Recensioni di Claudio Cereda 1 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia Philipp Frank La scienza moderna e la sua filosofia di Claudio Cereda L'idea di pubblicare qualcosa sui rapporti tra scienza e cultura mi è venuta durante l'esame di stato dopo aver letto i documenti proposti per la tipologia B (breve saggio o articolo di giornale) relativamente all'ambito scientifico. Mi ha particolarmente impressionato (in negativo) la tendenza assurda a racchiudere un autore in 5 righe di citazione (in quel caso si trattava di Reichenbach di cui sono un cultore) con in più la pretesa di costruire su un collage di francobolli da 5 righe un breve saggio. Per scrivere dei saggi, anche quelli brevi bisogna avere un po' di conoscenza diretta dell'autore (quella che si acquista leggendone le opere) e non si deve essere obbligati a cucire tutte le citazioni fornite. In quel caso si fa un'operazione giornalistica pessima (quella che nel giornalismo politico è nota come pastone e che i bravi direttori cercano di eliminare o ridurre al minimo mentre, in nome del par condicio dominano nei telegiornali). Cerchiamo dunque di conoscere un po' di più gli autori. Philipp Frank, fisico, è stato uno dei fondatori e animatori del Circolo di Vienna da cui prese origine il movimento filosofico noto come neopositivismo, empirismo logico o positivismo logico la corrente di pensiero che, riflettendo sulle caratteristiche e sui risultati delle teorie fisico matematiche di inizio 900, sognò, senza riuscirci, di realizzare l'obiettivo di una unificazione del sapere. Le riunioni del Circolo, con cadenza settimanale si tennero settimanalmente dal 1922 sino al 1938 con la presenza di Rudolf Carnap, Otto Neurath, Philipp Frank, Friedrich Waismann, Hans Hann. Ne furono ospiti occasionali: Hans Reichenbach (fondatore ed animatore del circolo di Berlino), Kurt Gödel, Carl Hempel, Alfred Tarski, W. V. Quine, A. J. Ayer. Ludwig Wittgenstein e Karl Popper non furono mai presenti alle riunioni del Circolo anche se negli stessi anni intrattennero rapporti con i suoi membri. Frank nasce a Vienna nel 1884, si laurea in fisica ed insegna Fisica Teorica all'Università tedesca di Praga prendendo il posto di Einstein (su indicazione dello stesso Einstein). Rimane all'Università di Praga sino al 1938, quando, dopo l'annessione dell'Austria al Reich, il circolo si sfalda e, come molti altri, Frank emigra negli Usa. Insegna fisica e filosofia della scienza ad Harvard sino al 1954. Muore nel 1966 a Cambridge, Massachusetts. Il brano che proponiamo (capitolo XV) è tratto da un'opera del 1941 (Between Physics and Philosophy) ripubblicata poi come La scienza moderna e la sua filosofia. L'edizione italiana è del 1973 presso l'editore Il Mulino. Si tratta di una buona introduzione alle problematiche del neopositivismo, non tecnica e con il vantaggio di essere di prima mano (freschezza, unilateralità, linguaggio non da addetti ai lavori). Il capitolo fa inoltre piazza pulita di una visione del neopositivismo tutto 11/12/2011 17.03 Recensioni di Claudio Cereda 2 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia centrato su analisi del linguaggio ed uso esasperato della logica in cui non troverebbero spazio la cultura e la storia. Invece di un noioso riassunto del libro vi proponiamo l'indice dell'opera (330 pag.) I. II. III. IV. V. VI. VII. VIII. IX. X. XI. XII. XIII. XIV. XV. XVI. L'esperienza e la legge di causalità L'importanza per i nostri tempi della filosofia della scienza di Ernst Mach Ernst Mach e l'unità della scienza Le teorie fisiche del Novecento e la filosofia delle scuole Esiste una tendenza idealistica nella fisica contemporanea? « Spiegazione » meccanica o descrizione matematica? Fisica moderna e senso comune Errate interpretazioni filosofiche della teoria dei quanti Determinismo e indeterminismo nella fisica moderna Le opinioni degli idealisti e dei materialisti sulla fisica moderna L'empirismo logico e la filosofia dell'Unione Sovietica Perché gli scienziati e i filosofi sono sovente in disaccordo sui meriti di una nuova teoria? II significato filosofico della rivoluzione copernicana La posizione della filosofia della scienza nel curri-culum dello studente in fisica L'insegnamento scientifico e le discipline umanistiche La posizione della logica e della metafisica nel progresso della scienza moderna Philipp Frank, La scienza moderna e la sua filosofia Società Editrice il Mulino, 1973, 336 pag. Titolo originale Modern Science and Its Philosophy L'insegnamento scientifico e le discipline umanistiche 1. Il campo specifico e l'istruzione generale È credenza molto diffusa che il disprezzo crescente per la tolleranza e la pace sia legato in qualche modo all'influenza crescente del pensiero scientifico, e al declino dell'etica, della religione e dell'arte, come guida alle azioni umane. Naturalmente questa tesi è discutibile: non vi sono dubbi sul fatto che le cause di guerra si possono rintracciare molto spesso in convinzioni religiose o semireligiose, e molto raramente in dottrine scientifiche. Le discipline umanistiche, incluse la religione e la etica, hanno costituito per secoli la base della educazione, e il risultato non ha certo coinciso, volendo essere cauti, con un declino della ferocia dell'umanità. Gli scienziati non hanno mai avuto l'opportunità di plasmare le menti di numerose generazioni; perciò sarebbe più giusto attribuire l'incapacità delle nostre istituzioni di formare una generazione amante della pace all'inettitudine delle autorità etiche e religiose, piuttosto che imputare tale responsabilità agli scienziati. Non penso tuttavia che abbia molto senso, discutere la ripartizione delle responsabilità. Io infatti condivido pienamente la persuasione dei critici della scienza, che creare generazioni di scienziati, i quali abbiano una formazione meramente scientifica, e ignorino le sfere del comportamento umano, sarebbe nocivo alla causa della civiltà. Che ci piaccia o no, gli scienziati parteciperanno in misura sempre maggiore alla guida della società futura. Già ora non vi sono dubbi circa il fatto che il contributo dato dagli scienziati alla nostra vita politica, ha giocato in favore della pace e della tolleranza, assai di più che non il contributo dei legislatori e dei governi o, se vogliamo, dei filosofi veri e propri. Per far si che questo atteggiamento dei nostri più grandi scienziati diventi un'abitudine comune a tutti gli uomini di scienza, è importante inculcare in chi lavorerà nei vari campi scientifici, l'interesse per i problemi umani, fin dal periodo della sua formazione. Poiché a tale scopo è futile discutere circa la supremazia della educazione umanistica su quella scientifica, il dibattito « scienza contro discipline umanistiche » o viceversa in questa sede non ha naturalmente alcuna ragione d'essere. Tuttavia sarebbe poco vantaggioso obbligare lo studente di scienze a frequentare corsi nelle facoltà umanistiche. Secondo l'esperienza di persone che conosco, la mentalità del normale studente in scienze è tale da non permettergli di apprezzare a sufficienza questi corsi; quindi egli non li assimilerà bene. Noi invece abbiamo veramente bisogno di colmare la lacuna tra le scienze e le discipline umanistiche che si apri e si allargò sempre di più, durante lo scorso e il nostro secolo. A mio avviso, si può colmare tale lacuna solo partendo da quei valori umani che sono intrinseci alla scienza stessa. L'istruzione scientifica deve mettere in risalto questi valori, e convincere gli studenti che l'interesse per le 11/12/2011 17.03 Recensioni di Claudio Cereda 3 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia discipline umanistiche è la conseguenza naturale di un profondo interesse per le scienze. In questo modo il docente di scienze darà il suo sostegno alla causa dell'istruzione generale nel suo insieme, e non solo all'insegnamento della sua scienza specifica. Chiunque abbia tentato di levare la voce in favore della causa dell'educazione generale tra i membri d'una facoltà universitaria, è incorso quasi regolarmente in una obiezione ben precisa: tutto il tempo che lo studente deve dedicare alle lezioni di educazione generale, viene sottratto al lavoro special izzato nel suo campo scientifico specifico; poiché in ogni caso tale campo è tanto vasto da non poter essere esaurito tutto durante il periodo della permanenza dello studente all'università, diventerebbe