SEZIONE II DELLA VENDITA DEI BENI MOBILI Articolo 106

annuncio pubblicitario
SEZIONE II
DELLA VENDITA DEI BENI MOBILI
Articolo 106
Vendita dei crediti, dei diritti e delle quote, delle azioni,
mandato a riscuotere*
[1] Il curatore può cedere i crediti, compresi quelli di natura fiscale o futuri, anche se oggetto di contestazione; può altresì cedere le azioni revocatorie concorsuali, se i relativi
giudizi sono già pendenti.
[2] Per la vendita della quota di società a responsabilità limitata si applica l'art. 2471 del
codice civile.
[3] In alternativa alla cessione di cui al primo comma, il curatore può stipulare contratti di
mandato per la riscossione dei crediti.
Commento di PASQUALE LICCARDO e GUIDO FEDERICO
Sommario
1. La cessione dei crediti e delle azioni revocatorie - 2. La cessione delle partecipazioni in società di
capitali
1. La cessione dei crediti e delle azioni revocatorie
Nonostante la rubrica delia Sezione II, composta dal solo art. 106 1. fall., faccia
pensare ad una disciplina generale della vendita dei beni mobili il contenuto
dell'art. 106 si riferisce in realtà alla liquidazione di beni caratterizzati da elementi di specialità, che derogano per profili strutturali al regime generale di
circolazione dei beni mobili.
Non è il caso di soffermarsi troppo sull'imprecisione terminologica del legislatore che colloca poi nella Sezione III intitolata alla vendita dei beni immobili, beni mobili registrati quali navi, galleggianti ed aeromobili (art. 108 bis) e
beni immateriali quali marchi, opere dell'ingegno, invenzioni industriali tradizionalmente equiparati ai beni mobili. La norma in commento disciplina la
cessione di crediti, delle azioni revocatorie e delle quote di società a responsabilità limitata.
* Disciplina precedente: Art. 106. Modalità della vendita dei beni mobili [1] Per i beni mobili, compresi i frutti naturali degli immobili, il giudice delegato, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce il tempo della vendita, disponendo se questa debba essere fatta ad offerte private o all'incanto, e determinando le modalità relative, sentito, ove occorra, uno stimatore. [2] In caso di necessità o
di utilità evidente può autorizzare la vendita in massa delle attività mobiliari, in tutto o in parte, prescrivendo speciali misure di pubblicità.
Conviene analizzare separatamente tali fattispecie.
Colmando una lacuna1 della precedente disciplina, l'art. 106 1. fall, comprende espressamente nella liquidazione dell'attivo l'alienazione dei crediti,
compresi i crediti futuri e quelli contestati, prevedendo in alternativa la stipula
da parte del curatore di un mandato alla riscossione.
Tale disposizione, secondo il già menzionato rapporto di subalternità della
liquidazione atomistica rispetto al prioritario criterio della cessione unitaria
del complesso aziendale, ha peraltro carattere residuale, in quanto nella prospettazione del legislatore la cessione dei crediti viene essenzialmente concepita nell'ambito della vendita dell'azienda, di suoi rami, di beni e rapporti giuridici in blocco (art. 105, 5° e 6° co.): deve quindi ritenersi legislativamente recepita l'opinione assolutamente prevalente in dottrina circa la piena ammissibilità della vendita in massa dei crediti2.
Venuto meno il presupposto della necessità o utilità evidente previsto dal
vecchio art. 106 per la ed. vendita in massa, il legislatore della riforma attua un
vero e proprio rovesciamento di prospettiva rispetto al sistema precedente: la
cessione unitaria di rapporti giuridici non ha più carattere eccezionale e sembra anzi costituire il criterio prioritario della liquidazione pur nei casi in cui
non sia possibile la cessione dell'intera azienda.
È quindi certamente ammissibile ed anzi tendenzialmente preferibile, rispetto alla alienazione parcellizzata, la vendita in massa dei crediti da parte del
curatore, anche al di fuori della cessione di azienda o di suoi rami, purché prevista nel programma di liquidazione e secondo le modalità ivi indicate.
Ed anzi, alla luce del su menzionato rovesciamento di prospettiva appare
forse superata l'opinione prevalente nel vigore della previgente normativa secondo cui all'alienazione coattiva dei crediti dovesse ritenersi preferibile la riscossione diretta da parte del curatore3.
L'espressa menzione della cessione dei crediti nell'ampia formulazione
prevista dall'art. 106 induce infatti a ritenere che, con evidente mutamento di
indirizzo, l'alienazione dei crediti non abbia più carattere eccezionale rispetto
alla riscossione diretta da parte del curatore, ma costituisca l'ordinaria forma
di liquidazione per tale particolare categoria di beni.
L'aleatorietà e l'alto tasso di litigiosità che caratterizza solitamente il portafoglio dei crediti dell'impresa fallita rende invero solitamente onerosa la riscossione diretta da parte del curatore, con insostenibile allungamento dei
1
Così BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, in Comm. I. fall. Scialoja Branca, sub art. 104117, Bologna-Roma, 1976, 108: si era peraltro correttamente ritenuta la sostanziale irrilevanza
dell'omissione, attesa la pacifica riconducibilità della cessione dei crediti alla disciplina della
vendita delle attività mobiliari, così RIVOLTA, L'affitto e la vendita d'azienda nel fallimento,
Milano, 1973, 64; BOZZA. La vendita dell'azienda nelle procedure concorsuali, Milano, 1988, 31.
2
Cfr. PROVINCIALI. Trattato di diritto fallimentare, III, Milano, 1974.1597; CUNEO, Le procedure concorsuali, Milano, 1988,1260;Bozza.op. cit.,3\;contra BONSIGNORI. Liquidazione dell'attivo,
cit.. 108.
* Per più diffusi rilievi sul punto cfr. CUNEO, op. cit.. 1250 ss.
tempi della procedura, ponendosi quindi in netto contrasto con l'esigenza assolutamente primaria del più celere compimento della procedura4.
Sulla base dell'ampia formulazione normativa ogni tipologia di credito può
formare oggetto della cessione, sempre che sia possibile, lecito nonché determinato o determinabile nel titolo costitutivo5: possono in particolare essere ceduti, come del resto già largamente praticato presso tutti i tribunali fallimentari, anche i crediti fiscali6, e segnatamente il credito IVA7, i cui tempi di realizzo
sono di fatto incompatibili con le esigenze di speditezza della procedura, nonché i crediti futuri.
Si osserva al riguardo che, superando il precedente orientamento più restrittivo8, la più recente giurisprudenza afferma che per la validità della cessione dei crediti futuri è sufficiente che sia individuata, e cioè sia determinata o
determinabile, la fonte dei crediti stessi, e ciò sia che si tratti di un singolo credito, che di una pluralità di crediti9.
Nella cessione di crediti futuri il trasferimento si attuerà, secondo i principi
generali, solo quando il credito verrà ad esistenza, avendo il contratto prima di
tale momento efficacia meramente obbligatoria tra le parti10.
Per effetto della cessione al cessionario sono trasferiti i privilegi, le garanzie personali e reali e gli altri accessori, quali ad esempio il già maturato diritto
al risarcimento del maggior danno da inadempimento'1, nonché le azioni con
cui il credito può essere tutelato.
4
Già nel sistema previgente pertanto la best practice conosceva la cessione del portafoglio
crediti per evitare la inevitabile dilatazione dei tempi della procedura.
I
Cfr. RUBINO, La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, Milano, 1939.
6
Sulla cessione dei crediti d'imposta vedi art. 1, d.m. 30 settembre 1997, n. 384.
7
Cfr. al riguardo Comm. Trib. Prov. Distr. Padova, 2 dicembre 1995, in Fisco, 1996. 6063, secondo cui in caso di fallimento e di cessione del credito verso lo stato in materia di IVA, il cessionario subentra nella posizione del fallito. Tale cessione ha l'esclusivo scopo di concludere sollecitamente la procedura fallimentare, tanto più che nel caso di credito verso lo stato non vi sono
problemi circa la solvibilità del debitore.
s
Secondo l'iniziale e superato orientamento giurisprudenziale si riteneva che potessero essere oggetto della cessione i crediti futuri solo se al momento della conclusione della cessione sussistesse già il rapporto giuridico di base fonte di tali crediti, e ciò in quanto solo in tal caso i crediti futuri oggetto della cessione avrebbero potuto qualificarsi come determinabili, ex multis, Cass..
2 agosto 1977, n. 3421, in Rep. Foro it., 1977, voce «Cessione dei crediti», n. 3.
9
Cfr. DOLMETTA, voce «Cessione dei crediti», in Digesto/civ., II,Torino, 1988,313 ss.
10
È stato al riguardo affermato che «la natura consensuale del contratto di cessione di credito comporta che il relativo perfezionamento consegua al solo scambio del consenso tra i contraenti, ma non importa, altresì, che al perfezionamento del contratto consegua, ipso facto, il trasferimento del credito dal cedente al cessionario. Nel caso di cessione di un credito futuro, pertanto, il trasferimento del credito al cessionario si verifica soltanto nel momento in cui il credito
viene ad esistenza, mentre, prima di tale data, la cessione, pur perfetta, è destinata ad esplicare.
interpartes, efficacia meramente obbligatoria, Cass., 19 giugno 2001, n. 8333, in Giusi av., 2002,1,
2875; negli stessi termini, Cass., 22 aprile 2003, n. 6422, in Mass. Foro it., 2003.
II
Cfr. GAZZONI. Manuale di diritto privato. Napoli. 2004,608: in giurisprudenza, cfr. Cass.. 15
settembre 1999, n. 9823, in Giusi, eh:. 2000,1,3273.
Fermo il principio della libera cedibilità dei crediti12, oltre ai divieti di cessione previsti dall'art. 1261 ce.13, devono ritenersi non cedibili, in forza del disposto dell'art. 46 1. fall., al cui commento si rinvia, i crediti di natura strettamente personale del fallito.
A norma dell'art. 1266 ce. il curatore è tenuto, come effetto naturale del
contratto, a garantire l'esistenza del credito (cessione prò soluto)14, ma la garanzia potrà essere convenzionalmente esclusa, restando il cedente peraltro
sempre obbligato per fatto proprio15.
L'art. 1267 ce statuisce inoltre che il cedente non risponde della solvibilità del debitore salvo che abbia assunto la relativa garanzia (cessione prò solvendo)10.
Sulla base di quanto sopra esposto deve ritenersi la tendenziale incompatibilità della cessione prò solvendo con i caratteri della procedura fallimentare,
avuto riguardo soprattutto all'esigenza di celerità che la caratterizza.
Sempre in relazione a tale esigenza deve altresì ritenersi normalmente preferibile l'esclusione convenzionale della garanzia sull'esistenza del credito ex
art. 1266 ce, considerata l'incertezza tuttora ravvisabile sull'esatta portata
della nozione17 ed il conseguente rischio di onerose chiamate in garanzia della
curatela fallimentare.
12
Si afferma pertanto, tra gli altri, la cedibilità del credito per risarcimento da inadempimento contrattuale ed il credito alla restituzione di quanto indebitamente pagato, cfr. Cass., 21
aprile 1986, n. 2812, in Mass. Foro it.. 1986, nonché il credito relativo ad obbligazioni naturali,
pur non acquistando in tal caso il cessionario una pretesa azionabile all'adempimento.
13
Cfr. PANUCCIO, voce «Cessione dei crediti», in Enc. Dir., VI, Milano. 1960,855.
14
Secondo la tesi prevalente la garanzia in esame è disciplinata allo stesso modo della garanzia per evizione onde il cedente è comunque tenuto a risarcire il danno (comprensivo di perdita
subita e mancato guadagno).Tale norma costituirebbe pertanto un'eccezione al principio generale per cui un contratto avente ad oggetto un bene inesistente è nullo: su questi aspetti v. ZACCARIA, La garanzia dell'esistenza del credito, in Riv. dir. civ., 1982,1,364 ss; contro per la non configurabitità di una deroga ai principi della nullità, DOLMETTA, op. cit., 291 ss.; secondo la tesi di PERLINGIERI. Cessione dei crediti, in Comm. ce. Scialoja Branca, sub art. 1260-1267, Bologna-Roma,
1982.263 ss. nei casi in cui il credito è obiettivamente ed assolutamente inesistente la cessione dovrebbe considerarsi nulla.
15
La garanzia riguarda sia il caso di credito mai esistito sia quello di credito venuto ad esistenza ed ormai estinto ed è altresì ritenuta comunemente applicabile anche alle ipotesi in cui un
credito venga meno con efficacia retroattiva p.e. per annullamento o per il verificarsi di una condizione risolutiva ed in generale in tutte le ipotesi in cui non si realizza l'effetto traslativo; cfr.
C.M. BIANCA. Diritto civile. IV. L'obbligazione, Milano. 1990,598.
16
In caso di cessione prò solvendo il cedente risponde nei limiti dì quanto abbia eventualmente ricevuto e dovrà inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese di cessione, quelle
che il cessionario abbia sopportato per escutere il debitore, risarcire il danno. La garanzia comunque viene meno se la mancata realizzazione del credito è dipesa da negligenza del cessionario nell'iniziare o proseguire le istanze contro lo stesso debitore, potendo il cessionario rivolgersi
al cedente nei limiti in cui dimostri di aver escusso inutilmente il patrimonio del debitore ceduto.
Cfr. al riguardo. Cass., 6 luglio 1999. n. 7018, in Mass. Foro it.. 1999.
17
Su cui v. il contrasto menzionato alla nota 14.
Altra rilevante novità della novella è la possibilità per la curatela di cedere
le azioni revocatorie a condizione che le stesse siano già pendenti.
A differenza della cessione dei crediti, pacificamente ammissibile e largamente praticata già sotto la precedente disciplina, la previsione legislativa della cessione delle azioni revocatorie fallimentari, vale a dire di un'azione tipicamente fallimentare e che non può concepirsi al di fuori del fallimento, consente l'applicazione generalizzata di uno strumento che era, com'è noto, unicamente riservato al concordato fallimentare con assunzione.
La cessione delle azioni revocatorie è inquadrata dalla prevalente dottrina
e giurisprudenza come una fattispecie di cessione anticipata del bene, o meglio
del risultato utile oggetto dell'azione18: la cessione della revocatoria non ha
funzione strumentale ma liquidatoria19 e comporta l'alienazione anticipata del
bene oggetto dell'azione, subordinatamente all'esito positivo dell'azione.
Il cessionario, pertanto, ottenuta la sentenza di revoca acquisterà definitivamente la titolarità del bene oggetto dell'atto impugnato e sarà legittimato
ad agire nei confronti del convenuto soccombente per l'esecuzione della sentenza.
Deve altresì ritenersi che il convenuto in revocatoria possa far valere la carenza del presupposto oggettivo, vale a dire la mancanza di eventus damni, nei
confronti dell'acquirente e che in caso di soccombenza potrà insinuarsi al passivo fallimentare in chirografo per quanto versato al cessionario dell'azione ex
art. 70,2° co., 1. fall.
La cessione delle azioni revocatorie in sede di liquidazione fallimentare è
subordinata alla pendenza della relativa azione: non possono quindi essere cedute le azioni revocatorie, seppur indicate nel programma di liquidazione approvato, non ancora proposte20, mentre sono cedibili le azioni per le quali sia
stata disposta la cancellazione, l'interruzione o la sospensione, in quanto devono ritenersi comunque pendenti21.
Sarà pertanto normalmente necessario, ai fini di tale cessione l'approvazione del supplemento del piano di liquidazione ex art. 104 ter, 6° co., 1. fall., atteso che nella sua originaria stesura il piano si limiterà, verosimilmente, ad indicare le azioni revocatorie da esercitare ai sensi dell'art. 104 ter, lett. e).
lN
DEVOTO, L'assuntore e la cessione delle revocatorie, Milano, 1980, 37; in giurisprudenza,
Cass., 24 novembre 1981, n. 6229, in Dir. fall. 1982, IT, 291; Di SABATO, L'assuntore del concordato fallimentare, Napoli, 1960, 23.
19
Cfr. Cass.. 22 novembre 1979. n. 6073, in Foro it., 1980,1. 2254 e Id., 24 novembre 1981, n.
6230, in Giur. comm., 1982, II, 269.
:
" È stato al riguardo affermato che la cessione delle azioni revocatorie in favore dell'assuntore del concordato fallimentare è ammissibile limitatamente a quelle già iniziate dal curatore alla data della presentazione della proposta; al contrario quelle già autorizzate ma non ancora proposte non possono essere cedute. Cfr. Cass., 9 ottobre 1998, n. 10013. in Giusi civ., 1999,1,735.
21
Relativamente ai limiti oggettivi della cessione, si è ritenuta sufficiente, al fine di ritenere la
pendenza dell'azione la notificazione ad uno solo dei legittimati nell'ipotesi di litisconsorzio necessario (Cass.,28 luglio 1965, n. 1808, in Giur. «.,1966,1,1,590).
La ratio della su menzionata limitazione oggettiva, che è stata mantenuta
nell'attuale applicazione generalizzata dell'istituto, va individuata, secondo il
prevalente orientamento, nell'opportunità di assicurare un certo controllo su
iniziative potenzialmente ricattatorie e temerarie dell'acquirente22, nonché
nella necessità di valutare concretamente opportunità e convenienza della cessione e congruità del corrispettivo, valutazioni compiutamente esperibili solo a
seguito dell'esercizio dell'azione e della conseguente estrinsecazione dei suoi
elementi essenziali23.
