Principali sistemi sperimentali e tecniche di microscopia integrata alla biologia molecolare e alla biochimica per lo studio del differenziamento cellulare delle piante Microscopia ottica Ad oggi, il MO composto è lo strumento di indagine microscopica più utilizzato nei laboratori di ricerca biologica Ingrandimento e risoluzione adatti allo studio di cellule eucariotiche Microscopia ottica La cellula vegetale ha, generalmente, dimensioni molto superiori rispetto ad una cellula animale Microscopia ottica Le dimesioni della cellula vegetale vanno da alcune decine ad alcune centinaia di μm Microscopia ottica Il microscopio ottico composto a luce trasmessa in campo chiaro Microscopia ottica Nelle cellule vegetali, il differenziamento cellulare si manifesta come acquisizione di una forma definitiva, imposta dalla forma della parete cellulare Microscopia a fluorescenza ha permesso di osservare dettagli delle cellule vegetali, non distinguibili in campo chiaro GFP Ioduro di propidio Il microscopio a fluorescenza (MF) Il MF è un microscopio ottico in grado di generare una radiazione luminosa monocromatica Il microscopio a fluorescenza (MF) Nel MF la luce proviene dall’obiettivo, poi colpisce il campione eccitando le molecole fluorescenti. La fluorescenza emessa dal campione viene poi raccolta, sempre dall’obiettivo: EPIFLUORESCENZA Microscopio ottico in campo chiaro Microscopio ottico a fluorescenza Il termine fluorescenza Deriva dal nome della fluorite (o fluoruro di calcio) Luce bianca UV Molti altri composti organici e inorganici emettere fluorescenza (fluorofori o fluorocromi) possono I fluorofori I fluorofori, se esposti ad una radiazione di una determinata lunghezza d’onda (radiazione incidente) emettono luce di un’altra lunghezza d’onda (fluorescono) UV Red radiazione incidente radiazione emessa Clorofilla Struttura dei fluorofori La capacità di fluorescere è legata alla struttura chimica dei fluorofori, in particolare alla presenza di sistemi di doppi legami coniugati Meccanismo della fluorescenza 1) Assorbimento radiazione incidente → passaggio di un elettrone π dallo stato fondamentale allo stato eccitato 2) Emissione fluorescenza → stato fondamentale Ritorno dell’elettrone allo La radiazione emessa ha una lunghezza d’onda maggiore (energia minore) rispetto alla radiazione incidente (parte dell’energia viene dissipata come calore) λemissione ≠ λeccitazione Il fatto che la luce emessa abbia un colore diverso dalla luce incidente permette di visualizzare i fluorofori con molta chiarezza all’interno dei campioni vegetali Nuclei rosa UV Pareti verdi Spettri di assorbimento e di emissione Se si espone un fluoroforo a una gamma di lunghezze d’onda crescenti, si può costruire uno spettro di assorbimento e uno spettro di emissione DAPI Picco di assorbimento Picco di emissione Picchi di assorbimento e di emissione spettri di emissione spettri di assorbimento Ciascun fluoroforo è caratterizzato da un picco di assorbimento (max eccitazione) e da un picco di emissione (max emissione) Autofluorescenza Molte molecole presenti nella cellula vegetale sono naturalmente fluorescenti, quindi per essere visualizzate con il MF non richiedono trattamenti Fluorescenza secondaria Molte molecole presenti nella cellula vegetale non sono naturalmente fluorescenti e per essere osservate in fluorescenza devono essere rese fluorescenti: 1) Reagenti cito- e isto-chimici fluorescenti (es. DAPI e PI per gli acidi nucleici) 2) Anticorpi coniugati con fluorofori (immunofluorescenza) 3) Proteine fluorescenti (es. GFP) 4) Sonde di altro tipo (es. sonde ad RNA o DNA usate nell’ibridazione in situ) 1) Reagenti cito-isto-chimici fluorescenti Il DAPI (4',6-diamidin-2-fenilindolo) è un agente