L’ENTROPIA Nelle trasformazioni termodinamiche sia naturali che artificiali, si verifica sempre un mutamento dallo stato del sistema e dell’ambiente esterno con cui tale sistema interagisce. La termodinamica spesso utilizza la schematizzazione di trasformazioni reversibili, cioè trasformazioni ideali, in pratica non attuabili, caratterizzate dal fatto di poter essere ripercorse in verso opposto e dal fatto che, contestualmente, anche l’ambiente esterno evolve in modo perfettamente opposto. Si suole dire che le trasformazioni cicliche reversibili non lasciano traccia termodinamica nell’ambiente esterno. Nella realtà le trasformazioni termodinamiche sono caratterizzate dall’essere irreversibili, cioè il sistema evolve verso uno stato di equilibrio e può essere riportato nello stato iniziale solo imponendo un prezzo all’ambiente esterno , che consiste nella trasformazione di lavoro in energia termica, ovvero nella degradazione dell’energia.. Sappiamo che, se si vuole trasformare in lavoro meccanico una certa quantità di energia che possiamo sottrarre da una sorgente calda sotto forma di calore, il secondo principio impone la necessità di avere a disposizione anche una seconda sorgente a temperatura più bassa. Quest’ultima assorbirà necessariamente sotto forma di calore una frazione dell’energia disponibile, che, sempre per il secondo principio, sarà utilizzabile in minor misura, risulta cioè in qualche modo degradata. Si definisce pertanto irreversibile un processo i cui effetti sul sistema o sull’ambiente non possono essere cancellati. Le uniche trasformazioni perfettamente reversibili sarebbero i processi puramente meccanici, ma solo in assenza di attriti. Il primo principio della termodinamica sancisce la conservazione dell’energia di un sistema isolato, ovvero che l’energia totale rimane costante nonostante tutte le trasformazioni che avvengono in natura. Il solo concetto di energia non è pertanto sufficiente a dare una spiegazione esauriente dell’irreversibilità dei processi spontanei. E’ necessario introdurre una nuova grandezza fisica, una funzione di stato, che possa caratterizzare lo stato finale di equilibrio. Questa grandezza è l’Entropia., letteralmente <<contenuto di trasformazione>>. Il termine fu coniato appositamente da Clausius, che adattò il termine greco τροπη : cambiamento, rendendolo più vicino al termine energia. Poiché nello stato finale, dopo un processo spontaneo, il sistema ha minor capacità di compiere lavoro utile, ad esso associamo un valore maggiore della funzione Entropia. Da questo punto di vista il secondo principio può essere enunciato anche nella forma In un sistema isolato la variazione di entropia non è mai negativa, ovvero la variazione di entropia è nulla se le trasformazioni sono reversibili, è positiva se le trasformazioni sono irreversibili O anche L’entropia dell’universo evolve verso valori sempre crescenti. Quest’ultima affermazione mette in risalto come il concetto di entropia sia ricco e polivalente; l’entropia non si limita a fornire una misura della degradazione dell’energia , ma deve essere in grado di spiegare in che modo evolve un sistema termodinamico, qualunque sia il tipo di trasformazione cui è assoggettato . Consideriamo alcuni esempi classici di processi spontanei irreversibili: 1. il passaggio di calore da un corpo caldo ad uno freddo, fino all’adeguamento termico 2. l’espansione di un gas nel vuoto 3. il miscelamento di due gas. In che senso possiamo affermare che , in ciascuno di questi casi, l’entropia dello stato finale è maggiore di quello dello dello stato iniziale? 1 Per rispondere a queste domande è ovvio che dobbiamo introdurre un’espressione analitica della grandezza Entropia, che di solito si indica con la lettera S, o per lo meno dovremmo essere in grado di determinare la variazione /\ S di entropia lungo una determinata trasformazione termodinamica. Prima di procedere in tal senso soffermiamoci ad osservare cosa accade dal punto di vista microscopico, servendoci eventualmente di modelli più semplici di quello costituito dall’insieme delle molecole del sistema. L’approccio microscopico permette un’osservazione molto importante: un medesimo stato macroscopico ( macrostato) , associato ad un valore ben determinato della terna dei parametri di stato , pressione-volume-temperatura, può essere ottenuto mediante diverse configurazioni a livello microscopico ( microstati) . Prendiamo in esame, a tal scopo, l’esempio 2: Due volumi, che supporremo uguali, possono essere messi in comunicazione mediante un rubinetto. Uno dei due volumi contiene gas, mentre nell’altro è stato prodotto il vuoto. L’intero sistema si trova in un contenitore che non permette scambi con l’esterno. All’apertura del rubinetto