quasi un crimine raccorciare questo tempo breve e prezioso. L'obiezione è sostenuta particolarmente dagli insegnanti delle scienze vere e proprie. Mi accingo ora a discutere la questione « campo specifico contro istruzione generale », specialmente dal punto di vista dello studente in scienze, ma sono certo che il discorso sia più o meno lo stesso per qualsiasi altro campo di studi: le lingue, la storia, e altri. Persino i dipartimenti di filosofia si sono attenuti a questo atteggiamento isolazionistico. Anziché lavorare per una sintesi delle conoscenze umane, essi hanno proposto una specie di armistizio tra la scienza e la filosofia. A mio avviso, questo difetto è la causa principale della spaccatura esistente nella nostra istruzione generale; o, per parlare con esattezza, la lacuna tra scienza e filosofia è la parte più evidente della lacuna esistente tra scienza e discipline umanistiche, quindi, della lacuna tra la scienza e il dominio del comportamento umano in generale. Tale lacuna probabilmente non è cosi netta e cospicua in nessun campo, come in quello delle scienze fisiche; perciò la battaglia per il rinnovamento dell'educazione umanistica non sarà vinta senza la volonterosa e intensiva cooperazione di chi opera nel campo delle scienze fisiche. D'altra parte, se vogliamo che gli studenti delle facoltà umanistiche si dedichino di buon grado a un'istruzione generale, che richieda loro alcune nozioni supplementari nel campo della scienza, dobbiamo convincerli che imparando la scienza conseguiranno al tempo stesso una maggiore conoscenza del comportamento umano. Voglio iniziare col descrivere il danno provocato dalla separazione fra la scienza e la filosofia, a queste due discipline e alla causa dell'educazione umanistica in genere. Quindi, intendo proporre alcuni suggerimenti per sanare tale separazione, rimovendo le cause che hanno portato la filosofia e la scienza al reciproco distacco. 2. L'interesse filosofico per la fisica Indubbiamente l'interesse del grande pubblico per le scienze fisiche è dovuto in primo luogo alle loro applicazioni tecniche: la televisione, il radar, la bomba atomica. Quando Copernico avanzò l'ipotesi che il moto dei corpi celesti potesse venire descritto con riferimento al sole piuttosto che alla terra, essa non presentava alcun interesse tecnico. Tuttavia, attirava l'interesse del pubblico, e dava calore ai dibattiti certo più di ogni altra innovazione tecnica. Non è necessario risalire a molti secoli addietro, per trovare esempi: noi stessi siamo testimoni del « boom della relatività », che nacque allorché Einstein propose la sua nuova teoria del moto e della luce. Sebbene la teoria sembrasse a prima vista lontana da qualsiasi applicazione tecnica, l'interesse del pubblico in certi casi ebbe punte d'isterismo: abbiamo esempi di persone che rischiarono di essere uccise, nel tentativo di entrare in un'aula sovraffollata, in cui Einstein in persona cercava di illustrare al pubblico la relatività; n é vi sono dubbi che le implicazioni filosofiche, e persino religiose, di tali dottrine fisiche generali, abbiano indotto non pochi ecclesiastici a fare uso della relatività nelle loro prediche. Per valutare equamente le situazione, non dobbiamo dimenticare che Newton, durante e dopo la sua vita, costituì uno degli argomenti favoriti della conversazione salottiera, e si pubblicarono diversi libri che rendevano popolare Newton, alcuni di essi specialmente destinati « ad uso delle dame ». Oggigiorno, non raramente, vediamo libri e articoli di riviste scritti da filosofi, uomini della chiesa, o, nella fattispecie, da scienziati, in cui le teorie dalla fisica moderna —della relatività e dei quanti — vengono raccomandate per i loro meriti filosofici o religiosi. Da questi articoli apprendiamo che la fisica del nostro secolo ha restituito alla mente il posto che le spetta nell'universo, e ha riconciliato la scienza con la religione; che la corrente materialistica, caratteristica della scienza del Settecento e dell'Ottocento, è stata definitivamente superata nel Novecento. Poiché il « materialismo » è sempre stato associato a qualche sistema politico e sociale, questi autori concludono che la nuova fisica va vista anche come un fallimento di tutti i sistemi politici fondati sul materialismo, ossia, secondo le idiosincrasie personali, del comunismo, o, qualche volta, del nazismo, cioè del razzismo. Non v'è dubbio che la correlazione tra fisica e filosofia è stata in gran parte la causa del grande interesse per la fisica del Novecento da parte di larghe sezioni del grosso pubblico. Il lettore intelligente, che segue in libri e riviste il 11/12/2011 17.03 Recensioni di Claudio Cereda 4 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia corso del pensiero contemporaneo, e sente le conferenze popolari degli scienziati, dei predicatori, dei filosofi e dei politici, spesso finisce per avere un interesse nelle idee generali della fisica del Novecento più vivo, che non uno studente in fisica che si specializza, supponiamo, nel radar. Anche dopo il titolo di studio, lo studente in fisica di solito conosce molto poco i rapporti tra fisica e filosofia, per tacere dei rapporti tra fisica e comportamento umano. In generale è meno avvezzo del profano istruito a formarsi un giudizio equilibrato su quei problemi, che sono discussi tutti i giorni nelle riviste e nelle conferenze sulla influenza della fisica moderna sulle azioni umane. Se uno studente delle scuole superiori o, nella fattispecie, dell'università, chiede al suo insegnante di fisica informazioni su problemi di questo tipo, difficilmente riceverà una risposta soddisfacente. Se riceve un'informazione, sarà per lo più superficiale ed evasiva. Per questo il laureato in fisica raramente sarà capace di dare al grosso pubblico dei consigli su questioni che questo considera importanti per la sua concezione generale dell'uomo e dell'universo. L'incapacità del fisico specializzato non soffocherà l'interesse del pubblico: la sete di conoscenza, che non è estinta dallo scienziato, verrà appagata da persone che non conoscono la scienza, ma sanno dare risposte secondo i desideri della maggioranza. Quindi il desiderio di conoscenza di larghi strati del pubblico porterà acqua al mulino di qualche gruppo propagandistico organizzato. I testi di fisica per la maggior parte dichiarano di attenersi ai fatti, e di escludere « oziosi discorsi filosofici ». In realtà, essi spesso formulano le leggi generali della natura in modo tale, che nessun fatto fisico di sorta può essere dedotto logicamente da tali leggi. Ciò significa che essi in realtà non formulano delle leggi fisiche, bensì delle leggi puramente metafisiche. Cosi le scienze fisiche sono di ottimo esempio per gli studenti, i quali possono apprendere che l'espressione « aderire solamente ai fatti » viene usata frequentemente come un pretesto per evitare ogni analisi logica, e quindi per favorire ogni tipo di pregiudizio antiquato. La proposizione « aderire solamente ai fatti » dovrebbe ragionevolmente significare solamente l'enunciare asserzioni che possano essere controllate mediante l'esperienza, cioè, mediante fatti osservabili, il che sarebbe certo molto utile al fine di ridimensionare le vuote formule, o il fanatismo, della religione o della politica. Se « attenersi ai fatti » è la formula dell'insegnamento tradizionale della fisica, « ignorare i fatti » è la formula messa in atto dall'insegnamento tradizionale della matematica. Ambedue questi slogans sono legittimi da un punto di vista logico entro i limiti di un ristretto campo di pensiero. Occasionalmente, tuttavia, lo studente deve conoscere i limiti di quegli slogans, altrimenti non potrà comprendere chiaramente il significato delle più importanti leggi della natura, e finirebbe per venire ostacolato proprio il tentativo di realizzare una istruzione generale su fondamenti scientifici. @@@@@@@@@@@ 3. Filosofie casuali Se non acquisisce una comprensione dei rapporti tra la matematica e la fisica, allo studente sfuggirà la migliore occasione di cogliere il tratto più importante della conoscenza umana: il rapporto tra l'osservazione sensibile e il pensiero logico. Se fra questi due campi non si instaura un legame, costituito da una analisi esauriente dei procedimenti scientifici, empirici e logici, cioè, da una sistematica filosofia delle scienze, la necessità di tale legame è tanto