intercalante del DNA, si fissa alla doppia elica in corrispondenza delle basi A e T DAPI 1) Reagenti cito-isto-chimici fluorescenti Lo ioduro di propidio si lega sia al DNA che al RNA Ioduro di propidio Per distinguere tra DNA o RNA occorre utilizzare delle nucleasi (che digeriscano l’uno o l’altro) 1) Reagenti cito-isto-chimici non fluorescenti Esistono molti reagenti chimici non fluorescenti, che impartscono colorazioni specifiche a diverse classi di metaboliti Dopo il trattamento istochimico, i campioni vegetali vengono analizzati con microscopio ottico in campo chiaro 2. immunofluorescenza Anticorpi coniugati con fluorofori Legame antigene-anticorpo L’anticorpo riconosce e si lega a specifici elementi strutturali dell’antigene dette epitopi Antigene = proteina d’interesse Epitopo = sito di legame dell’anticorpo Anticorpo = immunoglobulina Immunoglobuline Nella tecnica dell’immunofluorescenza vengono utilizzate principalmente le IgG Marcatura dell’anticorpo Il primo passo consiste nella marcatura dell'anticorpo con un fluoroforo fluoroforo Catene pesanti Il fluoroforo deve essere legato alla zona FC (effettrice) poiché, se fosse legato alla zona FAB (di riconoscimento), l'immunoglobulina perderebbe la sua funzionalità, cioè la capacità di riconoscere lo specifico antigene Anticorpi monoclonali e policlonali MONOCLONALI •Prodotti da un unico clone di linfociti B •Si crea un ibrido tra linfociti B e cellule tumorali immortalizzate •Gli anticorpi riconoscono un unico epitopo •Rischio di falsi negativi per denaturazione del sito antigenico Anticorpi monoclonali e policlonali POLICLONALI •Ottenuti dal sangue di un animale (capra, pecora, coniglio, topo) •Diversi linfociti sono coinvolti, generando diverse Ig specifiche per i diversi epitopi dell’antigene •Rischio di falsi positivi per cross-reattività (stessi epitopi su diversi antigeni) Immunofluorescenza diretta e indiretta DIRETTA: La marcatura viene effettuata sullo stesso anticorpo che riconosce l’antigene della molecola target Molecola target Epitopo Fluoroforo Anticorpo primario Immunofluorescenza diretta e indiretta INDIRETTA: • L’anticorpo primario non riconosce l'antigene. • L’anticorpo secondario marcato, riconosce l’anticorpo primario. Anticorpo primario Molecola target Anticorpo secondario 1° Epitopo Fluoroforo Tale sistema è definito anticorpo anti-anticorpo Immunofluorescenza diretta e indiretta INDIRETTA: Uno dei principali vantaggi è dato dall’amplificazione del segnale: ad un singolo epitopo possono legarsi numerosi anticorpi secondari Anticorpo primario Molecola target 1° Epitopo Segnale 3) Proteine fluorescenti GFP (Green Fluorescent Protein) Aequorea victoria GFP Il gene codificante la GFP è stato sequenziato negli anni ‘60 Nel 2008 i suoi scopritori sono stati insigniti del Nobel per la chimica Principali caratteristiche di GFP Max abs 395 nm (UV) 27 Kda 238 aa Max flu 505 nm (verde) Max abs 475 nm (azzurro) La porzione fluorescente della molecola è parte della amminoacidica ed è posta al centro di una struttura cilindrica sequenza Applicazioni di GFP Inizialmente il gene per GFP era utilizzata come reporter in esperimenti di trasformazione genica Attualmente è utilizzata principalmente per sviluppare costrutti genici in cui la sequenza codificante per GFP è affiancata ad altre sequenze Osservazioni su organismi vivi Le proteine chimeriche fluorescenti sono fluorofori endogeni estremamente selettivi, poichè legati alla proteina di interesse Non essendo necessario alcun trattamento dei campioni, è possibile osservare in fluorescenza anche organismi vivi Altre proteine fluorescenti GFP è il capostipite di un’ampia gamma di proteine fluorescenti naturali: • DsRed (da meduse del genere