il volontariato oggi tra sfide e cambiamenti

IL VOLONTARIATO OGGI TRA SFIDE E CAMBIAMENTI
(Renato Frisanco)
La chiusura prematura della XV legislatura lascia inevase le tante istanze e speranze di intervento
normativo in materia sociale, alcune delle quali si trascinano ormai da anni. Nel programma dei
lavori parlamentari vi era la revisione di leggi importanti, come quella sull’immigrazione - per
correre ai ripari rispetto ad alcune storture della Bossi-Fini - vi erano progetti di nuove leggi in
direzione di un allargamento dei diritti dei cittadini - si pensi alla proposta di legge sulla
cittadinanza - e vi era l’impegno ad emanare specifici decreti attuativi di normative importanti come
la 328/’00, con il riconoscimento dei livelli essenziali di assistenza dei cittadini o la definizione dei
profili degli operatori del sociale e altro ancora. Infine, sono rimasti al palo progetti normativi
riguardanti la regolamentazione dei soggetti di terzo settore e non sono stati recepiti i dispositivi
attuativi del Decreto sull’impresa sociale n. 155/2006 a seguito dell’omonima legge n. 118 del
2005. Non hanno trovato soluzione la richiesta di armonizzazione della materia fiscale e tributaria e
l’ipotesi di un Testo Unico sul Terzo Settore con cui si era aperta la Legislatura. In particolare
avrebbero dovuto trovare sbocco sia l’annunciata modifica della L. 49/1987 sulla cooperazione
internazionale che la tanto attesa modifica della L. n. 266/’91, la legge quadro sul volontariato, di
cui si parla concretamente e con ipotesi di legge depositate nei due rami del Parlamento fin dal
1998, ovvero dalla III Conferenza nazionale sul volontariato di Foligno.
E’ evidente la relazione di reciprocità tra l’evoluzione delle politiche sociali, degli assetti di welfare,
dell’allargamento delle tutele e il ruolo e la funzione del volontariato organizzato. La “mission” del
volontariato cambia la società e con la società. Un più avanzato sistema di welfare e di garanzie per
i cittadini, a cominciare da quelli più vulnerabili, eleva anche la funzione del volontariato che in tale
sistema è attore riconosciuto.
La parola chiave che interpreta il ruolo del volontariato nell’attuale modello di welfare plurale e
partecipato è “sussidiarietà”, sancita dalla modifica costituzionale del 2001 (Legge Cost/n. 3 del
2001, art. 188 ultimo comma). Riconoscendo al volontariato di svolgere una “funzione pubblica” in
quanto concorre al perseguimento dell’”interesse generale” insieme alle istituzioni pubbliche, è
evidente che se queste ultime funzionano bene anch’esso può svolgere un ruolo profetico,
anticipatorio, di innovazione nel sistema dei servizi integrato e non invece un ruolo sostitutivo o
residuale o fungere da “ruota di scorta” buona per tutte le emergenze ed esigenze (anche di
risparmio) dell’amministrazione pubblica. Allo stesso modo se il volontariato svolge con efficacia
la propria mission - promuovendo la solidarietà e la cittadinanza attiva, svolgendo una funzione di
ponte tra i cittadini e i servizi, sperimentando nuovi interventi e implementando quelli esistenti
nonché partecipando ai tavoli decisionali per rappresentare i bisogni dei cittadini - anche
l’amministrazione pubblica, a cui spetta il ruolo di garante dei diritti e di responsabile primo della
programmazione dei servizi, funzionerà meglio.
La sussidiarietà si declina nella circolarità. Ciascuno dei due soggetti, il volontariato e il pubblico,
promuove e sostiene l’altro e in tal modo si rafforza la capacità di svolgere una funzione pubblica a
vantaggio di tutti i cittadini.
La modifica della legge 266 è stata anche l’occasione per affrontare alcuni temi che caratterizzano il
dibattito all’interno del movimento solidaristico, cresciuto velocemente soprattutto negli ultimi 15
anni e con una fisionomia diversa dal passato. Alla crescita quantitativa in tutte le aree del Paese fa
riscontro una differenziazione qualitativa interna al fenomeno tanto che si parla di “volontariati” per
la compresenza di organizzazioni piccole e grandi, indipendenti e affiliate, ubicate in contesti
minori o in realtà metropolitane, con una storia origine remota o recente, attive nei settori di welfare
o della partecipazione civica (ambiente, cultura, educazione, protezione civile, solidarietà
internazionale). Le differenze non sono rilevanti solo ad una analisi sociologica ma richiedono
l’attenzione anche di istituzioni e Centri di Servizio per il Volontariato che hanno un compito di
promozione e di servizio nei loro confronti.
