente influiscono in maniera determinante sulla sua capacità di riprodurre le 40 basse frequenze. Le frequenze medie, al contrario, sono facilmente riproducibili dalla maggior parte dei trasduttori pertanto non sono particolarmente interessanti sotto il profilo sperimentale. In secondo luogo ho ritenuto fosse rilevante ai fini del mio studio valutare eventuali differenze nell’ascolto a seconda del posizionamento del dispositivo, per questo ogni test è stato fatto in prossimità dell’orecchio, ovvero il punto più sensibile, e sulla fronte, ovvero un punto equidistante da entrambe le orecchie. Figura 18 PUNTI DI POSIZIONAMENTO del trasduttore durante i test. Ad ogni soggetto è stato poi chiesto di esprimere dal punto di vista personale la differenza percepita durante gli ascolti riguardo l’intensità sonora e la definizione della riproduzione, facendo le opportune distinzioni in base alle frequenze e specificando eventuali variazioni al cambiare delle stesse. È bene specificare che queste tipologie di test non intendono sostituirsi ai testi ufficiali e alle dichiarazioni del costruttore riguardo la risposta in frequenza o il funzionamento del trasduttore, ma sono stati fatti per poter adattare al meglio il componente allo specifico utilizzo che se ne intende fare in questo progetto. 41 L’eventuale differenza effettiva di intensità in relazione al posizionamento del trasduttore è rilevante solo nel momento in cui questa risulti sensibilmente percettibile alla maggior parte degli ascoltatori influendo di fatto sull’esperienza d’ascolto, per questo è stato ritenuto sufficiente un giudizio soggettivo espresso da ogni persona sottoposta al test. Il campione analizzato è composto da un insieme eterogeneo sia per età che per genere, in particolar modo testare persone con età differenti è stato molto utile al fine di verificare quanto il normale restringimento della fascia di frequenze udibili influisca anche a livello di conduzione ossea. 5.2 Risultati ottenuti I risultati ottenuti dai test effettuati sono stati divisi in quattro grafici: uno relativo all’ascolto con il trasduttore in prossimità dell’orecchio, uno con il trasduttore posizionato in fronte, uno contenente le sensazioni relative alla differenza di volume dei soggetti testati e uno, più specifico, che indica per i casi in cui è stata percepita una differenza di intensità se questa era a favore della posizione temporale o frontale per ogni frequenza. Come possiamo vedere da entrambi i grafici relativi alle frequenze percepite i 100 Hz possono essere riprodotti dal dispositivo e sentiti dall’ascoltatore. Questo dato non rispecchia le dichiarazioni della casa madre, che davano i 300 Hz come frequenza minima riproducibile ma è tuttavia un dato da trattare con attenzione. I 100 Hz sono una frequenza sì riproducibile ma che sarebbe meglio evitare, questo dal momento che la maggior parte degli ascoltatori li ha percepiti in posizione temporale ma con un drastico calo una volta spostato il trasduttore in posizione frontale, come evidenziato dai dati, e in alcuni casi sono stati percepiti con clip o disturbi, evidenziando così l’inaffidabilità del componente per frequenze così basse. Quindi, bisogna considerare che al di sotto della frequenza minima si può verificare una riproduzione del suono distorta. Nello specifico, in alcuni casi, qualche ascoltatore ha lamentato un clip udibile in questa fascia, effetto che può essere ricondotto sia alla 42 difficoltà del trasduttore di riprodurre la frequenza, sia ad un’eventuale interazione con il case. La frequenza uguale a 50 Hz è stata inserita nel test per verificare che effettivamente il componente al di sotto dei 100 Hz non riesce assolutamente a riprodurre il suono, riallineandosi con le specifiche dichiarate. In totale sono state testate venti persone, cinque di età inferiore ai 25 anni, nove di età compresa tra i 25 e i 50 e sei di età maggiore di 50 anni. Di queste venti persone sette erano maschi e tredici femmine. Orecchio 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 50 Hz 100 Hz 1000 Hz 10000 Hz <25 25-50 14000 Hz 15000 Hz 16000 Hz >50 Figura 19 GRAFICO con i risultati ottenuti con il trasduttore posizionato in prossimità dell'orecchio. Per eseguire questa parte di test il trasduttore è stato posizionato a contatto con l’osso temporale, mantenendo il più possibile una pressione adeguata e costante. Per questo motivo ho preferito tenere personalmente il dispositivo in posizione evitando, quindi, che il risultato potesse essere influenzato da una componente soggettiva in fase di posizionamento. 43 La posizione prossima all’orecchio, come era lecito immaginarsi, si è rivelata essere la parte più sensibile dove la maggior parte dei soggetti testati ha percepito quasi tutti i campioni sonori. Come si vede dal grafico, le persone di età inferiore ai venticinque anni e coloro che si collocano tra i venticinque e i cinquanta hanno percepito tutte le frequenze testate, compresi i 100 Hz. Le persone di età superiore ai cinquant’anni, invece, hanno mostrato qualche difficoltà in più a percepire le frequenze alte con andamento direttamente proporzionale all’invecchiamento. L’unico caso in cui un soggetto testato non ha percepito le frequenze dai 10000 Hz in su è quello con ipoacusia diagnosticata trattato nel capitolo relativo ai casi particolari ed è per tanto da attribuire alla particolare situazione. Fronte 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 50 Hz 100 Hz 1000 Hz 10000 Hz <25 25-50 14000 Hz 15000 Hz 16000 Hz >50 Figura 20 GRAFICO con i risultati del test con il trasduttore posizionato in fronte. 44 Più delicata è la questione riguardo l’ascolto con il trasduttore in posizione frontale. In questo caso, infatti, i risultati sono più incerti e variabili a seconda di numerosi fattori, spesso impossibili da controllare, e, in modo più generale, dipendono da una componente soggettiva a livello di conformazione cranica, densità ossea e predisposizione naturale che non è possibile accertare in un test di questo tipo e di questa portata. Come dimostrano i risultati non tutti i soggetti testati hanno percepito tutte le frequenze, con un drastico peggioramento per quanto riguarda i 100 Hz rispetto a quanto emerso dai test effettuati con il trasduttore in posizione temporale. I 1000 Hz si sono rivelati come la frequenza migliore in quando percepiti da tutti i soggetti testati e il trend è stato mantenuto al crescere delle frequenze per tutti i soggetti di età inferiore ai cinquant’anni. Coloro, invece, con età maggiore di cinquant’anni hanno seguito un andamento calante man mano che cresceva la frequenza, arrivando in molti casi a non percepire le frequenze dai 14000 Hz in su e rispecchiando, di fatti, il normale calo uditivo che si verifica progressivamente con l’avanzare dell’età. Un discorso a parte va fatto per quanto riguarda la diversa percezione dei volumi a seconda del posizionamento del trasduttore. Sappiamo, infatti, che per quanto riguarda gli impulsi sonori puri l’intensità con cui un suono viene percepito varia a seconda della sua frequenza. Se consideriamo che l’udito umano percepisce suoni dai 20 Hz ai 20kHz con questa soglia superiore che diminuisce con il passare degli anni, possiamo restringere alla fascia compresa tra i 1000 e i 5000 Hz la banda di frequenze a cui il nostro orecchio è più sensibile. Questo aspetto è dovuto principalmente alla conformazione del condotto uditivo, alla sua risonanza e alla capacità trasmissiva della catena degli ossicini. Dal momento che la percezione