impellente, che esso verrà instaurato con altri mezzi, forniti specialmente da qualche filosofia, antiquata ma popolare, che sostituirà la rigorosa analisi logica della scienza. È d egno di nota il fatto che, in pratica, il grezzo empirismo nella scienza, in mancanza di un'analisi critica, abbia reso possibile sovente il fiorire di grezzi sistemi metafisici. Non pochi grandi pensatori, che appartenevano a scuole di pensiero molto diverse, si sono espressi unanimemente su un punto: se uno scienziato crede di non professare nessuna filosofia e si attiene strettamente al suo campo specifico, diventerà veramente un adepto di qualche « filosofia casuale » come la definisce A. N. Whitehead. Questo grande metafisico contemporaneo, che possiede una solida preparazione scientifica, ci assicura che per uno scienziato trascurare deliberatamente la filosofia «... equivale a presumere la giustezza dei pregiudizi filosofici casuali inculcati da una nutrice, o da un maestro di scuola, o dai modi correnti di espressione ». Questa opinione concorda pienamente con quanto afferma Ernst Mach, filosofo e scienziato eminente, che era il nemico più irriducibile di tutti i tipi di metafisica. Delle dottrine antiquate dei filosofi egli dice « che sono sopravvissute, a volte, molto più a lungo all'interno della scienza, dove non incontrarono una critica tanto attenta. Come una specie animale, che non sia stata sufficientemente equipaggiata alla lotta per la vita, talvolta sopravvive in un'isola remota in cui non ha nemici, cosi la filosofia antiquata è sopravvissuta entro i confini della scienza ». Come terzo, e ancor diversissimo tipo di pensatore, possiamo citare Friedrich Engels, che per tutta la sua vita collaborò con Carlo Marx, e fu particolarmente sollecito delle conseguenze nella vita sociale e politica di una 11/12/2011 17.03 Recensioni di Claudio Cereda 5 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia filosofia antiquata. Egli affermava: Gli scienziati possono prendere l'atteggiamento che credono: essi sono sotto il dominio della filosofia. C'è da porre solo il problema se essi vogliono essere dominati da una cattiva filosofia corrente o da una forma di pensiero teorico che riposa sulla conoscenza della storia del pensiero e sui suoi risultati '. F. Engels, Dialettica della natura, Roma, 1967, p. 222. Una cosa pare certa: se tentiamo di eliminare completamente dalla scienza, supponiamo dalla fisica, l'insegnamento della filosofia della scienza, come conseguenza non avremo una generazione di fisici con una mentalità scientifica, bensì un gregge di credenti in qualche filosofia casuale, antiquata o in voga. Tra tutti gli studenti in scienze, coloro i quali ricevono per tradizi one la peggiore formazione nell'analisi filosofica sono gli studenti in ingegneria. Sovente costoro assimilano la scienza, spogliata delle sue strutture logiche, come una semplice raccolta di ricette utili. È solo una coincidenza che gli studenti in ingegneria siano stati nel loro insieme più vulnerabili ai vacui motti politici, come il fascismo, che non gli studenti di scienza « pura »? Non vi sono dubbi che gli slogans generici abbiano in politica una funzione simile a quella che i principi generali hanno nella scienza. Chi è stato abituato a comprendere fino a che punto i principi generali, come la conservazione dell'energia o la relatività, sono fondati su fatti confermabili, e fino a che punto sull'arbitrio e sulla fantasia, questi è più immune agli slogans politici dei demagoghi, che non uno studente a cui hanno insegnato solo a catalogare la sua esperienza immediata, e a vedere le leggi generali come doni caduti dal cielo per aiutarlo a mettere un po' d'ordine tra le sue schede d'archivio. In pratica, una rigida separazione tra scienza e filosofia può essere mantenuta solo durante un periodo, in cui non si verificano mutamenti essenziali nei principi scientifici. In un periodo di mutamenti rivoluzionari i muri di separazione crollano. Nelle affermazioni di Whitehead sopra citate, è particolarmente ribadito il concetto che una fisica svuotata della filosofia, può riuscire innocua ai fisici durante i periodi di stabilità, ma in un periodo di riforma di idee tale deficienza conduce inevitabilmente alla filosofia casuale a cui accennammo. La nostra epoca, con il sorgere della teoria dei quanti, è un esempio evidente di ciò. Questi nuovi campi sono di fatto divenuti, non solo per il profano, ma altresì per il fisico normale, alquanto misteriosi. I docenti di fisica hanno adottato diversi metodi per evitare la difficoltà di dare ai loro studenti una visione coerente delle leggi della natura. La cosa più semplice da fare consiste nel limitarsi a descrivere il più fedelmente possibile i procedimenti fisici, e a presentare dei calcoli matematici. Questo metodo didattico ha dato a chi non è fisico l'impressione che la scienza fisica, che storicamente è stata la punta avanzata dell'illuminismo, sia diventata in qualche caso una fonte d'oscurantismo. Molto di frequente la fisica è stata realmente usata per attaccare la fede nella ragione umana, e per sostenere la credenza nelle fonti irrazionali della verità. Questo abuso è dovuto certamente all'incapacità di molti libri e di molti docenti di interpretare in maniera logicamente coerente il significato fisico delle formule che esprimono le leggi più generali. 4. La « filosofia professionale » Oltre ai dipartimenti di scienze specifiche, nella maggior parte delle università esiste un dipartimento di filosofia, che dovrebbe contrapporsi alla eccessiva specializzazione. Il suo compito è quello d'investigare i fondamenti che sono comuni a tutte le scienze specifiche. Secondo quello che abbiamo detto in precedenza, l'istruzione media nel campo delle scienze specifiche non ha raggiunto lo scopo di fare comprendere allo studente la posizione occupata dalla sua scienza entro l'insieme dello scibile e della vita umana. Esaminiamo ora il modo in cui l'insegnamento normale della filosofia ha svolto il compito che è stato trascurato dall'insegnamento delle altre scienze. In realtà la filosofia, come è insegnata nella maggior parte dei dipartimenti di filosofia, è diventata essa stessa una scienza specifica, che è separata dalla matematica, dalla fisica, o dalla biologia più di quanto queste discipline lo siano tra loro. La profondità della lacuna che ha separato la scienza dalla filosofia divenne notevole quando la nascita di teorie completamente nuove, come la teoria della relatività, gettò gli scienziati nella confusione. Il contributo che i filosofi apportarono nel loro campo specifico ai fini di una chiarificazione dei nuovi concetti e di una loro integrazione nell'intero sistema della nostra conoscenza è stato tutt'altro che trascurabile. Gli studenti in filosofia forniti di una preparazione tradizionale hanno per lo più studiato le teorie della relatività e dei quanti in opere di divulgazione superficiali, scritte da « fisici » che, a loro volta, non hanno nessuna conoscenza di sorta circa l'analisi logica e la filosofia della scienza; perciò i loro scritti divulgativi sono intrisi di « filosofia casuale », raffazzonata in qualche modo. Dei concetti come spazio, tempo, causalità, vien fatto uso secondo queste « filosofie casuali », cosi, ancora una volta, la filosofia tradizionale, talvolta antiquata, è ritornata ai filosofi sotto le mentite spoglie del vangelo della « scienza ». 