il gas passa dal recipiente pieno al recipiente vuoto, raddoppiando quindi il suo volume, senza però compiere lavoro esterno. La trasformazione è inoltre adiabatica e per, il primo principio, l’ energia interna deve rimanere invariata, Se il gas è assimilabile ad un gas perfetto la sua temperatura rimane invariata. La trasformazione è chiaramente irreversibile e lo stato finale è caratterizzato da un aumento dell’entropia del sistema. Se volessimo ripristinare lo stato iniziale dovremmo intervenire dall’esterno, comprimendo il gas isotermicamente, ovvero fornendogli lavoro meccanico, Contemporaneamente il gas cederà calore all’ambiente per mantenere costante la propria temperatura Conclusione : alla fine del ciclo si è ottenuto una trasformazione di lavoro meccanico in calore ( degradazione dell’energia) Il gas è ritornato nello stato iniziale, ma l’ambiente no, ( traccia termodinamica) Studiamo ora lo stato finale d’equilibrio dal punto di vista microscopico, servendoci di un modellino semplificato. Nel primo recipiente siano contenute 4 molecole, contrassegnate da a,b,c,d. Il secondo recipiente è vuoto. Aprendo il rubinetto , possiamo immaginare che le molecole possano occupare indifferentemente l’uno o l’altro volume e che la loro collocazione sia frutto del caso, come se gettassimo casualmente in una scatola a due scomparti 4 pedine numerate. Quali è quante sono le possibili configurazioni finali? Dato il numero esiguo di elementi lo studio può essere effettuato direttamente, senza ricorrere al calcolo combinatorio. Macrostati 4 Numero 1 Di microstati 0 3 1 4 2 2 6 1 3 4 0 4 1 La configurazione corrispondente ad una distribuzione uniforme nei due scomparti è proprio quella cui compete il massimo numero di microstati quindi la più probabile. Durante un processo spontaneo , dunque, un sistema evolve verso il macrostato più probabile, e tutti i fenomeni spontanei il cui macrostato iniziale ha bassa probabilità appaiono irreversibili. 2 Poiché d’altra parte sappiamo che nei processi irreversibili l’entropia del sistema aumenta, è naturale concludere che l’entropia S di un certo macrostato è tanto più alta quanto più grande è il numero N di microstati ad esso associati. Più precisamente Boltzmann dimostrò che S = k ln N, dove k è la costante di Boltzmann. Da questa formula si deduce che un macrostato associato ad un unico macrostato, come nel caso in cui il gas rimane localizzato tutto in un solo recipiente, con riferimento all’esempio precedente, ha entropia nulla. Un altro modo di interpretare questi risultati consiste nell’associare ad ogni configurazione un certro grado di ordine o disordine. Parleremo di configurazioni ordinate quando è alto il grado di informazione sulla posizione degli elementi del sistema, come nel caso in cui tutte le particelle si trovino in un solo recipiente. Quando la distribuzione è pressoché uniforme diremo che aumenta il disordine perché aumenta l’incertezza sulla collocazione di ciascuna particella. Possiamo quindi affermare che spontanei un sistema evolve spontaneamente dall’ordine al disordine, mentre per passare dal disordine all’ordine è necessario fornire energia dall’esterno.. Siamo ora in grado di giustificare l’origine dell’irreversibilità e spiegare il verso naturale degli eventi: esso proviene dall’ordine che si trasforma in disordine nel senso che il disordine totale dell’universo non diminuisce mai spontaneamente Questo è sostanzialmente il significato del secondo principio della termodinamica , che assume pertanto il carattere di una legge generale che regola tutti i fenomeni naturali, compresi quelli biologici. Osserviamo in proposito che alcuni fenomeni legati agli esseri viventi sembrano apparentemente contraddire la suddetta legge. Le piante trasformano elementi chimici, come carbonio, azoto, ossigeno, prelevati dal terreno e dall’atmosfera in proteine vegetali. Si tratta chiaramente di processi che portano dal disordine all’ordine, ai quali corrisponde una diminuzione di entropia. E’ noto però che il metabolismo vegetale ha bisogno della presenza di luce, cioè dell’energia necessaria per ridurre l’entropia della pianta. E’ chiaro che in questo caso il conto,, in termini antropici, viene pagato dal sole. Osserviamo infine che mentre, come sappiamo, la civiltà tecnologica brucia sempre più velocemente le sue risorse energetiche l’entropia dell’universo aumenta inesorabilmente. Il primo principio afferma che l’energia comunque si conserva, ma il secondo principio ci avverte che la qualità dell’energia risulta sempre più degradata.. Una corretta politica energetica deve essere indirizzata verso la ricerca di sistemi per mantenere in vita la nostra civiltà con la minore produzione di entropia possibile. 3