sonora è un aspetto generalmente personale si possono definire come suoni a uguale intensità due segnali sinusoidali aventi frequenza diversa ma percepiti con la stessa intensità da un individuo giovane e senza problemi di udito. I primi studiosi a sperimentare in questo campo furono Fletcher e Munson nei primi anni ‘30, che effettuarono un test basato su suoni puri a differenti frequenze al fine di 45 raccogliere un numero sufficiente di dati in modo da poter stabilire un andamento generale nel campo della percezione uditiva. I loro studi furono portati avanti e ampliati negli anni fino ad essere standardizzati nel 2003 con la sigla di ISO 226. Gli audiogrammi che derivano da questi studi, sono quindi dei grafici indicanti l’andamento percettivo a livello di intensità sonora per le diverse frequenze, e sono più comunemente noti come curve isofoniche. Figura 21 CURVE ISOFONICHE COME DA STANDARD ISO 226:2003 46 Come possibile vedere dall’immagine che rappresenta le curve isofoniche così come definite nello standard ISO 226, la pressione sonora è espressa in dB SPL14 mentre l’intensità sonora è misurata in phon15. Queste curve indicano molto chiaramente come i suoni compresi tra i 400 e i 4000 Hz abbiano una soglia di udibilità minima molto inferiore rispetto ai suoni al di sotto e al di sopra. Bisogna quindi tenere in mente anche per questo progetto, che a seconda della frequenza emessa c’è una componente soggettiva di percezione sonora e che alcune frequenze sono, per nostra natura, più facile da sentire. Non deve quindi sorprendere se le frequenze molto basse e, allo stesso modo, quelle più alte sono quelle che hanno mostrato maggiori limiti durante questi test. Differenza di volume 14 12 10 8 6 4 2 0 100 Hz 1000 Hz Nessuna differenza 10000 Hz 14000 Hz Lieve differenza 15000 Hz 16000 Hz Differenza sensibile Figura 22 GRAFICO che rappresenta la differenza di volume percepita da chi si è sottoposto al test. 14 DB SPL: i dB SPL vengono usati in acustica per indicare il livello di pressione sonora, SPL indica, appunto, Standard Pressure Level. Secondo questa scala a 0 dBSPL corrisponde la soglia minima di udibilità mentre a 130 dBSPL viene indicata la soglia del dolore. 15 il PHON viene utilizzato in psicoacustica per indicare il livello di sensazione sonora, rappresentando quindi l’udibilità soggettiva dell’orecchio umano e non sempre la reale differenza in dB tra due suoni. 47 Per valutare la differenza di volume percepita, come già detto, l’indagine è stata basata sulle impressioni e esperienze dei soggetti sottoposti al test. Nel caso dell’utilizzo di questo trasduttore per un utente medio, infatti, l’aspetto principale era assicurarsi che non ci fosse una differenza di intensità sonora legata al posizionamento dello stesso tale da disturbare l’ascolto. I dati raccolti, come possibile vedere dal grafico, sono meno costanti e prevedibili rispetto ai precedenti riguardanti la percezione delle diverse frequenze. Notiamo subito come pochi soggetti non abbiano notato alcuna differenza tra i due posizionamenti, mentre la maggior parte ha notato una lieve differenza. Altri, infine, hanno notato una differenza sensibile tra le due posizioni, dichiarando senza alcun dubbio come al variare della posizione del trasduttore variasse anche in modo sostanziale anche il volume. Bisogna specificare che, purtroppo, questi dati sono internamente contrastanti. Vengono raggruppati in un’unica categoria tutti coloro che hanno percepito una differenza senza, in effetti, specificare a favore di quale posizione, questo perché in ottica di sviluppo di un’eventuale installazione è semplicemente necessario assicurarsi che non ci siano dislivelli troppo accentuati, indifferentemente da un lato o dall’altro. Rimane comunque singolare notare come alcuni abbiano percepito i suoni con un volume maggiore in fronte mentre altri, in numero maggiore, in prossimità dell’orecchio, evidenziando quindi una componente soggettiva per questo aspetto ed impedendo così di trovare una soluzione comune che potesse risolvere la questione per tutti gli utenti. 48 14 12 10 8 6 4 2 0 Fronte 100 Hz 1000 Hz Orecchio 10000 Hz 14000 Hz 15000 Hz 16000 Hz Figura 23 GRAFICO con il dettaglio delle differenze percepite in favore dell'orecchio o della fronte. In generale però possiamo constatare, osservando il grafico, che vengono percepite con intensità maggiore le basse frequenze in posizione frontale mentre le alte frequenze vengono meglio percepite all’orecchio. Questo aspetto è riconducibile a quanto già affermato più volte, ovvero che la struttura ossea del cranio trasmette più facilmente le basse frequenze e quindi, allontanando la sorgente sonora dall’orecchio sono queste frequenze quelle che vengono trasmesse maggiormente. Infine, altro aspetto da non sottovalutare, bisogna considerare che in alcuni casi solo determinate frequenze, generalmente fino ai 1000 Hz, venivano percepite con una differenza di intensità, mentre dai 10000 Hz in su il delta andava via via appiattendosi al crescere delle frequenze. 49 5.3 Considerazioni 5.3.1 Considerazioni preliminari Durante la fase di test, parallelamente allo studio sulla resa sonora del dispositivo, ho potuto notare e valutare anche alcuni aspetti strutturali e funzionali del componente. La struttura, così come è stata sviluppata è sufficientemente stabile da essere maneggiata da chiunque, seppure con un minimo di accortezza e delicatezza. Il case in plastica è rigido in modo da impedire che il contenuto interno subisca urti o pressioni e le ridotte dimensioni lo rendono estremamente maneggevole. L’unico punto che presenta alcune criticità è la parte del trasduttore. Per garantirne un corretto funzionamento, infatti, il trasduttore non deve essere a contatto con il case per tutta l’estensione della superficie vibrante, ed è quindi tenuto in posizione da due alette laterali che si fissano a clip sulla struttura del componente. Queste due alette svolgono in maniera discreta il loro compito di mantenere il traduttore in posizione, ma si rivelano poco efficaci nel momento in cui si esercita una pressione asimmetrica su un lato del componente. In questo caso, infatti, può capitare che si verifichi una rotazione dello stesso lungo il suo asse maggiore che compromette parzialmente l’efficienza di funzionamento. La parte di contatto, inoltre, deve essere completamente esposta all’esterno del case in modo da poter aderire facilmente una volta posizionata sul cranio dell’ascoltatore, caratteristica però che la rende particolarmente esposta e a rischio per quanto riguarda urti, attriti con le superfici con cui può venire in contatto, sporcizia e polvere. Un discorso a parte va fatto per l’insonorizzazione verso l’esterno. La plastica è stata scelta in quanto materiale più adatto rispetto alle altre opzioni, derivati di carta e cartone su tutti, ma non si può dire sia assolutamente perfetta. Già dai primi test infatti è stato possibile riscontrare che le frequenze medie, nel caso del test i 1000 Hz, sono udibili anche a orecchio nudo quando il trasduttore è utilizzato da qualcun altro. Il motivo di questo fenomeno è probabilmente riconducibile a un inevitabile interazione tra trasduttore e case, con quest’ultimo che reagisce più facilmente a queste frequenze. Per le basse frequenze questo aspetto si verifica meno, i 100 Hz sono lievemente udibili ma solo in un ambiente silenzioso e da distanza ravvicinata. Le alte frequenze sono poi 50 quelle meno udibili in assoluto, 14000 Hz, 15000, Hz e 16000 Hz non sono percepibili da un ascoltatore in prossimità di chi indossa un trasduttore a conduzione ossea. 