11/12/2011 17.03 Recensioni di Claudio Cereda 6 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia Per avere un'idea della larghezza e della profondità di quest'abisso che siamo andati ripetutamente menzionando, basta solo tentare di individuare un filosofo che abbia una « idea chiara e distinta » della vera ragione, supponiamo, del vecchio conflitto tra Copernico e la Chiesa cattolica, per non parlare del conflitto tra i newtoniani e Einstein. Ne troveremmo pochissimi: eppure sembra ovvio come nessuno possa affermare il significato filosofico di una questione fondamentale nella storia del pensiero umano, senza comprendere la questione stessa; e per « comprendere » intendo « comprendere a fondo ». Tra i filosofi è usata spesso la scusa che per loro è semplicemente impossibile avere una idea esatta di un problema scientifico, perché oggigiorno le scienze sono divenute cosi specializzate, che solamente lo specialista può comprendere a fondo il problema. Ma se le cose stessero cosi, allora come si potrebbe avere un giudizio filosofico su una questione che s'intende soltanto superficialmente, perché l'argomento è troppo complicato? In queste condizioni, moltissimi filosofi hanno deciso di eleggere a loro dominio un campo speciale della filosofia, fuori del campo della scienza. Per padroneggiare questo campo si presume che basti solamente un'infarinatura di quella conoscenza prescientifica, ben nota all'uomo della strada. Secondo questo programma d'azione, il filosofo indaga sui concetti e sulle convinzioni, che sono la base logica, da cui è possibile derivare l'esperienza della nostra vita quotidiana. A questo livello noi usiamo liberamente parole come « tempo », « spazio », « esistenza di oggetti esterni », nel senso in cui l'uomo della strada usa queste espressioni. Le scienze specifiche, come la matematica, la fisica, la biologia, vengono accettate come vere, quali rami isolati della conoscenza, e si sostiene la politica del non intervento: queste scienze specifiche riconosciute sono nate in qualche modo, e prosperano felicemente senza preoccuparsi dell'analisi filosofica. Il filosofo vuole che continuino a essere felici nella loro innocenza e non s'inseriscano nel suo « spazio vitale », che si trova in mezzo, sopra, e sotto il dominio di esse. In realtà, queste scienze autonome esistono solamente nello schema semplicistico tracciato da un vasto gruppo di filosofi. Il dominio che giace tra la matematica, la fisica, la biologia, la storia, è precisamente della stessa natura, e ha esattamente la stessa struttura logica, del dominio che sta all'interno della fisica e della matematica. Le linee divisorie tra le scienze speciali sono tracciate solo per la comodità della divisione del lavoro, e non per qualche profondo motivo filosofico. I campi speciali della fisica e della chimica per secoli furono considerati di natura essenzialmente diversa, poiché la fisica tratta solo mutamenti quantitativi, mentre la chimica studia i mutamenti qualitativi, o addirittura sostanziali. Oggi tra fisica e chimica abbiamo due nuovi campi speciali, la fisica chimica e la chimica fisica, che sostituiscono l'entità misteriosa che avrebbe dovuto costituire l'anello di congiunzione filosofico tra fisica e chimica. Le scuole di pensiero che hanno sostenuto la separazione della filosofia dalla scienza, tendono certamente a cooperare all'integrazione delle singole scienze, ma svolgono questo compito impiegando come elemento di coesione delle nozioni prescientifiche, mentre sappiamo dal nostro ultimo esempio che l'elemento di coesione tra le scienze specifiche è esso stesso una scienza compiutamente sviluppata. V'è un'altra scuola di pensiero, che ritiene di essere modernissima, e assume un atteggiamento che potremmo definire disfattista: lascia le scienze specifiche intatte e autonome; secondo i dettami di questa scuola, la filosofia non prova neppure a colmare le lacune esistenti tra queste scienze speciali, e si propone invece di dar vita a un campo di conoscenza completamente separato « al di là della scienza »; questa « conoscenza » sarebbe autonoma e indipendente da ogni progresso della scienza vera e propria, perché sarebbe basata solo sull'esperienza prescientifica dell'umanità. In questa scuola si possono distinguere due gruppi. Entrambi sostengono che il lavoro del filosofo s'inizia quando lo scienziato ha terminato il suo nel modo più completo possibile. Per esempio, dopo che lo scienziato ha stabilito le leggi fisiche del movimento, interviene il filosofo, — dicono i componenti del primo gruppo —, con i suoi problemi particolari. Con queste leggi lo scienziato ha formulato come ha luogo il movimento, come si configura, e cosi via. Invece il filosofo vuole sapere che cosa è il moto, ponendo l'accento su « è ». Mentre lo scienziato esplora l'atteggiamento osservabile del moto, il filosofo vuole scoprire l'« essere », l'« essenza », del moto; e l'essenza del moto si può scoprire in base alla nostra conoscenza prescientifica di esso, e non può venire influenzata da nessun progresso della nostra scienza meccanica. A questo gruppo appartengono gli odierni neotomisti. Anche il secondo gruppo inizia la sua attività quando le scienze specifiche hanno ultimato la loro. Tuttavia, invece di cercare l'« essere » delle cose, esso asserisce che le scienze specifiche considerano come veri alcuni « presupposti » senza investigarli, come l'esistenza dei corpi materiali, la legge di causalità, la legge dell'induzione; inoltre, esse affermano, il filosofo deve intervenire e indagare se i presupposti siano corretti. Quando sento dire queste cose, talvolta ho l'impressione che si scambi il bianco per il nero. Succede di frequente, infatti, che gli scienziati indaghino i presupposti che i filosofi hanno preso per buoni senza investigarli. I fondatori della geometria non euclidea, Gauss, Lobatchevschi, e Bolyai, dubitarono degli assiomi della geometria euclidea. Einstein dubitò degli assiomi della geometria meccanica, mentre moltissimi filosofi credevano in quegli assiomi come in un'eterna verità. Inoltre, è molto discutibile se dei «presupposti», quali l'esistenza dei corpi materiali, abbiano realmente una qualsiasi funzione nella scienza, e se dei presupposti che veramente hanno una funzione sostanziale si possano investigare con un 11/12/2011 17.03 Recensioni di Claudio Cereda 7 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia metodo che non sia quello scientifico. Qualunque sia il nostro giudizio finale su tale investigazione dei presupposti, l'effetto pratico di questa scuola filosofica è la riaffermazione della filosofia come scienza specifica accanto alla matematica, alla fisica, all'economia, e il perpetuarsi del vasto divario tra la scienza e le discipline umanistiche nel nostro sistema pedagogico. La funzione della filosofia come integrazione della conoscenza umana è ignorata, o almeno trascurata; di conseguenza, i valori pedagogici insiti nella matematica e nella fisica non vengono sfruttati. Le scienze specifiche si riducono alla condizione di conoscenze utili, prive di alcun valore di verità; mentre, d'altro canto, la « filosofia » diventa un modo di dissertare, senza contatti con il progresso della scienza, quindi, senza contatti con l'evoluzione dell'intelletto umano. Da queste considerazioni appare evidente che l'insegnamento tradizionale della filosofia può aver contribuito notevolmente ad affinare il modo di pensare dello studente, e a dargli un certo tocco di raffinatezza, ma certo ha fatto ben poco per favorire la sintesi della conoscenza umana, che dovrebbe essere lo scopo principale di un'educazione umanistica. 5. Neotomismo e materialismo dialettico Una proposta è stata ampiamente discussa in questi ultimi anni: la tesi di Robert M. Hutchins, cancelliere della Università di Chicago. L'aspetto essenziale di essa sta nel basare l'integrazione della conoscenza impartita nelle nostre università nell'ultima sintesi verificatasi nella storia del pensiero, su una specie di « tradizione tipo ». Secondo il gruppo, il cui portavoce è stato il filosofo Mortimer J. Adler, l'ultimo sistema nella storia che ha veramente raggiunto una sintesi di scienza, etica, politica e religiosa, è la fi losofia di Tommaso d'Aquino. La Summa theologica e la Summa catholicae fidei contra Gentiles presentano un sistema coerente in cui, dallo stesso insieme di principi, derivano logicamente non soltanto l'astronomia, la psicologia, l'etica e la politica, ma anche il comportamento degli angeli, per esempio la risposta alla questione se la velocità del loro volo è finita o infinita. Naturalmente appare discutibile se il tomismo sia veramente l'ultimo sistema coerente che abbia tentato o compiuto una sintesi tanto completa. Certamente qualcuno potrebbe sostenere che la filosofia del materialismo dialettico, ora la base ufficiale dell'educazione dell'Unione Sovietica, è anche essa un insieme di principi, da cui non solo discendono le scienze fisiche, ma altresì le leggi della teoria e della sociologia. Appunto come il tomismo, questo sistema più recente sostiene di essere di guida non solo nella ricerca scientifica, ma anche nella questione di che cosa sia una « vita buona ». La giustificazione fondamentale di Hutchins e del suo gruppo è che è meglio una sintesi che forse non è perfetta, alla mancanza di una sintesi coerente. Non v'è dubbio che la gloria principale