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Anche i dati di trend sono significativi: le organizzazioni di volontariato (OdV) nascono più per
iniziativa di gruppi di cittadini che affrontano i temi e i problemi della loro comunità, con una
mission definita che aggrega più di una condivisa matrice culturale, sono mediamente più piccole,
anche quando si strutturano come associazioni vere e proprie (sono “a testa piccola e con un corpo
grande di associati”), entrano immediatamente in rapporto con l’ente pubblico, si iscrivono ai
registri del volontariato, quindi si formalizzano e si strutturano; soprattutto per gestire servizi di
raccordo, leggeri, di primo intervento o di bassa soglia, ma vi è anche una crescita di unità
semiprofessionalizzate (oggi un quarto del fenomeno) - a composizione mista di volontari e di
personale remunerato – che gestiscono servizi continuativi e talvolta “pesanti” in particolare nella
sanità e che appaiono avviate, almeno in parte, ad assumere la veste organizzativa di “impresa
sociale”. Cresce anche l’orientamento a coordinarsi e a fare rete così come la propensione a
lavorare per progetti e a comunicare all’esterno valori e messaggi (il “dire” del volontariato) non
solo in chiave autoreferenziale. Difettano ancora nella generalità dei casi sistemi di autovalutazione
interna e di rendicontazione efficace ma cresce la consapevolezza della necessità di questa fonte di
legittimazione. Nelle OdV vi sono oggi maggiori difficoltà a garantirsi il fisiologico turn over e
quindi il reperimento delle risorse umane gratuite, che mediamente si vanno riducendo. Il problema
maggiore è quello di promuovere la partecipazione dei giovani che esse fanno fatica a valorizzare in
considerazione delle motivazioni specifiche che questi esprimono (non solo strumentali, ma anche
autoformative ed espressive). Anche sul tema della gratuità si nota un certo appannamento sia
culturale e identitario (una parte dei volontari percepisce il volontariato più in termini di non scopo
di lucro e di utilità sociale che di gratuità) sia in termini fattuali per la presenza di “volontari” a
rimborso spese forfetario, di operatori remunerati che garantiscono l’effettiva operatività
dell’organizzazione, la richiesta agli utenti di un rimborso (più o meno facoltativo) delle prestazioni
che ricevono. Uno o più questi indicatori di criticità riguardano un quarto delle organizzazioni
iscritte ai registri del volontariato.
I cambiamenti culturali e societari inducono oggi una riflessione, sia rispetto alle strategie di
promozione dei cittadini volontari, in considerazione dei cambiamenti nella propensione all’azione
pro-sociale con una polivalenza di motivazioni, sia rispetto al ruolo politico del volontariato come
soggetto di partecipazione effettiva in tutte le modalità possibili e oggi consentite dalla
modernizzazione del nostro sistema di welfare (si pensi alla partecipazione all’elaborazione dei
Piani di Zona).
Analizzando i temi e gli aspetti evidenziati nel dibattito per la modifica della L. 266 emergono
alcune specifiche esigenze di chiarezza del volontariato attuale, soprattutto in riferimento al
rapporto con le Amministrazioni pubbliche e a quello con le altre organizzazioni di terzo settore.