5.3.2 Casi particolari Rientrano nel campione analizzato anche alcuni casi particolari, come soggetti con diagnosticati problemi uditivi. Nello specifico un soggetto con una lesione timpanica cicatrizzata, un altro con ipoacusia diagnosticata dovuta all’avanzamento dell’età con predisposizione genetica familiare e uno con iperacusia algica. Nel primo caso era quindi presente una lesione a livello dell’orecchio esterno ed è stato utile verificare come effettivamente questa lesione non limitasse in alcun modo l’ascolto tramite conduzione ossea. Il test, infatti, è risultato assolutamente in linea con i risultati ottenuti per la medesima fascia di età da persone senza alcun tipo di problema uditivo, a dimostrazione del fatto che la trasmissione del suono con questa tecnica non dipende dalla funzionalità timpanica. Il soggetto era di sesso femminile e appartenente alla fascia di età maggiore di cinquant’anni Il discorso è però diverso nel caso di ipoacusia legata all’anzianità. Questo test ha evidenziato risultati che si discostano sensibilmente dalla media, nello specifico è stata riscontrata una mancanza di percezione delle alte frequenze sia con il trasduttore posizionato in prossimità dell’orecchio, sia, con ulteriori peggioramenti, col trasduttore posizionato in fronte. Tuttavia questi risultati non possono essere la base per una deduzione di carattere generale in quanto un singolo caso non è sufficiente a livello statistico per definire un comportamento valido al di fuori del caso stesso. Possiamo però dedurre che, nello specifico, l’ipoacusia non è sempre aggirabile con la conduzione ossea ma, in casi di degrado della normale funzionalità uditiva, le carenze presenti nel soggetto permangono o vengono solo limitatamente attenuate. A titolo puramente esemplificativo, possiamo quindi dire che in questo caso particolare il soggetto non riusciva a percepire in alcun modo le frequenze al di sopra dei 10000 Hz compresi, sia all’orecchio che in fronte, e possiamo ricondurre questa mancanza alla 51 specifica ipoacusia di cui soffre. In questo caso, il soggetto era di sesso maschile e di età maggiore di cinquant’anni. Per quanto riguarda il terzo caso particolare, ovvero quello con iperacusia algica, il test ha prodotto risultati allineati con la media dei campioni della medesima fascia d’età. Tuttavia, l’ascolto delle frequenze più alte di questo test ha creato, nei momenti immediatamente successivi, un leggero fastidio che, però, non si manifestava come sintomo doloroso durante lo svolgimento della prova. Quest’ultimo caso particolare riguardava un individuo di sesso femminile ed età compresa tra i venticinque e i cinquant’anni. 5.3.3 Risultati dei test Come considerazioni generali da questo test possiamo dedurre le seguenti conclusioni: innanzi tutto c’è una componente di soggettività nell’ascolto mediante conduzione ossea, in secondo luogo l’ambiente e le condizioni d’ascolto influiscono in maniera significativa su quella che è l’esperienza uditiva e, infine, per quanto la conduzione ossea, per sua natura, non sia limitata da alcuni tipi di ipoacusia ci sono delle carenze uditive, specialmente se legate all’invecchiamento, che non possono essere evitate. La componente di soggettività nell’ascolto la ritroviamo, perlopiù, nella differenza di intensità in base al posizionamento del trasduttore. Il test ha evidenziato come, a seconda dell’ascoltatore, alcuni soggetti testati abbiano trovato più alto il volume con il trasduttore in fronte e altri vicino all’orecchio, senza considerare chi ha fatto una distinzione, trovando più forti le frequenze basse in fronte e quelle alte vicino all’orecchio. L’ambiente e le condizioni d’ascolto, naturalmente, condizionano l’esperienza. In parte è un aspetto da considerarsi normale, un ambiente silenzioso permette un ascolto migliore anche quando si tratta di ascolto in cuffia o su altoparlanti, in più, però, la conduzione ossea ha due aspetti che è bene non sottovalutare. In primo luogo funziona per contatto, e ciò significa che necessariamente varia a seconda delle superfici che vengono a contatto tra loro, la loro pressione, la vastità dell’area interessata, la stabilità, 52 sono tutti fattori che determinano un buon ascolto e sono spesso determinati da come il trasduttore è posizionato. Il secondo aspetto da considerare è che spesso, durante i test, le persone che vi erano sottoposte erano inevitabilmente influenzate dalla novità. L’essere messi di fronte a qualcosa che non si conosce e di cui non si capisce il funzionamento può generare l’inganno psicologico che si verifica anche nei test psicoacustici per cui un soggetto sottoposto a un test afferma di percepire un suono solo perché si aspetta di doverlo percepire e non perché realmente lo percepisce. Tuttavia, anche ripetere il test non porterebbe a risultati differenti in quanto, nel caso, il soggetto sa già cosa aspettarsi e cosa deve essere pronto a sentire. 53 6. Struttura e realizzazione pratica del progetto 6.0.1 Materiale utilizzato Per la realizzazione di questo progetto sono stati utilizzati: Notebook Dell Inspiron 15 7000 Series Motu Ultralite Hybrid MK3 audio interface Max/MSP 7 3 trasduttori a conduzione ossea di produzione Adafruit Industries Korg NanoKONTROL 2 Con il programma Max/MSP è stata realizzata una patch per la gestione dei diversi strumenti che consentisse di avere canali separati per ogni strumento. Una mappatura della scheda audio basata sulla struttura del programma permette quindi di gestire quali strumenti vengono diffusi su una coppia di altoparlanti stereo e quali vengono mandati ai trasduttori a conduzione ossea. Attraverso un controller MIDI, inoltre, è possibile impostare i volumi per ogni singolo strumento, così che le differenze legate all’ambiente, alla situazione specifica di ascolto o alla diversa percezione di ogni ascoltatore, possano essere bilanciate e compensate prima di sperimentare l’installazione e personalizzare l’esperienza. 6.1 Descrizione generale Il progetto si basa sulla creazione di un’orchestra “componibile”, dove gli strumenti solisti vengono aggiunti a piacimento a una base orchestrale fissa. La base orchestrale è riprodotta da una coppia di altoparlanti stereo, mentre gli strumenti solisti sono riprodotti da diversi trasduttori a conduzione ossea, uno per strumento. L’idea è nata dalla possibilità offerta dalla conduzione ossea di poter ascoltare contemporaneamente sia normalmente dalle orecchie che dalle ossa del cranio. Tra tutte le caratteristiche di cui gode, questa è forse quella di maggior impatto e che maggiormente si presta ad un’applicazione interattiva con il pubblico. Rendere ogni 54 esperienza unica è alla base di questo progetto, chiunque utilizzi questa installazione avrà una percezione diversa in base alle proprie caratteristiche e certo, in alcuni casi sarà più piacevole che in altri ma questo fa, appunto, parte della soggettività. Riducendo la questione ai minimi termini, inoltre, un trasduttore a conduzione ossea non è altro che un diffusore, pertanto può idealmente essere utilizzato per riprodurre qualsiasi brano si voglia. Per questo progetto, però, sono stati scelti due brani di musica classica poiché quest’ultima si presta favorevolmente alla tecnologia applicata per via dell’ampio numero di strumenti disponibili e utilizzati. 