del tomismo consiste nell'aver considerato discipline cosi disparate, come l'astronomia e la teologia, come conclusioni derivate da un unico insieme di principi. Tuttavia, a parte la teologia, nessuno potrebbe affermare che il tomismo sia un buon sistema per fornire una risposta alla domanda se sia preferibile la meccanica newtoniana o quella di Einstein. Allo stesso modo, il risultato più valido del materialismo dialettico sta nel fatto che le leggi della fisica sono derivate dagli stessi principi delle leggi delle società umane. Per esempio, dai testi del materialismo dialettico apprendiamo che la legge che regola la transizione da una società capitalistica a una società comunista, deriva dagli stessi principi che regolano la trasformazione dell'acqua in vapore. Entrambe sono conclusioni tratte dal principio dialettico che i mutamenti quantitativi alla fine diventano qualitativi. Tuttavia, se non siamo interessati alla sintesi di fisica e sociologia in un insieme di principi, nessuno potrebbe sostenere che il materialismo dialettico costituisca il fondamento migliore della scienza fisica, per esempio l'interpretazione più adeguata dell'evaporazione dei liquidi. Il materialismo dialettico, infatti, non è stato mai scelto in nessun luogo quale base pedagogica, eccetto che in Paesi in cui il governo aderisce ai principi di economia e di politica marxista, nel qual caso, appare assai vantaggioso poter collegare questi principi alle leggi della scienza fisica mediante un insieme comune di principi. Con lo stesso diritto si potrebbe presumere che il tomismo non è raccomandabile come base pedagogica, se non in quei Paesi in cui il governo aderisce alla dottrina politica e religiosa della chiesa catto lica, perché allora la scienza sarà considerata, insieme con la politica e la religione, come derivata da principi comuni. D'altro canto, non vi sono dubbi circa il fatto che una educazione che metta in risalto l'integrazione della conoscenza umana, debba dare molto maggiore importanza di quanto normalmente si faccia, ai sistemi che hanno storicamente raggiunto quest'integrazione, qualunque possa essere il nostro giudizio sul reale modo di vivere politico e religioso che è in armonia con quel sistema. Allo studente si dovrebbe presentare spassionatamente tanto il tomismo quanto il 11/12/2011 17.03 Recensioni di Claudio Cereda 8 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia materialismo dialettico, come sintesi della conoscenza umana. Ma il fare dell'uno o dell'altro di tali sistemi il fondamento esclusivo dell'insegnamento della filosofia della scienza, può essere giustificato solo se si mira a un particolare indottrinamento politico o religioso. 6. Integrazione di scienza e di filosofia Prima di elaborare un piano costruttivo per colmare la lacuna tra la scienza e la filosofia e, di conseguenza, tra la scienza e le discipline umanistiche, occorrerà rimuovere gli ostacoli principali che ostruiscono il cammino verso questa meta. Come abbiamo visto, i due ostacoli principali sono: da un lato, la fede esagerata degli scienziati nella specializzazione, fede che talvolta li spinge persino a essere prevenuti contro le idee generali; dall'altro, la tendenza contemporanea delle scuole filosofiche a fare della « filosofia » una nuova scienza specifica, invece di contribuire a una sintesi della conoscenza. L'atteggiamento negativo di molti scienziati è fondato sulla convinzione che ogni escussione oltre i limiti del proprio campo conduca a una inevitabile superficialità; pertanto lo scienziato genuino deve limitare il suo interesse agli argomenti scientifici e mantenersi entro il recinto del proprio dipartimento. Naturalmente la preoccupazione di evitare la superficialità contiene un granello di verità. Essa tuttavi a rappresenta solamente un aspetto della questione, perché il progresso scientifico ha rivelato non solo complessità sempre crescenti nelle scienze, ma anche sempre maggiori connessioni tra i suoi rami specifici « isolati ». Questo ha fatto sì che oggi sia molto pili facile d'un tempo che un solo uomo domini le scoperte di diversi campi specifici. Basta solo considerare gli esempi forniti dalla fisica e dalla chimica. Se vogliamo farci un giudizio sicuro di come, nonostante l'abbondanza di materiale fattuale, acquisire una conoscenza profonda al di qua e al di là dei confini dipartimentali, dobbiamo domandarci per esempio, come qualcuno è riuscito a diventare un esperto in un campo come la biofisica. Chi lo è divenuto, non lo è divenuto certo con uno studio approfondito dell'intera fisica e dell'intera biologia, perché per questo non basterebbe una vita. Il biofisico ha acquisito una conoscenza generica equilibrata dei due campi, la fisica e la biologia, e ha tentato di acquisire una conoscenza veramente approfondita in quei campi della fisica e della biologia che sono importanti per le interazioni dei fenomeni vitali con quelli fisici. In realtà, il comportamento degli scienziati che hanno lavorato in campi tradizionali, come la fisica, non è stato diverso. Un fisico normale avrà prima una conoscenza generica della fisica, poi acquisterà una conoscenza particolareggiata del suo campo specifico all'interno della fisica. Se vuole diventare un biofisico, le sue informazioni generiche devono essere più estese, ma il suo campo d'interesse specifico non dev'essere più vasto del campo specifico di un fisico normale. Inoltre, per essere sinceri, il fisico normale conosce le parti della fisica che stanno al di fuori del suo campo specifico solo mediante generalizzazioni divulgative, specialmente quando si tratta della teoria della relatività. I singoli fisici non sono naturalmente da biasimare per questo stato di cose, perché senza fare uso della divulgazione non potrebbero ottenere informazioni su campi importanti della scienza. Da queste osservazioni è evidente quale deve essere l'istruzione da impartire al « filosofo della scienza », se la meta dev'essere la sintesi della conoscenza umana. Egli deve acquisire una conoscenza generale delle diverse scienze, e una conoscenza precisa e approfondita di quelle parti di ciascun campo specifico che sono importanti per i rapporti tra le zone confinanti delle varie scienze, e per i rapporti tra la sc ienza e il comportamento umano. Qualcuno obietterà che una conoscenza generica non è sufficiente, perché non sappiamo quale parte della scienza può essere importante ai fini della filosofia, prima di aver realmente raggiunto l'integrazione. La obiezione può essere in parte vera, ma è troppo vaga. Infatti, secondo questo ragionamento ogni fisico dovrebbe avere una conoscenza completa dell'intera fisica, altrimenti non potrà sapere quale sia la conoscenza importante per il suo campo speciale della fisica. Non c'è nulla da fare: questo è un rischio che il fisico deve correre, quando impara il mestiere; imparerà di volta in volta a riconoscere col suo fiuto che cosa è importante, e che cosa non lo è. In linea di principio, non si richiede al filosofo che voglia avere una certa conoscenza della filosofia della scienza nessuno sforzo maggiore di questo. Non v'è dubbio, tuttavia, che anche una conoscenza scientifica generica richieda molto tempo, cosi che il filosofo non riuscirà a ricevere un'istruzione pari a quella che dovrebbe ricevere se volesse addentrarsi nella filosofia « come scienza specifica ». Potrebbe tuttavia essere sufficiente allo studente che si specializza nella filosofia della scienza, e vuole laurearsi in filosofia, acquisire una conoscenza generica della storia della filosofia, senza conoscere nei particolari tutte le opinioni che sono state avanzate nel corso di due o tremila anni. Ogni filosofo della scienza deve, naturalmente, avere dimestichezza con i grandi pensatori come Piatone, Aristotele, Tommaso d'Aquino, Leibniz, Cartesio, Kant, Nietzsche; ma forse allo studente basterà conoscere bene il linguaggio di questi filosofi, e sapere collocare le loro 11/12/2011 17.03 Recensioni di Claudio Cereda 9 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia idee entro il grande fluire della evoluzione del pensiero scientifico. Ciò gli lascerebbe il tempo e, ciò che è più importante, la opportunità di acquisire una buona conoscenza generale delle scienze fisiche e biologiche. Egli potrebbe concentrare i suoi sforzi su quelle parti della scienza che sono più importanti al fine di valutare i problemi