1) Il rapporto con le istituzioni pubbliche. La richiesta era per una legge di promozione del
volontariato e non semplicemente regolativa del rapporto con le istituzioni. Una legge che
affermi che le istituzioni devono “favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e
associati sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale” e quindi capaci di valorizzarne
il contributo integrativo, la partecipazione effettiva nella programmazione e il valore
educativo della proposta di cittadinanza. Adeguare la legge alle normative degli ultimi 10
anni che hanno introdotto importanti cambiamenti nel rapporto tra istituzioni e cittadini
organizzati (D. L.vo 460/97, D.L.vo 299/’97, L. 328/’00, L. Cost. n. 3/2001) significa
superare l’art. 1 della L. 266 che configura il volontariato al servizio della programmazione
pubblica e non invece soggetto autonomo e corresponsabile delle politiche sociali. In
ossequio al principio di sussidiarietà le organizzazioni di volontariato non possono essere
inquadrate come erogatori di servizi per le Amministrazioni Pubbliche, ma come partner di
queste nello svolgimento di una “funzione pubblica”. Questa è da promuovere e sostenere
anche facilitando la partecipazione dei rappresentanti del volontariato ai tavoli e ai momenti
di elaborazione dei Piani di zona e delle politiche sociali attraverso regole di partecipazione
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condivise e sistemi di rappresentanza riconosciuti. Una legislazione promozionale dovrebbe
permettere al volontariato anche il massimo delle agevolazioni fiscali da graduare a seconda
della natura degli organismi beneficiari (massime per chi opera a fini esclusivi di solidarietà)
e il sostegno dei cittadini attraverso la fiscalità generale istituzionalizzando il 5 per mille.
2) La specificità del volontariato rispetto alle altre realtà di terzo settore. Occorre ribadire i
cardini valoriali e i conseguenti comportamenti che marcano indissolubilmente l’identità del
volontariato richiamando la Carta dei Valori del Volontariato (2001). La specificità del
volontariato è da considerare: a) in termini valoriali, esplicitando il concetto e la pratica
della solidarietà, genericamente intesa nella L. 266, riportandola al perseguimento
dell’”interesse generale” per cui sono ODV quelle che operano in misura prevalente (se
hanno base associativa) o esclusiva a favore di terzi o della comunità1; mentre, ad esempio,
le associazioni di promozione sociale svolgono prevalentemente una funzione interna al
gruppo degli associati che perseguono pertanto l’”interesse comune” 2. Se la gratuità è il
paradigma identitario e peculiare del volontario, la solidarietà è la bussola dell’azione
gratuita e la distingue dalla semplice ”utilita’ sociale”; b) in termini di funzioni e ruoli, per
cui una OdV può gestire in convenzione un servizio solo se non vi sono altre realtà di terzo
settore che possono farlo in quanto maggiormente strutturate per la gestione professionale
del servizio stesso. Sottolineare le peculiarità del volontariato rispetto alla regolazione
pubblica e all’affidamento di servizi. Le organizzazioni di volontariato non competono con
gli altri erogatori sul mercato sociale (neanche rispetto al sistema di accreditamento basato
sui voucher). Occorre ribadire che le OdV, salvo lodevoli e importanti eccezioni, debbano
svolgere servizi “fuori mercato” senza mettersi in concorrenza con le imprese sociali, con
cui potrebbero invece utilmente cooperare.
3) Il principio della gratuità è basilare e intangibile per il volontario e le organizzazioni di
volontariato, nella duplice valenza di estraneità a qualunque tipo di remunerazione per il
volontario e al pagamento di corrispettivi o di rimborsi per le prestazioni ottenute da parte
degli utenti - anche sotto forma di “libera offerta” - salvo il versamento di una quota
associativa annuale simbolica. Anche la concessione di un rimborso spesa forfettario va
contro le caratteristiche di “disponibilità”, “disinteresse” e “dono” che “motivano” il
volontario e introduce un meccanismo di aspettative reciproche tra lo stesso e
l’organizzazione di appartenenza che nuoce alla spontaneità e spiazza le motivazioni
intrinseche del volontario. La gratuità non è negoziabile o “relativa” come vorrebbero coloro
che sono favorevoli a introdurre la possibilità di deroghe per i rappresentanti delle grandi
OdV più grandi e partecipative. La gratuità permette al volontariato di essere soggetto
credibile di diffusione dei valori che testimonia e della responsabilità civica per contribuire a
l'organizzazione di volontariato può avere una duplice funzione solidaristica: a) opera a vantaggio di terzi, in
particolare delle fasce più deboli dei cittadini, per la realizzazione di una maggiore giustizia sociale (allargamento e
attuazione dei diritti - funzione di advocacy) o per la protezione civile; b) opera in funzione promozionale nei vari
settori della vita sociale, ovvero è orientata a produrre “beni comuni” (cultura, sport, educazione, legalità, salute,
rispetto per l’ambiente, vivibilità urbana…), a valorizzarli e/o ad ampliarne la fruizione nella comunità, ovvero a
mettere a disposizione di tutti - più che degli eventuali soci - beni altrimenti non reperibili o da acquistare. Si tratta
di interventi che migliorano la qualità della vita di tutti i cittadini. Es. vengono perseguiti fini di solidarietà sociale
quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi previsti nell’accordo degli aderenti o nello statuto sono rese, in
modo diretto o indiretto, a favore di terzi, della comunità o di altre collettività. I fini di solidarietà si intendono
realizzati anche quando tra i beneficiari delle attività dell’organizzazione vi sono aderenti in condizioni di
svantaggio economico, familiare, fisico, psichico, sociale (associazione di familiari di malati psichici, o gruppi di
auto aiuto aperti per combattere l’alcoolismo o altre forme di disagio).