Discosoma)……………………. semisintetiche: • EGFP (Enhanced GFP)……………………………………………….. • CFP (Cyan Fluorescent Protein)………………………………. • YFP (Yellow Fluorescent Protein)…………………………………… Attualmente si annoverano circa 60 proteine fluorescenti, ma questo numero aumenterà notevolmente nei prossimi anni. Colorazioni combinate L’uso combinato di più colorazioni complementari, vale a dire che emettano fluorescenza in zone diverse dello spettro, permette di realizzare una marcatura policroma e di evidenziare quindi strutture biologiche diverse in un medesimo campione 4) Sonde di altro tipo: ibridazione in situ Le tecniche di ibridazione in situ permettono di rivelare sequenze specifiche di acidi nucleici (DNA e/o RNA) in cellule e tessuti morfologicamente conservati mediante l’impiego di sonde geniche marcate con traccianti di diversa natura Sonda Cellula 1 Ibridazione Cellula 2 Target (DNA o RNA) Ibridazione in situ Metodi diretti La molecola reporter (tracciante fluorescente) è legata alla sonda prima di effettuare l’ibridazione Marcatura sonda Cellula 1 Ibridazione Cellula 2 Target (DNA o RNA) Ibridazione in situ Metodi indiretti Il bersaglio (RNA o DNA) viene ibridato con una sonda non marcata Dopo l’ibridazione, il complesso target/sonda viene rivelato trattando il campione con reagenti specifici per la sonda Sonda non marcata Cellula 1 Ibridazione Cellula 2 Target (DNA o RNA) Applicazioni dell’ibridazione in situ Le finalità della tecnica sono principalmente 2: 1. Se il target è un RNA, si può studiare l’espressione di un gene a livello tissutale e cellulare 2. Se il target è il DNA, si può studiare la localizzazione di specifiche sequenze nucleotidiche sui cromosomi Sonda trascritto Sonda cromosoma cromosoma Ibridazione in situ ed espressione genica In genere si usano delle ribosonde (sonde a RNA) marcate, complementari sugli RNA target (il legame RNA-RNA è molto stabile). Le sonde possono essere marcate con molecole fluorescenti (fluorofori) o con molecole colorate (cromofori) Ibridazione in situ e mappatura cromosomica (FISH) FISH: classificazione delle sonde FISH: chromosome painting Sonde: collezione di frammenti specifici di un singolo cromosoma Cromosomi fluorescenti con colori diversi Microscopia confocale Microscopio a fluorescenza Microscopio confocale Schema di un microscopio confocale Fotomoltiplicatore Pinhole di eccitaz. Pinole di emissione Specchio dicroico Obiettivo Campione Fibre ottiche Laser Microscopia confocale Microscopio a fluorescenza Microscopio confocale Sezione ottica Per ciascun pixel vengono acquisite 3 informazioni: 1) Posizione sull’asse X 2) Posizione sull’asse Y 3) Intensità luminosa Sezioni ottiche Ricostruzione tridimensionale Per ciascun voxel vengono acquisite 4 informazioni: 1) 2) 3)Posizione sugli assi X, Y e Z 4) Intensità luminosa Ottenimento di sezioni del campione Rappresentazione della tridimensionalità Microscopia ottica Il microscopio stereoscopico permette di osservare la superficie esterna di oggetti di maggiori dimensioni (interi organi) non ridotti a sezioni Luce riflessa Minore ingrandimento Maggiore profondità di fuoco Microscopia ottica Il microscopio stereoscopico permette di osservare la superficie esterna di oggetti di maggiori dimensioni (interi organi) Fig. 7. Effect of alkamides on auxin-regulated gene expression. (A and B) Twelve hours of GUS staining of DR5:uidA type I explants grown for 14 d in medium without auxin, (C and D) under 1 mM IAA, (E and F) 0.5 mM NAA, (G and H) 80 mM affinin or (I and J) 24 mM N-isobutyl decanamide. Photographs are representative individual of at least 10 plants stained. Scale bar = 100 mm. Microscopia elettronica a scansione Microscopia elettronica a scansione Microscopia elettronica a scansione