Con riguardo alla posizione processuale del cessionario è stato correttamente affermato che questi non è un sostituto processuale del curatore, in
quanto agisce in nome proprio e per un diritto proprio24; il trasferimento dell'azione inoltre ai sensi dell'art. Ili c.p.c, non comporterà l'interruzione del
processo che proseguirà tra le parti originarie, salva la possibilità per l'assuntore di intervenirvi con la eventuale estromissione del curatore.
L'art. 106, ult. co., prevede infine che in alternativa alla cessione il curatore
possa stipulare contratto di mandato per la riscossione del credito: a differenza della cessione che produce l'immediato trasferimento del credito al cessionario, il mandato conferisce al mandatario solo la legittimazione a riscuotere
il credito in nome e per conto del mandante, che ne conserva la titolarità
esclusiva25.
Il conferimento di mandato all'incasso non ha efficacia traslativa e non
sembra pertanto ostativo alla successiva cessione del credito da parte della curatela allo stesso mandatario o ad un terzo, al fine, per esempio, di una sollecita chiusura della procedura, sempre che, prima della cessione, il mandatario
non abbia già incassato le somme relative, atteso che tale evento, determinando l'estinzione del credito, ne renderebbe impossibile la cessione.
22
Così Cass., 13 giugno 1969, n. 2097, in Dir. fall, 1970, II, 104.
Per la valorizzazione del requisito della previa instaurazione dell'azione anche ai fini del
giudizio di convenienza del concordato ex art. 125 1. fall., cfr. BONSIGNORI, Cessazione della
procedura fallimentare, in TEDESCHI, BONSIGNORI, SANTARELLI, Chiusura del fallimento. Concordato. Riabilitazione civile, in Comm. I. fall. Scialoja Branca, sub art. 118-145, Bologna-Roma,
1977,208.
24
Cfr. BONSIGNORI, Cessazione della procedura fallimentare, in TEDESCHI, BONSIGNORI, SANTARELLI, op. cit,210.
:s
Sulla natura giuridica del mandato all'incasso e sulla distinzione tra detto istituto e la cessione del credito, si è formata copiosa giurisprudenza in relazione alla revocabilità ex art. 67 1.
fall, del mandato irrevocabile all'incasso in rem propriam conferito dal debitore poi fallito alla
banca: v., ex multis, Cass., 16 luglio 2004, n. 13165, in Mass. Foro il, 2004; Id., 12 dicembre 2003, n.
19054, ivi, 2003; Id., 30 gennaio 2003, n. 1391. in Fall, 2003,1187.
23
2. La cessione delle partecipazioni in società di capitali
Con la nuova formulazione dell'art. 106 1. fall, viene adesso espressamente disciplinata la vendita della quota di s.r.l.26, mediante rinvio alla disciplina dell'art. 2471 ce, recentemente novellato dal d.lgs. 6/2003.
Deve preliminarmente distinguersi la cessione di partecipazione in società
di capitali dalla vendita di quote in società personali per le quali l'art. 2288 ce,
la cui previsione va estesa alle società in nome collettivo ed a quelle in accomandita semplice27, prevede che il socio dichiarato fallito è escluso di diritto
dalla società.
Con riferimento alle s.r.l. l'art. 2471 ce. novellato distingue tra quote liberamente trasferibili e quote che invece non lo siano in base allo statuto o all'atto
costitutivo.
Nel primo caso il curatore potrà procedere alla vendita ex artt. 2469 e 2470
ce. con la libertà di forme che caratterizza la nuova liquidazione fallimentare28
e l'adempimento degli oneri pubblicitari di cui all'art. 2470 ce. ai soli fini delI'opponibilità del trasferimento alla società ed ai terzi.
Ove invece la quota non sia liberamente trasferibile, l'art. 2471, 3° co., ce
prevede il previo tentativo del curatore di accordarsi con la società: soltanto se
l'accordo non viene raggiunto la vendita avviene all'incanto ma è priva di effetto se entro dieci giorni dall'aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo.
La normativa dell'art. 2471 ce.29 è certamente ispirata all'intento di tutelare
la compagine societaria, favorendo il mantenimento dell'assetto originario: in
sede fallimentare pertanto il curatore non è vincolato ad un prezzo determinato,
ma. quale amministratore del patrimonio del fallito e nel contempo garante degli interessi della massa dovrà preliminarmente tentare un accordo bonario con
la società, in mancanza del quale la vendita avrà luogo all'incanto30.
Si osserva al riguardo che, curiosamente, e forse per difetto di coordinamento tra la nuova legge fallimentare e la riforma del diritto societario, si
mantiene la forma legislativamente vincolata della vendita all'incanto, e quin:i
' Si registra al riguardo la solita imprecisione del legislatore che nella rubrica prevede la
vendita di quote ed azioni, mentre disciplina espressamente la sola vendita di quote di s.r.l.,
omettendo, nel corpo della norma ogni riferimento alle s.p.a.
:7
Cfr. FERRARA, Il fallimento, Milano, 1989,259.
28
Ai sensi dell'art. 2469 ce. «le partecipazioni di s.r.l. sono liberamente trasmissibili per atto
tra vivi e per successione a causa di morte, salvo contraria disposizione dell'atto costitutivo».
29
L'art. 2471 ce. che dopo la novella della d.lgs. 6/2003 tiene luogo del vecchio art. 2480, 3°
co., ce. stabilisce che «Se la partecipazione di s.r.l. non è liberamente trasferibile e il creditore, il
debitore e la società non si accordano sulla vendita della quota stessa, la vendita ha luogo all'incanto: ma la vendita è priva di effetto se, entro dieci giorni dall'aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. Le disposizioni del comma precedente si applicano anche in caso di fallimento di un socio».
-,0 Cfr. Cass., 14 marzo 2000. n. 2909, in Fall., 2001,568.
di necessariamente con procedimento di natura giurisdizionale secondo le modalità previste dagli artt. 576 ss. c.p.c. per la sola alienazione di quote societarie non liberamente trasferibili, nonostante la limitata rilevanza della quota di
partecipazione di s.r.l. nell'ambito della liquidazione fallimentare31.
D'altro canto lo specifico riferimento contenuto nell'art. 106 alla disposizione codicistica impedisce di ritenere l'avvenuta abrogazione tacita di parte
dell'art. 2471 ce. per incompatibilità ex art. 15 prel., dovendo al contrario presumersi la consapevole deroga da parte del legislatore alle forme generali con
riferimento all'intero procedimento di vendita di quota di s.r.l.
Si pone al riguardo il problema se l'accordo con la società debba o meno
essere specificamente inserito nel programma di liquidazione (nella sua formulazione originaria o nel supplemento ex all'art. 104 ter, 5° co.) o comunque
autorizzato dal giudice delegato: ovvero se il rinvio all'art. 2471 ce. consenta di
prescindere del tutto dalle forme dell'art. 104 ss. 1. fall.
Al riguardo, sembra preferibile ritenere che le disposizioni dell'art. 2471
ce debbano, in quanto compatibili, essere coordinate con i principi generali
della liquidazione fallimentare: di qui la necessità di approvazione dell'accordo tra curatore e società e quindi del suo inserimento nel programma di liquidazione o quanto meno la soggezione di detto accordo al residuo potere di autorizzazione da parte del giudice delegato previsto dall'art. 104 ter.
In questo caso l'inosservanza delle su menzionate modalità di vendita deve
ritenersi sanzionabile con la nullità dell'atto32.
Avuto riguardo alla vendita di partecipazioni azionarie manca invece nell'art. 106 ogni riferimento normativo espresso ad eccezione dell'indicazione
contenuta nella rubrica della norma.
Tale labile indizio porta peraltro a ritenere che sia stato legislativamente
recepito l'orientamento prevalente33 secondo cui il principio sancito dall'attuale art. 2471 ce avrebbe portata generale e dovrebbe pertanto analogicamente applicarsi anche alle società per azioni posto che la ratio legis di tale disposizione dovrebbe rinvenirsi nella massima tutela, anche nella fase esecutiva, dell'elemento personalistico delle società di capitali che hanno statutariamente prescelto di darsi tale regolamentazione.
31
È stato altresì affermato che la possibilità di indicare un diverso acquirente, evitando
così la vendita all'incanto della quota, postula che le limitazioni alla libera disponibilità siano
poste nell'interesse della società; di conseguenza la società non potrà rendere inefficace la vendita coattiva effettuata pur in presenza di limitazioni poste invece nell'interesse dei soci, come
è il caso di una clausola statutaria attributiva di un diritto di prelazione in favore di taluno dei
soci medesimi o di tutti (Cass., 3 aprile 1991, n. 3482. in Foro il, 1992, I. 842).
32
Come meglio specificato infra, sub art. 108, par. 7.
13
Così BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, eh., 116; G. PELLEGRINO. Vendita forzata delle
azioni concesse in pegno a terzi e diritto di prelazione, in Dir. fall., 1988, II. 815; contra, VANONI,
Clausola statutaria di prelazione e vendita forzata di azioni, in Banca borsa, 1999. II, 724 ss.
Mentre quindi l'alienazione coattiva delle normali azioni di società non
presenta particolari difficoltà rispetto ai titoli di credito nominativi, nel senso
dell'applicabilità delle ordinarie forme di liquidazione previste dalla legge fallimentare, la vendita fallimentare di azioni con valida clausola di gradimento o
di prelazione va analogicamente assoggettata al particolare regime di previo
tentativo di accordo e successiva alienazione all'asta, con ulteriore facoltà di
esercitare nei dieci giorni la prelazione prevista dall'art. 2471 ce. nuova formulazione.
SEZIONE III
DELLA VENDITA DEI BENI IMMOBILI
Articolo 107
Modalità delle vendite*
[1] Le vendite e gli altri atti di liquidazione sono effettuati dal curatore, tramite procedure
competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati.
[2] Per i beni immobili, prima del completamento delle operazioni di vendita, è data notizia
mediante notificazione da parte del curatore, a ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio.
[3] Il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d'acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto.
[4] Degli esiti delle procedure, il curatore informa il giudice delegato ed il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione.
[5] Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tal caso si applicano le disposizioni del codice di procedure civile;
altrimenti su istanza del curatore il giudice dell'esecuzione dichiara l'improcedibilità dell'
esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all'art. 51.
[6] Con regolamento del Ministro della giustizia da adottare ai sensi dell'art. 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti requisiti di onorabilità e professionalità dei
soggetti specializzati e degli operatori esperti dei quali il curatore può avvalersi ai sensi del
primo comma, nonché i mezzi di pubblicità e trasparenza delle operazioni di vendita.
Commento di PASQUALE LICCARDO e GUIDO FEDERICO
Sommario
1. Le procedure competitive: introduzione - 2. Le modalità competitive della liquidazione concorsuale - 3. Subentro del curatore nelle procedure esecutive pendenti - 4. Potere di sospensione del curatore
* Disciplina precedente: Art. 107. Espropriazioni in corso [1] Se prima della dichiarazione di fallimento è stata iniziata da un creditore l'espropriazione di uno o più immobili del fallito, il curatore si
sostituisce nella procedura al creditore stante. [2] In caso d'ingiustificato ritardo da parte del curatore
il creditore procedente, il fallito e ogni altro interessato possono reclamare, a norma dell'art. 36, al
giudice delegato. [3] Se era in corso il procedimento di distribuzione del prezzo, il procedimento deve
essere integrato con l'intervento del curatore. [A] Il curatore deve tenere un conto speciale delle vendite dei singoli immobili e dei frutti percepiti sui medesimi dalla data della dichiarazione di fallimento.
La somma ricavata dalla vendita dei frutti è distribuita col prezzo degli immobili relativi.
1. Le procedure competitive: introduzione
I! commento alla disciplina delle Sezioni II e III del Capo VI della nuova legge
fallimentare deve muovere da una lettura attenta del contenuto delle varie disposizioni normative, superando in primis ogni indicazione orientativa proposta dalla suddivisione in sezioni in favore di un'operazione rivolta alla ricostruzione delle innovazioni operate e degli intenti perseguiti.
Ed invero, contrariamente alla disciplina di cui alle Sezioni II e III del Capo
VI del r.d. 16 marzo 1942, n. 267. la riforma della liquidazione operata con il d.lgs.
9 gennaio 2006, n. 5 appare animata da una connotazione di asistematicità descrittiva subito evidente nella caduta di valore semantico dei titoli delle Sezioni
II e III e delle rubriche degli artt. 106 e 107: laddove nella legge fallimentare del
'42, la diversità naturalistica dei beni1 produceva - al pari del diritto sostanziale e
del correlato modello esecutivo - una diversa struttura procedimentale della
vendita, incisivamente consacrata nell'autonomia delle relative sezioni, nella
riforma operata dal legislatore della competitività, si procede ad una regolamentazione votata a profili di semplificazione unitaria dei modelli di liquidazione,
con evidente caduta del significato orientativo assunto dalle sezioni, nominalmente rimaste legate alla tradizionale distinzione dei beni in immobili e mobili.
Nel sistema fallimentare delineato dal legislatore del '42, il paradigma processuale della vendita fallimentare era per intero mutuato dall'esecuzione individuale di cui riproduceva, pur con alcune differenziazioni, dimensioni fondative e dinamiche relazionali con il mercato.
In particolare, l'art. 104 statuiva al 1° co. che alla vendita dei beni compresi
nel fallimento non si poteva procedere se non dopo l'avvenuto deposito del decreto di esecutività dello stato passivo ex art. 97 1. fall.: la successione cronologica delle attività di verifica dello stato passivo e di liquidazione dell'attivo non
era frutto di un disegno meramente sistematico, di una razionalità processuale
votata a momenti di linerarismo sequenziale2, ma rimandava ad un nesso causale più profondo, ad una relazione genetica tra attività di liquidazione e decreto
di esecutività dello stato passivo che aveva i suoi capisaldi teorici nel valore assegnato al titolo esecutivo all'interno delle procedure esecutive e alla sua capacità regolativa del conflitto da esecuzione nelle procedure di vendita3. La succes1
Cfr. M. COSTANTINO, Beni immobili e beni mobili. La disciplina dei beni, in Tratt. Rescigno,
Torino, 1985.36 ss.; in generale si veda, SCOZZAFAVA. / beni e le forme giuridiche di appartenenza,
Milano, 1982; ID., Dei beni, in Comm. Schlesinger, Milano, 1999.
2
Cfr. ANDOLINA, «Liquidazione dell'attivo» ed «esercizio provvisorio dell'impresa nel fallimento», in Dir. fall., 1978,1, 188 e 191.
3
Nella Relazione illustrativa del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, il Guardasigilli evidenziava come
«la liquidazione dell'attivo del fallimento ha richiesto poche disposizioni poiché la riforma già in
atto dell'espropriazione individuale ha reso tanto semplice e snella la procedura che l'art. 105 della
legge ha potuto rinviare puramente e semplicemente ad essa per quel che concerne la vendita dei
beni mobili ed immobili del fallito» . Sulle tematiche più rilevanti in materia di liquidazione dell'attivo, cfr. Lo CASCIO, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano, 1995.389 ss.
sione cronologica rigidamente disegnata tra verifica dello stato passivo e liquidazione dell'attivo demandava alla prima il compito di definire i confini della
seconda, quali le condizioni di ingresso4, i limiti quantitativi5 e qualitativi6, cui la
stessa soggiaceva. La vendita anticipata prevista dal 2° co. dell'art. 104 ribadiva,
nella sua eccezionalità, il valore assegnato dal legislatore al paradigma generale
delincatela cui interruzione imponeva un onere motivazionale esteso ed articolato, per alcuni possibile solo con riferimento ai beni mobili7.
Quanto alle dinamiche relazionali con il mercato, l'art. 105 sanciva il principio della soggezione delle vendite fallimentari alle disposizioni dettate dal codice di procedura civile in materia di vendite forzate, con il solo limite della
compatibilità con le disposizioni specifiche previste dalla stessa legge fallimentare nelle sezioni successive del medesimo capo, ed in particolare, con le disposizioni di cui agli artt. 106 e 1088, norme queste che avevano espressamente ad
oggetto le modalità della vendita dei beni mobili ed immobili9. Del pari, sebbene l'art. 105 non contenesse alcun rinvio alla normativa relativa alla disciplina degli effetti sostanziali della vendita forzata, quale contenuta negli artt.
2919-2929 ce, se ne predicava comunemente la ricorrenza sul presupposto
4
Cfr. BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, in Comm. I. fall. Scialoja Branca, sub art. 104117. Bologna-Roma. 1976. 4, per il quale il differimento delle operazioni di liquidazione dell'attivo alla chiusura della verifica risulta correlato sia all'intento di favorire la presentazione
di una domanda di concordato, sia all'esigenza di verificare la sussistenza della condizione negativa dell'art. 118, n. 1), 1. fall.
s
Cfr. PROVINCIALI, Trattato di diritto fallimentare, III, Milano. 1974,1574, nota 1; FERRARA,
Il fallimento, Milano, 1989,580; SEMIANI BIGNARDI, Ritenzione nell'esecuzione singolare e nel fallimento, Padova. 1960,355, nota 5.