6.2 Realizzazione Il primo punto che ho sviluppato è stata la parte di controllo tramite software. Con Max/MSP è stato abbastanza semplice e immediato realizzare una patch che gestisse tutte le funzioni necessarie. Queste funzioni comprendono la riproduzione delle singole tracce audio, la gestione dei volumi, la suddivisione dei canali e i comandi di play e stop. La patch creata, quindi, non è altro che un lettore multicanale che riproduce le diverse parti strumentali singolarmente e le indirizza a uno specifico canale audio di uscita. Ogni traccia è poi provvista di un singolo gain per regolare i volumi gestibile tramite il controller MIDI pre-mappato. Ogni utente, pertanto, può regolare a piacimento i volumi delle singole tracce, ad eccezione naturalmente dei due canali stereo che sono tra loro collegati. Virtualmente è possibile gestire i canali come si vuole, ad esempio avere più strumenti solisti per trasduttore raggruppandoli magari per famiglie d’appartenenza, ma per questo progetto è stata data la precedenza alla volontà di far sperimentare la conduzione ossea a chi ancora non la conosce nel modo più pulito e semplice possibile, così da poterne apprezzare al meglio i pregi e i difetti. 55 Figura 24 Primo prototipo di PATCH MAX/MSP realizzata per la gestione delle tracce audio. In questa immagine vediamo un primo prototipo di patch realizzato per testare il funzionamento del progetto in fase embrionale. Tutte le tracce sono state separate e affidate a un lettore, per un totale di quattro, e successivamente ridistribuite sui canali. Questa scelta è stata fatta per permettere una maggiore esplorazione del funzionamento per sovrapposizione tra la conduzione ossea e la diffusione stereo e l’interazione tra i diversi strumenti, con la possibilità di riprodurli anche singolarmente. La mappatura interna della scheda audio, poi, è strutturata in modo che le uscite stereo MAIN OUT vadano ad un impianto di diffusione stereo standard, mentre sugli altri canali, come uscite analogiche, ci siano singole tracce mono ognuna dedicata a un singolo strumento. Le uscite analogiche sono poi provviste di adattatore mini jack/jack in quanto il trasduttore a conduzione ossea presenta solo ingresso mini jack non compatibile con un normale cavo audio jack/jack. Una volta realizzata la parte software sono passata a testare il funzionamento. Inizialmente ho provato un singolo trasduttore sommato agli altoparlanti stereo. Le prime 56 prove sono state fatte utilizzando il quartetto per flauto n. 4 in la maggiore di Mozart, K298, composto per flauto, violino, viola e violoncello. Di questi strumenti la viola e il violoncello sono stati inviati all’uscita stereo mentre il flauto e il violino a singole e distinte uscite analogiche e testate a turno con il trasduttore. È infatti preferibile, per la conformazione del trasduttore e le sue caratteristiche, suddividere gli strumenti in modo che quelli con estensione più acuta vengano indirizzati sui canali a conduzione ossea mentre i più gravi all’impianto stereo. Questo perché, come è stato possibile constatare dai test, il trasduttore a conduzione ossea riproduce al meglio le frequenze alte, con una preferenza per quelle intorno ai 1000 Hz, mentre fatica a riprodurre quelle più basse. Se manteniamo come esempio il quartetto per flauto di Mozart possiamo vedere come il flauto traverso, che ha un’estensione che va da Do3 a Do6 ovvero dai 131 ai 1047 Hz, sia più indicato del violoncello, che ha invece un’estensione, da Do1 a Mi5, che va dai 33 ai 659 Hz. Purtroppo si è rivelato molto difficile reperire le singole parti in tracce audio differenti, pertanto, al fine di verificare la resa complessiva di questo primo sviluppo, mi sono servita di una versione MIDI dell’opera. Per quanto il MIDI sia qualitativamente di gran lunga inferiore a un vero quartetto permette una serie di modifiche e un certo grado di elasticità e facilità di rielaborazione che l’hanno reso un’ottima scelta ai fini pratici di sviluppo. Attraverso una DAW16, infatti, mi è stato possibile scomporre l’intera traccia e creare quattro distinti canali audio contenti ognuno uno strumento, in modo da esportare ogni canale singolarmente ed ottenere quattro file in formato WAV contenenti i singoli strumenti. Sfortunatamente, anche dopo successive ricerche, è stato impossibile trovare le singole tracce strumentali di un’opera classica, l’unica possibilità, idealmente, sarebbe avere la possibilità di reperire le registrazioni fatte durante un evento dal vivo o in fase di produzione per la creazione di cd o produzioni digitali destinate alla vendita. Pertanto, il 16 Nello specifico è stato utilizzato FL Studio 12. 57 MIDI è stato una scelta forzata mantenuta, a dispetto dell’idea iniziale, per tutto il progetto. È possibile però, nel campo di strumenti virtuali, utilizzare diverse librerie con, conseguentemente, diversi livelli di qualità. Ho quindi avviato una ricerca nel campo delle librerie virtuali per trovare una soluzione che migliorasse la resa sonora del MIDI rendendo l’audio finale di livello accettabile. Contemporaneamente, sempre relativamente al processo di espansione del progetto, ho provveduto a realizzare altri due dispositivi con trasduttore a conduzione ossea per un totale di tre. Un maggior numero di dispositivi era alla base del progetto, l’idea di comporre un’orchestra aggiungendo a piacimento i diversi strumenti doveva necessariamente rispecchiarsi in una quantità sufficiente di dispositivi per supportarla. Il numero tre, ad ogni modo, non è un numero casuale, due soli dispositivi infatti sarebbero stati poco più che l’equivalente di una normale cuffia, mentre, d’altra parte, quattro avrebbero richiesto una superficie di posizionamento sul cranio dell’utente con ogni probabilità più vasta della disponibilità. Tre trasduttori, quindi, idealmente posizionabili in prossimità di entrambe le orecchie e sulla fronte. I dispositivi sono posi stati realizzati con case di colori diversi, uno nero, uno rosso e uno bianco, per avere un riscontro cromatico con la patch di controllo realizzata in Max/MSP che rendesse più intuitiva e user friendly l’interfaccia grafica. 58 Figura 25 Seconda versione della PATCH MAX/MSP. Come è possibile vedere da questa seconda immagine, la patch è stata poi sviluppata con un’interfaccia grafica a blocchi. Il blocco più a sinistra gestisce gli strumenti destinati all’uscita stereo e quindi alla diffusione su casse, è necessario che tutti gli strumenti destinati alle casse vengano raggruppati in un’unica traccia. Gestendo le singole tracce audio con una DAW e generandole da una traccia MIDI non avrebbe alcuna utilità generare tante tracce differenti per poi sommarle in uscita attraverso la patch. Il blocco centrale, nero, gestisce e controlla il dispositivo con il case di uguale colore, e lo stesso discorso vale per i blocchi adiacenti di colore rosso e bianco, rendendo così immediata la comprensione e l’associazione tra i componenti e il loro controllo. Come nella prima versione realizzata sono stati mantenuti i controlli per i volumi sia degli strumenti indirizzati all’uscita stereo, sia per i solisti gestibili singolarmente per ogni singolo trasduttore. La patch vista precedentemente è stata poi modificata in modo che i lettori fossero sempre quattro, ma uno per la parte stereo e tre per i trasduttori a conduzione ossea. Questo tipo di sviluppo prevede che le tracce audio vengano precedentemente create già con la distribuzione pensata per essere utilizzata in questo progetto. Pertanto, gli 59 strumenti considerati solisti avranno una traccia singola, mentre l’insieme di strumenti destinato alla riproduzione su altoparlanti andrà raggruppato in un’unica traccia. Qui di seguito possiamo vedere lo sviluppo con il lettore dedicato alla parte stereo sulla sinistra e i tre lettori singoli per la conduzione ossea sulla destra. Il riferimento cromatico del contorno richiama la suddivisione fatta nella presentazione della stessa patch e quindi ai trasduttori utilizzati. Figura 26 Versione finale della PATCH MAX/MSP 6.2.1 Scelta dei brani Per ampliare le possibilità dell’installazione è stata inserita l’opzione di scelta del brano da riprodurre tra due opere disponibili. La struttura della patch di controllo rimane immutata ma è possibile caricare opere diverse. La prima opzione comprende il quartetto per flauto n.4 di Mozart usato per i test iniziali di questo progetto. Mantenere come opzione un’opera con organico ridotto offre la possibilità di sperimentare singolarmente gli strumenti e il funzionamento dell’installazione in maniera più semplice e intuitiva. 