di confine che sorgono fra le scienze specifiche, nonché fra la scienza e la filosofia tradizionale. Egli si potrebbe concentrare, per esempio, sulla matematica, sui problemi quali la « verità della geometria non-euclidea »; sulla meccanica, sulla funzione del « moto assoluto »; e, in particolare, sui legami tra la matematica e la fisica, come la distinzione tra la verità matematica e la verità fisica degli assiomi geometrici. Naturalmente, lo studente dovrebbe tentare di acquisire una conoscenza approfondita della teoria della relatività di Einstein, del principio di indeterminazione di Heisenberg, del concetto di complementarità della natura di Bohr, e cosi via; a proposito della filosofia tradizionale, egli dovrebbe tentare di comprendere come le diverse scuole hanno affrontato il problema di tracciare una precisa linea di demarcazione fra la fisica e la filosofia. Egli tenterà di venire a conoscenza delle risposte che i grandi filosofi hanno dato a questioni come: qual è lo status logico dei principi generali della natura? Sono un risultato dell'esperienza, o della ragione, o di qualche altra cosa? Quale funzione giocano il caso e la casualità entro le leggi generali della natura, e le loro applicazioni ai fenomeni osservati? Gli insegnanti di filosofia forniti di una simile formazione potrebbero dare agli studenti informazioni attendibili a proposito dei problemi della « filosofia della scienza » e dell'« integrazione delle scienze ». A questo punto, tuttavia, dobbiamo affrontare ancora un problema. Se conosciamo i problemi, ne conosciamo anche le soluzioni? Che cosa dobbiamo presentare allo studente, quale risultato dell'integrazione delle scienze? Bisognerebbe potergli dare una guida sicura senza propinargli una « filosofia casuale », che potrebbe essere o la conseguenza di una vecchia tradizione, ora antiquata, oppure nient'altro che la moda del momento, e di qualche gruppo sociale. Non v'è dubbio che a livello universitario solo l'impiego di argomenti storici e filosofici può favorire tra gli studenti l'integrazione della conoscenza. Tuttavia, il punto di partenza dev'essere la stessa scienza vivente. Da questa fonte deve scaturire la discussione storica e filosofica. Fra tutti i numerosi motivi validi per agire a questo modo, basterà considerare il motivo consistente nel fatto che non esiste altro mezzo di rendere accettabile allo studente di scienze la filosofia e la storia. Lo studente non riuscirà a digerire questo cibo insolito, se gli manca l'interesse per le idee storiche e filosofiche. Naturalmente sarebbe un ben misero metodo didattico quello di limitarsi ad aggiungere alla presentazione tradizionale della scienza qualche superficiale nozione filosofica. Dobbiamo invece dare alla presentazione stessa della scienza un'impronta filosofica. Il docente delle scienze specifiche forse avrà paura di sciupare il suo tempo con questo tipo di trattazione; nutrirà il timore che lo studente paghi questa impronta storica e filosofica con una deficienza d'informazione nel campo della scienza vera e propria. A me pare tuttavia che, al contrario, questo metodo nuovo faccia risparmiare del tempo. Con questo metodo, per esempio, moltissime leggi fisiche potrebbero essere presentate agli studenti in modo assai più attraente che non con i vecchi metodi. Tuttavia, non intendo dire che il problema vada affrontato servendosi di uno dei numerosi sistemi metafisici, che sono stati inventati nel corso di secoli, col proposito di integrare la conoscenza umana. Ogni tentativo di tal genere introdurrebbe nell'insegnamento scientifico dottrine assai discutibili, e si risolverebbe in un disastro. Noi dobbiamo invece far uso dell'argomentazione filosofica che è cresciuta sul suolo della scienza, e si è cibata della linfa della scienza. Non dobbiamo mai dimenticare che la metafisica divide i popoli, mentre la scienza li unisce. Nel tentativo di costruire un ponte tra la scienza e la filosofia, il nostro primo passo consisterà nel presentare allo studente la sua scienza specifica come un capitolo del libro della conoscenza umana. Ogni scienziato si trova di fronte alla sorprendente possibilità di derivare da pochi semplici principi, mediante argomenti logici, un vasto insieme di fatti che si possono controllare con osservazioni reali. L'esistenza di questi principi ci permette di porre al nostro servizio i fenomeni della natura, perché ci permette di escogitare metodi con i quali prevedere fin dall'inizio i risultati dei processi fisici. La filosofia della scienza si occupa della natura di questo metodo o accorgimento che l'uomo ha ideato per riuscire a prevedere i fenomeni fisici. Avere una certa conoscenza di questo metodo, è una esigenza fondamentale per chiunque desideri comprendere la storia e il comportamento dell'umanità durante gli scorsi e il nostro secolo. Una conoscenza delle strutture logiche della scienza rappresenta un gran passo avanti verso la comprensione del significato delle espressioni in qualsiasi dominio al di fuori della scienza vera e propria, nonché verso un modo corretto di giudicare la verità d'ogni tipo. In campi come l'etica, la politica, o la religione, dobbiamo ancora distinguere nettamente tra il contenuto fattuale di una certa dottrina, e il linguaggio simbolico in cui le espressioni della dottrina sono formulate. L'esempio della scienza fisica rappresenta una guida in un mondo più difficile, e ci aiuterà a decidere se le espressioni dei principi politici o religiosi sono veramente espressioni circa i fenomeni 11/12/2011 17.03 Recensioni di Claudio Cereda 10 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia empirici, o rappresentano solo dei tentativi di usare un certo tipo di simbolismo. In fisica l'analisi è relativamente semplice e non così carica di elementi emotivi e egoistici. Quando qualcuno facendo uso di un linguaggio alquanto veemente esorta la gente a « seguire la voce della coscienza », o « a seguire la volontà di Dio », esorterebbe invano, qualora non riuscisse a descrivere i criteri che ci permettono di sapere se una « voce » è realmente quella della nostra coscienza, o di scoprire con sicurezza quale sia la volontà divina. Lo studente in scienze che è stato educato alla « comprensione » della scienza, sarà immediamente attratto non dalla forza del linguaggio, ma dal problema di chi è autorizzato a interpretare la volontà di Dio. 7. La funzione della mente umana Mediante l'analisi logica ed empirica, lo studente apprenderà che i principi della scienza non sono né « dimostrati dalla ragione » né « ricavati per induzione dell'osservazione sensibile ». Essi invece sono una struttura di simboli accompagnati da definizioni operative. Questa struttura è un prodotto della capacità creativa dell'intelletto umano e consiste di simboli, che sono il prodotto della nostra fantasia. Tuttavia, la verità di questa struttura può essere controllata mediante delle osservazioni, che possono essere descritte facendo uso del linguaggio quotidiano. Con l'analisi logico-empirica, la creatività della mente umana emerge come un fattore di primo piano entro la scienza. Cosi lo studente imparerà che il ruolo giocato da questa creatività entro la scienza, non è affatto inferiore al ruolo che essa gioca, entro le discipline umanistiche, e persino nel campo dell'arte e della religione. A questo punto comprendiamo che l'enfasi posta sull'insegnamento scientifico non interferirà più con l'interesse per le discipline umanistiche, anzi lo incrementerà. Tuttavia, la funzione attribuita alla mente umana dall'analisi logico-empirica, non esaurisce il contributo dato dall'insegnamento scientifico alla comprensione dell'aspetto umano insito nella nostra visione del mondo. Infatti l'analisi logico-empirica si limita a suggerire la funzione della mente umana in maniera piuttosto astratta. La nostra fantasia e capacità inventiva sono troppo limitate, per enumerare e discutere tutti i possibili principi che la capacità creativa degli scienziati può ideare, al fine di dedurre l'ampia gamma dei fenomeni della nostra esperienza. Per far ciò occorre studiare i principi che hanno trovato concreta realizzazione nel corso della storia ... Dobbiamo integrare la nostra analisi logico-empirica, dove « empirica » sta a designare le nostre esperienze individuali, con l'« analisi storica », che è empirica non in rapporto all'individuo, bensì alla razza umana. La storia