'' Con riferimento ai beni di terzi appresi all'atto dell'inventariazione, pregiudicati da una liquidazione precipitosa, PAJARDI. Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1993,607.
Cfr. M. MONTANARI, Iprocedimenti di liquidazione e ripartizione dell'attivo fallimentare, Padova. 1995,13.
s
Cfr. BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit, 40; ANDRIOLI. voce «Fallimento (diritto
privato e processuale)», in Enc. Dir., XVI, Milano, 1967, 436, nota 426 per il quale «non si comprendono tra i poli del contrasto l'art. 109. al quale meglio si addice la funzione di téte de chapitre
del capo settimo, dedicato alla ripartizione dell'attivo, né l'art. 107, il quale trova più agevole collocazione subito dopo l'art. 51».
9
II valore del rinvio era stato circoscritto alle norme relative alle sole vendite, con esclusione
della complessiva disciplina dell'esecuzione forzata: cfr. BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo,
'-'H-, 43 ss., ed esteso, salvo rare eccezioni, anche alle discipline derogatorie previste in varie normative speciali per l'alienazione forzata di beni determinati: si veda sul punto RAGUSA MAGGIORE. voce «Fallimento (liquidazione e ripartizione dell'attivo)», in Enc. Giur., XIII, Roma, 1989,7;
•SAITA, Diritto fallimentare, 3a ed. aggiornata ed ampliata da Vaccarella e Luiso, Padova, 1996,
-i67: cantra BONSIGNORI, op. uh. cit, 112 per il quale «le specifiche norme sulle vendite forzate di
navi e di aeromobili non possono in questa sede essere utilizzate, se non come fonte terziaria, e
quindi per colmare lacune del codice di procedura civile, proprio per la carenza del rinvio effettuato dal poc'anzi menzionato art. 105»; in senso conforme, BOZZA, La vendita dell'azienda nelle
Procedure concorsuali. Milano, 1988,140.
della identità del fenomeno normato e dell'incoerenza di ogni disallineamento
tra dimensione processuale ed effetti sostanziali connessi10.
II legislatore della riforma non opera alcun richiamo al codice di rito per le
vendite dei beni di pertinenza fallimentare, nell'intento di definire un modello
del tutto nuovo ed autonomo rispetto a quello previgente: viene così ad essere
formalmente superata quella condizione di «reciprocità sistematica» esistente
per il legislatore del '42 tra esecuzione forzata e liquidazione fallimentare, imponendo così all'interprete una riflessione attenta sul senso dell'interruzione
normativa realizzata, sulla sua ampiezza sistematica e sugli effetti dalla stessa
prodotti.
In particolare, va osservato come soggetto deputato all'attività di liquidazione sia in via esclusiva il curatore che deve provvedere «alle vendite e agli
altri atti di liquidazione, tramite procedure competitive anche avvalendosi di
soggetti specializzati», di cui alla riserva di regolamento ministeriale prevista
all'ult. co. dell'art. 107.
La novità di maggiore irruenza della novella, è l'assunzione a parametro di
legalità della vendita, delle «procedure competitive», individuate quale nuovo
modello relazionale tra fallimento e mercato senza che ne sia stata data alcuna
preventiva e sistematica definizione quanto a paradigmi formali e istituti di diritto sostanziale interessati: anzi proprio l'assenza di ogni preventiva definizione rende evidente l'opzione del legislatore verso una norma cornice, volta più
che alla determinazione di dinamiche processuali, alla definizione di un mero
confine alla relazione intessuta con il mercato dalle procedure.
Rispetto alla disciplina previgente, il richiamo alle procedure competitive risulta fortemente influenzato dall'assunzione a prioritario parametro d'azione
dell'attività liquidatoria della vendita «dell'intero complesso aziendale, dei
suoi rami, dei beni o rapporti giuridici individuabili in blocco» ex art. 105,1°
co., superando così ogni problematica relativa al procedimento concretamente
praticabile per la liquidazione dell'azienda di pertinenza fallimentare: il richiamo operato sotto la disciplina previgente ora alla vendita in massa per i complessi di consistenza mobiliare11, ora alle forme della vendita con e senza in-
III
Cfr. ANDRIOLI, voce «Fallimento (diritto privato e processuale)», cit, 439; GARBAGNATI,
Fallimento ed azioni dei creditori, in AA.VV., Atti del quinto Convegno dell'Associazione fra
gli studiosi del processo civile su «Esecuzione individuale e fallimento. Bilancio della legge fallimentare», Pisa, 3-5 giugno 1960, Milano, 1961, 8; MICHELI, Esecuzione forzata, in NICOLÒ,
ANDRIOLI, SEGNI, MICHELI, AZZARITI, SCARPELLLO, Tutela dei diritti, in Comm. ce. Scialoja
Branca, sub art. 2900-2969, Bologna-Roma, 1953, 470; MAZZAMUTO, L'esecuzione forzata, in
Tran. Rescigno, Torino, 1988, 245; BOZZA, op. cit., 46.
1
Cfr. BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 119; ANDRIOLI, voce «Fallimento (diritto privato e processuale)», cit., 440; per la possibilità della vendita tanto a trattative private che
con incanto, si veda PROVINCIALI, op. cit., 1597; FERRARA, op. cit., 584; RAGUSA MAGGIORE, op.
cit., 9.
canto per i complessi di consistenza anche immobiliare12, la più volte affermata impossibilità di procedere alla vendita unitaria di beni gravati da ipoteca,
pegno, privilegio, ritenzione privilegiata13 erano indici evidenti di una difficoltà sistematica e di un'inadeguatezza di ogni connesso paradigma processuale, difficoltà ed inadeguatezza superati in nuce dal legislatore della competitività con il rinvio ad un modello per sua natura aperto e per ciò stesso fortemente uniformante.
Del resto, la rigidità del paradigma processuale risultava fortemente incrinata dalla diffusione di bestpractice sempre più propense all'utilizzo di modelli decisionali di selezione dell'aggiudicatario caratterizzati dalla flessibilizzazione dell'iter procedimentale previsto dalle procedure esecutive e dall'estensione «orizzontale» dei modelli decisionali originariamente tipici di una categoria di beni, con il contestuale superamento dell'anacronistica distinzione
operata dal legislatore tra beni e regime di alienazione14.
La nozione di procedure competitive appare il tratto di maggior difficoltà
ricostruttiva: in via di prima approssimazione, deve dirsi che con il termine
procedure competitive si deve intendere l'assunzione di un modello decisionale di selezione dell'aggiudicatario che assuma a suo connotato intrinseco l'apertura alla competizione tra gli offerenti. Tale modello non si innesta su un
quadro generalmente predisposto dal legislatore: in particolare, va osservato
12
Cfr. Cass., 7 dicembre 1968, n. 3917, in Foro ìt, 1969,1,1215; contro BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit, 120 ss. per il quale «pare a noi che qualsiasi considerazione di natura
pratica si voglia addurre, non sono state finora apportate argomentazioni logiche sufficienti per
sostenere né che il solo 2° co. dell'articolo in esame, né che soltanto l'art. 108 1. fall., né che
una loro mescolanza si possa applicare a una vendita d'azienda composta anche di beni immobili, oltreché di mobili»; ANDRIOLI, voce «Fallimento (diritto privato e processuale)», cit., 440,
nota 437.
13
Cfr. BONSIGNORI, Il fallimento delle società, in GALGANO (diretto da), Tratt. dir. comm. e dir.
ptibbl. ec, IX, Padova, 1986, 661; CUNEO, Le procedure concorsuali, Milano, 1988,1249; in favore
di una vendita in massa di beni gravati da privilegio, RIVOLTA, L'affitto e la vendita dell'azienda
nel fallimento, Milano, 1973,89 ss.; M; MONTANARI, op. cit., 166.
14
Cfr. M. COSTANTINO, op. cit., 36 ss.; BOZZA, op. cit., 46 per il quale «l'interesse pubblico che
informa la procedura fallimentare, l'impulso di ufficio e il carattere autoritativo che dominano la
procedura, la maggiore ampiezza dei poteri di conseguenza attribuiti al giudice sulla liquidazione
dell'attivo rispetto al giudice dell'esecuzione fanno ritenere che questi nell'ambito della tutela
delle posizioni soggettive stabilite dal codice di procedura, goda d'ampia discrezionalità nel disporre i mezzi e le modalità di effettuazione del trasferimento coattivo». Si veda l'estensione del
modello di vendita senza incanto alla vendita di beni mobili e alla vendita d'azienda: tra gli altri,
CUNEO, op. cit., 1251, BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 99; M. MONTANARI, op. cit.,
'51; Cass., 8 luglio 1968, n. 2399, in Giust. civ., 1969, II, 286; quanto alle prassi diverse, si veda
Cass., 22 novembre 1978, n. 5437, in Fall., 1979,733, con nota di LUGARO, Inapplicabilità della sospensione della vendita mobiliare(ex art. 108 legge fallimentare) dopo l'aggiudicazione del bene
«frenato;Trib. Vicenza, 11 febbraio 1984, in Fall., 1984,1045.
come la mancata adozione del modello di selezione dell'aggiudicatario proprio delle procedure esecutive non ha significato per il legislatore l'abbandono
di ogni «evidenza pubblica» del sistema di selezione dell'aggiudicatario, in
quanto:
- con riferimento alla vendita di beni immobili, il 2° co. dell'art. 107 espressamente impone al curatore di procedere alla notificazione a ciascuno dei creditori ipotecari, o comunque muniti di privilegio, della notizia relativa allo stato delle operazioni di vendita, in corso di completamento;
- con riferimento alla generalità delle vendite, il curatore ha facoltà di sospendere la vendita «ove pervenga offerta irrevocabile di acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto»;
- il giudice delegato ha un potere generale di sospendere per gravi e giustificati motivi su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, ovvero di impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto «risulti notevolmente inferiore a quello giusto tenuto conto delle condizioni
di mercato».
Al di là quindi di ogni iniziale interpretazione riduzionistica, pure in prima
lettura proposta da taluni autori, appare allora evidente come le modalità
«competitive» di vendita rimandino ad un modello non autoritativamente procedurale di selezione dell'aggiudicatario, che assuma della negozialità i tratti
di maggior speditezza, preservando nel contempo e per intero nella potestà tutoria del giudice le connotazioni di evidenza pubblicistica delle operazioni di
liquidazione concorsuale.
Nel modello decisionale delineato, il curatore è tenuto quindi ad indicare
nel programma di liquidazione le condizioni di vendita, definendo in ordine ai
beni sia unitariamente che singolarmente considerati (art. 105,1° co.) le procedure competitive che risultino più consone al valore reale dei beni di pertinenza fallimentare, con il solo onere di adeguate forme di pubblicità e con la sola
eccezione per i beni di modesto valore.
Orbene, il modello decisionale della vendita fallimentare non sembra poter
prescindere da un nucleo essenziale di condizioni basilari, sulle quali possono
innestarsi ulteriori elementi di stretta derivazione processuale, al cui assortimento dovrà provvedere il curatore nell'ambito dell'articolazione delle condizioni di vendita operata nel programma di liquidazione.
Quanto alle condizioni fondative, le stesse sono indicate con estrema genericità nell'art. 107 1. fall:
- simmetria informativa garantita da adeguate forme di pubblicità (ult. parte del 1° co.). 11 legislatore recepisce il valore propulsivo riconosciuto dalle best practice a forme di pubblicità adeguate per l'uso di strumenti anche informatici: sul punto, l'osservazione critica possibile ha ad oggetto la devoluzione
alla sola pubblicità di un onere di generale trasparenza dell'operato delle procedure, laddove la prassi concreta ha avuto modo di dimostrare come la concorrenza libera degli offerenti sia assicurata anche dal governo informativo
dei partecipanti agli incanti, da dimensioni procedurali nettamente votate alla
certezza dei comportamenti e dal ripudio e conseguente penalizzazione di
scelte opportunistiche15;
- stima effettuata da parte di operatori esperti, in quanto la qualità delle
informazioni rese dal perito incaricato dalla procedura definisce gli estremi relazionali di affidabilità e concretezza necessari ad una consapevole competizione economica;
- riduzione dei criteri selettivi degli offerenti ad un parametro economico
quale il maggior prezzo, la cui corresponsione (nelle forme dirette e/o indirette consentite dalla stessa legge fallimentare nell'accollo di cui all'art. 105, 9°
co.) costituisce ragione prima dell'individuazione dell'aggiudicatario: la finalità perseguita dalla procedura è pur sempre l'acquisizione del «giusto» prezzo
tenuto conto delle condizioni di mercato, finalità il cui mancato perseguimento
costituisce motivo per l'esercizio da parte del giudice delegato dei poteri autoritativi di interruzione di ogni ulteriore attività di perfezionamento della vendita (su cui vedi infra sub art. 108, par. 2). L'acquisizione del maggior prezzo
dovrà avvenire per il tramite di procedure che assicurino, in via potenziale, la
competizione degli interessati, sia nella formulazione delle offerte iniziali che
nella successione incrementale possibile in esito ad una gara, che assurge a
luogo primario di verifica della natura competitiva della procedura realizzata;
- utilizzo di procedere competitive di selezione dell'acquirente anche nell'ipotesi in cui il curatore si avvalga di soggetti specializzati per i singoli atti di vendita. Sotto la vigenza della precedente disciplina si era discusso quale fosse la relazione tra vendita tramite commissionario e vendita ad offerte private16, dovendo per alcuni escludersi la possibilità per il commissionario di procedere alla
vendita a offerte private17. Il nuovo art. 107 provvede in primo luogo all'esten-
ls
Si veda per tutti la vicenda dell'aumento di sesto, VACCARELLA, Orientamenti e disorientamenti giurisprudenziali in tema di aumento di sesto, in nota a Cass., 12 aprile 1988, n. 2871,
in Foro il., 1989, I. 1923; la natura «aperta» della gara risulta affermata da ultimo dalla Cass..
Sez. Un., 24 luglio 1993, n. 8187. in Giusi, civ., 1993, I, 2032 e ivi, 1994, 1, 411, con nota contraria di A. SCHERMI, Legittimazione a partecipare alla gara conseguente all'offerta di aumento
di sesto nell'esecuzione immobiliare, e in Riv. dir. proc, 1994, 989 con nota di BIFFI, Revirement
della Suprema Corte di Cassazione in tema di legittimazione a partecipare alla gara a seguito
dì offerta dopo l'incanto; in Giur. it., 1994, I, 1, 873, con nota di NELA e in Nuova giur. comm..
1994, I, 512 nota di ATZORI: l'orientamento risulta confermato in numerose decisioni successive della Suprema Corte (cfr. Cass.. 26 febbraio 1998, n. 2122, in Mass. Foro it.. 1998; Id., 11
ottobre 1995, n. 10587, ivi, 1995 : Id., 30 maggio 1995, n. 6063, ibidem; Id., 26 maggio 1995, n.
5880, in Giur. it., 1996, I, 1, 634; Id., 26 febbraio 1998. n. 2122, in Giusi, civ., 1998, I, 2855 nota
di LEPRI e in Nuova giur. comm., 1998, I, 799. nota di BELLANI).
u>
Per una non perfetta corrispondenza, si veda FERRARA, op. cit., 582; contro BONSIGNORI, //
fallimento delle società, cit., 657; PROVINCIALI, op. cit., 1596; in giurisprudenza, si veda Cass., 29
aprile 1988, n. 3236. in Fall., 1988,766, con nota di BOZZA, La revoca dei provvedimenti del giudice delegato autorizzativi della vendita di beni mobili al miglior offerente, 958.
17
Cfr. ANDRIOLI, voce «Fallimento (diritto privato e processuale)», cit., 440, per il quale «si
'ratta di vedere se la vendita a mezzo commissionario sia incompatibile con quella a trattative
sione della possibilità del curatore di avvalersi di soggetti specializzati nella realizzazione delle procedure competitive con riferimento a qualsiasi bene, e non
solo ai beni mobili: tale estensione costituisce un elemento di significativa novità
laddove si abbia riguardo alla particolarità di alcuni beni e alla necessità di ausilio di soggetti specializzati operanti in mercati ristretti, quali ad es. gli agenti di
borsa o in mercati caratterizzati dall'operatività di soggetti internazionali. Ai
soggetti specializzati introdotti in via generica dalla novella non appare riconducibile la disciplina del commissionario prevista dall'art. 532 c.p.c: militano a favore dell'indicazione interpretativa proposta, in primis la rescissione di ogni legame tra operazioni di liquidazione e procedure esecutive, e più in generale l'apertura operata dal legislatore verso forme di alienazione più flessibili e meglio
regolamentate dall'autonomia privata, in cui la relazione tra curatore e soggetto
specializzato può trovare più facile esplicazione, con un chiaro rimando alla disciplina generale di cui all'art 1731 ce.