60 La seconda opzione, invece, è un’opera con un organico più vasto, di tipo orchestrale, che quindi si presta a esplorare il funzionamento e il comportamento della tecnologia in un ambito più esteso e generale. Come tributo al compositore che per primo ha esplorato il funzionamento della conduzione ossea sperimentando in prima persona le sue possibili applicazioni, l’opera scelta è la Sinfonia n. 9 in re minore con voci e coro finale Op. 125 di Beethoven. La Nona sinfonia è l’ultima sinfonia completa composta da Beethoven e fu ultimata quando il compositore era già completamente sordo. Per questo progetto è stato usato solamente il secondo movimento che, per una scelta puramente personale è stato preferito al primo e al terzo. Il quarto movimento, invece, sebbene sia quello più noto non è stato preso in considerazione per via della presenza della parte corale. L’organico di quest’opera, relativamente al solo secondo movimento, comprende: Legni 2 flauti 2 oboi 2 clarinetti 2 fagotti Ottoni 2 corni 2 trombe 3 tromboni Percussioni timpani Archi violini I, II 61 viole violoncelli contrabbassi Le parti suonate da due o tre strumenti, in questo caso, trattandosi di una traccia MIDI sono state ridotte ad un’unica linea melodica per cui a un singolo strumento, a eccezione dei violini I e II che sono da considerarsi, naturalmente, come due parti distinte. L’organico è stato poi diviso in modo da ricostruire una parte orchestrale che potesse essere riprodotta sugli altoparlanti stereo e per individuare i tre strumenti più indicati per essere indirizzati ai tre trasduttori a conduzione ossea. Della traccia stereo fanno parte fagotti, clarinetti, corni, trombe, trombone, trombone basso, timpani, violini II, viole, violoncelli e contrabassi. I solisti destinati alla conduzione ossea sono quindi flauto, oboe e violini I. Bisogna considerare che questa divisione viene fatta principalmente in base alle parti suonate, per cui le componenti ritmiche o armoniche sono più indicate per essere riprodotte come base sulla quale aggiungere o sommare le parti melodiche. Strumenti come fagotto, violoncello, contrabasso, tromboni e timpani, in questo caso, ricoprono una parte principalmente armonica, mentre flauto, oboe, tromba e violini hanno, sebbene in misura diversa, parti prevalentemente melodiche. Purtroppo, avendo a disposizione solamente tre trasduttori è stato necessario fare una scelta che limitasse le parti melodiche a tre. 6.2.2 Interazione con il device Una volta completato e assemblato, questo dispositivo è di dimensioni ridotte, facilmente impugnabile e dotato di una discreta solidità grazie alla struttura in plastica rigida che lo compone e alla sua geometricità. 62 Il modo migliore per applicarlo è a contatto con il cranio in punti dove solo l’epidermide si frappone tra la scatola cranica e il trasduttore, in modo da evitare che i tessuti molli attutiscano la diffusione delle vibrazioni, e in posizione quanto più possibile perpendicolare. Il trasduttore, infatti, si sviluppa su una superficie planare e l’aderenza di quest’ultimo con le ossa craniche è indispensabile per una buona resa sonora. Come possibile vedere nell’immagine che segue, il trasduttore è composto da una parte centrale sporgente ancorata al corpo del dispositivo. Questa parte è quella che, vibrando, trasmette le vibrazioni alle ossa craniche o, più in generale, alla superficie su cui è appoggiata. È indispensabile, per il corretto funzionamento del dispositivo, che questa parte sia completamente esposta in modo da consentire al trasduttore di aderire in maniera ottimale. In caso di incasso all’interno del case, infatti, questo creerebbe uno spessore che in fase di posizionamento impedirebbe al trasduttore di aderire alla superficie, impedendo la corretta diffusione delle vibrazioni. Figura 27 ASPETTO DEL DISPOSITIVO ULTIMATO. 63 Per posizionare un dispositivo è quindi sufficiente impugnarlo o tenerlo saldamente tra le dita e poi appoggiarlo in posizione esercitando una discreta pressione. Avere il dispositivo posizionato correttamente ma senza premere a sufficienza contro la superficie causerebbe una dispersione delle vibrazioni e, di conseguenza, una scarsa trasmissione del suono, avendo come risultato un suono con prevalenza alle alte frequenze e accompagnato da fastidiosi ronzii. Per questo motivo è stato molto importante riuscire ad avere un case resistente che permettesse a chi lo utilizza di maneggiare il dispositivo senza dubitare della sua tenuta o preoccupandosi di poterlo rompere o danneggiare. Poter avere un’impugnatura ben salda, infatti, è essenziale per poter premere adeguatamente il trasduttore contro le ossa craniche. Ogni dispositivo deve essere inoltre facilmente posizionabile e rimuovibile, in modo da favorire un’esperienza di utilizzo basata sul confronto tra quanto si sente per via aerea, quanto per via ossea e il risultato dell’unione tra le due. Per comprendere meglio il funzionamento e apprezzare a pieno il tipo di conduzione che avviene per via ossea è spesso istintivo, per le prime volte, indossare e rimuovere anche per pochi secondi il trasduttore. Questo gesto, per quanto ho potuto personalmente sperimentare, viene automatico ai più e risulta come necessità dettata dal confronto tra uno stimolo noto e facilmente riconoscibile con un altro, dal risultato molto simile, che però in molti casi non è mai stato sperimentato precedentemente. Ho quindi preferito evitare complessi sistemi di sostegno che permettessero di “indossare” il dispositivo in quanto, necessariamente, avrebbero avuto bisogno di tempi tecnici più o meno lunghi per essere posizionati. Dopotutto, però, i dispositivi utilizzati in questo progetto sono tre e di conseguenza è impossibile per una persona sola maneggiarli tutti contemporaneamente. La soluzione ideale è individuabile nella possibilità di lasciare due dispositivi liberamente manovrabili e gestibili, uno per mano, e posizionare il terzo su un supporto rigido che permetta di mantenere il trasduttore fermo in una determinata posizione. 