della scienza è l'officina della filosofia della scienza. Dobbiamo insegnare agli studenti tutti i principi rilevanti che sono stati esposti nel corso della storia; e per storia intendiamo tanto l'estensione spaziale quanto l'estensione temporale, lo sviluppo delle strutture della scienza attraverso le varie epoche, e su tutta la supe rficie del nostro globo. In questo modo l'analisi logico-empirica acquista vita e colore, e diventa un anello vivente tra la scienza e la evoluzione della razza umana. I normali testi di fisica non parlano molto dell'evoluzione dei principi di questa scienza fatta eccezione per qualche data commemorativa. Molto sovente questi libri parlano con disprezzo della scienza antica e medievale. Affermano di non comprendere come mai la gente per secoli non fu capace di scoprire una legge tanto semplice come il principio d'inerzia, che oggi qualsiasi scolaretto intende come una conseguenza ovvia delle nostre esperienze quotidiane, o addirittura come intuitivo. Tuttavia, nonostante queste osservazioni altezzose, quegli stessi testi non sanno formulare in maniera soddisfacente questo principio di inerzia; arrivano perfino a ostacolare la comprensione di esso, e di altri principi simili: evidentemente, infatti, un principio che uomini intelligenti non hanno scoperto per secoli, non può essere cosi ovvio come le espressioni che quei testi presentano sotto il nome di principio d'inerzia. Un simile atteggiamento semplicistico mette in pericolo persino la comprensione dell'evoluzione del pensiero, e favorisce la diffusione dell'atteggiamento di intolleranza e del fanatismo tra gli studenti; mentre un atteggiamento improntato a un'analisi logico-empirica adeguata incoraggerebbe la buona volontà fra persone di diversa estrazione e di diverse convinzioni. Il modo migliore per aiutare lo studente a comprendere i progressi dell'evoluzione del pensiero umano, è di presentargli con dovizia di particolari le svolte salienti dell'evoluzione della scienza, ponendo in evidenza non tanto la scoperta di fatti nuovi, quanto l'evoluzione di nuovi principi di trasformazione della struttura simbolica. Sarebbe, per esempio, importantissimo discutere a fondo il conflitto tra Copernico e la chiesa cattolica (o, se si vuole, la chiesa luterana). Io credo che qualsiasi studente di scienze e di disc ipline uma-nistiche debba avere una visione chiara della questione, che è stata una delle più grandi e delle più i nteressanti della storia. Se questo argomento fosse discusso a fondo ed esaurientemente, lo studente riuscirebbe ad acquisire una più profonda penetrazione dell'eterno conflitto tra la presentazione dei fatti secondo modelli stabiliti e il tentativo di mutare radicalmente la struttura simbolica della scienza. Imparerebbe che la tendenza a mantenere il vecchio modello di presentazione è sovente mascherato con il nome di « senso comune »; che si ricorre al senso comune nella storia della umanità quando si vogliono mascherare gli interessi delle chiese o dei governi istituiti, poiché, come egli in particolare apprenderà, la 11/12/2011 17.03 Recensioni di Claudio Cereda 11 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia funzione che le interazioni fra scienza, filosofia e religione hanno avuto nella giustificazione degli obiettivi politici è assai grande. Allo stesso modo, gli studenti di scienza e di filosofia dovrebbero imparare esattamente in cosa consistevano le controversie tra Cartesio e Newton, e tra Newton e Leibniz. Da queste dispute è nata quella che oggi chiamiamo la fisica classica del diciannovesimo secolo, la quale, fino ad oggi, è stata la base dell'istruzione scientifica impartita ai nostri studenti nelle facoltà tecniche o umanistiche. Comprendere a fondo queste controversie li aiuterebbe a comprendere la nostra scienza attuale come un essere vivente dinamico, il che non avverrebbe qualora si trovassero di fronte soltanto la pelle essicata e imbalsamata artificialmente della scienza, che la maggior parte dei testi correnti presentano. 8. La scienza e le ideologie politiche Quando gli studenti acquistano conoscenza dei mutamenti più antichi nella storia della scienza, per loro diventa assai più facile cogliere l'esatto significato del mutamento avvenuto intorno al 1900, quando nacque la fisica del nostro secolo. Il mutamento è stato drammatizzato da espressioni quali: « crisi della fisica classica » o « declino della fisica meccanicistica » o « confutazione del materialismo ». Chi è stato abituato ad analizzare la natura di una « svolta nella storia della scienza » è meno incline a credere che « la crisi della fisica classica » sia una « crisi del pensiero razionale » o addirittura la giustificazione di un modo irrazionale di guardare alla scienza. Come già abbiamo detto, non è sufficiente affrontare queste svolte del pensiero umano unicamente mediante l'analisi logico-empirica, perché la mente umana non è abbastanza forte per compiere un'analisi esatta di una struttura complessa. Se si studiasse la fisica classica come un organismo estinto, che crebbe tra immensi ostacoli, sconfisse i suoi avversari, e infine non si dimostrò più adatto alla sopravvivenza, si comprenderebbe allora chiaramente la vasta analogia, supponiamo, tra la lotta della filosofia medievale contro Copernico, e quella della moderna filosofia newtoniana contro Einstein. Gli studenti che possiedono questo tipo di preparazione logica e storica non hanno difficoltà a vedere i tentativi di sfruttare « il collasso della fisica di Newton » e « la sconfitta del materialismo » come giustificazioni di un ritorno all'antica « scienza organismica ». Inoltre essi stanno in guardia contro i tentativi di sfruttare questa « crisi di pensiero » ai fini di una lotta contro il liberalismo e la democrazia, o, nella fattispecie, contro tutte le tendenze progressiste che sono state storicamente bollate come « materialistiche » o « atomistiche » o « meccanicistiche ». In questo modo, lo studente di scienze sarebbe naturalmente condotto a comprendere la lotta tra ideologie rivali. Sarebbe per lui affascinante affrontare questi problemi partendo dal ruolo che è stato giocato in tale lotta dalla particolare disciplina che costituisce il suo campo di indagine. Lo studente di scienze prenderà l'abitudine di vedere i problemi sociali e religiosi dall'interno del suo campo specifico, e di entrare nel campo delle discipline umanistiche da una porta spalancata, e non dall'ingresso di servizio di qualche corso umanistico isolato, che egli seguirà seguendo l'esigenza della ripartizione dell'istruzione. Egli non avrà bisogno né della imboccata delle informazioni futili, né di imbottirsi con materiale tecnico, che non è di nessun vero profitto per la sua istruzione generale. Non esiste alcun modo migliore per comprendere le basi filosofiche delle credenze politiche e religiose, di quello di studiare le relazioni che esse hanno con la scienza. Lo studente che comprende i rapporti tra la sua scienza e queste credenze, ha un accesso da un pista interna, e riuscirà facilmente e sicuramente ad attraversare il ponte tra la scienza e le discipline umanistiche. L'accorto studente in scienze non tarderà ad osservare che i simboli tradizionali della scienza hanno una vita propria. Essi persistono in un mondo in trasformazione, in cui l'orizzonte della scienza s'allarga continuamente. Questo fatto diventa oltremodo chiaro se si attira l'attenzione degli studenti sulle svolte dell'evoluzione del pensiero scientifico. Lo studente imparerà, per esempio, in che senso il materialismo è stato incoraggiato dalla fisica dell'Ottocento, e come a sua volta fosse preannunziato, entro certi limiti, dalla scuola epicurea della Grecia antica; apprenderà che la transizione dalla fisica medievale la quale, a sua volta, si basava sull'insegnamento della scuola aristotelica Greca, alla fisica di Galileo e di Newton trovò la sua continuazione nella scuola di Laplace sul finire del secolo diciottesimo, all'epoca della grande Rivoluzione Francese; si renderà conto allora di come la lotta della fisica Newtoniana, meccanicistica, contro la fisica di Aristotele, organismica, sia connessa con la lotta del liberalismo e della tolleranza contro il feudalesimo e il fanatismo. 