Di qui alcune conseguenze di non poco momento:
- mentre a norma dell'art. 532 c.p.c. il commissionario deve procedere alla
vendita solo per contanti, il commissionario di diritto privato si presume autorizzato a concedere dilazioni di pagamento in conformità degli usi del luogo in
cui compie l'operazione, salvo il divieto del curatore committente (art. 1732,1°
co., ce);
- mentre il commissionario, qualora non provveda alla vendita nel termine
di un mese dal provvedimento di autorizzazione, ha l'obbligo di riconsegnare i
beni affinché siano venduti all'asta, salva l'ipotesi di una proroga, il commissionario di diritto privato può provvedere alla vendita nel termine più congruo
dedotto in contratto, salvo la facoltà di revoca del curatore dell'ordine a concludere l'affare fino a che egli non l'abbia concluso;
- deve infine pacificamente riconoscersi l'applicabilità al commissionario
alla liquidazione di titoli, divise o merci aventi un prezzo corrente del ed. diritto «all'entrata in proprio», salvo contraria disposizione del curatore18, e dello
star nel credere, con conseguente responsabilità per l'esecuzione dell'affare19.
Quanto alle modalità di vendita, deve ritenersi in generale che il commissionario sia tenuto alla vendita avvalendosi - al pari del curatore - di procedure competitive, indicando condizioni minimali di selezione dell'acquirente, con
la sola eccezione del mandato a vendere titoli, divise o merci aventi un prezzo
private e la risposta deve essere affermativa se si muove dalla premessa, accolta su queste colonne, dell'affidamento dell'incarico della vendita a trattative private [...] al curatore».
18
In favore. ANDRIOI.I, Commento al codice di procedura civile. III. Napoli, 1957,172; contro
D'ONOFRIO, Commento al codice di procedura civile, Torino, 1952,11,915.
19
Sulla commissione, si veda FORMIGGINI, voce «Commissione (contratto di)», in Enc. Dir.,
VII. Milano 1960, 862 ss.; COSTANZA, voce «Commissione (contratto di)», in Digesto/comm., Ili,
Torino, 1988, 167; LUMINOSO, Mandato. Commissione. Spedizione, in Tratt. Cicu-Messineo, Milano, 1984; ID., La commissione, in Tratt. Rescigno,Torino, 1985.
corrente che risulti da listini di borsa o da mercuriali, in quanto la natura concorrenziale insita nel prezzo offerto dal mercato di riferimento elude in nuce
ogni possibilità di provvedere alla individuazione dell'acquirente per il tramite
di una gara tra offerenti.
2. Le modalità competitive della liquidazione concorsuale
L"art. 107 individua nelle procedure competitive il modello decisionale di selezione dell'acquirente dei beni di pertinenza fallimentare: la natura indeterminata del rinvio rende evidente l'opzione del legislatore verso un modello decisionale caratterizzato dall'estrema concretezza, votato alla recezione delle dinamiche concorrenziali del mercato.
Allo stato è forse concretamente possibile operare una prima previsione
dei modelli decisionali di relazione con il mercato instaurabili dalle procedure
fallimentari, pur nella consapevolezza che l'assenza di ogni paradigma processuale introduce rischi classificatori e cadute descrittive:
- vendite a trattativa privata: il ricorso alla trattativa privata risulta ammesso
in via implicita dal legislatore della novella nella sola ipotesi di vendita attuata
per i beni di modesto valore, laddove si esclude la necessità di dare ingresso a
procedure competitive di selezione dell'acquirente: la trattativa privata e per il
suo tramite, la relazione informale del curatore con gli interessati, si porrà come modello celere di alienazione di beni il cui valore non renda necessario
manifestare quelle connotazioni di terzietà e di evidenza concorsuale insite
nell'assunzione di modelli competitivi;
- vendite a procedure competitive semplificate: se un primo modello decisionale è dato rintracciare nell'opzione legislativa in commento, questo è sicuramente rinvenibile nella vendita mobiliare a offerte private, nelle quali la migliore dottrina e la prassi pressoché costante riconoscevano al giudice delegato margini di discrezionalità nel decreto autorizzativo quanto a determinazione più o meno estesa di modalità specifiche della vendita, con connessa maggior o minore estensione dei poteri del curatore quanto ad autonoma articolazione e conduzione della fase di individuazione dell'acquirente20. A differenza
del modello delineato dall'art. 106 previgente, in forza del quale il giudice poteva anche devolvere al curatore la ricerca informale e la scelta dell'acquirente, fissando solo il prezzo e il tempo del suo pagamento, la procedura competitiva si porrà come condizione ineludibile di individuazione del contraente da
parte del curatore: detta individuazione che dovrà avvenire secondo il modello
della gara tra gli offerenti (ossia della ed. licitazione privata), selezionati all'esito di una fase esplorativa fortemente condizionata dalle imprescindibili for20
Per l'analisi minuziosa della vendita a trattativa privata, si veda BONSIGNORI, La liqui'l'izione dell'attivo, cit., 97 ss.
me di pubblicità disposte per i singoli beni. Rispetto alla vendita a trattativa
privata, normalmente preceduta da trattative informali, la vendita in esame risulta strutturata sulla possibile competizione tra gli offerenti e quindi su una
gara, che presuppone la coincidenza di luogo e di tempo nella manifestazione
delle offerte e la possibilità di successione incrementale nelle offerte medesime. A tal fine, lo schema base della gara tra gli offerenti sarà necessariamente
costituito dall'indicazione degli elementi minimi della stessa, quali il prezzo
base21 e le modalità di corresponsione22, elementi questi implementabili in forza di ogni altra ed ulteriore condizione che risulti necessaria alla proficua alienazione dei beni, quali ad esempio l'asseverazione dell'offerta in forza di caparra confirmatoria23;
- vendite a procedure competitive rigide: le vendite normalmente realizzate
nelle amministrazioni straordinarie costituiranno lo schema di maggiore certezza operativa, con l'ordinaria assunzione a modello di relazione con il mercato della vendita con incanto e senza incanto, sia pur rivisitato nel valore degli istituti interessati dall'esperimento di vendita: divisione in lotti, indicazione
di un prezzo base d'asta, forma scritta per la formulazione dell'offerta, sua asseverazione per il tramite di una caparra confirmatoria, luogo di apertura delle buste e dell'eventuale gara tra più offerenti, la misura minima degli aumenti
di prezzo, il termine per il versamento del prezzo, si porranno come condizioni
ordinarie minime di operatività della procedura selettiva in quanto generalmente condivise da ogni modello decisionale di relazione con il mercato che si
vuole animato da momenti di forte terzietà.
All'esito dell'esame proposto, devono conseguentemente escludersi:
- tutte quelle procedure di selezione dell'acquirente che non conoscano
una fase competitiva tra gli offerenti, quali ad es., le procedure ad offerte chiuse, in cui si procede alla scelta in favore dell'offerta maggiore senza un'ulteriore gara tra gli interessati: tale modalità di scelta dell'acquirente non soddisfa
quella connotazione di competitività normalmente legata - già nel paradigma
delle procedure esecutive - alla gara, in cui l'individuazione dell'acquirente
avviene all'esito del concorso di offerte contestualmente formulate dagli interessati, in una successione valoriale per cui l'offerta maggiore esclude l'offerta
minore24;
21
Cfr. PROVINCIALI, op. cit., 1639; BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 97; CUNEO,
op. cit., 1248; contro Trib. Milano, 10 gennaio 1959, in Giur. il., 1959, I, 2, 654, con nota di TRAVI,
Profili e questioni in tema di vendita fallimentare, 656; contra AZZOLINA, // fallimento e le altre
procedure concorsuali, Torino, 1961, II, 857.
22
Cfr. PROVINCIALI, op. cit., 1639; BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 97.
2
' Non essendo possibile un richiamo tecnico alla cauzione di cui all'art. 576 c.p.c. e al regime
di cui all'art. 587 c.p.c, per i motivi di cui infra, nel testo.
24
Sia consentito il rimando a LICCARDO, / modelli decisionali della vendita coattiva nelle leggi
14 maggio 2005, n. 80, 28 dicembre 2005, n. 263 e 24 febbraio 2006, n. 52: ovvero della qualità delle
leggi o delle leggi senza qualità, in www.judicium.it; Io., L'esecuzione immobiliare:prassi applicative e prospettive di riforma, in Doc. Giust., 1997,359 ss; ID., Brevi note sul disegno di legge Panelli-
- tutte quelle procedure che prevedano la possibilità che all'inadempimento dell'acquirente subentri automaticamente l'ultimo degli offerenti in aumento, non essendo dato procedere a forme di recupero delle competizioni realizzate senza alterare il senso e il valore dell'esperimento di selezione dell'acquirente: al riguardo, deve osservarsi come le modalità competitive realizzino la
loro natura selettiva nell'atto ultimo di individuazione dell'acquirente, essendo ogni atto prodromico alla stessa rilevante nella misura e limitatamente al
tempo in cui non risulti superato da un'altra offerta. L'inadempienza dell'acci uirente costituirà motivo per la retrocessione della procedura alle fasi di nuovo avvio, senza alcuna possibilità di reintegrazione degli esiti parzialmente
conseguiti.
L'assenza di ogni richiamo normativo alle procedure di scelta dell'aggiudicatario rende evidente peraltro che l'aggiudicazione al miglior offerente costituisce un mero atto di individuazione dell'acquirente, come tale preliminare e
preparatorio al successivo contratto di vendita, alla cui stipula va ricondotto
ogni effetto traslativo: in altri termini, è da escludere che possa parlarsi di aggiudicazione nell'accezione propria delle procedure esecutive, ovverosia quale
vincolo della potestà giurisdizionale ad emettere gli atti conclusivi della vendita in favore di un soggetto determinato dai meccanismi selettivi della gara25, in
quanto la rescissione di ogni legame diretto tra procedure esecutive e operazioni di liquidazione si manifesta in pieno nell'impossibilità di riconoscere natura conclusiva all'intervento autoritativo del giudice. Ciò determina l'impossibilità, rispetto alla disciplina previgente:
- di dare ingresso a quelle forme di autotutela proprie del processo esecutivo quali la dichiarazione di decadenza dall'aggiudicazione e la confisca della
cauzione previste dall'art. 587 c.p.c, potendo il curatore richiamare le sole forme di tutela originariamente dedotte nella procedura di individuazione dell'acquirente, quali ad esempio quelle ordinarie di cui all'art. 1385 ce.26;
- di richiamare il meccanismo della diserzione degli incanti, con gli automatismi di rideterminazione del prezzo base propri del nuovo art. 591 c.p.c. dovendo la disciplina di tali ipotesi essere per intero rimessa al programma di li-
A.C. 3272/C/XIII, recante «Modifiche al codice di procedura civile in materia di espropriazione
forzala immobiliare», in Riv. esecuzione forzata, 2000,580; ID., La ragionevole durata del processo
esecutivo:/'esperienza del Tribunale di Bologna negli anni 1996-2001 ed ipotesi di intervento, ivi,
2001.566.
2
" Cfr. Cass., 29 aprile 1988, n. 3236, in Fall, 1988,766, con nota di BOZZA, La revoca dei provvedimenti autorizzativi della vendita dei beni mobili al miglior offerente, 958; Id., 19 novembre
1^92, n. 12384, ivi, 1993,371; Id., 26 novembre 1993, n. 11729, ivi, 1994,563.
~6 Sulla funzione della caparra, per la sua assimilazione ad una penale, con conseguente applicabilità dell'art. 1384 ce. si veda TRIMARCHI, voce «Caparra (diritto civile)», in Enc. Dir., VI, Milano. 1960,202; cantra, DE NOVA, Le clausole penali e la caparra confirmatoria, in Tratt. Rescigno,
'l'orino, 1995,423.
quidazione e alle determinazioni autorizzative del giudice delegato. In particolare, va ricordato come la diserzione si pone come strumento di qualificazione negativa della fase di selezione dell'acquirente, con incidenza diretta sulle
condizioni di vendita: tali condizioni devono essere preventivamente autorizzate dal giudice delegato ovvero essere oggetto di un supplemento del programma di liquidazione a norma dell'art. 104 ter, 6° co.;
- di richiamare, quanto ad atto perfezionativo della vendita, il decreto di trasferimento di cui all'art. 586 c.p.c: il contratto, soggetto alle regole ordinarie,
quali il ricorso alla forma scritta ex art. 1350 ce.27, produrrà l'effetto traslativo
normalmente connesso alla vendita e sarà assoggettato al regime degli effetti
sostanziali della vendita coattiva28 c.c.(su cui vedi infra sub art. 108, par. 7).
Prima della sottoscrizione di ogni contratto di vendita, il curatore dovrà
provvedere:
- con riferimento ai soli beni immobili, alla notificazione a ciascuno dei creditori ipotecari o muniti di privilegio, degli esiti delle procedure di selezione
dell'acquirente;
- con riferimento alla generalità delle procedure, al deposito della documentazione comprovante gli esiti delle procedure adottate, al fine di rendere
possibile l'istanza di sospensione di cui all'art. 108,1° co. (su cui vedi infra sub
art. 108, par. 3).
Al riguardo, va osservato come gli oneri comunicativi specifici e generali
posti a carico del curatore siano strettamente correlati all'esercizio da parte di
un ceto creditorio qualificato - quanto alla prima ipotesi - e di un'ampia serie
di interessati - quanto alla seconda ipotesi - delle istanze di sospensione contemplate dal successivo art. 108.
Quanto al campo di applicazione, deve ritenersi che le procedure competitive si estendano anche alla liquidazione dei beni operata dal curatore prima
della approvazione del programma, su autorizzazione del giudice delegato,
nell'intento di non pregiudicare l'interesse dei creditori: militano in favore della soluzione proposta, sia il tenore letterale della previsione abilitativa, ove si
opera un rimando alla liquidazione dei beni senza alcuna indicazione normativa ulteriore, sia il valore del rimando medesimo, non potendo a priori escludersi che la liquidazione dei beni, pur necessitata dalle ragioni indicate, abbia
ad oggetto una vasta gamma di beni, che senza esaurire il programma di liquidazione, ne costituisca sua parte consistente, con evidente irragionevolezza di
27
Cfr. GIORGIANNI, voce «Forma degli atti (diritto privato)», in Enc. Dir., XVII, Milano,
1968. 1003: C.M. BIANCA. Diritto civile. III. // contralto. Milano, 2000, 273 ss.
28
Cfr. BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 101 s.; ANDRIOLI, voce «Fallimento (diritto
privato e processuale)», cit., 440; per gli esiti ultimi, SILVESTRI, Liquidazione dell'attivo nelle procedure concorsuali e garanzia per vizi della cosa, in Fall, 1983. 1100-1103; SEVERINI, Configurabilità
della vendita di cosa diversa da quella promessa nelle procedure concorsuali, in Fall., 1987,255.
ogni esclusione del regime delineato dall'art. 107, di per sé stesso non ostativo
a momenti di speditezza relazionale con il mercato.
3. Subentro del curatore nelle procedure esecutive pendenti
L'art. 107, al 5° co., espressamente riconosce al curatore la facoltà di subentro
nelle procedure esecutive in corso, con conseguente applicazione delle disposizioni del codice di procedura civile.
Rispetto alla previgente formulazione dell'art. 107, la riforma provvede ad
introdurre una normativa estremamente semplificata in quanto:
- ha cura di estendere la facoltà di subentro a tutte le procedure esecutive
pendenti, ivi comprese le procedure esecutive mobiliari, superando così l'anacronistica limitazione alle sole espropriazioni immobiliari in corso all'atto della dichiarazione di fallimento29;
- non riconosce alcuna rilevanza alla fase di distribuzione del prezzo, per la
quale il curatore era chiamato dalla previgente disciplina ad un intervento necessario per procedere alla distribuzione del ricavato, ora interamente devoluta
in sede fallimentare30, ora integrata dai crediti insinuati al passivo fallimentare31;
- definisce conseguentemente un generale regime di improcedibilità dichiarata dal giudice su istanza del curatore, per l'ipotesi che il curatore non
eserciti tale facoltà di subentro. In particolare, nella riscrittura operata dal legislatore della novella, il subentro dismette così ogni condizione di automaticità
prima insita nel previgente art. 10732 per assumere gli estremi della valutazio-" In precedenza, per l'improcedibilità per carenza assoluta d'azione da parte dei creditori
nelle procedure mobiliari, quand'anche modellate sulle forme dell'esecuzione immobiliare (per
navi ed aeromobili), si veda BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 145.
-1" Cfr. MONTESANO, Sulla devoluzione al fallimento della somma ricavata dall'espropriazione
immobiliare, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1959,560; MARTINETTO, Rapporti tra fallimento ed espropriazione forzata, in Dir. fall., 1969,1,193; PROVINCIALI, op. cit. 1621-1623, nota 609: CAPPONI, La
distribuzione della somma ricavata, in ID., Studi sul processo di espropriazione forzata, Torino,
1W9.459; AZZOLINA, op. cit., 869; Cass., 19 maggio 1992, n. 5987, in Fall., 1992.1110.
'' In quanto per i creditori intervenuti nella procedura «il relativo soddisfacimento era legato
soltanto alle loro rispettive azioni esecutive individuali», BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo,
cit.. 149; ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, cit., 280.