64 L’utente, con questa conformazione, può quindi gestire manualmente i due dispositivi impugnati e utilizzarli preferibilmente applicandoli in posizione temporale, mentre il terzo verrebbe sfruttato appoggiando direttamente la fronte contro il dispositivo sorretto dal supporto. Durante l’interazione col dispositivo, chiunque utilizzi l’installazione, può liberamente posizionare i trasduttori in prossimità delle orecchie rimuovendoli e applicandoli con la semplicità di un gesto e, contemporaneamente, posizionare e ritrarre la testa per interagire col terzo dispositivo disponibile. È evidente come, in questo tipo di conformazione, due dispositivi siano accessibili e utilizzabili più comodamente del terzo, pertanto in casi in cui non vengano utilizzati tutti e tre i dispositivi, come il quartetto utilizzato in questo progetto, è preferibile dare la precedenza ai due trasduttori liberi 6.2.3 Parallelismo con Imaginary Landscape n° 5 di John Cage Imaginary Landscape n° 5 è una composizione di John Cage del 1952 per 42 nastri magnetici. L’opera prevede la composizione di un nastro finale realizzato mediante un collage di 42 nastri magnetici diversi e a scelta dell’esecutore, montati seguendo le indicazioni della partitura. Nella versione originale, pensata per accompagnare la danza di Jean Erdman in Portrait of a Lady, le registrazioni utilizzate comprendevano esclusivamente brani jazz. 65 Figura 28 PRIMA PAGINA della partitura di Imaginary Landscape n°5 di John Cage. Chiunque voglia realizzare la propria versione di Imaginary Landscape n°5 può, una volta scelti i 42 nastri, creare il proprio brano così da ottenere infinite versioni della stessa opera a seconda dei nastri scelti e di chi la esegue. Il parallelismo con questo progetto è più che altro di tipo concettuale. Nell’opera di Cage i diversi nastri venivano montati precedentemente in modo da avere un nastro finale definitivo e non più modificabile. A lavoro concluso il brano risulta essere una sovrapposizione e un continuo salto tra brani diversi che trasmette diverse sensazioni a seconda dei nastri originali utilizzati. Un risultato simile potrebbe essere ottenuto con i trasduttori a conduzione ossea. Se immaginiamo diversi dispositivi che riproducono ciascuno un nastro diverso possiamo ricreare un’idea compositiva simile a quella pensata da Cage. Nulla ci vieterebbe, infatti, di posizionare uno o più trasduttori a turno per sentire i diversi brani in segmenti e sovrapposti gli uni con gli altri. 66 Certo riesce difficile immaginare di ricreare esattamente la partitura così come scritta da Cage, in quanto servirebbero 42 trasduttori e in alcuni punti ne andrebbero posizionati fino a sei contemporaneamente. Anche eseguire manualmente i cambi tra una traccia e l’altra, e quindi tra un dispositivo e un altro, con segmenti della durata di pochi secondi risulterebbe difficilmente realizzabile. Tuttavia è possibile ispirarsi a quest’opera di Cage per realizzarne una versione rivisitata. L’utilizzo di diversi trasduttori con una traccia diversa è sempre possibile e, invece di creare un file audio con un singolo strumento per ogni trasduttore più uno dedicato alla diffusione stereofonica, avere diversi file audio con tracce differenti da riprodurre alternativamente. Rimangono i limiti legati allo spazio a disposizione sul quale applicare i dispositivi e i tempi necessari perché un utente ne rimuova uno per applicarne un altro, questo supponendo di avere più di tre dispositivi e seguendo quindi la partitura a otto tracce di Cage. Indicativamente, considerando la dimensione dei dispositivi e i punti più indicati per la loro applicazione, è ipotizzabile l’utilizzo in contemporanea di un massimo di quattro/sei dispositivi. Le posizioni considerate idonee sono, infatti, oltre alle tre già trattate in questa tesi comprendenti un trasduttore in zona frontale e due in zona temporale, anche quella mandibolare e due immediatamente dietro le orecchie. Questo ragionamento è da considerarsi del tutto teorico dal momento che utilizzare contemporaneamente sei dispositivi richiederebbe che questi siano tenuti in posizione autonomamente e ciò rallenterebbe ulteriormente il passaggio di cambio da un dispositivo all’altro. In alternativa, si potrebbe raggiungere un compromesso tra la versione originale di Cage e un’eventuale riproduzione con la conduzione ossea. Se consideriamo che l’intero brano si sviluppa su otto canali, è possibile pensare di ridurre a otto anche il numero dei trasduttori necessari. Creare, seguendo la partitura, otto tracce composte a partire dalle 42 scelte, assegnarne una per ogni canale e quindi una per dispositivo. 67 Questo tipo di soluzione si pone tra quella originale e il tipo di configurazione utilizzata in questo progetto, necessitando infatti di una rielaborazione dei brani scelti e di un montaggio delle parti seguendo la partitura, ma venendo poi diffusa tramite conduzione ossea su canali distinti sfruttando la trasmissione del cranio per avere un risultato finale equivalente alla somma delle diverse tracce. 6.3 Considerazioni 6.3.1 Considerazioni in fase di sviluppo Il primo problema riscontrato in fase di sviluppo del progetto riguarda la non perfetta insonorizzazione del dispositivo. Le vibrazioni emesse da trasduttore, infatti, vengono inevitabilmente trasmesse anche al case che per la sua struttura e la cavità interna funge da cassa di risonanza rendendo udibile anche a chi non “indossa” il trasduttore ciò che da esso viene riprodotto. Questo aspetto, purtroppo, si traduce in un risultato spiacevole nel caso in cui siano presenti più persone che utilizzano l’installazione a turno, dal momento che, mentre uno interagisce con il progetto, chi gli sta intorno potrà sentire quanto riprodotto. Inoltre, l’audio emesso dalla risonanza del case è spesso gracchiante e poco definito. Per ovviare o quantomeno limitare questo inconveniente, almeno per quanto riguarda la situazione in cui in trasduttore non è utilizzato, sono stati creati dei mini stand isolanti in gommapiuma sui quali appoggiare i trasduttori inutilizzati. Un argomento da trattare a parte, inoltre, è il contatto con la pelle umana. Adafruit consiglia infatti, in caso di contatto prolungato con il la pelle, di coprire il trasduttore con un materiale plastico, nello specifico suggeriscono di usare Sugru17, per evitare che il sudore possa rovinare il componente o entrare in contatto con la corrente di pilotaggio. Tuttavia, in questo caso, non è previsto un contatto con la pelle umana così duraturo da rendere necessario un isolamento del componente. Inoltre, una volta applicato un 17 SUGRU: Sugru è un materiale plastico malleabile che può essere formato secondo le proprie necessità e una volta essiccato mantiene la forma, è elastico, resiste a temperatore da -50 C° a +180 C° e isola elettricamente fino a 24 V. 68 materiale di questo tipo diventa permanente, ed è sembrato troppo rischioso modificare in modo irreversibile il componente senza sapere che effetti avrebbe potuto avere sulla resa sonora e in che modo avrebbe modificato il funzionamento del trasduttore discostandolo da quanto precedentemente testato. Questo aspetto va comunque tenuto in considerazione per sviluppi futuri e in caso di prosecuzione e ampliamento del progetto così come presentato in quanto sarebbe un punto fondamentale per l’utilizzo su larga scala di questo tipo di trasduttori. 