11/12/2011 17.03 Recensioni di Claudio Cereda 12 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia Lo studente comprenderà allora che i problemi scientifici e i corrispondenti politici (ideologici), hanno in comune l'uso degli stessi simboli, con la loro vasta gamma di connotazioni. In questo modo lo studente di scienze imparerà ad apprezzare il grande valore dei simboli nella storia del pensiero umano e, in particolare, nella storia del comportamento umano. Chiunque abbia compreso correttamente queste crisi storiche, saprà giudicare in modo equilibrato l'ultima grande transizione, avvenuta verso il 1900, allorché la fisica meccanicistica dovette cedere il passo a una visione più generale. La transizione dalla fisica dell'Ottocento a quella del Novecento culminò nelle teorie della relatività e dei quanti, che a loro volta hanno portato a nuovi slogans filosofici, i quali definiscono tale transizione come un « rovesciamento del concetto di spazio e tempo assoluti » e un « rovesciamento del determinismo fisico ». Lo studente che sia stato abituato all'analisi logico-empirica e storica, saprà valutare i tentativi che sono stati fatti per sfruttare le nuove teorie fisiche a favore di particolari ideologie religiose o politiche; comprenderà a fondo l'affermazione secondo la quale il « rovesciamento della fisica deterministica del Settecento e dell'Ottocento » sarebbe stato uno strumento nella lotta contro il liberalismo e la tolleranza, poiché questi credi sono comparsi in un periodo in cui la scienza era meccanicistica e deterministica. Egli capirà che il crollo della fisica meccanicistica non significò veramente un ritorno alla fisica organismica, che era, storicamente, connessa con le dottrine politiche e religiose del medioevo; comprenderà perché il fascismo del ventesimo secolo abbia interpretato volentieri la « crisi della fisica » come un ritorno alla fisica organismica, che avrebbe potuto fornire un sostegno « scientifico » al ritorno a una concezione politica feudale. Soprattutto, lo studente bene istruito comprenderà il fatto essenziale, che in realtà la fisica meccanicistica non venne sostituita dalla fisica organismica, ma da un modo di accostarsi alla scienza completamente nuovo, facente uso della analisi logico-empirica, che nel nostro secolo ha costituito il punto di partenza di tutte le nuove teorie fisiche. Se la scienza viene insegnata in questo modo, l'accento posto sulla scienza e sulla tecnologia non sarà più un ostacolo a un'educazione umanistica dello studente. Il deplorevole divario tra scienza e discipline umanistiche, non solo non si allargherà, ma non sorgerà neppure. D'altra parte, lo studio intensivo della scienza come un essere vivente, darà a chi ha studiato una conoscenza profonda della funzione della mente umana nell'azione umana, che è appunto il fine dell'educazione delle discipline umanistiche. 9. La Scienza e i sistemi storici di filosofia Ponendo l'accento sull'evoluzione storica del pensiero scientifico, lo studente imparerà inoltre che la mente umana non è stata sempre appagata dall'analisi logico-empirica della scienza, poiché una siffatta presentazione scientifica è soddisfacente solo al fine « puramente scientifico » di prevedere e conoscere a fondo i fenomeni osservabili della natura. Ma i fenomeni sono dedotti da principi che si celano nei simboli, e, come già abbiamo accennato, questi simboli hanno una loro vita autonoma, che in certo modo è indipendente dall'evoluzione della scienza vera e propria. Questi simboli, che sono stati creati dagli scienziati, possono all'occasione comportarsi persino come il mostro di Frankenstein. Tuttavia, poiché essi non sono determinati inequivocabilmente dai fenomeni osservati scientificamente, sono influenzati fortemente da fattori extrascientifici. La scelta di simboli, in verità, dipende molto dalle pressioni esercitate dai movimenti sociali e religiosi del momento. Queste influenze sono una delle cause principali che portano a preferire o dei pezzi rigidi di materia come simboli fondamentali (materialismo), o la formazione di ogni concetto da elementi mentali (idealismo); a scegliere come pietra di costruzione fondamentale una realtà non descrittiva (realismo); o a partire da elementi che cooperano verso un certo fine (organicismo). Qualsiasi insegnamento soddisfacente della filosofia della scienza deve discutere queste scelte di simboli in base ad analisi logiche e storiche. Le influenze delle tendenze politiche o religiose sulla scelta di questi simboli, non devono essere in nessun caso trascurate, come spesso si fa nell'esposizione della filosofia della scienza. D'altra parte, se si discutono « le integrazioni metafisiche della scienza », occorre fare particolare attenzione a quelle integrazioni che hanno svolto una loro funzione come fondamenti di ideologie. Per questo motivo, dottrine come il tomismo o il materialismo dialettico devono essere esposte allo studente con molta accuratezza e precisione, e occorre dedicare più tempo ad esse, che non a sistemi complicati i quali hanno avuto scarso peso nella vita e nelle azioni umane. Se mettiamo in pratica il progetto esposto, non avremo più laureati in scienze che non hanno idee chiare circa le dottrine di uomini come Aristotele, San Tommaso, e Guglielmo d'Occam, o, per ciò che ha a che fare con le loro teorie, Hegel, Marx e Lenin. Il tipo del laureato in scienze che non ha nozioni umanistiche scomparirà, appunto come scompariranno coloro che non hanno neppure un'idea chiara del significato del contributo portato da Copernico al nostro mondo. 11/12/2011 17.03 Recensioni di Claudio Cereda 13 di 13 Philippe Frank La scienza moderna e la sua filosofia Il valore pedagogico di questo tipo d'istruzione per gli studenti di scienze mi sembra indiscutibile. Tuttavia, non è risolto ancora il problema del posto da assegnare ad esso nel curriculum dello studente. La proposta più naturale sarebbe probabilmente di istituire corsi di scienza di portata più vasta secondo questo metodo. Questo andrebbe bene per esempio per i corsi universitari di livello più semplice in fisica, chimica e biologia. Un simile inizio sarebbe molto stimolante e utile per gli studenti principianti. Tuttavia, dato che gli studenti non hanno la preparazione necessaria per lo studio di problemi sottili, questi « corsi generali per studenti principianti » devono essere paralleli a « corsi generali per studenti più preparati », che dovrebbero essere tenuti immediatamente prima della laurea. Essi dovrebbero risolvere i problemi posti dai corsi elementari, e trattarli a livello più elevato. Questi nuovi corsi non dovrebbero risolversi in un « panorama generale superficiale », nel senso in cui sovente s'intende questo termine, ma devono dare una visione complessiva dei risultati conseguiti dalla scienza, ponendo l'accento su particolari problemi insoluti. Questi corsi potrebbero essere tenuti in conformità con le proposte presentate in questo saggio. Nel caso di docenti in scienze di un'università, che abbiano interesse e siano capaci di svolgere questo piano di studio e non siano in numero sufficiente, occorrerebbe istituire uno o due corsi « speciali », fuori del solito curriculum scientifico, tenuti da quei pochi docenti disponibili che hanno la capacità e la volontà necessarie a questo compito. I corsi potrebbero intitolarsi « filosofia della scienza », o « fondamenti della scienza », o « la scienza e le discipline umanistiche ». La tendenza attuale verso un'istruzione generale, in qualche università ha portato alla istituzione di corsi di scienze per studenti che non si specializzano in scienze. Il programma di questi corsi intende colmare la lacuna tra scienza e filosofia, o tra scienza e discipline umanistiche, in maniera non dissimile dallo schema discusso in questo saggio. Tuttavia, con questi piani di studio solo allo studente che non si occupa di scienze verrà mostrato il valore pedagogico della scienza, mentre chi si specializza in scienze non sarà capace di fornire informazioni circa la funzione della scienza entro la società umana ai suoi allievi futuri, o all'umanità in genere. I problemi della scienza, che eccitano di più il grande pubblico, devono essere risolti da una persona competente e responsabile. Questa ovviamente non può che essere il docente di scienze delle scuole superiori o delle università. Philipp Frank, La scienza moderna e la sua filosofia Società Editrice il Mulino, 1973, 336 pag. Titolo originale Modern Science and Its Philosophy consigliato dalla terza liceo in su 11/12/2011 17.03