': Cfr. FERRARA, op. cit.. 588; RIVOLTA, op. cit., 96 per il quale, correttamente, automaticità
non si traduceva in un obbligo di prosecuzione; in tal senso, M. MONTANARI, op. cit., 288; contro,
MONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 140; per la insussistenza di un obbligo del curatore
di intervento, PROVINCIALI, op. cit., 1607; BONGIORNO, In tema di conversione del processo di esec
«zione forzata individuale in espropriazione fallimentare, in Giur. merito, 1973,1,424 ss.; GARBATATI, Fallimento ed azioni dei creditori, in AA.VV., Atti del quinto Convegno dell'Associazione
'r;i gli studiosi del processo civile su «Esecuzione individuale e fallimento. Bilancio della legge
fallimentare», cit.. 11; PICARDI, La successione del curatore nell'esecuzione immobiliare, in Riv.
lr
"n. dir. e proc. civ., 1965, 506; contro SCHETTINI, Significato e limiti dell'intervento del curatore
n
ell espropriazione immobiliare in corso all'atto della dichiarazione di fallimento, in Dir. fall,
ly
62,1,204.
ne strategica rimessa per intero al curatore: l'improcedibilità colpirà pertanto
tanto la procedura esecutiva che abbia provveduto ai primi adempimenti,
quanto la procedura esecutiva che abbia proceduto alla vendita dei beni con il
perfezionamento degli atti traslativi, determinando così la devoluzione al riparto fallimentare di ogni somma acquisita.
La riforma effettua una netta opzione in favore dell'integrale applicazione
delle norme del processo esecutivo interessato dall'intervento surrogatorio
della curatela, con assunzione dei modelli decisionali propri del processo esecutivo nella loro interezza relazionale, prima oggetto di un difficile coordinamento con la normativa fallimentare33, lasciando peraltro insolute le problematiche connesse alla distribuzione del ricavato, non facilmente componìbili
nel semplicistico richiamo alla normativa di cui agli artt. 509 ss. c.p.c: al riguardo deve ritenersi, conformemente a quanto affermato dalla migliore dottrina34, che il subentro operato dal curatore determini la sua successione nel diritto al ricavato originariamente spettante al creditore procedente e agli altri
creditori intervenuti, con necessaria devoluzione al riparto fallimentare di
ogni funzione distributiva del ricavato.
Ai fini del proficuo esercizio della facoltà di intervento, il curatore dovrà
opportunamente valutare che il subentro consente:
- di giovarsi degli effetti sostanziali del pignoramento ex art. 2913 ce.35, con
conseguente inopponibilità degli atti dispositivi realizzati in danno dei beni
oggetto di pignoramento;
- di assumere il processo nello stato in cui si trova all'atto della dichiarazione
di fallimento, con riferimento alle preclusioni maturate in favore o in danno del
creditore procedente, con diversa rilevanza da assegnarsi alle opposizioni di rito
e di merito, in quest'ultimo caso in relazione alla natura degli interessi dedotti36;
33
Si veda la problematica possibilità per il giudice dell'esecuzione di procedere alla sospensione ex art. 108 1. fall., superata dalla novellazione dell'art. 586 c.p.c. da parte della 1. 12 luglio
1991, n. 203: sul punto, BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 137-139; per la conversione della procedura esecutiva in liquidazione concorsuale. A. DE MARTINI, Fallimento sopravvenuto nel corso dell'esecuzione forzata individuale, in Foro it., 1952, I, 649; PROVINCIALI, op.
cit., 1605; Cass., 5 maggio 1992, n. 5987, in Nuova giur. comm., 1993,1, 395, con nota di PETTARIN
e PONTI, Questioni in tema di rapporti tra procedure concorsuali e procedure esecutive; contro,
ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, cit., 277; BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 129-131; PICARDI, op. cit., 506, cui si rimanda per ampiezza di analisi.
34
PICARDI, op. cit.. 519 ss.
33
In tal senso, ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, cit., 279; contro, per la possibilità di avvalersi degli effetti sostanziali anche nell'ipotesi di rinuncia, Trib. Genova, 24 maggio
1991. in Fall., 1991,1094;Trib. Roma, 28 settembre 1990, ivi, 1991,614, con nota contraria di CECCHERINI, Inopponibilità al fallimento di alienazione di immobile pignorato e rimedi a tutela del terzo acquirente.
36
Se appare corretto affermare che la dichiarazione di fallimento produce ex se la carenza di
interesse del debitore in opposizione ex art. 615 alla prosecuzione del giudizio, altrettanto non
può dirsi per il terzo acquirente in opposizione: sulle problematiche interessate dal terzo acqui-
- di esercitare le facoltà normalmente riconosciute al ceto creditorio intervenuto, quali ad es. nella vendita senza incanto, la facoltà di dissenso ex art. 572
c.p.c (come novellato dalla 1. 14 maggio 2005, n. 80) in ordine all'unica offerta
di acquisto, la richiesta di amministrazione giudiziaria dei beni o di fissazione
di un nuovo procedimento di vendita all'esito della diserzione degli incanti, ex
art. 591 c.p.c;
- di richiedere la revoca del provvedimento di sospensione adottato dando
ulteriore corso al processo esecutivo in forza di un atto di riassunzione, nei limiti in cui la stessa possa essere richiesta37.
4. Potere di sospensione del curatore
Analogamente al potere del giudice delegato38, l'art. 107 riconosce al curatore
una limitata facoltà di sospensione della vendita laddove pervenga un'offerta
irrevocabile di acquisto superiore del dieci per cento al prezzo offerto.
In un'ottica sistematica, appaiono evidenti le affinità della sospensione in
esame rispetto alla figura, per molti versi problematica, dell'aumento di quinto: si assiste così, sia pur nell'assenza di un paradigma processuale certo, alla
trasposizione nell'ambito delle procedure competitive di un istituto quale
quello dell'aumento successivo al perfezionamento di una procedura di selezione dell'acquirente, senza che l'introduzione sia accompagnata:
- dalla definizione di una dimensione temporale di certezza, quale quella
conseguente ai dieci giorni successivi alla aggiudicazione ex art. 584 c.p.c;
- dalla definizione di comportamenti certi e doverosi da parte dell'offerente, ad es. per cauzione, e conseguentemente, da parte del curatore, la cui sospensione appare assolutamente discrezionale, difficilmente collocabile in via
preventiva nell'ambito del meccanismo di scelta dell'acquirente.
Cercando di dare ordine sistematico a tale sospensiva, deve in particolare
osservarsi come negli intenti del legislatore, la sospensiva in esame si collochi
immediatamente a ridosso della chiusura della procedura di selezione dell'ag-
vente. si veda in generale Cass., 4 settembre 1985. n. 4612, in Giusi, civ., 1986, I, 441, con nota di
l-i iso. L'acquirente del bene pignorato nel processo esecutivo; G. VERDE, Il pignoramento in danno dell'acquirente di cosa pignorata, in Riv. dir. proc, 1992,99.
"Così efficacemente. M. MONTANARI, op. cit., 299; contro, per la revocabilità estesa dei provvedimenti di sospensione. SATTA, op. cit., 343; BONSIGNORI, La liquidazione dell'attivo, cit., 136,
Per il quale «l'avversa opinione condurrebbe all'inammissibile conseguenza di reputare operante
nei confronti del curatore l'eventuale provvedimento di sospensione del processo esecutivo, collegato alla opposizione proposta dal debitore contro il creditore procedente». Appare chiaro al
riguardo, che il riferimento all'opposizione del debitore non coglie l'intera gamma dei provvedimenti sospensivi, per cui appare necessaria una disamina che ne verifichi il collegamento con i diritti che in opposizione si assumono lesi.
'* Su cui infra sub art. 108 1. fall.
giudicatario, immediamente e prima del deposito della documentazione relativa (ex art. 107, 4° co.) e per le vendite immobiliari, nonostante l'intervenuta
notificazione al ceto creditorio qualificato.
In tale dimensione temporale, alla cui ricostruzione si provvede anche in
ragione della collocazione sistematica della disposizione normativa all'interno
dell'art. 107, appare possibile collocare un potere di «ravvedimento» del curatore, laddove a fronte di un'offerta di maggior rilevanza economica, possa decidere di sospendere la vendita e dare ingresso ad una ulteriore procedura selettiva, quand'anche abbia proceduto per gli immobili alla notificazione dell'esito delle procedure competitive in favore del ceto creditorio qualificato.
L'ingresso o meno dell'ulteriore fase di «aumento», unitamente alle modalità seguite dal curatore, potranno essere oggetto di sindacato in sede di gravi e
giustificati motivi da parte del giudice, procedendo alla sospensione delle operazioni di vendita laddove ad esempio, l'aumento non sia accompagnato da
una riapertura generale del concorso degli offerenti39.
39
Cfr. per ampiezza e concludenza di analisi, VACCARELLA, op. cit., 1931; NELA, La legittimazione ad offrire l'aumento di sesto ex art. 584 c.p.c. del partecipante sconfitto al precedente
incanto: una questione davvero risolta?, in Giur. il, 1994, I, 1, 874, nota 2; A. SCHERMI, Legittimazione a partecipare alla gara conseguente all'offerta in aumento di sesto nell'esecuzione immobiliare, in Giusi civ, 1994, I, 411.
Articolo 108
Poteri del giudice delegato*
[1] Il giudice delegato, su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati,
previo parere dello stesso comitato dei creditori, può sospendere, con decreto motivato,
le operazioni di vendita qualora ricorrano gravi e giustificati motivi ovvero, su istanza presentata dagli stessi soggetti entro dieci giorni dal deposito di cui al 4° co. dell'art. 107, impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto tenuto conto delle condizioni di mercato.
[2] Per i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico e per i beni immobili, una volta
eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, il giudice delegato ordina, con decreto, la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni
dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo.
Commento di PASQUALE LICCARDO e GUIDO FEDERICO
Sommario
1. Poteri di sospensione del giudice delegato in generale - 2. Sospensione delle operazioni di vendita - 3. Sospensione per ingiustizia del prezzo - 4. Relazione tra sospensione delle operazioni di vendita e sospensione per ingiustizia del prezzo - 5. Cancellazione dei vincoli pregiudizievoli - 6. Natura giuridica della vendita fallimentare - 7. Effetti della vendita fallimentare
1. Poteri di sospensione del giudice delegato in generale
11 procedimento della liquidazione concorsuale risulta caratterizzato dall'articolazione di un sistema di sospensione delle operazioni di vendita per molti
versi esteso e non linearmente consequenziale.
In primo luogo, va osservato come si assista ad un fenomeno di generalizzazione del potere di sospensione, dalla legge fallimentare del '42 incisivamente
riconosciuto al giudice delegato all'art. 108, 3° co., nella sola vendita immobi-
* Disciplina precedente: art. 108. Modalità della vendita degli immobili [1] La vendita degli immobili deve farsi con incanto. Il giudice delegato tuttavia, su proposta del curatore, sentito il comitato dei creditori e con l'assenso dei creditori ammessi al passivo, aventi un diritto di prelazione
sugli immobili, può ordinare la vendita senza incanto, ove la ritenga più vantaggiosa. [2] Le vendite sono disposte con ordinanza dal giudice delegato, su istanza del curatore, ed hanno luogo innanzi al giudice medesimo, salvo quanto disposto dall'art. 578 del codice di procedura civile. [3] Il
giudice che procede può sospendere la vendita, quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto. [4] Un estratto dell'ordinanza che dispone la vendita è notificato
dal curatore a ciascuno dei creditori ammessi al passivo con diritto di prelazione sull'immobile,
nonché ai creditori ipotecari iscritti.
liare fallimentare e dalla giurisprudenza esteso ad ogni attività Iiquidatoria
realizzata dagli organi della proceduraJ.
L'art. 108 della riforma si caratterizza per previsione di un duplice potere di
sospensione del giudice:
- un potere di sospensione delle operazioni di vendita qualora ricorrano
gravi e giustificati motivi, su istanza del fallito, del comitato dei creditori, o di
ogni altro interessato;
- un potere di arresto del perfezionamento delle operazioni di vendita su
istanza presentata dagli stessi soggetti entro dieci giorni dal deposito della documentazione comprovante gli esiti delle procedure competitive, quando il
prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto tenuto conto delle
condizioni del mercato.
L'art. 107, al 3° co., assegna altresì al curatore un analogo potere di sospensione della vendita laddove pervenga offerta migliorativa per un importo non
inferiore al dieci per cento del prezzo offerto.
Alla qualificazione di un tale potere sospensivo appare opportuno procedere con estrema cautela, non prima di aver provveduto ad una considerazione di carattere sistematico quanto a confini ed oggetto: il legislatore della
riforma fallimentare definisce la sospensione quale strumento o fase della liquidazione, ovverosia come misura rivolta a garantirne il coerente ed ordinato
svolgimento, con conseguente estraneità di quanto oggetto di devoluzione nella sospensione della liquidazione dell'attivo di cui all'art. 19 della novella, sistematicamente connesso al giudizio di appello avverso la sentenza dichiarativa di fallimento (art. 18).
2. Sospensione delle operazioni di vendita
Quanto alla prima figura di sospensione, appare evidente come il legislatore
della riforma abbia inteso definire un potere di generale sospensione delle
operazioni di vendita disancorandolo dai limiti angusti della pregressa previsione normativa dell'art. 108, operando un richiamo ad elementi tipici del potere di interruzione dell'ordinaria sequenza delle attività esecutive, quali comunemente ravvisati nella gravità e ricorrenza dei motivi, senza che sia possibile alcun richiamo all'istituto di cui agli artt. 295,298, 624 bis e 628 c.p.c.2: da1
BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, in Comm. I. fall. Scialoja Branca, sub art. 104-117, Bologna-Roma, 1976, 163 per il quale «va pertanto esclusa la sua estensione in via analogica anche
alla vendita mobiliare, pure alla luce dell'ulteriore rilievo che si tratta di disposizione che restringe
il libero esercizio dei diritti degli offerenti all'incanto». Cfr. PROVINCIALI, Trattato di diritto fallimentare,III, Milano, 1974.1592;Trib. Catania,27 aprile 1978,in Dir. fall, 1978,11,337:cantra, Cass.,
2 aprile 1985, n. 2259,in Dir. fall., 1985, II, 727:Trib. Vicenza, 11 febbraio 1984,ivi, 1984,1045.
:
Così BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, cit., 164, «in quanto da un lato il procedimento
fallimentare continua; dall'altro, non è che la vendita riprenda dove è stata interrotta, perché si ri-
ta la formulazione della norma ed il suo generico riferimento alle operazioni
di vendita, comunque realizzate dal curatore, deve ritenersi che il potere in
esame abbia ad oggetto qualsiasi esperimento di vendita condotto dal curatore, qualunque sia la modalità concretamente realizzata e con riferimento ad
uno qualsiasi dei beni di pertinenza fallimentare dedotti in vendita ex artt. 105
e 106.
Il potere di iniziativa, riconosciuto in via estesa al fallito, al comitato dei
creditori e ad altri interessati, risulta per sua natura collegato alle operazioni
di vendita, vale a dire all'attività realizzata dal curatore in attuazione del programma di liquidazione autorizzato dal giudice delegato: le operazioni di vendita costituiscono oggetto di sindacato per gravi e giustificati motivi, la cui ricorrenza può essere dal giudice valutata ai fini della sospensione, una volta acquisito il parere del comitato dei creditori.
La natura estesa dei soggetti legittimati impone un'opera di raccordo tra la
misura in esame e le ipotesi concretamente veicolate dalla stessa norma: va in
questa sede in sintesi ricordato come con riferimento alla sospensione di cui
all'art. 108 della previgente legge fallimentare, fosse discusso l'inquadramento
dogmatico della misura sospensiva prevista, per alcuni da ricondursi alla revoca o modifica dell'ordinanza di vendita3, per altri da qualificarsi come sospensione/arresto del procedimento di vendita in quanto «l'ordinanza di vendita,
all'asta o senza, resta ferma, e ne è soltanto sospesa l'esecuzione, differendosene, altresì la prosecuzione al momento in cui il giudice delegato lo reputi opportuno4». Il legislatore della riforma sembra ignorare ogni precedente oscillazione dottrinaria, propendendo per un allargamento delle ipotesi di arresto
delle operazioni di vendita a «gravi e giustificati motivi» e non limitata alla sola ingiustizia del prezzo offerto.
Il tentativo di procedere ad una sia pur approssimativa delimitazione del
valore della misura in esame deve necessariamente muovere dagli esiti interpretativi da sempre assegnati a formule aperte quale quella in esame5, non
senza osservare come la norma registri ed amplifichi l'eccezionalità della misura nella valenza duplice delle ricorrenze legittimanti, quali la gravità e la giustificazione.
comincia daccapo, quando il giudice delegato non decida di passare ad altro tipo di vendita, o persino fermare l'intera fase di liquidazione, per sondare l'eventualità di proposte di concordato».
3
Cfr. PROVINCIALI, op. cit, 1629; Cass.. 12 novembre 1993, n. 11187, in Fall, 1994, 269; Id., 27
febbraio 1992, n. 2420, in Foro il, 1992,2710.
4
BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, cit., 162.
■"■Assai indicativa al riguardo appare l'evoluzione registrata dalla sospensione ex art. 624 c.p.c
e la sua attrazione all'interno delle misure cautelari: si veda al riguardo, BUCOLO, La sospensione
nella esecuzione. II. Le opposizioni esecutive. Milano, 1972; CARPI, voce «Sospensione dell'esecuzione (diritto processuale civile)», in Enc. Giur.,XX\X. Roma, 1993; CONSOLO. In tema di pretesa
efficacia sospensiva dell'opposizione agli atti esecutivi in relazione all'art. 178, uh. comma, in Giur.