6.3.2 Considerazioni finali Questo progetto, una volta ultimato, è da considerarsi come dimostrazione dei possibili utilizzi che si possono fare di questa tecnologia, con una particolare attenzione ai pregi e ai difetti che la caratterizzano relativamente ai materiali e ai componenti utilizzati. La scelta di brani esclusivamente strumentali e la distribuzione degli strumenti in modo che ognuno fosse singolarmente riprodotto da un dispositivo è a testimonianza della volontà di incentrare il lavoro sulle caratteristiche di funzionamento della trasmissione ossea. Complessivamente, una volta sperimentata la conduzione ossea attraverso questi dispositivi, ritengo che le informazioni e la conoscenza diretta acquisita siano sufficienti per capire in linea generale quali siano i pregi più evidenti e quali i limiti altrettanto facilmente individuabili, fornendo una panoramica sufficientemente completa da permettere a chi ancora non aveva mai sperimentato questa tecnologia di sviluppare un proprio pensiero e giudizio al riguardo. L’utilizzo dei componenti scelti, dopotutto, posiziona questo progetto nella fascia delle produzioni di tipo non professionale e, pertanto, nella categoria di dispositivi pensati per un uso strettamente personale o per progetti di prototipazione. Per questo motivo, voglio quindi considerare questo progetto come un prototipo. Sia durante il suo sviluppo che nelle prove di funzionamento effettuate, mi sono sempre più convinta che sia una tecnologia largamente utilizzabile in installazioni di questo tipo, ma, 69 allo stesso tempo, è assolutamente necessario rendere la struttura e i dispositivi più solidi e affidabili. Oltre a una maggiore resistenza strutturale non bisogna dimenticare quanto già precedentemente accennato riguardo all’uso prolungato del dispositivo e al possibile deterioramento dei componenti legato al contatto con la pelle umana. Pensare di rendere accessibile a un pubblico, più o meno vasto, questa struttura esattamente così come presentata sarebbe indicativo di un’eccessiva e ingiustificata fiducia nella resistenza della stessa. Tuttavia, qualora fosse possibile creare dei dispositivi con il medesimo funzionamento ma prodotti e pensati in modo specifico per questo utilizzo, si aprirebbero molti diversi scenari di applicazione tecnologica e artistica. Al momento attuale, però, bisogna considerare che i componenti utilizzati in questo progetto sono anche gli unici con una distribuzione commerciale che è stato possibile reperire. Questo aspetto sta ad indicare, in maniera evidente, quanto la conduzione ossea sia ancora un argomento di nicchia e in secondo piano, e come sia spesso sconosciuta a chi non ne entra in contatto attraverso altri dispositivi che la integrano. Al contempo, ho ritenuto più che soddisfacente l’aver portato a termine un progetto di questo tipo basato su una tecnologia di cui io stessa avevo solamente sentito parlare in maniera descrittiva. Sperimentare con un contatto diretto il suo funzionamento e applicarmi nel trovare diverse possibili soluzioni di impiego mi ha stimolato nella ricerca di un punto di unione tra la tecnologia in sé con un suo possibile utilizzo in campo musicale. Allo stesso modo, sono ugualmente soddisfatta di aver dovuto trovare molto raramente dei compromessi in fase di realizzazione del progetto, riuscendo quindi nell’intento di creare qualcosa che rispecchi in modo marcato l’idea iniziale così come era stata pensata, raggiungendo l’obiettivo che mi ero preposta senza stravolgimenti o particolari ridimensionamenti. 70 7. Proposte per sviluppi futuri 7.1 Proposte artistiche Per eventuali proposte artistiche alternative future, il suggerimento è quello di avvalersi, come proposto anche in questo lavoro di tesi, delle particolari caratteristiche di questa tecnologia e dei vantaggi che essa offre. Punto di forza di questo dispositivo è, come già detto, la possibilità di sentire suoni senza occupare le orecchie applicando il trasduttore a qualunque punto del cranio creando, inoltre, una situazione di ascolto personalizzata e privata. L’idea, quindi, di creare dei contesti interattivi dove proporre ambienti d’ascolto isolati per ogni utente favorisce lo sviluppo di un’atmosfera emozionale in cui chi gode dell’interazione con il progetto installativo vive anche un’esperienza unica e strettamente personale. Per facilitare questa genesi emotiva, inoltre, si potrebbe creare un ambiente in cui tutta l’attenzione viene concentrata sull’ascolto, riducendo gli stimoli visivi e le interazioni tra persone, magari in un ambiente buio con un’esperienza in solitario. Tutto questo, eventualmente, sfruttando lo stesso principio utilizzato per questo progetto di somma di più trasduttori. Questo concetto, di fatto, è applicabile a moltissimi campi di studio. Ad esempio, in particolari musei tematici, come i musei di carattere scientifico, si potrebbe ipotizzare la creazione di un’installazione dove i visitatori possono ascoltare sia singolarmente che come insieme, i suoni si un particolare ambiente. A questo scopo, mi sento di suggerire nello specifico a titolo puramente esemplificativo, un ambiente naturale, come la riproduzione di una foresta in un museo di storia naturale, dove ogni visitatore, a turno, può ascoltare singolarmente i suoni tipici come i versi degli animali che abitano un certo ambiente oppure sommarli per ricreare un’atmosfera più immersiva e completa. In alternativa, lo stesso principio può essere applicato alla riproduzione di ambienti urbani o rivisitazioni storiche. 71 7.2 Proposte commerciali Dal punto di vista commerciale questa tecnologia si presta a diversi possibili sviluppi. Come già visto nell’introduzione storica, più volte è stata utilizzata in dispositivi audio che si ponevano l’obiettivo di arricchire e migliorare la quotidianità dell’ascoltatore medio. Per via delle sue naturali caratteristiche, infatti, è istintivo cercare di sfruttarne le peculiarità per superare i limiti presentati dal normale ascolto in cuffia. In modo particolare, la possibilità di recepire un’informazione sonora mantenendo libero il timpano e quindi la sensibilità ai suoni che provengono dall’ambiente circostante è di notevole interesse. Per restare in campo musicale, ad esempio, questo tipo di tecnologia potrebbe essere molto utile in ambito di eventi live in cui è necessaria una sincronizzazione degli esecutori attraverso il click in cuffia. Avere un riferimento metronomico durante eventi dal vivo è spesso necessario per mantenere la precisione nella performance soprattutto in assenza di un direttore d’orchestra, tuttavia possono presentarsi alcuni inconvenienti. Capita infatti, specialmente in eventi di carattere acustico in ambienti di piccole dimensioni, che il click diventi udibile anche dal pubblico o, in alternativa, risulti troppo debole per gli esecutori, creando così un conflitto tra la necessità dello strumentista di sentire bene e in modo chiaro il click durante l’esecuzione e la necessità, per la buona riuscita dell’evento, che questo non sia udibile in sala da tutto il pubblico, risultando spiacevole e rovinando la performance. La soluzione per questi casi particolari potrebbe arrivare proprio dalla conduzione ossea. Un trasduttore posizionato indifferentemente in zona temporale o a contatto con la mascella, per garantire una certa discrezione, potrebbe permettere agli strumentisti di sentire distintamente il click riducendo però notevolmente il rischio che questo venga udito anche da chi assiste all’evento. Tuttavia è bene ricordare che la conduzione ossea non è completamente isolata dall’esterno ma alcune frequenze, a seconda della conformazione del trasduttore e del tipo di superficie sulla quale viene posizionato, sono maggiormente udibili nell’ambiente circostante. È quindi necessario un ulteriore studio 72 per cercare il tipo di frequenza più adatta in relazione al modello di trasduttore che si intende utilizzare. Contemporaneamente, questa soluzione avrebbe anche un ulteriore vantaggio: l’uso della conduzione ossea, come già ampiamente detto, lascerebbe liberi i timpani permettendo anche agli strumentisti di non isolarsi dall’esterno per via di una cuffia