2 Andrebbe modificata anche la legge 383/2000 sulle Associazioni di promozione sociale in quanto non demarca
sufficientemente i confini con le OdV.
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fondare un modello di cittadinanza attiva, perché il volontariato più che socialmente utile è
“eticamente necessario”.
4) Riconoscere la complessità del fenomeno e considerare tutti gli attori del sistema: oltre
alle OdV, vi è l’Osservatorio Nazionale del volontariato e gli organismi di rappresentanza
regionali, i Centri di Servizio per il Volontariato (CSV), il Comitato Regionale dei Fondi
Speciali per il Volontariato, gli Uffici regionali/provinciali del Volontariato e le istituzioni
pubbliche. Di tutti questi attori è il caso di definirne i rispettivi ruoli e funzioni che si
presentano oggi difformi nel Paese. Occorre ribadire il ruolo dei Centri di Servizio per il
Volontariato come associazioni di associazioni finalizzate a promuovere e qualificare tutto il
volontariato, anche attraverso un sostegno alla progettualità delle organizzazioni di
volontariato. Essi devono garantire a tutte le OdV modalità di partecipazione alla gestione
delle attività e assoluta trasparenza nell’utilizzo delle risorse in dotazione, attraverso
l’obbligatorietà del bilancio sociale secondo uno schema approvato dall’accordo tra il
Coordinamento nazionale dei CSV (CSV.net) e il Collegamento nazionale dei Comitati
regionali di Gestione dei Fondi Speciali per il Volontariato (Co.Ge). Questi dovrebbero
rimanere in carica 4 anni per poter svolgere con una certa continuità una funzione di
controllo-sostegno alla programmazione dei CSV. Deve essere prescritta l’eleggibilità dei
rappresentanti del volontariato in seno ai Co.Ge previo il rafforzamento in ogni regione
dell’organismo di partecipazione e di rappresentanza di tutto il volontariato in grado, anche,
di interloquire con i Centri di servizio per il volontariato. E’ emersa anche la necessità di
rivedere ruolo, funzioni e criteri di appartenenza all’Osservatorio Nazionale del
Volontariato. Esso potrebbe avere anche più specifiche funzioni di coordinamento e di
connessione con altri organismi ministeriali del sociale (salute, famiglia, povertà, protezione
civile…), con l’Osservatorio delle associazioni di promozione sociale e con gli Osservatori
Regionali del volontariato. I criteri di rappresentanza in seno all’Osservatorio dovrebbero
essere più trasparenti e volti a comprendere tutti i settori del volontariato, compreso quello
ambientale, culturale e di protezione civile che sono normalmente assenti.
5) Infine, in un disegno promozionale occorre facilitare il volontariato dei lavoratori
incentivando da parte delle aziende, compatibilmente con la loro organizzazione, a
prescindere dall’accordo collettivo di lavoro, la flessibilità e la turnazione negli orari per
tutti i lavoratori che esplicano attività di volontariato organizzato. Grande è l’importanza
anche simbolica di questo art. 17 della L. 266 (applicato in Italia a beneficio di 1 o più
volontari che operano solo nell’11% delle OdV) in quanto favorisce l’esercizio della
cittadinanza attiva e solidale anche dei soggetti più qualificati, capaci di fornire competenze,
sostegno tecnologico e organizzativo alle OdV. E’ inoltre una occasione per le imprese di
esercitare la propria responsabilità sociale.
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