»•■ 1987,1,1,1815.
Ciò posto, va in limine osservato come la sospensione in esame non sembra
riconducibile all'alveo degli strumenti cautelari, volti ad apprestare una tutela
immediata al possibile pregiudizio patito per operazioni di liquidazione da terzi estranei alla procedura: in particolare, il riconoscimento esteso a qualunque
interessato dall'iniziativa liquidatoria sembrerebbe in nuce legittimare una lettura aperta dell'art 108, che superi gli estremi interpretativi rinvenibili nella
sua collocazione normativa all'interno del Capo VI relativo alla liquidazione
dell'attivo per farne uno strumento «cautelare» generalmente azionabile contro le operazioni di liquidazione reputate lesive dei diritti di terzi.
Ed invero, non può escludersi che per il tramite dell'istanza di sospensione
in esame, venga veicolato l'interesse di quanti, tempestivamente insinuatisi al
passivo affermando la titolarità di diritti su beni mobili o immobili, non risultino ancora ammessi in quanto le attività di verifica non abbiano ancora avuto
corso nel termine perentorio assegnato (centoventi giorni), ovvero risultino
esclusi al suo esito, pendendo rituale opposizione.
Appare evidente come la rescissione di ogni legame tra fase di verifica dello stato passivo ed ingresso delle attività di liquidazione, lasci al creditore quale unico strumento di tutela prima dell'ultimazione dello stato passivo, l'istanza di sospensione laddove non si riconosca, come pure in passato affermato, un
effetto sospensivo connesso alla semplice formulazione della domanda di restituzione e rivendica al passivo6.
Rimettendo al commento sub art. 103 il vaglio dell'ampia problematica
quanto alla sussistenza o meno di un obbligo di sospensione della vendita dei
beni in presenza di una domanda tempestiva di rivendica, va qui osservato come la sospensione ex art. 108 sembri ben diversa dalla sospensione richiesta
dall' attore in rivendica e in restituzione, in quanto quest'ultima non mira ad
assicurare la coerenza endoconcorsuale dell'attività di liquidazione ma a porsi
come strumento a garanzia del diritto affermato, con evidenti rimandi al potere di sospensione del giudice dell'esecuzione ex art. 624 c.p.c, in corso di opposizione di terzo7.
6
Per l'efficacia sospensiva ipso iure della domanda di rivendicazione, in conformità con l'art.
808 del codice di commercio. PROVINCIALI, op. cit., 1539, nota 570; Cass., 20 febbraio 1967, nota
419, in Giust. civ., 1967,1,1315, per la quale il 3° co. dell'art. 103 1. fall, «autorizzando il giudice delegato a sospendere la vendita delle cose per cui sia stata proposta domanda di rivendica, restituzione o separazione in via tardiva, ai sensi del precedente art. 101, presuppone che per le domande di rivendica tempestivamente proposte (artt. 103 e 93 ss. della legge), la sospensione di verifichi ex lege. Sarebbe, infatti, palesemente illogico, dato che la sospensione facoltativa è prevista
solo per le rivendiche tardive, giungere alla conclusione che per quella tempestiva nessuna sospensione sia possibile. Si farebbe, infatti, al terzo rivendicante diligente un trattamento assai deteriore di quello riservato al terzo che intralcia la procedura con le sue istanze tardive».
7
BUGOLO, op. cit., 99; per una visione unitaria del potere di sospensione ex art. 103 della legge
fallimentare cessataci veda AZZOLINA, Il fallimento e le altre procedure concorsuali,Torino, 1961,
II, 825 ss., nota 396; Trib. Trani, 7 febbraio 1978, in Giur. comm., 1979, II, 912, con nota parzialmente adesiva di FORTUNATO, Domanda tempestiva di restituzione e diritto del terzo in caso di
vendita fallimentare del bene, in Giur. comm., 915 ss.; per un obbligo di sospensione, PROVINCIALI,
Il potere di sospensione in esame deve pertanto intendersi come concreta
manifestazione di un potere tutorio del giudice delegato sulle attività di liquidazione, ponendosi come strumento volto ad assicurare la coerenza tra atto
autorizzativo e operazioni realizzate dal curatore, affinché non risulti alterato
l'ordine e la razionalità progettuale propria del programma di liquidazione,
ovvero non ne risulti menomata la sua capacità di porsi come strumento di relazione con il mercato votato al massimo realizzo per il tramite di procedure
competitive: indice a tale fine significativo, deve ravvisarsi nella previsione che
esigenze sopravvenute ovvero circostanze originariamente non considerate
non costituiscono ex se ragioni di deroga per il curatore al piano autorizzato,
ma dovranno essere dedotte dal curatore in un supplemento del piano di liquidazione, «con le modalità di cui ai commi primo, secondo e terzo» (art. 104 ter,
6 co.)-
Ciò posto quanto ai confini e alla natura della sospensione in esame, deve
ritenersi che gravi e giustificati motivi possono essere ravvisati:
- nell'estraneità delle operazioni di liquidazione al programma oggetto di
approvazione da parte del giudice delegato: ed invero, la realizzazione da parte del curatore di attività non preventivamente autorizzate si risolve in un motivo di reclamo contro gli atti del medesimo, proponibile dal fallito e da ogni
altro interessato, in quanto atto in violazione di legge ex art. 36, nonché nella
contestuale proponibilità dell'istanza di sospensione. Né appare logico limitare alla sola relazione, programma di liquidazione-vendite, il potere di sospensione in esame che deve ritenersi esteso anche alla liquidazione dei beni operata dal curatore nell'immediatezza dell'apertura della procedura concorsuale
su espressa autorizzazione del giudice delegato, in quanto si deduca l'irragionevolezza economica delle vendite realizzate ovvero la loro non conformità al
decreto autorizzativo;
- nell'adozione da parte del curatore di modalità non competitive per la
vendita ovvero nell'adozione di modalità competitive non adeguate al valore e
consistenza dei beni oggetto di vendita: al riguardo, la coerenza tra modalità
competitive concretamente realizzate e valore delle operazioni di liquidazione
si pone come condizione dell'attività liquidatoria del curatore che potrà essere
sindacato dal giudice su istanza di ogni interessato, determinandone l'interruzione;
- negli incidenti della fase di selezione dell'acquirente non compiutamente
dominati dal curatore, in quanto l'interruzione dell'iter perfezionativo si pone
come strumento di immediata operatività al fine di evitare il consolidamento
in capo a terzi di diritti dedotti nei contratti di vendita. Al riguardo, sarà possibile dedurre con l'istanza di sospensione l'errata individuazione dell'acquirente all'esito della gara, ovvero la realizzazione della gara medesima in condizio"P- cit., 1539, nota 570; sulle problematiche si veda per tutti BOZZA e SCHIAVON, L'accertamento
ilei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, Milano, 1992,559.
ni di non libera concorrenza di offerte: se è vero che l'impossibilità di richiamare nella sede gli strumenti di tutela penale (art. 353 c.p.) discende dall' interruzione di ogni legame con la liquidazione esecutiva, è altrettanto vero che
la stessa potrà costituire grave e giustificato motivo per la sospensione delle
attività di liquidazione della vendita realizzata in condizione di minoranza
competitiva quale quelle derivanti da comportamenti illeciti di terzi.
3. Sospensione per ingiustizia del prezzo
L'ult. parte del 1° co. dell'art. 107 riproduce quanto già previsto dall'art. 108 1.
fall., espressamente disciplinando un potere di interruzione del perfezionamento della vendita qualora «il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a
quello giusto tenuto conto delle condizioni di mercato».
Tale potere di sospensione rimanda ad un potere di iniziativa degli interessati, da esercitarsi nel termine di dieci giorni dal deposito della documentazione relativa agli esiti delle procedure competitive, come previsto dall'art. 107,4°
co.: si tratta di un potere di sospensione che può riguardare le operazioni di
vendita di qualsiasi bene di pertinenza fallimentare ex artt. 105 e 106, senza alcuna preventiva esclusione, qualunque sia la modalità competitiva adottata
(ed. licitazione privata, modalità competitive rigide), nella ricorrenza del solo
presupposto della notevole sproporzione tra prezzo offerto e giusto prezzo8,
con evidenziazione dell'ampiezza dei poteri valutativi rimessi al giudice, non
sindacabili in cassazione9.
L'uso estremamente parco da parte dei giudici del potere di sospensiva in
esame10 risultava - sotto la vigenza del cessato art. 108 - motivato dalla necessità di restituire autenticità decisionale agli incanti, oggetto altrimenti di facili
turbative e/o di comportamenti opportunistici: nel nuovo quadro normativo è
prevedibile un uso più ampio della sospensiva in esame, in quanto l'assenza di
ogni paradigma processuale di riferimento, costituirà motivo di rivalutazione
delle modalità competitive adottate sotto il profilo della ragionevolezza economica del risultato acquisito.
s
La difficoltà di definire gli estremi di esercizio della sospensiva in esame è stata oggetto d'esame con riferimento all'art. 586 c.p.c. novellato: per la necessità di un ancoraggio sistemico, si veda NELA, Trasferimento del bene pignorato, in CHIARLONI (a cura di). Le riforme del processo civile, Bologna. 1992,1128, per il quale non potrebbe parlarsi di notevole sproporzione nell'ipotesi
di vendita del bene al prezzo di stima determinato a norma dell'art. 568 c.p.c.
" Così Cass., 10 febbraio 1970, n. 316, in Dir. fall, 1970, II, 5, con note di BONSIGNORI. Sospensione di vendita fallimentare immobiliare e rimedi contro eventuali nullità e CAPRIOTTI, Annotazioni in tema di sospensione di vendita fallimentare e ricorso per cassazione, in Dir. fall,
1970, II, 609.
10
Cass., 18 gennaio 1991. n. 486, in Fall, 1991,685.
4. Relazione tra sospensione delle operazioni di vendita e sospensione per ingiustizia del prezzo
L'articolazione delle disposizioni normative in esame si presta ad una ricostruzione del potere di intervento del giudice delegato in successione procedimentale, in quanto il collegamento operato dalla norma in via disgiuntiva
sembra restituire una dinamica dell'esercizio del potere in esame conforme
al progressivo intervento di terzi nelle operazioni di vendita: in tale prospettiva, il potere di sospensione per gravi e giustificati motivi avrebbe ad oggetto le operazioni di vendita che non abbiano assunto le connotazioni conclusive di cui al deposito previsto dal 4° co. dell'art. 107, in quanto nella fase di
perfezionamento delle operazioni, il potere di sospensione risulta specificamente correlato alla ingiustizia del prezzo offerto rispetto alle condizioni di
mercato.
Il delineato rapporto di alternatività tra sospensione delle operazioni di
vendita ed interruzione del perfezionamento della vendita risente di un'interpretazione strettamente letterale della norma, che sembra contrapporre operazioni di vendita e conclusione dei relativi contratti: è peraltro possibile una
lettura per molti versi più lineare, che ravvisi nella sospensione delle operazioni un istituto di carattere generale, immanente a tutta la fase liquidatoria che
trova nella ingiustizia del prezzo una fattispecie normativamente tipizzata di
gravi e giustificati motivi.
La legge parla espressamente di sospensione, senza operare alcuna indicazione dei riflessi prodotti sulle operazioni di vendita interrotte: il giudice delegato può limitarsi a disporre l'arresto delle operazioni di vendita, senza farsi
carico delle conseguenze prodotte dall'arresto operato e delle implicazioni
inevitabilmente prodotte sul programma di liquidazione.
Al riguardo, va in limine osservato come non sia possibile operare una
previsione unitaria dei riflessi prodotti sulle operazioni di liquidazione incise
dalla sospensione, in quanto strettamente connessi alla natura dei motivi
ravvisati nel decreto sospensivo: laddove ad esempio il giudice provveda alla
sospensione della vendita per inidoneità della modalità competitiva adottata
nella relazione con il mercato, appare evidente come il curatore sia tenuto
all'adozione di un diverso modello decisionale, ovvero all'adozione del modello decisionale adottato con le opportune integrazioni ravvisate dal giudice a ragione della disposta sospensione, permettendo per esempio una fase
di aumento di quinto negata dal curatore nel corso delle operazioni di vendita.
Del pari, non è detto che le modalità di esercizio dei poteri sospensivi non
conoscano un'articolazione interna: in particolare, se è vero che l'esplicazione
di tali poteri potrà avvenire in un solo atto, all'esito di una sommaria fase
istruttoria, è altrettanto vero che sarà possibile al giudice procedere con un
provvedimento di immediato arresto delle operazioni, rimettendo ad una fase
successiva e ad un decreto maggiormente motivato, la valutazione complessiva
dell'istanza di sospensione, al pari di quanto concretamente realizzato nell'esperienza degli uffici con riferimento all'art. 586 c.p.c.11.
Il decreto di sospensione è soggetto al regime degli atti del giudice delegato, come tale reclamabile ex art. 26 1. fall.
5. Cancellazione dei vincoli pregiudizievoli
L'ult. co. dell'art. 108 espressamente prevede l'obbligo da parte del giudice delegato, di procedere, una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il
prezzo, alla cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione nonché
alle trascrizioni dei pignoramenti, dei sequestri e di ogni altro vincolo relativamente ai beni immobili e beni mobili registrati.
L'articolazione di un tale potere purgativo appare, ad una pur approfondita
lettura della norma, estremamente problematica: ed invero, rispetto alla previsione normativa di cui all'art. 586 c.p.c, il decreto in esame si pone come atto
autonomo, successivo al perfezionamento della vendita (che si ha per eseguita) e alla riscossione dell'intero prezzo. L'atto traslativo, redatto nelle forme
ordinarie, si perfeziona pertanto con la presenza dei gravami esistenti: non solo, ogni effetto purgativo è legato all'integrale riscossione del prezzo, rendendo pertanto irrilevanti al riguardo le elaborazioni realizzate dalle test practice
quanto alle vendite di maggior complessità e valore, in cui l'interesse al maggior prezzo veniva dalle procedure perseguito, nell'ambito del regime di compatibilità di cui all'art. 105, con la concessione di forme articolate di rateizzazione del prezzo, a fronte della produzione di fideiussioni e/o garanzie bancarie a prima richiesta. Ciò consentiva, pur in assenza dell'integrale assolvimento
dell'obbligazione gravante sull'acquirente, di procedere alla purgazione dell'immobile dai gravami, consentendo all'aggiudicatario di devolverlo a garanzia per un finanziamento, spesso ottenuto proprio per far fronte all'obbligazione contratta.
Del resto, la riscrittura dell'art. 586 operata dalla 1. 80/2005. si iscrive proprio nel solco del tentativo di rivisitazione ed ammodernamento complessivo
degli strumenti di realizzazione del valore dei beni, tentativo a cui risulta
estraneo proprio il legislatore della novella, il quale collega ancora una volta
meccanicisticamente l'attività purgativa del giudice alla riscossione per intero
del prezzo, interrompendo così ogni modulazione negoziale della fase pure
fortemente sentita dagli operatori economici.
" Nel senso di una necessaria duplicità di fasi, invero eccessiva, si veda NELA, Trasferimento
del bene pignorato, in CHIARLONI (a cura di), op. cit., 1128, nota 15; BIFFI, // nuovo potere di «sospensione» della vendita forzata immobiliare, in Nuove leggi civ. comm., 1992.1104; per una critica della necessità della duplicità di fasi, si veda M. MONTANARI, I procedimenti di liquidazione e
ripartizione dell'attivo fallimentare, Padova, 1995,224, nota 95.
6. Natura giuridica della vendita fallimentare
La scomparsa del rinvio alle norme sull'esecuzione individuale, l'espressa attribuzione al curatore del compimento degli atti di liquidazione ed il correlativo ridimensionamento dell'intervento giurisdizionale, impongono di riconsiderare natura giuridica ed effetti delle vendite fallimentari nel nuovo sistema
della liquidazione dell'attivo.
Come già rilevato dalla migliore dottrina e dalla giurisprudenza formatasi
nel regime anteriore, ogni vendita effettuata in sede concorsuale, indipendentemente dal dato formale che abbia struttura di provvedimento o di negozio, è
vendita giudiziaria12 onde non si è mai dubitato della natura coattiva della
vendita fallimentare anche se effettuata a trattativa privata13.
La ricostruzione del regime e degli effetti sostanziali degli atti di liquidazione nel novellato sistema non può che muovere da questo elemento di continuità con la pregressa disciplina connaturato alla stessa funzione esecutiva
della liquidazione fallimentare atteso che le alienazioni fallimentari prescindono in modo radicale dal consenso e da qualsiasi attività del debitore14.
Ad una lettura disincantata delle disposizioni appare del resto evidente come il paradigma della vendita esecutiva permanga tuttora sullo sfondo come
archetipo di riferimento del legislatore della riforma: milita a favore di detta
ricostruzione il mantenimento del potere autorizzatorio del giudice delegato,
che si esprime non solo nella necessaria approvazione del programma di liquidazione, condizione del passaggio alla fase liquidatoria, ma deve ritenersi immanente all'intera fase, come testimoniato dall'articolazione di un potere sospensivo esteso e penetrante, riflesso altresì nel limitato potere sospensivo del
curatore.