in-ear e sentire ciò che gli altri esecutori stanno suonando così da interagire meglio come insieme. Un altro possibile sviluppo potrebbe essere in ambito ludico-educativo. L’idea è quella di creare un gioco educativo per bambini, per insegnare le differenze che ci sono tra i vari strumenti. L’apprendimento tramite il contatto e quindi un’esperienza diretta di interazione con un oggetto risulterebbe più facile e sicuramente di maggior impatto. Certo, il gioco non sarebbe adatto a bambini troppo piccoli e perderebbe utilità per bambini troppo grandi, ma potrebbe essere utile per avvicinare alla musica quelli che sono nelle prime fasi di scoperta e apprendimento. Ad esempio, utilizzare dei case che riproducono la forma dello strumento e dei bottoni che attivano i suoni aiuterebbe a memorizzare l’associazione tra l’aspetto visivo dello strumento, il suono che produce e il suo nome. Un’ulteriore proposta potrebbe prendere spunto dai Google Glass. In una società dove prendono sempre più campo gli smartwatch per avere costantemente a portata di mano in tempo reale tutte le comunicazioni, la creazione di un dispositivo incorporato a conduzione ossea consentirebbe la gestione di chiamate, comandi vocali e notifiche audio, senza bisogno di gesti o di spostare lo sguardo su uno schermo. Questo aspetto renderebbe il dispositivo adatto per essere usato alla guida, lasciando le orecchie libere di sentire i rumori del traffico, clacson e sirene18, e consentendo al guidatore di non distrarsi distogliendo lo sguardo dalla strada. Inoltre, per le sue caratteristiche, eviterebbe, come invece accade con le moderne tecnologie di vivavoce Bluetooth di condividere le proprie conversazioni e informazioni con eventuali altri passeggeri. L’art. 173 del codice della strada viete l’uso di cuffie e auricolare durante la guida che limitano la capacità uditiva di entrambe le orecchie. Sono consentiti vivavoce Bluetooth e auricolari che coprano un solo orecchio. 18 73 8. Conclusioni Nel corso di questo studio mi è stato possibile analizzare e sperimentare un metodo di diffusione audio che non avevo mai potuto provare precedentemente. Non è stato solo un progetto divulgativo, quindi, ma anche un’occasione di approfondimento delle mie conoscenze e la soddisfazione di una curiosità maturata nel tempo. La conduzione ossea e la possibilità di trasmettere il suono in modi differenti dalla normale via aerea mi ha sempre affascinato, stimolando la voglia di trovare nuove applicazioni a questa tecnologia ancora poco diffusa. L’aver potuto sperimentare personalmente il funzionamento della conduzione ossea, dall’assemblaggio del dispositivo, ai test per verificare la sua effettiva percezione e, successivamente, all’applicazione pratica della tecnologia in un progetto funzionante, mi ha permesso di rispondere a molte delle domande che mi sono sempre posta riguardo a questo argomento. In primo luogo posso dirmi molto soddisfatta dei limiti che ho riscontrato. Spesso può capitare che la novità venga vista esclusivamente nei sui aspetti positivi e innovativi, tralasciandone i limiti e i difetti. Per la conduzione ossea, così come commercializzata ora, questo fenomeno accade frequentemente da parte delle aziende per regioni di marketing, e da parte del pubblico perché l’impatto emotivo della novità limita il senso critico. È stato necessario uno sforzo per cercare un punto di vista obiettivo che mi permettesse di valutare il progetto nel complesso e la tecnologia usata con sguardo critico e distaccato, ma questo passaggio è stato fondamentale per poter comprendere appieno quanto studiato e applicato in questo lavoro. Alla fine di questo studio, mi sento di affermare che la conduzione ossea è una tecnologia innovativa che offre molti spunti e altrettante possibili applicazioni, ma che necessita ancora di uno sviluppo tecnologico per sopperire alle mancanze che ancora la contraddistinguono e che spesso ne limitano il possibile utilizzo. I punti fondamentali, come trattato più volte in questo lavoro, sono la possibilità di sentire tramite conduzione ossea lasciando contemporaneamente intatta la capacità di percepire per via aerea i suoni che ci circondano e la possibilità di sommare diversi trasduttori 74 andando oltre all’ormai radicata cultura stereo per i dispositivi portatili di riproduzione audio. Tuttavia, l’inconveniente per cui spesso i suoni riprodotti dal trasduttore sono udibili anche all’esterno limita notevolmente le applicazioni di questa tecnologia. Per quanto visto e studiato, però, ritengo che questo aspetto sia risolvibile ricercando un metodo migliore per isolare il componente all’interno della struttura in cui è alloggiato. Nelle prime fasi di sviluppo, infatti, sono state fatte delle prove con il circuito assemblato ma libero da case e contenitori e, tenendo il componente tra le dita e a contatto con le ossa del cranio la dispersione e diffusione di suono all’esterno era sensibilmente inferiore, a volte del tutto impercettibile. Come è facile intuire questo vantaggio è stato sacrificato in nome di una maggiore solidità dal momento che i fili scoperti si sono rotti e dissaldati più volte. La delicatezza è un altro aspetto da considerare. Bisogna però ricordare che per questo progetto sono stati utilizzati materiali e componenti hardware pensati per creazioni DIY19 amatoriali, pertanto con un livello qualitativo, seppur buono, indubbiamente non il migliore disponibile e non paragonabile con prodotti hardware progettati e realizzati internamente da aziende specializzate. È possibile immaginare, comunque, che a livello commerciale siano tutt’ora utilizzati componenti più resistenti e, soprattutto, che il problema legato alle saldature venga evitato con l’utilizzo di componenti integrati e progettati specificamente per l’obiettivo prefissato. Una volta superato il limite della dispersione sonora credo che la conduzione ossea possa trovare numerose applicazioni commerciali nella vita quotidiana arricchendo, in un futuro sempre più digitalmente connesso e interattivo, l’offerta ad un pubblico che agisce sempre più attraverso smartphone, tecnologie integrate e sistemi di comunicazione hands-free ricoprendo di fatto un ruolo di primo piano nel mercato relativo all’interazione sonora e agli stimoli uditivi. 19 DIY: Do It Yourself, termine usato commercialmente per indicare prodotti creati o modificati autonomamente senza l’ausilio di personale specializzato e un esborso economico. 75 9. Ringraziamenti Andrea, Laura e Giulia, per ventiquattro anni di supporto. Walter Caracca, per le competenze di saldatura messe a mia disposizione. Maestro Andrea Vigani, per avermi seguito nello sviluppo di questo lavoro. Maestro Luca Richelli, per gli spunti e i suggerimenti dati in fase di ideazione di questa tesi. Tutte le persone che si sono sottoposte con disponibilità al test. 76 10. Riferimenti 10.1 Bibliografia AA.VV., Anatomia dell’uomo, Edi Ermes, 2006 AA.VV., Enciclopedia Treccani R. ALBERA, G. ROSSI, Otorinolaringoiatria, Minerva Medica, 2016 G. BERTUCCIO, Dispense di Fondamenti di Elettronica – Elettronica digitale J. CAGE, Imaginary Landscape No. 5 – For any 42 phonograph records, Henmar, 1961 E. CARTA, Acustica e psicoacustica, TiPubblica, 2014 A. CIPRIANI, M. GIRI, Musica elettronica e sound design. Teoria e pratica con Max/MSP – volume 1, ConTempoNet, 2009. F. GIACOMANTONIO, Fisica della percezione sonora, Pellegrini, 2016 R. PERFETTI, Circuiti elettrici, Zanichelli, 2003 S. PROSSER, A. 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