In secondo luogo, il potere purgativo riconosciuto dall'art. 108 ult. co. al
giudice delegato rende evidente che le forme negoziali della vendita non alterano il regime circolatorio realizzato dalle vendite coattive, di cui vengono ri'- PROVINCIALI, op. cit., 1581; DE SEMO, Dìruto fallimentare, Padova, 1968. 411; ANDRIOLI, voce «Fallimento (diritto privato e processuale)», in Eric. Dir., XVI, Milano, 1967, 273 ss.; BONSI' ÌNORI. Liquidazione dell'attivo, cit., 73; in giurisprudenza cfr.: App. Venezia, 25 settembre 1956, in
Corti Brescia Venezia Trieste, 1957,191;Trib. Palermo, 9 agosto 1957, in Giur. sic, 1958,122; Cass.,
17 giugno 1959, n. 1872, in Dir. fall., 1959, II, 325; Id., 9 dicembre 1966, n. 2884. ivi, 1967, II, 35 e
289 con nota di ALVINO. Identificazione dell'oggetto dell'alienazione nella vendita giudiziale.
13
Ed anche recentemente è stato affermato (Cass., 17 settembre 2002, n. 13583, in Fall., 2003,
43 ) che rientra nei poteri del giudice delegato la revoca dell'autorizzazione a vendere al miglior
offerente, giustificata dall'esigenza di conseguire dalla liquidazione la massima utilità possibile
nell'interesse della massa in virtù di un principio di carattere generale, applicabile anche alla procedura per la vendita di beni mobili ad offerte private (Cass., 29 aprile 1988, n. 3236, in Fall., 1988,
766; Id., 19 novembre 1992, n. 12384, ivi, 1993. 371; Id., 20 settembre 1993, n. 9624, ivi, 1994, 269)
perché l'attività svolta in questo caso dal giudice delegato corrisponde sostanzialmente a quella
svolta dallo stesso giudice delegato o dal giudice dell'esecuzione quando procede alla liquidazione delle attività con l'osservanza delle norme del codice di procedura civile.
14
Così ANDRJOLI, voce «Fallimento (diritto privato e processuale)», cit., 439.
prodotti i profili autoritativi ritenuti coessenziali alla garanzia di massima efficienza e trasparenza della liquidazione.
Non sembra quindi che ci si possa discostare dalla natura di trasferimenti
coattivi15 delle vendite fallimentari con conseguente tendenziale applicabilità
degli artt. 2919-2924 e 2929 ce. che della vendita forzata disciplinano gli effetti16, pur se con qualche adattamento derivante dalla trasposizione alla sede fallimentare17 ed in particolare al nuovo sistema di liquidazione dell'attivo.
7. Effetti della vendita fallimentare
Dalla natura coattiva della vendita fallimentare discende anzitutto l'applicabilità dell'art. 2919 ce: l'acquisto di un bene acquisito al fallimento ha natura di
acquisto a titolo derivativo e non originario, in quanto si traduce nella trasmissione dello stesso diritto del debitore esecutato o del fallito, sicché non garantisce all'aggiudicatario la proprietà e libertà dell'immobile acquistato18.
Deve altresì ritenersi estensibile alla liquidazione fallimentare, pur con taluni inevitabili adattamenti e limiti, la disciplina dell'art. 2921 ce. che costituisce applicazione alle vendite forzate dei principi in tema di evizione: l'acquirente evitto può esigere dall'ufficio fallimentare il prezzo non ancora distribuito, dedotte le spese e, a distribuzione avvenuta, può ripetere da ciascun creditore la parte riscossa19. Considerato che la vendita coattiva è vendita a titolo
derivativo l'art. 2921 ce costituisce il coerente completamento della disciplina
delineata dall'art. 2919 ce: nel ribadire la regola generale nemo plus iuris
quam ipse habet transferre potest la norma prevede una tutela residuale in favore dell'acquirente della cosa espropriata che abbia subito l'evizione20. La
previsione riguarda sia la vendita di immobili, che di universalità di mobili, be15
Cfr. BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, cit.. 73.
Cfr. Cass., 3 dicembre 1983, n. 7233, in Giur. il, 1985,1,1,226.
17
Cfr. SATTA. Diritto fallimentare, 3a ed. aggiornata ed ampliata da Vaccarella e Luiso, Padova. 1996,366 «Anche se si volesse ritenere che il fallimento sia un'esecuzione forzata, non si deve
dimenticare che esso diverge profondamente, per il suo carattere collettivo, dall'esecuzione singolare. Questo porta come conseguenza che malamente si identificano le vendite fallimentari
con la vendita forzata, anche se le forme di questa sono richiamate dalla legge»; nello stesso senso BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, cit.. 73, il quale, pur condividendo l'impostazione generale del Satta e quindi la non integrale applicabilità alle vendite fallimentari delle norme di cui
agli artt. 2919 ss. ce, rileva però che in nessuno degli artt. 105-108 1. fall, è disciplinato un tipo o
un'eventualità di vendita coattiva con forme contrattuali.
18
In tal senso, cfr. Cass.. 9 novembre 1982. n. 5888, in Dir. fall., 1983. II, 39.
lv
BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, cit., 75; contra DE SEMO, op. cit, 411; PROVINCIALI,
op. cit., 1583. In giurisprudenza per l'applicabilità alle vendite fallimentari dell'art. 2921 ce. e
quindi della speciale disciplina dell'evizione ivi prevista, cfr.Trib. Messina, 15 aprile 1995, in Fall.,
1995. 1242. Non si ritiene viceversa applicabile alle vendite fallimentari la ed. evizione limitativa
di cui all'art. 1489 c.c.:Trib. Salerno, 19 giugno 1990. in Giusi, civ., 1991,1,1582.
20
Cfr. CERINO CANOVA, voce «Vendita forzata», in Enc. Giur, XXXII, Roma, 1994.
16
ni mobili registrati e delle macchine per le quali è prevista l'iscrizione nel registro di cui all'art. 1524 ce.21. Resta estranea a tale previsione la sola posizione
dell'acquirente in buona fede della cosa mobile non registrata, il quale acquista la proprietà della res in applicazione delle regole generali sull'acquisto a
non domino e non può quindi essere evitto22. È controversa23 l'applicabilità alla vendita fallimentare dell'obbligazione risarcitoria accessoria prevista dall'ultimo inciso del 1° co. dell'art. 2921 ce, il cui fondamento risiede nel potere
che l'ordinamento attribuisce al creditore procedente di individuare i beni da
assoggettare ad esecuzione forzata24. La circostanza che nel fallimento non ricorrono né il pignoramento, né l'istanza di vendita non sembra peraltro decisiva ai fini di escludere la responsabilità del curatore, cui spettano i poteri di impulso processuale che nell'esecuzione sono ascrivibili all'esecutante incauto: in
presenza di colpa (cui deve comunque subordinarsi la responsabilità risarcitoria) del curatore nell'errata o incompleta identificazione dei beni deve quindi
ritenersi configurabile la conseguente obbligazione risarcitoria.
In forza del generale principio della non opponibilità all'acquirente dei diritti
vantati dal terzo, sancito dall'art. 2920 ce, se il terzo non ha fatto valere i propri diritti sulla somma ricavata dalla vendita non può in nessun caso rivolgersi all'acquirente di buona fede, né ai creditori, per ripetere la somma ad essi distribuita. Si osserva peraltro, rinviando alla apposita sede ogni ulteriore commento, che, laddove
la vendita del bene rivendicato sia intervenuta dopo l'istanza di rivendicazione,il
terzo ai sensi dell'art. 79,2° co., 1. fall, dovrà essere soddisfatto in prededuzione25.
21
Cfr. CASTORO. // processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2002,272.
Cfr. BUSNELLI, Della tutela giurisdizionale dei diritti, artt. 2900-2969, Torino, 1980.314.
23
In senso negativo, BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, cit., 76, il quale rileva che nel fallimento, mancando il pignoramento e l'istanza di vendita viene a mancare la giustificazione alla
responsabilità del procedente incauto, non potendo equipararsi la posizione del curatore fallimentare a quella del creditore procedente; cantra nel senso che il riferimento della norma
dev'essere letto, nel contesto della procedura fallimentare, come relativo ad una corrispondente
responsabilità del curatore, M. MONTANARI, op. cit., 97. In giurisprudenza per l'applicabilità dell'obbligazione risarcitoria in sede fallimentare, cfr. Cass., 4 dicembre 1985. n. 6072, in Fall, 1986,
846, in cui si esclude peraltro la possibilità di far valere il diritto al risarcimento del danno qualora risulti che l'aggiudicatario conosceva, o doveva conoscere, usando l'ordinaria diligenza, che il
bene trasferitogli apparteneva ad altri, o era oggetto di rivendicazione da parte dei terzi.
24
Cfr. Cass.,21 luglio 1969. n. 2724, in Foro il, 1969.1,2419.
25
La tutela del terzo titolare di diritti reali (o personali) su beni mobili appare notevolmente
rafforzata nella riforma. Mentre infatti prima della riforma si affermava comunemente che il creditore non poteva escludere dall'inventario le cose nel possesso o nella detenzione del fallito, anche se fossero risultate di proprietà di terzi, i quali potevano unicamente far valere le loro ragioni mediante il ricorso al provvedimento ex art. 103 1. fall, è adesso espressamente previsto all'art.
87 bis che i beni mobili sui quali i terzi vantano diritti chiaramente riconoscibili possono non essere inclusi nell'inventario ovvero restituiti in via immediata con decreto del giudice delegato. Si
affianca quindi uno strumento di tutela per così dire preventiva al consueto e peculiare strumento di tutela del terzo che affermi la titolarità di diritti reali su un bene costituito dal potere di sospensione espressamente previsto dall' art. 103 1. fall.
22
Dalla natura coattiva delle vendite fallimentari discende altresì che esse
non possano essere impugnate per vizi della cosa26, dovendo escludersi la peculiare garanzia per vizi disciplinata dagli artt. 1490-1497 ce.
L'esclusione non comprende peraltro, secondo il consolidato orientamento
della giurisprudenza l'ipotesi di vendita di aìiud prò alio11, configurabile sia
quando la cosa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello indicato
nel programma di liquidazione ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere la sua naturale funzione economico-sociale, sia quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all'uso che, avuto riguardo a quanto indicato nel programma, abbia costituito elemento determinante per l'offerta d'acquisto28.
In tal caso si pone il problema delle forme di tutela dell'acquirente ed in
particolare se sia esperibile il reclamo endofallimentare (che a seguito della
Riforma non potrà più essere il reclamo ex art. 26 1. fall, contro gli atti del giudice delegato, bensì quello ex art. 36 1. fall, contro gli atti del curatore) ovvero
se debba necessariamente ricorrersi all'ordinaria azione di risoluzione della
vendita29: considerato che nella nuova liquidazione competitiva il trasferimento del bene deriverà normalmente30 dalla stipula di un contratto da parte del
curatore, deve ritenersi esperibile l'ordinaria azione di risoluzione del contratto per inadempimento, con i connessi problemi relativi alla latitudine del novellato art. 24 1. fall, ed alla possibilità di qualificare detta azione come derivante dal fallimento.
Deve altresì ritenersi incompatibile con la natura coattiva della vendita fallimentare la tutela dell'art. 1460 ce. in quanto nella liquidazione fallimentare
26
In tal senso è il pacifico orientamento in dottrina e giurisprudenza: In dottrina cfr. BONSIdell'attivo, cit., 73; PROVINCIALI, op. cit.. 1582; in giurisprudenza v., ex multis,
Cass.. 25 febbraio 2005, n. 4085, in Mass. Foro il, 2005.
27
Cfr. Cass., 25 febbraio 2005, n. 4085, cit.; Id., 9 ottobre 1998, n. 10015, in Mass Foro it. 1998;
Id„ 21 dicembre 1994, n. 11018, in Giusi, eh:, 1995,1,917.
2S
Cass., 21 dicembre 1994, n. 11018, cit.; sulla base di tale principio la Suprema Corte ha affermato che la non edificabilità di un terreno, qualificato come edificabile nell'ordinanza di vendita, si traduce in un vizio della vendita qualificabile come aliud prò alio.
Si è viceversa ritenuto che l'aggiudicatario in sede fallimentare di un bene immobile, il quale
abbia pagato al Comune gli oneri relativi ad una domanda di condono edilizio presentata dal fallito quando era in bonìs, non può ripetere dal fallimento l'importo pagato, in quanto l'immobile
sia stato venduto nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava, Trib. Roma, 8 maggio 2002, in
Oiur. romana, 2002,284.
M
Secondo l'orientamento affermatosi nel precedente regime, secondo cui, in forza del generale rinvio alle norme sull'espropriazione forzata l'effetto traslativo era demandato al decreto di
trasferimento, nell'ipotesi di aliud prò alio venendo meno il nucleo essenziale e l'oggetto stesso
della vendita forzata, doveva pronunziarsi la nullità della vendita Cass., 3 dicembre 1983, n. 7233,
in Mass. Foro it., 1983; affermava invece l'annullabilità della vendita Cass., 21 dicembre 1994, n.
11018, cit.
M
Salve le ipotesi eccezionali di mantenimento della vendita giudiziale con incanto, per le ed.
liquidazioni speciali di cui infra sub art. 108 bis. par. 1.
GNORI, Liquidazione
deve ritenersi prevalente l'interesse del ceto creditorio ed è quindi primaria
l'esigenza che il processo giunga al più presto al suo esito satisfattivo31.
Del pari incompatibile con la vendita fallimentare è l'azione generale di lesione di cui all'art. 1448 ce.32, che postula lo stato di bisogno del venditore e
che è del resto espressamente esclusa dall'art. 2922 ce. e l'azione di simulazione33, nonché l'azione di annullamento per incapacità naturale ex art. 428 ce.34.
Pacifica è inoltre l'applicabilità alla vendita fallimentare degli artt. 2923 e
2924 ce.35 relativi alle locazioni stipulate in data anteriore alla dichiarazione di
fallimento ed a cessioni e liberazioni di pigioni e fitti non ancora scaduti36.
11 nuovo sistema di liquidazione dell'attivo e le nuove forme della vendita,
richiedono infine una riflessione in ordine all' applicabilità alle vendite fallimentari delle norme sull'interpretazione dei contratti previste dagli artt. 1362
ss. ce, che nel vigore della precedente normativa l'orientamento prevalente
tendeva ad escludere37, nonché dell'art. 2929 ce, che era invece pacificamente
ritenuto applicabile alla liquidazione fallimentare.
Orbene, nonostante la maggiore libertà di forme introdotta dalla riforma,
non sembra che la particolare struttura bifasica della vendita fallimentare, desumibile delle pur scarne indicazioni dell'art. 108, ed il conseguente perfezionamento della vendita con atto negoziale implichino di per sé il superamento
dei precedenti orientamenti, considerata la natura coattiva che è tuttora propria della vendita fallimentare.
Sotto il profilo dell'interpretazione la struttura stessa delle alienazioni fallimentari, che prescindono da qualsiasi attività e volontà del debitore, la loro
peculiare finalità ed il persistente momento giurisdizionale, non sembrano
consentire l'estensione né in via diretta, né in via analogica degli artt. 1362 ss.
ce, attesa la diversa ratio e la diversa causa38 tra atti puramente negoziali e atti di liquidazione effettuati (con modalità competitive) in sede fallimentare.
Più complessa appare viceversa la questione relativa alla persistente applicabilità dell'art. 2929 ce, che costituisce norma di carattere essenzialmente
31
Cfr. Cass., 19 giugno 1995, n. 6940. in Fall, 1996,58.
PROVINCIALI, op. cit., 1582;Trib. Salerno, 19 giugno 1990, in Dir. fall, 1992, II, 1157.
33
PROVINCIALI, op. cit, 1583; RAGUSA MAGGIORE, voce «Fallimento (liquidazione e ripartizione dell'attivo)», in Enc. Giur., XIII. Roma, 1989, 7 ss.
34
BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, cit.. 74; RAGUSA MAGGIORE, op. cit, 1 ss.
35
BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, cit., 74; RAGUSA MAGGIORE, op. cit, 8.
3
" Cfr. Cass., 13 gennaio 1976, n. 102, in Foro il., 1976,1,250, secondo cui i pagamenti anticipati di pigioni e fitti non ancora scaduti, quando non si tratti di cessioni o liberazioni eccedenti il
triennio e trascritte anteriormente al pignoramento, sono opponibili all'acquirente soltanto se
fatti in conformità agli usi locali.
37
Così BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, cit., 72; PROVINCIALI, op. cit., 1581.
38
Intesa come elemento essenziale del negozio che consiste nella valutazione in concreto della generale conformità a legge dell'attività negoziale effettivamente posta in essere, con riferimento in particolare ai parametri normativi degli artt. 1343 e 1322, 2° co., ce, cfr. Cass., 19 febbraio 2000, n. 1898, in Giusi civ., 2001,1.2481.
32
processuale, difficilmente riconducibile alla tematica degli effetti sostanziali
della vendita forzata39.
Deve al riguardo osservarsi che la norma dell'art. 2929 ce. costituisce
espressione di un principio generale della vendita forzata nonché un indispensabile strumento per contribuire alla sicurezza e stabilità degli acquisti40, limitando il rilievo giudiziale delle nullità alle sole ipotesi di collusione tra creditore procedente ed aggiudicatario41.
Ferma quindi l'applicabilità dell'art. 2929 ce. alle vendite fallimentari, in
quanto norma di chiusura del sistema delle vendite coattive42, il vero problema
è la concreta connotazione che la norma assume nel nuovo sistema di liquidazione dell'attivo.
Sotto il vigore della cessata normativa, la prevalente dottrina era indirizzata verso un'interpretazione estensiva della norma, affermando l'indipendenza
dell'atto traslativo finale dalla regolarità causale degli atti precedenti43; restrittivo era invece il consolidato orientamento della giurisprudenza, secondo cui
la regola dell'art. 2929 ce si riferiva soltanto ai vizi formali del procedimento,
non estendendosi agli atti presupposti della vendita, la cui nullità si riverberava sull'atto di trasferimento44.
Calando tali principi nel nuovo sistema della liquidazione dell'attivo, s'impone in via preliminare l'individuazione della latitudine applicativa della norma, delineando, ove possibile, la nuova accezione di atti presupposti nella vendita competitiva, prodromici all'attività di liquidazione realizzata dal curatore
in attuazione del programma ex art. 104 ter.
Tale rapporto di strumentalità appare concretamente ravvisabile nel programma di liquidazione, che si pone come atto fondativo del concreto potere
di liquidazione del curatore, e tramite esso, nelle specifiche modalità competitive della vendita ivi disciplinate.
In forza del su menzionato orientamento della Suprema Corte, la violazione di tali atti prodromici, in quanto presupposti dell'atto di vendita, deve rite-
39
Cfr. BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, cit., 75.
Cfr. MICHELI, Esecuzione forzata, in NICOLÒ, ANDRIOLI, SEGNI, MICHELI, AZZARITI, SCARPELLLO, Tutela dei diritti, in Comm. ex. Scialoja Branca, sub art. 2900-2969, Bologna-Roma, 1953,
231.
41
Cfr. Luiso, Diritto processuale civile. III. Il processo esecutivo, Milano, 1997,152.
42
Così BONSIGNORI, Effetti della vendita forzata e dell'assegnazione, in Comm. Schlesinger,
Milano. 1988, 279; CAPPONI, La verificazione dei crediti nell'esecuzione forzata, Napoli, 1990,113
ss.; LA CHINA, L'esecuzione forzata e le disposizioni generali del codice di procedura civile, Milano, 1970,530 ss.
43
Cfr. LA CHINA, op. cit, 569.
44
Cass., 27 febbraio 2004, n. 3970, in Mass. Foro il, 2004.
40
nersi esclusa dall'ambito applicativo dell'art. 2929 ce. con conseguente opponibilità dei relativi vizi all'acquirente45.
43
Venuto meno il richiamo alle forme del processo esecutivo e la tendenziale riconducibilità
della vendita all'organo giurisdizionale, la posizione del curatore che compia un atto di liquidazione in assenza di autorizzazione del giudice delegato o senza la necessaria approvazione del
programma di liquidazione appare assimilabile al rappresentante senza poteri. Ove si condivida
tale arresto, si pone il problema dell'eventuale applicabilità della previsione dell'art. 1393 ce.
(giustificazione dei poteri del rappresentante), così come del principio dell'art. 1398 ce. che sancisce l'invalidità del contratto concluso con il rappresentante senza poteri ed il conseguente obbligo risarcitorio a carico di costui.
Articolo 108 bis
Modalità della vendita di navi, galleggianti ed aeromobili*
[1] La vendita di navi, galleggianti ed aeromobili iscritti nei registri indicati dal codice della navigazione è eseguita a norma delle disposizioni dello stesso codice, in quanto applicabili.
Commento di PASQUALE LICCARDO e GUIDO FEDERICO
Sommario
1. Applicabilità del codice della navigazione
1. Applicabilità del codice della navigazione
L'espresso rinvio alle norme del codice della navigazione, salvo il limite di
compatibilità con le disposizioni generali della liquidazione fallimentare, risolve il precedente dubbio interpretativo stabilendo espressamente per l'alienazione di navi, galleggianti ed aeromobili la prevalenza delle disposizioni del
codice della navigazione1 su quelle della legge fallimentare: detti beni pertanto
dovranno essere venduti secondo le modalità degli artt. 649-681 e. nav., che
prevede in ogni caso la stima del bene da parte di un esperto [artt. 654 e 656, n.
1 ), e. nav.] e la vendita con incanto, previa ordinanza di vendita emessa dal giudice e con modalità affini alla vendita con incanto dei beni immobili prevista
dall'art. 576 ss. c.p.c.
Deve pertanto ritenersi che anche la vendita di tali beni vada effettuata armonizzando le specifiche modalità di vendita con incanto da parte del giudice
delegato con il principio generale della necessaria previsione nel programma
di liquidazione ex art. 104 ter ss. 1. fall.
* Disciplina precedente: assente.
' Per la prevalenza delle norme fallimentari. BONSIGNORI. Liquidazione dell'attivo, in Comm.
I- fall. Scialoja Branca, sub art. 104-117, Bologna-Roma, 1976, 112; a favore invece dell'applicabilità delle disposizioni del codice della navigazione, SAITA, Diritto fallimentare, 3a ed. aggiornata
ed ampliata da Vaccarella e Luiso, Padova. 1996,368; FERRARA, // fallimento, Milano, 1989,526.
Articolo 108 ter
Modalità della vendita di diritti sulle opere dell'ingegno;
sulle invenzioni industriali; sui marchi*
[1] Il trasferimento dei diritti di utilizzazione economica delle opere dell'ingegno, il trasferimento dei diritti nascenti dalle invenzioni industriali, il trasferimento dei marchi e la cessione di banche di dati sono fatte a norma delle rispettive leggi speciali.
Commento di PASQUALE LICCARDO e GUIDO FEDERICO
Sommario
1. Vendita dei diritti sulle opere dell'ingegno, invenzioni industriali, marchi e banche dati
1. Vendita dei diritti sulle opere dell'ingegno, invenzioni industriali, marchi e
banche dati
Viene infine espressamente disciplinata mediante rinvio alle rispettive leggi
speciali la vendita dei diritti di utilizzazione economica delle opere dell'ingegno1, delle invenzioni industriali2, dei marchi3 e delle banche dati4.
Va escluso che la mancata menzione del limite di compatibilità, a differenza
di quanto espressamente previsto dall'art. 108 bis per le navi, galleggianti ed
aeromobili, sia significativo, dovendo ipotizzarsi la prevalenza del particolare
regime di circolazione previsto per il trasferimento di tali beni dalle leggi speciali rispetto alle norme generali della liquidazione fallimentare, fermo restan-
* Disciplina precedente: assente.
1
La nozione di opera dell'ingegno deve essere ricavata dagli artt. 1 1. aut. e 2575 c.c. che riconducono a tale genus quelle opere di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro, alla cinematografia, qualunque
sia il modo o la forma di espressionexfr al riguardo, AUTERI, Diritto d'autore, in AA.VV., Diritto
industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, Torino, 2001,492.
2
Le invenzioni industriali sono quelle creazioni intellettuali che consistono in indicazioni
operative per la soluzione originale di problemi tecnici riguardanti la fabbricazione di prodotti e
1 attuazione di processi industriali.
1
11 marchio costituisce bene immateriale che ha la funzione di distinguere il prodotto, cfr. al
riguardo VANZETTI e Di CATALDO, Manuale di diritto industriale, Milano, 1996: il prodotto deve
essere di per sé completo, anche esteticamente,a prescindere dal marchio, che non può consistere
nella forma, in un segno o nell'involucro del prodotto; cfr. Cass., 29 maggio 1999, n. 5243, in Giuvr.riv., 1999.1,3321.
4
Ai sensi dell'art. 2, n. 9), 1. aut., introdotto in attuazione della direttiva 96/9/CE, la banca di
dati è una raccolta di opere, dati o altri elementi scelti o disposti secondo determinati metodi o sistemi in modo da consentire all'utilizzatore di accedere alle singole informazioni e al loro insieme.
do il limite di compatibilità e l'esigenza di coordinamento con le nuove modalità di liquidazione introdotte dalla riforma.
Elemento costitutivo dell'opera dell'ingegno è il carattere creativo inteso
come contemporanea presenza di originalità e novità che costituisce il presupposto per l'acquisto del ed. diritto d'autore5.
I diversi diritti che costituiscono nel loro insieme il diritto di utilizzazione
economica delle opere d'ingegno ai sensi dell'art. 12 1. aut. possono essere ceduti anche separatamente e con atto da provare per iscritto ex art. 2581 ce.
II loro trasferimento trova disciplina dettagliata negli artt. 107 ss. 1. aut.6 ed
in caso di conflitto tra più aventi causa vale l'art. 1155 ce.
Le invenzioni industriali sono tutelate erga omnes solo se brevettate.
Il rilascio del brevetto ha quindi carattere costitutivo per la nascita del relativo diritto assoluto allo sfruttamento economico dell'invenzione, riconducibile al diritto di proprietà.
Gli artt. 2589 ce, 62 e 63 d.lgs. 30/2005 prevedono la trasferibilità dei diritti
derivanti dalle invenzioni industriali ad eccezione di quello di esserne riconosciuto autore che costituisce un diritto della personalità intrasmissibile.
Ai fini della liquidazione fallimentare viene in rilievo l'art. 137 d.lgs. 30/2005
che prevede l'applicazione della disciplina del codice di rito per l'esecuzione dei
beni mobili per la vendita coattiva dei diritti derivanti dal brevetto.
Gli atti di cessione devono inoltre essere trascritti nel registro dei brevetti
al fine di rendere opponibile l'acquisto ai terzi.
Appare invece tendenzialmente incompatibile con la liquidazione fallimentare, al di fuori del caso di affitto d'azienda, la stipula del contratto di licenza d'uso, vale a dire il negozio con il quale vengono attribuiti al licenziatario alcuni individuati diritti personali di godimento sull'invenzione, restando al
licenziatario la titolarità della stessa7.
Con riferimento alle banche dati il d.l. 6 maggio 1999, n. 169 ha esteso la
protezione della 1. aut. a quelle banche dati le quali per scelta e per disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale d'autore: in tal caso
le banche dati rientrano senz'altro nella nozione di opere collettive ex art. 3 1.
aut., con conseguente espressa estensione della tutela generale e del regime di
circolazione propria del diritto d'autore oltre ad una tutela sui generis, discipli-1 Com'è noto il diritto d'autore consta di un diritto morale.che costituisce diritto della personalità ed è intrasmissibile, e dal diritto patrimoniale, caratterizzato dall'assolutezza, ed assimilabile al diritto di proprietà.per la concezione ed. dualistica del diritto d'autore cfr. ALITERI, Diritto
d'autore, in AA.VV., Diritto industriale, cit.. 545.
6
La legge speciale prevede alcuni contratti tipici di trasferimento come il contratto di edizione (art. 118) ed il contratto di rappresentazione ed esecuzione (art. 136).
' Dalla tutela brevettale va tenuto distinto il ed. know-how o segreto industriale, che consiste
in particolari conoscenze tecniche applicate ai processi industriali di cui si preferisce mantenere
la segretezza. Il know-how non gode di tutela erga omnes e non può essere fatto rientrare nel numerus clausus dei beni immateriali, ed è unicamente tutelato in forza di specifiche clausole contenute nei contratti di know-how.
nata dagli artt. 102 bis e 102 ter 1. aut. in favore del costitutore, della durata di
quindici anni, per le banche dati nelle quali il conseguimento, la verifica e la
presentazione del contenuto abbia richiesto un investimento rilevante sotto il
profilo qualitativo e quantitativo.
Il marchio, anche di fatto8, infine può essere trasferito per la totalità o per
una parte dei prodotti e servizi per cui è stato registrato anche a prescindere
dal trasferimento d'azienda o di un particolare ramo di essa: si rammenta al riguardo che il trasferimento dell'azienda si presume ex art. 2753,2° co., ce. nel
caso di trasferimento di un marchio costituito da un segno figurativo, da una
denominazione di fantasia o da una ditta derivata.
Gli atti di trasferimento, di transazione e di rinunzia che hanno ad oggetto
il marchio sono soggetti a trascrizione presso l'Ufficio italiano marchi e brevetti e gli effetti sono gli stessi previsti dal codice civile per i beni immobili ed i
beni mobili registrati, in particolare per quanto riguarda l'opponibilità ai terzi
ed il principio di continuità delle trascrizioni9.
8
9
Cfr. Cass., 20 novembre 1982, n. 6259, in Giust. civ., 1983,1 2440.
Ibidem.
Articolo 109
Procedimento di distribuzione della somma ricavata*
[1] Il giudice delegato provvede alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita secondo le disposizioni del capo seguente.
[2] Il tribunale stabilisce con decreto la somma da attribuire, se del caso, al curatore in
conto del compenso finale da liquidarsi a norma dell'art. 39. Tale somma è prelevata sul
prezzo insieme alle spese di procedura e di amministrazione.
Commento di PASQUALE LICCARDO e GUIDO FEDERICO
Sommario
1. La distribuzione del ricavato - 2. L'acconto sul compenso del curatore
1. La distribuzione del ricavato
È infine rimasto inalterato l'art. 1091. fall, relativo al procedimento di distribuzione del ricavato.
Il mantenimento della norma nell'ambito della liquidazione dell'attivo induce a reiterare i rilievi sulla impropria collocazione della disposizione1, che
non appare esclusivamente rapportabile alla vendita immobiliare ma costituisce la norma base della ripartizione dell'attivo, disciplinata nel successivo Capo VII della legge fallimentare.
A dispetto dell'improprio inserimento nell'ambito della liquidazione dell'attivo, la norma in esame, rimasta inalterata nella legge di riforma, costituisce
norma cardine2 della ripartizione del ricavato in quanto attribuisce al giudice
delegato il potere generale di procedere alla ripartizione dell'attivo fallimentare mediante rinvio alle disposizioni degli artt. 110-117 1. fall.
Nel nuovo sistema viene quindi mantenuta l'unitarietà formale e sostanziale delle operazioni di riparto3 che continua ad essere atto pienamente giurisdi* Disciplina precedente: Art. 109 Procedimento di distribuzione della somma ricavata [1] Il giudice delegato provvede alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita secondo le disposizioni
del capo seguente. [2] Il giudice delegato stabilisce con decreto la somma da attribuire, se del caso,
al curatore in conto del compenso finale da liquidarsi a norma dell'art. 39. Tale somma è prelevata
sul prezzo insieme alle spese di procedura e di amministrazione.
1
Cfr. BONSIGNORI, Liquidazione dell'attivo, in Comm. I. fall. Scialoja Branca, sub art. 104-117,
Bologna-Roma, 1976,181.
2
Cfr. ANDRIOLI, voce «Fallimento (diritto privato e processuale)», in Enc. Dir., XVI, Milano,
1967.442, nota 70.
-1 Salve, evidentemente, le eccezioni rappresentate:
- dalla vendita effettuata direttamente dal creditore garantito da pegno o assistito da privilegio speciale con ritenzione del bene ex art. 53 1. fall.;
zionale, competendo al
riale esecuzione del riparto.
curatore
meri
poteri
di
impulso
processuale
e
di
mate-
2. L'acconto sul compenso del curatore
Il 2° co. della norma prevede infine la facoltà del giudice delegato di prelevare
dal ricavato della vendita immobiliare una somma da attribuire, se del caso, al
curatore
in
acconto
sul
compenso,
unitamente
alle
somme
relative
alle
spese
occorse per amministrazione e vendita dell'immobile.
Secondo
il
prevalente
orientamento
l'inciso
se
del
caso
implica
che
l'attribuzione
dell'acconto
sul
compenso
finale
al
curatore
dovrebbe
essere
riconosciuto nella sola ipotesi in cui egli abbia svolto una fattiva ingerenza nell' attività
di
amministrazione
dell'immobile4
e
costituisce
una
facoltà
discrezionale
5
del giudice delegato .
Il decreto con cui viene liquidato l'acconto deve essere emanato, a pena di
nullità, su istanza del curatore6 e deve tener conto del valore del bene venduto,
della
somma
ricavata
e
dell'importanza
dell'opera
del
curatore
e
deve
ritenersi reclamabile con il generale rimedio dell'art. 261. fall.7.
- dall'esecuzione esattoriale e quella promossa dagli istituti di credito fondiario;
- dalla
persistente
facoltà
del
curatore
di
intervenire
nella
procedura
espropriativa
immobiliare con conseguente sottoposizione al riparto ivi effettuato.
4
Cfr.
PROVINCIALI,
Trattato
di
diritto
fallimentare.
III,
Milano,
1974,1661;
RAGUSA
MAGGIORE,
voce
«Fallimento
(liquidazione
e
ripartizione
dell'attivo)»,
in
Eric.
Giur.,
XIII,
Roma,
1989,
15;
M.
MONTANARI,
I
procedimenti
di
liquidazione
e
ripartizione
dell'attivo
fallimentare,
Padova,
1995,259 ss.
5
Cfr. BOZZA e SCHIAVON, L'accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione,
Milano, 1992,475; contro BONSIGNORI, op. cit., 186.
6
Cfr. BONSIGNORI, op. loc. cit.
7
Cfr. RAGUSA MAGGIORE, op. cit., 15.
Scarica